Positivo e negativo

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Pillole di modernità
Tra i secoli XVI e XVII si generò il pensiero moderno. Questa
genesi ed i suoi conseguenti sviluppi sono tra i motivi
principali della nostra attualità, del nostro modo di pensare.
Grandi filosofi ed inventori come Descartes, Bacon e Galilei
hanno radicalmente cambiato la storia dell’umanità e la
prospettiva dell’uomo nella storia. Galileo introdusse una
novità concettualmente folle: le irregolarità della natura
sono misurabili e restringibili alle regolarità matematiche.
Questa considerazione, per niente intuitiva, ha reso possibile
lo sviluppo tecnico europeo, superiore a quello di qualunque
altra cultura. Il cambio avvenuto con Galileo è grandioso, la
domanda centrale per l’uomo smette di essere quella
aristotelica. Non è più intorno all’essenza delle sostanze che
ruota il sapere. La domanda principale portata all’uomo da se
stesso ora è: come funzionano le cose? Francis Bacon genera
una scheggia di modernità quando afferma che sono le soluzioni
alle problematiche umane l’unico oggetto del sapere.
Descartes, nato una trentina d’anni dopo i due autori
precedentemente portati ad esempio, parte quindi avvantaggiato
nella sua riflessione filosofica. Il “cogito ergo sum” che
tanto infastidisce gli studenti delle quarte di molti licei è
un cambio radicale, di respiro ampio quasi quanto le novità
portate da Galileo. L’idealismo cartresiano è opposto al
realismo aristotelico ma è anche lontatno dall’idealismo
platonico. Se prima di Descartes non c’erano dubbi sul mondo
esteriore, sulla realtà, dopo di lui sarà il limite della
nostra conoscenza rispetto agli oggetti del mondo l’argomento
principale di molte trattazioni filosofiche. Se prima di
Descartes l’ontologia era la base della gnoseologia, dopo di
lui i termini si invertono e la teoria della conoscenza
diventa la chiave di lettura principale per le teorie
sull’esistente. Cartesio cambia il rapporto tra oggetto e
soggetto della filosofia, ponendo al centro il soggetto, cioè
l’uomo. Kant ha definito le teorie cartesiane come “la
rivoluzione copernicana in filosofia”. Prima era il carattere
ricettivo del soggetto che determinava una conoscenza certa,
con l’idealismo cartesiano è il soggetto che, attraverso le
sue senzazioni, crea una rappresentazione del mondo esteriore.
Attraverso questo slittamento semantico del termine idealismo
– con Platone il mondo delle idee era lontano dal nostro ma
comunque “reale”, mentre con Descartes il mondo delle idee
diventa il mondo che creiamo attraverso le nostre percezioni –
abbiamo anche un isolamento della persona, la quale non si
trova più sicura e salda in un mondo, certamente metafisico,
ma accogliente, e viene piuttosto gettata in una realtà ostile
e modificabile.
Non sono stati i pensatori a sentire ed inventare per primi
una nuova epoca. Lo sbriciolamento del medioevo nel XVI e XVII
secolo era già evidente ed in buona parte era già avvenuto. Il
nuovo atteggiamento che l’umo aveva assunto nei confronti
della propria esistenza si era già palesato. Ma sono stati i
grandi pensatori ad esprimerlo minuziosamente dando all’età
moderna alcuni paradigmi di cui nemmeno noi postmoderni ci
siamo liberati. E quindi, forse, poi tanto postmoderni non
siamo.
Luca Artico
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Positivo
e
considerazioni
negativo:
finali
di
Popper per una società aperta
Popper concorda con i dialettici sul fatto che le
contraddizioni sono molto importanti per lo sviluppo del
pensiero umano. Quello che egli rifiuta è la posizione dei
dialettici, per i quali, visto che le contraddizioni sono
fertili, costituiscono una spinta al progresso, non c’è alcun
bisogno di evitarle. Così facendo il rischio è quello di non
comprendere le cause che possono in ogni momento portare al
totalitarismo, abdicando la ragione e rinunciando alla
libertà. Popper infatti definisce Marx ed Hegel falsi profeti,
considerando quest’ultimo il padre assieme a Platone dei
regimi fascisti del Novecento (analisi criticata da Herbert
Marcuse).
Una società aperta è per Popper quella che è basata
sull’esercizio critico della ragione, una società che non solo
tollera ma stimola, all’interno e attraverso le istituzioni
democratiche, la libertà dei singoli e dei gruppi, in vista
della soluzione dei problemi sociali, cioè in vista di
continue riforme. Questo non vuol però dire che il
democratico, proprio perché tale, debba accettare l’ascesa al
potere dei totalitari. La domanda da farsi non è per Popper
“Chi deve comandare?” bensì: “Come è possibile controllare chi
comanda e sostituire i governanti senza spargimento di
sangue?” . E’ questa l’impostazione di chi costruisce,
perfeziona e difende le istituzioni democratiche a favore
della libertà e dei diritti di ognuno e quindi di tutti.
L’uguaglianza di fronte alla legge non è un fatto ma deve
essere una istanza politica che riposa su una scelta morale.
La fede nella ragione, anche nella ragione degli altri,
implica l’idea di imparzialità, di tolleranza, di rifiuto di
ogni pretesa autoritaria. Affiora così il tema della libertà,
centrale in Popper, il quale, non a caso, può essere
considerato uno dei massimi esponenti del liberalismo sociale.
“Il liberale ama la tolleranza e la libertà. Il suo amore per
la tolleranza è la necessaria conseguenza della convinzione di
essere uomini fallibili. Tuttavia, egli è tollerante con i
tolleranti, ma intollerante con gli intolleranti. La
tolleranza, al pari della libertà, non può essere illimitata,
altrimenti si autodistrugge. Infatti, la tolleranza illimitata
porta alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo
l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti,
se non siamo disposti a difendere una società tollerante
contro l’attacco degli intolleranti, allora i tolleranti
saranno distrutti e la tolleranza con essi”. [Popper, 1934]
Federico Gangi
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Positivo
e
negativo:
il
pensiero critico di Popper
Popper introdusse, in contrasto con il criterio di
verificabilità dei neopositivisti, il criterio di
falsificabilità: una teoria scientifica, per quanto
confermata, resta sempre smentibile, allora bisogna tentare di
falsificarla, perché prima si trova un errore e prima lo si
potrà eliminare con l’invenzione e la prova di una teoria
migliore di quella precedente.
” Da un sistema scientifico non esigerò che sia capace di
essere scelto, in senso positivo, una volta per tutte; ma
esigerò che la sua forma logica sia tale che possa essere
messo in evidenza, per mezzo di controlli empirici, in senso
negativo: un sistema empirico deve poter essere confutato
dall’esperienza“. [Popper, 1934]
Lo scopo dell’epistemologo austriaco era quello di trovare un
criterio di demarcazione tra asserzioni empiriche ed
asserzioni che empiriche non sono, ritenendo comunque che un
asserto se non è scientifico non è affatto detto che sia
insensato, infatti la discussione su qualsiasi problema è
l’unico fondamento e l’unica molla della ricerca.
“Non si può negare che, accanto alle idee metafisiche che
hanno ostacolato il cammino della scienza, ce ne sono state
altre che ne hanno aiutato il progresso. E guardando alla
questione dal punto di vista psicologico, sono propenso a
ritenere che la scoperta scientifica è impossibile senza la
fede in idee che hanno una natura puramente speculativa, e che
talvolta sono addirittura piuttosto nebulose; fede, questa,
che è completamente priva di garanzie dal punto di vista della
scienza e che, pertanto, entro questi limiti è ‘metafisica’ “.
[de Stefano, 2006]
In base a questo criterio Popper mosse pesanti critiche a
marxismo, psicanalisi, storicismo e darwinismo (sul quale in
seguito si ricredette), non ritenendo queste teorie
scientifiche essendo organizzate in modo tale da sfuggire al
rischio della falsificazione. L’inconfutabilità di una teoria
non è affatto per Popper una virtù bensì un vizio.
Per quanto riguarda poi lo storicismo intende tutte quelle
teorie che hanno preteso di cogliere il senso globale,
oggettivo della storia, ovvero una sorta di destino cui gli
individui dovrebbero uniformarsi, accettando la direzione di
marcia della società, in tal modo svelata o profetizzata (vedi
ad esempio Hegel, Marx, ecc.). Né la natura né la storia
possono dirci che cosa dobbiamo fare, essendo noi stessi ad
introdurre finalità e significato nella natura e nella storia.
In polemica con Adorno (scuola di Francoforte) che sosteneva
che il metodo non può rifiutare la contraddizione se l’oggetto
(la società) è in sé stesso contraddittorio, Popper afferma
che non esistono contraddizioni nella natura delle cose ma
solo nel pensiero, e la conoscenza scientifica deve evitare le
contraddizioni proprio per poter cogliere l’oggetto,
proponendo delle congetture e controllandole presupponendo la
validità del principio di contraddizione.
Tutto questo si riflette nel rifiuto di Popper del
materialismo dialettico e del suo storicismo.
Popper concorda con i dialettici sul fatto che le
contraddizioni sono molto importanti per lo sviluppo del
pensiero umano. Quello che egli rifiuta è la posizione dei
dialettici, per i quali, visto che le contraddizioni sono
fertili, costituiscono una spinta al progresso, non c’è alcun
bisogno di evitarle. Così facendo il rischio è quello di non
comprendere le cause che possono in ogni momento portare al
totalitarismo, abdicando la ragione e rinunciando alla
libertà. Popper infatti definisce Marx ed Hegel falsi profeti,
considerando quest’ultimo il padre assieme a Platone dei
regimi fascisti del Novecento (analisi criticata da Herbert
Marcuse).
Federico Gangi
[email protected]
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Positivo e negativo:
rovescia la dialettica
Marx
“Il signore o padrone è colui che ha rischiato per affermare
la propria indipendenza, mentre il servo si è arreso perdendo
la libertà. Tuttavia attraverso la paura della morte, il
servizio ed il lavoro, il servo può formare sé stesso e
invertire i ruoli.” Accettando l’idea di contraddizione solo
dal punto di vista filosofico o metafisico, come una
possibilità reale di cui tener conto, Hegel non scese nel
particolare, cercando di capire la sostanza fenomenica (ovvero
sociale) di tale contraddizione.
Viceversa, Marx ha dimostrato (parlando del proletariato) che
l’antitesi ha vita propria, ha una propria autonomia, e che,
una volta posta nell’esistenza, essa può anche determinare una
sintesi imprevedibile per la tesi, partendo proprio
dall’esempio servo-signore.
Rovesciando quindi la dialettica hegeliana (il metodo basato
su tesi, antitesi e sintesi, dove la contraddizione
rappresenta la molla grazie alla quale la realtà si sviluppa e
dalla tesi si passa all’antitesi) Marx vuole partire dal mondo
materiale, dalla lotta di classe e dall’alienazione del
proletariato nella società capitalistica, per arrivare ad una
società priva di classi e dominata da una democrazia totale:
società comunista. Il mezzo è la rivoluzione sociale.
Le leggi filosofiche di questo materialismo dialettico, basi
del marxismo sono secondo Engels:
1 Legge della conversione della quantità in qualità e
viceversa, intesa come variazioni quantitative che culminano
in un salto non graduale di qualità (nella Storia le
rivoluzioni).
2 Legge dell’unità e compenetrazione degli opposti, ossia
tutti i corpi esistenti sono in qualche forma collegati tra
loro e agiscono uno sull’altro in quanto tutti fanno parte di
un equilibrio naturale (lotta di classe).
3 Legge della negazione della negazione (denegazione): per cui
ogni realtà è negata per dar luogo ad una formazione più alta.
Così, ad esempio, il seme, cadendo su un terreno opportuno, è
negato come seme, ma germogliando dà luogo alla pianta (la
liberazione scaturisce dall’oppressione, in quanto l’unico
modo di realizzarsi per l’uomo consiste nel negare le
condizioni che negano il proprio essere).
Lungi da me scrivere di pura teoria filosofica, non ne sarei
all’altezza, ma ho voluto mettere in evidenza la forza del
pensiero di Marx per poter descrivere al meglio le critiche
che Karl Popper muoverà verso questo sistema, verso queste
visioni.
Federico Gangi
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Positivo
e
negativo:
lezione di Hegel
la
In Hegel la dialettica presuppone, come sfondo ineliminabile,
la concezione della realtà come processo che si sviluppa
mediante contraddizioni: la realtà è l’unità delle
contraddizioni, e la verità è la struttura di tutte le verità;
ogni singolo concetto, ogni determinazione, non ha senso
isolatamente, al di fuori della totalità. La dialettica è
appunto il movimento che forzando ogni realtà determinata, e
svelandone la parzialità, articola la vita del tutto. Le
contraddizioni, per Hegel, diversamente da Kant, che le
considera solamente formali, sono interne alla realtà: è la
stessa tensione immanente ad ogni finito che porta
quest’ultimo a negarsi. In altri termini, la dialettica non è
un metodo, un’astuzia del filosofo, ma la presentazione dello
stesso mondo naturale e umano tramite il discorso.
Se la dialettica è il motore della realtà, il negativo,
l’opposizione è il motore della dialettica. Nella Prefazione
alla Fenomenologia dello Spirito, Hegel sottolinea quella
“potenza del negativo” che, in ultima analisi, si identifica
con la stessa vita dello spirito, in quanto rende fluidi i
pensieri solidificati in virtù della distruzione, della morte.
Dice Hegel:
“La morte, se così vogliamo chiamare quella irrealtà, è la più
terribile cosa; e tener fermo il mortuum, questo è ciò a cui
si richiede la massima forza. Non quella vita che inorridisce
dinanzi alla morte, schiava della distruzione; ma quella che
sopporta la morte e in essa si mantiene, è la vita dello
spirito“.
Va inoltre sottolineata la funzione svolta dalla negatività,
che scandisce l’intero processo, manifestandosi nelle figure
del desiderio, della lotta, della morte e del lavoro. Ognuna
di esse è caratterizzata dalla negazione del dato, immediato,
naturale, animale; ma è una negazione che è insieme
distruzione e creazione: staccandosi da un mondo naturale e
animale, l’autocoscienza perviene ad un mondo storico e umano.
Ciò che determina l’uscita dell’autocoscienza da se stessa è
il desiderio di riconoscimento, che non è un desiderio
puramente animale, motivato da una qualche pulsione biologica,
ma è rivolto costitutivamente all’altro. Scrive Hegel:
“L’autocoscienza raggiunge il suo appagamento solo in un’altra
autocoscienza“.
Tale desiderio di riconoscimento passa attraverso il conflitto
fra le autocoscienze, dove non c’è mai la morte, ma il
subordinarsi dell’una all’altra nel rapporto servo-signore.
“La relazione di ambedue le autocoscienze è dunque così
costituita ch’esse danno prova reciproca di se stesse
attraverso la lotta per la vita e per la morte”. [Hegel, 1807]
Il signore o padrone è colui
propria indipendenza, mentre
libertà. Tuttavia attraverso
ed il lavoro, il servo può
ruoli.
che ha rischiato per affermare la
il servo si è arreso perdendo la
la paura della morte, il servizio
formare sé stesso e invertire i
Nel prossimo “pensiero” di nuovo con Marx ed il rovesciamento
della dialettica, poi finalmente arriverà Popper.
Federico Gangi
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Positivo e negativo: Popper e
la dialettica
“Panta rei”, il tutto scorre dicevamo nel precedente articolo,
con il materialismo storico Marx avrebbe voluto infatti
toccare diversi settori dello scibile in una considerazione
dialettica della totalità atta ad indagare la prassi sociale
nell’unità organica delle sue manifestazioni.
Così
si
sarebbe
arrivati
all’annullamento
della
contraddittorietà del reale, da cui non ci si può liberare per
via contemplativa, se non finendo per giustificare la presunta
“razionalità” dell’ordine di cose esistente. Sviluppandosi su
queste basi il marxismo arrivò a contestare la validità del
principio d’identità e non contraddizione, considerandolo poco
più che una finzione logica che mostra però i suoi limiti
quando applicato concretamente al mondo materiale.
A completamento di questo azzardo i marxisti definirono il
materialismo dialettico dottrina scientifica scatenando
l’opposizione e la critica di Karl Raimund Popper che invece
lo definiva interpretazione “storicista” poiché teorizzava una
meta prefissata del corso storico, la società senza classi.
A riguardo Popper ritenne invece che non esista un senso della
storia precostituito rispetto alle interpretazioni e alle
decisioni umane poiché la storia assume il senso che gli
uomini le danno .
E’ Popper quindi, in questo percorso, che ci illumina la
strada mostrandoci che è l’uomo a fuggire dal reale e da sè
stesso cercando di essere qualcosa che in realtà non è, cerca
l’assoluto in una dimensione che non lo contempla e che al
contrario comprende un positivo ed un negativo i cui confini
sono quasi invisibili. Infatti la critica di fondo a queste
teorie è quella di essere organizzate in modo tale da sfuggire
al rischio della falsificazione; esse sono dottrine onniesplicative ossia non suscettibili di sufficiente
falsificabilità oppure dirette a “parare” le prove di
falsificabilità con continue “ipotesi di salvataggio” (ipotesi
ad hoc).
Per capire il rapporto tra dialettica, realtà e
contraddizione, la prossima puntata chiederemo aiuto ad Hegel.
Federico Gangi
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Positivo e negativo: a spasso
nell’ambigua realtà
Spesso si dice che la filosofia è una materia noiosa che non
porta alla soluzione i problemi ma ne crea solo di nuovi, nel
mio piccolo ho sempre ritenuto il contrario. Consideriamo ad
esempio il metodo dialettico di Hegel basato su tesi, antitesi
e sintesi, dove la contraddizione rappresenta la molla grazie
alla quale la realtà si sviluppa e dalla tesi si passa
all’antitesi.
Quest’ultima viene definita come potenza del negativo che
consente alla dialettica di procedere in modo più forte.
Antitesi opposta a tesi ma con soluzione unica nella sintesi
che diventa nuova tesi, che suscita nuova antitesi e così via.
Non si può dire vita senza richiamare alla morte (e così
caldo/freddo, alto/basso); concetto vicino al divenire di
Eraclito o all’omnis determinatio est negatio di Spinoza.
Affermo qualcosa e quindi ne nego l’opposto. Tesi e antitesi
si negano e creano unità nella sintesi finale positivorazionale.
Applicando questi ragionamenti alla realtà quotidiana, nella
peggiore delle ipotesi, possiamo diventare più saggi e
acquisire una delle doti più importanti per l’uomo: la
pazienza. Perché la pazienza? Perché più siamo consapevoli di
cosa accade attorno a noi, più la filosofia ci aiuta a gestire
il tempo e ad essere tolleranti.
Un altro esempio a sostegno della mia tesi può essere
dimostrato dalla divergenza che si crea tra due idee opposte:
non sono più giuste o meno sbagliate ma diverse. La
rivalutazione critica di Karl Marx della dialettica hegeliana
portò al rovesciamento del metodo stesso che poggiando sulla
testa (ossia sullo Spirito, protagonista della Storia) doveva
invece essere portato sui piedi (sulla materia e sulla prassi
politica, sociale ed economica) per giungere all’analisi e
alla soluzione rivoluzionaria dello scontro tra forze
antagoniste (le classi sociali) che dilania la società.
Questo nuovo metodo è detto materialismo dialettico (dottrina
della materia in movimento e logica della contraddizione) che
applicato alla Storia dà origine al materialismo storico.
Il pensiero di Marx vorrebbe infatti toccare diversi settori
dello scibile in una considerazione dialettica della totalità
atta ad indagare la prassi sociale nell’unità organica delle
sue manifestazioni.
Il pensiero continua: “panta rei“!
Federico Gangi
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