Prima che non ricordi

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Determinazione dei fattori di rischio Alzheimer nella popolazione pugliese:
risultati dello Studio Regionale Living Labs 2014-2015
Prima che non ricordi…
Nico Colabufo
Triggiano 25 Settembre 2015
Istituto “Francesca Fallacara-Luciano Addante”
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Prefazione
Ma come si fa ricerca? Questa la domanda di due miei amici, musicisti di
professione, a cui dovevo, con una certa urgenza e senza fronzoli, dare una risposta.
La prima cosa che mi venne in mente è quella della composizione musicale. Molti
miei giovani ricercatori sono stati all’estero in centri di eccellenza internazionale
della ricerca ed al loro ritorno mi raccontavano di come altrove vi fossero molti
strumenti, tante risorse e maggiore agio nel fare ricerca. Questa loro risposta mi ha
sempre contrariato perché la ricerca che è anche confronto, non significa solo
strumentazione, soldi e laboratori di altissimo livello. Ho risposto allora ai miei due
amici musicisti: immaginate di avere un pianoforte in un salone delle feste e di non
saperlo suonare o per i compositori, di non avere l’ispirazione… La ricerca è dentro
ciascuno di noi, nasce dalle idee e non dagli strumenti. E’ molto difficile che gli
strumenti da soli diano idee in tal senso. Certo avere a disposizione soldi e strumenti
di ultima generazione consente di sondare prima ed in modo elegante se le idee
porteranno ad un risultato scientifico importante o meno. Tuttavia non sono il primo
passo perché le idee, e non gli strumenti, fanno la differenza. Da alcuni anni siamo
entrati in progetti e collaborazioni internazionali dove, se non porti un adeguato
contributo, difficilmente entri nelle grazie di questi centri di eccellenza stranieri.
Pian piano i miei ricercatori hanno capito che sul piatto della bilancia le idee
pesavano più degli strumenti innovativi. Non avevamo e non abbiamo una PET,
eppure nei laboratori europei sono impiegati nostri radiotraccianti per far
funzionare questi strumenti e portare un importante contributo all’imaging
diagnostico dell’Alzheimer. Con mia grande sorpresa a Vienna notai che presso
l’Istituto di Medicina Nucleare del Policlinico Austriaco erano esposti sui muri del
corridoio nostri lavori scientifici insieme ad altri come riferimento nel campo
dell’imaging diagnostico. Per sobrietà caratteriale ho tenuto per me e per i miei
questo dettaglio e se oggi trova spazio in queste pagine non è per vanagloria ma per
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consegnare all’amico lettore una convinzione man mano irrobustita e cioè che la
consapevolezza ed il coraggio delle proprie idee insieme al sacrificio giornaliero
possono portare lontano. Adesso siamo in un importante progetto europeo
quadriennale dove ricercatori da Sheffield, Lisbona e Londra verranno a Bari ed i
nostri andranno in queste Università straniere per condividere un importante lavoro
di ricerca per la diagnostica d’avanguardia dell’Alzheimer. Vi assicuro che
raggiungere questi obiettivi dal sud di un Paese che tende più a disperdere che a
valorizzare, genera una grossa soddisfazione ed al tempo stesso un gradiente di
responsabilità perché bisogna essere sempre all’altezza della situazione.
La ricerca quindi, conclusi con i miei due amici compositori, è porre l’asticella della
conoscenza un paio di spanne più in alto di quanto si sia fatto il giorno prima
credendo che quello che si è ritenuto impossibile da capire, da scrivere, il giorno
dopo potrebbe far parte del tuo bagaglio culturale e di conoscenza. Circa due secoli
or sono un grande autore francese, Flaubert, riteneva che i folli e non i “cauti”
spingono avanti il mondo nella conoscenza. Oggi, dopo venticinque anni di ricerca,
mi riconosco un pò folle (me lo dicono con affetto anche i miei ricercatori) quasi
come l’uomo che parla alla luna di shakespeariana memoria. Ma se folle è l’uomo
che parla alla luna, stolto è chi non sta ad ascoltarla, ebbe a sentenziare
definitivamente il grande poeta d’oltremanica.
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Introduzione
Nel 2008 in una sala cinematografica di Amsterdam, stracolma per l’occasione,
venne proiettato il film “Prima che io dimentichi “(Voor ik het vergeet) del regista
Nan Rosens dove viene dibattuta una controversa decisione del protagonista, Paul
van Eerde che, a seguito di diagnosi precoce di Alzheimer, decide di non voler
affrontare la perdita di dignità e di capacità causate da questa patologia. Moglie e
figli assecondano questa scelta cercando di godersi gli ultimi sprazzi di vita prima di
procedere all’eutanasia assistita, mentre il medico personale si batte contro questa
scelta. E’ un concentrato di problemi etici, sanitari, sociali cui non è possibile dare in
breve un contributo esaustivo in termini di opinione personale. Pur tuttavia il titolo
del film mi ha affascinato e l’ho voluto, di poco cambiato, come titolo di questo
libro: Prima che non ricordi…. Non è solo per sottrarsi al già noto, bensì dichiarare
per certi versi una scelta di campo. Prima che non ricordi… implica la volontà
d’esserci anche “durante”, perché quella massa gelatinosa di circa un chilo e mezzo,
il nostro cervello, contenente più di cento miliardi di cellule racchiude tesori
biologici preziosi tanto antichi quanto insondati che non vanno affondati e sommersi
per sempre. E poi nasciamo con un cervello unico, frutto della combinazione del
patrimonio genetico e della programmazione che avviene durante lo sviluppo
uterino, periodo nel quale s‘imprimono talenti, limiti, esuberanze caratteriali. I
fattori ambientali sono sicuramente importanti per lo sviluppo cerebrale soprattutto
nei primi mesi ma, a giochi fatti, i fattori ambientali e sociali dopo la nascita sono
meno decisivi rispetto a quelli “chimici” dello sviluppo intrauterino.
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Prima che non ricordi…vorrei ringraziare in ordine cronologico di apparizione nella
mia vita, la mia famiglia di origine che mi ha educato ai valori come l’amore, la
solidarietà, il sacrificio, l’onestà in tutte le sue accezioni, da quella sociale a quella
intellettuale. Mio padre mi ha insegnato la passione per lo studio e per la vita, mia
madre che l’indole di “sana remissività” non sempre significa debolezza, tutt’altro.
Prima che non ricordi…ringrazio mia moglie per l’amore che mi ha dato e per aver
camminato per vie anche impervie e sconosciute ad entrambi senza che ne
avvertissi, per suo merito, il peso ed il disagio.
Prima che non ricordi…ringrazio i miei figli per il solo fatto di esistere. Pietro è
l’alba, Antonio Luca il sole sincero e pulito di un cielo d’estate. Annabella è la
carezza tenera e romantica del tramonto.
Prima che non ricordi…ringrazio il Prof Perrone e il Prof Berardi, buoni maestri che
mi hanno guidato nella mia attività di ricerca. Mi hanno sempre indicato la via ma
mai cosa guardare durante il cammino per non togliermi lo stupore, la meraviglia
della scoperta, lo spirito libero. Non si sono mai impossessati dei miei occhi e della
mia libertà.
Prima che non ricordi... ringrazio i miei ricercatori meno giovani e più giovani per la
dedizione con cui hanno camminato lungo le mie traiettorie.
Prima che non ricordi… ringrazio i tanti amici che mi hanno voluto bene, tutti quelli
che mi hanno donato una parola buona di supporto, di conforto e di amore.
Prima che non ricordi… ringrazio Suor Francesca Fallacara e Luciano Addante perché
hanno regalato al mio paese un sogno che, materializzandosi nell’ambito sociale,
sanitario, culturale ed economico ha reso Triggiano un punto di riferimento per tanti
anni. Adesso sento il dovere di riprendere, indegnamente, quel sogno e dilatarlo
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semplicemente come loro avrebbero voluto adeguandolo ai tempi, alle possibilità ed
opportunità che di volta in volta si presenteranno.
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Capitolo 1
La memoria
Si definisce memoria la capacità di immagazzinare informazioni e richiamarle alla
mente mediante circuiti nervosi ben specifici. Vi sono circuiti che si formano durante
lo sviluppo e che contengono modelli di comportamento innati ma vi sono anche
elementi del sistema nervoso che mutano con l’apprendimento.
In particolare l’apprendimento sembra basarsi sulla modifica di consistenza dei
contatti sinaptici. Abbiamo una memoria a breve termine, come ricordare un
numero telefonico, dove vengono modificate solo le consistenze delle sinapsi
esistenti. In questo caso avviene un mutamento funzionale.
La memoria a breve termine è molto limitata e negli esseri umani può contenere
meno di dodici elementi che in assenza di ripetitività vengono trattenuti solo per
pochi minuti.
Per la memoria a lungo termine è necessaria la sintesi di nuove proteine poiché si
formano connessioni aggiuntive tra cellule nervose.
Le informazioni sono trasferite dalla memoria a breve a quella a lungo termine. In
ciò svolge un ruolo importante l’ippocampo.
Però se un avvenimento o un’informazione ha una particolare forza emotiva la
memorizzazione dell’evento viene trasferita direttamente nella memoria a lungo
termine grazie all’azione dell’amigdala.
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Prima di addentrarci nei meandri cerebrali, vorrei tracciare a grandi linee, senza
scendere nei particolari, la geografia del nostro cervello, come si dispiegano i fogli di
un atlante geografico facendovi innamorare della bellezza stupefacente di questo
organo. Per semplicità il nostro cervello può essere suddiviso in quattro grandi aree
chiamate lobi, ognuno dei quali assolve a determinate funzioni. Questo
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schematismo appiattisce la capacità operativa del nostro cervello poiché esistono
miriadi di connessioni tra i lobi che sono in continuo dialogo tra loro. Il cervello può
essere considerato un’azienda, dove le comunicazioni da un “reparto” all’altro
avvengono con grande puntualità e tempestività per lo svolgimento di attività
ancora tutte da scoprire, da interpretare e soprattutto da studiare.
I lobi cerebrali
Lobo frontale. Presenta l’area corticale motoria e la corteccia premotoria. Qui, sono
elaborati i pensieri e le idee. Sono localizzati i processi di apprendimento e di
memoria, mentre nella parte sinistra (area di Broca) si forma il linguaggio e le
parole. Nella parte anteriore del lobo frontale (corteccia prefrontale) si svolgono
funzioni cognitive superiori.
Lobo parietale. Localizzato nella parte superiore del cervello, contiene l’area
somestesica primaria cui afferiscono gli stimoli tattili, dolorifici, pressori e termici. La
parte sinistra è dominante e controlla la comprensione del linguaggio parlato e
scritto e la memoria delle parole. Il lobo parietale destro controlla la ricostruzione di
un’immagine visiva e la capacità di orientarla nello spazio e la percezione della
traiettoria di un oggetto.
Lobo temporale. Situato nella parte inferiore degli emisferi cerebrali, è sede
dell’area acustica. Elabora l’affettività, la vita di relazione, le reazioni e i
comportamenti istintivi, il riconoscimento visivo, la percezione uditiva e la memoria.
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Il lobo temporale sinistro comprende il linguaggio parlato selezionando le parole
(area di Wernicke). Il lobo temporale destro permette invece di comprendere
l’intonazione del discorso e la sequenza dei suoni. Cuore dei lobi temporali è il
sistema limbico.
Lobo occipitale. Situato nella parte posteriore del cervello, la sua attività principale è
quella di elaborare la visione. Vi risiedono moltissimi neuroni specializzati nel
riconoscimento e nell’elaborazione dei particolari di un’immagine. Nei lobi occipitali
sono integrate tutte le informazioni visive, comprese quelle che influenzano e
integrano la postura e l’equilibrio.
Organizzazione funzionale della corteccia
La corteccia cerebrale costituisce il più alto livello d’integrazione e pianificazione del
sistema motorio, della coscienza, del pensiero, della memoria e dell’intelligenza.
Dalla corteccia provengono tutte le afferenze sensitive, dal talamo, che vengono
percepite a livello cosciente e interpretate in base a precedenti esperienze. La parte
posteriore del cervello riceve le informazioni sensitive dal mondo esterno tramite le
aree sensitive primarie (somestesiche) del lobo parietale, occipitale (aree visive),
temporale (aree acustiche). Tali informazioni, secondo una modalità percettiva
specifica, vengono poi elaborate nelle zone corticali adiacenti così da permettere
l’identificazione degli oggetti tramite i sensi (tatto, vista e udito). Le aree corticali
poste alla confluenza dei tre lobi cerebrali, dette aree associative, presiedono al
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riconoscimento multimodale e spaziale dell’ambiente circostante. La fascia mediale
degli emisferi cerebrali chiamata sistema limbico consente l’immagazzinamento e il
recupero delle informazioni elaborate a livello della parte posteriore degli emisferi.
La parte anteriore del cervello (lobi frontali) è deputata all’organizzazione del
movimento e alla pianificazione del comportamento motorio complesso nel tempo.
Le aree associative della corteccia frontale, parietale e temporale dell’emisfero
sinistro, che è ritenuto dominante nel controllo del linguaggio, sono responsabili
della comprensione e dell’espressione linguistica.
Sistema limbico. Il suo nome trae origine dalla peculiare posizione anatomica di
confine tra il margine mediale degli emisferi e il diencefalo (dal latino limbus, fascia).
Le vie afferenti ad esso partono invece dalle aree corticali associative parietooccipitali, funzione percettivo-spaziale, e presiedono al controllo dei movimenti
finalizzati, dei comportamenti istintivi più primitivi e all’omeostasi; inoltre sono
controllate numerose funzioni psichiche come emotività, comportamento, memoria
a lungo termine e olfatto. A sua volta il sistema limbico, tramite le sue proiezioni al
nucleo accumbens, nei gangli della base, è in grado di influenzare le risposte motorie
adeguandole alle informazioni che esso riceve. Nel sistema limbico, l’amigdala e
l’ippocampo sono le strutture più rilevanti. L’amigdala è implicata nella segnalazione
alla corteccia di stimoli motivazionali associati a reazioni di paura ed emotive. Riceve
fibre dalla corteccia entorinale e proietta, tramite il fornice ai corpi mammillari, che
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rappresentano la terminazione del fornice stesso. Tale struttura cerebrale è
implicata nella formazione delle tracce di memoria a lungo termine e
nell’orientamento spaziale tramite mappe cognitive. Inoltre appartengono al
sistema limbico: il talamo, stazione di recezione e ritrasmissione della corteccia
cerebrale; l’ipotalamo, che presiede sia al controllo sul sistema nervoso autonomo e
sulle vie neuroendocrine che alle reazioni emozionali e di paura e ai ritmi circadiani;
il bulbo olfattivo, deputato alla recezione degli stimoli di natura olfattiva; il fornice,
implicato nella formazione della memoria a lungo termine.
La memoria ed il lobo temporale
L’importanza che il lobo temporale riveste per la memoria è stata dimostrata nel
1953 quando ad un soggetto che soffriva di epilessia questa area è stata asportata
bilateralmente e gli attacchi epilettici che colpivano il lobo temporale sono spariti
dopo l’intervento. Il paziente però ha perso completamente la memoria poiché gli
era impossibile imparare o ricordare qualcosa di nuovo sebbene la sua memoria
breve fosse intatta. Quindi l’intervento aveva compromesso il passaggio dalla
memoria breve a quella a lungo termine.
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La corteccia prefrontale
Svolge parecchie funzioni e coordina parecchie aree cerebrali che costituiscono la
memoria di breve termine, dove cose “quotidiane” come un numero di telefono
nuovo può essere tenuto a mente per un po’. Questa zona è anche importante
nell’elaborazione del linguaggio e nei bambini affetti da dislessia è proprio la
memoria a breve termine a rimanere indietro durante lo sviluppo.
La corteccia prefrontale lavora di concerto con l’ippocampo e aree limitrofe come la
corteccia entorinale dove ha inizio il percorso seguito dalle informazioni nel cervello
per raggiungere la memoria a lungo termine. Sotto il controllo della corteccia
prefrontale le informazioni vengono conservate per breve tempo nell’ippocampo.
Da qui in parte tornano alla corteccia temporale per essere conservate a lungo
termine, in parte seguono un percorso più lungo, ad arco attraverso il fornice, per
raggiungere l’ipotalamo dal quale si dipartono fibre dirette ai corpi mammillari.
Nella demenza di Korsakoff, provocata dall’abuso di alcol e carenza di vitamina B1,
sono stati osservati versamenti di sangue e cicatrici nei corpi mammillari. Questi
pazienti presentano disturbi della memoria simili a quelli di chi ha riportato lesioni al
lobo temporale.
Ippocampo
Si trova nel lobo temporale ed è specializzato nell’integrare le informazioni
provenienti dai vari sensi. Il ricordo di un luogo associato ai colori e agli odori viene
riunificato dall’ippocampo in un quadro coerente di memoria in stretta
collaborazione con la corteccia cerebrale del lobo temporale e con la corteccia
entorinale. Inoltre l’ippocampo non è fondamentale solo per la memoria ma è anche
necessario per l’orientamento nello spazio e per formulare una previsione coerente
del futuro. Non tutte le informazioni recenti vengono conservate nella memoria a
lungo termine ma solo quelle selezionate in funzione della carica emotiva a cui si
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accompagnano. L’amigdala imprime il suo marchio sui ricordi sotto l’azione del
cortisolo, l’ormone dello stress.
Archiviazione separata dei dati
Le diverse connotazioni di un avvenimento sono immagazzinate come memoria in
luoghi differenti e quando si procede al richiamo dell’evento le diverse componenti
devono essere ricomposte. Già dall’esordio di un deficit cognitivo i soggetti non
riescono più a recuperare dettagli come pure altri dopo aver riportato lesione della
regione posteriore destra non sono in grado di riconoscere il volto di un loro parente
pur vedendo bene. Questo quadro clinico prende il nome di prosopagnosia o cecità
dei volti. Un problema diverso si trova nella sindrome di Capgras dove il soggetto
riconosce il volto di un familiare ma non riesce ad abbinare il calore umano delle
persone che gli sono emotivamente più vicine pensando siano dei sosia.
Le informazioni meglio custodite si trovano nella memoria remota dove si conserva
la conoscenza linguistica e musicale. Essa è l’ultima ad essere intaccata nella
malattia di Alzheimer.
I pazienti di Alzheimer possono conservare abilità musicali molto più a lungo delle
altre come pure pittori conservano le loro capacità artistiche grazie ad un
sottosistema che si trova nella parte posteriore del cervello, la corteccia visiva.
La memoria implicita nel cervelletto
Il cervelletto sebbene non sia grande, possiede l’80% delle cellule nervose e
permette che il linguaggio e i movimenti procedano fluidamente ed in modo
armonioso. Il cervelletto racchiude la memoria dei movimenti appresi a cominciare
dal gattonare, camminare, stare in piedi, andare in bici, nuotare. Quando s’impara a
guidare, all’inizio soppesiamo ogni singolo movimento attingendo alla memoria
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definita esplicita o dichiarativa cioè quella memoria che si occupa dei fatti e degli
avvenimenti. Questa memoria è molto farraginosa e lenta per la guida per cui con
l’esercizio i gesti diventano automatici e passano alla memoria implicita o non
dichiarativa o memoria procedurale che si trova nel cervelletto. In tal modo diventa
persino difficile spiegare coscientemente scomponendo in singoli gesti le azioni che
si fanno disinvoltamente senza pensarci.
Varie forme di demenza
Esistono varie forme di demenze che si possono distinguere con certezza
dall’Alzheimer esaminando post mortem i tessuti cerebrali.
La demenza da ictus multipli è dovuta alla contestuale presenza di ictus ed
emorragie cerebrali. La demenza che si manifesta nel morbo di Parkinson quando si
estende alla corteccia cerebrale viene chiamata malattia a corpi di Lewy.
Vi sono anche forme di demenza legate alla corteccia prefrontale che in precedenza
venivano tutte identificate con la malattia di Pick. Attualmente si distinguono le
forme di demenza frontotemporale legate ad una mutazione tau nel cromosoma
17.
Le forme di demenza della corteccia prefrontale in genere non cominciano con
disturbi della memoria ma del comportamento. Nella demenza frontotemporale si
verifica un forte raggrinzimento della parte anteriore del cervello mentre il resto del
cervello resta intatto.
Cause “storiche” dell’Alzheimer
Negli anni passati si è prestata molta attenzione alle forme ereditarie che sono
molto rare e mediamente l’Alzheimer si manifesta a 35 anni con un decorso di
massimo dieci anni. In tali famiglie le mutazioni sono state studiate nei geni della
proteina precursore APP e della presenilina 1 e 2. Tuttavia queste mutazioni
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riguardano solo l’1% di tutti i malati di Alzheimer. Storicamente sono ritenuti fattori
di rischio l’età e l’APOE-4 che colpisce il 94% dei soggetti sopra i 65 anni. Il gene
APOE-4 è responsabile del 17% dei casi Alzheimer. Al contrario delle tre mutazioni
a carico della APP, della presenilina 1 e 2, non è assolutamente certo che una
persona con corredo APOE-4 sviluppi poi l’Alzheimer.
La scala Reisberg
E’ usata per la stadiazione della patologia e consta di sette livelli a gravità crescente:
STADIO 1 - Nessun declino delle funzioni cognitive
Difetto di memoria non riferito dal paziente, né riscontrato nell’indagine dal medico.
STADIO 2 - Declino molto lieve delle funzioni cognitive
Il paziente riferisce difetti della memoria e non ricorda dove vengono messi oggetti
familiari e nomi in precedenza ben noti; tuttavia non vi sono lacune sul lavoro o
nelle situazioni sociali.
STADIO 3 - Declino lieve delle funzioni cognitive
Si evidenziano prime lacune ben definite come il disorientamento, ricordare poco di
ciò che si legge e dove sono riposti gli oggetti.
STADIO 4 - Declino moderato delle funzioni cognitive
Disturbi della memoria per fatti della propria storia personale; si verificano difficoltà
nella gestione del denaro, di orientamento nel tempo e nello spazio, di
riconoscimento di persone e volti familiari, di capacità di viaggiare in luoghi familiari.
STADIO 5 - Declino moderatamente severo delle funzioni cognitive
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Il paziente comincia ad avere bisogno di assistenza, non riesce a ricordare elementi
rilevanti della propria vita attuale come il proprio indirizzo o numero telefonico o
nomi di parenti stretti. Spesso manifesta disorientamento nel tempo e nello spazio.
STADIO 6 - Declino severo delle funzioni cognitive
Occasionalmente il paziente può non ricordare il nome del coniuge, conserva solo
qualche cognizione del proprio ambiente, dell’anno, della stagione. Cambiamenti
emotivi e della personalità, con comportamenti maniacali, ossessivi o ripetitivi,
violenti, sintomi di ansia e agitazione.
STADIO 7 - Declino molto severo delle funzioni cognitive
Perdita di tutte le capacità verbali e il paziente si esprime solo con brontolii. Si
possono manifestare incontinenza urinaria e perdita delle fondamentali capacità
psicomotorie come camminare e mangiare.
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Capitolo 2
Alla ricerca dei fattori di rischio Alzheimer
Per non perdermi in traiettorie scoscese e sconosciute ho scelto di seguire alcune
vie. Gli antichi Romani chiamarono via Salaria quella strada consolare che
congiungeva Roma con Porto d’Ascoli sulle rive dell’Adriatico. Fu così chiamata
perché destinata al trasporto del sale dal guado del Tevere alla Sabinia.
Analogamente proverò a condurvi attraverso alcune vie che chiamerò: le vie del
rame. Sono quelle per cui il rame (per l’esattezza ione rameico, Cu++) transita dalla
periferia al cervello raggiungendo in via preferenziale l’ippocampo che svolge una
funzione importante nella memoria a lungo termine e nella “navigazione spaziale”.
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Le tre vie del rame che portano all’Alzheimer
1) Via Long Term Potentiation
2) Via Amyloid Precursor Protein
(Recettori AMPA, NMDA, 5-HT7)
(-secretasi, -secretasi)
3) Via APOE
(APOE2, APOE3, APOE4)
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Lo scorso anno è stato assegnato il Premio Nobel per la medicina al ricercatore John
O’keefe che negli anni ’70 aveva osservato che topi liberi di muoversi, con variazioni
direzionali, attivavano nuclei ippocampali definiti cellule di posizione. Circa
trent’anni più tardi May-Britt Moser ed Edwar Moser evidenziarono a livello della
corteccia entorinale, posizionata ai piedi dell’ippocampo, che il movimento di topi
attivava anche cellule grigie disegnando una griglia esagonale. L’integrazione dei due
studi ha portato pertanto a definire nei topi il sistema GPS in grado di dettare le
coordinate spazio-temporali. Sono le stesse parti anatomiche che l’imaging in vivo
nell’uomo, ha mostrato essere compromesse nei pazienti di Alzheimer i quali privi
del GPS vagano con coordinate nello spazio e nel tempo alterate essendo
l’integratore di sistema (memoria) gravemente compromesso.
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La malattia di Alzheimer è stata descritta per la prima volta nel 1906 dal
neuropatologo Alois Alzheimer (1863-1915) ma solo nel 1910 la malattia ebbe un
nome, o uno status allorquando Emil Kraepelin, psichiatra tedesco ripubblicò il suo
trattato “Psichiatria” nel quale si parlava di una nuova forma di demenza scoperta
da Alzheimer.
Il rame gli alimenti e l’acqua
L’omeostasi del rame è determinata dall’equilibrio tra il rame assorbito dagli
alimenti e dall’acqua che introduciamo e l’escrezione attraverso le feci e la bile.
L’OMS definisce gli intervalli di ione rameico in condizioni fisiologiche e patologiche:
0.9-1.3 mg/die: intervallo consigliato;
2.0-3.0 mg/die: intervallo utile a sopperire o a prevenire eventuali deficienze;
> 5.0 mg/die: intervallo tossico.
In soggetti normali la presenza di alte quantità di rame nell’alimentazione influenza
poco l’assorbimento poiché normalmente sono assorbiti circa 0.5 mg/die; questo
accade in quanto entrano in azione le metallotioneine che sono presenti a livello
della mucosa intestinale. Le metallotioneine sono proteine coinvolte nella
regolazione dei metalli essenziali e la loro espressione è modulata dalla
concentrazione di ioni zinco (figura 1). Le metallotioneine costituiscono una trappola
per il rame e in seguito allo sfaldamento dell’epitelio, queste proteine sono
eliminate con le feci portandosi dietro il rame chelato. La frazione di ione rameico
che raggiunge il torrente circolatorio è principalmente legata a piccoli peptidi,
albumina e micronutrienti.
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Fig.1. Ruolo delle metallotioneine nell’assorbimento del rame.
Tramite il flusso portale il rame (figura 2) raggiunge il fegato, dove viene assorbito
mantenendo una concentrazione plasmatica pari a 1.0 mg/mL. A livello degli
epatociti lo ione rameico è ridotto a ione rameoso e veicolato mediante il suo
trasportatore CTR-1 (Copper Transporter-1) e da chaperoni nei mitocondri per la
respirazione ossidativa (COX17), alla SuperOssido Dismutasi (SOD) per le proprietà
redox di difesa (CSD) e alla ceruloplasmina che, legando rame, modula sia il suo
rilascio nei tessuti che l’equilibrio Fe++/Fe+++. ATOX-1 trasporta il rame fino al TNG
(Trans Network Golgi) dove la proteina ATP-asica, ATP-7B, lega il rame alla apoceruloplasmina trasformandola nella forma holo-ceruloplasmina. L’ATP-7B, inoltre
provvede allo smaltimento del rame in eccesso mediante il dotto biliare. Tramite
questa via è eliminato circa il 50% del rame giornaliero assorbito mentre
relativamente bassa è la quantità eliminata per via urinaria (circa 0.1 mg/die).
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Fig. 2. Le vie di assorbimento ed escrezione del rame.
Morbo di Wilson
Il morbo di Wilson è legato a difetti di escrezione del rame dovuto a mutazioni del
gene ATP-7B che causano abnorme rilascio dello ione dal TNG, una diminuita
capacità di fissare lo ione alla apoceruloplasmina e una ridotta escrezione biliare.
Questo porta a un eccesso di rame nel sangue, definito rame libero, o rame non
ceruloplasminico, che fisiologicamente ha un valore di 1.6 microM ma che nel
Wilson diviene circa 20-30 volte più alto.
Morbo di Menkes
Il morbo di Menkes è legato ad alterazioni del gene codificante la pompa ATP-asica
ATP-7A. Questo trasportatore è presente nell’intestino, in quanto modula il
passaggio nel torrente circolatorio, e a livello delle cellule epiteliali del plesso
coroideo dove la localizzazione a livello apicale lascia supporre che ATP-7A sia in
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grado di modulare il passaggio di rame nel fluido cerebrospinale. L’aumento di rame
libero nel sangue causa di conseguenza un alterato livello dello ione nel cervello che
innesca la cascata amiloidogenica come descritto nei successivi paragrafi.
1) Il rame e la memoria molecolare: Long Term Potentiation (LTP)
Circa il 90-95% del rame circolante è legato alla ceruloplasmina mentre la restante
parte circola legata all’albumina, piccoli peptidi e amminoacidi. Questo rame non
ceruloplasminico raggiunge il cervello, essendo in grado di superare la barriera
ematoencefalica. E’ ipotizzabile che nell’Alzheimer la proteina ATP-7B a livello
epatico sia sufficientemente compromessa da causare un aumento del rame non
ceruloplasminico in circolo e di conseguenza mutare i delicati equilibri relativi alla
memoria e all’apprendimento finemente regolati dal rame.
Long Term Potentiation (LTP)
Il glutammato è il neurotrasmettitore che a livello dell’ippocampo imprime la
memoria e regola l’apprendimento essendo le sinapsi glutammatergiche
responsabili della plasticità neuronale. A livello dell’ippocampo sono due i recettori
della membrana post-sinaptica sui quali il glutammato agisce: il recettore AMPA e il
recettore NMDA.
I recettori AMPA sono molto sensibili al glutammato per cui l’interazione crea una
rapida apertura ed una altrettanto rapida disattivazione della corrente ionica
mentre i recettori NMDA invece sono quelli che determinano la plasticità sinaptica.
In presenza di un debole stimolo, i recettori NMDA restano inattivi in quanto
l’apertura di questi canali viene rapidamente compromessa dalla presenza dello
ione Mg++ presente nel canale recettoriale. Solo una forte depolarizzazione della
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fibra post-sinaptica porta all’espulsione dello ione Mg++, all’influsso di K+ e Na+ e
all’ingresso di ioni Ca++. E’ questo il primo mattone della memoria.
Ma cosa determina un’elevata depolarizzazione tale da coinvolgere il recettore
NMDA e quindi avviare il deposito di mattoncini della memoria? Long Term
Potentiation è la risposta. Ci sono due ipotesi relative a questo meccanismo:
coinvolgimento della neurotrasmissione serotoninergica del recettore 5-HT7
presente sulla fibra post giunzionale; coinvolgimento dei recettori AMPA che
diventano numericamente più consistenti e/o più efficienti in relazione
all’interazione con il glutammato. Nella seconda ipotesi il direttore d’orchestra è il
rame.
Il rame modula la proteina PSD95 (Post Synaptic Density protein 95) che permette
sia un efficiente ancoraggio del recettore AMPA alla membrana post-sinaptica che la
clusterizzazione di questi recettori. In altri termini i recettori AMPA si consorziano
per cui la risposta complessiva al glutammato risulta molto spinta tanto da poter
coinvolgere pienamente i recettori NMDA (figura 3).
Fig. 3. Attivazione dei recettori NMDA e clusterizzazione dei recettori AMPA.
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In eccesso di rame si possono verificare varie situazioni (figura 3):
- Modulazione dell’ubiquitina con particolare intensità a livello E2;
- Ubiquinitizzazione della PSD95 e conseguente saturazione del
proteasoma e rallentamento della degradazione della PSD95;
- Inibizione diretta del proteasoma con clusterizzazione persistente dei
recettori AMPA.
Modulazione del recettore NMDA
A livello post giunzionale il rame è in grado di modulare il recettore NMDA.
L’ingresso di Ca++ stimola il trafficking della proteina ATP-7A dal TNG alla membrana
postsinaptica. A questo livello la proteina libera rame che stimola la S-nitrosilazione
di un residuo cisteinico del recettore NMDA e quindi la sua inattivazione. In questo
modo il rame stimola la LTP ed è in grado di dettarne i tempi disattivando
opportunamente il recettore NMDA (figura 4).
Fig. 4. Controllo del rame sul recettore NMDA.
26
2) Il rame e la APP (Amyloid Precursor Protein)
La APP è una proteina transmembrana espressa in molte cellule tra cui i neuroni. Il
gene codificante per questa proteina è sul cromosoma 21 e tra le mutazioni più note
vi è la “London Mutation” che causa un aumento del rapporto A42/A40.
Sono state ipotizzate varie funzioni per la APP: nel cervello adulto sembra svolgere
un ruolo importante nella diramazione degli assoni. Inoltre in danni traumatici
cerebrali, è iperespressa facendo ipotizzare un ruolo nel recupero da danni
funzionali. Un’altra ipotesi riguarda il legame con il rame che attiva
l’omodimerizzazione della proteina influenzando direttamente la quantità di A
prodotta. La APP come mostrato in figura 5 è costituita da due grandi regioni
extracellulari:
E1 che contiene il Copper Binding Domain (CuBD) e il Growth Factor-Like domain
(GFLD);
E2 che è essenzialmente formata dal Central APP Domain (CAPPD). Solo la APP
periferica contiene il Kunitz Protease Inhibitor domain (KPI).
Fig. 5. Omodimerizzazione della APP e sito di legame per il rame.
27
Inoltre è possibile delineare il dominio Trans Membrana e la regione intracellulare
costituita da APP Intracellualr C-terminal Domain (AICD) il quale sembra svolgere un
ruolo importante nella regolazione della trascrizione genica.
La via amiloidogenica e non-amiloidogenica
La sorte metabolica della APP può seguire due vie definite amiloidogenica e non
amiloidogenica che coinvolgono zone differenti della proteina in base ai livelli di
rame e colesterolo.
La via non amiloidogenica
La APP è presente a livello della membrana plasmatica in una zona povera di
colesterolo. In condizioni fisiologiche la -secretasi taglia la APP formando sAPP ed
il residuo transmembrana C83. La -secretasi fa parte della famiglia delle proteine
ADAM-10 (A Disintegrin And Metalloproteinase domain-containing protein 10). A
seguito dell’attività enzimatica del complesso -secretasi si forma il residuo P3 non
tossico. La -secretasi in realtà è costituita da complessi enzimatici come mostrato in
figura 6.
28
Fig. 6. Via amiloidogenica e non amiloidogenica della APP.
La -secretasi è modulata, positivamente, da una proteina nota come SIRT-1 a
seguito dell’interazione con resveratrolo e, negativamente, in presenza di elevata
concentrazione di Corpi Glicati Generali (AGE).
La via amiloidogenica
In presenza di elevate concentrazioni di rame e di colesterolo si verifica il trafficking
della proteina ATP-7A e della APP dal TNG a livello della membrana plasmatica in
una zona ricca di colesterolo. In queste condizioni si verifica una interazione
specifica della fotillina-2 con APP favorendo la translocazione verso la membrana
endosomiale nella parte più ricca di colesterolo. A questo livello interviene la secretasi (BACE) che libera il frammento sAPP formando il residuo transmembrana
C99 che è metabolizzato dalla -secretasi A40/42. La proteina A solubile avrebbe la
possibilità di inibire la biosintesi di colesterolo a livello dell’idrossimetil-CoA
29
reduttasi ma la presenza di rame porta alla formazione di agglomerati sempre più
tossici (figura 7).
Fig. 7. Formazione della Ain presenza di rame e colesterolo.
3) Il rame e la APOE
La Apoliproteina-E è predominante nel cervello dove viene sintetizzata a livello degli
astrociti e secreta principalmente come HDL. Il ruolo principale della APOE è quello
di ligando per LDL che modula il rilascio di colesterolo a livello neuronale. Questa
funzione è molto importante per la crescita assonale, la formazione e la plasticità
sinaptica che sono eventi importanti per l’apprendimento, la formazione della
memoria e la riparazione del danno neuronale. La APOE è presente nelle tre
isoforme APOE2, APOE3 e APOE4 e tra queste esistono differenze piccole ma
determinanti racchiuse in due amminoacidi:
APOE2 = Cys112, Cys158; APOE3 = Cys112, Arg158; APOE4 = Arg112, Arg158.
Recenti studi hanno dimostrato che APOE è coinvolta nella clerance di Aeperde la
sua capacità di trasporto a seguito di un taglio in una zona cerniera che fa perdere
alla APOE il residuo N-terminale importante per il riconoscimento recettoriale. E’
30
stato dimostrato che APOE4 è molto più sensibile alla perdita del residuo Nterminale rispetto alla APOE3 e APOE2. La APOE4 estrude la A mediante
l’interazione con i Very Low Density Lipoprotein Receptors (VLDLR) laddove APOE3 e
APOE2 estrudono la A molto velocemente sia mediante VLDLR che attraverso LRP1.
La scarsa stabilità dovuta alla perdita del residuo N-terminale della APOE4 è dovuta
alla ridotta interazione con lo zinco che è chelato più fortemente da APOE2 avendo
questa due residui cisteinici. In figura 8 si può vedere come la APOE4 prodotta dagli
astrociti viene “lipidizzata” da un sistema ATP-asico ABC-A1. In tale forma essa è in
grado di legare la A ma la perdita del residuo N-terminale impedisce il
riconoscimento dei recettori VLDLR. Questo porta alla formazione di oligomeri e di
placche amiloidee. Il tutto è in linea con il fatto che le placche amiloidee esaminate
post-mortem hanno un elevato contenuto in rame e colesterolo. Ulteriori vie di
efflusso della A solubile sono mediate da LRP e Glicoproteina-P.
Fig. 8. Rame e APOE lipidizzato.
31
Alzheimer: diabete di terzo tipo
Evidenze precliniche e l’avvio di trials clinici con ipoglicemizzanti orali per il
rallentamento del declino cognitivo mostrano che l’Alzheimer può essere definito
diabete di tipo .
Modello Preclinico
Un interessante studio americano ha evidenziato come la somministrazione cronica
di una soluzione acquosa di solfato di rame nel ratto induce amiloidogenesi
monitorata mediante microPET usando il radiotracciante [11C]PIB, un marcatore
selettivo delle placche -amiloidee. Questo primo aspetto è un’ulteriore conferma
del ruolo patogenetico del rame nell’insorgenza dell’Alzheimer. I ratti alzheimeriani
sono stati trattati con insulina spray nasale monitorando nel tempo la regressione
dell’impianto amiloideo nel parenchima cerebrale. Effettivamente, sia nei ratti
trattati che pretrattati con insulina si è verificata una regressione e una riduzione
dell’amiloidogenesi, rispettivamente. Molti lavori scientifici di neurologia ed
endocrinologia hanno confermato che gli ipoglicemizzanti possono rappresentare
una nuova frontiera terapeutica nell’Alzheimer. Il meccanismo d’azione ipotizzato
riguarda la presenza di prodotti glicati (AGE, Advanced Glycation End-products) che
si formano in situazione di insulino-resistenza i quali agiscono a livello di una
proteina deacetilante (SIRT-1) che è sensibile al resveratrolo ed ai corpi glicati. La
proteina SIRT-1 agisce sul complesso ADAM-10 facente parte della -secretasi
stimolando la via non amiloidogenica. Studi con ipoglicemizzanti quali la metformina
sono in corso con interessanti risultati sperimentali.
32
Capitolo 3
Diagnosi in vitro dell’Alzheimer
La diagnostica dell’Alzheimer può essere distinta in due grandi strategie: dosaggio in
vitro dei marcatori liquorali e del rame libero ematico e l’imaging in vivo mediante
Risonanza Magnetica e PET per la visualizzazione del -amiloide e proteine tau nel
parenchima cerebrale. Di seguito sarà illustrata la situazione relativa alla diagnostica
in vitro consolidata (A42 e proteina tau) ed innovativa (rame libero).
La rachicentesi
I marcatori dell’Alzheimer universalmente riconosciuti sono la A42 e la proteina tau
e per dosare questi marcatori è necessario prelevare mediante rachicentesi (puntura
lombare) il liquido cefalorachidiano.
-amiloide42 nel liquor
Gli anziani sani hanno un livello di A42 alto ma basso di proteina tau e già nelle fasi
iniziali del declino cognitivo si ha un rapporto invertito. Il razionale di questa
diminuzione di A42 sta nell’accumulo delle placche nel parenchima cerebrale anche
se questa sembra non essere l’unica ragione. Inoltre bassi livelli di A42 si
33
riscontrano in altre patologie del SNC per cui questo dato da solo non basta a
diagnosticare l’Alzheimer.
Tau totale nel liquor
Altra caratteristica istologica dell’Alzheimer è la presenza di fasci di fibrille nei
neuroni che sono composte da microtubuli stabilizzati da proteine tau.
Concentrazioni liquorali elevate di queste proteine sono indicative di danno
neuronale. Un aumento di questi valori è sicuramente riconducibile all’Alzheimer ma
anche ad altre patologie legate a danno neuronale su base infiammatoria,
degenerativa, traumatica o tumorale. I livelli più alti si ottengono nella CreutzfeldtJakob. L’iperfosforilazione delle proteine tau permette una più specifica diagnosi
della patologia di Alzheimer. In tabella un quadro riassuntivo di questi marcatori e
delle patologie neurodegenerative correlate.
Tau totale
Fosfo-tau
A42
n
n
n
↑ fino a ↑↑
↑ fino a ↑↑
↓ fino a ↓↓
Depressione
n
n
n
Demenza alcolica
n
n
n
Parkinson senza demenza
n
n
n
Parkinson con demenza
↑
↑
↓
Demenza frontotemporale
n, ↓ o anche ↑
n fino a ↑
n fino a ↓
Demenza con corpi di Lewy
n fino a ↑
n fino a ↑
n fino a ↓
Demenza vascolare
n fino a ↑
n
n fino a ↓
↑ fino a ↑↑
n
n
Soggetto sano
Alzheimer
Infarto cerebrale acuto
34
Malattie di Creutzfeldt-Jakob
↑↑↑
n fino a ↑
n fino a ↓↓
Testo riportato in © Unilabs
Dosaggio del rame non ceruloplasminico C4D
Lo sviluppo del Test denominato C4D è scaturito dalla ricerca di un nuovo metodo
per la determinazione della concentrazione dello ione rameico libero nel siero, cioè
la quantità di rame non legata alla ceruloplasmina. Tale metodo diagnostico,
regolarmente iscritto nel repertorio nazionale dei dispositivi medico diagnostici in
vitro con numero 1211662, ha un alto grado di sensibilità e precisione per la
determinazione del rame in campioni di siero di soggetti a rischio e pazienti
Alzheimer in fase precoce. Per eseguire il test C4D è sufficiente sottoporsi a prelievo
ematico a digiuno presso i laboratori di analisi, strutture ospedaliere e Unità
Valutative Alzheimer (UVA) affiliate. Il C4D fornisce un valore quantitativo della
concentrazione del rame libero in circolo. Se questo valore rientra negli intervalli di
riferimento (0.1-1.9 microM) il test risulta negativo; ciò indica che il soggetto non è
affetto da disturbo metabolico del rame ma deve comunque rivolgersi ad uno
specialista per un lettura approfondita del risultato. Se il valore è al di fuori
dell’intervallo di normalità, il C4D è positivo ed il soggetto dovrà rivolgersi allo
specialista per avvalersi degli interventi mirati a ripristinare il normale metabolismo.
Per valori lievemente alti rispetto al cut-off potrebbe essere sufficiente una
correzione alimentare mirante a ridurre l’apporto di rame e a potenziare quello di
35
zinco. Per valori alti si dovrà ricorrere alla consulenza dello specialista. Il test
funziona in modo semplice ed utilizza come strumento di misura dello ione rameico
una sonda fluorescente a spegnimento (figura 9)
Fig. 9. Dosaggio del rame serico mediante sonda fluorescente.
Tale sonda è costituita da due frammenti: una parte responsabile della chelazione
del rame libero nei campioni di analisi mentre l’altra è capace di emettere un
segnale di fluorescenza quantificabile. Quando il rame libero è catturato, la sonda si
modifica nel suo frammento fluorescente inducendo una riduzione del segnale. Tale
riduzione del segnale è proporzionale alla quantità di rame libero presente nel
campione.
36
Capitolo 4
Fattori di rischio Alzheimer nella popolazione pugliese: Living Labs 2014-2015
La valutazione è stata eseguita tramite un idoneo set di strumenti di rivelazione
delle caratteristiche socio-demografiche, assistenziali e cliniche del collettivo di
riferimento:
- Questionario raccolta anamnestica;
- M.I.N.I (International Neuropsychiatric Interview M.I.N.I. Plus vers 5.0.0
di Sheehan et al., 1998) per la valutazione clinica psicopatologica;
- Short Form 36 (Short Form 36 Health Survey Questionnaire di Ware,
Sherbourne, 1992) per la valutazione della qualità della vita;
- Dosaggio del rame serico C4D.
La popolazione di riferimento prescelta è composta dai pazienti in carico ai Medici di
Medicina Generale (MMG) delle provincie pugliesi nel periodo maggio 2014-maggio
2015.
E’ stato coinvolto un campione rappresentativo di MMG che ha arruolato soggetti
con uno o più fattori di rischio Alzheimer come familiarità, diabete, ipertensione,
ipercolesterolemia con età compresa tra i 55 e i 64 anni.
I soggetti inclusi nell’indagine sono stati sottoposti a valutazione psicodiagnostica a
cura di psicologi clinici e a prelievo ematico per il dosaggio del rame serico (C4D) dal
personale infermieristico.
37
E’ stato applicato un protocollo di studio che consente di verificare l'adeguatezza e
la fattibilità del progetto. Nello specifico sono state osservate le dimensioni
statistiche proprie del fenomeno nel campione pilota, al fine di ottimizzare la
dimensione campionaria e di indirizzare la ricerca successiva verso gli scenari più
interessanti.
Risultati
Rete bayesiana tra fattori e [Cu++], microM
La familiarità si conferma, come per la fase pilota, il primo fattore che influenza
direttamente il livello di rame.
In presenza di familiarità la probabilità di avere valori positivi aumenta del 7%
passando dal 24% al 31%.
Anche il diabete continua a ricoprire un ruolo importante: nei pazienti con diabete,
e che sono farmacologicamente trattati, si ha una riduzione a cascata della
probabilità dei valori positivi del 2% scendendo a un valore del 22%.
In presenza di diabete la probabilità di familiarità si riduce drasticamente passando
dal 51% al 33%.
38
Fig. 10. Le reti Bayesiane come relazione probabilistica tra fattori di rischio e patologia.
L’analisi fattoriale
- L’analisi fattoriale può genericamente essere pensata come la ricerca di
variabili latenti a partire da alcune variabili osservate.
- Una variabile osservata è una variabile che è stata effettivamente
misurata, mentre una variabile latente è un tipo di variabile che non è
stata misurata ma che viene ipotizzata e “analizzata” attraverso i suoi
effetti.
- Le influenze che una variabile latente ha sulle altre variabili misurabili
diventano un modo per risalire a questa variabile nascosta.
Storicamente, nell’ambito dell’analisi fattoriale, le variabili latenti
vengono chiamate “fattori”.
39
- Lo scopo dell’analisi fattoriale è la semplificazione dei dati. Il suo
principale obiettivo è riassumere l’informazione contenuta in un
rilevante numero di variabili per mezzo di un numero più limitato.
Analisi fattoriale su stato di salute con individuazione di target di pazienti con
differenti [Cu++] microM: Gruppo 1
Per mezzo della somministrazione del Questionario sullo stato di salute SF-36 a un
sub-campione di pazienti (179 casi) è stato possibile individuare 4 differenti gruppi.
Incrociando i profili con il valore del test del rame ottenuto per gli stessi soggetti
diventa interessante osservare particolari "identikit" di pazienti.
La percentuale di valori positivi al test del rame per il campione in esame è stata del
26%.
Il gruppo 1 fa registrare una percentuale di positivi del 18% (-8% rispetto al totale
del campione) ed è rappresentato da coloro che fanno una vita attiva, sono felici
della loro vita e di come si sentano sia da un punto di vista fisico che emotivo.
40
GRUPPO 1
[Cu++] microM positivi registrati: 18%; differenza rispetto alla media: -8%
Q9e e. pieno di energia?
0.80
Q9a a. vivace brillante?
0.73
Q9d d. calmo e sereno?
0.72
Q9h h. felice?
0.71
Q6
0.68
6. Nelle ultime 4 settimane, in che misura la Sua salute fisica o il Suo stato...
Q11d d. Godo di ottima salute
0.68
Q7
7. Quanto dolore fisico ha provato nelle ultime 4 settimane?
0.59
Q8
8. Nelle ultime 4 settimane, in che misura il dolore L'ha ostacolata nel lavoro...
0.58
Q1
1. In generale, direbbe che la Sua salute è:
0.52
Q11b b. La mia salute è come quella degli altri
0.42
Q2
0.42
2. Rispetto ad un anno fa, come giudicherebbe, ora, la Sua salute in generale?
Analisi fattoriale su stato di salute con individuazione di target di pazienti con
differenti [Cu++] microM: Gruppo 2.
Il gruppo 2 fa registrare una percentuale di positivi perfettamente in linea con il
campione osservato (26%). Chi appartiene a questo gruppo comincia a sentire la
propria salute venir meno ma denotando più che altro una stanchezza emotiva più
che realmente fisica. Come riportato in tabella la prima variabile che influenza
maggiormente questo gruppo è riferita al sentirsi giù di morale, con una
correlazione dello 0.84%.
41
GRUPPO 2
[Cu++] microM positivi registrati: 26%; differenza rispetto alla media: 0%
Q8c c. così giù di morale che niente avrebbe potuto tirarLa su?
0.84
Q9g g. sfinito?
0.76
Q9b b. molto agitato ?
0.76
Q9f
f. scoraggiato e triste?
0.74
Q9i
i. stanco?
0.68
Q10 10. Nelle ultime 4 settimane, per quanto tempo la Sua salute fisica o...
0.49
Q11a a. Mi pare di ammalarmi un po' più facilmente degli altri
0.43
Analisi fattoriale su stato di salute con individuazione di target di pazienti con
differenti [Cu++] microM: Gruppo 3 e 4.
I gruppi 3 e 4 sono rappresentati da coloro che riscontrano nella vita di tutti i giorni
delle difficoltà che li limitano molto anche nelle pratiche più semplici come vestirsi
da soli o fare il bagno e che sentono venir meno le loro capacità psico-fisiche.
42
GRUPPO 3
[Cu++] microM positivi registrati: 30%; differenza rispetto alla media: +4%
Q3l
l. fare il bagno o vestirsi da soli
0.81
Q3h h. Camminare per qualche centinaia di metri
0.80
Q3i
0.74
i. Camminare per circa cento metri
Q3e e. Salire un piano di scale
0.72
Q3g g. Camminare per un chilometro
0.69
Q3f
0.69
f. Piegarsi, inginocchiarsi o chinarsi
Q3d d. Salire qualche piano di scale
0.61
Q3c c. Sollevare o portare le borse della spesa
0.57
Q11c c. Mi aspetto che la mia salute andrà peggiorando
0.49
GRUPPO 4
[Cu++] microM positivi registrati: 32%; differenza rispetto alla media: +6%
Q4b b. Ha reso meno di quanto avrebbe voluto
0.74
Q4a a. Ha ridotto il tempo dedicato al lavoro o ad altre attività
0.73
Q5a a. Ha ridotto il tempo dedicato al lavoro o ad altre attività
0.72
Q4c c. Ha dovuto alcuni tipi di lavoro o di altre attività
0.72
Q5b b. Ha reso meno di quanto avrebbe voluto
0.71
Q5c c. Ha avuto un calo di concentrazione sul lavoro o in altre attività
0.65
Q4d d. Ha avuto difficoltà nell'eseguire il lavoro o altre attività
0.62
Q3a a. Attività fisicamente impegnative, come correre, sollevare oggetti pesanti...
0.51
Q3b b. Attività di moderato impegno fisico, come spostare un tavolo
0.45
43
Capitolo 5
Il Brain Fallacara Department
Il 12 Dicembre 1925, alla dipartita di Suor Fallacara, Triggiano si accorge di aver
ereditato un patrimonio culturale, sociale ed economico che lo pone al centro
dell’attenzione regionale e non solo, per la fondazione dell’Ospedale “Francesca
Fallacara”,
per
l’Istituto
“Luciano
Addante”
destinato
all’educazione
e
all’inserimento sociale di giovinette orfane ed economicamente disagiate e per
l’Oratorio utile alla formazione dei giovani.
La storia comincia dal matrimonio di due giovani rampolli, Francesca Fallacara,
originaria di Palo del Colle e Luciano Addante noto e benestante giurista triggianese.
La coppia ebbe due figli gemelli che vissero solo lo spazio di quattro anni. A questo
dolore si aggiunse quello della malattia e della morte di Luciano Addante (1882) il
quale si fece promettere dalla consorte che tutti i loro averi dovevano essere
destinati ad opere di carità (…“né per i miei né per i tuoi ma tutto per i poveri”).
Francesca Fallacara decise di piegare la sua esistenza alla volontà del consorte e
dopo aver preso i voti presso la Compagnia delle Figlie della Carità ritornò a
Triggiano e si dedicò, non senza incontrare dissidi familiari, alla edificazione
dell’Ospedale, dell’Opera Pia “Luciano Addante” e dell’Oratorio per i giovani. È
datato 1925 il testamento di suor Fallacara che ha un’ineguagliabile slancio di amore
e solidarietà per il prossimo. In particolare due passaggi relativi all’Istituto “Luciano
Addante” sono di notevole valore umano: “… in questo Istituto chi può paga la retta
44
o parte di essa; chi non può deve essere ugualmente accolto”. In un altro punto: “…
in questo Istituto sono accolte giovani con inclinazione cristiana; pur tuttavia atee e
giovinette di altro credo devono essere accolte”. Al fine di garantire continuità alla
sua opera ebbe a scrivere: “Nomino miei eredi universali l’Arcivescovo pro-tempore
di Bari, l’Arciprete pro-tempore di Triggiano ed il Sindaco pro-tempore con la
sostituzione dell’uno e dell’altro in caso di pre-morte al fine mantenere e di
continuare le istituzioni già in esercizio e di assicurarne la continuità in perpetuo”.
Il Brain Fallacara Department è il nome con cui è stata ribattezzata la struttura
dell’Opera Pia Fallacara di Triggiano. Il sogno di dare nuova vita a questo patrimonio
è stato abbracciato da Biofordrug, dall’Opera Pia Fallacara e dal Comune di
Triggiano con lo scopo di creare una realtà innovativa e d’avanguardia nell’ambito
della diagnostica in vitro e di recupero della riserva cognitiva nell’ambito di
patologie neurodegenerative, con particolare attenzione alla malattia d’Alzheimer.
Nel rispetto delle volontà testamentarie di Suor Fallacara saranno allestiti sia
laboratori di ricerca che di diagnostica in vitro ed un «Giardino Alzheimer» pensato
per il recupero della memoria mediante il ripristino delle coordinate spaziotemporali.
Nei laboratori saranno condotti studi di ricerca innovativa e saranno ospitati
ricercatori da tutto il mondo tra cui i partner del progetto europeo «Marie Curie» al
quale lo Spin-off partecipa assieme a prestigiose Università straniere come quella
45
inglese di Sheffield (che vanta nella sua storia cinque Premi Nobel), quella
portoghese di Lisbona ed importanti industrie farmaceutiche come la Eli Lilly
(Inghilterra).
La costituzione del Brain Fallacara Department prevede laboratori di analisi clinicomediche ed analisi innovative relative all’Alzheimer ed alla riabilitazione cognitiva. A
ciò si aggiunge la promozione culturale e sociale del territorio ottenendo ricadute
positive sulla salute. Nell’ambito socio-sanitario saranno svolte attività di
affiancamento e sostegno ai pazienti e ai caregivers mediante interventi terapeutici
e di diagnostica preventivi.
Di seguito è riportata lo schema del Brain Fallacara Department e del Giardino
Alzheimer.
46
Ambito sociale innovativo: Giardino Alzheimer
Nell’ambito del Giardino Alzheimer sarà svolta tutta la fase di recupero cognitivo dei
pazienti e di seguito è riportata una breve descrizione del Giardino per meglio
comprendere le attività che saranno svolte.
Sono previste due zone di attività: un’area di Stimolazione Sensoriale e una di
Stimolazione Spazio-Temporale.
La zona di Stimolazione Sensoriale prevede il segmento in cui sarà stimolato l’udito
in varie modalità: lo scorrere dell’acqua e una piazzola di sosta dove in maniera
47
personalizzata viene erogata musica adeguata a ciascun soggetto in base alla storia
personale passata e recente (Sosta 1).
Il secondo segmento di questa zona preveda la stimolazione olfattiva e visiva
mediante la presenza di piante odorose e colorate (ginestre e gelsomino) e nella
piazzola di Sosta 2 ci sarà un chiosco-bar ambientato dal punto di vista strutturale e
tecnico agli anni ’80 in cui i pazienti saranno stimolati dal punto di vista olfattivo e
gustativo. Inoltre al fine di riabilitare l’attività pratica dei pazienti saranno svolti
esercizi manuali per sollecitare la riserva cognitiva e sensoriale.
La stimolazione sensoriale si accompagna a quella visiva mediante l’esposizione dei
pazienti ad agrumeti noti alla loro storia personale.
La zona di Stimolazione Spazio-Temporale prevede il confronto con piantagioni a
diversa fioritura stagionale come calendula (ottobre-febbraio), mandorlo (marzo),
petunia (marzo-luglio), lavanda (luglio-dicembre) per il ripristino delle coordinate
temporali. Infine un’altra dimensione importante è quella del viaggio che i pazienti
compiono interiormente alla ricerca di punti di riferimento ancorati al passato.
Perché questa fase sia particolarmente proficua, sarà allocato uno scompartimento
ferroviario degli anni ’80, dove il finestrino in realtà sarà costituito da un monitor su
cui scorrerà la storia personale di ciascun paziente.
48
Giardino Alzheimer
Conclusioni
Il risultato di questo studio evidenzia come le previsioni Istat relative alla regione
Puglia in termini di soggetti a rischio Alzheimer siano in linea con i dati riportati nel
presente lavoro.
Verranno approfondite in maniera analitica le criticità relative ai fattori di rischio,
alla popolazione e alle fasce territoriali. Saranno messi in relazione i risultati ottenuti
con i fattori ambientali e le zone agro-bio che fanno largo uso di solfato di rame fino
a 6 Kg/ettaro/anno.
49
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