CONFERENZA DEI SINDACI DEL TERRITORIO DELL’AZIENDA ULSS N.20 ALBAREDO D’ADIGE – ARCOLE - BADIA CALAVENA – BELFIORE - BOSCOCHIESANUOVA – BUTTAPIETRA – CALDIERO – CASTEL D’AZZANO – CAZZANO DI TRAMIGNA – CERRO VERONESE – COLOGNA VENETA – COLOGNOLA AI COLLI – ERBEZZO – GREZZANA – ILLASI – LAVAGNO – MEZZANE DI SOTTO – MONTECCHIA DI CROSARA – MONTEFORTE D’ALPONE – PRESSANA – RONCÀ – ROVERÈ - ROVEREDO DI GUÀ – S. BONIFACIO – S. GIOVANNI ILARIONE – S. MAURO DI SALINE - S. GIOVANNI LUPATOTO – S. MARTINO BUON ALBERGO – SELVA DI PROGNO – SOAVE – TREGNAGO – VELO VERONESE – VERONA – VERONELLA – VESTENANOVA - ZIMELLA PIANO LOCALE DELLA DISABILITÀ AZIENDA ULSS N. 20 (approvato con deliberazione della Conferenza dei Sindaci n. 11 del 15.12.2006) Piano Locale della Disabilità INDICE INTRODUZIONE 5 PARTE PRIMA CAPITOLO 1 – IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO I.2.1 La deliberazione di Giunta Regionale 13 Giugno 2006 n. 1859 I.2.1 L’integrazione delle politiche: il Piano di Zona 7 7 11 CAPITOLO 2 – LA DISABILITÀ NEL PIANO DI ZONA 2003/2005 I.2.1 Inquadramento storico e collegamento con il Piano di Zona I.2.2 Analisi e approfondimenti 13 13 15 CAPITOLO 3 – GLI ELEMENTI METODOLOGICI E PROCESSUALI I.3.1 La metodologia del percorso di costruzione del Piano Locale della Disabilità I.3.2 Il processo di elaborazione I.3.3 Gli attori 17 17 20 23 PARTE SECONDA CAPITOLO 1 – L’ACCESSO AL SISTEMA DELLA DISABILITÀ II.1.1 I destinatari degli interventi II.1.2 La valutazione multidimensionale II.1.3 Il servizio sociale e psicologico nell’area della disabilità degli adulti 27 28 29 31 CAPITOLO 2 – IL SISTEMA INFORMATIVO II.2.1 Lo Sportello Integrato II.2.2 La Carta dei Servizi 35 35 37 PARTE TERZA CAPITOLO 1 - IL SISTEMA DELLA DOMICILIARITÀ III.1.1 Gli interventi di promozione dell’autonomia personale III.1.2 I servizi diurni III.1.3 Gli interventi erogati a domicilio e di supporto alla famiglia III.1.4 Gli interventi di sostegno economico III.1.5 Gli interventi di sollievo 39 39 47 51 58 60 CAPITOLO 2 - IL SISTEMA DELLA RESIDENZIALITÀ III.2.1 Il sistema dei servizi residenziali e le unità di offerta III.2.2 Le modalità di accesso alle strutture residenziali e l’impegnativa di residenzialità 61 62 65 3 Piano Locale della Disabilità CAPITOLO 3 – L’ARTICOLAZIONE TERRITORIALE III.3.1 L’approccio all’ambito distrettuale III.3.2 Il Distretto n. 1 III.3.3 Il Distretto n. 2 III.3.4 Il Distretto n. 3 III.3.5 Il Distretto n. 4 67 67 70 74 79 83 CAPITOLO 4 – LA RETE SOLIDARISTICA DELLA COMUNITÀ LOCALE III.4.1 La rete solidaristica presente nel territorio 89 89 PARTE QUARTA CAPITOLO 1 – LE RISORSE IV.1.1 Il quadro delle risorse locali IV.1.2 I modelli gestionali innovativi 91 91 94 CAPITOLO 2 – I RISULTATI ATTESI IV.2.1 I risultati attesi e gli obiettivi strategici 95 96 CAPITOLO 3 – GLI ACCORDI LOCALI IV.3.1 I protocolli e le intese 99 99 PARTE QUINTA CAPITOLO 1 – LA VALUTAZIONE V.1.1 L’approccio e la finalità della valutazione V.1.2 Le fasi e i soggetti della valutazione V.1.3 L’unità di analisi e gli strumenti 103 103 104 105 CONCLUSIONI 107 4 Piano Locale della Disabilità INTRODUZIONE Il Piano Locale della Disabilità, nell’ambito del quadro complessivo della programmazione locale, favorisce un approccio culturale alla disabilità fondato sull’integrazione del modello sanitario e del modello sociale. Dopo anni di sperimentazione di servizi territoriali, ci si accorge oggi di aver costruito un’esperienza organizzativa professionalmente qualificata che porta con sé il rischio di espropriare la comunità nel prendersi cura delle persone più deboli o comunque più esposte alla dipendenza dagli altri. Nella nuova logica della sussidiarietà, invece, che riconosce alla comunità il ruolo preminente nel prendersi cura dei propri membri, i servizi devono diventare essi stessi parte della comunità e quindi integrarsi con le svariate espressioni della società civile. La programmazione sviluppata sin qui sul territorio, con il concorso delle Amministrazioni comunali, delle Istituzioni civili e religiose e con il Terzo Settore, è improntata su indirizzi che pongono l’attenzione verso le persone in condizioni di gravità. La centralità della persona costituisce la priorità principale della programmazione territoriale e si concretizza nell’organizzazione di un sistema integrato di interventi. Il Piano Locale della Disabilità, promuovendo la cultura del riconoscimento dei diritti delle persone disabili e sostenendo i processi e i percorsi per la loro piena realizzazione, considera la disabilità come una “complessa interazione di condizioni”, personali, sociali ed ambientali, che favoriscono o riducono l’attività e la partecipazione attiva della persona nella società. Il progetto individuale e la presa in carico divengono riferimenti importanti per la persona stessa e per la sua famiglia rispetto agli obiettivi, alle azioni e agli interventi attivati al fine di seguire e monitorare costantemente l’evoluzione della situazione personale. Per queste ragioni, nell’ambito del Piano Locale della Disabilità, vengono previsti gli strumenti operativi e le modalità organizzative necessari alla predisposizione del progetto individuale che si configura come uno strumento che viene modulato a partire dai bisogni e dalle aspettative della persona con disabilità e della sua famiglia, che dinamicamente viene attuato e riformulato in relazione al ciclo vitale, alle opportunità e alle risorse disponibili sulla base di percorsi di valutazione che portano ad individuare obiettivi, finalità ed interventi per una presa in carico efficace. In conclusione, si vuole evidenziare la necessità di una rivalutazione degli aspetti etici nel lavoro sociale, che portino ad un preminenza della persona rispetto alle tecniche e agli strumenti professionali, che possono trovare il loro più alto significato proprio nel mettersi al servizio dei cittadini piuttosto che diventare garanti di un’organizzazione sociosanitaria autoreferenziale. Il Piano Locale della Disabilità diventa pertanto un impegno fondamentale per permettere ai cittadini di essere valorizzati nella propria unicità di persona e di avere reali possibilità di autodeterminazione. 5 6 Piano Locale della Disabilità Parte Prima – Cap. 1 PARTE PRIMA CAPITOLO 1 – IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO I.1.1 La deliberazione di Giunta Regionale 13 giugno 2006 n. 1859 Storicamente la complessa e delicata realtà della disabilità è divenuta oggetto di specifica attenzione da parte del legislatore nazionale e regionale a partire dagli anni ’90 per giungere progressivamente all’emanazione di una miriade di atti normativi e provvedimentali che attualmente governano la materia. Pertanto, il presente inquadramento normativo non intende avere un carattere di esaustività quanto fornire un quadro di riferimento che possa costituire un utile orientamento in questo ambito indicando, da un lato, gli interventi normativi di maggiore rilevanza dai quali si è originato il “sistema” della disabilità e, dall’altro, evidenziando le tendenze di sviluppo dello stesso connotate da maggiore innovatività e proiezione verso il futuro. Sul piano nazionale, vanno citate alcune importanti leggi: • la legge 9 gennaio 1989 n. 13 “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”; • la legge 5 febbraio 1992 n. 104 “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”, atto normativo fondamentale che ha promosso il riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità e ha indicato i principi fondamentali per la realizzazione dei processi e dei percorsi di integrazione sociale; • la legge 28 agosto 1997 n. 284 “Disposizioni per la prevenzione della cecità e per la riabilitazione visiva e lavorativa dei cechi pluriminorati”; • la legge 21 maggio 1998 n. 162 “Modifiche alla L. 5 febbraio 1992 n. 104 concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave”; • la legge 12 marzo 1999 n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”; • la legge 8 novembre 2000 n. 328 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” che ha dedicato specifiche disposizioni a favore dei soggetti con disabilità; oltre ad almeno altri tre atti di notevole rilevanza quali: • il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2001-2003 approvato con D.P.R. 3 maggio 2001; • il D.P.C.M. 29 novembre 2001 con il quale sono stati definiti i livelli essenziali di assistenza sanitaria e conseguentemente individuati in termini di prestazioni e servizi da erogare ai cittadini; • il Piano sanitario nazionale 2006-2008 recentemente approvato con D.P.R. 7 aprile 2006. In un’ottica di sviluppo e come segno di un diversa attenzione e sensibilità al tema della disabilità, negli ultimi tempi sono stati emanati alcuni atti normativi sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (D.Lgs. 9 luglio 2003 n. 216), per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici (legge 9 gennaio 2004 n. 4), sull’istituzione dell’amministratore di sostegno (legge 9 gennaio 2004 n. 6) e per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazione (legge 1 marzo 2006 n. 67). 7 Piano Locale della Disabilità Parte Prima – Cap. 1 In ambito regionale, la Regione Veneto è intervenuta con una serie di significativi interventi normativi che hanno dato vita ad un considerevole numero di provvedimenti attuativi generalmente sostanziatisi in deliberazioni della Giunta regionale. Cronologicamente vanno annoverate: • la L.R. 8 maggio 1980 n. 46 “Interventi per l’inserimento sociale, scolastico e lavorativo dei soggetti portatori di handicap”; • la L.R. 16 agosto 1982 n. 30 “Iniziative dirette alla promozione umana e sociale dei non vedenti e sordomuti”; • la L.R. 6 settembre 1991 n. 28 “Provvidenze a favore delle persone non autosufficienti assistite a domicilio e norme attuative delle residenze sanitarie assistenziali”; • la L.R. 30 agosto 1993 n. 41 “Norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche e per favorire la vita di relazione”; • la L.R. 3 febbraio 1996 n. 5 con la quale veniva approvato il Piano socio sanitario regionale per il triennio 1996-1998; • la L.R. 22 febbraio 1999 n. 6 “Contributi ai cittadini veneti portatori di handicap psicofisici che applicano il Metodo Doman o Vojta o Fay”; • la L.R. 3 agosto 2001 n. 16 “Norme per il diritto al lavoro delle persone disabili in attuazione della legge 12 marzo 1999 n. 68 e istituzione servizio integrazione lavorativa presso le aziende ULSS”; • la L.R. 16 agosto 2002 n. 22 “Autorizzazione e accreditamento delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e sociali” e relativi provvedimenti attuativi; • la L.R. 14 agosto 2003 n. 17 “Norme per la promozione delle pratica sportiva delle persone con disabilità”; oltre a svariate puntuali disposizioni contenute nelle annuali leggi finanziarie regionali. In tale contesto ed alla luce dell’argomento trattato, meritano un particolare rilievo le disposizioni contenute nella L.R. n. 55/1982 che attribuisce alle Aziende ULSS la competenza dei servizi per la disabilità finalizzati alla promozione della salute, alla prevenzione, alla cura, alla riabilitazione ed alla piena integrazione sociale; disposizioni peraltro confermate dalla successiva L.R. 13 aprile 2001 n. 11. Altrettanto centrale è il disposto degli articoli 26 e 27 della L.R. 25 febbraio 2005 n. 9 “Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2005”. Da un lato, la L.R. n. 9/2005 ha istituito, con l’art. 26, il Fondo per la domiciliarità destinato al finanziamento di interventi a favore delle persone disabili in condizione di gravità ai sensi delle leggi nazionali n. 104/1992 e n. 284/1997, nonché della L.R. n. 28/1991 e dell’articolo 13 della L.R. n.5/1996. Dall’altro, con l’art. 27, ha stabilito, per quanto concerne la residenzialità per le persone disabili, che la Giunta Regionale è autorizzata ad assegnare ulteriori posti di residenzialità destinati all’accoglienza di queste persone per il raggiungimento dei livelli previsti dalla DGR 10 marzo 2000 n. 751. In esecuzione delle summenzionate disposizioni, la Giunta regionale è intervenuta con due provvedimenti. Con la DGR 30 dicembre 2005 n. 4266 si è provveduto ad aggiornare il fabbisogno di residenzialità nel territorio regionale che, per quanto attiene all’ambito dell’Azienda ULSS n. 20, ammonta a 223 posti accreditabili. Parallelamente è stato dato nuovo impulso all’Area della Disabilità con l’adozione della DGR 13 giugno 2006 n. 1859 ad oggetto “Linee di indirizzo per il sistema della domiciliarità e della residenzialità Area Disabili – art. 26 e 27 - L.R. n. 9/2005”. 8 Piano Locale della Disabilità Parte Prima – Cap. 1 Per un doveroso quadro d’insieme la DGR n. 1859/2006 va raccordata con: • la DGR 17 gennaio 2006 n. 39 avente ad oggetto “Il sistema della domiciliarità. Disposizioni applicative” che ha comportato la redazione del Piano Locale per la Domiciliarità, approvato definitivamente dalla Conferenza dei Sindaci; • la DGR 28 febbraio 2006 n. 460 “Interventi di sostegno alla domiciliarità per persone non autosufficienti anziane e disabili. Procedure ed assegnazioni per l’anno 2006” con la quale sono state fornite, in particolare, le indicazioni operative per l’anno 2006 per gli interventi di sostegno della domiciliarità delle persone con disabilità e assegnate le relative risorse finanziarie. Con la DGR n. 1859/2006 si prevede l’adozione di un nuovo piano settoriale, il Piano Locale della Disabilità (PLDisabilità), che rappresenta lo strumento di attuazione a livello locale delle disposizioni sulla programmazione degli interventi e dei servizi rivolti alle persone con disabilità nel contesto del Piano di Zona. Infatti, il Piano Locale della Disabilità è definito espressamente quale parte integrante del Piano di Zona dei Servizi alla Persona di cui segue durata e modalità di predisposizione. Con questo provvedimento, la Regione persegue l’obiettivo di promuovere e tutelare la qualità di vita dei cittadini in condizione di disabilità, attraverso la creazione e lo sviluppo continuo di una rete composita ed ordinata di politiche, di risorse e di interventi a sostegno della disabilità e delle famiglie che si fanno carico della cura, dell’assistenza e della tutela della persona disabile secondo due direttrici principali: la domiciliarità e la residenzialità. In tale contesto, la finalità prima diviene quella di assicurare uniformità ed equità nell’accesso alla “rete” in un’ottica di continuità tra i servizi e gli interventi della domiciliarità e quelli della residenzialità. Ulteriore obiettivo è costituito dalla volontà di sistematizzare una serie di interventi e servizi, attuati da diversi soggetti istituzionali (Comuni, Aziende ULSS e Regione) in base al ruolo e alle competenze ad essi attribuite dalla normativa vigente, che si sostanziano in: • contributi per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati (L. n. 13/1989 e L.R. n. 41/1993); • contributi per l’adeguamento di autovetture per le persone con disabilità (art. 27 L. n. 104/1992 e art. 13 L.R. n. 41/1993); • integrazione scolastica (circolare regionale n. 33/1993); • integrazione lavorativa (L. n. 68/1999 e L.R. n. 16/2001); • progetti individuali nelle situazioni di disabilità grave e gravissima (L. n. 162/1998); • progetti individuali di Vita Indipendente (L. n. 162/1998); • interventi a favore dei ciechi pluriminorati (L. n. 284/1997); • contributi per i non autosufficienti assistiti in famiglia (L.R. n. 28/1991); • interventi di “sollievo” (avviati con DGR n. 3960/2001); • contributi ai cittadini veneti portatori di handicap psicofisici che applicano il metodo Doman o Vojta o Fay (L.R. n. 6/1999; art. 10 L.R. n. 41/2003 e art. 41 L.R. n. 1/2004); • contributi agli enti associativi che rappresentano i disabili (Tab. B DPR n. 616/1977); • sostegno al Centro Audiofonologico della Provincia di Venezia (art. 131 L.R. n. 11/2001); • contributi per l’adeguamento delle postazioni di lavoro per centralinisti non vedenti (L. n. 113/1985); 9 Piano Locale della Disabilità • • • • Parte Prima – Cap. 1 contributi per le spese di trasporto e di vitto per le persone con disabilità che frequentano i Ceod (L.R. n. 7/1999); contributi per progetti sperimentali di miglioramento della qualità della vita della persona con disabilità (art. 131 L.R. n. 11/2001); riconoscimento della quota di rilievo sanitario alle persone con disabilità accolte nei servizi residenziali (DGR n. 751/2000 e successivi provvedimenti correlati); contributi in conto capitale per la realizzazione di strutture residenziali, privilegiando quelle di piccole dimensioni (DM n. 470/00 e L.R. n. 1/2004 - art. 36). Dal punto di visto contenutistico, quindi, un passaggio significativo caratterizzante la DGR n. 1859/2006 è dato dal tentativo di superamento di alcune criticità emerse da tempo quali: • la settorializzazione e la parcellizzazione degli interventi erogati dai diversi soggetti istituzionali nell’acquisita evidenza che ciascuno è connotato da una modalità di accesso, da un percorso di valutazione e da un tempo di risposta diversificati; • la mancanza di una presa in carico unitaria come conseguenza principale della citata settorializzazione anche con riferimento ai diversi soggetti istituzionali ed operatori con cui l’utente è di volta in volta costretto a rapportarsi e, pertanto, nella consapevolezza della difficoltà e del disagio che viene, in ultima, a gravare sul cittadino e sul suo nucleo familiare; • l’assenza di una programmazione unitaria nell’area della disabilità. Il provvedimento regionale si connota pertanto, alla luce delle criticità rilevate, per il tentativo di fissare degli orientamenti, esplicitati nelle linee guida e caratterizzati da un’ottica unitaria di intervento, per la definizione in ambito locale degli indirizzi programmatici regionali e delle modalità operative di accesso al sistema dei servizi per le persone con disabilità con un’attenzione particolare per la gravità e per l’età adulta. E’ un approccio che, come preannunciato, si fonda su una duplice articolazione integrata di sistemi: • il sistema della domiciliarità grazie al quale si prevede di organizzare gli interventi territoriali negli ambiti omogenei di promozione dell’autonomia personale, di servizi domiciliari, di servizi diurni, di sostegni economici e di interventi di sollievo; • il sistema della residenzialità alle cui strutture si accede attraverso l’emissione di impegnativa di residenzialità rilasciata dall’Azienda ULSS di residenza a seguito di apposita valutazione UVMD; e che rinviene i suoi elementi di forza: • in un approccio culturale alla disabilità; • nell’integrazione socio-sanitaria; • nella centralità della presa in carico; • nella necessità di definizione del progetto individuale. Il quadro è completato dalla previsione, che costituisce uno degli elementi più innovativi del provvedimento in oggetto, dello Sportello integrato definito come punto di accesso unitario a livello informativo e, al contempo, integrato rispetto al complesso delle prestazioni e dei servizi afferenti al sistema della disabilità. 10 Piano Locale della Disabilità Parte Prima – Cap. 1 I.1.2 L’integrazione delle politiche: il Piano di Zona L’integrazione delle politiche e delle risorse avviene secondo due diversi livelli: non soltanto nel contesto pur ampio e complesso della disabilità strettamente intesa ma anche con riferimento ad una dimensione più ampia. Infatti, il Piano Locale della Disabilità è espressamente definito come lo strumento di programmazione locale del sistema di interventi e servizi dell’area della disabilità nel contesto del Piano di Zona. Più in dettaglio, il PLDisabilità rappresenta lo strumento che attua ed integra il PdZ tanto che, anche sotto il profilo più strettamente procedurale, ne è perfettamente allineato nella durata triennale e nelle modalità di elaborazione. Allo stesso tempo il PLDisabilità è strettamente connesso con altre pianificazioni con le quali deve rapportarsi in un’ottica di sinergia, di congruenza e di complementarietà: • il Piano Locale della Domiciliarità di cui alla DGR 17 gennaio 2006 n. 39 con riferimento ad una visione dei bisogni e delle aspettative dei cittadini che comprenda, all’interno di un quadro unitario, la promozione ed il sostegno della domiciliarità globalmente intesa; • il Piano Locale della Non Autosufficienza/Residenzialità di cui alla DGR 28 febbraio 2006 n. 464 con riferimento ai servizi per la residenzialità; • il Piano Attuativo Locale e il Programma delle Attività Territoriali nell’ottica di una integrazione a trecentossessanta gradi nel tentativo di garantire i diritti del cittadino ed il soddisfacimento dei suoi bisogni primari. E’ forse superfluo evidenziare come il PLDisabilità, gli altri Piani settoriali e, in definitiva, il Piano di Zona di cui sono elementi costitutivi, siano strettamente legati ai Piani Attuativi Territoriali, la cui definizione è fondamentale per permettere al complesso programmatorio di divenire realmente “sistema”. Pur, quindi, nell’innovatività e nell’importanza dell’introduzione di una programmazione settoriale che si realizza in singoli documenti/processi di pianificazione e che permette di dare una maggiore evidenza ad un sistema di interventi e di servizi realizzati in risposta a particolari “bisogni sociali” andando oltre la classica ricollocazione all’interno della specifica area tematica, viene riconfermato il ruolo centrale del Piano di Zona nella definizione generale delle politiche sociali e socio-sanitarie in ambito locale. Esso, nella presente contingenza, rappresenta anche un momento di sintesi e di raccordo che si colloca ad un livello superiore rispetto alla singola pianificazione settoriale; pianificazione che costituisce un input o una base di lavoro e che può trovare proprio in questa sede una ulteriore concretizzazione. In prospettiva, a partire dalla prossima triennalità, il Piano di Zona dovrà assumere il ruolo più appropriato di quadro generale prodromico e non successivo alla sua specificazione settoriale. 11 12 Piano Locale della Disabilità Parte Prima – Cap. 2 CAPITOLO 2 - LA DISABILITÀ NEL PIANO DI ZONA 2003-2005 I.2.1 Inquadramento storico e collegamento con il Piano di Zona Il termine handicap non si identifica con la menomazione, né con una diagnosi medica bensì esprime il rapporto tra l’individuo e il suo ambiente. Non è quindi un concetto statico, ma dinamico; per una stessa persona gli effetti emarginanti della sua disabilità evolvono nel tempo e si modificano con l’ambiente fisico e sociale in cui vive. L’atteggiamento della collettività, i pregiudizi, la cultura del momento possono accentuare o diminuire questi effetti. Negli anni è mutato profondamente l’approccio culturale ai problemi della disabilità e quindi dei servizi pensati per far fronte ai bisogni espressi dalle persone con disabilità e dalle loro famiglie. Se con il Piano di Zona dei Servizi Sociali del 1999 l’obiettivo prioritario da raggiungere è stato quello di superare la logica assistenziale, che tendeva a considerare la persona disabile e la sua famiglia come oggetto di interventi, privilegiando un approccio che vede il disabile protagonista del proprio cambiamento, con il Piano di Zona 2003-2005 si è arrivati a stabilire un quadro di programmazione locale che ha definito obiettivi e modalità attuative assicurando, alle persone con disabilità, una maggiore uniformità ed equità di accesso alla rete dei servizi. Nel territorio sono ormai consolidate linee di intervento e ambiti operativi che garantiscono alle persone con disabilità livelli di assistenza sanitaria, di diagnosi, di cura e riabilitazione che favoriscono il riconoscimento del diritto allo studio, al lavoro, alla formazione in età adulta e la partecipazione alla vita sociale. In conformità a quanto previsto dalle Linee guida regionali, attraverso il Piano di Zona dei Servizi alla Persona, la Conferenza dei Sindaci si è impegnata, d’intesa con tutti i soggetti coinvolti nella progettazione, alla realizzazione di quanto previsto nella legge n. 104/1992 e n. 328/2000 seguendo i principi fondamentali di: • non discriminazione; • pari opportunità; • maggiore gravità; • concreta integrazione. L’impegno più forte è stato quello di dare vita a progetti estremamente innovativi finalizzati a sostenere i principali obiettivi del Piano di Zona 2003-2005 quali: • sostenere e sviluppare l’autonomia e le capacità delle persone nonautosufficienti, in particolare le persone con disabilità grave; • sostenere e sollevare la famiglia; • creare un sistema organico di interventi e servizi integrati fra loro; • promuovere condizioni individuali di salute, di benessere e di sicurezza sociali; • promuovere la cultura della disabilità. Con particolare riferimento alla disabilità grave il vigente Piano di Zona ha previsto le azioni diversificate rispetto a: • progetti personalizzati di riabilitazione e reinserimento sociale anche delle persone assistite in strutture ad alta integrazione assistenziale; • individuazione di soluzioni abitative adeguate alla disabilità fisica; • sviluppo di servizi di assistenza a domicilio per favorire la permanenza delle persone disabili presso la propria abitazione per sollevare la famiglia e permettere alla persona non autosufficiente l’uso del tempo libero; 13 Piano Locale della Disabilità • • • • • • • Parte Prima – Cap. 2 sviluppo di progetti di apprendimento o recupero di capacità nella gestione della vita quotidiana, anche in vista del “Dopo di Noi”; misure volte a consentire alle persone non autosufficienti una vita di relazione il più possibile indipendente (sviluppando l’utilizzo dei mezzi di trasporto, promuovendo programmi di accesso ai servizi per il tempo libero, favorendo la pratica sportiva, ecc.); previsioni di soluzioni residenziali di emergenza o di sostegno domiciliare per necessità temporanee o imprevedibili; sviluppo di centri diurni a sostegno della permanenza in famiglia; misure di sostegno all’inserimento scolastico e lavorativo attraverso servizi adeguati, ricercando la migliore collocazione per lo sviluppo delle capacità della persona disabile; implementazione di programmi di assistenza anche in forma indiretta o autogestita, per la vita indipendente; abbattimento delle barriere architettoniche, allargando la tipologia delle strutture accessibili. L’ottica attorno alla quale il Piano di Zona 2003-2005 si è sviluppato è la prospettiva sistemica secondo la quale occorre avere una visione globale dei problemi, cogliendone le interrelazioni con la consapevolezza che il “sistema salute” non è il risultato della somma di più fattori, bensì un complesso articolato di elementi in forte integrazione reciproca che vanno considerati globalmente anche e soprattutto quando le scelte devono essere operate a livello locale. La nostra realtà territoriale ha favorito esperienze di apertura, ad esempio, per quanto riguarda i servizi diurni e semiresidenziali, promuovendo progetti di integrazione sociale molto innovativi per i giovani che frequentano questi servizi. Nel territorio queste esperienze non dovranno più essere previste come occasioni episodiche, ma diventare la norma di un modello organizzativo per un progetto di vita. Il Piano di Zona 2003-2005 si è spinto verso nuovi traguardi e linee evolutive introducendo soluzioni per l’integrazione delle responsabilità istituzionali, per il governo dei servizi, per la formulazione di strategie condivise, per sperimentazioni gestionali da realizzare per rispondere alla conduzione unitaria dei servizi alla persona (ad esempio per il trasporto, per l’inserimento residenziale, per l’abbattimento delle barriere architettoniche, ecc.). Si è passati, in pratica, da un lavoro nei servizi ad un lavoro di rete e di comunità. Nel corso di questi anni, si è verificato, all’interno dell’Azienda ULSS n. 20, un incremento generalizzato di interventi e prestazioni a favore delle persone con disabilità, come evidenziato nelle pagine seguenti. Questo è stato possibile grazie all’ottimizzazione di tutte le risorse disponibili e allo sviluppo di un lavoro per progetti che ha permesso di acquisire ulteriori risorse finanziarie e professionali rispetto a quelle ordinarie. Pertanto, ferme restando le competenze del Servizio Sanitario Nazionale in materia di prevenzione, cura e riabilitazione, gli interventi a favore delle persone disabili a sostegno della domiciliarità sono stati realizzati prestando particolare attenzione alla necessaria integrazione tra assistenza e sanità secondo gli indirizzi della legge n. 328/2000. L’obiettivo è consentire a queste persone di vivere a casa o in un ambiente simile alla casa per contrastare il rischio di abbandono o lo sradicamento dalle abitudini e dal contesto sociale. 14 Piano Locale della Disabilità Parte Prima – Cap. 2 I.2.2. Analisi e approfondimenti I recenti cambiamenti nel modo di concepire le forme dei servizi alla persona esigono un notevole sforzo per rendere gli stessi flessibili e il più possibile personalizzati. Questo approccio culturale nuovo persegue un duplice obiettivo: da un lato, promuovere l’autonomia e l’integrazione della persona disabile, dall’altro, ridurre il carico assistenziale che grava sulla famiglia consentendole di “resistere nel tempo” e evitando l’istituzionalizzazione del proprio familiare. Esistono sul territorio reti di sostegno e di aiuto formali ed informali che potrebbero essere implementate con lo scopo non tanto di creare nuovi servizi o nuovi bisogni, quanto piuttosto di fare emergere e mettere a regime quelli che già esistono, aumentando così il numero di prestazioni erogate. Non si tratta spesso di dare risposte nuove, ma di rispondere in maniera più adeguata ai bisogni delle persone disabili. In quest’ottica, l’area disabilità è andata sempre più strutturandosi come una rete di servizi socio-sanitari che vuole integrarsi nella comunità, anche al fine di ottimizzare l’efficacia delle risorse e di impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle risposte, così da garantire reti di cura che rispondano in maniera integrata rispetto al complesso delle prestazioni e dei servizi afferenti a questa area. I bisogni delle persone sono diversi e complessi e ciascun individuo ha necessità di risposte adeguate ai “suoi problemi”. Pensare e progettare in termini di “sistema” vuol dire favorire l’integrazione sociale e socio-sanitaria tra i vari Enti che operano nella realtà territoriale di riferimento. In particolare, il Piano Locale della Disabilità definisce il sistema delle responsabilità e precisa le modalità e i contenuti delle intese per l’attuazione a livello locale dei livelli essenziali di assistenza di cui il Piano stesso ne è il perno e dovrà costituirne il modello. Tale approccio, normativamente definito, richiede l’avvio di un percorso di adeguamento della rete dei servizi esistenti, per raggiungere una sufficiente capacità di rispondere ad un progressivo aumento di domanda in questa fascia di popolazione, anello fragile della catena. I princìpi sopra esposti sono stati inclusi nel Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2003-2005 ed hanno regolamentato tutta l’attività del settore. Questi stessi princìpi vengono posti a base del presente Piano Locale della Disabilità, inteso quale strumento programmatorio di settore all’interno del nuovo Piano di Zona. In tale sede troveranno approfondimento le problematiche specificatamente richiamate per una idonea e dinamica implementazione della rete dei servizi. 15 16 Piano Locale della Disabilità Parte Prima – Cap. 3 CAPITOLO 3 – GLI ELEMENTI METODOLOGICI E PROCESSUALI I.3.1 La metodologia del percorso di costruzione del Piano Locale della Disabilità La puntuale definizione della metodologia del percorso di costruzione del Piano Locale della Disabilità si è fondata su due pilastri. Il primo è rappresentato da una serie di aspetti basilari che, alla luce delle peculiarità e delle problematicità dell’ambito considerato, connotano storicamente, operativamente e strutturalmente l’azione programmatoria dei Comuni e dell’Azienda ULSS n. 20. L’altro pilastro, altrettanto indispensabile, è costituito da una precisa scelta: anche alla luce delle competenze assegnate dalla vigente normativa nazionale e regionale, è apparsa necessaria ed opportuna la definizione concordata tra i Comuni del territorio e l’Azienda ULSS n. 20 di una procedura locale di elaborazione di questo Piano settoriale. Due sono le ragioni a fondamento di siffatta decisione: da un lato, l’intenzione di dotarsi di una metodologia, formalizzata e definita compiutamente in un processo, quale elemento fondante e qualificante la fase di programmazione e, dall’altro, l’intento di operare in analogia ed in continuità rispetto a quanto avvenuto per il recente Piano Locale della Domiciliarità, pur questa volta, in assenza di una specifica direttiva regionale. In dettaglio, a livello procedurale e di operatività concreta, sono stati assunti, quali punti di riferimento e di orientamento nella definizione di una specifica metodologia concertata tra i principali soggetti istituzionali coinvolti (Enti locali e Azienda ULSS), i seguenti aspetti: • l’approccio in termini di governance al processo di programmazione e di gestione del PLDisabilità; • la continuità con il vigente Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2003-2005 con particolare riferimento agli indirizzi programmatici delineati, alle necessità di implementazione del sistema relativamente all’Area Disabilità e ai Tavoli Tematici e Distrettuali attivati in sede di redazione del piano; • la necessaria continuità con il prossimo Piano di Zona del quale il presente Piano costituisce parte integrante e settoriale in una logica di implementazione e di raccordo del processo di programmazione sociale e socio-sanitaria; • le competenze assegnate all’Azienda ULSS dall’art. 5 della L.R. n. 55/1982 e dall’art. 132 della L.R. n. 11/2001 in relazione alla gestione obbligatoria delle attività socio-sanitarie rivolte alle persone con disabilità; • le indicazioni fornite dalla DGR n. 1764 del 18 giugno 2004 “Linee guida per la predisposizione dei Piani di Zona”; • le indicazioni contenute nella Circolare regionale del 15 settembre 2006 prot. n. 532044/50000 con particolare riferimento alla designazione di un referente tecnico; • l’attenzione per l’ambito distrettuale e di conseguenza un processo di implementazione del Piano Locale della Disabilità a partire dal territorio; • la separazione tra ambito politico e ambito tecnico; • l’utilizzo di appositi Tavoli Tematici Sovradistrettuale e Distrettuali; • il ruolo del Referente Tecnico designato e dell’Ufficio del Piano di Zona. 17 Piano Locale della Disabilità Parte Prima – Cap. 3 Sulla base dei menzionati criteri direttivi, l’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci dell’ambito territoriale dell’Azienda ULSS n. 20, di concerto con la medesima, con provvedimento del 7 novembre 2006 n. 6, ha approvato la metodologia del percorso per la predisposizione del Piano Locale della Disabilità sia con riferimento alle fasi procedurali sia agli “organismi”. In relazione all’assetto organizzativo sono state individuate due dimensioni: una di carattere politico-strategico e l’altra di natura tecnico-specialistica. Per quanto concerne l’ambito politico, la dimensione strategica è stata individuata negli attuali organismi esistenti ovvero: 1. A LIVELLO DISTRETTUALE, nei Comitati dei Sindaci di Distretto nell’attuale composizione, con funzioni per il territorio di competenza e rispetto ai Tavoli Distrettuali: • di indirizzo e di supervisione; • di definizione degli obiettivi prioritari territoriali e di formulazione di proposte; 2. A LIVELLO SOVRADISTRETTUALE, dall’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci in rappresentanza dei Comuni (art. 5 L.R. n. 56/1994 come modificato dall’art. 119 L.R. n. 11/2001) e dal Direttore Generale dell’Azienda ULSS n. 20 che si avvale del Direttore dei Servizi Sociali per la stessa Azienda ULSS (art. 5 L.R. n. 5/1996), con funzioni: • di indirizzo e di supervisione durante tutto il processo di elaborazione del Piano; • di definizione delle linee politiche, della metodologia operativa, degli obiettivi prioritari e del volume complessivo delle risorse destinate. Per quanto attiene all’ambito tecnico, si fa riferimento: 1. A LIVELLO DISTRETTUALE, ai Tavoli Distrettuali con la seguente composizione: • i referenti tecnici delle Amministrazioni Comunali; • il Direttore del Distretto socio-sanitario coadiuvato da Responsabili di settori specialistici; • i rappresentanti del Terzo Settore a livello distrettuale; • i referenti degli Enti o Istituzioni interessati; con funzioni: • di ricognizione dei bisogni, dei servizi e delle risorse disponibili e/o attivabili; • di identificazione degli obiettivi strategici o prioritari; • di definizione delle modalità attuative ed operative; • di predisposizione della proposta di PLDisabilità a livello territoriale; 2. A LIVELLO SOVRADISTRETTUALE, al Tavolo Tematico Area Integrazione con la seguente composizione specifica: • il coordinatore del tavolo tematico; • il referente tecnico per il PLDisabilità designato; • il referente dell’Ufficio del Piano di Zona; • un rappresentante tecnico dei Comuni per ciascun Distretto con specifiche competenze per l’Area Disabilità; • il Coordinatore dei Direttori di Distretto; con funzioni: • di proporre strategie idonee per la definizione del PLDisabilità; • di proporre obiettivi prioritari; 18 Piano Locale della Disabilità • Parte Prima – Cap. 3 di esaminare la proposta di PLDisabilità. Il raccordo tra il livello distrettuale e quello sovradistrettuale è stato assicurato sia dalla presenza nel Tavolo Tematico di rappresentanti dei Comuni e dell’Azienda ULSS sia dall’Ufficio del Piano di Zona. A livello di operatività concreta, il percorso metodologico delineato si è innestato su un lavoro preliminare compiuto dall’Azienda ULSS n. 20 in ragione delle deleghe assegnate e relativo alla ricognizione dei servizi e degli interventi esistenti sul territorio nel quadro delineato dalla DGR n. 1859/2006. Inoltre, in relazione ai tempi ristretti previsti per la conclusione del processo di redazione del PLDisabilità, si è ritenuto opportuno ricorrere in questa fase, a livello distrettuale, alla convocazione congiunta dei Comitati dei Sindaci di Distretto e dei Tavoli tematici. Al fine di garantire, da un lato, l’efficienza e l’efficacia del processo di elaborazione del PLDisabilità, come per il precedente Piano Locale per la Domiciliarità, l’Ufficio del Piano di Zona ha assunto la funzione di supportare tutto il processo di costruzione del Piano Locale della Disabilità sotto l’aspetto tecnico-operativo nei diversi livelli operativi (distrettuali e sovra-distrettuale) con particolare riferimento alle dimensioni organizzative (modalità – approccio – strategia), comunicative e tecnicometodologiche (predisposizione di format, supporto all’elaborazione dei dati e alla stesura del Piano). Rispetto al PLDisabilità, l’Ufficio di Piano ha, in particolare, curato i rapporti con il Referente tecnico designato, con i competenti Servizi Comunali e con i Servizi dell’Azienda ULSS. Inoltre i referenti dell’Ufficio del Piano di Zona hanno coordinato i Tavoli di lavoro distrettuali e sovradistrettuale. Infine, con il citato provvedimento n. 6/2006, l’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci d’intesa con l’Azienda ULSS n. 20, in ottemperanza alla già menzionata comunicazione regionale del 15 settembre 2006, ha altresì provveduto alla nomina del referente tecnico per il Piano Locale della Disabilità nella persona del responsabile dell’Area Handicap della Direzione dei Servizi Sociali della medesima Azienda. 19 Piano Locale della Disabilità Parte Prima – Cap. 3 I.3.2 Il processo di elaborazione La Conferenza dei Sindaci, nel procedimento di approvazione della metodologia del Piano Locale della Disabilità, ha contestualmente fatto proprio il quadro riepilogativo dello sviluppo logico-temporale delle attività necessarie per giungere, nei tempi previsti dalla DGR n. 1859/2006, all’elaborazione del Piano stesso, oltre che dei soggetti responsabili di ciascuna azione. Sintetizzato, a cura dell’Ufficio di Piano, in uno specifico diagramma di Gantt, sotto riportato, il percorso elaborativo è stato suddiviso in quattro sezioni, attinenti alle attività poste in essere rispettivamente dagli organismi rappresentativo-decisionali della Conferenza dei Sindaci e dell’Esecutivo, dal Tavolo tecnico sovradistrettuale, dai soggetti politici e tecnici presenti nell’articolazione distrettuale, dall’Ufficio del Piano di Zona. I tempi, rispetto ai quali si è ritenuto opportuno sottolineare le date cosiddette critiche, sono stati condizionati, non solo in termini di vincolo ma anche di opportunità, fondamentalmente da due fattori: • la deliberazione regionale sopra citata che ha indicato in modo preciso il ristretto spazio utile per la realizzazione dell’intero percorso di elaborazione; • la flessibilità e la capacità di adattamento a livello distrettuale e sovradistrettuale dei tavoli tecnici di rispondere agli input dei tavoli strategicopolitici. In sintesi, si può affermare che quanto previsto in sede di Conferenza dei Sindaci ad avvio dell’intero procedimento è stato sostanzialmente rispettato sia con rifeirmento agli step temporali che in relazione ai contenuti che hanno arricchito, secondo una logica prettamente incrementale, la costruzione del Piano Locale della Disabilità. La rappresentazione tramite il cronogramma ha permesso, inoltre, a tutti i soggetti coinvolti di affrontare realmente in termini di processo sia la scansione temporale delle attività da realizzare, sia le interrelazioni e la possibile propedeuticità tra di esse, sia infine l’effettiva assunzione di responsabilità rispetto ad ogni specifica azione unitamente alla costruzione di meccanismi di condivisione e partecipazione. Sinteticamente i numeri più indicativi del lavoro svolto da ottobre a dicembre 2006 sono stati: due sedute dell’Esecutivo e altrettante della Conferenza dei Sindaci, due incontri del Tavolo tecnico sovradistrettuale, nove incontri dei Comitati dei Sindaci di Distretto e dei Presidenti di Circoscrizione e altrettante sedute dei Tavoli tecnici distrettuali. In vista dell’ormai prossimo avvio del più ampio processo di pianificazione e programmazione che porterà all’adozione del nuovo Piano di Zona va rilevato come l’utilizzo di strumenti quali il diagramma di Gantt possa, senza dubbio, favorire un corretto sviluppo progettuale. Con esso, infatti, possono essere monitorate e verificate tutte quelle variabili connesse agli obiettivi generali (e specifici) approvati dalla Conferenza dei Sindaci in sede di avvio del processo pianificatorio, agendo ex ante, in itinere ed ex post secondo metodologie proprie della valutazione. Di seguito è riportato il diagramma utilizzato nella costruzione del Piano Locale della Disabilità, tramite il quale è possibile leggere il suo sviluppo logico-temporale. 20 1 Pres. Conf. Sin. Coord. UdP Referenti Distr. Resp. Proc. Resp. Tec.-org. Resp. Amm.vo Resp. Giuridio Resp. Promoz. 25-31 dic. 06 18-24 dic. 11-17 dic. 06 4-10 dic. 06 27-3 dic. 06 20-26 nov. 06 13-19 nov. 06 6-12 nov. 06 Esecutivo e Conferenza dei Sindaci 1.1 Esecutivo – approvazione metodologia operativa e designazione Referente Tecnico 1.2 Conferenza dei Sindaci – approvazione metodologia operativa 1.3 Esecutivo – approvazione della proposta di Piano 1.4 Conferenza dei Sindaci – approvazione del Piano A.Ulss – approvazione del Piano 1.5 Trasmissione in Regione PLDisabilità approvato 2 Date critiche 30-5 nov. 06 Attività Parte Prima – Cap. 3 23-29 ott. 06 Piano Locale della Disabilità 07/11/06 R 21/11/06 R 12/12/06 R 15/12/06 R 20/12/06 R Tavolo Sovradistrettuale 2.1 Convocazione Tavolo sovradistrettuale 07/11/06 R 2.2 1^ incontro Tavolo sovradistrettuale: presentazione DGR n. 13/11/06 R 2.3 Convocazione Tavolo sovradistrettuale 30/11/06 R 2.4 2^ incontro Tavolo sovradistrettuale: presentazione e condivisione proposta Piano 04/12/06 R 1859/2006 – condivisione processo e strumenti metodologici – presentazione materiale di lavoro – indicazione aspetti prioritari o strategici 21 Piano Locale della Disabilità 3 Distretti (programmazione) 3.1 Convocazione incontro Comitati dei Sindaci di Distretto e Tavoli tecnici 3.2 1^ incontro Comitati dei Sindaci di Distretto e Tavoli tecnici: presentazione DGR n. 1859/2006 – condivisione processo e metodologia – presentazione materiale di lavoro – analisi dati distrettuali – eventuale integrazione – formulazione prime osservazioni 3.3 Convocazione incontro Comitati dei Sindaci di Distretto e Tavoli tecnici 3.4 2^ incontro Comitati dei Sindaci di Distretto e Tavoli tecnici: presentazione e condivisione proposta Piano – definizione aspetti prioritari o strategici – verifica processo 3.5 Convocazione incontro Comitati dei Sindaci di Distretto e Tavoli tecnici 3.6 3^ incontro Comitati dei Sindaci di Distretto e Tavoli tecnici: presentazione Piano Locale Disab. – verifica processo 4 Parte Prima – Cap. 3 R R 13/11/06 20/11/06 R 27/11/06 04/12/06 R R 19/12/06 R Ufficio di Piano 4.1 1^ Incontro Direttore Servizi Sociali A.Ulss n. 20 e Referente 24/10/06 tecnico: ricevimento e analisi materiale di lavoro per predisposizione R PLDisabilità 2^ Incontro Direttore Servizi Sociali: condivisione processo e metodologia 4.2 2^ incontro Referente Tecnico: definizione schema PLDisabilità 02/11/06 R R (indice, contenuti principali, programmazione tempi e lavoro) e modalità conduzione Tavoli 4.3 3^ Incontro Referente Tecnico: analisi dati raccolti – eventuale integrazione ed elaborazione dati 4.4 4^ incontro Referente Tecnico: redazione proposta PLDisabilità 4.5 3^ incontro Direttore Servizi Sociali: condivisione proposta PLDisabilità - verifica processo 4.6 Presentazione proposta PLDisabilità e recepimento integrazioni e/o R R R R modifiche: Comitati Sindaci Distretto – Tavolo sovradistrettuale – Tavoli distrettuali 09/12/06 4.7 4^ Incontro Direttore Servizi Sociali e 5^ incontro Referente Tecnico: stesura proposta definitiva PLDisabilità – verifica processo 4.8 Pprogrammazione attività realizzative e di implementazione del PLDisabilità approvato 4.9 Elaborazione e stesura strumenti giuridici PLDisabilità R R R 22 Piano Locale della Disabilità Parte Prima – Cap. 3 I.3.3 Gli attori In questo processo, due sono stati gli attori istituzionali coinvolti nella realizzazione del Piano Locale della Disabilità: i trentasei Comuni del territorio e l’Azienda ULSS n. 20. I Comuni Il coinvolgimento dei Comuni nella definizione e nella successiva approvazione di questa importante programmazione d’ambito non si è limitato al livello istituzionale o formale o avvertito come semplicemente dovuto alla luce della normativa vigente (che assegna all’Ente locale la generalità delle funzioni e dei compiti in materia sociale e competenze specifiche in ambito socio-sanitario), della titolarità di precisi servizi ed interventi (il servizio sociale professionale, l’assistenza domiciliare, ecc.), dello stesso dettato della deliberazione regionale n. 1859/2006 senza considerare poi il ruolo fondamentale proprio della Conferenza dei Sindaci. Invero, la partecipazione degli Enti locali al processo programmatorio si è innestata su un lavoro preliminare di ricognizione della situazione esistente in termini di dati, servizi ed interventi effettuato dall’Azienda ULSS n. 20 in ragione delle deleghe obbligatorie assegnatele dalla L.R. n. 55/1982 e conseguentemente frutto della gestione diretta di siffatti servizi su tutto il territorio. Di conseguenza, l’intervento dei Comuni si è connotato inizialmente come una presa d’atto ed una verifica circa lo stato attuale dell’area della disabilità globalmente intesa e con riferimento alle singole dimensioni distrettuali e successivamente in termini di attiva partecipazione, quale momento di riflessione su tematiche importanti per il benessere dei cittadini, di confronto e di definizione di indirizzi e di priorità per lo sviluppo futuro del “sistema”. Questi fattori hanno gettato quelle premesse di condivisione del percorso e delle scelte che sono fondamentali per il successo del Piano e per perseguimento del suo obiettivo primario: la valorizzazione delle risorse della comunità locale per la realizzazione di un sistema integrato di servizi ed attività che permetta di articolare risposte efficaci in relazione alle peculiarità territoriali, alla domanda accertata e alle risorse disponibili nell’area della disabilità. Il dialogo costruttivo di confronto tra Comuni e l’Azienda ULSS, pur nel ristretto arco temporale assegnato per la costruzione del PLDisabilità, e gli indirizzi emersi trovano in questa sede un’espressione di massima che sarà sviluppata nell’imminente Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009. L’Azienda ULSS Altro soggetto fondamentale per la costruzione del PLDisabilità è stata l’Azienda ULSS n. 20. L’Azienda, sulla base dell’art. 5 della L.R. n. 55/1982 e dell’art. 132 della L.R. n. 11/2001, svolge funzioni di programmazione, progettazione e gestione dei servizi sociali in relazione alla gestione obbligatoria di attività socio-sanitarie rivolte alle persone con disabilità, come determinate dalla normativa regionale vigente ed in coerenza con gli indirizzi espressi dalla Conferenza dei Sindaci. 23 Piano Locale della Disabilità Parte Prima – Cap. 3 Pertanto, come detto, il processo di costruzione di questo Piano settoriale è stato avviato dalla suddetta Azienda. Va rilevato che, anche in questo caso, al di là delle attribuzioni istituzionali in campo socio-sanitario e sanitario (assicurare le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, all’individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite, e assicurare le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria) e delle funzioni assegnate per il coordinamento (in specifico coordinare e raccordare tra gli Enti l’attuazione degli interventi e delle attività previste nel PLDisabilità e nei progetti individualizzati; sollecitare gli Enti ed i servizi di competenza in caso di difficoltà emergenti; coordinare la redazione della Carta dei servizi sociali e sanitari per la disabilità; essere referente nei rapporti con la Regione, ecc.) è stata particolarmente qualificante l’ottica di sinergia e di raffronto con gli Enti locali ed i loro organismi tecnici su tutti gli aspetti del Piano con particolare riferimento all’Ufficio del Piano di Zona. Una sinergia che si è sostanziata nella condivisione della metodologia, del percorso del processo, delle logiche portanti del documento di piano, nella sua “costruzione” e nella precisa volontà di definire congiuntamente, nel prossimo futuro, tutti gli elementi critici o problematici del Piano stesso nell’ambito della imminente pianificazione zonale. La Provincia Per iniziativa della stessa Regione, le competenze relative alle disabilità sensoriali non rientrano nell’ambito del presente Piano e si rinvia quindi ad un successivo provvedimento attuativo di apposite linee guida regionali in materia. Il Terzo Settore Il PLDisabilità prevede espressamente la partecipazione dei soggetti del Terzo Settore alle fasi programmatorie ed elaborative in linea con le disposizioni contenute nella L.R. n. 5/1996, nella legge quadro n. 328/2000 e nella recente DGR n. 1764/2004. In particolare, nell’area della disabilità, si considerano indispensabili gli apporti delle Associazioni dei Familiari delle persone con disabilità e delle Cooperazioni sociali ai fini della programmazione locale. La suddetta partecipazione acquisisce una natura sostanziale e non meramente ricognitiva o formale se viene ancorata alla possibilità, prevista dal Piano, di destinare proprie risorse alla realizzazione di interventi nel campo dell’assistenza domiciliare e dell’aiuto alla persona. Alla luce della ristrettezza dei tempi assegnati dalla Regione per la predisposizione ed approvazione del PLDisabilità, il coinvolgimento dei soggetti del Terzo Settore in tale fase non può che essere stato alquanto limitato. Nel processo è stata comunque coinvolta la Consulta delle Associazioni di Handicap del Comune di Verona che comprende svariate Associazioni la cui operatività si estende a gran parte del territorio provinciale. Una vera e significativa mobilitazione dei vari attori sociali (no profit e profit) necessita però di un periodo temporale ben più ampio e di un percorso di condivisione delle scelte strategiche ed operative che potrà realizzarsi solamente in una fase successiva alla scadenza regionale. 24 Piano Locale della Disabilità Parte Prima – Cap. 3 I suddetti soggetti sono attori indispensabili per la compiuta definizione del processo programmatorio e per la reale sussistenza di una rete di servizi e di interventi a tutela del cittadino in condizioni di disabilità, ma anche per dare concreta attuazione/operatività al PLDisabilità e per il successivo percorso di implementazione dello stesso soprattutto in relazione e nell’ambito dell’avvio del processo di costruzione del nuovo Piano di Zona dei Servizi alla Persona. Considerazioni generali Con riferimento agli attori, una considerazione generale appare doverosa: la Conferenza dei Sindaci dei Comuni e l’Azienda ULSS, con l’approvazione di due Piani di Zona, del Piano Locale per la Domiciliarità e di questo Piano settoriale, confermano la volontà di rafforzare una prassi operativa e procedurale per governare le politiche sociali, socio-sanitarie e sanitarie del proprio territorio che è ormai consolidata e che risulta parte integrante della propria “tradizione” storica. Una intenzione che, come detto, si fonda, da un lato, sul dialogo e sul confronto propositivo costante e, dall’altro, sulla consapevolezza della necessità di implementare la presenza attiva dei soggetti del Terzo Settore. Risulta quindi indispensabile perseguire la co-progettazione e la co-realizzazione tra tutti i soggetti coinvolti per valorizzare al meglio quelle risorse potenziali che costituiscono i veri fattori di sviluppo di una comunità in un’ottica di condivisione degli obiettivi e delle azioni attraverso un percorso specifico e formalizzato, non occasionale ma costante nel tempo, che costituisce uno degli obiettivi primari della programmazione locale. Poiché è stato recentissimamente avviato uno specifico processo per la costruzione di nuove regole per la prossima pianificazione zonale (Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009), nell’ambito dei percorsi e dei Tavoli Tematici che saranno avviati, è prevista la partecipazione al processo programmatorio dei diversi attori sociali, in particolare quelli del Terzo Settore, anche per quanto attiene all’elaborazione di specifiche progettualità e per la concreta attuazione del Piano Locale della Disabilità. 25 26 Piano Locale della Disabilità Parte Seconda – Cap. 1 PARTE SECONDA CAPITOLO 1 – L’ACCESSO AL SISTEMA DELLA DISABILITÀ Il sistema dei servizi e degli interventi sul nostro territorio si è sviluppato attraverso la realizzazione di processi e percorsi di integrazione sociale, promuovendo l’attivazione di azioni finalizzate alla prevenzione, alla diagnosi precoce delle disabilità, alla riabilitazione, all’integrazione scolastica, alla promozione di interventi finalizzati a favorire la partecipazione attiva alla vita sociale. Si sono consolidate nell’Azienda ULSS n. 20 modalità e ambiti organizzativi e gestionali che assicurano i livelli essenziali di assistenza sanitaria. Inoltre, la capillare distribuzione nel territorio dei servizi diurni e di servizi di supporto alla famiglia ha permesso di ridurre il fenomeno dell’istituzionalizzazione e sviluppato progressivamente una cultura della domiciliarità. 27 Piano Locale della Disabilità Parte Seconda – Cap. 1 II.1.1 I destinatari degli interventi In attesa della diffusione operativa dello strumento di accertamento e valutazione della salute e della disabilità denominato Classificazione Internazionale sul Funzionamento Disabilità e Salute (ICF), elaborato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, attualmente si fa riferimento alle tipologie individuate nell’ambito della programmazione sin qui sostenuta dalla Conferenza dei Sindaci e dalle Linee di indirizzo regionali. Sono destinatari degli interventi della DGR n. 1859/2006 e del Piano Locale della Disabilità le persone con disabilità come individuate dall’art. 3 della legge 5 febbraio 1992 n. 104. Il sistema della disabilità è infatti rivolto alle persone con disabilità in età compresa tra gli zero e i sessantaquattro anni e alle loro famiglie, residenti o temporaneamente domiciliate nel Veneto. Dal compimento del sessantacinquesimo anno di età, le persone con disabilità usufruiscono dei servizi e delle prestazioni previsti per le persone anziane non autosufficienti. Per le persone con disabilità che sono inserite nelle diverse tipologie di servizi residenziali e che diventano sessantacinquenni, l’UVMD deve predisporre un progetto individuale anche a lungo termine, che risulti appropriato ed idoneo alla tipologia di interventi maggiormente rispondenti ai bisogni e alle aspettative delle persone con disabilità di età anziana e delle loro famiglie. Il sistema della disabilità riguarda, in particolare, persone con: • disabilità intellettive: ritardo mentale legato a cause genetiche, lesioni cerebrali dovute a malattie, intossicazioni di varia natura o traumi; • disabilità neuro-motorie: distrofia muscolare e altre forme di malattie neuromuscolari legate a cause genetiche, morbo di Parkinson, sclerosi multipla e altre forme di disabilità neurologiche progressive, paraplegie e tetraplegie, esiti di trauma cranico o di grave cerebrovasculolesione; • disabilità insorte in età neonatale e perinatale con cerebromotolesioni. L’applicazione della classificazione ICF permetterà di ridefinire i percorsi di presa in carico sulla base di specifiche valutazioni individualizzate mediante la SVAMDI, a prescindere dalle diagnosi formulate in sede di accertamento dell’invalidità civile. L’attuale definizione di tipologie di disabilità adottata dalla programmazione risulta finalizzata a individuare le diverse competenze in termini di presa in carico tra Area Disabilità e Area Salute Mentale dell’Azienda ULSS n. 20. La confluenza delle tipologie di disabilità in un’unica classificazione universale, qual è l’ICF, indurrà una revisione dei criteri di valutazione delle singole situazioni ed una organizzazione delle risorse in virtù di una presa in carico unitaria in sede distrettuale. 28 Piano Locale della Disabilità Parte Seconda – Cap. 1 II.1.2 La valutazione multidimensionale La valutazione per la presa in carico del disabile avviene attraverso l’Unità di Valutazione Multidimensionale Distrettuale (UVMD) e attraverso la predisposizione di un Progetto Educativo Individuale (PEI) che permette l’accesso alla rete dei servizi del sistema della domiciliarità e della residenzialità. L’approvazione del progetto individuale richiede previamente la valutazione della situazione complessiva della persona con disabilità, del suo contesto sociale e familiare, in un ottica multidisciplinare e multiprofessionale. Nella logica della centralità della persona e della sua famiglia, la valutazione dovrà inevitabilmente contemplare percorsi appropriati e rispondenti alle necessità delle varie fasi della vita della persona disabile. La valutazione e l’approvazione del progetto individuale spetta alla UVMD, di cui alla DGR n. 3242/2001. Ai fini della sua composizione e funzionamento, la DGR n. 1859/2006 prevede che ogni Azienda ULSS adotti il regolamento locale della UVMD, che comprende i criteri e le modalità della sua composizione nella valutazione dei progetti individuali per i disabili, entro 180 giorni dall’approvazione del menzionato provvedimento amministrativo regionale. A tale riguardo, va rilevato che l’Azienda ULSS n. 20 ha già un proprio atto regolamentare in materia e pertanto, ai fini della DGR n. 1859/2006, lo stesso sarà assoggettato ad una revisione con conseguente eventuale modifica di concerto con la Conferenza dei Sindaci. L’UVMD è composta dai seguenti operatori: direttore di distretto o suo incaricato, medico di medicina generale, assistente sociale del Comune di residenza dell’utente, assistente sociale dei servizi territoriali del distretto. In relazione alla valutazione e al progetto individuale, l’UVMD può essere integrata da operatori professionali quali: psicologo, educatore professionale, fisiatra, terapista della riabilitazione, psichiatra, logopedista, operatore socio-sanitario. La valutazione in UVMD può essere effettuata su richiesta da parte: • della persona; • della famiglia; • di uno dei soggetti istituzionali titolari di competenze nell’area della disabilità; • da uno dei soggetti gestori di servizi coinvolti nella realizzazione del progetto individuale di intervento. La valutazione da parte dell’UVMD come sopra delineata è necessaria quando il progetto individuale di intervento comprende l’accesso ad almeno uno dei seguenti servizi: • assistenza domiciliare integrata, con interventi sanitari di tipo specialistico e di tipo riabilitativo; • accoglienza temporanea o definitiva in struttura residenziale; • accesso ai servizi diurni per persone con disabilità. Per l’accesso agli altri servizi del sistema della domiciliarità, compresi i servizi di integrazione scolastica e di inserimento lavorativo, si procede attraverso una valutazione semplificata, anche monoprofessionale (Unità Valutativa dei Servizi Sociali) secondo le modalità definite in specifici atti regionali di programmazione settoriale e secondo le modalità definite nel regolamento generale dell’UVMD. 29 Piano Locale della Disabilità Parte Seconda – Cap. 1 L’accesso ai contributi economici a sostegno della famiglia definiti assegni di cura avviene invece secondo modalità e con strumenti definiti nella DGR n. 39/2006 e nel Piano locale per la Domiciliarità cui si rinvia. In attesa dell’adozione di un nuovo strumento di valutazione denominato Scheda Valutazione Multidimensionale Disabili (SVAMDI) da parte della Regione Veneto, in sede di valutazione multidimensionale, si utilizzano gli strumenti già messi a punto da un gruppo di lavoro dell’Area Disabilità dei Servizi Sociali dell’Azienda ULSS ed attualmente in uso. 30 Piano Locale della Disabilità Parte Seconda – Cap. 1 II.1.3 Il servizio sociale e psicologico nell’area della disabilità degli adulti. Il Servizio Sociale Professionale Il Servizio Sociale Professionale Disabili Adulti dell’Azienda ULSS n. 20 si compone di assistenti sociali che svolgono la propria attività nei territori dei quattro Distretti sociosanitari per le problematiche sociali di persone con disabilità psico-intellettiva, psicofisica e motoria. Il Servizio Sociale Professionale è dotato di una segreteria per il supporto tecnico amministrativo, per l’organizzazione dell’archivio e della banca dati. Gli interventi sociali sono rivolti a persone disabili adulte (dai 18 ai 65 anni) in possesso di certificazione di invalidità civile e di certificazione dello stato di handicap ai sensi della legge n. 104/1992, con disabilità intellettive e con disabilità neuro-motorie. Le diagnosi più frequentemente riscontrate nelle certificazioni di invalidità civile sono: cerebropatie, oligofrenie, sindrome di down, encefalopatie che presentano spesso comorbilità derivante da patologia psichiatrica, motoria, epilessia, disturbi uditivi e visivi. Il percorso di aiuto è volto a garantire una migliore qualità di vita alla persona disabile ed alla sua famiglia attraverso interventi di sostegno, di tutela e di integrazione sociale, potenziandone le capacità di relazione interpersonale e valorizzandone le competenze e le abilità sociali. Attraverso la presa in carico, il Servizio Sociale Professionale Disabili Adulti definisce e programma un processo d’aiuto con le persone disabili e le loro famiglie. Si tratta di un processo che si traduce in un progetto condiviso e concordato con le persone coinvolte ed interessate, che ha come obiettivo principale quello di promuovere la partecipazione e le loro potenzialità, anche se residue. Il progetto può prevedere dei percorsi con forme di integrazione sociale, di aiutosostegno, di consulenza, di sostegno psico-sociale alla genitorialità, di rapporti con gli Organi Giudiziari per le opportune forme di tutela della persona. Si possono individuare interventi di facilitazione, di sostegno, di mediazione, di tutela. L’Assistente sociale segue la realizzazione del processo di intervento accompagnando la famiglia nel percorso ed attivando le proprie competenze professionali, le Istituzioni, la comunità territoriale nonché le risorse individuali e familiari della persona disabile. Il Servizio Sociale Professionale ha anche compiti di: • segretariato sociale ossia valuta le richieste di intervento al fine di presa in carico della situazione o di invio per competenze professionali e per i bisogni emersi ai servizi competenti; • valutazione del livello di gravità della disabilità di persone inserite nei centri semi residenziali, al fine di individuare l’impegno assistenziale richiesto alle strutture in particolare alle cooperative private convenzionate con l’Azienda ULSS n. 20; • verifica e definizione di progetti socio-assistenziali di persone già inserite in centri educativi diurni dai familiari o da altri operatori sociali e privi di specifiche indicazioni di intervento. 31 Piano Locale della Disabilità Parte Seconda – Cap. 1 Importante è il lavoro di progettualità territoriale ossia di progetti volti alla promozione di una comunità sensibile e competente capace cioè di mettere in campo le proprie risorse per favorire l’accettazione e la condivisione della disabilità. Singolarmente le Assistenti sociali si occupano anche di progettualità specifiche relative al “dopo di noi”, al gruppo di auto mutuo aiuto per genitori di persone disabili adulte, al tempo libero e alle reti sociali. Alcune di esse si occupano inoltre di: • valutazione di bisogni legati a patologie gravi con conseguenze invalidanti non in carico al Servizio Sociale Professionale Disabili Adulti al fine di individuare risposte organizzative con adeguate progettualità, in collaborazione con altri Enti; • ricerca di modalità operative che favoriscano un dialogo con il Tribunale Civile Sezione famiglia. • progetto pet-therapy. Il Servizio Sociale Professionale può avvalersi della consulenza di figure professionali sanitarie quali il servizio di psicologia, medici di medicina generale e medici specialisti. Elementi prevalenti nell’operatività del servizio sono: • il riconoscimento della soggettività, delle potenzialità della persona disabile come attore dell’intervento; • il riconoscimento delle potenzialità e delle risorse presenti nel contesto familiare e sociale; • la ricerca di sinergie attraverso la cooperazione, la collaborazione, la negoziazione; • il riconoscimento del limite e della parzialità dell’intervento professionale che porta ad uscire dall’idea di centralità del servizio. Va sottolineato, infine, che è stato avviato un percorso per definire una funzione distrettuale integrata con l’intera rete dei servizi tra il Comune di Verona, l’Azienda Ospedaliera e l’Azienda ULSS n. 20 che troverà sviluppo in sede di Piano di Zona. Il Servizio Psicologico Il Servizio Psicologico opera in modo trasversale agli altri Servizi dell’Area Disabilità occupandosi della disabilità adulta in carico ai Servizi Sociali ed è costituito da psicologhe che lavorano presso la sede dei Servizi Sociali dell’Azienda ULSS n. 20 ubicata a Verona, Corso Porta Palio n. 30, e presso le sedi decentrate nelle realtà distrettuali. I destinatari del servizio sono: • disabili intellettivi e motori adulti; • familiari dei disabili; • operatori sociali dei seguenti servizi: - Servizio Sociale Handicap Adulto; - Servizio Ceod; - Servizio di Inserimento Lavorativo; - Servizio Domiciliare Socio-riabilitativo; - Servizio di Aiuto Personale e Vita Indipendente. Gli interventi riguardano: • sostegni psicologici con cadenza periodica a disabili intellettivi con insufficienza mentale lieve e a disabili motori. I sostegni non hanno fini psicoterapeutici, ma hanno la funzione di rielaborare eventi critici del soggetto per sostenerlo nel 32 Piano Locale della Disabilità • • Parte Seconda – Cap. 1 suo percorso educativo o lavorativo. Possono venire richiesti dalla persona stessa mentre se vengono suggeriti dagli operatori sociali la decisione deve essere sempre condivisa dall’interessato; valutazione cognitiva (Scala WAIS-R) di utenti già seguiti dai servizi sociali ed in possesso di certificato di invalidità civile per eventuali richieste di aggravamento e per la progettazione di interventi educativi; interventi di consulenza alle famiglie di disabili intellettivi e motori su richiesta delle stesse o su segnalazione degli operatori sociali in accordo con le famiglie per la gestione di momenti critici. Tale consulenza prevede, in linea di massima ed in base alle diverse richieste, incontri di conoscenza con il nucleo familiare e con il disabile, valutazione e restituzione della problematica con eventuali indicazioni e verifiche della situazione. 33 34 Piano Locale della Disabilità Parte Seconda – Cap. 2 CAPITOLO 2 – IL SISTEMA INFORMATIVO II.2.1 Lo Sportello Integrato Al fine di assicurare l’accesso ai servizi da parte dei cittadini secondo princìpi di uniformità ed omogeneità su tutto il territorio regionale, la DGR n. 1859/2006 e conseguentemente il Piano Locale della Disabilità prevedono l’utilizzo dello Sportello Integrato, realizzato secondo le modalità indicate nella DGR n. 39/2006 relativa al Piano Locale per la Domiciliarità. In linea generale, con lo Sportello Integrato si intende promuovere la piena integrazione tra i vari sportelli attivi sul territorio sia in ambito comunale che distrettuale, affinché possano rispondere ancora più efficacemente ed in tempo reale alle necessità informative delle persone e degli operatori che vi accedono. Lo Sportello dovrebbe essere, al tempo stesso, l’effettiva porta di accesso integrata al sistema informativo della rete dei servizi nel suo complesso quindi oltre la specificità di ogni singola area. Per quanto attiene a questo Piano settoriale, va sottolineato che da tempo è attivo il servizio di Informa Handicap che garantisce una significativa funzione di sportello integrato nei distretti n. 1 e n. 2. L’Informa Handicap, ubicato presso la sede centrale dei Servizi Sociali dell’Azienda ULSS n. 20 in Verona, Corso Porta Palio n. 30, è rivolto alle persone con disabilità, alle loro famiglie, agli operatori sociali e a tutti coloro che desiderano ricevere chiarimenti nel settore della disabilità. Il servizio eroga informazioni, orientamento e consulenza, pur non gestendo direttamente la presa in carico, ma offrendo percorsi di avvicinamento ai servizi e alle opportunità offerte dal territorio. In particolare: • promuove il dialogo fra i cittadini e i servizi; • favorisce le occasioni di confronto per ottenere informazioni utili al superamento dell’handicap (barriere architettoniche, richieste di ausili, accesso ai servizi, informazioni su invalidità e legge n. 104/1992); • valorizza il ruolo delle persone con disabilità, delle famiglie e di coloro che operano nel settore delle istituzioni, favorendo lo scambio informativo e la mutua collaborazione. Come disposto dalla DGR n. 39/2006, le funzioni dello Sportello Integrato possono essere dislocate anche in sedi decentrate nel territorio purché sia assicurata la condivisione in rete delle informazioni e delle modalità di accesso ai servizi. In proposito, è già esistente il raccordo con i distretti socio-sanitari mediante lo Sportello per l’integrazione socio-sanitaria. 35 Piano Locale della Disabilità Parte Seconda – Cap. 2 Lo Sportello socio-sanitario presso il Distretto Lo Sportello per l’integrazione socio-sanitaria è stato avviato in via sperimentale nei Distretti n. 3 (con due sedi, presso il comune di Verona (Circoscrizione n. 7) e il comune di Grezzana) e n. 4 (con cinque sedi nei comuni di: Montecchia di Crosara, Cologna Veneta, Colognola ai Colli, Tregnago e San Bonifacio). La finalità è quella di assicurare la condivisione in rete delle informazioni e delle modalità di accesso ai servizi interagendo con i Comuni e le realtà associative presenti sul territorio distrettuale. Lo Sportello assume poi un ruolo importante in quanto attraverso la conoscenza approfondita dei servizi socio-sanitari del territorio, ne facilita l’accesso, attiva risorse e interventi per coloro che presentano situazioni di disabilità. In dettaglio, lo Sportello socio-sanitario distrettuale svolge le seguenti funzioni: • raccoglie dati e informazioni sulle risorse e sui servizi pubblici e privati esistenti sul territorio; • classifica ed elabora le informazioni raccolte e le mette a disposizione del Direttore del Distretto e del Direttore dei Servizi Sociali, dei Comuni e delle realtà associative per una adeguata programmazione di assistenza territoriale integrata; • fornisce informazioni sui servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali facilitando i percorsi di accesso in un’ottica di maggiore trasparenza e fiducia nelle relazioni tra cittadino e i soggetti erogatori di servizi pubblici o privati; • approfondisce le conoscenze rispetto a situazioni segnalate in ambito territoriale che richiedono l’intervento dei servizi sociali; • non prende in carico situazioni singole ma eventualmente le segnala ai competenti servizi. Considerazioni generali Uno degli obiettivi fondamentali da perseguire secondo tempi e modalità possibili è l’integrazione da attivarsi a livello distrettuale tra centri sociali territoriali dei Comuni e servizi socio-sanitari dell’Azienda ULSS n. 20. L’integrazione attualmente sussiste riguardo l’attivazione della UVMD e con riferimento ad una funzione informativa generale svolta da tutti gli operatori sociali e socio-sanitari. Alla luce pertanto dell’attuale assetto organizzativo delineato, delle sperimentazioni in atto e delle linee di indirizzo tracciate dalle citate deliberazioni regionali n. 39/2006 e n. 1859/2006, si intende ridefinire l’attuale rete di sportelli anche elaborando uno specifico modello che tenga conto della realtà esistente e delle peculiarità del territorio eventualmente definendo anche un apposito protocollo d’intesa. 36 Piano Locale della Disabilità Parte Seconda – Cap. 2 II.2.2 La Carta dei Servizi La DGR n. 1859/2006 prevede la redazione di una specifica “Carta dei servizi sociali e sanitari” da parte delle Aziende ULSS. In generale, va sottolineato che la carta dei servizi è uno strumento di informazione che afferisce ad un ambito determinato, costituito, in questo caso, dall’Area della Disabilità, e che indica, da un lato, le prestazioni, i servizi e le opportunità, dall’altro, le informazioni basilari sulla struttura organizzativa degli Enti erogatori e sulle modalità di accesso. La Carta è rivolta ai cittadini, alle famiglie, alle Associazioni ed a tutti gli operatori pubblici e del privato sociale. Nello specifico, la “Carta dei servizi dell’area della disabilità” è stata redatta dall’Azienda ULSS n. 20 a partire dall’anno 1999 ed aggiornata con cadenza annuale. L’attuale Carta, aggiornata al 10 novembre 2006, è stata pensata in maniera da consentire una semplice consultazione: contiene le informazioni di base e rinvia, per ulteriori ragguagli e approfondimenti, direttamente alle unità operative, articolate per: • Area informativo-promozionale comprendente: - i Servizi socio-sanitari; - l’Informa Handicap; - il Servizio Integrazione socio-sanitaria presso i Distretti; - il Servizio per il riconoscimento dell’invalidità civile; • Area domiciliarità comprendente: - il Servizio di assistenza domiciliare socio-riabilitativa (SADSR); - il Servizio di aiuto personale e vita indipendente; - il Servizio per i soggiorni climatici; - il Servizio di coordinamento ai CEOD; - il Servizio di animazione sociale; • Area formazione-lavoro comprendente: - il Servizio di integrazione lavorativa; - il Servizio di animazione estiva; • Area residenzialità comprendente: - il Servizio residenze sanitarie assistenziali; - il Servizio residenzialità disabili; - il Centro riabilitativo di ricerca e intervento sociale (CERRIS); • Area territoriale comprendente: - il Servizio psicologico disabili adulti; - il Servizio sociale professionale. La carta, pubblicizzata e distribuita nelle opportune sedi, costituisce un documento da interpretare in chiave dinamica e come processo che troverà sviluppi e personalizzazione presso le singole realtà erogatrici e pertanto sarà oggetto di continui momenti di verifica ed integrazione. 37 38 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 PARTE TERZA CAPITOLO 1 – IL SISTEMA DELLA DOMICILIARITÀ Il sistema della domiciliarità, come definito dalla DGR n. 1859 del 13 giugno 2006, prevede l’organizzazione di modelli territoriali, negli ambiti di promozione dell’autonomia personale, dei servizi diurni, dei servizi domiciliari, dei sostegni economici e degli interventi di sollievo. Le politiche di sostegno della domiciliarità hanno l’obiettivo di consentire alle persone con disabilità, in condizione di dipendenza assistenziale, di trovare risposte adeguate ai bisogni rimanendo nel proprio ambito di vita. III.1.1 Gli interventi di promozione dell’autonomia personale Rientrano in tale area gli interventi, inseriti nei progetti individuali, realizzati nell’ambito dei programmi territoriali anche ai sensi della legge n. 284/1997 e di altre indicazioni normative regionali, che perseguono l’obiettivo prioritario di promuovere forme di autonomia personale nella vita di relazione, sociale e familiare. Si inseriscono in questa linea di intervento le attività ed i servizi realizzati in collaborazione con diversi soggetti pubblici e privati, Centri Multizonali, Associazioni e Cooperative sociali, Gruppi di Auto-Mutuo Aiuto, che favoriscono e potenziano l’utilizzo delle autonomie personali per migliorare le capacità di relazione, di partecipazione attiva e di integrazione sociale e lavorativa, nello sport e nel tempo libero. Il Piano Locale della Disabilità riconferma le modalità operative di realizzazione di tali programmi, le priorità e le modalità di accesso, nelle forme già approvate di concerto tra la Conferenza dei Sindaci e l’Azienda ULSS n. 20. In sede di Piano di Zona 2007-2009 le regolamentazioni medesime potranno trovare un ampio spazio di approfondimento ed aggiornamento. I Programmi Territoriali ai sensi della legge n. 284/1997: il progetto “IRIDE” Il progetto “IRIDE” si rivolge a persone disabili cieche e pluriminorate. I soggetti attuatori del progetto “IRIDE” sono l’Azienda ULSS n. 20, la Conferenza dei Sindaci, la Cooperativa Sociale “Luce e Lavoro” Onlus di Verona in collaborazione con la Provincia di Verona. Delle collaborazioni operative sono state realizzate con l’Unione Italiana Ciechi, la Lega del Filo d’oro, la Consulta Comunale delle Associazioni di Handicap del Comune di Verona, la Cooperativa sociale Galileo di Verona, la Scuola Pre-lavoro del Comune di Verona. I programmi territoriali elaborati all’interno del progetto “IRIDE” prevedono: • la collaborazione con l’Amministrazione Provinciale di Verona, i Comuni, le Aziende ULSS territorialmente competenti e l’Unione Italiana Ciechi - Sezione di 39 Piano Locale della Disabilità • • • • • • Parte Terza – Cap. 1 Verona, nella realizzazione di progetti individuali mirati allo sviluppo integrale ed armonico della persona non vedente pluriminorata, con particolare attenzione alle competenze e alla creatività potenziali; la programmazione, attuazione, verifica e validazione in itinere di progetti educativi individualizzati, secondo le caratteristiche peculiari, caratteriali, personali di ognuno, chiamato in modo attivo alla formazione e alla progettazione della propria esistenza; l’aiuto domiciliare nei confronti delle persone cieche pluriminorate, organizzato secondo parametri di efficienza, efficacia, solidale collaborazione, e supervisionato a garanzia della qualità del servizio; il sostegno psico–pedagogico, clinico-diagnostico e gli ausili tiflotecnici– tiflodidattici delle persone non vedenti e alle loro famiglie; la formazione didattica e tecnico-operativa specifica per gli operatori che lavorano con persone non vedenti pluriminorate; la sperimentazione dell’uso di nuove tecnologie, in particolare di tipo informatico e telematico, per favorire l’autonomia delle persone e per facilitare la loro integrazione sociale e lavorativa; lo sviluppo delle varie aree riguardanti la persona del cieco pluriminorato, attraverso vari mediatori, sia simbolici, sia prevalentemente analogici, basati cioè sulla libera espressione emotiva e partecipazione attiva dei soggetti. All’interno di tali ambiti, i programmi si sono articolati nelle più diverse attività che hanno riguardato in particolar modo: l’arteterapia (con l’ausilio di artisti); la musicoterapia (con musicoterapeuti diplomati); la pet-therapy (con operatori qualificati dell’Associazione S. Patrignano); la realizzazione di laboratori pratico-teorici; la realizzazione di postazioni di tiflodidattica–informatica (con la Scuola Angelo Sartori); la realizzazione di supporti e consulenze informatiche; l’attivazione di un servizio sociale dedicato nell'ambito dell'area riabilitativa; l’attivazione di laboratori di falegnameria, di cucina, di un laboratorio espressivo (découpage, bomboniere); l’inserimento lavorativo di alcuni soggetti per l’integrazione sociale; diverse occasioni di uscita (di tipo didattico, educativo, cognitivo, di svago e relax); alcuni percorsi di “orientamento e mobilità” (con l’ausilio di operatori costantemente preparati, formati e di materiale specifico per non vedenti); attività di psicoterapia (di gruppo, per operatori e percorsi individualizzati sui fruitori dei CEOD). Inoltre è stato fornito un supporto alle attività, svolte da parte di volontari e tirocinanti di scuole superiori professionali e universitari, ai corsi professionali per operatori socioassistenziali e di psico-motricità. Per ulteriori sviluppi ed informazioni sul progetto “IRIDE” si rimanda al Piano di Zona 2007-2009. L’attività di integrazione socio-lavorativa Il presente paragrafo viene inserito all’unico scopo di dare atto della complessiva rete territoriale dei servizi, con riserva di adeguamento alle emanande linee regionali in materia. Il Servizio Integrazione Lavorativa (SIL) è un’unità operativa sovradistrettuale dell’Area Disabilità dei Servizi Sociali dell’Azienda ULSS n. 20 e promuove progetti individualizzati volti a favorire e realizzare l’integrazione socio-lavorativa di persone disabili, svantaggiate e/o con problemi di salute mentale e di dipendenza, attraverso opportuni strumenti di mediazione. 40 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 Il SIL si avvale di una équipe di operatori formati che agisce in raccordo con gli altri servizi socio-sanitari e promuove collaborazioni ed intese con Enti pubblici e privati finalizzate alla creazione di opportunità formative e lavorative. Gli interventi si rivolgono a persone disabili iscritte alle liste previste dall’art. 8 della legge n. 68/1999, in particolare a soggetti con deficit intellettivo, a persone in trattamento psichiatrico segnalate dai Servizi dei Dipartimenti di Salute Mentale e delle Dipendenze dell’Azienda ULSS n. 20 e dall’Azienda Ospedaliera di Verona. In questi anni, il Servizio ha perfezionato strumenti tecnici e metodologie dedicati a potenziare le competenze personali e professionali delle persone prese in carico e, nel contempo, a negoziare con il mondo del lavoro conciliando esigenze molto lontane tra loro. L’attività si articola in una serie di progetti e di interventi a partire da una attenta valutazione della persona: • progetto di orientamento/osservazione, per aiutare la persona a conoscere le proprie competenze e attitudini sul piano dell’autonomia e dell’apprendimento, ad acquisire consapevolezza di sé, ad agevolare il rispetto di regole di base per l’inserimento lavorativo; • progetto di formazione per promuovere la maturazione complessiva delle persone e l’acquisizione di competenze sociali e di abilità lavorative; • progetto di mediazione al collocamento, per favorire il raggiungimento ed il mantenimento di un rapporto di lavoro. Tali progetti sono supportati dallo strumento del tirocinio ai sensi del D.M. n. 142/1998. Inoltre sono previsti interventi di consulenza e orientamento in materia di formazione, modalità e opportunità di accesso al lavoro, di monitoraggio delle assunzioni realizzate, di consulenza e sostegno per favorire il mantenimento del lavoro per le persone disabili già assunte. Il SIL, con il progetto di integrazione sociale in ambiente lavorativo, ha inoltre avviato una linea d’intervento socio-assistenziale per dare risposta alle persone disabili in situazione di gravità per le quali non è possibile procedere all’assunzione. Tale progetto consente la permanenza in ambiente lavorativo, con il fine del mantenimento delle residue capacità operative e relazionali, previsto dalla DGR n. 3787/2002. Per ciò che concerne le relazioni, il supporto e la consulenza, il SIL offre alle Aziende: • degli esperti che progettano gli inserimenti mirati garantendone il monitoraggio con i tutor; • l’analisi dei posti di lavoro; • l’individuazione e la formazione dei lavoratori da assumere ai sensi della legge n. 68/1999; • la consulenza ed il sostegno per favorire l’integrazione lavorativa delle persone disabili già assunte; • la promozione della collaborazione fra soggetti istituzionali del mondo imprenditoriale e dell’area della solidarietà sociale. Si rammenta che gli oneri economici relativi ai tirocini risultano a totale carico dell’Azienda ULSS. 41 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 Il SIL opera all’interno del sistema del collocamento mirato in raccordo con l’Amministrazione Provinciale (legge n. 68/1999) e dialoga con i servizi socio–sanitari e tutti gli attori del territorio, insieme ai quali individua forme e modalità personalizzate per rispondere sempre più efficacemente alla domanda di integrazione lavorativa dei cittadini. Nell’ultimo periodo il numero delle persone seguite dal SIL è passato da 375 a 416. Anche le prestazioni di tirocinio, inserimento sociale, incentivi aziendali e consulenza agli utenti sono aumentate da 605 a 742, con 63 assunzioni. Utenti seguiti dal SIL distinti per anno ( dal 2001 al 2005 ) Prestazioni erogate dal SIL distinte per anno ( dal 2001 al 2005 ) 416 450 742 800 605 375 400 330 700 338 350 524 600 265 300 397 468 500 250 400 200 300 150 100 200 50 100 0 0 anno 2001 anno 2002 anno 2003 anno 2004 anno 2005 anno 2001 anno 2002 anno 2003 anno 2004 anno 2005 Assunzioni conseguite da utenti del SIL per anno ( dal 2001 al 2005 ) 63 70 58 60 50 47 43 38 40 30 20 10 0 anno 2001 anno 2002 anno 2003 42 anno 2004 anno 2005 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 L’attività di integrazione scolastica e di integrazione sociale nel periodo estivo Anche il presente paragrafo viene inserito all’unico scopo di dare atto della complessiva rete territoriale dei servizi, con riserva di adeguamento alle emanande linee regionali in materia. Il periodo della scolarizzazione è un fondamentale momento di vera, totale immersione in un contesto di normalità anche per i disabili più gravi. Il dilatarsi della fascia dell’obbligo scolastico vede un numero sempre crescente di adolescenti disabili frequentare la scuola superiore e poi anche l’università. Secondo la circolare regionale 20 ottobre 1993 n. 33, in attuazione dell'art. 13 della legge n. 104/1992, l'Azienda ULSS fornisce il personale per l'assistenza, l'autonomia e la comunicazione degli alunni con handicap. Il servizio di integrazione scolastica e sociale opera su delega dei Comuni dell’Azienda ULSS e su certificazione dei Servizi Territoriali (sempre ai sensi della legge n. 104/1992); supporta i minori da 3 a 18 anni attraverso la figura dell’operatore sociosanitario che è punto di riferimento per gli obiettivi di autonomia nei vari contesti di vita scolastica. L’attivazione del servizio avviene su richiesta dell’Istituzione scolastica, mentre l’Azienda ULSS n. 20 ha definito i criteri di priorità nell’assegnazione delle ore di assistenza. Il Servizio di Integrazione Scolastica è al 100% di carattere sociale, sulla base dei livelli essenziali di assistenza (LEA). Gli operatori dipendenti sono 60, mentre il personale in convenzione è di circa un centinaio di unità che coprono il fabbisogno di assistenza per circa 369 alunni. Tipologia utenza assistenza scolastica anno 2005/2006 44 superiori 38 scuola speciale 68 medie 83 materne 127 elementari CFP 9 43 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 Assistenza scolastica anno 2005/2006 suddivisa per distretto distretto 1=79 21% distretto 4=111 31% distretto 2=101 27% distretto 3=78 21% Per completezza, si segnalano una serie di problematiche relative all’effettiva applicazione del principio dell’integrazione scolastica, che si realizza soltanto attraverso lo sforzo congiunto ed unanime di tutti i responsabili, per favorire l’integrazione dei minori disabili nel gruppo classe. A tale proposito, si ritiene sempre più significativo il ruolo dei laboratori promossi dai Servizi Sociali in collaborazione con alcuni CTI (Centri Territoriali per l’Integrazione), mentre un problema emergente è rappresentato dall’esigenza di usufruire del servizio di trasporto per le Scuole superiori. L’assistenza ai minori che frequentano le scuole prosegue anche nel periodo estivo nei CER (Centri Estivi Ricreativi) e nei GREST (Gruppi Estivi), con un trend di partecipazione in aumento (circa 179 utenti nell’estate del 2005). L’impegno per l’assistenza estiva si rivela importante per il sollievo delle famiglie e si configura come intervento sociale straordinario, legato alla contingenza della chiusura estiva delle scuole, che fa implementare in modo vertiginoso la richiesta di interventi di aiuto sia a domicilio che nei contesti di vita sociale (CER e GREST). N. Utenti assistenza CER-GREST 2005 suddivisi per distretto distretto 1 = 39 22% distretto 4 = 51 29% distretto 2 = 47 26% distretto 3 = 42 23% 44 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 I gruppi di auto mutuo aiuto Sono state accolte le richieste da parte di genitori di minori disabili inseriti in ambito scolastico, per l’attivazione di percorsi di gruppo, partendo dal presupposto che ogni componente possa considerarsi come una risorsa e che il gruppo abbia caratteristiche innovative e specifiche di dialogo rispetto ad altre forme associative. Gli incontri hanno cadenza mensile e confermano l’importanza di affiancare l’attività dei servizi con del tempo dedicato in particolare alle famiglie. Presso l’Informa Handicap sono attivi due gruppi dal 2003. Inoltre, da circa un anno, è presente presso il Servizio domiciliare socio-riabilitativo dell’Area Disabili un gruppo di supporto per le persone affette da sclerosi laterale amiotrofica e loro familiari. In particolare, nel territorio del Distretto n. 2 sono state individuate dieci coppie di genitori con figli adulti disabili per avviare un gruppo di auto-mutuo aiuto, con incontri mensili condotti dall’assistente sociale del Servizio sociale handicap adulto in collaborazione con l’assistente sociale del Comune di S. Giovanni Lupatoto. La finalità che si è inteso perseguire con i gruppi di auto-mutuo aiuto è quella di far trovare e riscoprire ai familiari le energie necessarie per sostenere le difficoltà e offrire, nel contempo, l’occasione di integrare la propria esperienza con quella di altre persone. I gruppi di auto-mutuo-aiuto possono diventare per ciascuno risorse di informazioni emotive, cognitive, educative al fine di costruire apprendimenti, creare le premesse per il cambiamento e recuperare solidarietà spontanee. I soggiorni climatici Alle persone disabili, riconosciute invalide al 100%, viene offerta la possibilità di ottenere un contributo economico a rimborso della spesa di un soggiorno climatico, per un massimo di 15 giorni e in qualsiasi periodo dell’anno. A coloro che percepiscono un’indennità (di accompagnamento, di frequenza, di comunicazione, speciale) e la cui situazione assume connotazione di gravità, viene riconosciuta la possibilità di ottenere il rimborso anche per l’accompagnatore nella stessa misura prevista per l’utente. Mediante una convenzione stipulata con il Comune di Verona anche i disabili ultrassessantacinquenni, ivi residenti e con invalidità pari o superiore al 75%, possono fruire di un contributo economico secondo quanto stabilito dal regolamento dell’Azienda ULSS n. 20. Anche in questo caso, è possibile fruire del contributo per l’accompagnatore se è riconosciuta la relativa indennità di accompagnamento. Per le persone anziane che abbisognano di assistenza continua, il Servizio dell’Azienda ULSS n. 20 rende fruibile il rimborso anche per il soggiorno presso le Case di riposo delle vicine località montane e lacustri. Negli ultimi anni, si è assistito ad un consolidamento dell’intervento con un incremento di richieste che ha comportato un aumento della relativa spesa. Il Comune di Verona, in considerazione di ciò, ha aumentato l’intervento finanziario a favore dei soggiorni climatici. Nel tempo si è rafforzato anche il rapporto del Servizio con le Associazioni, che ha dato luogo ad una maggiore conoscenza dell’offerta turistica rispetto alle strutture 45 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 alberghiere senza barriere architettoniche e particolarmente adatte alle persone con disabilità. Questo grazie anche alle informazioni fornite dagli stessi utenti. L’intento del Servizio è sempre stato quello di attivare una graduatoria in base al reddito, al grado di invalidità civile, alla connotazione di gravità qualora le richieste superassero il limite delle risorse stanziante nel budget. Per poter accedere al contributo per i soggiorni climatici si fa riferimento alla valutazione economica del nucleo familiare del richiedente secondo i parametri dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). Il requisito economico rilevato tramite l’ISEE permette, infatti, maggiore equità e meno discriminazione nell’accesso al contributo, nonché la proporzionalità dei benefici rispetto al reddito del nucleo familiare dell’utente. Il Centro per l’attività di Pet-Therapy e le terapie assistite dagli animali Nel giugno del 2001 ha avuto inizio la progettualità dell’Azienda ULSS n. 20 in tema di Pet-Therapy, con un seminario promosso in collaborazione con la Conferenza dei Sindaci, la Provincia di Verona e l’Associazione San Patrignano e proseguita poi nell’ottobre 2001 con l’avvio di un progetto di attività assistita, indirizzata alle persone con problemi psicofisici di varia gravità, seguite dai servizi territoriali dell’Azienda, con l’utilizzo di unità cinofile appositamente addestrate e condotte da istruttori specializzati. Il progetto si proponeva di offrire nuove opportunità di benessere alle persone interessate; creare e diffondere cultura e conoscenze specifiche sulla pet-therapy con l’ausilio di cani nella realtà territoriale veronese. E’ stato quindi attivato, presso le Residenze Sanitarie Assistite di Marzana, un Centro che si prefigge di sviluppare la Pet-Therapy attraverso un lavoro di rete e si propone quale efficace punto di riferimento per Enti e Associazioni operanti nell’ambito sociosanitario e della formazione e della didattica, quali la Scuola Pre-Lavoro del Comune di Verona, il CSA provinciale (ex Provveditorato agli Studi), l’Istituto Don Calabria, i Consorzi di Cooperative sociali, la Consulta delle Associazioni di Handicap del Comune di Verona. Si fa presente, inoltre, che l’attività del Centro si svolge in stretta collaborazione con la Cooperativa San Patrignano di San Vito di Pergine (TN) con cui l’Azienda ULSS n. 20 ha condotto l’attività sin dall’inizio, con il coinvolgimento del Dipartimento di Riabilitazione e del Settore Veterinario. Il Centro operativo, la cui finalità è progettare interventi con valenza terapeutica e attività assistite dagli animali (pet-therapy), è composto dal centro cinofilo che ospita cani sociali e dal centro di pet-therapy presso cui si svolgono gli interventi. Valutando le singole situazioni, il Centro organizza e coordina una serie di interventi (sedute con il cane) gestiti da una équipe educativo-sanitaria e da una squadra cinofila e si rivolge agli utenti di Enti privati, Ceod, Case di riposo, Centri di riabilitazione, Scuole, privati cittadini. 46 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 III.1.2 I Servizi diurni I Centri Educativi Occupazionali Diurni (CEOD) presenti sul territorio sono strutture diurne aperte inizialmente per ospitare persone con disabilità psico-fisiche riferite a problemi insorti fin dalla nascita e con lo scopo di potenziare, nel modo migliore possibile, i livelli di autonomia. Negli ultimi anni, questi servizi hanno dovuto affrontare situazioni nuove, legate a richieste di inserimenti particolari per patologie quali sclerosi multiple, distrofie muscolari, esiti da trauma cranico e da ictus. Gli obiettivi generali del CEOD sono: • mantenere e sviluppare abilità e autonomia personale, sociale e occupazionale in collaborazione con la famiglia e i servizi territoriali; • favorire la relazione ponendo attenzione alla comunicazione e ai diversi e specifici codici comunicativi; • promuovere i processi di integrazione sociale, attraverso l’accoglienza, l’accettazione, l’ascolto di ciascun ospite, fornendo nel contempo l’assistenza necessaria a rispondere ai bisogni primari. Tali obiettivi risultano congruenti con gli indirizzi della programmazione regionale quali la domiciliarità, la personalizzazione dell’intervento e l’approccio orientato, diretti alla persona con disabilità e al supporto alla famiglia. I CEOD elaborano i Progetti Educativi Individualizzati (PEI), individuando linee specifiche per ciascun ospite, in base alla patologia, alle singole capacità, interessi, predisposizioni. Questa tipologia di strutture è chiamata ad elaborare risposte specifiche a nuovi bisogni, come quelli determinati dall’invecchiamento dell’ospite e al conseguente probabile aggravamento della disabilità. Al fine di essere efficaci di fronte a questi bisogni, si stanno cercando nuovi stimoli che possano rendere “partecipi” le persone, aiutandole a mantenere e, se possibile migliorare, le proprie autonomie. Per attuare questo obiettivo anche la formazione si orienta nel motivare e stimolare gli operatori verso le nuove frontiere dell’handicap. Le attività proposte sono riferite ad aree diverse quali la psicomotricità, l’arte e la creatività, il teatro come forma di espressione, la lettura e la sua interpretazione, la pet-therapy e la danza. Nel corso del 2005 i CEOD pubblici e del privato sociale, hanno seguito circa 525 persone con disabilità. 47 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 Ospiti CEOD 2005 suddivisi per distretto di residenza Ospiti suddivisi tra strutture pubbliche e privato sociale anno 2005 distretto 1=139 26% distretto 4=160 31% Pubblico =82 16% Privato sociale= 443 84% distretto 2=115 22% distretto 3=111 21% Nella tabella successiva si evidenzia il livello di autonomia deambulatoria degli ospiti dei CEOD. Autonomia nella deambulazione Ospiti CEOD anno 2005 si se accompagnato o aiutato 40 si con difficoltà 40 si con ausili o sostegno 11 348 SI NO 86 Attualmente si segnala che è in corso di completamento la rete del trasporto delle persone disabili ai CEOD, così come disposto dalla Conferenza dei Sindaci nella seduta del 21 febbraio 2006, con cui tale Assemblea ha deliberato il rientro in capo all’Azienda ULSS n. 20 del suddetto servizio ricondotto nell’ambito delle funzioni istituzionali che le competono in materia di handicap. In dettaglio, quanto indicato, attiene ai distretti n. 1, n. 2 e n. 3 mentre il distretto n. 4 sta effettuando una valutazione in ragione delle caratteristiche territoriali che gli sono proprie. Si riporta di seguito la mappa dei Centri Educativi Occupazionali Diurni a gestione diretta e convenzionata, articolata per distretto. 48 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 DISTRETTO 1 gestione convenzionata STRUTTURE CEOD 4 DISTRETTO 2 gestione convenzionata Ca' Vignal Casa Laboriosa\La Strada gestione diretta comune VERONA CA' DI DAVID - VERONA SAN GIOVANNI LUPATOTO SAN GIOVANNI LUPATOTO Il Tesoro La Ginestra DISTRETTO 3 gestione convenzionata 2 comune VERONA VERONA VERONA VERONA VERONA VERONA VERONA VERONA VERONA VERONA Don Pedrollo Faliero Gresner L'Officina dell'Aias Luce e Lavoro Piccola Fraternità Provolo Piccolo Rifugio Primavera San Pietro/I Colori 3 1 gestione diretta CERRIS gestione diretta Il Caleidoscopio Il Glicine Il Sentiero La Quercia La Sorgente comune VERONA SAN MARTINO B.A. VERONA VERONA VERONA VERONA BOSCO CHIESANUOVA VERONA gestione diretta Il Germoglio comune ARCOLE SAN BONIFACIO COLOGNA VENETA PRESSANA MONTEFORTE D'ALPONE SAN GIOVANNI ILARIONE MONTECCHIA DI CROSARA TREGNAGO Noi Insieme Piccola Fraternità Lessinia Piccola Fraternità VR DISTRETTO 4 gestione convenzionata C.P.L. Servizi Casa Nostra Crescere Insieme Il Fiore L'Aquilone Monscleda Monteverde 49 50 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 III.1.3 Gli Interventi erogati a domicilio e di supporto alla famiglia L’assistenza domiciliare alle persone disabili Il modello organizzativo del Servizio di Assistenza Domiciliare Socio-Riabilitativa (SADSR) dell’Azienda ULSS n. 20 è rappresentato nello schema seguente: DIREZIONE SERVIZI SOCIALI AREA HANDICAP • Pianificare, programmare, organizzare, gestire il servizio. Valutare la qualità del SADSR. • • UFFICIO COORDINAMENTO S. A. D. S. R. SERVIZI TERRITORIALI S. A. D. S. R. U. V. M. D. • • • • Favorire la pianificazione, l’organizzazione del SADSR, il collegamento con i Servizi territoriali e le Cooperative Sociali. Coordinare l’attività degli assistenti sociali. Verificare i risultati del SADSR. Organizzare la formazione degli operatori. Raccogliere, aggiornare ed elaborare i dati. • • • • Valutare il bisogno. Predisporre il progetto individualizzato. Condividere il progetto con la famiglia e l’utente. Predisporre documentazione necessaria. si • COMMISSIONE HANDICAP • Esaminare, valutare i progetti individualizzati predisposti dai servizi territoriali e dagli assistenti sociali del SADSR. Autorizzare/non autorizzare le proposte d’intervento dei servizi territoriali. no • • COOPERATIVE SOCIALI Selezionare gli operatori domiciliari. Disciplinare e gestire i rapporti amministrativi con gli operatori domiciliari. Collaborare con i Servizi Sociali dell’Azienda ULSS n. 20 per l’organizzazione del servizio. Interagire con gli assistenti sociali dell’Azienda ULSS n. 20 per l’individuazione e l’assegnazione degli operatori domiciliari. • • • S. A. D. S. R. Formulare, attuare, gestire, verificare i progetti individualizzati di SADSR. Collaborare con l’Ufficio di coordinamento nell’organizzazione, gestione e promozione del SADSR. • 51 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 Il diagramma sottoriportato indica la procedura di codifica del protocollo d’intesa dell’assistenza domiciliare integrata socio-sanitaria nell’Azienda ULSS n. 20. • SEGNALAZIONE DIMISSIONE PROTETTA AL DISTRETTO • Il Distretto valuta: a) eventuali bisogni sociali; b) eventuale coinvolgimento dei Servizi Specialistici Territoriali competenti (Dipartimento Riabilitazione, EAH, NPI/PEE, UILDM, IST. DON CALABRIA, VAM). DISTRETTO SOCIO-SANITARIO si U.V.M.D no SERVIZI TERRITORIALI E SADSR L’Ospedale o i Servizi Specialistici Territoriali segnalano la dimissione protetta del cittadino/utente. La famiglia, il MMG, i Servizi Sociali dei Comuni e dell’Azienda ULSS n. 20 segnalano al distretto competente il bisogno di A.D.I. socio-sanitaria. L’UVMD, composta dal Responsabile del Distretto, dal MMG, dai Servizi Sociali ULSS (SADSR), dai Servizi Specialistici Territoriali, dall’Infermiere Professionale e da altre figure professionali necessarie (Fisioterapista, Operatore Domiciliare, Assistenti Sociali dei Comuni) esamina, formula e autorizza (o non autorizza), il Piano Assistenziale Individuale – PAI (Sadsr, Ceod, Strutture Residenziali, altro), compila la scheda SVAMA. Il Distretto, i Servizi Territoriali e il SADSR attuano e verificano il PAI (Piano di Assistenza Individuale). PAI ADOTTATO ED ATTUATO Il Servizio di assistenza domiciliare socio-riabilitativo (SADSR) prevede un metodo di lavoro integrato tra servizi sanitari e sociali. La procedura si attiva su segnalazione dell’Ospedale o/e dei servizi specialistici che individuano il bisogno, in collaborazione con gli assistenti sociali del SADSR, con i medici e gli assistenti sociali dei servizi territoriali sin dalla fase della valutazione delle situazioni, chiedendo il coinvolgendo anche di assistenti sociali dell’area handicap negli aspetti organizzativi e gestionali del servizio. Si avvia quindi un percorso di costruzione del progetto assistenziale individualizzato. 52 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 Questa metodologia di lavoro ha, da un lato, favorito la possibilità di affrontare le problematiche delle famiglie in una logica più unitaria rendendo l’intervento domiciliare parte integrante del progetto assistenziale globale rivolto al nucleo e, dall’altra parte, una programmazione del servizio domiciliare maggiormente condivisa. Nel SADSR l’integrazione operativa con i distretti socio-sanitari si realizza sia per la progettazione, la gestione e la verifica degli interventi a favore degli utenti in carico all’ADI - profili Adimed e HR, dove tale prassi è oramai consolidata, sia per taluni interventi complessi dove il coinvolgimento di tutte le figure professionali (sanitarie e sociali) facilita una progettualità comune e, nello stesso tempo, la responsabilizzazione in merito alle singole competenze. Pertanto, il Servizio di Assistenza Domiciliare (SAD) erogato dai Comuni quale intervento sociale assume un carattere aggiuntivo nei limitati casi che presentano una particolare complessità. Per l’accesso al servizio, elemento fondamentale è l’accordo di programma sottoscritto dall’Azienda ULSS n. 20 e dai Comuni del territorio in data 28 settembre 2001 per il coordinamento e l’integrazione delle prestazioni socio-sanitarie realizzate a domicilio. Si delinea di seguito il diagramma della procedura di attivazione ed attuazione del servizio in argomento. 53 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 DIAGRAMMA DI PROCEDURA D’ATTIVAZIONE ED ATTUAZIONE DEL SADSR (per utenti Adi non Adimed) CITTADINO Richiede intervento • • • • • • • • • SERV. NPIPEE EAH DIP. RIAB. AMB. VAM C. M. “SANTI” UILDM Pianifica Organizza Verifica • • Valutano i bisogni del cittadino. Formulano il progetto d’intervento. • Formula il progetto d’intervento. SADSR • SI • • AREA DISABILITÀ • NO • • Collaborano con Uff. Coord. per programmazione e organizzazione SADSR. Gestiscono i progetti individualizzati. UFFICIO COORDINAMENTO SADSR I Responsabili sociali e sanitari verificano periodicamente i progetti individualizzati. • • • SERVIZI TERRITORIALI SADSR • • Esamina e valuta i progetti individualizzati proposti. Propone modifiche o altre soluzioni. Autorizza o non accoglie le proposte d’intervento. Collabora per la pianificazione e l’organizzazione del servizio. Mantiene i collegamenti con i Servizi territoriali, le Istituzioni e le Cooperative Sociali. Verifica i risultati dell’attività. Organizza in collaborazione con le Coop. Sociali la formazione degli operatori domiciliari. Gestisce ed elabora i dati del servizio. COOPERATIVE SERVIZI TERRITORIALI E SADSR 54 Collaborano con l’ufficio di coordinamento per: • organizzare e promuovere il SADSR; • organizzare corsi di formazione per gli operatori domiciliari; • selezionare e gestire a livello amministrativo gli operatori domiciliari. Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 Nel servizio domiciliare si possono individuare due tipologie di domanda: • la prima dovuta all’aumento crescente delle malattie croniche gravi, alla riduzione della durata delle degenze ospedaliere che comportano un sempre maggiore impegno di assistenza da parte delle famiglie, ai cambiamenti nella struttura delle famiglie stesse (riduzione del numero dei componenti, familiari occupati in attività lavorativa); • una seconda è rappresentata dall’intervento domiciliare socio-educativo a favore di minori con handicap (si pensi in particolare ai minori affetti da autismo) che richiede la predisposizione e l’attuazione di progetti a valenza educativa e riabilitativa, volti al recupero e allo sviluppo delle potenzialità dei minori. La valutazione e il confronto dei dati relativi all’anno precedente evidenziano alcuni aspetti che sostanzialmente confermano l’andamento del servizio nel corso degli ultimi anni. Si conferma l’aumento costante della domanda anche se rispetto, allo stesso periodo dell’anno precedente, si registra una flessione nel numero di nuovi utenti. E’ opportuno considerare anche la richiesta di aumento del numero di ore settimanali da parte di utenti già in carico, fatto questo dovuto all’aggravamento delle condizioni di salute degli assistiti stessi e ai maggiori bisogni di assistenza delle famiglie. Si registra un lieve incremento delle patologie motorie rispetto a quelle di natura prettamente intellettiva probabilmente dovuto all’aumento degli utenti del Dipartimento Riabilitativo. Il territorio del Distretto n. 4 mantiene il numero più alto di utenti rispetto agli altri. E’ aumentato anche il numero degli utenti che usufruiscono di altri servizi quali i CEOD ed il contributo previsto dalla legge n. 162/1998, mentre il numero degli utenti inseriti nel programma ADI - profilo Adimed è da considerare stabile. La distribuzione del servizio sul territorio è in progressiva omogeneizzazione. L’aumento degli utenti, la necessaria concentrazione dell’attività soprattutto in due fasce orarie (primo mattino e pomeriggio) ha comportato l’inserimento di nuovi operatori domiciliari. Il 33% dei progetti personalizzati prevedono interventi di tipo socio-educativo per cui si è reso opportuno l’inserimento di una nuova risorsa rappresentata da un’educatrice professionale che programma e segue i piani educativi. Trend di crescita del servizio domiciliare disabili anni 1996-2005 253 110 1996 112 1997 133 1998 152 1999 191 2000 55 198 222 2001 2002 2003 283 2004 286 2005 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 L’aiuto personale Il servizio di aiuto personale, previsto dalla legge n. 104/1992 ed avviato dalla legge n. 162/1998, permette di prefigurare una rete sociale di disponibilità che, integrandosi con i servizi esistenti, fa sì che la persona con grave disabilità possa vivere nel proprio ambiente di vita. Il Servizio di aiuto personale, con lo scopo di sostenere la famiglia con un figlio o un familiare in situazione di handicap, si snoda attraverso le tappe critiche del ciclo di vita familiare: la nascita del figlio, l'ingresso alla scuola d’infanzia, primaria e secondaria di primo e secondo grado, la scelta dopo l'obbligo scolastico, l'adolescenza, lo sviluppo dell’età adulta, l'inserimento sociale, il possibile distacco. La famiglia vive con maggior difficoltà queste tappe man mano che la situazione del figlio o del familiare con grave disabilità si fa sempre più esigente in termini di cure personali ed aiuti diretti a favorire lo svolgimento delle funzioni di vita quotidiana. Il Servizio di aiuto personale si prefigge di: • creare ambienti estesi di supporto attorno alle famiglie di persone con grave disabilità; • dare priorità per la vita a casa ed in famiglia rispetto alla vita in strutture protette; • privilegiare ciò che è locale, legato direttamente all'ambiente di vita della persona disabile; • potenziare le risorse personali e ambientali di solidarietà, il rafforzamento delle autonomie, il sostegno a chi fa assistenza, la garanzia di interventi di sollievo, durante l'anno o durante il periodo estivo, la personalizzazione e l'umanizzazione degli interventi di aiuto. I beneficiari sono le persone disabili con connotazione di gravità (con certificazione in base alla legge n. 104/1992). L’aiuto personale si esplica nelle seguenti azioni: • aiuto nella preparazione di pasti; • acquisti; • accompagnamento in contesto esterno per socializzazione, per visite o per attività riabilitative; • sostegno nel dialogo; • attività ludiche e ricreative. L’accesso al servizio è disciplinato da un apposito regolamento approvato dalla Conferenza dei Sindaci d’intesa con l’Azienda ULSS nell’ambito della programmazione dei servizi socio-sanitari delegati dell’anno 2003. 56 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 Considerazione generali Nelle tabelle sottostanti si riepilogano i dati più significativi relativi all’utenza ripartita secondo le varie tipologie di servizio o di intervento con distinzione a livello distrettuale. UTENZA AREA DISABILITÀ AZIENDA ULSS 20 VERONA Distretto CEOD Soggiorni Scuola climatici CER Grest SADSR SIL Legge 162/98 Totali Distretto 1 157 71 79 39 73 96 84 599 Distretto 2 121 35 101 47 71 133 40 548 Distretto 3 127 42 78 42 55 80 30 454 Distretto 4 160 56 111 51 87 107 22 594 565 204 369 179 286 416 176 2.195 Utenza complessiva area disabilità per distretto distretto 4 = 594 27% distretto 1 = 599 27% distretto 2 = 548 25% distretto 3 = 454 21% Pur essendoci qualche variazione significativa nel numero degli utenti che accedono ai singoli servizi tra ambiti territoriali diversi, in parte giustificata dalla composizione demografica, si evidenzia una sostanziale uniformità che rispecchia la distribuzione complessiva dell’utenza all’interno dell’Azienda ULSS n. 20 57 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 III.1.4 Gli interventi di sostegno economico Nell’ambito delle azioni finalizzate a favorire la domiciliarità si collocano gli interventi di sostegno volti a supportare anche dal punto di vista economico le famiglie che quotidianamente sono impegnate nella cura e nell’assistenza del familiare disabile. Si riporta di seguito una rassegna di contributi specificatamente previsti dalla vigente normativa per le persone disabili. Gli assegni di cura L’assegno di cura ricomprende tutte le diverse forme di intervento economico finalizzate a supportare le famiglie nell’assistenza delle persone in situazione di gravità, anche ad integrazione di altre prestazioni e servizi. Le modalità di erogazione degli assegni di cura sono state definite secondo quanto indicato dalla DGR n. 39/2006 e dal Piano Locale per la Domiciliarità approvato definitivamente dalla Conferenza dei Sindaci con deliberazione n. 10 del 21 novembre 2006, alla voce “Assegni di cura” cui si fa rinvio. Gli interventi per la vita indipendente Al centro delle azioni che si intendono mettere in atto per l’attuazione delle linee regionali sulla legge n. 162/1998 è da considerare il sostegno alla famiglia. La comprensibile attenzione rivolta alla cura delle persone disabili, soprattutto in età evolutiva, pone molto spesso in secondo piano i bisogni dei genitori, la cui esistenza personale e di coppia viene profondamente modificata dalla nascita di un figlio con problemi di disabilità. Attraverso i servizi territoriali (assistenza domiciliare, accoglienza in centri diurni, pronta accoglienza, animazione estiva, animazione sociale, soggiorni climatici, accoglienza residenziale, informa handicap), i Servizi Sociali dell’Azienda ULSS n. 20 hanno promosso un’azione di orientamento e di sostegno al fine di permettere all’adulto disabile di rimanere il più a lungo possibile nel proprio nucleo familiare. In quest’ottica si pongono i programmi di vita indipendente, che affrontano e cercano di risolvere problematiche totalmente nuove per il territorio veronese e riguardano la possibilità per le persone disabili di raggiungere un livello di indipendenza e di autonomia nella gestione della loro vita quotidiana. I beneficiari del progetto sono prevalentemente persone adulte con gravi problemi motori, che necessitano di un accompagnatore per svolgere le normali attività quotidiane. I progetti di vita indipendente attualmente attivati sono 134, realizzati d’intesa con le persone interessate ed i loro familiari, con il supporto dei servizi socio sanitari dell’Azienda ULSS n. 20 e dei Servizi Sociali dei Comuni. In base alle linee guida regionali la persona con disabilità fisico-motoria autogestisce la propria assistenza, diviene datore di lavoro e pertanto sceglie, assume e retribuisce il proprio assistente personale. Questa nuova modalità di autogestire l’assistenza, favorisce la permanenza della persona al proprio domicilio, posticipa una eventuale istituzionalizzazione e, se 58 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 adeguatamente supportata sia da un punto di vista economico, che da una buona rete di servizi, consente di vivere la propria vita in libertà. L’obiettivo è quello di sviluppare l’autodeterminazione della persona interessata. Attraverso la legge n. 162/1998 anche la persona con disabilità intellettiva ha la possibilità di presentare domanda, inoltrata dal familiare, per poter accedere ai benefici economici previsti, al fine di organizzare la propria assistenza. In questo caso è il familiare della persona con disabilità che si attiva per reperire personale idoneo al servizio assistenziale. Spesso questa modalità, supportata da altri interventi, solleva i familiari dal carico assistenziale giornalmente richiesto, producendo effetti positivi sia sulla persona che sul nucleo familiare. L’accesso al beneficio economico in oggetto avviene mediante un regolamento approvato dalla Conferenza dei Sindaci nell’anno 2003 congiuntamente alla progettualità relativa all’attuazione della legge n. 162/1998. 59 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 1 III.1.5 Gli interventi di sollievo Un fenomeno in forte espansione è l'aumento dei genitori anziani con un figlio disabile e adulto in casa. Per queste famiglie si presenta il problema di poter "resistere nel tempo". Nel caso di periodi di malattia o di particolare difficoltà dei genitori occorre poter dare alla famiglia la possibilità di assistere il proprio figlio per periodi temporanei, senza che si ricerchi, come soluzione ottimale, la residenzialità protetta. Negli ultimi anni, si è assistito ad un aumento delle richieste di pronte accoglienze per le emergenze e di accoglienze temporanee che sono state attivate al fine di perseguire un sistema integrato di auto gestione della vita della persona disabile e della sua famiglia. Le modalità attuative degli interventi di sollievo sono state definite in sede di Conferenza dei Sindaci già con provvedimento del 23 aprile 2002 n. 5 in attuazione della DGR n. 3960/2001 ed in proposito si fa rinvio a quanto specificatamente previsto nel Piano Locale per la Domiciliarità, alla voce “Gli interventi di sollievo alle famiglie”. La pronta accoglienza Al fine di garantire la permanenza della persona disabile nell’ambito familiare, l’Azienda ULSS n. 20 ha individuato sul territorio strutture residenziali protette disponibili ad attivare pronte accoglienze per affrontare situazioni di emergenza legate ad improvvise impossibilità della famiglia ad assistere il proprio familiare disabile grave. L’accoglienza programmata Per accoglienze programmata si intende la residenzialità organizzata per brevi periodi e persegue il fine di dare un sostegno alle famiglie e di consentire alla persona con grave disabilità di effettuare un’esperienza di vita comunitaria anche in vista di un futuro, ponendo l’attenzione al “durante noi” e le basi per un maggiore rapporto col mondo esterno. In relazione agli interventi di accoglienza summenzionati, va rilevato che gran parte delle strutture residenziali presenti sul territorio dell’Azienda ULSS n. 20 sono state disponibili a riservare alcuni posti sia per le pronte accoglienze che per le accoglienze programmate con esito soddisfacente. 60 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 2 CAPITOLO 2 – IL SISTEMA DELLA RESIDENZIALITÀ Nel rispetto dei princìpi definiti dalla legge n. 328/2000, le politiche sociali regionali, per quanto attiene il sistema della residenzialità, si sono poste l’obiettivo di privilegiare percorsi di mantenimento delle autonomie personali e il conseguente superamento dei processi di istituzionalizzazione consentendo l’affermazione di un nuovo modello di residenzialità. La nascita di strutture residenziali come le Comunità Alloggio e le Case Famiglia hanno favorito la costruzione di un sistema integrato di servizio sociale e socio-sanitario nella rete territoriale che ha portato alla definizione della programmazione a livello locale dei servizi oggi esistenti, destinati all’accoglienza di persone con disabilità per le quali non risulta più possibile restare presso il proprio domicilio. Il sistema dei servizi residenziali nel territorio dell’Azienda ULSS n. 20 è articolato come evidenziato nella mappa di seguito riportata e si compone delle seguenti unità di offerta: • Residenza Sanitaria Assistita; • Comunità Alloggio. Il sistema della residenzialità è composto anche da Gruppi Appartamento e Case Famiglia, servizi rivolti all’accoglienza di persone con parziale autonomia. Tali servizi consentono di assicurare minimi livelli assistenziali e permettono a queste persone di continuare a vivere nel proprio contesto sociale di riferimento. A completamento delle unità di offerta e nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, la Regione Veneto ha previsto una tipologia di struttura definita “Comunità Residenziale”, con livelli di media intensità, prevedendone al massimo una per provincia. STRUTTURE RESIDENZIALI 3 4 1 2 61 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 2 III.2.1 Il sistema dei servizi residenziali e le unità di offerta In sede locale, la programmazione avviata in attuazione della DGR n. 751/2000 ha trovato un suo aggiornamento, rispetto al bisogno e alla capacità di offerta territoriale, in sede di Esecutivo della Conferenza dei Sindaci il 15 maggio 2003. Successivamente, la Regione Veneto con DGR n. 4266/2005 e successivo Decreto dirigenziale n. 69/2006 ha determinato per ciascuna Azienda ULSS n. 20 il fabbisogno complessivo dei posti di residenzialità accreditabile e delle quote di rilievo sanitario effettivamente erogabili in sede locale. Tutto questo porta il territorio a beneficiare di n. 223 posti. Quanto al riconoscimento delle impegnative utilizzabili si ha la seguente situazione: POSTI RESIDENZIALI ACCREDITATI PER DISABILI STRUTTURA “La Rocca” AIAS - Fondazione Barbieri (Verona) 16 Casa Nazareth (Verona) 15 Casa Nostra (Cologna Veneta) 9 Casa Tizian (S. Bonifacio) 10 CERRIS (Verona) 66 Corte Scolette (Monteforte d’Alpone) 21 Fondazione Autismo Insieme – La Primula (Verona) 10 Fond. Pia Opera Ciccarelli (S. Giovanni Lupatoto) 30 Piccola Fraternità Lessinia (Corbiolo) 10 Piccola Fraternità (Verona) – n.2 c. alloggio 14 Piccolo Rifugio (Verona) 15 Totale n. 216 (su fabbisogno n. 223) Dalla programmazione iniziale ad oggi alcune strutture non sono state realizzate ancorchè inserite nella previsione della DGR n. 751/2000 e precisamente: POSTI RESIDENZIALI PER DISABILI STRUTTURA Comunità Alloggio Casa Nostra* (Cologna Veneta) Istituto Don Calabria (Verona) + 8 Coop. Luce e Lavoro (Verona) + Totale + 30 + 14 8 * La Comunità Alloggio Casa Nostra ha riconvertito la propria struttura come previsto dalla L.R. n. 22/2002. 62 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 2 Il fenomeno della disabilità ha visto un significativo incremento sul territorio che ha portato di fatto ad impegnare anche fuori dai parametri regionali la struttura RSA di Marzana, dove sono accolti ed assistiti n. 50 ospiti disabili. Qui si sta intervenendo in assenza di impegnative specifiche. Di seguito si riporta l’elenco delle strutture accreditate, articolate per distretto. Distretto n.1 STRUTTURA POSTI RESIDENZIALI PER DISABILI Cerris (Verona) 66 Piccolo Rifugio (Verona) 15 Casa Nazareth (Verona) 15 Piccola Fraternità (Verona) 14 La Primula (Verona)* 10 TOTALE 120 *posti non attivi Distretto n. 2 STRUTTURA Pia Opera Ciccarelli (S. Giovanni Lupatoto) TOTALE POSTI RESIDENZIALI PER DISABILI 30 30 Distretto n. 3 STRUTTURA “La Rocca” AIAS - Fondazione Barbieri (Verona) Piccola Fraternità Lessinia* (Bosco Chiesanuova) TOTALE POSTI RESIDENZIALI PER DISABILI 16 10 26 *posti non attivi Si evidenzia che nel distretto n. 3 è operante la Struttura di Marzana. Distretto 4 STRUTTURA Casa Nostra (Cologna Veneta) POSTI RESIDENZIALI PER DISABILI 9 Corte Scolette (Monteforte d’Alpone) 21 Casa Tizian (S. Bonifacio) 10 TOTALE 40 TOTALE COMPLESSIVO TERRITORIALE 216 63 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 2 Si ricorda che è intervenuta la richiesta, iscritta nel Piano di Zona, ma con scelte rinviate in sede di attuazione della futura programmazione regionale, per: • l’implementazione dei posti della Fondazione Barbieri-AIAS di Verona (5 p.l.); • una nuova RSA disabili della Cooperativa Cercate di Verona (24 p.l.). E’ in corso di perfezionamento l’iter avviato, già previsto nel Piano di Zona 2003-2005, diretto a ricondurre nell’ambito dell’attività delegata l’inserimento residenziale delle persone disabili adulte, che troverà la sua definizione in sede di nuovo Piano di Zona. Ulteriori considerazioni sulla situazione oggi esistente, come sopra esposta, potranno essere affrontate nell’imminente pianificazione zonale, rispetto al rapporto tra fabbisogno e impegnative riconosciute; alla presenza dei servizi e alla loro funzionalità, anche rispetto alla dislocazione territoriale; alle strutture iscritte in programmazione e non ancora realizzate; alla situazione specifica di Marzana; ecc. In particolare, la Regione Veneto ha avviato un procedimento di aggiornamento del parametro di fabbisogno annuo di residenzialità territoriale elevandolo dallo 0,5 per mille abitanti al 0,7 per mille calcolato con riferimento alla popolazione residente al 31 dicembre dell’anno precedente. Tale previsione è importante in quanto maggiormente rispondente alle necessità stimate nel territorio che verrebbe a beneficiare di un significativo incremento di posti accreditabili. 64 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 2 III.2.2 Le modalità di accesso alle strutture residenziali e l’impegnativa di residenzialità L’accesso ai servizi residenziali avviene a seguito della valutazione effettuata dalla UVMD del Distretto di residenza della persona con disabilità, mediante l’emissione di impegnativa. L’impegnativa di residenzialità è il titolo rilasciato dalle Aziende ULSS al cittadino residente per l’accesso alle prestazioni rese nei servizi residenziali della Regione Veneto, accreditati ai sensi della L.R. n. 22/2002 e, nelle more della sua attuazione, oggi convenzionati secondo la normativa vigente. L’impegnativa di residenzialità non può essere utilizzata in servizi residenziali non convenzionati secondo la normativa vigente o sprovvisti di accreditamento sempre ai sensi della L.R. n. 22/2002. L’assegnazione delle impegnative di residenzialità alle Aziende ULSS avviene con apposito provvedimento della Giunta regionale nel rispetto delle disponibilità di bilancio. Le Aziende ULSS emettono le impegnative di residenzialità nel limite massimo delle impegnative annuo equivalente assegnato dalla programmazione regionale. Il titolare dell’impegnativa è la persona con disabilità. L’entità del contributo di rilievo sanitario relativo alle impegnative di residenzialità per l’accesso ai servizi di primo e secondo livello viene definito annualmente con apposito provvedimento della Giunta Regionale. Il valore dell’impegnativa si attiva a favore del servizio residenziale prescelto dalla data effettiva di accoglienza. L’assegnazione delle impegnative di residenzialità alle Aziende ULSS avviene con apposito provvedimento della Giunta regionale nel rispetto delle disponibilità di bilancio. 65 66 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 CAPITOLO 3 – L’ARTICOLAZIONE TERRITORIALE III.3.1 L’approccio all’ambito distrettuale L’esigenza di offrire risposte personalizzate al bisogno del cittadino richiede un’analisi territoriale approfondita delle risorse presenti che viene assunta all’interno del processo di pianificazione come valore, perché espressione dell’incontro tra domanda e offerta. L’attenzione all’ambito distrettuale, nella logica della pianificazione globale, consente di individuare strategie specifiche che rispettino le peculiarità del territorio. Il distretto può quindi diventare, in prospettiva, luogo di co-progettazione condivisa ed innovativa, nell’ottica di una partecipazione allargata di tutti i soggetti pubblici e privati che, a vario titolo, si occupano di servizi alla persona. 67 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 La mappa dei Distretti socio-sanitari Il territorio dell’Azienda ULSS n. 20 si articola in quattro distretti, territorialmente disomogenei e diversamente caratterizzati sia sotto l’aspetto morfologico, sia demografico che come numero di Amministrazioni locali presenti. Il capitolo in oggetto è pertanto dedicato all’esplicazione delle caratteristiche proprie di ciascun Distretto. Per quanto attiene alla distribuzione dell’utenza che accede ai servizi di sostegno alla domiciliarità si rinvia a quanto riportato alla tabella del capitolo 1. 68 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 AZIENDA ULSS N. 20 DI VERONA abitanti al 31.12.2005: 449.590 DISTRETTO N. 1 VERONA 1a Circoscrizione: Città Antica Cittadella San Zeno Veronetta 2a Circoscrizione: Borgo Trento Valdonega Ponte Crencano Avesa Parona Quinzano 3a Circoscrizione: Borgo Milano Borgo Nuovo Chievo Quartiere Navigatori Porta Nuova San Procolo Spianà Stadio San Massimo Bassona Croce Bianca La Sorte DISTRETTO N. 2 DISTRETTO N. 3 VERONA 4a Circoscrizione: Santa Lucia Golosine 5a Circoscrizione: Borgo Roma Cadidavid VERONA 6a Circoscrizione: Borgo Venezia DISTRETTO N. 4 ALBAREDO D’ADIGE ARCOLE 7a Circoscrizione: Porto San Pancrazio San Michele Extra BADIA CALAVENA 8a Circoscrizione: Quinto Santa Maria in Stelle Mizzole Montorio CALDIERO BELFIORE CAZZANO DI TRAMIGNA COLOGNA VENETA COLOGNOLA AI COLLI BUTTAPIETRA BOSCO CHIESANUOVA CASTEL D’AZZANO ILLASI LAVAGNO CERRO VERONESE S. GIOVANNI LUPATOTO ERBEZZO GREZZANA ROVERE’ VERONESE S. MARTINO BUON ALBERGO MEZZANE DI SOTTO MONTECCHIA DI CROSARA MONTEFORTE D’ALPONE PRESSANA RONCÀ ROVEREDO DI GUÀ S. BONIFACIO S. GIOVANNI ILARIONE S. MAURO DI SALINE SOAVE SELVA DI PROGNO TREGNAGO VELO VERONESE VERONELLA VESTENANUOVA ZIMELLA Abitanti 126.342 Abitanti 102.671 Abitanti 102.841 69 Abitanti 117.736 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 III.3.2 Il Distretto n. 1 Il Distretto socio-sanitario n. 1 comprende un’area territoriale interamente collocata nel tessuto urbano del Comune di Verona. Si riscontra un’elevata presenza di nuclei familiari con persone anziane e genitori anziani che hanno figli disabili adulti. In considerazione dell’aumento della speranza di vita, emerge l’esigenza di garantire mirati interventi di sostegno e particolare rilievo assume la problematica relativa al “dopo di noi” nelle fasi di preparazione ed accompagnamento della persona disabile ad elaborare ed affrontare la nuova situazione di vita in assenza del supporto genitoriale. Gli interventi dell’Area Handicap attivati nel territorio del Distretto n. 1 per l’anno 2005 sono stati complessivamente 599. Nelle seguenti tabelle vengono specificati per ciascun tipo di prestazione ed evidenziate le ore complessive annue impegnate nell’animazione estiva (Centri Estivi Ricreativi – CER e Gruppi Estivi Parrocchiali - GREST), nell’assistenza scolastica e nell’assistenza domiciliare programmata. Numero fruitori servizi disabilità distretto 1 84 162 96 SIL 73 SADSR CER/GREST 39 79 SCUOLA 71 SOGG 157 CEOD Ore di assistenza disabili distretto1 ore animazione estiva 3272 ore assistenza scolastica programmata anno scolastico 27000 ore assistenza domiciliare programmata annua 29086 70 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 La metodologia intrapresa all’interno del Piano Locale della Disabilità ha previsto l’attuazione di due incontri dei tavoli di lavoro ai quali hanno partecipato collegialmente i membri del Comitato dei Sindaci di Distretto, il Direttore del Distretto socio-sanitario, il Responsabile dell’Area Handicap e le due assistenti sociali dell’Azienda che seguono, all’interno del servizio e per l’ambito territoriale di riferimento, le problematiche sociali relative alle persone disabili adulte, le Responsabili dei Centri Sociali Territoriali del Comune di Verona per le Circoscrizioni n. 1, n. 2 e n. 3 e la referente territoriale dell’Ufficio del Piano di Zona. Nel corso degli incontri hanno portato il loro contributo anche i Rappresentanti delle Associazioni di volontariato per le tre Circoscrizioni. I partecipanti ai tavoli, che hanno seguito in questi anni il lavoro svolto dalla Consulta Comunale delle Associazioni di Handicap del Comune di Verona, hanno sottolineato l’apporto culturale significativo elaborato dalla Consulta e di basilare importanza in termini di partecipazione e coprogettazione dei servizi relativi alla disabilità. L’utilizzo della scheda di rilevazione predisposta per il PLDisabilità, relativa alle iniziative messe in atto da parte delle Circoscrizioni, ha consentito di rilevare come, in via prioritaria, l’impegno comune sia indirizzato all’abbattimento delle barriere architettoniche nelle vie cittadine e nei parchi giochi di competenza delle Circoscrizioni con risultati apprezzabili. Particolare attenzione è stata dedicata alla necessità di realizzare interventi finalizzati allo sviluppo di maggiori opportunità lavorative. La Circoscrizione n. 1: • ha collaborato inoltre alla compilazione di una pubblicazione, redatta con il supporto tecnico di numerose Associazioni, per consentire la visita alla città da parte di turisti e cittadini disabili con l’indicazione di percorsi e visite a monumenti dove non siano presenti barriere. La ricognizione delle vie centrali è stata preventivamente effettuata e condivisa da chi si sposta quotidianamente con l’uso della carrozzina con garanzia di un’effettiva rispondenza all’obiettivo di rendere maggiormente fruibile la città; • sostiene progetti di integrazione scolastica di alunni disabili della scuola primaria attraverso contributi di natura economica; • promuove la Festa dell’Auto Mutuo Aiuto (2005-2006) con la partecipazione del gruppo teatrale composto da disabili ed operatori del Self help di San Giacomo. La Circoscrizione n. 2: • sostiene progetti di integrazione scolastica di alunni disabili della scuola primaria attraverso contributi di natura economica; • sostiene la Festa dello Sport attivata per favorire l’integrazione tramite le attività sportive delle persone con disabilità; • ha sostenuto il progetto “Diversamente in scena” attivato dall’A.I.D.A. – Associazione Italiana Diffusione Artistica; • sostiene un progetto di formazione di operatori attivato da una Cooperativa presente sul territorio nella gestione dei Ceod. Nell’ambito del sistema della domiciliarità sono presenti in questo distretto numerosi servizi diurni. I CEOD, a gestione convenzionata, sono il Don Pedrollo dell’Istituto Don Calabria, l’Officina dell’AIAS, la Cooperativa Faliero, la Cooperativa San Pietro, la Primavera della Cooperativa Cercate, la Cooperativa Luce e Lavoro, il Centro socioriabilitativo ed educativo Gresner, la Piccola Fraternità di San Zenetto, il Centro Formazione Professionale degli Stimmatini, il Centro Formazione Professionale presso l’Istituto Don Calabria. 71 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 Ai Centri diurni si affianca un’ampia rete di interventi domiciliari, un considerevole sviluppo di progetti di vita indipendente e di aiuto personale ed una significativa progettualità delle Associazioni di volontariato di seguito elencate. Terzo Settore nel territorio del Distretto 1 Volontariato Coop. Faliero, Coop. S. Pietro, Coop. Cercate, Coop. Luce e Lavoro La Piccola Fraternità di S. Zenetto, l’A.I.A.S., l’Associazione Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, l’A.I.T.S.M., il C.S.I., il C.A.R.S, Amici degli Spastici Centro Formazione Professionale Don Calabria, Centro Formazione Professionale Stimmatini, Istituto Gresner Gruppo Insieme di S. Massimo, F.E.V.O.S.S. Fondazione / Opera Opera Don Calabria Cooperative Associazioni Scuola Attualmente nel territorio sono presenti tre strutture residenziali convenzionate: la Casa Nazareth, il Piccolo Rifugio, la Piccola Fraternità ed una struttura a gestione diretta, il CERRIS che costituisce punto di riferimento per l’intero territorio dell’Azienda ULSS. Nel corso del tavolo di lavoro, è iniziato un percorso di confronto tra le realtà delle Circoscrizioni ed i servizi che pone le basi per una maggior condivisione territoriale delle tematiche relative all’Area Handicap. Tale dialogo può consentire un efficace raccordo nella programmazione delle iniziative effettuate dalle Circoscrizioni che può permettere una risposta più articolata e rispondente ai bisogni espressi dalla popolazione residente nel Distretto n. 1. Per il Distretto n. 1, nel Piano di Zona 2003-2005, sono stati evidenziati alcuni obiettivi specifici per l’Area Disabilità ma si possono individuare anche nelle Aree trasversali “integrazione” e “centralità della persona” degli obiettivi riconducibili al tema. Obiettivi Piano di Zona 2003-2005 Disabili Integrazione Centralità della persona Risolvere il problema relativo alla presa in carico degli adulti in attesa di riconoscimento di stato di handicap (legge n. 104/1992) o con patologia non riconducibile all’handicap e prevede adeguati interventi nell’ottica della presa in carico globale della persona Costruire un approccio condiviso tra servizi per le situazioni multi-problematiche Migliorare l’integrazione tra servizi specialistici e servizi socio-sanitari di base Utilizzare la UVMD organizzata dal Distretto per i casi multiproblematici Presa in carico globale della persona Nel lavoro svolto dal tavolo è emersa la necessità di sviluppare, in presenza di casi multiproblematici, una maggior collaborazione con il Distretto socio-sanitario e di implementare l’utilizzo delle UVMD per potenziare e migliorare l’attivazione della rete e favorire l’integrazione tra servizi con chiarezza di competenze mediante la predisposizione di progetti individualizzati. Affrontare la problematica del “dopo di noi” introduce inoltre quale intervento di protezione sociale la necessità di promuovere, d’intesa tra l’Amministrazione Comunale, l’Azienda ULSS n. 20 e le realtà del privato sociale, la promozione nel territorio della figura dell’amministratore di sostegno prevista dalla legge 9 gennaio 2004 n. 6. E’ stata evidenziata inoltre la necessità per il cittadino di conoscere l’intera rete dei servizi erogati dall’Azienda ULSS, dal Comune di Verona, dal Terzo Settore e dalla Provincia per i quali sarebbe opportuna la predisposizione di un’unica Guida ai Servizi. 72 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 In questa direzione, lo sviluppo dello Sportello Integrato dovrebbe procedere di pari passo ad una effettiva acquisizione da parte dei Servizi preposti di una più efficace comunicazione ed interazione nonché di una effettiva integrazione degli interventi. Al fine di permettere ai soggetti con disabilità di rimanere il più a lungo possibile presso il nucleo familiare di appartenenza, è stata espressa l’esigenza di prolungare l’orario di permanenza nei Ceod alleggerendo l’impegno dei familiari. Tale opportunità porta a riconsiderare la scansione del tempo trascorso dalla persona disabile all’interno del servizio, personalizzando il piano d’intervento con la previsione, ad esempio, di spazi e tempi deputati al riposo. Inoltre, quale fattore critico emergente nel territorio, si è rilevata la necessità di attivare Ceod specifici per gli utenti di età compresa tra i 50 ed i 65 anni che non abbiano compromesse le funzioni cognitive e siano portatori di gravi patologie neuromotorie. E’ emersa poi la necessità di prevedere inserimenti residenziali anche in strutture intermedie per quelle persone disabili non autonome cui sia venuto definitivamente a mancare il supporto familiare o questo non sia più sufficiente per garantirne l’assistenza. Si riscontra anche la necessità di attivare, in strutture residenziali già presenti nel territorio, nuclei a maggiore intensità sanitaria per gli stati di coma vigile e per gli stati vegetativi permanenti. Elemento di analisi peculiare risulta essere la presenza di alcuni adulti multiproblematici senza fissa dimora con importanti patologie, privi di riferimenti familiari e bisognosi di accoglienza presso le strutture residenziali, per le quali si rende necessaria la valutazione e la richiesta di riconoscimento d’invalidità in base alla legge n. 104/1992. Infine si evidenzia la necessità di risolvere il problema relativo alla presa in carico degli adulti in attesa di riconoscimento di stato di handicap o con patologia non riconducibile all’handicap stesso e si suggerisce l’opportunità di un accordo istituzionale che, nell’ottica della presa in carico globale della persona, tenga conto delle aree di competenza e delle risorse attivabili. 73 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 III.3.3 Il Distretto n. 2 Il Distretto socio-sanitario n. 2 si estende a sud del territorio del Comune di Verona, corrispondente alle Circoscrizioni n. 4 e n. 5 e comprende i Comuni di S. Giovanni Lupatoto, Castel D’Azzano e Buttapietra. Risulta importante la presenza dei Servizi sanitari ospedalieri dell’Ospedale di Borgo Roma. Si tratta di un territorio caratterizzato da un forte sviluppo negli ultimi decenni che ha comportato l’urbanizzazione di estesi territori limitrofi alla città. Nei luoghi di nuovo insediamento si assiste al costante incremento delle richieste di intervento ai servizi dell’Area Disabilità, dovuti all’aumento dell’età media sia delle persone disabili che dei loro familiari e alla prevalenza di nuclei familiari ristretti che hanno al loro interno persone con disabilità. Analogamente a quanto avviene nel resto del territorio dell’ULSS n. 20, nel Distretto n. 2 sono seguite numerose persone disabili con varie progettualità, volte ad incrementare la permanenza presso il proprio domicilio attraverso lo sviluppo dell’autonomia personale ed in particolare mediante gli interventi nel campo della vita indipendente, dell’aiuto personale e dell’assistenza domiciliare. Gli interventi dell’Area Disabilità attivati nel territorio del Distretto n. 2 per l’anno 2005 sono stati complessivamente 548. Nelle seguenti tabelle vengono specificati gli interventi per ciascun tipo di prestazione ed evidenziate le ore complessive annue impegnate nell’animazione estiva (Centri Estivi Ricreativi – CER e Gruppi Estivi Parrocchiali - GREST), nell’assistenza scolastica e nella assistenza domiciliare programmate. Numero fruitori servizi disabilità distretto 2 162 40 133 SIL 71 SADSR 47 CER/GREST 101 SCUOLA SOGG 35 121 CEOD 74 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 Ore di assistenza disabili distretto 2 ore animazione estiva 5516 ore assistenza scolastica programmata anno scolastico 35160 ore assistenza domiciliare programmata annua 26595 In linea con la metodologia approvata dalla Conferenza dei Sindaci per la costruzione del Piano della Disabilità, si è tenuta una riunione del Comitato dei Sindaci del Distretto n. 2, allargato al personale tecnico dei Servizi sociali con la presenza del responsabile dell’Area Handicap e con le assistenti sociali dell’Area stessa oltre al Direttore del Distretto socio-sanitario e alla referente territoriale dell’Ufficio del Piano di Zona. Nella seduta iniziale è stata proposta una scheda da utilizzare come strumento per individuare le risorse del territorio, i nodi problematici emergenti, i bisogni prioritari. Gli operatori degli Enti territoriali si sono attivati anche nei confronti di alcune delle Associazioni più significative del Terzo Settore. Il referente territoriale dell’Ufficio di Piano ha raccolto le informazioni e, con il contributo degli operatori del Servizio Disabilità Adulta, ha delineato il quadro di seguito illustrato. Dal punto di vista delle scelte territoriali, l’attenzione è stata orientata allo sviluppo di una sempre migliore qualità della vita della popolazione, finalizzata a preservare le risorse personali, culturali e di aiuto reciproco presenti nel territorio, nonché a sviluppare la collaborazione sinergica fra le risorse del pubblico e del privato sociale. Tra le iniziative sono significative alcune progettualità specifiche dei Comuni e delle Circoscrizioni nonchè le attività di numerose Associazioni di cui si presenta un sintetico riepilogo. Il Comune di S. Giovanni Lupatoto ha attivato un progetto nell’anno 2005 denominato “Diversa abilità. Qualità dei Servizi tra esigenze di bilancio e necessità sociali. Welfare oltre il 2004. Realtà – esigenze – prospettive”. Le finalità principali riguardano lo scambio di comunicazioni che favoriscano l’autodeterminazione, l’autonomia e la responsabilità della Comunità; portare la Comunità stessa a trovare da sé soluzioni adeguate a rendere capaci gli altri di agire per costruire apprendimenti e creare le premesse per il cambiamento; costruire un gruppo di lavoro formato da rappresentanti degli Enti pubblici, del Privato Sociale delle famiglie e del territorio. Sono attivi, al momento, due gruppi di lavoro, uno incentrato sul tema del “dopo di noi” e uno relativo all’integrazione sociale nell’età evolutiva. Il Servizio Sociale Disabili Adulti dell’Azienda ULSS n. 20, in collaborazione con l’assistente sociale del Comune, ha avviato un gruppo di Auto Mutuo Aiuto per i genitori con figli disabili residenti nel territorio del Distretto n. 2. Il gruppo si incontra mensilmente sia per trovare e riscoprire all’interno della famiglia le risorse per affrontare il proprio problema sia per recuperare solidarietà spontanee. 75 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 E’ attivo un servizio di trasporto delle persone disabili non in età dell’obbligo scolastico, attraverso delle convenzioni con il volontariato. Il Comune di Castel D’Azzano attiva progetti complementari all’Area Handicap riguardo la vita indipendente e l’inserimento lavorativo all’interno della struttura del Comune; inoltre sostiene interventi educativi a domicilio o nei Centri educativi comunali per minori certificati o certificabili con situazioni di svantaggio, nell’ottica complessiva della prevenzione e dell’integrazione sociale. Offre infine uno sportello di consulenza psicosociale per famiglie in situazione di disagio. Il Comune di Buttapietra esprime l’intenzione di attivare un osservatorio per la rilevazione dei bisogni e la conseguente definizione di progetti di intervento. Significativo è anche l’impegno di tutte le Amministrazioni locali rispetto all’eliminazione delle barriere architettoniche (ad esempio la Circoscrizione n. 4 ha attivato nel 2005 n. 85 interventi con un impegno di spesa mediamente di € 700,00, oltre ad alcuni adeguamenti effettuati nelle scuole). Si evidenzia la presenza sul territorio di una capillare rete di servizi diurni, pubblici e privati. Tra questi, i Centri Diurni di: S. Elisabetta, gestito dalla Associazione della Piccola Fraternità “Camminiamo Insieme” costituita da familiari dei ragazzi disabili, e le Piccole Fraternità di Ca’ di David e la Parrocchia di “Cristo lavoratore”. Sono attivi inoltre diversi CEOD, sia a gestione diretta come “La Quercia” di Borgo Roma, “Il Tesoro” di S. Giovanni Lupatoto a gestione convenzionata come “Ca’ Vignal” di Borgo Roma, la “Casa laboriosa” di Ca di David, “La Ginestra” con attività di carattere occupazionale ed educative finalizzate all’autonomia delle persone disabili lievi. E’ presente un’unica struttura residenziale: la residenza sanitaria assistita gestita dalla Fondazione Pia Opera Ciccarelli che è un punto di riferimento anche per l’ambito extradistrettuale. Nel Distretto n. 2 operano inoltre, le seguenti realtà del privato sociale, che svolgono tra le altre, attività che vanno dal supporto, promozione e diffusione dell’integrazione sociale di adulti disabili, alle attività ricreative pomeridiane e festive di utilizzo del tempo libero, ai laboratori di psicomotricità, e alle ludoteche con attenzione all’integrazione dei bambini disabili all’interno degli ordinari contesti di vita. Terzo Settore nel territorio del Distretto 2 Cooperative Coop. Cercate, Coop. La Ginestra Associazioni Volontariato “La Strada” di Ca’ di David, “Camminiamo insieme”, Piccola Fraternità di Ca’ Vignal e di “Cristo Lavoratore”, Amici del Tesoro, Crescere Insieme, Associazione Libertas Lupatotina, Movimento Handicap, C.O.C.I.A. Anteas Veneto Gruppo Promozione Educativa, F.E.V.O.S.S Fondazione / Opera Pia Opera Ciccarelli Emerge in linea di massima la positiva presenza di Associazioni e famiglie disponibili allo scambio di comunicazioni e progettualità che hanno desiderio di offrire energie e tempo libero. Inoltre si evidenzia la disponibilità da parte di tutti gli Enti ed i soggetti operanti nell’area della disabilità a mettersi in rete per una fattiva collaborazione nel rispetto delle rispettive competenze. 76 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 Anche il privato profit, in alcuni territori, mostra disponibilità ad attivarsi, ad esempio rendendosi disponibile ad assunzioni di persone disabili, dimostrando così una particolare sensibilità per la disabilità. Per il Distretto n. 2, nel Piano di Zona 2003-2005, sono stati evidenziati alcuni obiettivi specifici per l’Area Disabilità ma si possono individuare anche nelle Aree trasversali “integrazione”, “centralità della persona” e “domiciliarità” degli obiettivi riconducibili al tema. Obiettivi Piano di Zona 2003-2005 Disabili Sostegno alle famiglie disabili con particolare riguardo ai progetti di vita indipendente, allo sviluppo della rete territoriale dei servizi di sollievo e del “dopo di noi” Integrazione Promuovere e potenziare il confronto interistituzionale come metodologia di lavoro costante a livello distrettuale Integrazione tra i servizi territoriali e sovraterritoriali Potenziamento dei servizi territoriali con particolare riguardo per quelli distrettuali Centralità della persona Per quanto riguarda la rilevazione dei “nodi critici” emergono dal territorio sostanzialmente due diverse esigenze di “rete”: • in alcune situazioni, quali ad esempio quelle della zona urbana di Verona, la presa in carico della persona disabile appare ancora in termini di parcellizzazione del singolo problema e/o del singolo percorso, senza una visione d’insieme e una reale presa in carico globale della famiglia; • in altre realtà in cui si sono attivate esperienze di collaborazione tra Servizi e si è sviluppato il dialogo tra Enti pubblici, privato sociale e volontariato, è più pressante l’esigenza di concretizzare e coordinare i vari interventi sul territorio. Si ritiene inoltre che dovrebbero essere sviluppate e governate maggiormente le progettualità di “buon vicinato” che si aggiungono agli interventi istituzionali (quali i CEOD, la scuola, il lavoro) e che arricchiscono i progetti di sostegno alle famiglie sul piano umano. Un altro nodo critico rilevato riguarda l’esigenza di differenziare e rendere più fluide le risposte residenziali a livello territoriale. Si sente, da un lato, il bisogno di risposte adeguate per il collocamento dei casi gravi e gravissimi, dall’altro si auspica l’apertura di Case Famiglie o Gruppi Appartamento che rispondano alle necessità dei casi lievi. Infine mentre sono presenti interventi specifici per i bambini e per gli adulti, appare necessario attivare un’adeguata risposta anche per la fascia dell’adolescenza. Per sintetizzare quanto emerso dal territorio, si possono evidenziare le priorità verso cui sembra essere orientata attualmente la politica distrettuale, in continuità con quanto individuato nel Piano di Zona 2003-2005, nell’intento di implementare e migliorare le azioni già in atto. Una delle priorità più sentite riguarda tutt’ora il “dopo di noi”, problematica rispetto alla quale emerge l’esigenza di realizzare una Casa Famiglia e di implementare l’accoglienza residenziale per i disabili gravi in riferimento alla dotazione dei posti letto disponibili. Questo per permettere di affrontare eventuali situazioni di emergenza, ma anche e soprattutto di rispondere al bisogno di sollievo delle famiglie. A sostegno della domiciliarità acquisisce importanza fondamentale, ove necessario, potenziare l’assistenza domiciliare e sviluppare la solidarietà nel contesto di vita. 77 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 Si pone l’accento, inoltre, sul bisogno di integrazione sociale della persona disabile. In quest’ambito sono da sostenere in particolare sia i progetti lavorativi sia le progettualità rivolte all’uso positivo del tempo libero per gli adulti e per i ragazzi. Ulteriore priorità riguarda l’esigenza di supportare e sviluppare quanto più possibile l’autonomia personale del disabile adulto rispetto alla quale assume un peso rilevante lo sviluppo di adeguati servizi di trasporto. E’ pertanto prioritario lavorare allo sviluppo di reti tra i Servizi e tra questi e il territorio, eventualmente differenziando gli obiettivi a seconda dei diversi livelli di integrazione raggiunti. 78 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 III.3.4 Il Distretto n. 3 Il Distretto socio-sanitario n. 3 si sviluppa ad est del capoluogo veronese, con i quartieri di Borgo Venezia, Porto San Pancrazio, San Michele e il Comune di San Martino Buon Albergo; verso nord si articola nel territorio della Circoscrizione n. 8 e nei Comuni di Grezzana e di Cerro Veronese fino ad arrivare alla Lessinia, con i Comuni montani di Roverè Veronese, Boscochiesanuova ed Erbezzo. Il Distretto presenta una notevole differenza dovuta alla contemporanea presenza di popolosi quartieri della cintura urbana e di una molteplicità di insediamenti sparsi che arrivano fino al territorio di alcuni Comuni della fascia pedemontana e montana. Si tratta dunque di un territorio composito sia dal punto di vista morfologico (pianura a sud e territorio montano a nord), sia demografico che racchiude sia i tipici problemi organizzativi e gestionali dei nuclei a forte densità abitativa, sia quelli che scaturiscono da una segmentazione della popolazione in numerosi centri, peraltro dispersi in agglomerati di modeste dimensioni demografiche. Il numero degli interventi dell’Area Disabilità attivati nel territorio del Distretto n. 3 per l’anno 2005 sono stati complessivamente 454. Nelle seguenti tabelle vengono specificati gli interventi per ciascun tipo di prestazione ed evidenziate le ore complessive annue impegnate nell’animazione estiva (Centri Estivi Ricreativi - CER e Gruppi Estivi Parrocchiali - GREST), nell’assistenza scolastica e nella assistenza domiciliare programmate. Numero fruitori servizi disabilità distretto 3 30 162 80 SIL 55 SADSR 42 CER/GREST 78 SCUOLA 42 SOGG 127 CEOD Ore di assistenza disabili distretto 3 ore animazione estiva 2385 ore assistenza scolastica programmata anno scolastico 24840 ore assistenza domiciliare programmata annua 25131 79 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 Il Distretto n. 3, nel percorso di elaborazione del Piano Locale della Disabilità, nella linea della metodologia adottata, ha previsto due convocazioni del Comitato dei Sindaci e dei Presidenti di Circoscrizione, allargato ai tecnici del territorio per l’adeguato supporto professionale, con la presenza del Responsabile dell’Area Handicap dell’Azienda ULSS n. 20, accompagnato dall’assistente sociale, dal Direttore dei Servizi Sociali e dal Direttore del Distretto socio-sanitario oltre alla referente territoriale dell’Ufficio di Piano. In tali incontri è avvenuto il confronto sul materiale di lavoro presentato dall’ULSS n. 20 e sulle schede di rilevazione compilate. Per quel che concerne la rilevazione effettuata sul territorio, sono state indicate una serie di attività, poste in essere dalle Amministrazioni locali e Circoscrizionali che pur essendo di varia tipologia, risultano significative nell’ambito della disabilità come: • la collaborazione con i CEOD per le attività sul territorio, il trasporto dei disabili, le azioni di sensibilizzazione dei cittadini, il pagamento delle rette di ospitalità in strutture residenziali, le collaborazioni con il SIL per l'inserimento lavorativo di persone svantaggiate (es. Scuola Materna e Biblioteca Comunale di Stallavena), soggiorni estivi che accolgono anziani disabili con accompagnatore; • la collaborazione con il Self Help per l'aggiornamento delle bacheche circoscrizionali e la divulgazione di materiale informativo; • le feste e le attività di aggregazione con i residenti quale la Festa annuale del Circolo Noi di S. Pio X con tutte le Associazioni dei disabili del territorio (in collaborazione con "CARS" Associazione per i disabili gravi). Sono inoltre segnalati alcuni progetti, in particolare il "Progetto Lavoro", in collaborazione con la Cooperativa Insieme per la costruzione di una rete di solidarietà per l'inserimento di persone svantaggiate e il “Progetto Tempo Libero Amico" in collaborazione tra il Comune di Grezzana e la Piccola Fraternità di Valpantena. Nel territorio sono presenti tra i diversi servizi diurni, i CEOD: “Il Glicine” di S. Martino Buon Albergo, “Il Sentiero” e “Il Caleidoscopio” di Borgo Venezia, “Noi Insieme” di Quinto e il Ceod “Piccola Fraternità Lessinia” di Corbiolo. Tra i servizi della residenzialità si segnala l’RSA di Marzana, struttura che ospita circa 150 persone, il 50% delle quali è rappresentata da ospiti dell’ex Ospedale psichiatrico mentre il restante 50% è costituito da una utenza che, per la presenza di patologie diverse e a causa delle loro manifestazioni, non trova accoglienza in strutture specificatamente dedicate alla disabilità. Sul territorio trovano collocazione anche: la Comunità Alloggio “La Rocca” dell’AIAS a S. Michele e la Piccola Fraternità di Via Fincato a Verona. In particolare, si segnala per la sua singolarità, la Scuola Prelavoro “Angelo Sartori”, che opera grazie alle sinergie di diversi Enti. Tale struttura accoglie cittadini disabili, adulti e in età adolescenziale, nella fase di pre-inserimento lavorativo, quando sussistono esigenze di carattere educativo/formativo. Inoltre la Scuola Prelavoro partecipa al progetto “Iride” con una postazione informatica appositamente strutturata per rispondere alle esigenze formative dei ciechi pluriminorati. Anche nell’ambito della disabilità il Terzo Settore rappresenta una risorsa irrinunciabile nella pianificazione e programmazione della rete dei servizi, oltre a rappresentare una forza preponderante per quanto riguarda l’area della socializzazione. 80 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 Da quanto emerso dalla rilevazione effettuata, si è sintetizzata la seguente tabella, che non esaurisce senz’altro le realtà esistenti sul territorio che agiscono nell’area della disabilità, ma indica quelle che in modo più rilevante interagiscono con le Istituzioni locali. Terzo Settore nel territorio del Distretto 3 Cooperative Cooperativa “Insieme” Associazioni Volontariato C.A.R.S. Associazione disabili per il tempo libero, "Piccola Fraternità" di Corbiolo nel Comune di Boscochiesanuova, AIAS – Comunità alloggio, C.S.I. Centro Sportivo Italiano, Piccola Fraternità Valpantena Onlus F.E.V.O.S.S. Scuola Scuola Prelavoro “Angelo Sartori” Nel Piano di Zona 2003-2005 il Distretto n. 3 aveva indicato alcuni obiettivi specifici dell’Area Disabilità ed obiettivi generali nelle Aree trasversali “integrazione”, “centralità della persona” e “domiciliarità”. Obiettivi Piano di Zona 2003-2005 Promuovere la collaborazione tra Azienda ULSS, Comuni e no-profit nell’ambito dell’handicap Predisporre un protocollo d’intesa sulla presa in carico per gli utenti under 65 anni Portare avanti le attività del Tavolo Tecnico sulla delega del trasporto disabili Garantire l’accesso degli utenti al Servizio Domiciliare Disabili Promuovere progetti in collaborazione con il SIL, la Provincia e il no-profit che prevedano un’effettiva attuazione della legislazione vigente rispetto all’inserimento lavorativo dei disabili Integrazione tra Favorire la partecipazione del no-profit nella pianificazione e nella gestione dei servizi servizi e Terzo futuri ed esistenti Settore Promuovere la formazione e l’informazione per reperire altri volontari e pubblicizzazione del servizio civile Garantire il funzionamento della struttura “Piccola Fraternità Lessinia” anche attraverso la completa integrazione con i servizi dei territori limitrofi Centralità della Presa in carico globale degli utenti finalizzata alla realizzazione di un progetto persona individuale, che attinga da servizi alla persona (esistenti e da realizzare) e non da risorse frammentarie ed incerte Domiciliarità Favorire la formazione di risorse umane direttamente sui propri territori, attivando corsi per operatori Disabili Nel corso del triennio alcuni degli obiettivi individuati hanno visto la realizzazione di buona parte del percorso intrapreso per giungere alla loro realizzazione. Tali percorsi troveranno un eventuale ulteriore impulso nell’ambito del futuro Piano di Zona. Di seguito si sintetizzano i bisogni indicati dalla rilevazione e dal successivo confronto sui tavoli. In particolare è emersa, da un lato, la necessità di implementare e portare a compimento alcune azioni (trasporto, integrazione della rete di comunicazione), dall’altro, la necessità di ampliare, diversificandola, l’offerta dei servizi, anche sulla base dell’emersione di nuovi bisogni (percorsi diversi all’interno dei Ceod per disabilità medio-lievi). Bisogni emergenti del territorio Necessità di supporto e sollievo alle famiglie anche con soluzioni innovative Sostegno all’integrazione lavorativa dei disabili (Cooperative di tipo B e inserimenti in Aziende) Integrare la rete di comunicazione fra Istituzioni e Associazioni Implementare il servizio di trasporto disabili per agevolare l’accesso ai servizi Strutture Residenziali per disabilità gravi e medio lievi per il "dopo di noi" Necessità nei Ceod di specifici percorsi per i disabili con patologia mista e medio lieve 81 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 Migliorare l’accesso e l’integrazione ai servizi Carenza di informazioni in senso generale e sui servizi e attuazione dello Sportello integrato Completare l'abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici Necessità di implementare l'integrazione tra portatori di handicap e territorio Limitatezza di risorse del territorio e distanza dalle sedi dei servizi In alcune aree del territorio emerge complessivamente la difficoltà rappresentata dalla dispersione dei luoghi di vita rispetto alla localizzazione dei servizi, determinata anche dalla specifica morfologia delle diverse zone. Il confronto generato all’interno degli incontri realizzati ha evidenziato alcuni aspetti significativi che vanno dalla riflessione sulle criticità emerse, all’esplorazione di possibili future evoluzioni della mappa dei bisogni, alla definizione di un’ipotesi di future co-azioni per superare le difficoltà presenti in alcuni ambiti ancora critici (ad esempio l’inserimento lavorativo, ecc.). Il percorso realizzato nel Distretto n. 3 ha condotto all’indicazione delle seguenti priorità e alla determinazione di riprendere all’interno del futuro Piano di Zona ulteriori confronti e la definizione di azioni concrete. Priorità per il futuro Sostegno alla domiciliarità Necessità di implementare il sostegno domiciliare ai disabili ed alle loro famiglie, anche attraverso il miglioramento dell'integrazione tra i servizi Attività integrative oltre il Sviluppo delle attività esterne al Centro diurno, servizi di integrazione e di CEOD / attività socializzazione con il territorio socializzazione Carenza Comunita' Alloggio / Necessità di sviluppare le strutture sul territorio che si occupano di Appartamenti Protetti disabili non gravi che non possono più essere seguiti a domicilio Implementazione del Implementare il servizio di trasporto per accedere ai servizi e per attività servizio di trasporto di socializzazione, senza escludere servizi che si rivolgano a più tipologie di utenza Sostegno e sviluppo delle Necessità di sviluppare la rete dei soggetti del privato sociale. Tale risorse del territorio, attività prevede un lavoro di sensibilizazione ai problemi dei disabili e volontariato, cooperative, attenzione al territorio come risorsa fondazioni. Attività di informazione e sensibilizzazione della comunità Sostegno integrazione Sostenere l'autonomia delle persone disabili medio lievi, è necessario lavorativa per le persone sviluppare la cooperazione con le Cooperative di tipo B per l'inserimento disabili lavorativo, anche attraverso attività di incentivazione da parte degli enti pubblici Promuovere la collaborazione e la disponibilità delle aziende per aumentare le possibilità di inserimenti lavorativi in azienda Implementazione della rete Attivare un sistema di connessione con le famiglie al fine di evitarne sociale tra istituzioni, servizi, l'emarginazione volontariato, territorio Migliorare la comunicazione anche in termini di qualità e continuità tra operatori, Istituzioni e le altre realtà della rete Aumentare la collaborazione con il privato sociale nella costruzione di progetti finalizzati Realizzare protocolli operativi tra Servizi Sociali comunali, Servizi per i disabili e i Distretti socio-sanitari Accesso ai servizi e ai luoghi Completare i programmi di abbattimento delle barriere architettoniche di socializzazione Sostenere il coinvolgimento dei disabili nelle manifestazioni e nelle attività programmate sul territorio 82 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 III.3.5 Il Distretto n. 4 Il Distretto socio-sanitario n. 4, che presenta la maggiore estensione territoriale con la più bassa densità demografica - circa un decimo di quella del Distretto n. 1 comprende una vasta fascia di Comuni localizzati ad est del capoluogo, estesi lungo una direttrice nord-sud che parte dalle zone montane di Selva di Progno e si snoda fino alla bassa veronese di Roveredo di Guà. Il territorio si caratterizza per un intenso sviluppo industriale, in particolare delle piccole imprese, con il conseguente abbandono dell’attività agricola. Pertanto la trasformazione economica del territorio ha creato migrazioni dalla campagna alla città, intensificando la densità abitativa dei centri urbani. L’intensa urbanizzazione e il proliferare delle attività industriali e commerciali hanno modificato profondamente la realtà del territorio degli ultimi decenni. Questo spiega la trasformazione del profilo demografico del distretto che nell'ultima generazione ha presentato un incremento nella popolazione residente, cresciuta dal 1971 ad oggi del 21,6% contro un aumento di appena un terzo nel territorio dell'Azienda ULSS n. 20 e di circa un quarto in ambito nazionale. Si segnala inoltre che il rilevante incremento dei residenti, verificatosi nella seconda parte degli anni novanta, se dovesse seguire il trend finora osservato anche per il prossimo futuro, produrrebbe un’espansione degli abitanti a ritmi assai sostenuti. Le considerazioni esposte mettono in chiara evidenza le notevoli differenze che presenta la situazione demografica nel Distretto n. 4 rispetto al quadro emerso negli altri territori: esso appare il distretto maggiormente dinamico ed in crescita. Il numero degli interventi dell’Area Handicap attivati nel Distretto n. 4 per l’anno 2005 sono stati complessivamente 594. Nelle seguenti tabelle vengono specificati gli interventi per ciascun tipo di prestazione ed evidenziate le ore complessive annue impegnate nell’animazione estiva (Centri Estivi Ricreativi - CER e Gruppi Estivi Parrocchiali - GREST), nell’assistenza scolastica e nella assistenza domiciliare programmate. Numero fruitori servizi disabilità distretto 4 22 162 107 SIL 87 SADSR CER/GREST 51 111 SCUOLA SOGG 56 160 CEOD 83 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 Numero fruitori servizi disabilità distretto 4 ore animazione estiva 5064 ore assistenza scolastica programmata anno scolastico 41640 ore assistenza domiciliare programmata annua 26152 Il Distretto n. 4, nel percorso di elaborazione del Piano Locale della Disabilità, ha attivato la consueta metodologia di confronto, convocando il Comitato dei Sindaci per le funzioni di indirizzo e di sintesi e il Tavolo tecnico allargato per l’elaborazione degli obiettivi prioritari e per la formulazione delle proposte di lavoro. La metodologia di lavoro del tavolo tecnico ha visto la partecipazione anche del Responsabile dell’Area Handicap dell’Azienda ULSS n. 20, del Direttore del Distretto socio-sanitario e delle assistenti sociali di riferimento per il territorio afferenti all’Area Disabili Adulti e all’Area Riabilitativa oltre alla referente territoriale dell’Ufficio di Piano. Il tavolo tecnico, che si è incontrato due volte, si è confrontato sul materiale di lavoro presentato dall’ULSS n. 20 e sulle schede di rilevazione dei dati compilate da tutti i 26 Comuni del distretto. Dalla rilevazione effettuata sul territorio è emerso che anche i Comuni svolgono delle attività nell’Area Disabilità. In particolare le Amministrazioni comunali hanno un ruolo importante nell’attività di promozione dell’integrazione della persona disabile attraverso il sostegno ad iniziative culturali-ricreative che offrono opportunità di socializzazione. Si segnalano progetti delle Istituzioni pubbliche, in collaborazione con il privato sociale, come il progetto “Estate alle Terme”, progetti di sostegno all’attività sportiva e di supporto allo sviluppo di gruppi di self-help di genitori con figli disabili. I Comuni erogano, inoltre, servizi di assistenza domiciliare, di trasporto come il servizio verso i centri diurni e le scuole e gli interventi di integrazione economica al reddito. Nel territorio sono collocati numerosi centri diurni. I CEOD a gestione convenzionata sono: la Cooperativa Monteverde a Tregnago, la Cooperativa CPL a San Bonifacio, la Cooperativa Casa Nostra a Cologna Veneta, la Cooperativa Crescere Insieme a Pressana, la Cooperativa Il Fiore a Monteforte d’Alpone, la Cooperativa Monscleda a Montecchia di Crosara. I CEOD a gestione diretta sono: Il Germoglio ad Arcole e L’Aquilone a San Giovanni Ilarione. Da segnalare infine il Centro educativo-riabilitativo Gresner di Colognola ai Colli. 84 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 Sul versante residenziale, sono collocate sul territorio le strutture residenziali di Corte Scolette a Monteforte d’Alpone, di Casa Nostra a Cologna Veneta, di Casa Tizian a San Bonifacio e la residenza sanitaria assistita di Cologna Veneta. Nel Distretto n. 4 il Terzo Settore attività e servizi nell’area della disabilità a vario titolo e con una presenza significativo. Terzo Settore nel territorio del Distretto 4 Cooperative Associazioni Scuola Volontariato CPL-Coop. Produzione Lavoro, Casa Famiglia Tizian, Coop. CSM 84, Coop. Casa Nostra e Nuova Casa Nostra, Coop. Ludovico Pavoni, Coop. Moscleda, Coop. Monteverde, Coop. Crescere Insieme Associazione Missionaria, Associazione Self-help, Associazione "il Paese di Alice", Piccola Fraternità, Asociazione CSI-Centro Sportivo Italiano, Associazione “Casa Betania”, Associazione "Insieme si può", Associazione Alpini Centro Professionale "S. Gaetano" Gruppo Volontari "Orizzonti", Gruppo "Amici dell'ammalato e dell'anziano" Per il Distretto n. 4, nel Piano di Zona 2003-2005, sono stati evidenziati alcuni obiettivi specifici per l’Area Disabilità ma si possono individuare anche nelle Aree trasversali “integrazione”, “centralità della persona” e “domiciliarità” degli obiettivi riconducibili al tema. Obiettivi Piano di Zona 2003-2005 Condivisione e chiarezza sul significato della certificazione e sulle competenze dei servizi Tavolo di confronto tra servizi e scuola per l'area handicap con l'obiettivo di arrivare a protocolli d'intesa Attivare canali informativi stabili tra servizi e spazi di formazione permanente tra scuola e operatori Integrazione Potenziare l’analisi-valutazione-diagnosi e la progettazione individualizzata ed integrata, condivisa negli obiettivi e nelle responsabilità, anche sotto l’aspetto finanziario, delle situazioni multiproblematiche Potenziare e migliorare la rete sui progetti individualizzati, con il coinvolgimento del Terzo Settore Centralità Promuovere e sostenere tra gli operatori del sistema integrato dei servizi rivolti alla persona della persona in difficoltà con problemi sanitari, un approccio ed una presa in carico globale Rendere la persona in difficoltà protagonista del proprio progetto di salute/riabilitativo Migliorare la dislocazione dei servizi sul territorio Riorganizzare la rete dei trasporti sul territorio per l’accesso ai servizi Domiciliarità Estensione dei servizi di assistenza domiciliare dei servizi sociali e socio-sanitari Incrementare l’integrazione tra servizi Ridurre la frammentazione dei benefici economici destinati alle famiglie e alle persone con limitata autonomia a sostegno della domiciliarità Disabili Il territorio del Distretto n. 4 ha attuato delle azioni per raggiungere gli obiettivi sopraindicati, soprattutto nell’ambito dell’integrazione tra servizi e per sostenere la valutazione e la presa in carico condivisa. La dislocazione dei servizi è geograficamente complessa per cui il trasporto, l’accesso e la comunicazione/informazione, nonostante l’impegno delle Istituzioni nel ridurre le difficoltà, riemergono ancora come attuali. L’analisi delle schede di rilevazione evidenzia che ci sono alcuni bisogni emergenti significativi perché sottolineati da più Comuni del territorio. 85 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 Bisogni emergenti del territorio % Sostegno e presa in carico domiciliare 19,2 Sostegno all’integrazione lavorativa ai disabili (Cooperative di tipo B) 30,7 Carenza di Comunita' Alloggio e di Appartamenti Protetti per disabilità medio-lieve 34,6 Carenza del servizio di trasporto per l’accesso ai servizi 57,6 Attività integrative oltre l’orario dei CEOD e attività di socializzazione Sostegno ai Gruppi Auto-mutuo- aiuto 46,13 29,2 Carenza di strutture residenziali per il "dopo di noi" 7,7 Confronto e programmazione condivisa 19,2 Difficoltà di accesso e di integrazione tra servizi 38,4 Carenza di informazioni sui servizi e attivazione dello Sportello Integrato 53,8 Sensibilizzazione del territorio ai problemi della disabilità 42,3 Mancanza di un referente dell’Azienda ULSS n. 20 per l’Handicap sul territorio 42,3 Presa in carico di minori con problemi comportamentali gravi Esigenza di procedure definite per la valutazione e la presa in carico multiprofessionale (UVMD e SVAMDI) Carenza di operatori per l’assistenza scolastica 3,8 19,2 3,8 Si può notare, inoltre, che i bisogni hanno una rilevanza geografica. In particolare le percentuali sopraindicate sono relative all’incidenza del singolo bisogno calcolato in riferimento a tutti i ventisei Comuni partecipanti all’indagine. Prendendo come riferimento la suddivisione del territorio nelle tre aree (area 1 NordOvest, area 2 Centro, area 3 Sud) si può dire che nell’area 1 viene segnalato come bisogno la carenza di Cooperative di tipo B a sostegno dell’integrazione lavorativa e di Comunità alloggio, il trasporto disabili, le attività integrative dei Centri diurni con prolungamento di orario, le difficoltà di comunicazione e la necessità di migliorare l’accesso ai servizi e l’attività di sensibilizzazione. Nell’area 2 si segnalano come bisogni l’implementazione del servizio di assistenza domiciliare e la necessità di migliorare l’integrazione e la comunicazione tra servizi. L’area 3 evidenzia ancora il problema del trasporto, in particolare verso la scuola superiore, e la necessità di avere sul territorio un operatore referente per l’Area Handicap dell’Azienda ULSS n. 20. Nell’insieme le priorità di lavoro futuro si articolano sia in obiettivi di sistema (la richiesta di migliorare la sinergia tra servizi, di aiutare la comunicazione e il flusso informativo tra Istituzioni, di definire accordi precisi tra Enti per la presa in carico dei bisogni) sia in obiettivi di salute (ricercare nuove attività oltre l’orario dei Centri diurni per contrastare la solitudine delle persone disabili e delle loro famiglie, incrementare la rete dei gruppi di auto-mutuo-aiuto, sostenere le opportunità di inserimento lavorativo per i disabili, sviluppare la rete dell’assistenza domiciliare). 86 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 3 Le priorità di lavoro individuate per il futuro si possono sintetizzare come segue: Priorità per il futuro Assistenza Domiciliare Necessità di implementare il servizio di assistenza domiciliare alle famiglie Attività integrative oltre il CEOD e attività di socializzazione Sviluppo delle attività esterne al Centro diurno, integrazione e di socializzazione con il territorio servizi di Necessità di sviluppare le strutture sul territorio che si occupano di disabili non gravi, per sostenere la possibilità di una reale autonomia quando possibile Implementazione dei servizi di Il trasporto verso i servizi è da implementare, non solo per i Ceod, trasporto ma anche per le attività di socializzazione. Nello specifico è da chiarire la titolarità e la competenza nel trasporto dei disabili verso la scuola superiore Sostegno e sviluppo delle risorse Necessità di sviluppare la rete dei soggetti istituzionali e non che del territorio, volontariato, partecipano alla costruzione di nuovi servizi. Tale attività prevede cooperative, fondazioni. un lavoro di sensibilizzazione ai problemi della disabilità Miglioramento nell’accesso e Riflessione sulla qualità della comunicazione tra servizi e la nell’integrazione ai servizi e possibilità, condividendo proposte di lavoro nuove, di migliorare attivazione dello Sportello integrato l'attuale modalità di flusso informativo Carenza Comunita' Alloggio/Appartamenti Protetti Presenza di un referente Riflessione sulla attuale organizzazione dei servizi ULSS, distrettuale per Handicap e considerando la necessità di una presa in carico più vicina al definizione di buone prassi (UVMD e cittadino e integrata con i servizi del territorio. Regolamentazione SVAMADI) delle buone prassi esistenti e migliore la presa in carico condivisa della responsabilità Sostegno integrazione lavorativa Per sostenere l'autonomia delle persone disabili medio lievi è per le persone disabili necessario sviluppare la collaborazione con le Cooperative di tipo B per l'inserimento lavorativo. Implementazione operatori Incrementare il numero degli operatori addetti all'assistenza. assistenza scolastica Difficoltà di risposta ai bisogni derivanti dall'aumento dei minori segnalati dalla scuola alla NPPIEE, per problemi di comportamento gravi. È interessante sottolineare come l’analisi delle criticità e dei bisogni nel territorio del Distretto n. 4 si sia soffermata su aspetti qualitativi e non solo quantitativi. Infatti la presenza di obiettivi di sistema fa supporre una buona presenza di servizi sia delle Istituzioni pubbliche sia del privato sociale, che devono essere sviluppati o parzialmente incrementati, ma per i quali, sostanzialmente si chiede di poterne migliorare l’efficacia attraverso strumenti di programmazione condivisa, protocolli definiti e assunzione di reciproche responsabilità. 87 88 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 4 CAPITOLO 4 – LA RETE SOLIDARISTICA DELLA COMUNITÀ LOCALE III.4.1. La rete solidaristica presente nel territorio Il Piano Locale della Disabilità costituisce l’occasione per mettere in rete tutte le risorse della comunità locale, le associazioni di volontariato e le altre forme di solidarietà e di partecipazione sociale. L’approvazione del Piano Locale della Disabilità rappresenta un momento importante di riflessione, confronto ed elaborazione di piani e programmi che vedono coinvolti tutti i soggetti territoriali pubblici e privati in un’azione sinergica di integrazione con i servizi erogati e di realizzazione di specifiche iniziative progettuali che implementano e completano l’offerta di servizi in risposta ai bisogni delle persone. Nella programmazione territoriale, dal coinvolgimento e dal confronto con il Terzo Settore, scaturiscono gli indirizzi e gli orientamenti per tradurre le politiche sociali in attività, servizi, interventi e progettualità, secondo logiche di priorità territoriali. Alla luce di questi riferimenti, l’Area Disabilità si è strutturata come rete di servizi che vuole integrarsi nella comunità in cui vivono le persone, rapportandosi in primo luogo con le famiglie e con le formazioni sociali presenti sul territorio. A motivo della ristrettezza dei tempi assegnati dalla Regione per la predisposizione del PLDisabilità, il coinvolgimento dei soggetti del Terzo Settore in questa fase è stato necessariamente circoscritto mentre una vera e significativa partecipazione dei vari attori sociali necessita di un periodo temporale ben più ampio. Pertanto, per dare concreta attuazione ed operatività al PLDisabilità e successivo percorso di implementazione dello stesso, si rinvia al processo di costruzione del Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009. In ogni caso, una realtà significativa nell’ambito territoriale dell’Azienda ULSS n. 20 è la Consulta delle Associazioni di Handicap del Comune di Verona, che raggruppa numerose realtà associative della città, peraltro rappresentative di gran parte del territorio provinciale. La Consulta, attraverso il lavoro di un tavolo tecnico appositamente costituito, ha realizzato un documento specifico di indirizzo per le strategie e gli interventi di incremento e miglioramento dei servizi, per buona parte già recepiti nel presente piano settoriale e che troveranno adeguata collocazione ed approfondimento nel nuovo Piano di Zona. E’ da segnalare anche la rilevante attività di alcune Associazioni che da anni svolgono, in collaborazione con l’Azienda ULSS n. 20, un ruolo di animazione sociale sul territorio. Da questa collaborazione è nato il progetto “Acca in Fuga” che permette di sperimentare un lavoro integrato tra Servizi pubblici, Terzo Settore e Centro Servizi del Volontariato finalizzato a facilitare e favorire la partecipazione delle persone disabili alle innumerevoli iniziative sociali. L’organizzazione delle attività, in virtù di programmi finalizzati alla rieducazione, alla socializzazione ed all’integrazione sociale, è funzionale ai bisogni delle persone. Tali programmi prevedono interventi mirati a prevenire situazioni di isolamento e a 89 Piano Locale della Disabilità Parte Terza – Cap. 4 contrastare forme di emarginazione o di chiusura, mediante attività di socializzazione e momenti di aggregazione di vario genere (giochi di gruppo, organizzazione di feste e spettacoli, intrattenimenti, partecipazione a feste della comunità civile e religiosa). Le Associazioni attualmente in convenzione con l’Area Disabilità dell’Azienda ULSS n. 20 sono le seguenti: Distretto 1 Ass. “Gruppo Insieme” di Verona Ass. “Amici degli Spastici” di Verona Distretto 2 Ass. “Piccola Fraternità” di Verona Ass. La Strada di Verona Centro Sportivo Italiano di Verona Progetto Handicap e Sport Distretto 3 Distretto 4 Ass. “Piccola Fraternità Valpantena” di Ass. “Il Paese di Alice” di San Bonifacio Grezzana Ass. “C.A.R.S.” di Verona c/o AIAS Ass. “Piccola Fraternità” di Monteforte d’Alpone Ass. “Sindrome di Down” di Verona Per una puntuale ricognizione delle Associazioni e delle Organizzazioni sociali presenti nel territorio ed operanti nell’ambito della domiciliarità e delle politiche di promozione sociale si rinvia a quanto contenuto nella Carta dei Servizi dell’Area Disabilità. Ulteriori specificazioni, compresa la disamina delle modalità di raccordo e di collaborazione ed uno studio circa nuove possibilità di interazione, verranno definite nell’ambito della prossima programmazione zonale. 90 Piano Locale della Disabilità Parte Quarta – Cap. 1 PARTE QUARTA CAPITOLO 1 – LE RISORSE IV.1.1 Il quadro delle risorse locali A fronte di un aumento delle domande da parte delle fasce deboli e dell’incremento dei costi a parità di erogazione dei servizi, si impone un approccio socio-economicogestionale anche in riferimento ai budget di spesa ricercando insieme a tutti i partners (Azienda ULSS – Comuni – Privato Sociale) un pensare ed un agire in modo nuovo, anche sperimentale. Sul territorio dell’Azienda ULSS n. 20, in un contesto dove diminuiscono progressivamente le risorse ed aumentano i bisogni, occorre necessariamente operare con politiche integrate tra sanità, sociale, scuola, formazione professionale e lavoro. I costi di assistenza tendono a lievitare in genere assai più velocemente del tasso inflattivo, sia per motivi economici di carattere generale (in particolare per i nuovi contratti del personale operante) sia per modelli assistenziali sempre più avanzati (la personalizzazione degli interventi favorisce la specializzazione dei medesimi e rende più costoso il sistema a parità di prestazioni erogate). A seguito di ciò, la Direzione dei Servizi Sociali dell’Azienda ULSS n. 20, in accordo con la Conferenza dei Sindaci, ha già avviato significative azioni quali: • costante e ampio coinvolgimento delle Cooperative sociali coinvolte nella gestione dei servizi, del volontariato presente e degli organismi di rappresentanza delle persone con disabilità e dei loro familiari; • presenza di circa 50 volontari del Servizio Civile assegnati dal Ministero della Solidarietà Sociale all’Azienda ULSS n. 20; • trasferimento di risorse finanziarie da progettualità straordinarie a progettualità ordinarie per lo sviluppo di percorsi riabilitativi sperimentali; • processi di assistenza inclusivi anche delle autonomie della persona disabile; • iniziative, ove possibile, di assistenza domiciliare “allargata”; • potenziamento degli inserimenti sociali in ambito lavorativo; • standards di personale commisurato al raggiungimento dell’obiettivo più che sulla tipologia codificata dagli standards di settore con particolare riferimento alla LR. n. 22/2002; • ricerca di possibili strumenti di gestione dei servizi alternativi alle gare d’appalto meglio rispondenti al principio di sussidiarietà. La DGR n. 1859/2006, nelle indicazioni per l’elaborazione del Piano Locale della Disabilità, indica come necessaria la ricognizione delle risorse umane, strumentali ed economiche sulle quali si basa la realizzazione degli interventi e dei servizi oggetto del Piano stesso con la precisazione che per quanto attiene alle prestazioni di assistenza domiciliare e agli assegni di cura, si va rinvio a quanto disposto nel Piano Locale per la Domiciliarità. Il quadro d’insieme è stato costruito con riferimento innanzitutto alla vigente normativa emanata dalla Regione Veneto in materia. In particolare, è stata esaminata la DGR 28 febbraio 2006 n. 460 “Interventi di sostegno alla domiciliarità per persone non autosufficienti anziane e disabili. Procedure ed assegnazioni per l’anno 2006”. 91 Piano Locale della Disabilità Parte Quarta – Cap. 1 In secondo luogo è stata presa in esame la documentazione in possesso dell’Azienda ULSS. Inoltre la seguente ripartizione dei costi fa riferimento ai livelli essenziali di assistenza (LEA) e trova riscontro nell’ultimo bilancio di previsione dell’Azienda ULSS n. 20 approvato. Essa contiene i dati più significativi relativi al sistema della disabilità. SERVIZI/RISORSE FINANZIARIE Residenzialità Assistenza Domiciliare Assistenza Scolastica CEOD – Servizi diurni Assistenza Disabili Adulti Interventi per l’autonomia personale e vita indipendente SIL Soggiorni climatici TOTALE TOTALE € 11.666.663,96 € 1.883.737,83 € 3.588.724,17 € 6.454.019,71 € 130.382,43 € 470.983,73 € 620.301,63 € 94.008,32 € 24.908.821,78 SOCIALE € € € € SANITARIO 1.908.787,58 1.645.691,97 3.588.724,17 2.141.484,18 € 0,00 € 9.757.876,38 € 238.045,86 € 0,00 € 4.312.535,53 € 130.382,43 € 337.224,24 € 339.878,51 € 94.008,32 € 133.759,49 € 280.423,11 € 0,00 € 10.055.798,97 € 14.853.022,81 Rispetto alle risorse finanziarie indicate, si evidenzia l’ulteriore disponibilità della somma complessiva di € 901.274,44 derivante dal riparto regionale relativo al Fondo unico per la domiciliarità disabili per l’anno 2006 effettuato con la citata DGR n. 460/2006. Quanto sopra riportato è riferito esclusivamente alle attività attualmente delegate. Infine residuano significative risorse a carico delle Amministrazioni comunali per i servizi non delegati, in particolare per il trasporto e la residenzialità delle persone disabili, che verranno ricondotte a definizione nell’ambito della prossima programmazione zonale. 92 Piano Locale della Disabilità Parte Quarta – Cap. 1 Dirigente Amministrativi Operatore tecnico Operatore socio-sanitario Educatore Professionale Animatore Infermiere professionale Fisioterapista Podologo psicomotricista Psicologo Assistente sociale Per quanto attiene alle risorse umane e professionali si delinea un quadro riassuntivo articolato per singole tipologie con la relativa indicazione del numero di operatori equivalenti. Residenzialità Assistenza Domiciliare Assistenza Scolastica CEOD Servizi diurni Assistenza Disabili Adulti Soggiorni climatici SIL 0,50 2,70 9,02 250,34 27,16 17,14 4,93 3,24 3,28 3,28 0,00 0,00 0,00 50,91 1,00 0,00 0,00 0,00 0,00 4,05 0,00 0,00 0,00 117,44 6,70 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 201,42 37,70 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 1,00 0,00 0,00 0,00 0,00 2,00 2,90 0,00 0,50 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 6,20 0,00 0,00 0,00 0,00 3,00 Direzione 1,62 9,22 1,00 8,70 6,90 0,00 0,00 0,00 0,00 1,00 TOTALE 2,12 12,42 10,02 629,81 85,66 17,14 4,93 3,24 5,28 14,23 Il quadro complessivo delle risorse integrate tra Azienda ULSS n. 20 e Comuni associati troverà sistematizzazione in sede di Piano di Zona, anche tenendo in considerazione l’applicazione dei nuovi standard relativi alla LR. n. 22/2002 in corso di definizione da parte Regione Veneto. 93 Piano Locale della Disabilità Parte Quarta – Cap. 1 IV.1.2 I Modelli gestionali innovativi Nell’ambito dei processi di cambiamento avviati all’interno dell’organizzazione, si evidenziano delle sperimentazioni messe in atto rispetto a modelli gestionali che contribuiscono al miglioramento delle prestazioni finali rese ai cittadini. Le più rilevanti sono le seguenti: • gestione unitaria dei servizi diurni mediante un tavolo tecnico di concertazione, che ha portato a formulare convenzioni unitarie e a definire coordinamenti unitari per la gestione dei progetti individuali e delle iniziative territoriali; • affidamento diretto di servizi a Cooperative sociali di tipo B: si è proceduto ad affidare la gestione e la manutenzione del verde pubblico delle strutture dell’Azienda ULSS n. 20 a Cooperative sociali di tipo B; • sono stati attivati percorsi innovativi di inserimenti sociali in contesti lavorativi, per persone con disabilità che non sono pronte ad una regolare assunzione ma presentano potenzialità da sviluppare attraverso contesti lavorativi in cui vengono inseriti con borse lavoro rinnovabili di anno in anno; • sono stati avviati progetti di rete nell’ambito dell’integrazione sociale e del tempo libero mediante la collaborazione di Associazioni di Volontariato della Consulta delle Associazioni di Handicap del Comune di Verona e del Centro Servizi del Volontariato della Provincia di Verona; • sono state avviate sperimentazioni relative alle tecnologie informatiche applicate alla disabilità mediante la collaborazione con la Cooperativa Sociale Galileo di Verona (Progetto Labortech) e con la Cooperativa sociale Luce e Lavoro sempre di Verona (Progetto Iride); • sono stati avviati gruppi di mutuo aiuto tra persone e famiglie interessate dalla disabilità, allo scopo di offrire opportunità di confronto, condivisione e sostegno emotivo tra chi vive direttamente la problematica della disabilità. Per ciascuna sperimentazione è stato elaborato uno specifico progetto, la cui realizzazione è in corso con positivo riscontro. 94 Piano Locale della Disabilità Parte Quarta – Cap. 2 CAPITOLO 2 – I RISULTATI ATTESI Il sistema della disabilità nell’intero ambito territoriale si colloca attualmente in una fascia qualitativamente assai elevata rispetto agli standard di servizi e prestazioni offerte, di utenti presi in carico, di risorse impegnate, raggiungendo in alcuni casi punte di vera e propria eccellenza. A fianco dell’obiettivo di sistema di operare nell’ottica della salvaguardia e del consolidamento degli attuali livelli, il Piano Locale della Disabilità si pone altri traguardi di carattere generale da raggiungere nell’arco dei prossimi tre anni. Il primo obiettivo è di realizzare un sistema integrato di risposte ai bisogni della disabilità, che valorizzi il princìpio di sussidiarietà quale modalità di condivisione delle funzioni istituzionali da parte delle formazioni sociali. Il secondo obiettivo è di favorire le sinergie tra Enti coinvolti e tra questi e il Terzo Settore al fine di realizzare risposte nuove in grado di rispondere ai bisogni emergenti ancora scarsamente riconosciuti o non sufficientemente sostenuti da interventi adeguati. Il terzo obiettivo, nell’ottica del rispetto della centralità della persona, è di razionalizzare la rete dei servizi attraverso il completamento delle deleghe ed il superamento della settorializzazione degli interventi. In particolare, in ordine alle deleghe di cui all’art. 132 della L.R. n. 11/2001, si precisa che la Conferenza dei Sindaci, con deliberazione del 21 febbraio 2006 n. 1, ha approvato il piano di rientro in capo all’Azienda ULSS n. 20 del trasporto delle persone disabili ai CEOD. Inoltre, con deliberazione del 20 giugno 2006 n. 3, ha approvato la programmazione dei servizi socio-sanitari delegati per l’anno 2006 ed avviato degli approfondimenti che afferiscono al Comune di Verona riguardo: a) alla conclusione del percorso, già previsto all’interno del Piano di Zona 20032005, diretto a ricondurre nell’ambito dell’attività delegata l’inserimento residenziale delle persone disabili adulte; b) alla presa in carico dei minori disabili affetti da disturbi comportamentali e/o patologie di interesse neurospichiatrico in regime semiresidenziale e residenziale; c) al servizio di assistenza scolastica per gli alunni disabili, svolto all’interno delle funzioni delegate; d) alle modalità di gestione dei servizi rispetto ai modelli attualmente utilizzati. Oggi infatti la residenzialità disabili rientra nella delega dei Comuni all’Azienda ULSS n. 20 solo parzialmente (per n. 66 posti presso il Cerris di Verona; n. 7 posti presso la Casa Nostra di Cologna Veneta e n. 7 posti presso l'ex Gabbiano confluito a Corte Scolette di Monteforte d’Alpone). Ogni considerazione è rinviata al capitolo che tratta della residenzialità e al nuovo Piano di Zona. Infine, in questa prospettiva, il Piano Locale della Disabilità riconferma tutti i dati relativi agli operatori e alla loro qualifica professionale, agli utenti in relazione alle tipologie dei servizi/interventi offerti, alle prestazioni per carattere di intervento e alle risorse economiche impiegate, analiticamente riportati nelle parti terza e quarta del presente Piano. 95 Piano Locale della Disabilità Parte Quarta – Cap. 2 IV.2.1 I risultati attesi e gli obiettivi strategici In termini riassuntivi, il quadro sintetico dei risultati attesi del Piano Locale della Disabilità è quello riportato nella seguente tabella, che rappresenta anche i nuovi impegni programmatici per il triennio 2007-2009, che confluiranno nel successivo assetto programmatorio generale costituito dal Piano di Zona. Lo stesso PLDisabilità, peraltro, dovrà trovare giusta collocazione nei Piani Attuattivi Territoriali, il cui processo elaborativo, recentemente avviato, giungerà a compimento secondo le modalità e i tempi stabiliti dagli attori coinvolti. Nell’impostazione del quadro di sintesi si è tenuto conto sia degli aspetti riportati nei precedenti capitoli sia delle indicazioni contenute nella DGR n. 1859/2006. Area Obiettivi generali Tempi Risultati attesi Destinatari Integrazione sociale Rafforzamento delle autonomie Sviluppo iniziative solidali dicembre 2009 Coinvolgimento e responsabilizzazione dei soggetti, istituzionali e non del territorio Valutazione dei bisogni e standard attesi Realizzazione di percorsi formativi per le figure professionali dei Comuni e Azienda ULSS Sperimentazione della SVAMDI dicembre 2007 Applicazione dell’ICF dicembre 2007 Validazione dello strumento Revisione del regolamento UVMD Accesso al Sistema della Disabilità Sistema della Domiciliarità ADI Servizi Diurni Applicazione della L. 162/98 Applicazione della L. 284/97 aprile 2007 Adeguamento alle indicazioni regionali Erogazione di prestazioni integrate tra i servizi dicembre 2008 Promozione e consolidamento delle reti solidaristiche del territorio dicembre 2009 Continuità rispetto allo standard attuale di servizi e prestazioni Valorizzazione delle forme di comunicazione Miglioramento nella diffusione della Carta dei Servizi Maggiore personalizzazione dell’intervento Riattualizzazione dell’accordo di programma tra Comuni e Azienda ULSS e del regolamento vigente Raccordo degli interventi di Assistenza domiciliare comunale (SAD) con gli interventi di ADI per una progettualità integrata Sviluppo di modalità organizzative e gestionali flessibili ed integrate dicembre 2009 dicembre 2007 dicembre 2007 dicembre 2007 dicembre 2009 Integrazione dei progetti per la “Vita indipendente” e per l’aiuto personale in un Fondo Unico per la Domiciliarità Disabili Integrazione degli interventi per i ciechi pluriminorati nell’ambito del Fondo Unico per la Domiciliarità Disabili dicembre 2007 Superamento della logica del centro occupazionale (Ceod) nella direzione di una integrazione territoriale Riduzione della frammentarietà degli interventi dicembre 2007 Riduzione della frammentarietà degli interventi. 96 dicembre 2009 dicembre 2009 Monitoraggio e verifica delle modalità di erogazione delle prestazioni Sensibilizzazione e coinvolgimento delle realtà distrettuali del Terzo Settore e condivisioni degli obiettivi Mantenimento degli attuali livelli di assistenza Maggior efficacia dell’informazione Maggior efficacia dell’informazione Utilizzo scheda SVAMDI Maggiore sinergia tra Comuni e Azienda ULSS e nuove modalità di accesso e di erogazione Coordinamento degli interventi tra Comuni e Azienda ULSS Piano Locale della Disabilità Trasporto disabili Sistema della Residenzialità Accoglienza Temporanea Sportello Integrato Sistema Informativo Parte Quarta – Cap. 2 Riconduzione della delega del servizio di trasporto ai CEOD in capo all’Azienda ULSS n. 20 a partire dai Distretti n. 1, n. 2 e n. 3 Implementazione dei servizi di trasporto disabili per il Distretto n. 4 Sviluppo omogeneo, diversificato e flessibile dei servizi residenziali sul territorio luglio 2007 Rivisitazione degli accordi assunti con le strutture residenziali Promozione della piena integrazione tra gli sportelli esistenti Elaborazione di un modello che tenga conto delle specificità del contesto territoriale Utilizzo in modo condiviso dei sistemi operativi Condivisione delle banche dati di Comuni e Azienda Ulss dicembre 2007 dicembre 2007 97 dicembre 2007 dicembre 2008 dicembre 2008 Gestione unitaria del servizio di trasporto disabili Organizzazione sul territorio dei servizi di trasporto per Ceod, Scuole, ecc. Articolazione delle tipologie di strutture residenziali secondo gli standard regionali e applicazione delle impegnative di residenzialità Aumento della disponibilità delle strutture residenziali Protocolli di intesa tra Azienda Ulss n. 20 e Comuni con cui si individuano: sedi, risorse, modalità Sistema informativo condiviso rispetto all’utilizzo di banche dati locali e regionali 98 Piano Locale della Disabilità Parte Quarta – Cap. 3 CAPITOLO 3 – GLI ACCORDI LOCALI IV.3.1 I protocolli e le intese La DGR n. 1829/2006 prevede la definizione delle modalità di integrazione professionale ed istituzionale tra diverse unità operative dei Dipartimenti strutturali e funzionali alle Aziende ULSS n. 20 assicurando, nell’ottica della presa in carico: 1. il sostegno alle forme di continuità assistenziale nel passaggio dall’età evolutiva all’età adulta e da questa a quella anziana; 2. il sostegno psicologico alla persona con disabilità e alla sua famiglia; 3. le modalità di collaborazione con i servizi riabilitativi; 4. le modalità di collaborazione con i servizi di neurologia; 5. la definizione di protocolli e di intese con il dipartimento di salute mentale. Con riferimento al primo aspetto, sono stati avviati dei gruppi di lavoro che stanno elaborando principi, contenuti e modalità di integrazione professionale ed istituzionale all’interno dell’Azienda ULSS n. 20 sulla continuità assistenziale nel passaggio dall’età evolutiva all’età adulta e da questa a quella anziani. In relazione al secondo aspetto, si rimanda alla Parte seconda del presente Piano afferente all’accesso al sistema della disabilità, dove viene illustrato il Servizio psicologico nell’Area della disabilità. Riguardo al punto 4, sono stati avviati dei contatti con il Servizio di Neurologia dell’Azienda ULSS n. 20, che è collocato all’interno del complesso ospedaliero di San Bonifacio, per definire modalità di integrazione per la presa in carico di quelle situazioni di disabilità che implicano la necessità di una consulenza neurologica. Infine, in riferimento ai punti 3 e 5, si riportano di seguito le modalità di collaborazione sin qui definite con il Dipartimento Riabilitativo ed il Dipartimento di Salute Mentale. Il Protocollo operativo tra i Servizi Sociali Area Disabili ed il Dipartimento Riabilitativo L'attuale organizzazione dei Servizi Sociali Area Disabili prevede la costituzione di un Servizio Sociale Disabili che si occupa di persone in età infantile e adulta con stato di disabilità già certificato o in itinere. Esso ha il compito di attivare la relazione di aiuto rispetto alle situazioni di competenza, nonché di progettualità territoriale e di lavoro di comunità. Nello specifico, il Servizio Sociale Disabili si occupa della disabilità delegata dalla Conferenza dei Sindaci all'Azienda ULSS n. 20 o di disabilità motorie come: • distrofia muscolare e altre forme di malattìe neuromuscolari legate a cause genetiche; • morbo di Parkinson, sclerosi multipla e altre forme di disabilità neurologiche progressive; • para/tetraplegie; • esiti di trauma cranico o di grave cerebrovasculolesione acquisita di varia natura; • disabilità insorte in età neonatale e perinatale con cerebromotulesione. L'assistente promozione inserimento L'assistente sociale è chiamato ad operare con funzione di aiuto, di sostegno, di e di recupero di potenzialità residue del singolo e della sua famiglia, di sociale per problemi complessi talvolta con esiti di cronicizzazione. sociale si muove sul terreno della presa in carico dei problemi. Appare 99 Piano Locale della Disabilità Parte Quarta – Cap. 3 doveroso sottolineare come l'autonomia tecnico-professionale e di giudizio in tutte le fasi dell'intervento per la prevenzione, il sostegno e il recupero di persone, famiglie, gruppi e comunità in situazioni di bisogno e di disagio sia propria del Servizio Sociale Professionale. Alla luce di questo, la collaborazione operativa rispetto le situazioni in carico o nuove nell'ambito dell'attività propria del Dipartimento Riabilitativo può riguardare: 1) consulenza fisiatrica e fisioterapica nell'ambito del progetto riabilitativo individuale e degli specifici programmi riabilitativi agli operatori dei servizi afferenti all'Area Disabilità in riferimento a: a) valutazione multidisciplinare delle componenti riabilitative in soggetti con disabilità multiple (motorie, sensoriali, psichiche); b) valutazione, prescrizione e addestramento all'uso degli ausili; 2) consulenza fisiatrica e fisioterapica alle strutture diurne e residenziali (pubbliche o anche convenzionate) nell'ambito dei progetti riabilitativi individuali; 3) consulenza fisiatrica e fisioterapica alle Associazioni e alle Cooperative nell'ambito dei progetti riabilitativi individuali; 4) consulenza fisiatrica alle famiglie nell'ambito dei progetti riabilitativi individuali; 5) consulenza fisiatrica per la dimissione protetta ed il collegamento con le strutture del distretto (UVMD, etc.) al bisogno; 6) relazione medica da allegare alla documentazione in caso di necessità per situazioni particolarmente problematiche. Quali strumenti utili per rendere maggiormente efficaci i punti anzidetti sono da evidenziare: • una corretta documentazione dell'assistente sociale, del medico, del fisioterapista, ecc., riguardo ad ogni singolo soggetto in carico; • un incontro dell'equipe tra operatori sanitari e sociali della riabilitazione per ogni nuovo soggetto in carico; • la discussione/scambio di informazioni e la verifica periodica per i soggetti in carico; • la verifica annuale e al bisogno con il referente della struttura sociale di riferimento. Il Protocollo di collaborazione tra il Servizio Disabili Adulti ed il Dipartimento di Salute Mentale (DSM) Dagli incontri tra i Servizi Psichiatrici Territoriali e l'Area Disabilità dell'Azienda ULSS n. 20, finalizzati alla gestione delle situazioni multiproblematiche, è emersa la necessità di individuare una modalità operativa chiara e condivisa che possa semplificare e dare trasparenza ai percorsi da seguire per l'accesso ad alcuni servizi. In particolare, i Servizi Psichiatrici Territoriali ponevano l'esigenza di poter accedere al Servizio di Assistenza Domiciliare Socio-Riabilitativa erogato dall'ULSS n. 20, Servizio Disabili Adulti, per i pazienti che, oltre ad un disturbo psichiatrico, siano anche portatori di un handicap e per i quali fosse opportuno inserire nel progetto riabilitativo un intervento specifico di assistenza domiciliare. Il Servizio di assistenza Domiciliare Socio-Riabilitativa dall'altra parte chiedeva la disponibilità ai Servizi Psichiatrici di poter attivare una collaborazione su alcuni casi, in particolare per utenti portatori di handicap che manifestano anche disturbi del comportamento, in modo da poter meglio definire i progetti socio-riabilitativi sia per le persone già in carico, sia per la nuova utenza. 100 Piano Locale della Disabilità Parte Quarta – Cap. 3 E’ stata quindi congiuntamente stesa una bozza di protocollo operativo, sintetizzata nella tabella di seguito riportata, cercando di dare un'adeguata risposta ai problemi emersi. La finalità comune è quella di sperimentare tale protocollo e di verificarne l’appropriatezza e la funzionalità in tempi brevi (circa un anno), per poi incontrarsi nuovamente e valutare insieme eventuali difficoltà incontrate e conseguenti opportune modifiche. L'esperienza sarà utile anche per delineare successivi accordi inerenti i percorsi di accesso ad altri servizi (interventi semiresidenziali e residenziali) e per giungere alla stesura di un protocollo complessivo di rapporto tra Area Salute Mentale e Area Disabilità, così come definito nelle "Linee di indirizzo e disposizioni per la predisposizione del piano locale della disabilita" di cui alla DGR n. 1859 del 13 giugno 2006. 101 Piano Locale della Disabilità Parte Quarta – Cap. 3 PERCORSO PER LA PRESA IN CARICO E L'ATTIVAZIONE DEL SERVIZIO DI ASSISTENZA DOMICILIARE SOCIO-RIABILITATIVA (SADSR) A FAVORE DI PERSONE DISABILI ADULTE CON RITARDO MENTALE E DISTURBI PSICHIATRICI O DEL COMPORTAMENTO 1. Attivazione del percorso • da parte del Servizio Psichiatrico Territoriale: a) segnalazione al Servizio Equipe Handicap Adulti tramite valutazione scritta del caso ed indicazione dell'opportunità di attivare un servizio di assistenza domiciliare; b) trasmissione della segnalazione dal Servizio Disabili Adulti al Servizio di Assistenza Domiciliare Socio-Riabilitativa; • da parte del Servizio Sociale Disabili Adulti: a) segnalazione al Servizio Psichiatrico Territoriale competente, tramite valutazione scritta del caso, per la richiesta di consulenza sul progetto in corso o da attivare; b) trasmissione della segnalazione dal Direttore del Servizio Psichiatrico Territoriale all'equipe competente. 2. Incontro tra operatori del Servizio di Assistenza Domiciliare Socio-Riabilitativa (SADRS) ed operatori del Servizio Psichiatrico Territoriale per una valutazione congiunta del caso e per la definizione di eventuali interventi integrativi per l'acquisizione di ulteriori informazioni utili alla stesura del progetto (contatti con la persona interessata, familiari, o qualsiasi altra figura che possa contribuire ad una definizione più completa della situazione, richiesta dalla legge n. 104/1992). 3. Convocazione dell'Unità Valutativa Multidimensionale Distrettuale con la partecipazione di: • Responsabile del distretto socio-sanitario competente o suo delegato • Medico di Medicina Generale; • Medico Psichiatra; • Psicologo del Servizio Psichiatrico Territoriale; • Assistente Sociale del Servizio Psichiatrico Territoriale; • Assistente Sanitario del Servizio Psichiatrico Territoriale; • Assistente Sociale dell' Equipe Handicap Adulti; • Assistente Sociale/Educatore Professionale del Servizio di Assistenza Domiciliare Socio-Riabilitativa; • Operatore del servizio di NPIPEE (nel caso la valutazione riguardi una persona Disabile che al raggiungimento della maggiore età dovrà essere dimessa da detto servizio); • Altre figure professionali. 4. In • • • • • • tale sede sarà steso il piano individualizzato con precisazione di: obiettivi; attività; tempi e modalità dell'intervento; tempi e modalità di verifica; operatori referenti per ogni servizio coinvolto; apporto specifico di ogni operatore al progetto. 5. Verifiche periodiche programmate e/o in caso di urgenza tra gli operatori dei servizi coinvolti. 6. Convocazione Unità Valutativa Multidimensionale Distrettuale di verifica e valutazione periodica con la partecipazione delle citate figure professionali. 102 Piano Locale della Disabilità Parte Quinta – Cap. 1 PARTE QUINTA CAPITOLO 1 – LA VALUTAZIONE V.1.1 L’approccio e la finalità della valutazione La valutazione costituisce un elemento importante del Piano Locale della Disabilità soprattutto se questo non viene considerato dal mero punto di vista formale quale documento scritto, sintesi di una serie di dati oggettivi, elenco di interventi e servizi, indicazione di obiettivi di sistema, ma dal punto di vista sostanziale ovvero come rappresentazione di un processo attraverso il quale diversi attori appartenenti alle Istituzioni e alla comunità locale entrano in relazione tra loro. Questo processo di pianificazione del PLDisabilità si è configurato come ricognizione dell’esistente con un’ottica incrementale, ponendosi cioè come primo momento di un percorso di costruzione di politiche sociali locali destinato a proseguire nel tempo attraverso successive specificazioni e riprogettazioni in una prospettiva di miglioramento continuo. In coerenza con tale impostazione, anche la valutazione dovrà adottare un approccio partecipato prevedendo quindi il coinvolgimento diretto tanto dei diversi livelli istituzionali quanto dei rappresentati del territorio. Si dovrà poi qualificare non tanto come strumento di controllo quanto piuttosto come strumento di accompagnamento progettuale rivolto a promuovere, per tutta la durata del processo, meccanismi di analisi, di correzione e di apprendimento utili a garantire l’evoluzione complessiva del sistema dei servizi. Infine la valutazione dovrà essere orientata a restituire a tutti i soggetti coinvolti informazioni o indicazioni opportune per la progettazione successiva e per la calibratura dei progetti o degli interventi specifici. 103 Piano Locale della Disabilità Parte Quinta – Cap. 1 V.1.2 Le fasi e i soggetti della valutazione Affrontando il tema della valutazione in senso generale, si tratta di porre in essere un percorso di monitoraggio, di verifica e di valutazione in senso stretto coerente con il carattere dinamico e continuo dell’azione sociale nella consapevolezza che: • per verifica si intende l’azione mediante la quale si controlla se un risultato atteso sia stato o meno raggiunto sulla base di una rilevazione oggettiva; • per monitoraggio si intende l’accertamento e la definizione del grado di avanzamento del piano, dell’obiettivo specifico o del progetto finalizzato ad evidenziare la discrepanza eventuale tra quanto definito e quanto realizzato; • per valutazione si intende la formulazione di un giudizio di valore scaturente dai risultati delle verifiche e del monitoraggio effettuati e sulle prospettive future. Come detto, il percorso si snoda lungo tutto il ciclo di vita del Piano potendosi comunque articolare nei seguenti momenti: • la valutazione preliminare o ex ante, propria della fase di ideazione, che precede la definizione degli obiettivi e delle strategie e che riguarda essenzialmente la verifica dell’esistenza dei pre-requisiti; • la valutazione in itinere o in progress, tipica della fase di attuazione, che attiene allo stato di avanzamento del piano e alle sue possibili variazioni e/o aggiornamenti alla luce dei risultati emersi in un’ottica di alternanza virtuosa tra progettazione e valutazione attenta ai processi e ai risultati intermedi. In particolare, la valutazione seguirà la realizzazione delle azioni programmatiche previste dal PLDisabilità attraverso la rilevazione di indicatori e di informazioni utili a cogliere gli scostamenti tra attività/azioni previste ed i risultati attesi, lo sviluppo armonico del territorio, gli elementi di difficoltà e le criticità; • la valutazione finale o ex post, propria della fase finale, che rileva i risultati conseguiti, l’impatto e l’efficacia delle politiche rispetto ai bisogni primari rilevati, i cambiamenti introdotti, la rilevanza dei progetti e la loro incisività, l’economicità relativamente al rapporto costi/benefici e risorse impegnate/risultati conseguiti. I soggetti della valutazione sono identificabili negli “attori necessari” e pertanto nei medesimi organismi del livello tecnico-specialistico e politico-strategico individuati in sede di definizione della metodologia di elaborazione del Piano ovvero, in particolare, i Tavoli tecnici distrettuali ed il Tavolo tematico sovradistrettuale dell’Area Integrazione da un lato; i Comitati dei Sindaci di Distretto e l’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci di concerto con il Direttore dei Servizi Sociali dell’Azienda Ulss n. 20 dall’altro. Alla luce della sua collocazione e del ruolo svolto, l’Ufficio del Piano di Zona viene individuato quale soggetto di supporto di tutto il processo di monitoraggio e di valutazione sotto l’aspetto tecnico-operativo, metodologico e comunicativo. Ai fini della valorizzazione e della definizione delle responsabilità locali in un sistema che coinvolge oltre agli attori istituzionali anche i soggetti privati, questi ultimi sono chiamati a svolgere un ruolo di soggetto attivo anche nella fase di valutazione del Piano con ricorso agli strumenti di valutazione che verranno individuati come più opportuni in relazione ai contenuti. 104 Piano Locale della Disabilità Parte Quinta – Cap. 1 V.1.3 L’unità di analisi e gli strumenti L’unità di analisi del Piano Locale della Disabilità sarà duplice. In dettaglio, essa riguarderà: • il Piano nella sua globalità ossia come progettualità complessiva esplicitata negli obiettivi strategici. L’unità di analisi è caratterizzata in termini di valutazione finale o ex post che può avvenire anche ricorrendo alla metodologia di stampo razional-sinottico prevista per il Piano di Zona dei Servizi alla Persona secondo le risultanze del processo avviato recentemente dalla Regione in materia; • i singoli servizi o interventi. La valutazione avverrà sia in itinere che ex post sulla base degli indicatori specifici individuati in relazione alla singola tipologia. La presenza di più unità di analisi potrà richiedere l’utilizzo di metodologie miste, basate sul ricorso a più strumenti e fonti informative. In sintesi, si ipotizza infatti di avvalersi di: analisi di base e di documentazione, questionari o sondaggi, interviste a soggetti privilegiati, focus group con i destinatari e gli stakeholders, brain storming e metodo delphi o di altre tecniche di valutazione. 105 106 Piano Locale della Disabilità CONCLUSIONI Il Piano Locale della Disabilità qui presentato è il risultato di un percorso di riflessione e di rivisitazione dei servizi avvenuto sul territorio, avendo attivato sedi e tavoli istituzionali di lavoro compatibilmente con i tempi resisi disponibili ed in uno sforzo di sistematizzazione tra scelte programmatorie e nuove istanze della Comunità. Il Piano recepisce le linee di indirizzo regionale per il sistema della domiciliarità e della residenzialità ed evidenzia, da una parte, con soddisfazione il completo percorso di offerta assistenziale riabilitativa presente sul territorio, dall’altra, con preoccupazione il costante incremento del fenomeno disabilità nelle varie fasi di vita del cittadino, che impone un ripensamento sui servizi stessi. Il documento traccia la strada sia per la riqualificazione dei servizi sia per il loro potenziamento anche attraverso azioni innovative sperimentali meglio rispondenti ad una puntuale presa in carico nella rete dei servizi per la promozione dell’autonomia personale secondo le direttive regionali, valorizzando le attese familiari e personali, in conformità anche al piano d’azione europeo 2006–2007. Viene sottolineata la necessità del completamento del modello di offerta che passa anche attraverso la SVAMDI e la riattualizzata operatività in settori importanti quali la domiciliarità, la residenzialità oltre l’integrazione scolastica e l’inserimento lavorativo. Queste ed altre criticità, quali la residenzialità rispetto alla diversificazione dei livelli di assistenza e del reale fabbisogno o il servizio trasporto quale strumento di accessibilità al mondo della scuola di ogni ordine e grado, aprono ulteriori orizzonti di coinvolgimento tra tutti i soggetti interessati per soluzioni che possono rappresentare nuovi punti di forza del sistema. Il presente Piano della Disabilità necessariamente va ricollegato al Piano Locale per la Domiciliarità sia per i princìpi guida, sia per l’ottica di una processualità progettuale e soprattutto per quanto riguarda l’offerta del servizio di domiciliarità che là trova definizione e risorse. Tutto questo ed altre problematiche aperte vengono assunte nel piano di settore quale movente per la pianificazione all’interno del nuovo Piano di Zona dei Servizi alla Persona in una reale integrazione tra Comuni, Azienda ULSS n. 20 e Terzo Settore e tra politiche sociali, socio-sanitarie e sanitarie. 107