la comparazione come attività cognitiva

“LA COMPARAZIONE COME ATTIVITÀ
COGNITIVA”
PROF. VALERIO IORIO
Università Telematica Pegaso
La comparazione come attività cognitiva
Indice
1
IL DIRITTO COMPARATO: NOZIONE. -------------------------------------------------------------------------------- 3
L’ATTIVITÀ DI COMPARAZIONE E LA SUA METODICA ------------------------------------------------------------- 3
2
IL FUNZIONALISMO E LA “CIRCOLAZIONE DEI MODELLI” ----------------------------------------------- 10
3
IL DIRITTO COMPARATO NEL MONDO GLOBALIZZATO --------------------------------------------------- 13
4
IL “PLURALISMO GIURIDICO” ---------------------------------------------------------------------------------------- 16
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 19
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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1
La comparazione come attività cognitiva
Il diritto comparato: nozione.
L’attività di comparazione e la sua metodica
Il diritto comparato è la branca del diritto che studia gli ordinamenti giuridici (per lo più
statuali), attraverso una comparazione tra loro.
Tale analisi avviene in forma specifica e sistematica, mediante un esame approfondito
delle similarità e dei punti di contatto, nonché delle situazioni di diversità che involgono gli
ordinamenti presi in considerazione.
In senso generale, l’oggetto dell'indagine comparatistica è dato dallo studio globale, nelle
proprie caratteristiche essenziali, dei diversi sistemi giuridici esistenti.
L’approfondimento riguarda, in primis, le fondamentali famiglie del common law e del civil
law (cui rimandano la maggior parte degli ordinamenti giuridici mondiali e di cui ci si occuperà più
dettagliatamente in seguito).
Tuttavia, alla luce dell’integrazione e della “feroce” globalizzazione mondiale, i rapporti
sociali, civili, economici e commerciali (in una parola, le relazioni giuridiche) sussistenti tra gli
Stati mondiali, non possono che essere compresi analizzando dettagliatamente ulteriori ordinamenti,
come il diritto islamico, il diritto asiatico ed il diritto dei paesi ex – socialisti.
In senso specifico, invece, l’indagine comparatistica involge lo studio del diritto di due o
più singoli Stati o, nel dettaglio, la considerazione di singole materie, istituti, norme o addirittura
disposizioni di regolamentazione.
L'attività di comparazione può compiersi in due modi differenti ma tra essi complementari:
in tal senso si esplica la distinzione tra macrocomparazione e microcomparazione.
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Per macrocomparazione si intendono quali oggetti della comparazione i metodi con i quali
si analizza normalmente la materia giuridica; i procedimenti mediante i quali si effettua la
comparazione e la decisione di controversie; i metodi di lavoro dei giuristi che si occupano del
diritto. Non rientrano, invece, nella macrocomparazione i singoli problemi concreti e le loro o
soluzioni.
In questo senso, si possono considerare come esemplificazioni della comparazione il modo
di intendere il diritto; lo studio delle fonti del diritto; lo studio delle procedure per risolvere le
controversie; il ruolo di giudici o di avvocati o degli operatori del diritto che adempiono a funzioni
giudiziarie o di consulenza legale in un determinato sistema giuridico; il peso della dottrina.
Per microcomparazione si fa, invece, riferimento ai singoli istituti o problematiche
giuridiche, ovvero alle norme in base alle quali vengono risolti determinati conflitti tra interessi
giuridici.
Una agevole esemplificazione può essere offerta guardando alla metodica con cui i vari
ordinamenti giuridici regolano il passaggio della proprietà di un bene da una persona ad un'altra.
Tuttavia, i confini tra macrocomparazione e microcomparazione sono fluidi ed una forma di
comparazione non può fare a meno dell'altra.
Difatti, la natura e la ratio delle disposizioni normative esistenti in un dato sistema giuridico
nazionale possono essere intese e contestualizzate solo tenendo presenti i procedimenti nell'ambito
dei quali le medesime norme sono state perfezionate e sviluppate dal legislatore o dalla
giurisprudenza e, allo stesso tempo, la sfera nella quale esse dovranno essere applicate nella prassi.
Ancora, il diritto comparato, a sua volta, si suddivide ulteriormente in diverse branche, fra
cui il diritto pubblico comparato, il diritto privato comparato ed il diritto penale comparato,
ove rispettivamente si pongono in relazione il diritto costituzionale delle varie nazioni, nonché la
materia civilistica e penalistica nei diversi sistemi o ordinamenti giuridici.
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Un ulteriore raffronto da valutare adeguatamente è quello tra il diritto comparato ed il diritto
internazionale privato.
Il
diritto comparato è un campo di studio e di ricerca intellettuale; il diritto
internazionale privato è, invece, da considerarsi come il diritto interno di uno stato (il cosiddetto
“diritto positivo”).
Il diritto internazionale privato ha il compito di individuare quale sia il sistema giuridico, fra
quelli presi in considerazione, le cui norme verranno applicate alla fattispecie concreta, quando
questa sia caratterizzata da elementi di contatto con un ordinamento giuridico straniero.
Per sua natura, il diritto internazionale privato è caratterizzato maggiormente da elementi
selettivi piuttosto che da elementi comparativi. Il diritto comparato confronta tra di loro diversi
sistemi giuridici senza finalizzare la comparazione ad un determinato scopo. Potremmo, quindi, dire
che il diritto comparato è indispensabile per i fini del diritto internazionale privato, dato lo sviluppo
del traffico giuridico internazionale. Di tal fatta, il metodo del diritto internazionale privato è oggi
concepibile solo in termini di metodo comparativo.
Per quanto riguarda il raffronto tra diritto comparato e storia del diritto va, invece, chiarito
che il diritto comparato indirizza il suo interesse all'involucro dei sistemi giuridici esistenti nel
nostro mondo. La storia del diritto, invece, si limita ad una dimensione di carattere temporale.
Inoltre, bisogna intendere la storia comparativa del diritto alla luce di un ulteriore significato
che si può attribuire al diritto comparato: il moderno comparatista non può comprendere le
soluzioni straniere senza storia. La storia del diritto congiunge, infatti, le varie epoche “rendendo
presente il passato” e la dimensione spazio-tempo deve essere concepita su basi diverse rispetto ad
altre epoche passate.
Tenendo presente tali caratteristiche, si può anche definire la storia comparativa del diritto
come comparazione giuridica verticale e il diritto comparato come comparazione giuridica
orizzontale.
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Ancora troviamo nella nostra ricerca il raffronto tra diritto comparato e sociologia.
La sociologia del diritto si occupa della ricerca dei nessi causali tra diritto e società: il suo
scopo è quello di evidenziare le regole in base alle quali è possibile valutare se, ed a quali
condizioni, il diritto possa influenzare il comportamento umano e come il diritto possa, a sua volta,
condizionare l’umana psiche. La sociologia, inoltre, studia la metodica attraverso cui il diritto può
reagire ai cambiamenti sociali e, quindi, agli sviluppi politici, economici, psicologici e demografici
della moderna civiltà.
Le analisi di tipo sociologico sono utili perché nel diritto comparato si confrontano regole
che sono utili nei vari ordinamenti. Attraverso un metodo di analisi denominato “functional
appproach”, la norma viene esaminata nella sua funzione sociale a partire dalla realtà. Di
conseguenza la comparazione, intesa come l’esame di un problema sociale risolto in maniera
diversa dal punto di vista giuridico, si realizza attraverso l’analisi dell’ambiente circostante (tale
tendenza è diffusa soprattutto nel comparatismo nordamericano).
In Europa, non si condivide la tesi secondo la quale per iniziare un’analisi bisogna
identificare il problema sociale del quale si intende esaminare, in maniera comparativa, la soluzione
giuridica. Si parte comunque dagli ordinamenti posti a confronto con la valutazione della portata
delle soluzioni da questi proposti. Non si può in nessun caso trasformare il diritto comparato in
un’appendice della sociologia giuridica perché i fattori che agiscono sulla norma non sono soltanto
di natura sociale ma anche di carattere politico, economico, morale, ideologico e storico.
Lo studio comparativo deve iniziare dal problema giuridico che si intende esaminare: la
scienza giuridica si occupa della normatività degli ordinamenti, mentre la sociologia si interessa del
diritto inteso come fatto storico. La sociologia empirica si rivela utile alla comparazione perché
mostra le cause e le conseguenze sociali della norma con inchieste, indagini, statistiche che
chiariscono la funzione ed il ruolo di un determinato istituto giuridico.
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Ma ad ogni modo l’analisi sociologica della regola giuridica rappresenta solo un mezzo
supplementare per migliorare la comprensione della norma giuridica: in questo caso la sociologia
costituisce una componente del metodo comparativo. L’impiego di criteri sociologici è necessario
perché il metodo o la scienza comparativa perché si considerino come veramente utili non possono
limitarsi ad un semplice raffronto dei testi di legge.
Inoltre, rilevante è la distinzione tra diritto comparato e diritto internazionale pubblico: il
diritto internazionale pubblico è un vero e proprio diritto sovranazionale ed universale. Nonostante
tutto, la comprensione dei principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili (art. 38 dello
Statuto della Corte Internazionale di Giustizia), riconosciuti come fonte del diritto, non sarebbe
possibile senza la comparazione giuridica.
Infine, va approfondita la distinzione tra diritto comparato e diritto straniero (distinzione
che risulta opportuna in quanto non esiste una base di studio del diritto straniero che non sia anche
comparativo).
Il diritto straniero rappresenta la fase nella quale si studiano i diritti dei vari paesi. La
comparazione agisce in tal modo: se il comparatista ha la necessità di studiare l’istituto giuridico del
divorzio in Inghilterra, dovrà analizzare le norme sul divorzio in quel determinato ordinamento. La
ricerca viene, in tal modo, compiuta a vari livelli di approfondimento e di comparazione.
In questo senso, la comparazione può essere definita come un'attività circolare: l’analisi
dell’istituto del divorzio nell’ordinamento inglese viene compiuto sulla base del proprio personale
bagaglio culturale - giuridico.
Orbene, passando all’analisi in senso tecnico dell’oggetto del nostro studio, va detto che la
comparazione riveste una notevole importanza per una comprensione più profonda possibile delle
regole di diritto proprie di ogni ordinamento giuridico.
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L'individuazione di una medesima norma o regola giuridica in più sistemi può, per esempio,
permettere di scoprire se e come detti sistemi si siano vicendevolmente influenzati.
Ma la comparazione è anche ed effettivamente una scienza giuridica “perennemente”
attuale, soprattutto perché fondamentale per capire concretamente il rapporto giuridico sussistente
tra persone fisiche, persone giuridiche o enti pubblici appartenenti a diversi ordinamenti statuali e
che, in qualche modo, entrano in relazione tra loro.
La comparazione ha assunto ed assume un ruolo fondamentale, anzitutto, per una migliore
comprensione del mondo giuridico a noi più vicino, ovvero l’Unione Europea, le cui sfaccettature
(vista la diversità culturale ed ontologica sussistente tra gli Stati membri che ne fanno parte) devono
ancora essere comprese in maniera completa.
La metodica comparatistica, mostrando l'esistenza di concetti e categorie comuni nei
sistemi giuridici che la compongono, risulta essere uno strumento utile in mano ai giuristi che
tentino di promuovere una maggiore armonizzazione, per approfondire il sistema a noi più attiguo,
del diritto europeo, al fine di agevolare la libera circolazione delle persone e di merci, servizi e
capitali e di attuare in pieno quello che è lo spirito fondativo della Comunità Economica Europea,
che oggi si traduce nell’Unione Europea, così come intesa nel Trattato di Maastricht del 1992, e, da
ultimo, nel Trattato di Lisbona del 2007.
Tuttavia, non possiamo ritenere in maniera semplicistica che il “nostro” mondo giuridico sia
solamente circoscritto all’ambito comunitario.
La globalizzazione non può essere confusa con l’”europeizzazione”: gli ordinamenti con cui,
ogni giorno, entriamo in contatto attengono all’intera scala mondiale.
Vanno, quindi, anzitutto debitamente presi in considerazione gli ordinamenti dell'area ex socialista, i paesi dell'est europeo e gli ordinamenti slavi.
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Dopo la caduta del muro di Berlino e con lo sfaldamento dell'ex Unione Sovietica, infatti, in
tali Stati si è assistito a un generale ritorno ai valori della tradizione giuridica occidentale, quali la
proprietà, il mercato e l’iniziativa economica privata.
Forti mutamenti si assistono, poi, nel mondo islamico, dove negli ultimi anni sono state
introdotte numerose riforme, specie in materia di diritto della famiglia.
La via al progresso è però ancora lunga e complicata dai rigurgiti di integralismo tipici
dell'Iran e di altri paesi islamici, che hanno voluto riaffermare la vigenza del diritto musulmano
nella sua integrità.
Dall’altro lato, tuttavia, assistiamo a forti elementi di novità, rappresentati dagli avvenimenti
che nelle ultime settimane hanno sconvolto il mondo nord – africano, il Maghreb, nonché, più
recentemente, alcuni Stati medio – orientali (Siria e Giordania su tutti).
La forte “voglia” di una democrazia dal carattere occidentalizzante, che ha ispirato i
“fautori” delle rivolte nordafricane, non può essere sottovalutata nella generale considerazione
dell’attività comparatistica.
È chiaro che gli effetti che, a lungo termine, si riverbereranno sugli ordinamenti politico –
statuali che, a bocce ferme, saranno adottati, involgeranno necessariamente anche i singoli istituti
giuridici.
Possiamo pacificamente prevedere, per quanto riguarda questi ultimi Stati, riforme che
porranno maggiormente al centro dell’attenzione la figura della persona umana e le diverse
esplicazioni della sua libertà: assisteremo, quindi, ad un radicale cambiamento degli istituti
privatistici e delle norme in tema di diritto di famiglia.
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Il funzionalismo e la “circolazione dei modelli”
Il mondo è, quindi, in continua e perenne evoluzione: il giurista comparatista non può
assolutamente adagiarsi né prendere atto con indifferenza ed inerzia di tali cambiamenti, ma ha in sé
l’esigenza di aggiornarsi continuamente e - potremmo addirittura dire - quotidianamente.
Alla luce di tutto ciò, ci si chiede:
In qual modo il comparatista è in grado di affrontare un mondo in continua evoluzione
giuridica?
Attraverso quali metodiche la sua opera di comparazione deve essere attuata?
Come può essa davvero concretarsi in un’attività di carattere cognitiva?
La risposta non può che essere data facendo un breve cenno alla storia della comparazione.
Questa, in un primo tempo, era concepita in senso “statico”: per meglio spiegarci, il giurista,
che si affacciava per la prima volta allo studio della comparazione, non poteva non muoversi
partendo dal grande insegnamento fornito dal padre della comparazione, ovvero René David.
Egli, con la sua insigne opera, (“Traité élémentaire de droit civil comparé”, 1950), per
primo, individuò le tre grandi famiglie giuridiche contemporanee:
la tradizione romanico-germanica, basata sul formante legislativo e sul ruolo centrale
della legge;
la famiglia del Common Law, basata sul formante giurisprudenziale;
la famiglia socialista appartenente ai paesi di derivazione comunista caratterizzata da una
forte avversione verso la proprietà privata.
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È chiaro, tuttavia, che tale classificazione è da ritenersi oggi superata né può considerarsi
utile per un’attività comparatistica realmente conoscitiva ed oggettiva.
Se, da un lato, il crollo del muro di Berlino ha comportato una occidentalizzazione dei
sistemi ex – socialisti, dall’altro lato ha cagionato un notevole mutamento della geografia politica
e giuridica mondiale.
Oggigiorno, infatti, non possiamo sottovalutare il diritto cinese (che è in grado di “reggere”
la seconda economia mondiale), il diritto indiano (che acquisisce sempre più importanza soprattutto
in virtù delle forti relazioni economiche intrattenute con il Regno Unito e l’Europa in generale), il
diritto arabo-islamico (in progressiva evoluzione) ed il diritto dei paesi dell’America Latina (tipico
di quei Paesi con il più forte aumento di PIL – si veda il Brasile).
Tali considerazioni, accompagnate dalla crescita delle informazioni e dalla globalizzazione
degli studi, portano alla conclusione che la lezione del David, seppur fondamentale da un punto di
vista dell’approccio alla materia, è da ritenersi oramai superata.
Si è, pertanto, affermata la nuova concezione del c.d. comparatismo dinamico, in cui, più
che mettere a confronto realtà differenti, vanno sottolineati ed evidenziati gli scambi e le
interrelazioni reciproche.
Un approccio moderno alla comparazione è quindi incentrato sulla circolazione dei
modelli.
Una comparazione fondata sul principio della circolazione dei modelli deve necessariamente
concretarsi in una metodica “che unisce”: in tal senso, va preso in esame il pensiero funzionalista,
elaborato da uno dei padri fondatori della sociologia: Emile Durkheim.
Quest'ultimo enuncia il principio secondo cui la società costituisce «una realtà specifica
dotata di caratteri propri» e non «una semplice somma di individui»: «aggregandosi,
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penetrandosi, fondendosi, le anime individuali danno vita ad un essere, che però costituisce
un'individualità psichica di nuovo genere».
I fenomeni sociali si possono così comprendere solo valorizzando questa individualità e non
anche limitandosi ad analizzare le vicende proprie delle unità componenti: «il gruppo pensa, sente
ed agisce in modo del tutto diverso da quello in cui si comporterebbero i suoi membri se fossero
isolati».
Precisamente i fenomeni sociali si chiariscono valutando la “funzione” cui essi assolvono e
non anche la loro immediata “utilità” o “causa efficiente”: «la funzione di un fatto sociale deve
venir sempre cercata nel rapporto in cui si trova con qualche scopo sociale».
Applicato al fenomeno diritto, il funzionalismo lo individua quale componente di un sistema
più ampio che «prende in esame il diritto come sistema dipendente dalla società globale».
Il metodo funzionalista esalta invero il ruolo dei «fenomeni extragiuridici» entro cui occorre
anzi ricercare la funzionalità di una determinata norma: per cui se «lasciamo da parte le questioni
particolarmente compromesse da giudizi di valore ed imperativi morali - questioni concernenti in
massima parte il diritto di famiglia e il diritto successorio - e ci rivolgiamo al diritto privato
apolitico, troviamo costantemente conferma del fatto che ad identiche esigenze del traffico
giuridico in tutti gli ordinamenti del mondo si individuano soluzioni identiche o comunque molto
simili».
In questo senso, quindi, in nome della coesione sociale e dello sviluppo del sistema, il
funzionalismo sarebbe insomma concretamente strumentale all'ordine costituito e, in tal senso,
formulerebbe la considerazione che il diritto si trova in ultima analisi a soddisfare ovunque i
medesimi bisogni umani e le medesime aspirazioni.
L’elemento, quindi, rilevante nel funzionalismo è dato dalla tendenza alla riduzione ed al
superamento di barriere.
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Il diritto comparato nel mondo globalizzato
In concreto, tale dimensione della globalizzazione si è già attuata mediante la nascita
dell’Unione Europea, attraverso la progressiva eliminazione delle barriere al libero commercio ed
alle attività economiche in genere, con la creazione di istituzioni mondiali come la W.T.O., le varie
zone di libero scambio, i mercati comuni, le unioni economiche sussistenti in tutte le regioni del
mondo.
Esse hanno come principale funzione istituzionale quella di promuovere il libero commercio
e le attività economiche, per mezzo dell’abbattimento di barriere (tariffarie, normative, e di altri
generi).
Un secondo aspetto di globalizzazione è costituito dallo sviluppo della information
technology e del c.d. network mondiale: tutte le tecnologie dotate di capacità connettive sono, o
tendono ad essere, fondamentalmente globali.
Le reti che ne permettono il funzionamento non seguono i confini nazionali: la loro
utilizzazione contribuisce a ridurre le barriere geografiche e ridefinisce i concetti di spazio, tempo e
distanza.
Il superamento di tali barriere si è tradotto, a livello locale, nazionale, regionale, anche dal
punto di vista normativo.
In una dimensione istituzionale, la World Bank o la W.T.O. ed altre organizzazioni
internazionali hanno sicuramente acquisito un ruolo importante nello stabilire norme e procedure,
che trovano applicazione o influenza a livello globale.
In una dimensione più informale, l’interazione tra soggetti, dotati o no di poteri normativi,
produce non solo una maggiore circolazione di modelli, ma anche regolamentazioni, che si
diffondono o si impongono a livello planetario.
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Costituiscono esempi studiati di questa diffusione i modelli di regolamentazione antitrust,
come l’azione transnazionale delle organizzazioni non governative, per esempio Amnesty
International o U.S. Aid.
Quali effetti, questi fenomeni materiali, produrrebbero sul diritto? Quali aspetti della teoria o
del metodo di un giurista ne sarebbero coinvolti?
La maggior parte dei giuristi, soprattutto pratici, è ancora fortemente legata al proprio
sistema giuridico municipale e territoriale: anche gli avvocati dei grandi studi internazionalistici
impiegano gran parte del loro tempo in istanze caratterizzate da un forte legame con il territorio, che
richiedono la conoscenza di regolamentazioni e procedure particolari, come quelle fiscali, del
lavoro, dei contratti in ambito locale.
Tuttavia, nonostante il diritto - ed i modi di produrlo, insegnarlo, applicarlo - continui a
manifestare un forte legame con il territorio, esiste oggi un ambito giuridico internazionale, e
pertanto esistono giuristi che, occupandosene, rilevano le influenze della globalizzazione sul diritto.
Una delle conseguenze più dirette è sicuramente la crescente difficoltà di interpretare i
problemi giuridici in rapporto al contesto di un solo ordine giuridico “chiuso”, come uno Stato
nazionale, società, un sistema giuridico o una “famiglia”.
In altre parole la globalizzazione mette in crisi un metodo giuridico “chiuso” e costringe il
giurista a considerare un contesto transnazionale, anche quando la sua analisi è focalizzata su
problemi locali.
Il diritto comparato e la comparazione quale attività cognitiva rappresentano il metodo
ideale per rispondere a questa domanda di transnazionalità.
Il suo metodo, infatti, consente di contestualizzare un problema giuridico locale a “livelli”
diversi da quello dell’ordine giuridico nazionale.
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Così, oltre allo Stato o ad una istituzione del diritto internazionale, il comparatista è
abituato a riferire le sue analisi particolari ad una mentalità o cultura giuridica, ad un sistema,
a una famiglia, a un modello capace di circolare.
L’immagine che i comparatisti sono soliti utilizzare per descrivere l’approccio metodologico
a differenti livelli di generalizzazione è quella della osservazione geografica aerea.
Il giurista, come il cartografo, sceglie un certo grado di generalizzazione nella descrizione e
nella simbolizzazione della realtà che intende rappresentare.
A seconda del livello scelto il contenuto della rappresentazione cambia: un’osservazione più
generale tralascia alcuni elementi specifici, ma palesa elementi che non era possibile scorgere a
livello più dettagliato.
Questo approccio a differenti livelli di generalizzazione – che costituisce forse il cuore del
metodo della comparazione- tende oggi a diventare indispensabile in molti ambiti della ricerca
giuridica.
I livelli, che il comparatista è solito individuare in modo statico e descrittivo, magari
ricorrendo all’analisi della loro stratificazione storica, manifestano un crescente grado di
interazione.
In altre parole il discorso giuridico è sempre più caratterizzato da ciò che nella linguistica si
descrive con il termine diglossia.
La diglossia è la “coesistenza, in una stessa comunità sociale, di due sistemi linguistici”, di
cui, di solito, uno è dotato di maggior prestigio ed è utilizzato nella lingua scritta, l’altro è
considerato inferiore e si utilizza nella strada, nella letteratura popolare oppure nel gergo.
Analogamente, nel mondo giuridico esiste un diritto internazionalizzato - o globalizzato accanto, o a volte al di sopra, del settore nazionale o locale. Tra questi due ambiti - globale e localeesiste una forte interazione.
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Il “pluralismo giuridico”
La globalizzazione costringe il giuscomparatista ad approfondire le proprie riflessioni sul
principio del “pluralismo giuridico”, allo scopo di comprendere più a fondo e dare maggior
importanza alle moderne dinamiche di inter-legalità.
Questi nuovi sviluppi del diritto sono sovente esplicati attraverso la locuzione, forse abusata,
di “law and globalization” e di “global legal pluralism”, che individuano il c.d. “pluralismo
giuridico” quale strumento cui si ricorre in maniera sempre più sistematica per l’interpretazione
della realtà giuridica e per le riflessioni concernenti le dinamiche di globalizzazione nelle
prospettive più eterogenee: commercio transnazionale, economia internazionale, diritto privato,
antropologia del diritto, diritto comparato.
Per fare un esempio concreto, il pluralismo giuridico può essere utile, ad esempio, ai fini
della comprensione dei processi produttivi tipici dei beni di consumo di massa (televisioni,
giocattoli, computers, frigoriferi, ecc...), che sono spesso segmentati e geograficamente dispersi tra
vari siti.
Molti segmenti, infatti, sono gestiti da imprese che organizzano temporaneamente la propria
produzione secondo le esigenze dell’azienda, la quale, in realtà, gestisce e organizza la catena
localizzata in paesi che consentono all’acquirente di minimizzare i costi e pertanto offrono regimi
fiscali favorevoli, forza lavoro a buon mercato e debole ingerenza di ogni tipo di legislazione locale.
Un esempio può essere dato dalla complessa catena produttiva riguardante la famosa
bambola Barbie su cui è scritto “Made in China”: questo giocattolo è prodotto dalla Mattel Inc.,
azienda sita nella città di El Segundo, California (Stati Uniti d’America).
Tuttavia, anche nella regione di Guandong, nel sud della Cina, esistono svariati stabilimenti
della Mattel, cioè i locali in cui le bambole vengono principalmente assemblate: dalla Cina, dunque,
provengono la forza lavoro, l’elettricità, ed un insieme di altre infrastrutture.
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Dal Giappone invece proviene il nylon di cui sono fatti i capelli; Taiwan raffina il petrolio
proveniente dall’Arabia Saudita e lo trasforma in etilene con cui vengono fatte le parti plastiche del
corpo. I macchinari, ancora, per la gran parte dei processi provengono da Giappone, Stati Uniti ed
Europa. Le operazioni bancarie e assicurative sono, infine, localizzate ad Hong Kong!!
La frammentazione di questa catena produttiva è attuata in gran parte per mezzo di contratti,
retti dalle regole del commercio internazionale. Tuttavia sarebbe assai riduttivo rappresentare il suo
funzionamento ricorrendo unicamente all’idea di accordi tra gli attori che partecipano a singoli
segmenti produttivi.
Il giurista comparatista deve infatti domandarsi chi governa questi processi, quali
istituzioni e logiche giuridiche ne sono coinvolte.
Ogni segmento produttivo, in realtà, coinvolge istituzioni, norme e procedimenti, in parte
locali (aspetti fiscali, contratti locali, rapporti con i lavoratori, rapporti con le istituzioni locali), in
parte globali (contratti internazionali, assetti finanziari, rapporti con istituzioni internazionali).
Se immaginare una catena di contratti internazionali tra privati risulta riduttivo, l’approccio
che è forse più adatto a rappresentare questo tipo di assetti giuridici è pensare ad una rete, che
collega diversi “siti”: compiere una qualsiasi operazione, utilizzando questa rete coinvolge una
molteplicità di logiche giuridiche, se non proprio di ordinamenti.
Anche se il diritto è una dimensione della cultura particolarmente legata al territorio e
all’esistenza di istituzioni formali (il legislatore, i giudici, l’amministrazione, ecc. …), oggi
risulterebbe problematico sostenere che non esiste un settore giuridico internazionale, popolato di
istituzioni sovra-statali.
Alla pari di ogni ordinamento giuridico anche quello internazionale è costituito tanto di
elementi formali (trattati, convenzioni, accordi tra Stati sovrani, che talvolta danno vita a vere e
proprie istituzioni politiche sovra-nazionali) quanto di elementi informali (consuetudini, pratiche,
prassi contrattuali, documenti e regole non imperativi, rapporti di forza).
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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La comparazione come attività cognitiva
Tali caratteristiche possono essere spiegate adeguatamente soltanto da una teoria del
pluralismo giuridico e dall’incessante attività del comparatista, il quale, all’interno di una società
acefala come quella internazionale, non dotata – come nel diritto nazionale – di istituzioni
sovrane “fisse”, né provvista di alcun carattere di giuridicità, svolge un ruolo essenziale.
In mancanza di istituzioni politiche globali e sovrane, l’alternativa a negare l’esistenza di un
diritto internazionale può solamente essere quella di pensare al fenomeno giuridico mediante
l’opera, l’interpretazione e l’attività del comparatismo giuridico.
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La comparazione come attività cognitiva
Bibliografia
1. Sistemi giuridici comparati di A. Gambaro e R.Sacco, UTET Giuridica;
2. Introduzione al diritto comparato di R.Sacco, UTET Giuridica;
3. Corti nazionali e comparazione giuridica a cura di G.F. Ferrari e A. Gambero, 2006;
4. Riflessioni di un giurista sulla lingua (la lingua del diritto unforme, e il diritto al servizio di
una lingua uniforme) in Riv. dir. civ., R. Sacco;
5. Les multiples langues du droit europeen uniforme, R. Sacco e Catellani, Torino, 1999;
6. Sistemi giuridici comparati di G.M. Ajani, Giappichelli editore.
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