la sconfitta dei crociati e la tregua prof . marcello pacifico

“LA SCONFITTA DEI CROCIATI E LA
TREGUA”
PROF. MARCELLO PACIFICO
Università Telematica Pegaso
La sconfitta dei crociati e la tregua
Indice
1
LA DISFATTA DEI CROCIATI-------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2
LA TREGUA E LA PERDITA DI DAMIETTA ------------------------------------------------------------------------- 7
3
I GIUDIZI SU FEDERICO II E IL SOGNO DELLA CROCIATA ------------------------------------------------ 12
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 16
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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La sconfitta dei crociati e la tregua
1 La disfatta dei crociati
L’arrivo, nel maggio 1221, di nuovi pellegrini al seguito del duca di Baviera e del vescovo
di Padova1 rasserena gli animi e convince il legato apostolico dell’opportunità di una rapida
campagna militare, viste le notizie giunte dal papa, del rinvio al marzo successivo della prevista
partenza agostana dell’imperatore,2 e dell’affidamento del denaro raccolto profecturis ad terram
sanctam.3
Dopo un digiuno di tre giorni e la processione del vessillo della croce salvifica fuori
l’accampamento, il popolo del Signore, il 29 giugno 1221, sotto la guida di Pelagio, inizia la
campagna militare lungo il canale del delta del Nilo.4 L’esercito cristiano è notevole, viste le 630
navi approntate, i 5.000 cavalieri d’Oltremare e 1.000 provenienti dall’Occidente, i 4.000 arcieri e i
40.000 fanti partecipanti,5 rispetto ai 7.000 cavalieri saraceni.6 Giovanni di Brienne, avvertito dal
legato apostolico, dopo esser approdato con tre galee nell’isola del giovane Enrico I di Lusignano,
con molti cavalieri ciprioti e gerosolimitani7 raggiunge il 30 giugno 1221 Damietta dove trova
70.000 uomini accampati fuori le mura e gli Italici, rimasti a guardia dell’avamposto e delle navi.
Secondo il partigiano Ernoul, porta con sé «un tesoro di 100.000 dinari», e si scontra nuovamente
1
Oliviero da Colonia, 121. Il vescovo muore durante il viaggio di ritorno, cfr.: Continuatio Claustroneoburgensis II,
in MGH-SS, IX, 623 ; Annales S. Rudberti Salisburgenses, 782; Annales Scheftlarienses maiores, in MGH-SS, XVII,
338; Annales Admuntentes, 595. B. Hechelhammer e S. Runciman riprendono la tesi del cronista dell’Estoire
sull’arrivo del duca di Baviera per la Pasqua (11 aprile 1221) da Taranto, cfr.: Estoire, 350; Runciman, Storia delle
crociate, 828; Hechelhammer, 328. Con Ludovico vi sarebbe anche il vescovo Ulrich di Passau, cfr.: Van Cleve, The
Fifth Crusade, 423.
2
20 giugno 1221, cfr.: CGH, 295; RPRET, 99; Epistulae, I, 123-124.
3
13 giugno 1221, cfr.: Ivi, 121-122; HB, 2/1, 190-191.
4
Oliviero da Colonia, 122-123. Le date fornite da J. Riley-Smith e S. Runciman sull’arrivo di re Giovanni, il 7 e il
6 luglio, e sull’inizio delle operazioni, il 24 e il 12 luglio, si basano sulla notizia di Ernoul dell’arrivo di re Giovanni
direttamente al ponte di ferro, cfr.: Ernoul, 443; Riley-Smith, Les croisades, 172; Runciman, Storia delle crociate, 829.
5
Matteo Paris, III, 68-70; Runciman, Storia delle crociate, 829-830.
6
Oliviero da Colonia, 124-125. Il prelato conferma il numero delle navi e degli arcieri (di cui 2.500 mercenari), ma
non dei cavalieri, soltanto 1.200.
7
Tra cui, probabilmente, Giovanni d’Ibelin, cfr.: E. C. Furber, The Kingdom of Cyprus, 1191-1291, in A History of
the Crusade, II, 610.
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con il legato apostolico e il duca di Baviera perché chiede, invano, più tempo, dubitando dell’utilità
di una lunga marcia affidata al solo rifornimento fluviale in una stagione estiva in cui la piena del
fiume raggiunge il livello più alto.8 Alla fine il re decide di partecipare alla spedizione, «preferendo
patire le sofferenze del popolo cristiano, o subire il martirio, piuttosto che abbandonarlo senza
alcuna guida o rimanere nel brago dei piaceri secolari».9
I pellegrini in breve tempo superano Fariskûr e Shârmensah, giungono tra il 10 e il 17 luglio
1221 di fronte alla nuova fortezza di al-Mansûra, alla confluenza dei due rami del fiume che da lì
puntano sul Cairo, e si accampano nella pianura, lungo il Bahr al-Saghir, tra il fiume e il lago
Manzaleh, in attesa di affrontare in battaglia campale il nemico. Di fronte a questo forza di fuoco e
al serio pericolo dell’invasione del suo regno, il sultano al-Kâmil, il 19 luglio attacca, invano,
l’avanguardia cristiana,10 poi ripercorre la strada della trattativa e ripropone una tregua decennale in
cambio della partenza dei Franchi dall’Egitto e della restituzione dei territori recentemente
conquistati nel Sâhel: Gerusalemme, Ascalona, Tiberiade, Sidone, Gibelet, Laodicea. L’occasione
potrebbe essere propizia, visto che Onorio III aveva esortato il legato a sollecitare trattative in attesa
del pellegrinaggio imperiale,11 ma sfuma perché Pelagio alza la posta in gioco, chiede in più dai
300.000 ai 500.000 denari d’oro per la fortificazione delle città che sarebbero state consegnate ai
Cristiani, e l’oggetto stesso della riserva, la munita fortezza di al-Karak. Per Ibn al-‘Athîr, sono
proposte irricevibili, votate in partenza al fallimento e facilmente traducibili come una nuova
dichiarazione di guerra.12 Il re di Gerusalemme vorrebbe che si considerasse con maggiore
attenzione la situazione e che con prudenza fosse accettata questa pace spesso offerta dai nemici,
convinto della necessità di non esporre il popolo dei fedeli al caso fortuito; ma secondo Oliviero di
8
Traité sur le passage en Terre Sainte, in Croisades et pèlerinages, 1246. Nel luglio il Nilo è in piena per quaranta
giorni e decresce in altrettanto tempo, cfr.: Le Pèlerinage de Maître Thietmar, 956.
9
Ex Chronico Turonensi, 300-301. Questa cronaca è la più dettagliata sulla campagna crociata dell’estate del 1221,
in molti punti vicina alla Ex Radulfi abbatis de Coggeshale historia anglicana.
10
Oliviero da Colonia, 124-126.
11
Gennaio 1221, cfr.: Epistulae, I, 112.
12
Ernoul, 439-443; Ibn al-Athîr, 122; Al-Maqrîzî, IX, 490; BDC-Chroniques arabes, 413; Abou’l-Feda, 97.
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Paderbon, il papa ha vietato espressamente di trattare una tregua senza un mandato speciale della
chiesa romana, così come l’imperatore con lettere bollate da sigilli d’oro.13 Il legato apostolico
respinge le richieste di pace non soltanto perché è reso certo del prossimo arrivo dell’imperatore dal
duca bavarese,14 ma perché sa che un’imponente flotta imperiale sta per approdare a Damietta.
Proprio in quei giorni, infatti, Onorio III chiede a Federico II di preparare in fretta le galee per non
dare adito a voci incontrollate su un possibile nuovo ritardo, è rassicurato sulle 40 triremi salpate da
Messina per l’Egitto sotto la guida del conte Enrico di Malta e del vescovo Gualtiero di Catania, e
ringrazia il sovrano per gli sforzi profusi nel ricordargli i giuramenti presi in merito al voto crociato
e all’amministrazione delle cattedre vacanti siciliane.15
L’arsura, però, non gioca a favore dell’esercito cristiano, né la marcia a tappe forzate e le
continue incursioni dei Saraceni. Alle armature roventi per il sole e alla pelle disidratata si unisce la
mancanza di cibo e d’acqua potabile, poiché i rifornimenti sono tagliati dal sultano che isola la
retroguardia con un blocco navale realizzato attraverso un canale secondario del Nilo. Per otto
giorni i pellegrini sono costretti a nutrirsi di pesci appestati, perché cibati dei cadaveri e delle
carcasse di animali gettati nel canale dai Saraceni al fine d’inquinarne le acque, finché nel campo
non scoppia un’epidemia. Almeno 300 monaci decidono improvvidamente di ritornare da soli in
città (moriranno durante il viaggio), senza attendere gli altri pellegrini. I capi dell’esercito crociato
dibattono se aspettare nell’accampamento le galee promesse dall’imperatore o forzare il blocco ad
ogni costo: alla fine deliberano di abbandonare l’accampamento di notte, ma alcuni tedeschi, furiosi
per il ritiro, incendiano il 26 agosto le tende e svelano al nemico l’improvvisa partenza. Al-Kâmil
non si lascia sfuggire la favorevole occasione e, dopo aver catturato, il 18 agosto, tre o quattro galee
cristiane piene di viveri e cavalieri in un ramo del fiume chiamato al-Mahallé che sfocia nel lago di
13
Oliviero da Colonia, 134-136.
Van Cleve, The Fifth Crusade, 423.
15
21 luglio 1221, cfr.: Epistulae, I, 125-126.
14
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Manzaleh, ordina di aprire le dighe costruite in precedenza a ritmi forzati per convogliare la piena
del fiume sull’esercito dei Franchi in ritirata, e ottiene pieno successo, perché l’acqua ricopre i fanti
fin sopra le ginocchia, travolge quasi 35.000 uomini e impantana negli acquitrini e nelle terre
fangose i sopravvissuti.16 Lo scalandrone del legato apostolico è catturato e con esso una nave dei
Templari con 50 balestre; tuttavia, il sultano, prudente e tranquillo, desideroso di raggiungere la
pace piuttosto di effondere il sangue, riprende le trattative di pace.17
16
Continuatio Claustroneoburgensis II, 623; Oliviero da Colonia, 135-136. Il vescovo Nerico II di Passau e il duca
di Baviera propongono la sortita notturna.
17
Ivi, 137-138, 140.
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2 La tregua e la perdita di Damietta
La disfatta, questa volta, convince il legato ad accettare la tregua illustrata dal vescovo di
Acri e ottenuta dal re di Gerusalemme, a seguito delle trattative avviate nella notte tra il 29 e il 30
agosto con il sultano18 dai nobili d’Oltremare, il genovese Guglielmo di Gibelet e il pisano Goffredo
di Most.19
Una pace di otto anni conclude la quinta crociata, interrompendo nuovamente le ostilità tra
Franchi e Saraceni in Terra santa a partire dal 30 agosto 1221. Cristiani e musulmani si impegnano
a liberare i più di 30.000 prigionieri catturati negli anni precedenti in Siria, in Palestina e in Egitto,20
ad evacuare la terra egiziana (da parte cristiana), e a consegnare quella parte della Vera Croce
trattenuta dal Saladino dopo la vittoria di Hattîn (da parte musulmana). Per lo scolastico di Colonia,
la pace, che potrà comunque essere rimessa in discussione dal nuovo sovrano di Gerusalemme non
appena incoronato - nel solco della tradizione musulmana che vincola gli impegni presi al sovrano
che li ha assunti -, è l’ennesimo segno di favore dell’Altissimo verso il suo popolo: Dio
misericordioso e buono, non vendicativo, risparmia con un giusto giudizio i pellegrini che hanno
lasciato le loro case e le loro famiglie per colui che pacifico si adira, tranquillo giudica, benigno
flagella e portando la verga del padre offre il seno della madre.
In assenza dell’imperatore degli ultimi tempi, il sultano di Egitto si trasforma nel vero
sovrano pacifico delle profezie: con cuore sincero, con buona volontà e senza reticenza, con la
mano destra sul trattato, giura tre volte nel nome di Dio e sul Corano, si fa garante della pace e si
dichiara pronto ad allontanarsi dall’islam, a non prestare più fede nel giudizio ovvero a rinunciare al
18
Ex Chronico Turonensi, 300-302 ; Ex Radulfi abbatis de Coggeshale historia anglicana, in MGH-SS, XXVII,
358; Ernoul, 443-445; Addenda et corrigenda in Historia Guillelmi Armorici, in RHGF, XVII, 775; Estoire, 349-350.
19
Ivi, 333.
20
Annales Stadenses, 357.
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governo, in caso di spergiuro, essendo la regalità strettamente legata alla giustizia nella visione
salomonica del potere. Con lui, giurano anche i due fratelli, al-Mu‘azzam e al-Ashraf,21 e Giovanni
di Brienne che è trattenuto dal sultano come ostaggio insieme ad altri 23 nobili, tra cui il duca di
Baviera, il legato apostolico, il maestro del Tempio e dei Teutonici, il vescovo di Beauvais, fino
all’evacuazione dell’esercito crociato. Mentre nel campo cristiano sono inviati come ostaggi venti
familiari del sultano, tra cui il figlio erede al trono e uno dei tanti fratelli,22 al-Kâmil fornisce al re di
Gerusalemme una cocca per il rientro ad Acri e 30.000 pani per sfamare i suoi uomini. Alcuni dei
prigionieri lasciano immediatamente l’Egitto, altri ottengono un salvacondotto per abbandonare con
tranquillità il Paese con i propri beni, altri ancora si rifugiano nell’importante porto.
La tregua è firmata nella dihlîz23 del sultano d’Egitto, alla presenza di venti nobili franchi,
tra cui molti conti e il vescovo di Acri, e dei grandi dignitari della corte ayyûbita, tra cui i sultani alKâmil, al-Ashraf, al-Mu‘azzam, i principi al-Mûdjhâhid di Homs, al-Muzaffar di Hamâh, al-Hâfiz
di Qal‘a Dja‘bar. Durante la fase esecutiva del trattato, re Giovanni trattiene come ostaggio l’infante
al-Salîh Ayyûb e il principe al-‘Afdâl di Fayoum, rispettivamente figlio e fratello del sultano.24
Sia le fonti cristiane che musulmane, dunque, al di là della retorica della guerra santa,
sottolineano il reciproco rispetto esistente tra nobili Franchi e Saraceni, il cordiale incontro tra il
sultano d’Egitto e il re di Gerusalemme, la misericordia del Dio degli eserciti che offre ai crociati un
salvacondotto dalle mani del sultano al-Kâmil. Oliviero di Paderbon loda il sultano per la clemenza,
la pietà e la magnificenza tanto che mai durante una guerra fu noto un esempio uguale di tale
beneficenza. Al-Kâmil gratifica i nobili franchi e gli alti prelati dei generosi doni della terra
egiziana, delle attenzioni sue e dei suoi fratelli che spesso si sono con loro intrattenuti, garantisce a
21
Ivi, 142.
Ivi, 143.
23
Tenda che racchiude il vestibolo e la sala d’udienza.
24
Al-Makin ibn al-‘Amîd, 33-35; Kitâb sîar ‘al abâ’, in BAS, I, 518; Abou’l-Feda, 98; La reddition des Francs à
Damiette en 1221, a cura di A. M. Eddé, in La Méditerranée, 65-67; BDC-Chroniques Arabes, 407-419.
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tutti gli altri pellegrini la libera circolazione e il nutrimento con migliaia di pani e carni e una
protezione paragonabile a quella che hanno gli occhi dalle pupille, non trascura i malati e i feriti che
sono stati trasportati d’urgenza a Damietta e impedisce ogni sorta di molestie, di angherie o di
semplici derisioni.25 Il ritratto enfatico non è disinteressato ma rende merito alla personalità del
sultano, anche se precede la richiesta di abbracciare la fede cristiana e di cedere pacificamente la
città santa di Gerusalemme; come ha ben rivelato G. Andenna, Oliviero ritiene possibile il dialogo
su aspetti religiosi e culturali e prepara la strada a Federico II per la firma di un trattato su un
terreno politico piuttosto che bellico.26 Le sue considerazioni, però, possono essere elaborate
proprio perché pensate in un contesto messianico che reclama la realizzazione della crociata come
opus pacis, da parte di quell’imperatore del sacro romano impero, incaricato di avverare un regno di
pace e di giustizia. In quest’ottica, l’appello dello scolastico di Colonia al sultano d’Egitto diventa
complementare e non alternativo all’azione decisa del legato apostolico, convinto del rapido
avvicendarsi della fine dei tempi.
Federico II, però, non arriva, né i suoi luogotenenti riescono a impedire la perdita di
Damietta, malgrado si oppongano alla sua cessione. In una lettera scritta il giorno della consegna
della città, l’imperatore denuncia, per la perdita dell’importante porto egiziano, le gravi colpe del
conte di Malta e del vescovo di Catania, al quale aveva affidato la decima raccolta nel regno
siciliano dai laici e dal clero per i bisogni della Terra Santa.27 Anche il cronista del regno, Riccardo
di San Germano, annota la colpevole inerzia dei due alti dignitari siciliani, che una volta arrivati a
Damietta, data la tregua firmata, rifanno vela verso l’Italia senza apportare alcun contributo.28 Lo
stesso Oliviero di Paderbon sottolinea come le 40 galee imperiali arrivano a fine agosto e come
25
Die Schriften des Kölner Domscholasters Oliverus, 301.
Andenna, Predicare o combattere?..., 178.
27
8 settembre 1221, cfr.: HB, 2/1, 201-202.
28
Riccardo di San Germano, 73; Abulafia, Henry Count of Malta, in Italy, Sicily and the Mediterranean, 121; Idem,
Federico II. Un imperatore medievale, 139; Van Cleve, The Fifth Crusade, 426. Con il conte di Malta sarebbero partiti
da Messina, nel luglio 1221, anche Anselmo di Justingen e Diepoldo VII di Hohenburg (Hechelhammer, 340-341).
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Damietta è consegnata su richiesta del maestro dei Teutonici e dei Templari, liberati dal sultano,
perché tra i nuovi arrivati non si trova un uomo potente, valoroso e risoluto che la voglia o possa
tenere per sé.29 La punizione per non aver osservato gli ordini dell’imperatore è esemplare: il conte
Enrico di Malta,30 della famiglia genovese dei Castello e ammiraglio del regno,31 rientrato
dall’Egitto in Sicilia è imprigionato, è privato dei beni e sarà reintegrato nell’ufficio soltanto alcuni
anni dopo;32 il vescovo di Catania, Gualtiero di Pagliara, cancelliere del regno, invece, già caduto in
disgrazia sotto Costanza d’Altavilla ma perdonato da Costanza d’Aragona, è costretto a un esilio
volontario a Venezia dove rientra direttamente dall’Oriente.33 A niente valgono le spiegazioni che
lo stesso maestro del Tempio invia al luogotenente in Inghilterra, Alano Marcel, sulla debole e vana
opposizione del conte di Malta, dei suoi frati e di Giacomo di Vitry alla consegna di Damietta che
non era più difendibile se i diversi baroni e lo stesso sovrano di Gerusalemme erano ostaggi del
sultano. D’altronde, i peccati commessi dentro il campo cristiano erano evidenti e la tregua era stata
giurata da tutti i maestri degli Ordini secolari alla presenza degli influenti principi musulmani di
Homs, di Hamâh, di Ba’albek.34 Anche il precettore del re d’Inghilterra, Filippo di Dolben,
conferma al conte Ranulfo di Chester di aver trovato, il giorno del suo arrivo, il 7 settembre 1221, la
flotta imperiale ancorata al porto di Damietta pronta a salpare, e aggiunge di non aver voluto
assistere alla consegna della città perché in totale disaccordo, tanto da ripartire il giorno stesso per
Acri.35 Nel suo racconto, accenna anche alla contrarietà del re di Gerusalemme alla disastrosa e
29
Oliviero da Colonia, 144.
Anch’egli genero del pirata Guglielmo Grasso, ammiratus felicis stolii (1197) di Enrico VI e successore di
Margheritone da Brindisi.
31
Ammiratus stolii marini nel giugno 1221, al posto di Guglielmo Porco, in carica dal 1211.
32
Certamente tra il 1230-2 quando il figlio Nicola eredita la contea di Malta.
33
L. M. Menager, Amiratus – Àμηράς. L’Émirat et les origines de l’Amirauté, Paris 1960, 111-114.
34
Acri, settembre 1221, cfr.: RRH, I, 251.
35
Raggiunta due giorni dopo. Il nobile era partito da Marsiglia il 15 agosto 1221.
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ininterrotta marcia di tre settimane avvenuta tra Damietta e Il Cairo, e annuncia il prossimo viaggio
del sovrano in Europa per ottenere personalmente l’aiuto di tutti i principi cristiani.36
36
Matteo Paris, III, 66-67.
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3 I giudizi su Federico II e il sogno della crociata
Nell’autunno del 1221, per fugare specifiche accuse dovute ai continui rinvii della partenza,
l’imperatore non può far altro che punire il proprio ammiraglio per la consegna di Damietta, così da
offrire al papa la prova della buona fede che lo aveva sempre distinto nell’organizzare la crociata.
Caduta Damietta, Federico II si può così affrettare a manifestare il suo sgomento per il derelitto
stato della Terra santa e può annunciare il suo favore a iniziative tese a vendicare l’ingiuria portata a
Cristo, alla sua chiesa e al suo popolo, rimasto confuso e attonito per il trionfo dei persecutori della
Croce.37
Il
tono di propaganda è solenne, ma il dolore è ritenuto sincero da R. Röhricht.38 Un mese
dopo, il papa, invia come legato alla curia imperiale, il cardinale vescovo Tuscolano con il compito
di organizzare proprio una nuova crociata senza criticare troppo il sovrano, se non altro, perché si
sente responsabile delle dilazioni concesse.39 L’imperatore è l’unico sovrano cristiano d’Europa in
grado di riorganizzare un potente esercito per liberare i Luoghi santi dove è sempre atteso con
trepidazione dai Cristiani,40 e si mette subito a disposizione del papa nell’invio di quattro galee ad
Acri perché il re, il patriarca di Gerusalemme, il maestro dell’Ospedale, il legato apostolico possano
guadagnare in fretta, nel prossimo settembre, il Vecchio continente per programmare le iniziative
opportune per la Terra santa.41
Come Giacomo di Vitry accusa la corruzione dilagante degli abitanti e del clero d’Oltremare
ed europeo per spiegare la conquista di Gerusalemme ottenuta dal Saladino, così i cronisti latini si
affrettano a giustificare la disfatta di Damietta per «il peccato, la follia, l’orgoglio e la malizia del
37
Palermo, 25 ottobre 1221, cfr.: AIIS, I, 213. HB, 2/1, 206-207.
Röhricht, Geschichte des Königreichs Jerusalem, 757.
39
19 novembre, cfr.: HB, 2/1, 220-222.
40
Ex Reineri ad S. Jacobum monachi, Chronico Leodiensi, in RHGF, XVIII, 636.
41 Oliviero da Colonia, 148.
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clero e della religione».42 La disfatta di Damietta è interpretata nella società occidentale come un
ammonimento divino per il peccato degli uomini, una punizione divina per la pochezza di fede.43
Gli storici moderni estendono le accuse anche a Federico II e a Giovanni di Brienne: denunciano il
tentativo della chiesa di trasformare la crociata in un’impresa diretta e condotta dal suo
rappresentante che testardamente porta la cristianità sull’orlo del disastro,44 sottolineano il
disastroso temporeggiare del giovane imperatore e la cecità politica del legato apostolico,45
soppesano le responsabilità di ciascuno dei principali attori della crociata cristiana tanto che «se ci
fosse stato nell’esercito cristiano un capo prudente e rispettato, il Cairo poteva essere occupato ed il
regime ayyûbita distrutto […] Ma l’imperatore, il solo che avrebbe potuto esercitare quella
funzione, non giunse mai, nonostante le sue promesse. Pelagio era un uomo arrogante, privo di tatto
e impopolare, e i suoi difetti come stratega si rivelarono nell’ultima disastrosa offensiva; mentre re
Giovanni, sebbene fosse un valoroso, non aveva né la personalità, né il prestigio necessari per
comandare un esercito internazionale. Quasi ogni fase della campagna era stata rovinata dalle
gelosie personali e nazionali».46 Il dibattito, ripreso da B. Hechelhammer, investe in pieno la
personalità dell’imperatore, di cui si misura la pietà e il reale interesse per l’Oriente,47 concreto per
alcuni e distolto dalla sola preoccupazione per la recente anarchia vissuta dal regno tedesco e
siciliano,48 aleatorio per altri, vista la facilità con cui rinvia puntualmente la partenza per l’Egitto,
tradisce la fiducia dei pellegrini e crea quelle condizioni di malcontento e d’impazienza, alla base
42
Estoire, 352; Willelmi chronica Andrensis, 761; Hermanni Altahensis Annales, in MGH-SS, XVII, 387; Annales
Spirentes, in MGH-SS, XVII, 84; Ex chronico Alberici Trium-Fontium monachi, 791; Richeri Gesta Senoniensis
ecclesiae, in MGH-SS, XXV, 303; Cronica di Giovanni Villani, I, Roma 1980, 261.
43
Alphandéry e Dupront, 364.
44
Mayer, The Crusades, 227.
45
Cahen, La Syrie du Nord à l’époque des croisades et la principauté franque d’Antioche, Paris 1940, 625; Idem,
Orient et occident au temps des croisades, 183-184; Richard, Histoire des croisades, 318; Powell, Anatomy of the
Crusade, 181-185; J. Donovan, Pelagius and the Fifth Crusade, Philadelphia 1950, 96-97.
46
Runciman, Storia delle crociate, 831.
47
Hechelhammer, 131-134.
48
Riley-Smith, Les croisades, 173.
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dell’azione dello stesso legato apostolico.49 Questi giudizi, in realtà, legati anche alla polemica sulla
Frömmigkeit dell’imperatore, ripresa dallo studio di H. M. Schaller,50 tengono poco conto della
difficoltà di misurare la religiosità interiore o la dimensione intima di un uomo la cui vita privata è
sempre pubblica nelle orientate e propagandistiche ricostruzioni della cancelleria imperiale, papale
o dei cronisti coevi, e sottovalutano gli atti di un sovrano che ha sempre dimostrato un costante
intervento durante lo svolgimento della crociata di Damietta: tra il 1217-1221, Federico II finanzia
nei nove passaggi generali la partenza per la Terra santa e per l’Egitto di migliaia di migliaia di
uomini dell’impero e del regno siciliano, invia un’imponente flotta imperiale, incarica diversi nobili
di rappresentarlo nella campagna militare, più volte si prepara a partire per amministrare
personalmente i territori egiziani conquistati e ad avverare le aspettative messianiche legate
all’avvento dell’ultimo re dell’Apocalisse. La sua partenza, più volte rinviata, delude i pellegrini,
ma non lo priva dell’autorevolezza necessaria per condurre una spedizione dalle forti tinte
profetiche, come lo attestano le lettere e i racconti del vescovo d’Acri, dello scolastico di Colonia o
del re di Gerusalemme. D’altronde, l’imperatore agisce sempre in pieno accordo sia con Giovanni
di Brienne sia con Onorio III, il vero regista della crociata. Il papa, seguendo le orme del
predecessore Innocenzo III, porta a compimento quel processo di trasformazione dell’idea di
crociata che, nata dal movimento spontaneo di Pietro il Venerabile ha assunto l’aspetto di
un’organizzazione ben definita, di un’istituzione ben precisa, senza perdere il suo significato
catartico. Il fine della crociata non è lo sterminio dell’infedele, il conflitto religioso, ma la salvezza
l’intera umanità, il risparmio del sangue di tutti i fedeli, il trionfo di un regno di pace che sottintende
la custodia della Gerusalemme terrestre, specchio di quella celeste. Il perseguimento di questo
sogno, che spesso si macchia di sangue e alimenta il fanatismo dei libelli religiosi o l’eroismo dei
racconti epici, non impedisce una quotidiana coesistenza pacifica in tutto il Vicino e Medio Oriente
49
50
Stürner, Federico II, re di Gerusalemme, 161.
Schaller, Die Frömmigkeit Kaiser Friedrich II., 493-513.
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delle due comunità cristiana e musulmana, il naturale scambio di ambascerie, la firma di trattati di
pace o di alleanza, il libero commercio, il dialogo religioso-culturale. Esiste un dialogo ecumenicosapienziale che è promosso alla corte del sultano d’Egitto persino durante l’assedio del suo regno, e
che è promosso dal papa per compiere la missione salvifica affidata da Dio, per riportare la pace
nella cristianità e per recuperare i fedeli delle chiese orientali e quelli caduti in errore a causa della
legge di Maometto. La guerra può essere giustificata come strumento di dissuasione, per
confermare una tregua o un assetto politico consolidato, ma non è mai offensiva e pur nella sacralità
della sua missione, mai santa; pertanto, anche durante una disfatta terribile come quella dei
pellegrini nelle acque del Nilo, l’accordo politico rimane sempre possibile.51
Il progetto della crociata fallisce per l’inesperienza e la superbia del legato apostolico,
convinto di essere stato eletto da Dio per compiere la sua missione, sordo ai consigli dei capi
militari. Rimane la saggezza politica di un sovrano musulmano, al-Kâmil, il vero eroe della crociata
di Damietta, che a un passo dalla vittoria preferisce offrire una pace, pago della gloria concessa dal
Signore, sovrano giusto e pacifico come il Salomone delle Scritture. A lui si rivolge Oliviero di
Paderbon dopo la sconfitta, quando lo invita proprio a emulare re Salomone nell’offrire a chi non
appartiene al popolo d’Israele la libertà di culto nel Tempio dedicato al Dio supremo. A lui si
rivolgerà anche Federico II, dimostrando di comprendere il significato di queste parole, nel
tentativo di portare a compimento l’idea di crociata maturata in quel mare di relazioni politiche,
religiose, sociali ed economiche attivate tra cristianità e islam nello spazio euro-mediterraneo della
prima del XIII secolo.
51
Contrariamente a quanto ritenuto, cfr.: Andenna, Predicare o combattere?..., 162; Kedar, Crusade and Mission,
169-170.
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Bibliografia
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Van Cleve T. C., The Fifth Crusade, in A History of the Crusade, II, 423
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Estoire de Eracles Empereur, in Historiens occidentaux, Paris 1819; ed. Académie des
inscriptions et belles lettres, Imprimérie Nationale, t. II, Paris 1859
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Abulafia D., Henry Count of Malta, in Italy, Sicily and the Mediterranean
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Röhricht R., Geschichte des Königreichs Jerusalem (1100-1291), Innsbrück 1878; n. e.,
Amsterdam 1966
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