bollettino d’informazione sui farmaci ANNO XII N. 2 59 2005 Bifosfonati e placebo: cronaca di una love story Riassunto Abstract Background. L’osteoporosi è uno dei maggiori problemi di salute pubblica che coinvolge oltre 75 milioni di persone in Europa, Stati Uniti e Giappone con un rischio stimato del 15% di andare incontro ad una frattura vertebrale, del polso o dell’anca nell’arco della vita. Le donne in menopausa rappresentano la popolazione a più alto rischio di andare incontro ad osteoporosi. I bifosfonati costituiscono una terapia di provata efficacia nel trattamento dell’osteoporosi post-menopausale. Obiettivo. Il presente articolo offre un’analisi critica e aggiornata degli studi clinici presentati alle agenzie regolatorie, relativamente ai bifosfonati registrati per il trattamento dell’osteoporosi post-menopausale, con riferimento particolare agli endpoint e ai farmaci di confronto utilizzati nei trial. Metodi. Valutazione degli studi presentati nei dossier registrativi, consultazione delle banche dati Medline e Cochrane Library (archivio delle revisioni sistematiche e registro dei trial controllati) e delle linee-guida dell’EMEA e della FDA relative agli studi sull’osteoporosi. Risultati. Gli studi registrativi e post-registrativi sino ad oggi condotti hanno mostrato che il trattamento con bifosfonati in donne osteoporotiche in post-menopausa riduce il rischio di fratture vertebrali e non-vertebrali, incrementa la densità minerale ossea e diminuisce i marker del turn-over osseo, rispetto a quelle trattate con placebo. Conclusioni. I costi sanitari per la cura dell’osteoporosi crescono di pari passo con l’aumento della popolazione anziana; si prospetta che il numero di fratture da osteoporosi superi i sei milioni nei prossimi 50 anni. Genera molte perplessità il lancio sul mercato di prodotti “me-too”, senza che questi vengano prima confrontati con i farmaci esistenti e senza averne valutati i maggiori vantaggi, rispetto alle terapie disponibili, per i pazienti e per la salute pubblica. Per questo è necessario implementare dei programmi nazionali di monitoraggio post-marketing per valutare il reale valore aggiunto dei nuovi prodotti. Background. Osteoporosis is a major public health problem, affecting more than 75 millions people in Europe, United States and Japan, with an estimated lifetime risk for vertebral, hip and wrist fractures of around 15%. Particularly postmenopausal women are at high risk to develop osteoporosis. Biphosphonates are potent inhibitors of bone resorption and represent 70% of the worldwide market for drugs used to treat osteoporosis. Objectives. Aim of the article is to critically evaluate the studies of biphosphonates which have been licensed for the treatment of postmenopausal osteoporosis in USA and in the European Union in the past ten years. Methods. We examined the characteristics and bases for approval of biphosphonates and the FDA and EMEA “Guidelines for preclinical and clinical evaluation agents used in the prevention or treatment of postmenopausal osteoporosis”. We searched Medline, the Cochrane Library and the Cochrane Controlled trials registry from 1995-2004. Results. Compared to placebo, biphosphonates reduce the risk of clinical fractures, increase bone mineral density and decrease biochemical markers of bone remodelling in osteoporotic postmenopausal women. Conclusions. The health care costs related to osteoporosis are growing in parallel with increases in elderly population and it is expected that the number of osteoporotic fractures will exceed six millions over the next 50 years. According to the EMEA and FDA Guidelines studies comparing new drugs with placebo are enough to get a marketing authorisation. However launching on the market “me-too” drugs without having compared them with existing therapies and without having assessed their advantages for the patients and the public health over the already existing therapies cast several doubts. So we think there is an urgent need to establish National post-marketing programs to assess the added value of new drugs and a lasting reimbursement should be granted only in the presence of positive results of such studies. AIFA - Ministero della Salute 60 AGGIORNAMENTI Introduzione Clinical Evidence (www.clinicalevidence.com) indica i bifosfonati, potenti inibitori del riassorbimento osseo, quale terapia di provata efficacia nel trattamento dell’osteoporosi post-menopausale e considera alendornato e risedronato farmaci di prima scelta. In Italia, alendronato, risedronato e raloxifene sono classificati in fascia A con nota 79, indicati per la profilassi secondaria di fratture osteoporotiche in donne in post-menopausa con pregresse fratture vertebrali. Obiettivo di questo lavoro è quello di ripercorrere lo sviluppo dei bifosfonati, registrati per il trattamento dell’osteoporosi post-menopausale, analizzando gli studi inseriti nei dossier registrativi con particolare riferimento agli end-point e ai farmaci di confronto utilizzati nei trial. I disegni degli studi registrativi sono stati raffrontati con quanto suggerito dalle linee-guida della European Medicine Agency (EMEA, www.emea.eu.int) e della U.S. Food and Drug Admnistration (FDA, www.fda.gov) sull’osteoporosi. L’osteoporosi è un disturbo caratterizzato da una riduzione della massa ossea e da un’alterazione della microarchitettura del tessuto osseo, con conseguente incremento della fragilità ed aumentato rischio di andare incontro a fratture1. Operativamente l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito osteoporosi una densità minerale ossea (T score) inferiore di 2,5 deviazioni standard (SD) rispetto al valore medio di picco rilevato in giovani adulti. Tale definizione è utile quale criterio di inclusione/esclusione in studi clinici o come strumento per valutare l’epidemiologia dell’osteoporosi, mentre presenta diversi limiti nella normale pratica clinica2. Uno studio condotto dall’OMS ha evidenziato che attualmente l’osteoporosi interessa oltre 75 milioni di persone in Europa, Stati Uniti e Giappone con un rischio stimato del 15% di andare incontro ad una frattura vertebrale, del polso o dell’anca nell’arco della vita3. In Italia lo studio epidemiologico ESOPO, condotto in medicina generale nel 2001 e che ha visto il coinvolgimento di 83 centri sparsi su tutto il territorio nazionale, ha rivelato che il 23% delle donne oltre i 40 anni e il 14% degli uomini con più di 60 sono affetti da osteoporosi. Le donne sono circa 4 volte più a rischio degli uomini di sviluppare osteoporosi, una donna su 2 e un uomo su 8 di età superiore ai 50 anni avrà una frattura nell’arco della propria vita (www.epicentro.iss.it/focus/osteoporosi). L’età, il sesso femminile, la presenza di patologie tiroidee o epatiche, il trattamento prolungato con corticosteroidi, interventi di isterectomia o una menopausa precoce, fratture pregresse legate a fragilità ossea o una storia individuale di cadute, il fumo e un indice di massa corporea (BMI) < 19 costituiscono i maggiori fattori di rischio per l’osteoporosi3. In generale le donne con una ridotta massa ossea (T score ≤ 2,5 DS), soprattutto se in menopausa, quando il processo di perdita ossea è ulteriormente accelerato, rappresentano la popolazione a più alto rischio di andare incontro ad osteoporosi4. Le terapie attualmente disponibili per il trattamento dell’osteoporosi post-menopausale sono costituite dai bifosfonati, dalla terapia ormonale sostitutiva (TOS), dai modulatori dei recettori per gli estrogeni (raloxifene), dai derivati della vitamina D e dai regolatori dell’ormone paratiroideo (teriparatide). Indipendentemente dalla terapia prescritta, viene sempre raccomandata l’associazione di calcio e vitamina D. Materiali e metodi Sono stati valutati gli studi registrativi inclusi nei dossier di alendronato, risedronato ed ibandronato presentati alla FDA e all’EMEA. È stata inoltre effettuata una ricerca bibliografica, consultando Medline e la Cochrane Library (archivio delle revisioni sistematiche e registro dei trial controllati), per verificare l’eventuale pubblicazione di tali studi e quella di altri trial condotti in fase post-registrativa. Sono state infine analizzate le linee-guida relative agli studi sull’osteoporosi realizzate rispettivamente da EMEA e FDA. Risultati Nel 1995 l’alendronato viene registrato negli USA per il trattamento dell’osteoporosi post-menopausale, nello stesso anno il farmaco è lanciato sul mercato europeo. Nel 2000, con la stessa indicazione, viene approvato il risedronato sia in Europa che negli USA. Nel maggio del 2003 la FDA registra il terzo bifosfonato per l’osteoporosi post-menopausale: ibandronato. Un anno dopo, lo stesso farmaco viene autorizzato all’immissione in commercio anche dall’EMEA. Nella tabella I sono riportate le caratteristiche essenziali degli studi registrativi pivotal relativi ai tre bifosfonati. AIFA - Ministero della Salute 61 bollettino d’informazione sui farmaci ANNO XII N. 2 2005 Tabella I – Caratteristiche degli studi registrativi pivotal relativi ai tre bifosfonati. Farmaco Alendronato (FIT) Risedronato (VERT-NA) Studio pubblicato Paese Posologia Durata studio No. Pazienti End-point primari %RRR (IC 95%) %RRA NNT Data registrazione Lancet 1996; 348: 1535-41. USA 5-10 mg/die 3 anni 2027 Nuove fratture vertebrali 47 (32-59) 7,0 14 FDA-1995 JAMA 1998; 280: 2077-82. USA 5-10 mg/die 4 anni 4432 Fratture cliniche Fratture vertebrali 36 (18-50) 44 (20-61) 6,5 1,7 15 58 JAMA 1999; 282: 1344-52. Nord America 5 mg/die 3 anni 2458 Nuove fratture vertebrali 41 (18-57) 5,0 20 FDA-2000 Fratture non-vertebrali 40 (6-61) 3,2 31 EMEA-2000 Risedronato (VERT-MN) Osteoporos Int 2000; 11: 83-91. Europa/ Australia 5 mg/die 3 anni 1226 Nuove fratture vertebrali 49 (27-64) 10,9 9 Ibandronato J Bone Miner Res 2004; 19: 1241-9. Europa/ Nord America 2.5 mg/die 20 mg* 3 anni 2946 Nuove fratture vertebrali 62 (41-75) 50 (26-66) 4,9 4,7 20 21 FDA-2003 EMEA-2004 * 20 mg a giorni alterni per 12 giorni ogni 3 mesi. RRR, riduzione relativa del rischio; RRA, riduzione assoluta del rischio; NNT, numero di pazienti che devono essere trattati per prevenire un evento. Figura 1 – Alendronato: flow-chart dello studio postregistrativo originario e delle successive estensioni. 994 (804) pazienti sottoposti a randomizzazione 202 (164) assegnati a 5 mg di alendronato 196 assegnati a 10 mg di alendronato 397 (322) assegnati a placebo Studio di 3 anni 199 (160) assegnati a 20 mg di alendronato per 1-2 anni e 5 mg per 3 anni 1° estensione, 4-5 anni 143 (114) assegnati a 5 mg di alendronato 145 (112) assegnati a 5 mg di alendronato 151 (120) assegnati a 10 mg di alendronato 288 (232) assegnati a 10 mg di alendronato 2° estensione, 6-7 anni 115 (97) assegnati a placebo 113 (92) assegnati a 5 mg di alendronato 122 (105) assegnati a 10 mg di alendronato ineleggibili per un ulteriore studio 3° estensione, 8-10 anni 83 (51,9% di 160) assegnati a placebo 78 (47,6% di 164) assegnati a 5 mg di alendronato 86 (54,4% di 158) assegnati a 10 mg di alendronato Per un’analisi completa della “storia” dei bifosfonati è interessante valutare il quadro relativo agli studi realizzati sui tre farmaci in fase post-registrativa. La figura 1 ripercorre dieci anni di studi condotti su alendronato5. Nel primo trial, durato 3 anni, le pazienti trattate con 10 mg/die del farmaco hanno riportato una RRR pari al 48% (IC 95% 5-72), ed una RRA del 3%, nel numero di fratture vertebrali rispetto a coloro che avevano ricevuto placebo6. Le donne che avevano terminato lo studio erano state incluse in 3 estensioni successive, durate complessivamente 7 anni, dove l’efficacia dell’alendronato è stata valutata in termini di densità minerale ossea e di marker bioumorali, mentre le fratture venivano considerate come semplici misure di safety. In tabella II sono sintetizzati i risultati in termini di incremento AIFA - Ministero della Salute 62 AGGIORNAMENTI Tabella II – Incremento medio in 10 anni della densità minerale ossea a seguito della somministrazione di aledronato 10 mg/die. Siti ossei No. Pazienti % Variazione (IC 95%) Tratto lombare della colonna 70-80 13,7 (12,0-15,5) Collo femorale 70-77 5,4 (3,5-7,4) Troncatere 69-76 10,3 (8,1-12,4) Anca 44-49 6,7 (4,4-9,1) Total body 52-56 2,9 (1,9-3,9) medio della densità minerale ossea dopo 10 anni5. L’efficacia di alendronato nell’osteoporosi postmenopausale rispetto al placebo è stata confermata in numerosi altri studi. In particolare una metanalisi relativa a 11 RCT, per un totale di 12.855 donne, ha evidenziato che dosi > 5 mg/die del farmaco hanno ridotto il RR di fratture vertebrali del 48% (IC 95% 35-57) e dosi comprese tra 10-40 mg/die hanno determinato una RRR per le fratture non vertebrali del 49% (IC 95% 31-62)7. Anche per risendronato si ritrovano in letteratura numerosi studi eseguiti dopo la sua commercializzazione. Una metanalisi di 8 RCT vs placebo, con 14.832 donne coinvolte, ha riportato una RRR delle fratture vertebrali del 36% (IC 95%, 23-46) e di quelle non-vertebrali del 27% (IC 95%, 13-39) in donne osteoporotiche in post-menopausa trattate con dosi > 2,5 mg/die di risedronato8. Nel caso di ibandronato, l’“ultimo nato”, un’analisi delle linee di ricerca sviluppate dalle industrie farmaceutiche9 evidenzia un orientamento a condurre trial in cui viene testata l’efficacia del farmaco per via e.v. oppure, come già avvenuto per alendronato e risendronato, di formulazioni somministrabili settimanalmente o mensilmente. condotti studi che abbiano confrontato i bifosfonati con altre terapie, per le quali è stata dimostrata un’efficacia paragonabile, né tantomeno risedronato ed ibandronato sono stati confrontati con alendronato, il capostipite del gruppo. FDA ed EMEA non sembrano porre particolare attenzione alla “questione placebo”, quasi indifferenti al dibattito che questa ha suscitato a partire dall’ultima revisione della Dichiarazione di Helsinki10 che ha rafforzato i dubbi sull’uso appropriato del placebo. Infatti viene affermato con forza che: “Qualsiasi studio volto a documentare l’efficacia di un trattamento deve comunque garantire ai partecipanti la migliore terapia disponibile. Unicamente in caso di mancanza di un efficace trattamento si potrà ricorrere al confronto col placebo” (vedi anche pp.84-88). Per altro vale la pena sottolineare che tutti gli studi presentati alle autorità regolatorie sono reperibili nella letteratura scientifica, in alcuni casi avendo ottenuto l’attenzione di riviste prestigiose (range Impact Factor: 2,5-28,6). Analogamente non sembra aver posto alcun particolare problema agli editori la pubblicazione di una pletora di studi di confronto con placebo, non solo nel caso di alendronato, ma neppure per risedronato. Pare che esista poi, o forse prima di tutti gli altri, un altro attore che potrebbe contribuire a trovare la risposta a due domande che sembrano fondamentali: • i Comitati Etici che hanno valutato molti degli studi che ritroviamo nei dossier registrativi e pubblicati in letteratura, secondo quali criteri hanno ritenuto che le pazienti trattate con placebo ricevessero effettivamente la migliore terapia disponibile? • È pensabile che la Dichiarazione di Helsinki non sia richiesta dai Comitati Etici come semplice allegato da aggiungere al protocollo di ricerca, bensì quale documen- Discussione Tutti gli studi condotti sino ad oggi hanno dimostrato la superiorità dei tre bifosfonati rispetto al placebo, in termini di riduzione di fratture vertebrali e non-vertebrali, come anche di incremento della densità minerale ossea e di riduzione dei marker del turn-over osseo. I bifosfonati, dall’alendronato al più recente ibandronato, sono stati sviluppati seguendo una linea comune in accordo con le linee-guida indicate da EMEA e FDA (tabella III). Tuttavia neppure in fase post-registrativa sono mai stati AIFA - Ministero della Salute bollettino d’informazione sui farmaci ANNO XII N. 2 63 2005 Tabella III – Linee-guida per la conduzione di studi per il trattamento dell’osteoporosi. EMEA FDA Disegno dello studio Studi di superiorità randomizzati e controllati Studi di superiorità randomizzati e controllati Comparatore Placebo e/o farmaco attivo Placebo e/o farmaco attivo Criteri di inclusione Donne con densità minerale ossea a livello della colonna e dell’anca con T score inferiore a -2.5 deviazioni standard (S.D.), con o senza storia di fratture Donne in post-menopausa da almeno 5 anni, con una o più fratture vertebrali e/o con una densità minerale ossea a livello delle vertebre lombari ≥ 2,0 deviazioni standard (S.D.) Misure di efficacia End-point primari: fratture (vertebrali, anca, altre). End-point secondari: densità minerale ossea, variabili biochimiche, indicatori del turn-over osseo End-point: fratture Durata degli studi 3 anni 3 anni tazione che si ponga a garanzia dei reali interessi dei soggetti coinvolti nelle sperimentazioni? • Inoltre, quale vantaggio rappresenta per la collettività lo sviluppo di molecole “me-too” prive di un qualsivoglia confronto con le terapie esistenti? L’osteoporosi è uno dei maggiori problemi di salute pubblica che coinvolge milioni di persone. I costi legati a tale patologia crescono parallelamente all’invecchiamento della popolazione e si calcola che nei prossimi 50 anni il numero delle sole fratture dell’anca supererà i sei milioni. Si ricorda che in Italia la spesa relativa ai soli bifosfonati nei primi 9 mesi del 2004 è risultata di 103 milioni di euro (www.ministerosalute.it/medicinali/osmed), pari all’1% della spesa farmaceutica complessiva. Sulla base di queste considerazioni e tenuto conto della posizione assunta dalle principali agenzie regolatorie internazionali circa l’uso del placebo negli studi registrativi, si potrebbe ipotizzare che, una volta ottenuta la rimborsabilità del nuovo farmaco, il suo successivo mantenimento sia vincolato alla presentazione, a livello nazionale, di studi di confronto vs comparatori attivi? Bibliografia 1. Royal College of Physicians. Osteoporosis. Clinical guidelines for prevention and treatment. Uptodate on pharmacological interventions and an algorithm for management. London 2001. 2. Eastell R. Treatment of postmenopausal osteoporosis. N Engl J Med 1998; 338: 736-46. 3. Chan KM, Anderson M, Lau EM. Exercise interventions: defusing the world’s osteoporosis time bomb. Bull World Health Organ 2003; 81: 827-30. 4. Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN). Management of osteoporosis. Report no. 71. June 2003. 5. Bone HG, Hosking D, Devogelaer JP, et al. Alendronate Phase III Osteoporosis Treatment Study Group. Ten years’ experience with alendronate for osteoporosis in postmenopausal women. N Engl J Med 2004; 350: 1189-99. 6. Liberman UA, Weiss SR, Broll J, et al. Effect of oral alendronate on bone mineral density and the incidence of fractures in postmenopausal osteoporosis. The Alendronate Phase III Osteoporosis Treatment Study Group. N Engl J Med 1995; 333: 1437-43. 7. Cranney A, Wells G, Willan A, et al. Osteoporosis Methodology Group and The Osteoporosis Research Advisory Group. Meta-analyses of therapies for postmenopausal osteoporosis. II. Meta-analysis of alendronate for the treatment of postmenopausal women. Endocr Rev 2002; 23: 508-16. 8. Cranney A, Tugwell P, Adachi J, et al. Osteoporosis Methodology Group and The Osteoporosis Research Advisory Group. Meta-analyses of therapies for postmenopausal osteoporosis. III. Meta-analysis of risedronate for the treatment of postmenopausal osteoporosis. Endocr Rev 2002; 23: 517-23. 9. R&D Insight. ADIS International (Last update March 2005). 10. La nuova versione della Dichiarazione di Helsinki. Bollettino d’Informazione sui Farmaci 2001; 4-5: 152. AIFA - Ministero della Salute