tutte le risposte sono corrette, gennaio 2014.

SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole
PATOLOGIA IN PILLOLE
Nr. 85
A. Meyer
Fig. 1a
Storia clinica
Una donna di 20 anni lamenta diarrea
senza tracce di sangue da 1 anno con
progressivo peggioramento negli ultimi mesi, epigastralgie e meteorismo,
senza calo ponderale. Agli esami di
laboratorio si riscontra una lieve anemia microcitica. L’esame endoscopico
del duodeno non mostra alterazioni di
rilievo. Le biopsie duodenali evidenziano tuttavia la presenza di linfocitosi
intraepiteliale, senza atrofia dei villi
intestinali né iperplasia delle cripte. La
Figura 1a mostra, a forte ingrandimento, un villo intestinale con marcata
linfocitosi intraepiteliale che può anche
essere evidenziata con analisi immunoistochimiche specifiche per linfociti
della linea T (CD3; Figura 1b). A titolo
di paragone la Figura 1c illustra un
villo duodenale normale.
Fig. 1b
Fig. 1c
Quali diagnosi differenziali sono da considerare:
1
2
3
4
5
Celiachia
Gastrite da H. pylori
Utilizzo di antiinfiammatori non steroidei
Malattia di Chron
Enteropatia di origine autoimmune
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Diagnosi differenziale
Tutte le risposte sono corrette
Commento
La linfocitosi intraepiteliale duodenale
senza atrofia dei villi intestinali è un’alterazione frequente che si riscontra in
1-3% delle biopsie. Si tratta di un
aumento significativo dei linfociti
intraepiteliali che normalmente non
superano il numero di 20-40 per 100
cellule epiteliali. Viene considerata una
risposta del sistema immunitario intestinale quando stimolato da un antigene esterno o endogeno, oppure da un
processo autoimmune. La linfocitosi
intraepiteliale può quindi essere la
prima manifestazione di varie malattie.
Nel contesto di una celiachia, la linfocitosi intraepiteliale corrisponde allo stadio I di atrofia secondo la classificazione di Marsh (Tabella 1). Tuttavia, in
presenza di questa alterazione, solo il
9-40% dei pazienti, a seconda degli
studi, soffre di una incipiente celiachia.
Per una valutazione conclusiva, il
gastroenterologo oppure il medico
curante deve quindi integrare i reperti
anatomo-patologici con il quadro clinico e gli esami di laboratorio. In questo
contesto è utile considerare le possibili
diagnosi differenziali correlate con la
linfocitosi intraepiteliale duodenale e la
loro frequenza nella popolazione
(Tabella 2). Tra le diagnosi differenziali citiamo la sprue tropicale, la sindrome dovuta a disregolazione della crescita batterica nel duodeno (bacterial
overgrowth syndrome), un danno da
farmaci, la presenza di malattie infiammatorie dell’intestino, condizioni autoimmuni, infezioni (tra le quali la più
frequente è la gastrite da Helicobacter)
e la sindrome del colon irritabile. Si
ricordi, tuttavia, che in molti casi non
viene identificata alcuna causa di linfocitosi intraepiteliale.
La gastrite da Helicobacter pylori è
una delle patologie maggiormente
associate con la linfocitosi intraepite-
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MARSH
Criteri istologici
0
Mucosa normale
1
Aumento del numero dei linfociti intraepiteliali (> 40%)
2
Iperplasia delle cripte
3 (a-c)
4
Da parziale a totale atrofia dei villi intestinali
Ipoplasia dell’architettura
Tab. 1: Classificazione Marsh. Il valore originale del numero di linfociti ancora normali nella muscosa duodenale (40%) è stato progressivamente modificato nel corso degli ultimi anni. Oggi,
si ritiene che il valore soglia tra normale e patologico si situi tra i 20 ed i 30 linfociti per 100
cellule epiteliali, a dipendenza dello spessore delle sezioni istologiche analizzate e dall’utilizzo ti tecniche immunoistochimiche che meglio evidenziano i linfociti.
liale duodenale. Uno studio ha infatti
osservato che in pazienti con infezione
dal H. pylori può essere riscontrata
una linfocitosi intraepiteliale fino nel
44% delle biopsie duodenali. Questa
osservazione è anche sostenuta dal
netto miglioramento o dalla totale
scomparsa della linfocitosi dopo terapia per eradicazione. Tra le altre patologie infettive descritte nel contesto di
linfocitosi duodenale vi sono anche la
giardiasi,
l’infezione
da
Cryptosporidium, la disregolazione
della crescita batterica duodenale su
ipocloridria gastrica, la riduzione della
motilità intestinale oppure altre infezioni enteriche.
Le malattie infiammatorie dell’intestino, come la malattia di Chron e la colite ulcerosa, possono essere associate
ad alterazioni duodenali che corrispondono al grado di atrofia Marsh 1
dei pazienti celiaci. In alcuni casi,
come nella celiachia, le alterazioni
istologiche precedono la fase attiva
della malattia.
Numerosi farmaci possono causare un
aumento dei linfociti intraepiteliali nel
colon ed è quindi intuibile che meccanismi analoghi possono avere lo stesso effetto sulla mucosa del piccolo
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intestino. Tra questi, citiamo in particolare gli antiflogistici non steroidei.
Uno studio ha infatti osservato nel
14% dei pazienti in trattamento con
questi farmaci un’alterazione della
mucosa duodenale corrispondente
all’atrofia Marsh 1 dei pazienti con
celiachia. È interessante notare che
tra gli altri farmaci considerati capaci
di indurre una linfocitosi intraepiteliale del duodeno vi siano anche gli inibitori della pompa protonica; quest’associazione, con l’aumentata
attenzione del patologo nella lettura
delle biopsie duodenali, potrebbe
spiegare il sensibile aumento di casi
con linfocitosi intraepiteliale riscontrato negli ultimi anni in tutti i paesi
industrializzati.
Le patologie autoimmuni descritte in
letteratura associate a linfocitosi
intraepiteliale duodenale senza atrofia dei villi intestinali, sono la tiroidite
di Hashimoto, la malattia di Grave,
l’artrite reumatoide, la psoriasi, la
sclerosi multipla, il diabete mellito, il
lupus sistemico e l’ipogammaglobulinemia di tipo IgA.
A fronte dell’ampia diagnosi differenziale della linfocitosi intraepiteliale
duodenale è quindi importante, come
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Patologie associate
Studio
Kakar et al, 2003,
n. (%), n = 43
Mahadeva et al, 2002,
n. (%), n = 14
Hammer et al, 2010,
n. (%), n = 100
Celiachia
4 (9)
3 (21)
18 (18)
Sprue tropicale
1 (2)
0 (0)
1 (1)
Gastrite da H. pylori
0 (0)
0 (0)
6 (6)
Disregolazione
rescita batterica
2 (5)
0 (0)
3 (3)
Trattamento/abuso di AINS
6 (14)
0 (0)
8 (8)
Infiammazione cronica
dell’intestino, in particolare
malattia di Crohn
5 (12)
0 (0)
8 (8)
Malattie autoimmuni
6 (14)
0 (0)
6 (6)
Infezioni
0 (0)
0 (0)
0 (0)
Origine sconosciuta
3 (7)
3 (21)
26 (26)
Sindrome del colon irritabile
4 (9)
2 (14)
20 (20)
12 (28)
6 (43)
4 (4)
Altro
Tab. 2: Studi clinico-patologici di pazienti con alterazione di tipo Marsh 1 della mucosa duodenale
sottolineato sopra, integrare i risultati
della valutazione istologica delle biopsie duodenali con il quadro clinico, gli
esami di laboratorio e gli esami strumentali. Nel caso della celiachia, ad
esempio, i test sierologici con il
dosaggio degli anticorpi antigliadina,
antitransglutaminasi e antiendomisio
è un complemento necessario per la
diagnosi, sebbene la biopsia del piccolo intestino rimanga il gold standard. In questo contesto è bene ricordare che la distribuzione della severità delle alterazioni istologiche del piccolo intestino in pazienti con celiachia
può essere eterogenea e restare confinata alla regione pilorica, al duodeno oppure al digiuno comportando
quindi valutazioni discordanti a
seconda della sede della biopsia.
In conclusione, la presenza di linfocitosi intraepiteliale duodenale senza
atrofia dei villi intestinali ha elevata
sensibilità ma scarsa specificità per la
diagnosi di celiachia.
L’attenta anamnesi, l’inquadramento
clinico, gli esami di laboratorio, e la
corretta trasmissione di essenziali
informazioni cliniche su trattamenti in
corso (es. terapie eradicanti per
Helicobacter pylori o una dieta priva di
glutine), contribuiscono fortemente
alla corretta interpretazione del quadro istologico da parte dell’anatomopatologo.
Dr. med. Alexandra Meyer
Istituto cantonale di patologia
6601 Locarno
Bibliografia a richiesta
[email protected]
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