Così curiamo i malati con la cannabis legale

17/09/2014
Corriere Mercantile - Genova
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(diffusione:10321, tiratura:13833)
«Così curiamo i malati con la cannabis legale»
MICHELE VARÌ «Alcuni degenti affetti da sclerosi grazie a questi farmaci hanno ripreso a camminare» La
prima telefonata in negozio «Quanto costano 5 grammi?»
a prima telefonata ricevuta quando abbiamo iniziato a vendere prodotti a base di cannabis è stata quella di un
uomo che con una domanda secca mi ha chiesto: "Quanto me li mette cinque grammi di hashish?". Ho
buttato giù il telefono perché noi non siamo spacciatori ma farmacisti». Edilio Lancellotti, 63 anni, è il titolare
di una della farmacie, l'"Assarotti" di via Peschiera, che a Genova grazie alle nuove leggi e la prima casa
farmaceutica italiana autorizzata (di Piacenza) a importare marijuana essiccata dall'Olanda, preparano
prodotti galenici a base di cannabinoidi. Una specializzazione di cui quasi si sconosceva l'esistenza e che di
fatto ha reso, nel rispetto delle norme vigenti, libero l'uso di stupefacenti a fini terapeutici. Se un medico
decide che il paziente può godere di benefici dai cannabinoidi, non deve fare altro che redigere la ricetta con
il piano terapeutico, poi basta presentarsi davanti al bancone del negozio di via Peschiera per pagare e
prendere il medicinale. Farmaco ancora non rimborsato dal sistema nazionale sanitario e con prezzi ancora
molto elevati. Come ha svelato il quarantenne genovese afflitto da una grave patologia degenerativa alle
ossa le cui vicissitudini (per risparmiare coltivava marijuana in casa) hanno fatto scoprire ai carabinieri questo
giro di ricette e farmaci a base di cannabis legalizzato. «Per sei grammi spendo 208 euro, mentre se vado a
comprarla da uno dei tanti spacciatori presenti nel centro storico ne spendo 10 volte in meno, visto che mi
bastano 20 euro», ha svelato al "Corriere Mercantile" l'uomo, in cura presso il centro Terapia del Dolore della
Casa della Salute di Struppa, dove la dottoressa Rossella Tonetti gli prescrive da un anno una cura a base di
cannabinoidi. Il quarantenne però lo stupefacente avrebbe dovuto assumerlo con un infuso o vaporizzarlo,
invece di fumarselo come ha ammesso candidamente ai carabinieri che lo hanno denunciato per la
coltivaziuone delle piante di marijuana. «La platea dei nostri clienti che chiedono preparati galenici a base di
cannabis è ampia racconta Edilio Lancellotti - La maggior parte però riguarda pazienti in cura dai neurologi o
ai centri come l'Aism che cura la sclerosi multipla e il centro antidolore della Gigi Ghiorotti». Il farmacista, una
sorta di "scienziato" dei medicinali, racconta che ogni preparazione cambia: «I dosaggi variano da paziente a
paziente, dipendono dalle combinazioni a livello cellulare dei soggetti e la risposta dei principi attivi del
farmaco. Per la cannabis si va dai 30 milligrammi o al massimo ai 100 milligrammi, che si possono assumere
con tisane o un'attrezzatura chiamata vulcano che vaporizza, come un phon, il farmaco». Lancellotti, grazie
alla sua grande esperienza nel preparare farmaci galenici e il ruolo di consigliere dell'Ordine dei Farmacisti, è
quasi un garante per la categoria: «Quando una farmacia non è attrezzata, posso indicare il collega che in
fatto di medicinali non convenzionali può dare la risposta migliore all'esigenza dei pazienti». Fra gli usi più
diffusi della cannabis, quelli della cura dei dolori neuromuscolari indotti, come accade nella Sclerosi Multipla,
da patologie del sistema nervoso periferico che trasmette gli impulsi al resto del corpo: «Grazie a questi
rivoluzionari farmaci si agisce sui processi chimici all'origine di questi impulsi. La marijuana ripristina la
situazione dove è compromessa, alleviando i dolori, ma non solo, una terapia adeguata potrebbe essere
anche in grado di curare la patologia. Ci sono persone afflitte da questa patologia che non camminavano più
e poi sono tornati ad avere una buona deambulazione proprio grazie a farmaci cannabinodi». Buoni risultati
sono stati ottenuti anche per altre svariate malattie: dalla spasticità con dolore, alla sclerosi multipla e le
lesioni al midollo, dalle nausee e il vomito indotti dalle cure oncologiche al dolore cronico e la sindrome di
Gilles de la Tourette, dal trattamento palliativo del cancro all'Aids, e ancora: il glaucoma resistente, la
stimolazione dell'appetito in pazienti malati da cancro o Hiv. Il numero dei clienti che usano abitualmente
questi farmaci? «Per ora limitato, non più di cinquanta o sessanta, ma destinato a crescere» assicura il mago
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 17/09/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Edilio Lancellotti, 63 anni, nel suo laboratorio di via Peschiera: il locale ha tutte le caratteristiche e i controlli di
una industria farmaceutica in miniatura. Uniche differenze sono l'ampiezza dei locali e la quantità del prodotto
finale. Il compito del farmacista è soddisfare le richieste delle ricette prescritte dai medici con dosaggi
particolari e le associazioni dei vari principi attivi. Preparazioni gestite da due software che garantiscono il
corretto carico e scarico delle materie prime. Il
17/09/2014
Corriere Mercantile - Genova
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TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 17/09/2014
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dei prodotti galenici di via Peschiera, che sconsiglia a tutti lo spinello: «Fumando la marijuana si aspirano
anche le tante sostanze nocive presenti nelle sigarette».
17/09/2014
Il Manifesto - Ed. nazionale
Pag. 14
(diffusione:24728, tiratura:83923)
La drug policy che funziona
Giorgio Bignami
Nel 2011 il rapporto della «Global Commission on Drug Policy», denunciando i fallimenti della «War on
Drugs», analizzando i disastri di questa guerra, fece tremare i palazzi proibizionisti nazionali e planetari.
Questo, sia per i suoi contenuti, sia per le firme di molti pezzi grossi dell'establishment internazionale, a
partire dall'ex segretario generale dell'Onu Kofi Annan, assistiti da una scelta schiera di esperti. Dopo il
rapporto del 2011, la Commissione ha seguitato a lavorare su specifici problemi, per esempio i costi
dell'applicazione della legge penale e la riduzione del danno (vedi il rapporto fra droghe, Hiv/Aids ed epatite C
su globalcommissionondrugs.org/). Finché il 9 settembre scorso è stato pubblicato il nuovo rapporto Taking
Control: Pathways to Drug Politics that Work - "Prendere il controllo: percorsi verso politiche delle droghe che
funzionino".
Qui solo qualche rapido cenno ai contenuti del rapporto, a partire dalle raccomandazioni finali: 1. spostare il
più possibile risorse dalle azioni repressive e punitive agli interventi sanitari e sociali di provata efficacia; 2.
porre fine sia alla criminalizzazione dell'uso e del possesso di droghe per uso personale (l'italica
depenalizzazione di uso e possesso è il più delle volte una tragica frode, almeno dalla Jervolino-Vassalli in
poi e ancor più negli anni della Fini-Giovanardi), sia ai trattamenti obbligatori (quasi una allusione a certe
nostre comunità terapeutiche); 3. cogliere l'opportunità della prossima assemblea generale Onu sulle droghe
(Ungass) del 2016 per cambiare le convenzioni internazionali, sinora ricalcate sul modello proibizionista
varato a Vienna nel 1961; 4. puntare sulle alternative al carcere per i «pesci piccoli» del narcotraffico (piccoli
produttori, corrieri al dettaglio, piccoli spacciatori); 5. permettere e incoraggiare i diversi esperimenti di
legalizzazione controllata, a partire da (ma non fermandosi a) cannabis, foglie di coca e parte delle nuove
sostanze psicoattive; quindi 6. puntare a una riduzione del potere delle organizzazioni criminali per ridurre la
violenza e l'insicurezza alimentate dalle competizioni tra di loro e con lo Stato; infine 7. assicurare l'equo
accesso ai farmaci essenziali, in particolare gli oppiacei per il dolore (per inciso, l'ultima relazione ad hoc al
Parlamento del nostro Ministero della salute mostra qualche progresso, ma anche quanto siamo ancora
lontani dagli standard di altri paesi soprattutto del centro e nord-Europa e del nord-America).
Poco spazio resta per le parti analitiche del rapporto. Il fallimento delle strategie di controllo è documentato
dagli aumenti di produzioni e consumi di droghe pesanti; il danno alla salute pubblica e alla sicurezza dalla
frequenza delle adulterazioni e delle morti da overdose, dalle restrizioni alle strategie di riduzione del danno
(solo in Russia 1.800.000 iniettori sono infetti da virus Hiv); l'attacco ai diritti umani dagli oltre mille giustiziati
all'anno per reati di droghe, dagli innumerevoli carcerati e reclusi in «centri speciali», dalle gravi
discriminazioni a danno delle minoranze etniche e razziali; l'incentivazione della criminalità e
dell'arricchimento dei criminali dai quasi quattrocento miliardi di dollari annui di vendite al dettaglio,
dall'escalation della violenza e del finanziamento del terrorismo; giù giù, sino ai dati sul dilagare della
corruzione, sull'inquinamento dell'economia legale, e chi più ha più ne metta.
Insomma, conclude la Commissione, vi supplichiamo, potenti della terra, facciamola finita; e per fortuna,
aggiunge, qualcuno qua e là ha iniziato a capire l'antifona.
Rapporto e sommario italiano su www.fuoriluogo.it
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 17/09/2014
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FUORILUOGO
18/09/2014
Corriere Mercantile - Genova
Pag. 10
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SI VENDE IN FARMACIA I farmaci alla cannabis ora si vendono in farmacia
farmaci a base di cannabinoidi sono molto utili ad alleviare i dolori dei nostri pazienti, ma guai a illudersi: non
curano e si dimostrano efficaci solo nei casi meno gravi, quando il dolore è meno severo. Per i casi più
disperati, a mio avviso, rimane sempre meglio affidarsi agli antidolorifici classici e gli oppiacei a base di
morfina». A parlare è Franco Henriquet, il medico genovese fondatore e anima dell'Associazione Gigi Ghirotti
per la terapia del dolore e le cure palliative a domicilio e in hospice: «Ormai da un anno per la legislazione
italiana i farmaci con cannabis si possono liberamente prescrivere, purtroppo però il loro costo è ancora molto
elevato, tanto che una terapia medica minima di 60 milligrammi per un mese può costare dai 100 ai 120
euro». Henriquet ricorda che per non far pagare i farmaci la Regione Liguria si è dotata, fra le prime in Italia,
di una legge ad hoc, «purtroppo mancano i fondi per attuarla». Il medico dice che appena sino a pochi anni fa
per le terapie con farmaci cannabinoidi c'era quasi solo una farmacia come punto di riferimento, la Assarotti,
mentre adesso la rete di distribuzione è molto più estesa e tutti possono, ovviamente presentando una ricetta
di uno specialista, comprare i medicinali da un grossista in Toscana e in molte farmacie genovesi: «Noi, ad
esempio, ci riforniamo alla San Raffaele di corso Gastaldi». «Il problema rimarca Heriquet - è che l'uso di
questi farmaci è ancora molto limitato per i suoi costi elevati». Lo specialista poi torna sui benefici dei
cannabinoidi per alcune malattie, che qualcuno ha definito quasi miracolosi: «Io non li enfatizzerei troppo, noi
quei farmaci li prescriviamo a dosaggi accurati per alleviare gli effetti collaterali, dalla nausea alla stipsi, e altri
ancora, che possono causare in alcuni soggetti i medicinali derivati dagli oppiacei». E a chi dice che la
cannabis è miracolosa con i malati di sclerosi multipla, risponde: «Non abbiamo molta esperienza con malati
afflitti da questa patologia, ma la nostra anedottica dice il contrario, nel senso che non abbiamo constatato
effetti clamorosi». Henriquet proprio per l'uso dei farmaci nel suo hospice non convenzionali, in quel caso
oppiacei, era finito nei guai per poi essere assolto con tanto di scuse. «Con le norme attuali non sarebbe
accaduto» sottolinea. «Cosa penso dello spinello libero? Assolutamente contrario, perché soprattutto nei
giovani può provocare dei danni anche gravi».
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 18/09/2014
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«Cannabis utile contro il dolore ma niente illusioni»
18/09/2014
Il Cittadino di Monza e Brianza
Elettrodi per il dolore cronico Wise, sviluppo da un milione
Si chiama Wise la start-up milanese di Luca Ravagnan, vincitore del noto riconoscimento alcuni anni fa ed
ora co-titolare dell'azienda associata a Confindustria Monza e Brianza, che si occupa di produrre elettrodi per
neurostimolazione per la cura del dolore cronico e del Parkinson, attraverso una tecnologia che consente di
inserire microcircuiti elettronici biocompatibili su siliconi. Fondata nel 2011 da quattro soci con un
investimento di 80 mila euro, lo scorso anno l'ingresso di due nuovi finanziatori ha permesso un nuovo
investimento in ricerca e sviluppo da un milione di euro, proiettando la start-up - che ha una seconda sede
anche a Berlino e che presto potrebbe trovare casa in Brianza - in una dimensione di maggior respiro
europeo. «Ciò che ci caratterizza come start-up - ha specificato Ravagnan - è il fatto di trovarci in una fase
antecedente al lancio del prodotto sul mercato, cosa che non avverrà almeno per i prossimi due anni visto
che l'iter relativo a brevetti e test sui prototipi, in questo settore è particolarmente lungo». Lo sviluppo si basa
interamente sugli investimenti dei soci finanziari che permettono, oltre alla ricerca, il lavoro di sette persone:
«È un modello anglosassone di impresa - ha continuato Ravagnan - con i suoi pregi e con i suoi difetti: la pmi
italiana nasce con un piccolo investimento e poi si ingrandisce, ad esempio Rana e Ferrero hanno iniziato
così. Invece nel mondo anglosassone si punta subito ad un progetto ambizioso, che necessita quindi di un
investitore forte che permetta lo sviluppo del prodotto in fase di start-up». Non esistono, di conseguenza,
mezzi termini: «O si ottengono ottimi risultati oppure si fallisce, ma questo nella mentalità anglosassone non è
un problema, nè una vergogna: per grandi imprenditori come Bill Gates non sempre la prima è stata buona».
• L.Sca.
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 18/09/2014
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Economia
18/09/2014
Tema Farmacia - N.8 - settembre 2014
Pag. 10
La somministrazione transdermica
II primo dispositivo per la somministrazione transdermica di un medicinale è stato messo in commercio negli
Stati Uniti nel 1979. Nel tempo il numero di tarmaci che utilizzano questa via è cresciuto: si pensi ai
contraccettivi, ai medicinali che curano gli stati di dolore cronico, o per mantenere i livelli di nicotina durante il
periodo di disintossicazione dal fumo, o ancora per il trattamento dell'angina pectoris. E dato che il principale
strumento per il passaggio delle cure tramite la cute è il cerotto, è naturale che la ricerca si sia sviluppata sia
dal punto di vista farmacologico sia da quello degli strumenti di somministrazione, ovvero i tessuti. E proprio
per illustrare le caratteristiche principali della cute umana, il suo comportamento e quindi, a cascata, come
funziona la somministrazione transdermica dei medicinali, si è tenuto un convegno sui 'Tessili per applicazioni
biomedicali" al Politecnico di Torino dove è intervenuta Federica Leone, ricercatrice alla facoltà di Farmacia
all'Università del capoluogo piemontese. Nella somministrazione transdermica il farmaco deve superare lo
strato corneo dell'epidermide e raggiungere il derma che è il tessuto vascolarizzato. La caratteristica
principale dello strato corneo è di essere idrofobico ed è questo che impedisce all'acqua e ad altri liquidi di
penetrare nel corpo. Il superamento dello strato corneo può avvenire attraverso un sistema intracellulare,
intercellulare (ovvero sfruttando la composizione lipidica del derma, "incuneandosi" tra una cellula e l'altra) o
annessiale (cioè sfruttando gli annessi cutanei come peli e capelli, ma dato che costituiscono una parte
residuale del corpo questo sistema non ha molta rilevanza). In entrambe le due prime tecniche di
assorbimento, di grande importanza è il grado di lipofilia del farmaco, che permette di combattere l'idrofobicità
dello strato cutaneo più esterno. Tuttavia, altri fattori possono incidere sull'efficacia del passaggio del
medicinale attraverso la pelle. Il più importante è quello fisicochimico, che impone che le molecole siano
piccole e leggere, che abbiano effetto già a basse concentrazioni, che non irritino la pelle e che abbiano una
buona lipofilia; il che rende il numero di molecole adatte al passaggio transdermico piuttosto limitato. Bisogna
inoltre tener conto dei fattori biologici dei pazienti: lo spessore dello L'aderenza alla terapia può essere
migliorata anche con nuove vie di somministrazione. Il passaggio dei tarmaci attraverso la cute è uno dei
sistemi più studiati. Debora Ferrerò e Carla Fiorio strato corneo varia a seconda dei punti del corpo e anche
l'età influisce sulla permeabilità della cute. Per esempio, i bambini hanno una maggiore permeabilità rispetto
agli adulti, ed è per questo motivo che in farmacia lo studio di medicinali pediatrici somministrabili per via
transdermica è in grande crescita. La formulazione farmaceutica può essere ottimizzata, in particolare
attraverso i cosiddetti "nanocourier", ovvero dei microvettori che migliorano la penetrabilità, come le
ciclodestrine, le particene polimeriche e i liposomi. Poi possono essere adoperati dei miglioranti chimici, cioè
delle sostanze che modificano lo strato corneo o scompaginano la conformazione lipidica. Infine, possono
essere utilizzati dei miglioranti fisici come l'applicazione di piccole scariche elettriche a basso voltaggio con
tecniche come la iontoforesi e l'elettroporazione. Il principale sistema di somministrazione transdermica è il
cerotto: oggi sul mercato esistono strutture a serbatoio, nelle quali le molecole sono circondate da una
membrana microporosa che regola il loro passaggio; ci sono poi le strutture a matrice, che prevedono una
distribuzione uniforme del medicinale su una matrice polimerica; infine, ci sono le strutture a microreservoir,
che combinano i due modelli precedenti con microserbatoi disposti su una matrice. Ed è in questo campo che
la ricerca tessile può far progredire ulteriormente la somministrazione transdermica, sia lavorando sui
materiali utilizzabili per realizzare i cerotti sia intervenendo sulle strutture di rilascio del farmaco, che possono
essere innovate e migliorate. Il campo è dunque aperto per nuove sperimentazioni, che dovranno poi
superare i numerosi test che la farmacopea prevede per poter permettere a un nuovo farmaco di raggiungere
i banconi dei farmacisti.
Foto: © RIPRODUZIONE RISERVATA
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 18/09/2014
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ATTUALITA Tessile medicale
19/09/2014
13:05
Virgilio.it
Sito Web
(ANSA) - ROMA, 19 SET - In Italia le persone che soffrono di dolore cronico sono stimate in 12 milioni, circa il
20% della popolazione. "Una tragedia nascosta e troppo spesso trascurata" che causa la perdita di oltre un
miliardo di ore lavorative e una spesa di circa 2 mld di euro per...
(ANSA) - ROMA, 19 SET - In Italia le persone che soffrono di dolore cronico sono stimate in 12 milioni, circa il
20% della popolazione. "Una tragedia nascosta e troppo spesso trascurata" che causa la perdita di oltre un
miliardo di ore lavorative e una spesa di circa 2 mld di euro per prestazioni e farmaci e sui cui permane un
deficit informativo visto che il "40% dei cittadini non sa a chi rivolgersi". Numeri e scenari evidenziati durante
la presentazione della giornata 'Cento città contro il dolore', promossa dalla Fondazione Isal. "Con questa
campagna - ha affermato il presidente Isal William Raffaeli - vogliamo rompere il muro dell'indifferenza e
chiedere alle Istituzioni nazionali e internazionali di finanziare la ricerca scientifica per trovare una terapia
anche a quei dolori difficilmente trattabili (dolore idiopatico, cioè senza causa apparente, il dolore oncologico
grave, la fibromalgia, l'endometriosi e il dolore da lesione del sistema nervoso)". Ma il problema non è solo di
risorse. Nonostante il dolore cronico sia molto diffuso, il 40% delle persone che ne soffre non sanno che ci
sono centri specialistici. Solo il 32% è stato informato dal proprio medico, il 22% da amici e parenti e il 14%
su internet. Inoltre, solo il 35% sa che in Italia c'è una legge sul tema (legge 38/2010). Secondo i risultati di un
questionario della Fisal, il 44% degli intervistati ha dichiarato di essere affetto da dolore cronico da più di 3
anni, il 15% da più di un anno, il 14% da sei mesi a un anno. Chi ne soffre è però mediamente poco
soddisfatto delle cure ricevute dai professionisti sanitari e vorrebbe avere terapie adeguate (35%) ma anche
più attenzione e ascolto (24%). "C'è ancora troppa confusione sui percorsi di cura - sottolinea Raffaeli - in
molti fanno dei veri e propri pellegrinaggi nella rete o tra gli amici prima di arrivare nello studio di un terapista
del dolore". La Giornata 'Cento città contro dolore' è giunta alla quarta edizione e si svolgerà il 27 settembre
in 100 comuni di tutta Italia e in 12 Paesi di cinque continenti dove medici e volontari spiegheranno come e
dove è possibile curare il dolore cronico. (ANSA). dovType feed -->
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 22/09/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Dolore cronico, colpiti 12 mln di italiani
19/09/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 31
(diffusione:619980, tiratura:779916)
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Salute Coltivazioni in un centro militare a Firenze. A ottobre il protocollo
Entro un anno in farmacia la cannabis terapeutica Via alla produzione
italiana
Firmato l'accordo: gratuita su prescrizione
Margherita De Bac
ROMA - La parola cannabis evoca fantasmi. È legata agli spinelli, al rischio che costituisca l'anticamera di
droghe pesanti. Bisognerà mettere da parte questo pregiudizio e, una volta tanto, pensare positivamente al
più antico degli stupefacenti, usato già in epoca neolitica per le sue proprietà miorilassanti, analgesiche e
sedative.
Apre nuove prospettive di cura l'accordo firmato dai ministri Beatrice Lorenzin (Salute) e Roberta Pinotti
(Difesa) per la prima produzione nazionale di sostanze e preparazioni di origine vegetale. La piantina verrà
coltivata nei terreni dell'Istituto militare chimico farmaceutico, a Firenze, per estrarne il principio attivo da
trasformare poi in preparazioni galeniche impiegate in pazienti con dolore neuropatico centrale. La terapia
sarà gratuita, prescritta dai medici quando gli altri farmaci non funzionano. La stima è di 500-900 mila malati
in Italia.
I cannabinoidi hanno avuto il via libera per l'impiego farmaceutico nel 2007. Da allora però non sono entrati
realmente nei prontuari regionali, passaggio che avrebbe permesso la distribuzione gratuita. Abruzzo,
Marche, Piemonte, Sicilia e Emilia Romagna (pochi giorni fa) hanno deliberato senza tuttavia che fossero
attivate, dopo gli annunci, le procedure per rendere disponibile la terapia.
Dopo il via alla produzione nazionale il ministero appronterà entro ottobre un protocollo da far approvare al
Consiglio Superiore di Sanità da poco rinnovato, ai vertici due donne, Roberta Siliquini e Eleonora Porcu. Poi
la coltivazione nei campi militari. Il principio attivo sarà preparato e distribuito da farmacie territoriali e
ospedaliere. Tempi, entro il 2015. Il sistema prevede piena tracciabilità per il controllo del consumo e dei
destinatari. Finora la materia prima è stata importata dall'estero a costi più alti.
«L'Italia sarà autosufficiente - dice Lorenzin -. Distinguiamo, però. La droga fa male, un giovane su quattro
fuma cannabis, siamo preoccupati. L'uso di sostanze per terapie è ben diverso. Noi ragioniamo in termini
sanitari. Altro punto da chiarire. Questo non è assolutamente il primo passo per permettere l'auto-coltivazione
da parte dei malati. Sono contraria a provvedimenti naif». Per Annarosa Racca, presidente dell'associazione
Federfarma, è una bella novità: «Siamo pronti a lavorare».
Il consumo di oppioidi per la cura del dolore da noi è ancora basso nonostante il progresso di fatturato. I
medici prescrivono poco e permane una certa resistenza culturale, alimentata anche dalla politica. Wiliam
Raffaeli, presidente della Fondazione Isal per la ricerca sul dolore (il 27 settembre al via le giornate per
sensibilizzare i cittadini), non ammaina la bandiera: «C'è ancora molto da fare. C'è ancora molta
inappropriatezza nel combattere il dolore cronico. Il 50% delle spese sono per gli antinfiammatori, una minima
parte per gli oppiacei, come la morfina». E sulla cannabis aggiunge: «Ben venga. Io la prescrivo, ma le
famiglie se la sono pagata da sé. È un farmaco di cui bisogna sfruttare le potenzialità anche se non esistono
prove schiaccianti per la sua efficacia. Molti malati ne traggono benefici ed è questo che conta».
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Terapia del dolore Antinausea nei pazienti oncologici sottoposti a chemioterapia Stimolazione dell'appetito
nei malati di Aids Cura del glaucoma Traumi cerebrali/ictus La sostanza Secondo alcuni studi i cannabinoidi
possono inibire il dolore fisico e la sua percezione a livello mentale agendo attraverso i recettori dei neuroni
CB1 e CB2 500 mila I pazienti con dolori che non rispondono ad altre terapie 80-100 kg Il fabbisogno annuale
di cannabis terapeutica 250-300 Il costo mensile individuale della terapia Per produrre cannabis terapeutica il
THC IL PROTOCOLLO TRA MINISTERO USO TERAPEUTICO DELLA SALUTE E DELLA DIFESA DEL
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 19/09/2014
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19/09/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 31
(diffusione:619980, tiratura:779916)
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PRINCIPIO ATTIVO DELLA CANNABIS Dal 2007 è prescrivibile per legge. Marche, Abruzzo, Sicilia, Emilia
Romagna, Piemonte hanno deliberato di inserirla nel prontuario terapeutico (ma non è mai stato disponibile
realmente) La norma Fonte: ministero della Salute Vaporizzazione, combustione, farmaci Come può essere
somministrata Analgesico, miorilassante, euforizzante Gli effetti Il prodotto sarà coltivato nello Stabilimento
chimico farmaceutico militare di Firenze Il principio attivo verrà distribuito alle farmacie territoriali e
ospedaliere Il paziente avrà bisogno della prescrizione medica L'autocoltivazione resta vietata La sostanza
sarà gratuita Infiammazioni Controllo del dolore cronico neuropatico associato a sclerosi multipla Controllo di
alcune spasticità croniche Artrite reumatoide La struttura molecolare del THC
15
Foto: Euro Il costo al grammo sostenuto attualmente dalle Regioni italiane per importare dall'estero la
sostanza a fini terapeutici. Con il nuovo protocollo la cannabis costerà la metà e sarà inserita nel ticket
sanitario regionale
80
Foto: Il numero dei dipendenti impiegati nella struttura militare di Firenze (compresi due periti agrari) che
saranno coinvolti nella produzione del principio attivo della cannabis per uso terapeutico
Foto: Secondo il documento firmato ieri dai ministri della Salute e della Difesa i primi prodotti a base di
cannabis dovrebbero arrivare entro il 2015 (nella foto Reuters una confezione di cannabis terapeutica in una
farmacia olandese)
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 19/09/2014
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19/09/2014
Giornale di Sicilia - Agrigento
Pag. 16
L'ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Agrigento, guidato da Giuseppe Augello, implementa, ed è il
primo in Italia, il progetto CardioPain, "nato con l'obiettivo - si legge in un comunicato stampa diffuso ieri - di
ridurre l'uso improprio di antinfiammatori non steroidei (Fans) nei pazienti a rischio cardiovascolare, e
guadagnandosi il plauso dell'Agenzia Italiana del Farmaco". La questione sarà illustrata domani, durante un
evento formativo a cui parteciperanno oltre 400 medici di tutta la Provincia. "L'abuso di antinfiammatori è scrivono i medici - una pratica tutta italiana, tanto da porci tra i primi paesi al mondo per l'impiego di questi
farmaci. Tuttavia, i segnali di un'inversione di tendenza non mancano. Come dimostra il progetto CardioPain.
Nato presso il nosocomio di Roccadaspide, che ha predisposto un monito esplicito circa l'uso di Fans e
inibitori selettivi della COX-2 nella scheda di dimissione ospedaliera dei pazienti cardiopatici,
successivamente è stato implementato da diverse strutture di Piemonte, Calabria e Lazio. Oggi CardioPain
arriva anche ad Agrigento, con un'importante differenza: qui a sposarlo - si legge ancora nel comunicato
stampa - non è semplicemente l'ospedale ma, primo caso in Italia, tutto l'ordine dei Medici Chirurghi e
Odontoiatri della Provincia. A sancire ufficialmente l'adesione al progetto, un evento formativo organizzato
dall'OMCeO, al quale prenderanno parte oltre 400 clinici provenienti da diverse discipline: Il dolore:
riconoscimento, valutazione e gestione; l'ordine dei Medici di Agrigento e il progetto Cardiopain". "Il consumo
di questi farmaci si mantiene ancora elevato nel nostro paese?- dice Giuseppe Augello, presidente dell'ordine
dei medici della provincia di Agrigento -. Secondo un recente rapporto Osmed quasi il 4 per cento dei soggetti
a rischio cardiovascolare fa un uso improprio di Fans, assumendoli per oltre 90 giorni all'anno".
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 22/09/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Cardiopatici ed antinfiammatori Allarme dei medici agrigentini
20/09/2014
Il Tempo - Ed. nazionale
Pag. 15
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Sabato prossimo a Roma e nel resto del mondo incontro con i medici in piazza La verità sui farmaci inutili e
dispendiosi. Gli indirizzi giusti e l'appello per la ricerca 12 milioni di malati Perdono ogni anno 1 miliardo di ore
di lavoro e spendono 2 miliardi
William Raffaeli *
Dolore oncologico, mal di testa, mal di schiena, dolore da artrosi, da nevralgie, "arto fantasma", dolore posttraumatico. Sono tanti i possibili nomi del dolore cronico, quel dolore che dura almeno sei mesi e diventa una
vera e propria malattia, che ferisce il corpo e lo spirito, compromette la qualità della vita e le relazioni. Il
dolore cronico è una tragedia invisibile e spesso trascurata che incide su quella che chiamiamo qualità della
vita ma che soprattutto cambia radicalmene la vita di chi ci deve fare i conti. In Italia si stima interessi 12
milioni di persone, il 20% della popolazione, causando ogni anno la perdita di oltre un miliardo di ore
lavorative e la spesa di circa due miliardi di euro per prestazioni e farmaci. Il 10% delle persone con dolore
cronico necessita per tutta la vita di più terapie combinate, mentre il 4% - e sono quasi mezzo milione di
italiani - è colpita da un dolore di cui oggi non c'è ancora alcuna cura. È proprio per chi soffre che il prossimo
27 settembre con "Cento città contro il dolore" saremo a Roma, lungo la penisola e anche all'estero, da Malta
fino all'Australia. Saremo nelle piazze, coi nostri camici bianchi, per ribadire che il dolore non va inutilmente
sopportato, ma che spesso è possibile curarlo. Indicheremo i centri e gli specialisti a cui ci si può rivolgere:
molti non li conoscono e impiegano mesi prima di arrivare nello studio del terapista giusto. Spiegheremo che
l'Italia è stato il primo Paese al mondo a dotarsi di una legge, la 38/2010, che garantisce a tutti l'accesso alla
terapia del dolore, seppure questa stessa legge aspetti ancora di essere pienamente applicata da tutte le
Regioni ed è ora che lo sia. Ma per dare una speranza a chi oggi non ne ha, bisogna rompere il muro
dell'indifferenza con cui l'universo scientifico è stato lasciato solo ad affrontare i bisogni delle persone. Per
questo chiediamo all'Italia e all'Europa di finanziare la ricerca per trovare una terapia a quei dolori
difficilmente trattabili e meno conosciuti. Come il dolore idiopatico, cioè senza causa apparente, oppure il
dolore oncologico grave e il dolore neuropatico di tipo centrale dovuto a lesioni del sistema nervoso: ne soffre
l'11% delle persone che hanno avuto un ictus e circa il 35% di chi ha avuto un trauma midollare per un
incidente stradale o sul lavoro. Spesso sono giovani nel cuore della vita. Economie i m p o r t a n t i p o t r e b
b e r o arrivare da una razional i z z a z i o n e della spesa sanitaria, che oramai è indifferibile. A questo
aggiungiamo - chiamando in ballo molti colleghi - anche una profonda e audace revisione dei processi di
diagnosi e cura: ci sono ampie sacche di ridondanza in esami, spesso inutili per la ricaduta sulla salute. Lo
stesso vale per terapie farmacologiche inappropriate. Basti pensare che in Italia per il dolore si spendono 580
milioni di euro per i Fans, i comuni antinfiammatori, ma di questi forse più della metà è sprecata. Il giusto
percorso dal medico di famiglia allo specialista porterebbe più velocemente alla cura, oltre che a una
riduzione dei costi. Con "Cento città contro il dolore" siamo infine anche sui social network con la campagna
#Zeropain. Sono già centinaia e centinaia i selfie provenienti da tutto il mondo di chi ha scelto di metterci la
faccia e di dire il suo "no" al dolore cronico. Le persone con sofferenza non devono isolarsi, non devono
chiudersi in se stesse, ma possono sforzarsi di far sentire la loro voce all'unisono, aldilà delle singole
patologie da cui sono afflitte. Sappiano che noi condividiamo la loro battaglia e che insieme possiamo trovare
una soluzione. Perché solo se saremo uniti saremo forti e troveremo ascolto. * Presidente Fondazione Isal
www.fondazioneisal.it (Nella foto «Dolore» di Giuseppe Amisani)
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 22/09/2014
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Ecco come vincere la battaglia con il dolore
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La decisione A Rovigo Centro di ricerca a supporto della produzione farmacologica Scelti i referenti per un
compito che richiede competenza e sicurezza
Così si coltiveranno le piante di cannabis per uso terapeutico
Enti designati Gli esperti veneti collaborerannocon Stabilimento chimico militare di Firenze Garanzie
Produzione e lavorazione devono rispettare procedure rigorose
Ruggiero Corcella
«Non può esserci nulla di amatoriale nel produrre derivati dalla canapa, non solo per un quadro legislativo,
che comunque è un riferimento ineludibile, ma anche perché dietro c'è tutta una professionalità per realizzare
qualcosa che alla fine possa essere di aiuto nella salute di certe patologie invece di essere un'incognita se
gestita malamente».
A spiegarlo è stato il professor Marcello Donatelli, direttore del Centro di ricerca per le colture industriali
(CRA-CIN il più grande ente italiano di ricerca in agricoltura, controllato dal Ministero delle Politiche Agricole)
durante l' "open day" sulla cannabis terapeutica, organizzato di recente dalla sede distaccata di Rovigo del
CRA-CIN. «Non sfruttare le capacità interne al Paese per sopperire alla richiesta di cannabis a livello
medicale sarebbe autolesionismo», ha proseguito il direttore, sottolineando con orgoglio il ruolo di eccellenza
di tutto l'ente. L'istituto di Rovigo, in particolare, non è solo l'unico in Italia in grado di produrre cannabis a uso
medico in ambiente indoor, ma uno dei più quotati a livello internazionale nel campo della ricerca sulla
canapa.
Fondato nel 1912 dall'agronomo Ottavio Munerati come "Regia Stazione sperimentale di bieticoltura", l'istituto
produce diverse varietà di cannabis medica a differenti contenuti di cannabinoidi (THC, CBD, CBG, THCV e
CBDV), a fini di ricerca scientifica. Nel 2002 il direttore, Gianpaolo Grassi, ha voluto che la sede si
specializzasse nella canapa.
E adesso sarà proprio l'istituto di Rovigo a supportare e "istruire" gli specialisti dello Stabilimento chimicomilitare farmaceutico di Firenze, nella coltivazione delle piante utilizzate per i medicinali a base di cannabis,
oggetto dell'accordo di collaborazione siglato giovedì scorso tra ministeri della Salute e della Difesa per
l'avvio della produzione nazionale di cannabis medicinale allo Stabilimento fiorentino.
«Il CRA collaborerà con lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (SCFM) - ha confermato il
ministero delle Politiche Agricole - fornendo il supporto logistico tecnico e operativo che si renderà
necessario. Il criterio concordato di valutazione del luogo, oltre la professionalità e capacità operativa
specifica, è stato quello della sicurezza, che lo SCFM può garantire». Sui circa 60 ettari di terreno coltivati a
Rovigo, ondeggiano distese di piante provenienti da diverse parti del mondo, dalla Siberia alla Cina, dal
Nepal fino al Sudafrica. Vengono studiate per migliorarne la varietà, soprattutto ad uso tessile.
Appena varcato il cancello di ingresso del Centro, su un rettangolo di 3 mila metri quadrati recintato e
controllato da telecamere di sicurezza svettano le piante del Progetto Europeo "Multi Hemp" che punta alla
selezione di genotipi a basso contenuto di THC (tetraidrocannabinolo, la sostanza psicoattiva della canapa)
per la produzione di fibra di qualità. Sì, perché la vocazione e la missione originaria dell'Istituto di Rovigo
sono gelosamente custodite. «Siamo una Stazione di ricerca in agricoltura - ha ribadito all'"open day" il
professor Donatelli -. Coltiviamo materiale vegetale adatto anche alla trasformazione in medicinali, ma non
facciamo medicinali. La produzione di sostanze che hanno un contenuto psicotropo ha problemi di sicurezza
molto particolari. Quindi un minimo di produzione a livello sperimentale può sicuramente essere gestita qui,
poi però ci devono pensare istituzioni più attrezzate dal punto di vista della sicurezza, come lo Stabilimento
chimico farmaceutico militare di Firenze».
Ai piani superiori dell'edificio del Centro ci sono i laboratori, dove vengono selezionate le varietà e analizzato
il contenuto dei principi attivi. Alcune stanze ospitano le "scorte" di cannabis: quelle con molto THC
(tetraidrocannabinolo, la sostanza psicoattiva), molto cannabidiolo o cannabigerolo, che sono i cugini minori
del THC perché non psicotropi. Ma anche quelli senza THC, utili come placebo in determinati studi clinici
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(randomizzati, in cieco o in doppio cieco). L'intero complesso è sotto vigilanza e con allarmi. All'interno ci
sono regole severe da rispettare sui controlli e la sicurezza. Il materiale che può contenere sostanze
stupefacenti viene tenuto in frigoriferi o in stanze con chiusura blindata, sotto protezione.
Il cuore della produzione per uso farmaceutico è la "serra controllata", all'interno di un capannone blindato. In
un'atmosfera da fantascienza, sotto la luce giallognola delle lampade a 600 Watt che forniscono 25 mila lux,
le piantine selezionate all'origine vengono "allevate" in ambiente quasi sterile. «Qui non ci sono insetti, nè
possibilità di contaminazioni pericolose - dice Grassi - e non usiamo prodotti chimici per trattare le piante. Per
arrivare ad avere anche la produzione di un vegetale che poi possa essere trasformato o destinato a farmaco
bisogna seguire procedure specifiche e ottenere un materiale che sia caratterizzato da livelli elevati di
salubrità e di assenza di contaminazione. La pianta deve produrre il massimo e il prodotto deve essere
uniforme in qualunque stagione e con qualsiasi temperatura. Una delle caratteristiche ricercate dal prodotto
farmaceutico è proprio la costanza e la standardizzazione del principio attivo». Questo per dare la massima
garanzia al paziente e al medico, sia sull'origine che sull'efficacia del farmaco.
Ma quanta sostanza si può ottenere? «In questa serra alleviamo mediamente 150 piante. Ogni pianta
produce una quantità di fiori, che è la parte più ricca e di interesse, per circa 30 grammi, per cui diciamo circa
4,5 chili di materiale per ciclo. Con un lavoro intensivo, possiamo arrivare anche a quattro cicli l'anno».
Il percorso di produzione della canapa per uso medico, oltre ad essere normato dalla legge (la 309 del
1990), deve seguire altre regole ben precise. «La canapa medica - precisa Grassi - deve essere fatta
esclusivamente con cloni, cioè materiali riprodotti geneticamente, non sono ammessi i semi. Le varietà
devono essere registrate, ben definite, depositate presso Centri adatti a questo scopo che sono in Italia o in
Europa ».
La produzione deve rispettare dall'inizio alla fine i canoni della "Good agricultural practice", cioè tutta una
serie di fasi ben definite e scritte. E bisogna porre molta attenzione a tutti i passaggi di lavorazione.
«L'essicazione ad esempio - esemplifica il direttore dell'istituto di Rovigo -. Sembra una banalità, ma se viene
eseguita male può causare la crescita di muffe. Dunque va fatta a bassa temperatura, con
un'apparecchiatura particolare e al buio. Anche la conservazione è fondamentale per la stabilità dei principi
attivi. La sterilità dovrebbe essere garantita con i raggi gamma, come accade oggi in altri laboratori all'estero.
Occorre infatti considerare che queste sostanze potrebbero essere assunte da categorie di malati con un
sistema immunitario indebolito».
A Firenze si dovrà tenere conto di tutto questo. La produzione della materia prima e la sua trasformazione in
medicinale in Italia consentirà di abbattere i costi dei farmaci a base di cannabis. E darà così maggiori
possibilità di accedere alle cure ai malati che ne hanno bisogno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Le Regioni che hanno legiferato sull'uso della cannabis terapeutica. A queste si aggiunge la Provincia di
Bolzano. Mancano tuttavia i regolamenti attuativi. Nella foto, cannabis al Centro di ricerca di Rovigo Per
saperne di più Il sito del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura http://sito.entecra.it/
Le indicazioni
Quali sono le principali indicazioni per quanto riguarda l'utilizzo
dei medicinali a base
di cannabis? Anche
se medici e scienziati
si dividono sul tema,
si può dire che i campi meno controversi sono quelli delle cure palliative, della terapia del dolore cronico
(compreso quello neuropatico connesso alla sclerosi multipla), della terapia di supporto contro la nausea
e il vomito nella chemioterapia.
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L'efficacia della cannabis è stata studiata (con risultati non definitivi) per glaucoma,
traumi cerebrali, ictus, sindrome di Tourette, epilessia e artrite reumatoide. L'uso
della marijuana
è ipotizzato anche
per ridurre i dosaggi degli oppiacei e in altre patologie come le sindromi ansioso-depressive, le malattie autoimmuni e l'asma bronchiale. Gli studi clinici sono però ancora troppo pochi .
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Pag. 28
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Un'alleanza contro il dolore
Parte da Parma e coinvolge oltre venti centri ospedalieri il progetto Apod
Luigi Cucchi
Negli ospedali italiani, si continua a soffrire, quasi fosse un obolo da pagare per guarire. Secondo
l'Organizzazione mondiale della sanità il 90% del dolore può essere controllato nei pazienti ricoverati negli
ospedali. Da anni il problema è all'attenzione dei grandi organismi internazionali che si occupano di sanità ed
hanno promosso numerose campagne internazionali, tra cui una all'insegna di «Verso ospedali senza dolore
», per una cultura più attenta alla sofferenza. L'Italia nel passato ha avviato una sperimentazione in 20
ospedali. Si stima che il dolore possa essere oggi controllato efficacemente nel 90 per cento dei casi. La
medicina ha sviluppato la capacità di tenere sotto controllo il dolore nel 95% dei casi. Tutti i pazienti possono
ricevere trattamenti efficaci dalle strategie terapeutiche di cui disponiamo: interventi invasivi e non invasivi,
neurochirurgici e psicologici, una vasta gamma di farmaci. Il mondo medico tende però a respingere come un
insulto l'affermazione che il dolore dei pazienti sia trascurato. Di altra opinione sono molti pazienti: lamentano
che i propri dolori, grandi e piccoli, non siano presi in seria considerazione. É importante cercare indicatori
oggettivi. Da tempo si è affermato il criterio proposto dall' Oms: per valutare l'efficacia dei programmi di
controllo del dolore acuto in particolare quello da cancro - si deve considerare come indice il consumo
annuale di analgesici oppioidi. Rispetto a questo dato, l'Italia occupa uno degli ultimi posti in Europa.
Nonostante nove ricoverati su dieci accusino qualche forma di dolore e quasi la metà lo avverte «al limite
della sopportabilità», meno di un terzo dei paziente riceve cure contro il dolore. Non solo: l'80 per cento delle
persone che rivelavano dolore intenso e il 60 per cento di quelli che segnalano un dolore moderato, non
ricevono alcun trattamento efficace per tali sintomi. Le cause di dolore sono: interventi chirurgici (23,8%),
traumi (6,9%), procedure diagnostiche (6,7%), cancro (5,0%), ma nella maggioranza dei casi la causa è
andata persa (32,6%) . Ora un nuovo progetto: Ambulatory Pain Open Door (Apod) è stato lanciato
dall'azienda ospedaliera universitaria di Parma che, nello spirito della legge 38, intende sviluppare una rete di
cure palliative e terapia del dolore, e garantire la continuità assistenziale e terapeutica nel campo delle cure
antalgiche. Il progetto Apod mette in contatto diretto i medici di medicina generale con gli specialisti del dolore
: per favorire un dialogo più serrato fra la medicina territoriale e la specialistica, e per aiutare i medici di
famiglia a identificare più rapidamente il tipo di dolore avvertito dai pazienti. L'effettiva sviluppo delle Reti,
passa anche dall'instaurazione di un rapporto interpersonale, diretto, fra medici che operano negli stessi
distretti territoriali. In tal modo i medici sul territorio sapranno anche dove - e a chi - indirizzare i casi più
complessi. Parma, Firenze, Roma, Milano, Castelfranco Emilia, Modena, Verona, Vicenza, Napoli, Orvieto,
Palermo, Torino, Cagliari, Cremona, Bari e Genova, attraverso ospedali universitari, centri d'eccellenza e Asl
sono attivi nel progetto Apod, che si svilupperà in 3 fasi: un primo passo teorico, nel quale i centri specialistici
apriranno le porte ai medici di famiglia, per una sessione di formazione nella quale sarà illustrato il progetto.
Nella seconda fase il terapista del dolore affiancherà il medico di medicina generale nella visita ai pazienti. Si
termina con la fase applicativa e l'adozione in ambulatorio, nell'arco di 30 giorni, gli strumenti terapeutici
appresi, condividendo con lo specialista i dati sulla terapia consigliata.
Foto: OBBIETTIVO L'alleanza tra specialisti e medici sul territorio si propone di offrire la continuità
assistenziale e terapeutica nel campo delle cure antalgiche
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 22/09/2014
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OSPEDALI Una rete di specialisti e medici di famiglia