Infezione delle alte vie aeree in età pediatrica

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Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica - Italian Journal of Genetic and Pediatric Immunology
Infezione delle alte vie aeree in età pediatrica
Daniele Attardo, Carla Cimino, Giovanna Di Dio, Salvatore Leonardi e Mario La Rosa
Dipartimento di Scienze Mediche e Pediatriche, UO Broncopneumologia, Allergologia e Fibrosi Cistica, Università di Catania
Introduzione
Le infezioni respiratorie acute (ARI) costituiscono ancora oggi una delle principali cause
di mortalità e morbilità in età pediatrica. Secondo i dati forniti dall’OMS esse sono
responsabili di circa il 20% dei decessi annuali nella popolazione di età inferiore ai 5 anni
e di 13 mila ricoveri ospedalieri pediatrici. Nei primi 3 anni di vita infatti i bambini vanno
incontro ad almeno 8 episodi di infezioni respiratorie l’anno, numero che scende a 6 se
consideriamo i bambini tra i 3 e i 6-7 anni (1).
Per le caratteristiche anatomiche e fisiologiche delle vie aeree superiori e inferiori, i
patogeni che le interessano sono sostanzialmente gli stessi: virus (quali virus
respiratorio sinciziale, adenovirus, virus influenzali e parainfluenzali, rinovirus, coxackie
A e B e altri), micoplasmi e batteri (quali Streptococcus pneumoniae, Haemophilus
influenzae, Chlamydia pneumoniae, Neisseria meningitidis, Streptococchi e altri) . Anche
il processo patologico è analogo con infiammazione ed
edema della mucosa, congestione vascolare, ipersecrezione di muco, alterazione della
struttura e della clearance mucociliare. L’immissione precoce in comunità (bambini che
frequentano l’asilo nido o la scuola materna) e il fumo passivo (con effetto cicliostatico)
rappresentano i principali fattori di rischio di infezione respiratoria acuta (2). Spesso la
terapia viene intrapresa prima di aver documentato l’agente eziologico responsabile, per
tale motivo diventa fondamentale per il medico conoscere i più frequenti agenti eziologici
in rapporto alla sede dell’infezione e all’età del paziente. In rapporto alla sede
distinguiamo: infezioni delle alte vie respiratorie (cavità nasali e faringe) e infezioni delle
medie e basse vie respiratorie (laringe, trachea, bronchi, polmoni). Le infezioni delle alte
vie respiratorie colpiscono primariamente le vie aeree sopra al laringe. Le più comuni
sono: rinite e rinusinusite, faringotonsillite acuta, otite media acuta e laringiti. L’obiettivo
del seguente articolo è la descrizione delle principali infezioni delle alte vie aeree,
definendone le caratteristiche cliniche ed epidemiologiche e la gestione delle stesse in
riferimento alle più recenti linee guida disponibili.
Rinite e Rinosinusite
La rinite è un processo infiammatorio a carico della mucosa nasale su base infettiva o
allergica. La rinite acuta infettiva, o raffreddore comune, è la più frequente delle malattie
delle vie aeree del bambino. A differenza che nell’adulto, nel bambino la flogosi acuta a
carico della mucosa nasale si può estendere alla mucosa dei seni paranasali,
all’orecchio medio e alla mucosa del faringe. I virus, in particolare i rinovirus, sono gli
agenti eziologici più frequenti, ma talvolta è possibile riscontrare una sovra
infezione batterica. Il contagio è causato attraverso il contatto diretto tra il malato e il
soggetto sano per mezzo delle goccioline emesse
con i colpi di tosse e gli starnuti (goccioline di Pflugge). Il quadro clinico è caratterizzato
da irritazione nasale, ostruzione delle coane e rinorrea inizialmente sieromucosa ma che
può divenire mucopurulenta nel caso in cui si sovrapponga un’infezione batterica. E’
solitamente di breve durata e a risoluzione
spontanea. Possibili complicanze sono rappresentate da: cronicizzazione, sinusite, otiti e
più raramente estensione del processo infettivo alle vie aeree inferiori.
Si definisce rinosinusite un processo infiammatorio che colpisce uno o più seni
paranasali. Si tratta solitamente di infezioni secondarie a rinite, ciò è dovuto alla
continuità anatomica tra le cavità nasali e i seni paranasali (“unità rino-sinu-tubarica”)
(3). I seni paranasali sono cavità aeree, tappezzate dello stesso epitelio respiratorio, che
si sviluppano dalle ossa facciali in età diverse: il seno mascellare ed etmoidale sono già
presenti alla nascita e completano il loro sviluppo verso i 4-6 anni, il seno frontale inizia a
formarsi intorno ai 2 anni per completare il suo sviluppo circa a 8 anni e infine il seno
sfenoidale inizia il suo sviluppo a 3-5 anni per completarlo verso i 10-12 anni. Gli osti dei
seni si aprono per ciascun lato nei meati superiore e medio del naso e attraverso questi
le secrezioni si riversano in cavità nasale. Tre sono gli elementi fondamentali per il
fisiologico funzionamento dei seni:
- pervietà degli osti, che permette di riversare le secrezioni in cavità nasale;
- normale funzionamento dell’apparato mucociliare;
- fluidità delle secrezioni.
La ritenzione di secrezioni nelle cavità nasali è dovuta all’alterazione di uno di questi tre
elementi. Finché la flogosi indotta dalla rinite è modesta e l’ostio che mette in
comunicazione ogni seno paranasale con le cavità nasali rimane pervio, la malattia si
manifesta unicamente con i sintomi di un comune raffreddore. Se tuttavia la flogosi è
intensa, l’edema che ne deriva può condurre alla obliterazione dell’ostio e alla
conseguente completa separazione dei seni interessati dalle cavità nasali. Nel seno
escluso dalla comunicazione con le cavità nasali, l’essudato non viene più rimosso e la
flora batterica trova terreno ideale per divenire patogena. Questa sequenzialità di eventi
spiega perché oggi si preferisce utilizzare il termine di rinosinusite invece che quello di
sinusite (3). I germi più frequentemente isolati in età pediatrica sono lo Streptococcus
pneumoniae, Haemophilus influenzae e Moraxella catharralis, agenti infettivi spesso
presenti nel nasofaringe del soggetto sano (4, 5). La rinosinusite può essere classificata
in base alla durata dei sintomi, al seno paranasale coinvolto o a entrambe queste
variabili. Anche il quadro clinico è eterogeneo e varia in relazione all’età del soggetto,
alla durata dei sintomi e alla sua gravità. In base alla durata della sintomatologia
distinguiamo forme acute, quando la sintomatologia si manifesta da 10 a 30 giorni,
forme subacute da 30 a 90 giorni e infine forme croniche in cui la sintomatologia perdura
per oltre 90 giorni (5-6). In pediatria, le forme acute sono le più frequenti e il seno
mascellare è quello più frequentemente interessato.
Sintomi tipici di sinusite sono il dolore in corrispondenza dei settori cranici interessati, la
cefalea, rara nel bambino piccolo, e la rinorrea mucopurulenta. Può associarsi inoltre
febbricola, tosse di norma catarrale (sindrome sinu-bronchiale), alitosi e respirazione
orale come conseguenza della stasi del muco nelle cavità nasali e infine interessamento
dell’orecchio medio con otite media essudativa o acuta. Possibili complicanze sono
legate alla diretta estensione del processo infettivo alle zone vicine, in particolare
all’orbita e alle strutture endocraniche. In generale, il 3% dei casi di rinosinusite può
complicarsi con la comparsa di cellulite orbitaria. (6) La diagnosi di sinusite è clinica e
può essere posta nei seguenti casi: se un’infezione delle vie aeree superiori non tende
a risolversi né a migliorare nell’arco di 10 giorni e tutti o parte dei sintomi presenti
all’esordio (rinorrea, tosse prevalentemente notturna, febbricola) persistono oltre
quest’intervallo temporale; se un’infezione delle vie aeree superiori decorre fin
dall’inizio con un quadro di notevole gravità (febbre elevata, compromissione dello stato
generale, rinorrea purulenta, cefalea, dolori al viso) che permane invariato per almeno 3
o 4 giorni o tende ad evolvere negativamente per la comparsa di complicanze oculari o
endocraniche; se un’infezione delle vie aeree superiori si risolve completamente nel giro
di 3 o 4 giorni, ma prima della scadenza del 10° giorno si ripresenta con tutti i suoi
sintomi (febbre, rinorrea, tosse) . L’esame obiettivo, tranne che nei casi più gravi, non
contribuisce in modo sostanziale alla diagnosi in quanto la sintomatologia è spesso
sovrapponibile a quella di una comune infezione delle vie aeree superiori. L’indagine
radiologica standard, limitata alla semplice radiografia delle cavità paranasali, un tempo
largamente utilizzata, è stata ormai superata da tecniche più affidabili quali la tomografia
computerizzata (TC) del massiccio faciale, la risonanza magnetica (RM) del massiccio
faciale e la rinoscopia a fibre ottiche. Attualmente il gold-standard per la diagnosi di
rinosinusite è rappresentato dalla TC dei seni paranasali. La sua esecuzione è riservata
ai bambini con rinosinusite grave complicata e in quelli che non rispondono al
trattamento medico (6). Una valutazione specialistica fibroendoscopica permette di porre
una diagnosi di certezza. La puntura dei seni può essere prevista solo in pazienti
immunocompromessi in cui sia necessaria l’identificazione dell’agente eziologico o nei
casi in cui la terapia medica non ha portato a risoluzione del quadro (6).
La transilluminazione dei seni (nel bambino più grande in cui sarà possibile valutare i
seni mascellari e frontali), l’ecografia e lo
striscio con conta percentuale dei neutrofili del secreto nasale (una percentuale >70%
correla con un opacamento sinusale con una sensibilità del 65% e una specificità del
75%) sono tutti metodi con scarsa applicazione pratica. (3)
Il trattamento delle sinusiti batteriche acute è empirico, in rapporto alla tipologia
microbica che più frequentemente è causa della patologia (Streptococcus Pneumonniae,
Hemophilus
influenzae,
Moraxella
Catarralis).
Le
più
recenti
raccomandazioni dell’American Academy of Otolaryngology Head and Neck Surgery
Foundation prevedono l’utilizzo di terapie differenti in base alla gravità del quadro clinico.
Nei soggetti con forme lievi (dolore moderato e T<38, 3 °C) va applicata la strategia del
“watchful waiting” che consiste nel procrastinare il trattamento antibiotico di 4-5 giorni, in
quanto il 60% delle sinusiti si risolvono spontaneamente e solo 1 su 8 bambini trattati
con antibiotico trae realmente beneficio da esso. Nel periodo di attesa è consigliato
l’impiego di farmaci sintomatici quali analgesici, decongestionanti o soluzione salina in
spray nasale, che potrebbero favorire il drenaggio dei seni congesti. Nei soggetti con
forme gravi (dolore da moderato a severo e T>38, 3°C) va effettuato in prima istanza il
trattamento antibiotico per evitare l’insorgenza di complicanze e sequele della patologia
(7). Secondo le linee guida attuali la rinosinusite acuta lieve va trattata per via orale con
amoxicillina alla dose di 50 mg/kg/die in 3 dosi (6). Nei soggetti che abbiano ricevuto
terapia antibiotica nei precedenti 90 giorni, che frequentino la comunità infantile o
che presentino patologia locale o generale atta a favorire infezioni da germi resistenti
agli antibiotici, l’amoxicillina va sostituita con l’associazione amoxicillina-acido
clavulanico (80-90 mg/kg/die in 3 dosi) o con acetossietilcefuroxima (30 mg/kg/die in 2
dosi) o con cefaclor (50 mg/kg/die in 2 dosi). Quando dopo 24-48 ore dal trattamento
non si è riscontrato un miglioramento clinico o in caso di rinosinusite acuta grave
complicata si può ricorrere all’uso di antibiotici per via endovenosa. In rapporto alla
tipologia microbica ed allo sviluppo di resistenze la scelta dell’antibiotico da utilizzare
dovrebbe essere indirizzata su: Ceftriaxone (100 mg/kg/die in dose unica), cefotaxima
(100 mg/kg/die in 3 dosi), amoxicillina-acido clavulanico (100 mg/kg/die,
come amoxicillina, in 3 dosi), ampicillina/sulbactam (100 mg/kg/die, in 3 dosi) possono
essere considerati di scelta. Le forme acute
gravi senza apparenti complicazioni possono essere trattate per via orale con
amoxicillina-acido clavulanico (80-90 mg/kg/die, come amoxicillina, in 3 dosi). La durata
ottimale della terapia antibiotica nelle diverse forme di rinosinusite non è tuttora
definita. Un trattamento di 10-14 giorni sembra adeguato per le forme acute lievi, mentre
una terapia di 14-21 giorni sembra opportuna nelle forme acute gravi e nelle forme
subacute (6).
Otite Media Acuta (OMA)
L’otite media è una delle più comuni patologie dell’infanzia, uno dei principali motivi di
visita dal pediatra e la più comune indicazione alla prescrizione di antibiotici (8) .
L’incidenza è massima nel secondo semestre di vita e successivamente decresce fino a
raggiungere valori simili all’adulto intorno al 5° - 6°anno (9). E’ una patologia flogistica
dell’orecchio medio a rapida insorgenza, associata ad opacizzazione della membrana
timpanica e si accompagna ad almeno uno dei seguenti sintomi: otalgia, febbre,
irritabilità e otorrea. Gli elementi per la definizione di OMA sono i seguenti: esordio acuto,
inteso come recente (entro 72 ore) ed in genere improvviso inizio dei sintomi di
infiammazione acuta dell’orecchio medio; segni di infiammazione dell’orecchio medio,
inclusi iperemia e colore giallastro della membrana timpanica; presenza di essudato
(effusione) nell’orecchio medio, indicata da estroflessione (bulging) della membrana
timpanica o da assente/fortemente limitata mobilità o da otorrea da
perforazione spontanea (10). La flogosi della membrana timpanica con presenza di
essudato nell’orecchio medio si basa sul rilievo otoscopico di membrana estroflessa con
intensa iperemia oppure di colore giallastro (per visione in trasparenza di materiale
purulento endotimpanico). In alternativa è segno obiettivo certo di OMA la presenza di
otorrea con membrana timpanica perforata spontaneamente (10).
Figura 1: Esempi di OMA certa
In questo caso sarà necessario osservare il bambino per essere in grado di riconoscere
i segni iniziali di malattia grave e poter accedere facilmente alle cure mediche.
Nella scelta di un atteggiamento di osservazione vigile o di un trattamento della
patologia mediante antibioticoterapia vanno considerati l’età del bambino, la certezza
diagnostica, e la gravità della sintomatologia.
È importante ricordare che il ritardo nella somministrazione della terapia antibiotica in
pazienti selezionati, riduce i costi correlati al trattamento e gli effetti collaterali e
minimizza la comparsa di resistenza. Nelle 48-72 h di attesa il pediatra deve prescrivere
una terapia analgesica con paracetamolo o ibuprofene, informando adeguatamente i
genitori sulla patologia e sulle ragioni di una strategia d’attesa (14).
Non vi è alcuna indicazione all’impiego di decongestionanti, antistaminici o mucolitici.
Una meta-analisi di studi randomizzati ha messo in evidenza che gli antibiotici sono più
utili nei bambini di età inferiore ai due anni con otite media acuta bilaterale e nei bambini
con otite media acuta e otorrea (27).
E’ indicato l’utilizzo di un antibioticoterapia per tutti i bambini di età inferiore ai sei mesi,
per i bambini dai sei mesi a due anni di età quando la diagnosi è certa e per tutti i
bambini di età superiore ai due anni con infezione grave (13).
Tabella 2: Criteria for Initial Antibacterial-Agent Treatment or Observation in Children
With AOM (14)
Fig. 1 a
Fig. 1 b
Il concetto di gravità della sintomatologia dell’OMA è tuttora poco chiaro in letteratura
essendo disponibili diverse e non sovrapponibili definizioni di gravità. Possono essere
utilizzate alcune scale di valutazione di gravità. Una di esse è quella di Le Saux, sulla
base della quale un episodio è definito lieve se la somma dei punteggi è compresa tra 0
e 2, moderato tra 3 e 7 e grave tra 8 e 15 (11). Il principale agente eziologico coinvolto
nell’OMA è lo Streptococco pneumoniae (40%), seguito da H. influenzae non capsulato
(20%), Streptococcus pyogenes (7%) e Moraxella catarrhalis (4%). (12). La patogenesi
dell’otite media è strettamente correlata a due fattori: la struttura della tuba di Eustachio
e la presenza di patogeni nel rinofaringe.
Nel bambino, rispetto all’adulto, la tuba di Eustachio è più orizzontale, di diametro
inferiore e più corta. Ciò determina una più facile risalita delle secrezioni dal rinofaringe
verso il cavo timpanico e un più difficile drenaggio dell’effusione. La diagnosi di OMA,
puramente otoscopica, raggiunge il maggiore grado di affidabilità quando condotta con
un otoscopio
pneumatico corredato di una fonte luminosa adeguata e di uno speculum delle
dimensioni adatte e non colorato. Nei casi dubbi o se non si è a disposizione un
otoscopio pneumatico, il pediatra può avvalersi dell’uso combinato di otoscopio semplice
e di impedenzometro o reflettometro, oppure potrà indirizzare il paziente a uno
specialista ORL che a sua volta utilizzerà microscopia ottica e/o otoendoscopia e/o
impedenzometria. Il rilevamento di fuoriuscita di liquido dall'orecchio medio, attraverso
l'otoscopio, è la chiave per stabilire la diagnosi di otite media acuta. La membrana
timpanica è normalmente convessa, mobile, traslucida e intatta; colore e mobilità
normale della membrana indicano una bassa probabilità di patologia.
La presenza di un rigonfiamento a livello della membrana, una sua ridotta mobilità e, in
misura minore, il riscontro di una membrana arrossata, aumentano notevolmente la
probabilità di otite media (13).
Per porre una diagnosi eziologica corretta è necessario il prelievo di una piccola quantità
di essudato endotimpanico tramite timpanocentesi e la successiva coltura dello stesso.
Le complicanze dell’OMA sono classificate in intratemporali ed endocraniche. Le
complicanze intratemporali possono a loro volta essere suddivise in locali, rappresentate
dagli esiti dei processi flogistici della cassa (perforazione della membrana timpanica e
sequele funzionali) e regionali. Tra queste ultime ricordiamo la mastoidite acuta, che
rappresenta la complicanza in assoluto più frequente, la petrosite, la labirintite e la
paralisi del nervo facciale. Le complicanze endocraniche invece comprendono:
meningite ed encefalite otogena, ascessi extra e subdurali, ascessi cerebrali e
tromboflebiti dei seni venosi. (12)
Tabella 1: Complicanze dell’otite media acuta
Gli obiettivi del trattamento nell’otite media acuta includono la risoluzione dei sintomi e la
riduzione della ricorrenza. La gestione di OMA dovrebbe includere una iniziale
valutazione del dolore la cui gestione nelle prime 24 ore dovrebbe essere affrontata
a prescindere dall'uso di antibiotici.
Nelle linee guida dell’American Academy of Pediatrics viene considerata la possibilità di
un atteggiamento di attesa vigile (“watchful waiting”), suggerendo di non trattare
immediatamente con antibiotici l’OMA non grave nei soggetti di età superiore a 6 mesi,
ma di posporre di 48-72 ore l’inizio della terapia antimicrobica.
Le linee guida statunitensi (15), scozzesi (16) e spagnole (17) concordano nel
raccomandare l’amoxicillina con acido clavulanico come farmaco di prima scelta, da
somministrare ad intervalli di 8 h (frazionamento in 3 dosi giornaliere).
Il cotrimossazolo, il trimethoprim e l’eritromicina sono ugualmente efficaci, ma di solito
non vengono impiegati perché meno sicuri dell’amoxicillina (18). Le linee guida non
concordano invece sulla dose di amoxicillina da impiegare, suggerendo alcune un
dosaggio più elevato (90 mg/kg/die) e altre la somministrazione di dosi standard (40-45
mg/kg/die). Un recente studio randomizzato controllato in doppio cieco ha evidenziato
che non esistono differenze significative in termini di efficacia e tollerabilità fra i due
dosaggi di amoxicillina (15, 16, 17).
Relativamente alla durata del trattamento, per i bambini più piccoli e per i bambini con
malattia grave è raccomandata una terapia di 10 giorni.
Per bambini dai 6 anni di età con malattia lieve o moderata è appropriato un trattamento
di 5-7 giorni. (15)
Faringotonsillite Acuta
Per faringotonsillite acuta si intende un processo infiammatorio a carico dell’orofaringe
e/o delle tonsille. L’interesse del pediatra per l’eziologia delle faringiti è legato alla
necessità di stabilire se si tratti di un’infezione acuta da Streptococco b-emolitico di
gruppo A (SBEGA), l’unico tra i germi coinvolti nella patologia a richiedere trattamento
antibiotico.
Si tratta di una patologia molto comune tra i bambini e gli adolescenti.
La maggior parte degli episodi acuti di faringite viene attribuita a un’eziologia virale,
tuttavia lo SBEGA è ritenuto responsabile del 37% dei casi di faringite acuta nei bambini
di età superiore ai 5 anni. (19) Altre cause di faringite batterica sono lo Streptococco di
gruppo C (5% dei casi totali), C. pneumoniae (1%), M. pneumoniae (1%) e le specie
anaerobiche (1%). Tra i virus i
Rhinovirus, gli adenovirus e i coronavirus accorrono per il 30% dei casi totali, virus di
Epstein Barr per l'1%, influenza e virus parainfluenzali per circa il 4% (20).
La faringite da streptococco ha un picco di incidenza nei primi anni di scuola ed è rara
prima dei 3 anni di vita.
L'infezione si trasmette attraverso le secrezioni respiratorie e il periodo di incubazione è
di 2-5 giorni. La malattia si verifica più spesso in inverno e in primavera (21), e appare è
più contagiosa durante la fase acuta. Nei soggetti non trattati il periodo di contagio è
di qualche settimana, ma se viene instaurata un’opportuna terapia antibiotica, questo
cessa dopo solo 24 ore (22).
Le manifestazioni cliniche includono faringodinia e febbre con esordio improvviso,
faringe arrossata, tonsille ricoperte da un essudato giallo, striato di sangue; mal di testa
e sintomi gastrointestinali (vomito e dolore addominale) sono frequenti. Possono essere
presenti petecchie sul palato molle e sul faringe posteriore. I linfonodi cervicali anteriori
sono aumentati di volume ed edematosi. La tabella 3 riassume i segni i e sintomi di
faringite da SBEGA, con la loro relativa sensibilità e specificità diagnostica. (23)
Tabella 3: Sintomi e segni clinici di faringite da SBEGA, la loro sensibilità e specificità.
L'esordio di faringite virale può essere più graduale e i sintomi più spesso includono
rinorrea, tosse, diarrea, raucedine. Le complicanze dell'infezione streptococcica possono
essere distinte in: suppurative e non suppurative. Le complicanze suppurative, causate
della diffusione di SBEGA ai tessuti adiacenti, sono: linfoadenite cervicale, ascesso
peritonsillare, ascesso retrofaringeo, otite media, mastoidite e sinusite. L’impiego degli
antibiotici ha notevolmente ridotto l'incidenza di questo gruppo di complicanze.
Sequele non suppurative, immuno-mediate, sono la febbre reumatica acuta (FRA), la
glomerulonefrite acuta poststreptococcica, la corea di Sydenham, l’artrite reattiva e i disordini autoimmuni
neuropsichiatrici pediatrici associati allo Streptococcus pyogenes. Il gold standard per la
diagnosi di faringite streptococcica è la coltura, ma richiede 18-24 ore di incubazione a
37 °C, provocando un ritardo nell’individuazione di SBEGA.
Questo ritardo nella diagnosi porta spesso i medici a somministrare la terapia
senza prima conoscere l’agente eziologico, causando un uso eccessivo di antibiotici che
provoca un aumento nella diffusione di ceppi batterici resistenti ai farmaci.
Tuttavia è attualmente disponibile in commercio un test diagnostico rapido per SBEGA
(RADT). I RADTs permettono di identificare SBEGA su un tampone faringeo in pochi
minuti, in seguito all’estrazione dell’acido nitroso dell’antigene polisaccaridico di gruppo
A da organismi ottenuti con tampone faringeo.
Questa strategia ha mostrato un impatto significativo sulla riduzione della prescrizione di
antibiotici.
La specificità dei RADTs è generalmente elevata, mentre la sensibilità varia
considerevolmente. (24).
I vantaggi del test rapido rispetto all’esame colturale sono numerosi: la rapidità
di inquadramento diagnostico, la qualificazione dell’ambulatorio del pediatra, la riduzione
dei disagi per la famiglia del paziente e il risparmio di risorse economiche.
I test rapidi presentano tuttavia una sensibilità inferiore all’esame colturale (95%
versus 100%) . Di ausilio alla diagnosi è il punteggio clinico proposto da Centor e
successivamente modificato, che considera la combinazione di segni e sintomi indicativi
di faringite. (25) Un punteggio superiore a 3 pone indicazione al trattamento antibiotico.
La terapia antibiotica va riservata ai bambini in cui il sospetto di infezione da S.
pyogenes sia supportato da uno score clinico suggestivo (score di McIsaac>2), da un
RADT positivo ed eventualmente, laddove necessario, da un esame colturale
di conferma positivo. In tutti gli altri casi, in presenza di infezione virale, la terapia
antibiotica non trova indicazione (32). Lo score di McIsaac viene calcolato valutando i
seguenti segni nel bambino in esame: febbre (T > 38 °C), assenza di tosse,
tumefazione dei linfonodi cervicali anteriori, ipertrofia o essudazione delle tonsille, età <
15 anni. Per score < 2 non è consigliato alcun test di laboratorio quindi alcun trattamento
antibiotico, per score ≥ 2 è sempre consigliabile il ricorso a test diagnostici (test rapido o
esame colturale) prima di iniziare il trattamento antibiotico, per score ≥ 4 il ricorso ai test
diagnostici è facoltativo ed il trattamento antibiotico può essere effettuato in prima
istanza (26). La possibilità di ritardare la somministrazione dell’antibioticoterapia in
attesa della conferma microbiologica è supportata dal fatto che:
-per prevenire le complicanze dell’infezione piogena è sufficiente iniziare la terapia
antibiotica entro 9 giorni dall’esordio della sintomatologia (27);
-le faringotonsilliti streptococciche sono destinate a guarire da sole dopo 3-4 giorni
dall’esordio (28);
-la terapia antibiotica ha, sulla sintomatologia acuta, un beneficio relativo, accorciando la
durata dei sintomi di sole 16 h (29).
Sebbene tutte le linee guida concordino nel raccomandare la penicillina V (45 mg/kg/die
in 3 somministrazioni giornaliere) come trattamento di prima scelta nelle faringiti
streptococciche, recenti randomized controlled trial (RCT) hanno confermato la più
elevata efficacia dell’amoxicillina (50 mg/kg/die in 2 somministrazioni giornaliere) sia in
termini di guarigione clinica che batteriologica (31, 32). Ad oggi tutte le linee guida
concordano nell’affermare che il trattamento della faringite streptococcica debba avere
una durata di almeno 10 giorni. In caso di reazioni avverse ad amoxicillina è indicato
l’uso di Macrolidi quali: azitromicina (10 mg/kg/die) per 3 giorni o Claritromicina (15
mg/kg/die in 2 dosi) per 10 giorni. L’utilizzo di farmaci antinfiammatori non steroidei
(paracetamolo e ibuprofene) è efficace nel ridurre i sintomi della faringotonsillite a tre
giorni dall’esordio (33).
Laringiti
Le laringiti sono processi infiammatori a carico del laringe. Possono presentarsi
inizialmente e improvvisamente come tali o verificarsi per estensione di processi infettivi
delle vie respiratorie superiori.
Rappresentano un’evenienza più grave nei bambini nella prima e seconda infanzia per
la ristrettezza delle vie aeree e per la maggiore propensione alle infezioni. Si distinguono
in sopraglottiche se l’infiammazione si manifesta al di sopra delle corde vocali,
sottoglottiche o ipoglottiche rispettivamente alle corde vocali o al di sotto di esse.
La forma più grave, che in genere coinvolge trachea e bronchiè denominata crup (dal
termine onomatopeico inglese croup, atto a indicare una tosse aspra per infiammazione
del laringe) ; il crup comporta un ostacolo anche grave alla respirazione che, in
particolare nei bambini, può richiedere il ripristino delle vie di passaggio dell'aria
L'interessamento delle corde vocali determina disturbi della fonazione e anche una
transitoria afonia. I virus sono la causa più comune di laringite.
Il processo può estendersi alla trachea (laringotracheite) e anche ai bronchi
(laringotracheobronchite), ed è a queste due forme a eziologia virale, relativamente
comuni nei bambini piccoli, che si applica attualmente il termine crup. Tra i virus che
causano laringite, quelli più frequentemente responsabili di crup sono i parainfluenzali (al
VPI tipo 1 si deve circa il 50% dei casi) e gli influenzali; meno frequentemente il virus
respiratorio sinciziale e solo raramente gli adenovirus. È occasionalmente causa di crup
anche il Mycoplasma pneumoniae.
Anche se l'eziologia della laringite è più comunemente virale, non è escluso il primitivo
intervento di batteri essenzialmente quando l'interessamento del laringe è conseguente
a un infezione del faringe da S. Pyogenes, in quei paesi dove non si è affermata ancora
la vaccino-profilassi.
L'H.influenzae tipo b è causa di laringite, così come, con buona probabilità, la
M.catarrhalis, dato che la sua presenza nel faringe è significativamente più frequente nei
soggetti affetti da laringite.
Rara ormai la laringite tubercolare, comune in era prechemioterapica.
Più raramente si osserva un coinvolgimento fungineo. In questi casi si parla di laringite
di tipo granulomatoso. Candida, Histoplasma, Blastomyces, Coccidioides sono i miceti
maggiormente coinvolti.
L’epiglottite acuta è un emergenza medica rapidamente progressiva, caratterizzata da
esordio brusco con ipertermia e distress respiratorio rapidamente ingravescente.
Il bambino appare ansioso, presenta scialorrea e siede con tronco proiettato in avanti
e collo iperesteso, assumendo talora posizione a tripode.
Nella maggior parte dei casi l’epiglottite acuta viene sospettata sulla base dei soli dati
clinici.
Il bambino deve essere immediatamente trasportato in sala operatoria o in terapia
intensiva per essere intubato in modo da assicurare la pervietà delle vie aeree.
Una volta avvenuta l’intubazione, si avvierà la terapia antibiotica con cefalosporine
(ceftriaxone: 50-75 mg/kg/die; cefotaxime 100-200 mg/kg/die) (34).
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