Cannabis nella sclerosi multipla: quali benefici?

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Nr. 262
maggio 2015
Cannabis nella sclerosi multipla: quali benefici?
Le fibre nervose sono rivestite da mielina, una guaina di strati lipoproteici che ha la funzione di facilitare la
trasmissione dell’impulso nervoso lungo l’assone. Nella sclerosi multipla, una anomalia del sistema
immunitario distrugge piccole aree di mielina disseminate irregolarmente nel cervello e nel midollo spinale,
causando sintomi neurologici quali dolore, disfunzioni della vescica e spasticità. La spasticità si manifesta
in più del 60% dei pazienti ed è caratterizzata da un aumento del tono muscolare e ipereccitabilità dei riflessi
tendinei di estensione: provoca difficoltà nel camminare e spesso si associa a crampi, spasmi dolorosi e
disturbi del sonno. La spasticità viene trattata con farmaci miorilassanti che deprimono il sistema nervoso
centrale bloccando la trasmissione a livello spinale, come baclofene (Lioresal), diazepam (es. Valium) e
tizanidina (Sirdalud), o agiscono direttamente sulla muscolatura scheletrica come il dantrolene (Dantrium).
Tuttavia, nonostante l’uso diffuso, non esistono prove sufficienti sulla efficacia e la tollerabilità dei vari
farmaci né dati che dimostrino la superiorità dell’uno sull’altro1. Sta di fatto che, pur se trattati, vi sono pazienti
che continuano a lamentare sintomi dolorosi invalidanti ed è in questi casi che l’estratto di cannabis può
rappresentare una alternativa. L’uso della cannabis non è nuovo, già nel XIX secolo veniva utilizzata dalla
medicina ufficiale come antiemetico, analgesico, anticonvulsivante e agli inizi del '900 è entrata nell’uso
comune nel trattamento di alcuni disturbi neurologici (spasmi muscolari, insonnia, nausea), nonostante la
documentazione scientifica fosse del tutto assente. Per una serie di circostanze, nel 1942 la cannabis è
stata cancellata dalla farmacopea degli Stati Uniti e negli anni '70 in molti Paesi è stata classificata come
sostanza inefficace. Una riabilitazione è avvenuta a seguito di referendum in sette Stati degli Stati Uniti nella
seconda metà degli anni '90. Tra il 1998 e il 1999 diversi Enti internazionali hanno sollecitato la rivalutazione
dell'uso terapeutico della cannabis ed oggi in Canada, USA, Gran Bretagna, Germania, Olanda e Belgio,
sono disponibili farmaci a base di cannabis per il trattamento della nausea e del vomito da chemioterapia
antitumorale, e dell’anoressia nei malati di AIDS. In Italia, nel 2013 è stato approvato Sativex, il primo
farmaco a base di cannabinoidi, contenente delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) e cannabidiolo (CBD) in
rapporto 1:1. Gli effetti terapeutici della cannabis sono dovuti alla stimolazione dei recettori (principalmente
CB1 e CB2) che fanno parte del sistema cannabinoide umano, coinvolto in diverse funzioni quali appetito,
spasticità, memoria, controllo delle convulsioni e del dolore (in sinergia con gli oppioidi endogeni). Il principio
attivo responsabile degli effetti psicotropi della cannabis è il TCH, che induce euforia, analgesia,
rilassamento muscolare, azione antiemetica e stimolante l’appetito. Il CBD ha proprietà anticonvulsivanti,
miorilassanti, ansiolitiche e ha dimostrato di attenuare gli effetti ansiogeni e psicotropi del TCH. E’ probabile
che la combinazione di THC e CBD possa ridurre gli effetti indesiderati che spesso limitano l’uso del solo
TCH. I dati a supporto dell’efficacia di Sativex provengono da 3 studi di breve durata su poco più di mille
pazienti, nei quali il farmaco, somministrato sotto forma di spray oromucosale, è stato confrontato con
placebo in aggiunta ai farmaci miorilassanti di uso consolidato2-4. Complessivamente Sativex ha dimostrato
una efficacia modesta e ha richiesto numerose nebulizzazioni giornaliere (in media 7-8), ma in una piccola
quota di pazienti ha determinato un beneficio non trascurabile e un miglioramento della qualità di vita.
Gli eventi avversi più frequenti (capogiri, affaticamento e sonnolenza) non sono di entità tale dal
disincentivare un possibile tentativo da parte di quei pazienti nei quali la spasticità rimane un disturbo
fortemente limitativo della loro autonomia funzionale. Stando ai risultati degli studi e alle revisioni della
letteratura, sulla base delle prove ad oggi disponibili non sembra invece che la cannabis e i suoi derivati
(es. infiorescenze) possano trovare un posto nel trattamento del dolore5-6.
A cura del dott. M. Miselli
Bibliografia
1. Shakespeare Dl. Anti-spasticity agents for multiple sclerosis. Cochrane Database Syst Rev 2003; Issue4. 2. Novotna A. A randomized,
double-blind, placebo-controlled, parallel-group, enriched-design study of Sativex, as add-on therapy with refractory spasticity caused by
multiple sclerosis. Neurology 2011; 18:1122-31. 3. Collin C et al. Randomized controlled trial of cannabis-based medicine in spasticity caused
by multiple sclerosis. Eur J Neurol 2007; 14:290-6. 4. Collin C et al. A double-blind, randomized, placebo-controlled study of Sativex in
subjects with symptoms of spasticity due to multiple sclerosis. Neurol Research 2010; 32:451-9. 5. Lynch ME. Cannabinoids for treatment of
chronic non-cancer pain; a systematic review of randomized trials. Br J Clin Pharmacol 2011; 72:735-44. 6. Finnerup NB et al.
Pharmacotherapy for neuropathic pain in adults: a systematic review and meta-analysis. Lancet Neurol 2015 Jan 6.
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Il cioccolato fa bene al cervello?
Recentemente, sulla autorevole rivista americana New England Journal of Medicine è apparso uno studio
che per i limiti metodologici va considerato nulla più che una spiritosa provocazione. Ha infatti rilevato che
nei Paesi dove si consuma più cioccolato vi risiedono anche più persone che nel tempo hanno vinto il premio
Nobel1. La Svizzera che ha il numero più alto di Nobel (35 per 10 milioni di abitanti) ha un consumo medio
pro-capite di cioccolato di 12Kg/anno contro i 3,5kg/anno dell’Italia che di Nobel ne ha solo 4. Secondo
l’autore, che ha preso arbitrariamente il numero di Nobel come indicatore della funzione cognitiva media del
Paese di origine, la correlazione lineare trovata tra consumo di cioccolato e premi Nobel indica che il
cioccolato fa diventare più intelligenti o, ipotesi ancora più simpatica, che tanto più un popolo è intelligente
tanto più ama il cioccolato. L’autore è arrivato a questa conclusione non con uno studio formale (prospettico,
randomizzato, con gruppo di controllo trattato con placebo, in doppio cieco), ma applicando
semplicisticamente il classico “due più due” che di scientifico ha ben poco. Ma da dove è nata l’idea che
mangiare cioccolato faccia bene al cervello? E’ nata dal fatto che il cioccolato è ricco di flavanoli (un
sottogruppo della famiglia dei flavonoidi) ed esistono evidenze sperimentali che questi antiossidanti naturali
possono rallentare il declino mentale legato all’età2-4: l’aumentata vulnerabilità nei confronti dello stress
ossidativo viene ritenuto uno dei principali fattori coinvolti nel declino della funzione cognitiva. Sui possibili
benefici del cioccolato vi è grande interesse e in ambito cardiovascolare sono stati condotti molti RCT di
piccole dimensioni, in gran parte sponsorizzati dai produttori. I flavanoli contenuti nel cacao, in virtù
dell’azione antiossidante, hanno dimostrato di ridurre la pressione arteriosa5 e l’aggregazione piastrinica6,
migliorare la sensibilità all’insulina (abbassando la glicemia) e la funzione endoteliale7. L’endotelio che
riveste la superficie interna dei vasi sanguigni svolge compiti essenziali ai fini del mantenimento dello stato
di salute: produce ossido nitrico che, oltre ad un’azione vasodilatatrice, protegge la parete arteriosa
dall’azione ossidante dei radicali liberi responsabili dell’invecchiamento cellulare, dello sviluppo
dell’aterosclerosi e della trombosi. Nel diabete e nell’ipertensione, la disfunzione endoteliale causata dallo
stress ossidativo riduce la biodisponibilità di ossido nitrico, aumentando il rischio cardiovascolare. Secondo
prove meno solide i flavanoli sarebbero in grado di ridurre anche l’incidenza di eventi clinici come l’ictus8.
E’ bene, però, evitare conclusioni affrettate perché gli studi hanno in genere utilizzato cacao o preparazioni
ad alta concentrazione di flavanoli e i risultati ottenuti non si possono trasferire tout court al cioccolato: cacao
e cioccolato non sono termini intercambiabili. Il cacao è la frazione amara, priva di grassi (il burro di cacao);
il cioccolato, invece, è una combinazione di cacao, burro di cacao, zucchero, latte e altri componenti.
Il cioccolato fondente extra contiene la percentuale più alta di cacao, quello al latte la più bassa. Essendo i
benefici del cioccolato ascrivibili in toto al cacao e al contenuto di flavanoli non si può affermare che chi
assume regolarmente cioccolato preservi la propria integrità intellettuale o corra meno rischi cardiovascolari.
Sono necessari altri studi di maggiori dimensioni e durata, di buona fattura e indipendenti da interessi
commerciali, ma nel frattempo chi ama il cioccolato può continuare a mangiarlo, meglio se amaro, sapendo
che non è la panacea, ma che non fa male alla salute.
A cura del dott. M. Miselli
Bibliografia
1. Messerli FH. Chocolate consumption, cognitive function and Nobel laureates. N Engl J Med 2012; 367:1562-4. 2. Nurk E et al. Intake of
flavonoid-rich wine, tea, and chocolate by elderly men and women is associated with better cognitive test performance. J Nutr 2009; 139:1207. 3. Desideri G et al. Benefits in cognitive function, blood pressure, and insulin resistance through cocoa flavanol consumption in elderly
subjects with mild cognitive impairment: the Cocoa, Cognition, and Aging (CoCoA) study. Hypertension 2012; 60:794-801. 4. Sorond FA et
al. Neurovascular coupling white matter integrity, and response to cocoa in older people. Neurology 2013; 81:904-9. 5. Ried K et al. effect of
cocoa on blood pressure. Cochrane Database Syst Rev 2012; Aug 15; 8:CD008893. 6. Ostertag LM et al. Impact of dietary polyphenols on
human platelet function –a critical review of controlled dietary intervention studies. Mol Nutr Food Res 2010; 54:60-81. 7. Hooper L et al.
Effects of chocolate, cocoa, and flavan-3-ols on cardiovascular health: a systematic review and meta-analysis of randomized trials. Am J Clin
Nutr 2012; 95:740-51. 8. Larsson SC et al. Chocolate consumption and risk of stroke: a prospective study and meta-analysis. Neurology
2012; 79:1223-9.
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