PIANO LOCALE - Area Servizi Sociali ULSS20 VERONA Regione

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CONFERENZA DEI SINDACI
DEL TERRITORIO DELL’AZIENDA ULSS N.20
ALBAREDO D’ADIGE – ARCOLE - BADIA CALAVENA – BELFIORE - BOSCOCHIESANUOVA –
BUTTAPIETRA – CALDIERO – CASTEL D’AZZANO – CAZZANO DI TRAMIGNA – CERRO VERONESE –
COLOGNA VENETA – COLOGNOLA AI COLLI – ERBEZZO – GREZZANA – ILLASI – LAVAGNO –
MEZZANE DI SOTTO – MONTECCHIA DI CROSARA – MONTEFORTE D’ALPONE – PRESSANA –
RONCÀ – ROVERÈ - ROVEREDO DI GUÀ – S. BONIFACIO – S. GIOVANNI ILARIONE – S. MAURO DI
SALINE - S. GIOVANNI LUPATOTO – S. MARTINO BUON ALBERGO – SELVA DI PROGNO – SOAVE –
TREGNAGO – VELO VERONESE – VERONA – VERONELLA – VESTENANOVA - ZIMELLA
PIANO LOCALE
DELLA DISABILITÀ
AZIENDA ULSS N. 20
(approvato con deliberazione della Conferenza dei Sindaci n. 11 del 15.12.2006)
Piano Locale della Disabilità
INDICE
INTRODUZIONE
5
PARTE PRIMA
CAPITOLO 1 – IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
I.2.1 La deliberazione di Giunta Regionale 13 Giugno 2006 n. 1859
I.2.1 L’integrazione delle politiche: il Piano di Zona
7
7
11
CAPITOLO 2 – LA DISABILITÀ NEL PIANO DI ZONA 2003/2005
I.2.1 Inquadramento storico e collegamento con il Piano di Zona
I.2.2 Analisi e approfondimenti
13
13
15
CAPITOLO 3 – GLI ELEMENTI METODOLOGICI E PROCESSUALI
I.3.1 La metodologia del percorso di costruzione del Piano Locale
della Disabilità
I.3.2 Il processo di elaborazione
I.3.3 Gli attori
17
17
20
23
PARTE SECONDA
CAPITOLO 1 – L’ACCESSO AL SISTEMA DELLA DISABILITÀ
II.1.1 I destinatari degli interventi
II.1.2 La valutazione multidimensionale
II.1.3 Il servizio sociale e psicologico nell’area della disabilità degli
adulti
27
28
29
31
CAPITOLO 2 – IL SISTEMA INFORMATIVO
II.2.1 Lo Sportello Integrato
II.2.2 La Carta dei Servizi
35
35
37
PARTE TERZA
CAPITOLO 1 - IL SISTEMA DELLA DOMICILIARITÀ
III.1.1
Gli interventi di promozione dell’autonomia personale
III.1.2
I servizi diurni
III.1.3
Gli interventi erogati a domicilio e di supporto alla famiglia
III.1.4
Gli interventi di sostegno economico
III.1.5
Gli interventi di sollievo
39
39
47
51
58
60
CAPITOLO 2 - IL SISTEMA DELLA RESIDENZIALITÀ
III.2.1
Il sistema dei servizi residenziali e le unità di offerta
III.2.2
Le modalità di accesso alle strutture residenziali e
l’impegnativa di residenzialità
61
62
65
3
Piano Locale della Disabilità
CAPITOLO 3 – L’ARTICOLAZIONE TERRITORIALE
III.3.1
L’approccio all’ambito distrettuale
III.3.2
Il Distretto n. 1
III.3.3
Il Distretto n. 2
III.3.4
Il Distretto n. 3
III.3.5
Il Distretto n. 4
67
67
70
74
79
83
CAPITOLO 4 – LA RETE SOLIDARISTICA DELLA COMUNITÀ
LOCALE
III.4.1
La rete solidaristica presente nel territorio
89
89
PARTE QUARTA
CAPITOLO 1 – LE RISORSE
IV.1.1
Il quadro delle risorse locali
IV.1.2
I modelli gestionali innovativi
91
91
94
CAPITOLO 2 – I RISULTATI ATTESI
IV.2.1
I risultati attesi e gli obiettivi strategici
95
96
CAPITOLO 3 – GLI ACCORDI LOCALI
IV.3.1
I protocolli e le intese
99
99
PARTE QUINTA
CAPITOLO 1 – LA VALUTAZIONE
V.1.1 L’approccio e la finalità della valutazione
V.1.2 Le fasi e i soggetti della valutazione
V.1.3 L’unità di analisi e gli strumenti
103
103
104
105
CONCLUSIONI
107
4
Piano Locale della Disabilità
INTRODUZIONE
Il Piano Locale della Disabilità, nell’ambito del quadro complessivo della
programmazione locale, favorisce un approccio culturale alla disabilità
fondato sull’integrazione del modello sanitario e del modello sociale.
Dopo anni di sperimentazione di servizi territoriali, ci si accorge oggi di
aver costruito un’esperienza organizzativa professionalmente qualificata
che porta con sé il rischio di espropriare la comunità nel prendersi cura
delle persone più deboli o comunque più esposte alla dipendenza dagli
altri. Nella nuova logica della sussidiarietà, invece, che riconosce alla
comunità il ruolo preminente nel prendersi cura dei propri membri, i
servizi devono diventare essi stessi parte della comunità e quindi
integrarsi con le svariate espressioni della società civile.
La programmazione sviluppata sin qui sul territorio, con il concorso delle
Amministrazioni comunali, delle Istituzioni civili e religiose e con il Terzo
Settore, è improntata su indirizzi che pongono l’attenzione verso le
persone in condizioni di gravità. La centralità della persona costituisce la
priorità principale della programmazione territoriale e si concretizza
nell’organizzazione di un sistema integrato di interventi.
Il Piano Locale della Disabilità, promuovendo la cultura del
riconoscimento dei diritti delle persone disabili e sostenendo i processi e
i percorsi per la loro piena realizzazione, considera la disabilità come una
“complessa interazione di condizioni”, personali, sociali ed ambientali,
che favoriscono o riducono l’attività e la partecipazione attiva della
persona nella società.
Il progetto individuale e la presa in carico divengono riferimenti
importanti per la persona stessa e per la sua famiglia rispetto agli
obiettivi, alle azioni e agli interventi attivati al fine di seguire e
monitorare costantemente l’evoluzione della situazione personale.
Per queste ragioni, nell’ambito del Piano Locale della Disabilità, vengono
previsti gli strumenti operativi e le modalità organizzative necessari alla
predisposizione del progetto individuale che si configura come uno
strumento che viene modulato a partire dai bisogni e dalle aspettative
della persona con disabilità e della sua famiglia, che dinamicamente
viene attuato e riformulato in relazione al ciclo vitale, alle opportunità e
alle risorse disponibili sulla base di percorsi di valutazione che portano
ad individuare obiettivi, finalità ed interventi per una presa in carico
efficace.
In conclusione, si vuole evidenziare la necessità di una rivalutazione
degli aspetti etici nel lavoro sociale, che portino ad un preminenza della
persona rispetto alle tecniche e agli strumenti professionali, che possono
trovare il loro più alto significato proprio nel mettersi al servizio dei
cittadini piuttosto che diventare garanti di un’organizzazione sociosanitaria autoreferenziale.
Il Piano Locale della Disabilità diventa pertanto un impegno
fondamentale per permettere ai cittadini di essere valorizzati nella
propria unicità di persona e di avere reali possibilità di autodeterminazione.
5
6
Piano Locale della Disabilità
Parte Prima – Cap. 1
PARTE PRIMA
CAPITOLO 1 – IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
I.1.1 La deliberazione di Giunta Regionale 13 giugno 2006 n. 1859
Storicamente la complessa e delicata realtà della disabilità è divenuta oggetto di
specifica attenzione da parte del legislatore nazionale e regionale a partire dagli anni
’90 per giungere progressivamente all’emanazione di una miriade di atti normativi e
provvedimentali che attualmente governano la materia.
Pertanto, il presente inquadramento normativo non intende avere un carattere di
esaustività quanto fornire un quadro di riferimento che possa costituire un utile
orientamento in questo ambito indicando, da un lato, gli interventi normativi di
maggiore rilevanza dai quali si è originato il “sistema” della disabilità e, dall’altro,
evidenziando le tendenze di sviluppo dello stesso connotate da maggiore innovatività e
proiezione verso il futuro.
Sul piano nazionale, vanno citate alcune importanti leggi:
• la legge 9 gennaio 1989 n. 13 “Disposizioni per favorire il superamento e
l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”;
• la legge 5 febbraio 1992 n. 104 “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione
sociale e i diritti delle persone handicappate”, atto normativo fondamentale che
ha promosso il riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità e ha
indicato i principi fondamentali per la realizzazione dei processi e dei percorsi di
integrazione sociale;
• la legge 28 agosto 1997 n. 284 “Disposizioni per la prevenzione della cecità e
per la riabilitazione visiva e lavorativa dei cechi pluriminorati”;
• la legge 21 maggio 1998 n. 162 “Modifiche alla L. 5 febbraio 1992 n. 104
concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave”;
• la legge 12 marzo 1999 n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”;
• la legge 8 novembre 2000 n. 328 “Legge quadro per la realizzazione del
sistema integrato di interventi e servizi sociali” che ha dedicato specifiche
disposizioni a favore dei soggetti con disabilità;
oltre ad almeno altri tre atti di notevole rilevanza quali:
• il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2001-2003 approvato con
D.P.R. 3 maggio 2001;
• il D.P.C.M. 29 novembre 2001 con il quale sono stati definiti i livelli essenziali di
assistenza sanitaria e conseguentemente individuati in termini di prestazioni e
servizi da erogare ai cittadini;
• il Piano sanitario nazionale 2006-2008 recentemente approvato con D.P.R. 7
aprile 2006.
In un’ottica di sviluppo e come segno di un diversa attenzione e sensibilità al tema
della disabilità, negli ultimi tempi sono stati emanati alcuni atti normativi sulla parità
di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (D.Lgs. 9 luglio 2003
n. 216), per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici (legge 9
gennaio 2004 n. 4), sull’istituzione dell’amministratore di sostegno (legge 9 gennaio
2004 n. 6) e per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di
discriminazione (legge 1 marzo 2006 n. 67).
7
Piano Locale della Disabilità
Parte Prima – Cap. 1
In ambito regionale, la Regione Veneto è intervenuta con una serie di significativi
interventi normativi che hanno dato vita ad un considerevole numero di provvedimenti
attuativi generalmente sostanziatisi in deliberazioni della Giunta regionale.
Cronologicamente vanno annoverate:
• la L.R. 8 maggio 1980 n. 46 “Interventi per l’inserimento sociale, scolastico e
lavorativo dei soggetti portatori di handicap”;
• la L.R. 16 agosto 1982 n. 30 “Iniziative dirette alla promozione umana e sociale
dei non vedenti e sordomuti”;
• la L.R. 6 settembre 1991 n. 28 “Provvidenze a favore delle persone non
autosufficienti assistite a domicilio e norme attuative delle residenze sanitarie
assistenziali”;
• la L.R. 30 agosto 1993 n. 41 “Norme per l’eliminazione delle barriere
architettoniche e per favorire la vita di relazione”;
• la L.R. 3 febbraio 1996 n. 5 con la quale veniva approvato il Piano socio
sanitario regionale per il triennio 1996-1998;
• la L.R. 22 febbraio 1999 n. 6 “Contributi ai cittadini veneti portatori di handicap
psicofisici che applicano il Metodo Doman o Vojta o Fay”;
• la L.R. 3 agosto 2001 n. 16 “Norme per il diritto al lavoro delle persone disabili
in attuazione della legge 12 marzo 1999 n. 68 e istituzione servizio
integrazione lavorativa presso le aziende ULSS”;
• la L.R. 16 agosto 2002 n. 22 “Autorizzazione e accreditamento delle strutture
sanitarie, socio-sanitarie e sociali” e relativi provvedimenti attuativi;
• la L.R. 14 agosto 2003 n. 17 “Norme per la promozione delle pratica sportiva
delle persone con disabilità”;
oltre a svariate puntuali disposizioni contenute nelle annuali leggi finanziarie regionali.
In tale contesto ed alla luce dell’argomento trattato, meritano un particolare rilievo le
disposizioni contenute nella L.R. n. 55/1982 che attribuisce alle Aziende ULSS la
competenza dei servizi per la disabilità finalizzati alla promozione della salute, alla
prevenzione, alla cura, alla riabilitazione ed alla piena integrazione sociale; disposizioni
peraltro confermate dalla successiva L.R. 13 aprile 2001 n. 11.
Altrettanto centrale è il disposto degli articoli 26 e 27 della L.R. 25 febbraio 2005 n. 9
“Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2005”.
Da un lato, la L.R. n. 9/2005 ha istituito, con l’art. 26, il Fondo per la domiciliarità
destinato al finanziamento di interventi a favore delle persone disabili in condizione di
gravità ai sensi delle leggi nazionali n. 104/1992 e n. 284/1997, nonché della L.R. n.
28/1991 e dell’articolo 13 della L.R. n.5/1996.
Dall’altro, con l’art. 27, ha stabilito, per quanto concerne la residenzialità per le
persone disabili, che la Giunta Regionale è autorizzata ad assegnare ulteriori posti di
residenzialità destinati all’accoglienza di queste persone per il raggiungimento dei
livelli previsti dalla DGR 10 marzo 2000 n. 751.
In esecuzione delle summenzionate disposizioni, la Giunta regionale è intervenuta con
due provvedimenti.
Con la DGR 30 dicembre 2005 n. 4266 si è provveduto ad aggiornare il fabbisogno di
residenzialità nel territorio regionale che, per quanto attiene all’ambito dell’Azienda
ULSS n. 20, ammonta a 223 posti accreditabili.
Parallelamente è stato dato nuovo impulso all’Area della Disabilità con l’adozione della
DGR 13 giugno 2006 n. 1859 ad oggetto “Linee di indirizzo per il sistema della
domiciliarità e della residenzialità Area Disabili – art. 26 e 27 - L.R. n. 9/2005”.
8
Piano Locale della Disabilità
Parte Prima – Cap. 1
Per un doveroso quadro d’insieme la DGR n. 1859/2006 va raccordata con:
• la DGR 17 gennaio 2006 n. 39 avente ad oggetto “Il sistema della domiciliarità.
Disposizioni applicative” che ha comportato la redazione del Piano Locale per la
Domiciliarità, approvato definitivamente dalla Conferenza dei Sindaci;
• la DGR 28 febbraio 2006 n. 460 “Interventi di sostegno alla domiciliarità per
persone non autosufficienti anziane e disabili. Procedure ed assegnazioni per
l’anno 2006” con la quale sono state fornite, in particolare, le indicazioni
operative per l’anno 2006 per gli interventi di sostegno della domiciliarità delle
persone con disabilità e assegnate le relative risorse finanziarie.
Con la DGR n. 1859/2006 si prevede l’adozione di un nuovo piano settoriale, il Piano
Locale della Disabilità (PLDisabilità), che rappresenta lo strumento di attuazione a
livello locale delle disposizioni sulla programmazione degli interventi e dei servizi rivolti
alle persone con disabilità nel contesto del Piano di Zona.
Infatti, il Piano Locale della Disabilità è definito espressamente quale parte integrante
del Piano di Zona dei Servizi alla Persona di cui segue durata e modalità di
predisposizione.
Con questo provvedimento, la Regione persegue l’obiettivo di promuovere e tutelare la
qualità di vita dei cittadini in condizione di disabilità, attraverso la creazione e lo
sviluppo continuo di una rete composita ed ordinata di politiche, di risorse e di
interventi a sostegno della disabilità e delle famiglie che si fanno carico della cura,
dell’assistenza e della tutela della persona disabile secondo due direttrici principali: la
domiciliarità e la residenzialità.
In tale contesto, la finalità prima diviene quella di assicurare uniformità ed equità
nell’accesso alla “rete” in un’ottica di continuità tra i servizi e gli interventi della
domiciliarità e quelli della residenzialità.
Ulteriore obiettivo è costituito dalla volontà di sistematizzare una serie di interventi e
servizi, attuati da diversi soggetti istituzionali (Comuni, Aziende ULSS e Regione) in
base al ruolo e alle competenze ad essi attribuite dalla normativa vigente, che si
sostanziano in:
• contributi per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati (L.
n. 13/1989 e L.R. n. 41/1993);
• contributi per l’adeguamento di autovetture per le persone con disabilità (art.
27 L. n. 104/1992 e art. 13 L.R. n. 41/1993);
• integrazione scolastica (circolare regionale n. 33/1993);
• integrazione lavorativa (L. n. 68/1999 e L.R. n. 16/2001);
• progetti individuali nelle situazioni di disabilità grave e gravissima (L. n.
162/1998);
• progetti individuali di Vita Indipendente (L. n. 162/1998);
• interventi a favore dei ciechi pluriminorati (L. n. 284/1997);
• contributi per i non autosufficienti assistiti in famiglia (L.R. n. 28/1991);
• interventi di “sollievo” (avviati con DGR n. 3960/2001);
• contributi ai cittadini veneti portatori di handicap psicofisici che applicano il
metodo Doman o Vojta o Fay (L.R. n. 6/1999; art. 10 L.R. n. 41/2003 e art. 41
L.R. n. 1/2004);
• contributi agli enti associativi che rappresentano i disabili (Tab. B DPR n.
616/1977);
• sostegno al Centro Audiofonologico della Provincia di Venezia (art. 131 L.R. n.
11/2001);
• contributi per l’adeguamento delle postazioni di lavoro per centralinisti non
vedenti (L. n. 113/1985);
9
Piano Locale della Disabilità
•
•
•
•
Parte Prima – Cap. 1
contributi per le spese di trasporto e di vitto per le persone con disabilità che
frequentano i Ceod (L.R. n. 7/1999);
contributi per progetti sperimentali di miglioramento della qualità della vita
della persona con disabilità (art. 131 L.R. n. 11/2001);
riconoscimento della quota di rilievo sanitario alle persone con disabilità accolte
nei servizi residenziali (DGR n. 751/2000 e successivi provvedimenti correlati);
contributi in conto capitale per la realizzazione di strutture residenziali,
privilegiando quelle di piccole dimensioni (DM n. 470/00 e L.R. n. 1/2004 - art.
36).
Dal punto di visto contenutistico, quindi, un passaggio significativo caratterizzante la
DGR n. 1859/2006 è dato dal tentativo di superamento di alcune criticità emerse da
tempo quali:
• la settorializzazione e la parcellizzazione degli interventi erogati dai diversi
soggetti istituzionali nell’acquisita evidenza che ciascuno è connotato da una
modalità di accesso, da un percorso di valutazione e da un tempo di risposta
diversificati;
• la mancanza di una presa in carico unitaria come conseguenza principale della
citata settorializzazione anche con riferimento ai diversi soggetti istituzionali ed
operatori con cui l’utente è di volta in volta costretto a rapportarsi e, pertanto,
nella consapevolezza della difficoltà e del disagio che viene, in ultima, a
gravare sul cittadino e sul suo nucleo familiare;
• l’assenza di una programmazione unitaria nell’area della disabilità.
Il provvedimento regionale si connota pertanto, alla luce delle criticità rilevate, per il
tentativo di fissare degli orientamenti, esplicitati nelle linee guida e caratterizzati da
un’ottica unitaria di intervento, per la definizione in ambito locale degli indirizzi
programmatici regionali e delle modalità operative di accesso al sistema dei servizi per
le persone con disabilità con un’attenzione particolare per la gravità e per l’età adulta.
E’ un approccio che, come preannunciato, si fonda su una duplice articolazione
integrata di sistemi:
• il sistema della domiciliarità grazie al quale si prevede di organizzare gli
interventi territoriali negli ambiti omogenei di promozione dell’autonomia
personale, di servizi domiciliari, di servizi diurni, di sostegni economici e di
interventi di sollievo;
• il sistema della residenzialità alle cui strutture si accede attraverso l’emissione
di impegnativa di residenzialità rilasciata dall’Azienda ULSS di residenza a
seguito di apposita valutazione UVMD;
e che rinviene i suoi elementi di forza:
• in un approccio culturale alla disabilità;
• nell’integrazione socio-sanitaria;
• nella centralità della presa in carico;
• nella necessità di definizione del progetto individuale.
Il quadro è completato dalla previsione, che costituisce uno degli elementi più
innovativi del provvedimento in oggetto, dello Sportello integrato definito come punto
di accesso unitario a livello informativo e, al contempo, integrato rispetto al complesso
delle prestazioni e dei servizi afferenti al sistema della disabilità.
10
Piano Locale della Disabilità
Parte Prima – Cap. 1
I.1.2 L’integrazione delle politiche: il Piano di Zona
L’integrazione delle politiche e delle risorse avviene secondo due diversi livelli: non
soltanto nel contesto pur ampio e complesso della disabilità strettamente intesa ma
anche con riferimento ad una dimensione più ampia.
Infatti, il Piano Locale della Disabilità è espressamente definito come lo strumento di
programmazione locale del sistema di interventi e servizi dell’area della disabilità nel
contesto del Piano di Zona. Più in dettaglio, il PLDisabilità rappresenta lo strumento
che attua ed integra il PdZ tanto che, anche sotto il profilo più strettamente
procedurale, ne è perfettamente allineato nella durata triennale e nelle modalità di
elaborazione.
Allo stesso tempo il PLDisabilità è strettamente connesso con altre pianificazioni con le
quali deve rapportarsi in un’ottica di sinergia, di congruenza e di complementarietà:
• il Piano Locale della Domiciliarità di cui alla DGR 17 gennaio 2006 n. 39 con
riferimento ad una visione dei bisogni e delle aspettative dei cittadini che
comprenda, all’interno di un quadro unitario, la promozione ed il sostegno della
domiciliarità globalmente intesa;
• il Piano Locale della Non Autosufficienza/Residenzialità di cui alla DGR 28
febbraio 2006 n. 464 con riferimento ai servizi per la residenzialità;
• il Piano Attuativo Locale e il Programma delle Attività Territoriali nell’ottica di
una integrazione a trecentossessanta gradi nel tentativo di garantire i diritti del
cittadino ed il soddisfacimento dei suoi bisogni primari.
E’ forse superfluo evidenziare come il PLDisabilità, gli altri Piani settoriali e, in
definitiva, il Piano di Zona di cui sono elementi costitutivi, siano strettamente legati ai
Piani Attuativi Territoriali, la cui definizione è fondamentale per permettere al
complesso programmatorio di divenire realmente “sistema”.
Pur,
quindi,
nell’innovatività
e
nell’importanza
dell’introduzione
di
una
programmazione settoriale che si realizza in singoli documenti/processi di
pianificazione e che permette di dare una maggiore evidenza ad un sistema di
interventi e di servizi realizzati in risposta a particolari “bisogni sociali” andando oltre
la classica ricollocazione all’interno della specifica area tematica, viene riconfermato il
ruolo centrale del Piano di Zona nella definizione generale delle politiche sociali e
socio-sanitarie in ambito locale.
Esso, nella presente contingenza, rappresenta anche un momento di sintesi e di
raccordo che si colloca ad un livello superiore rispetto alla singola pianificazione
settoriale; pianificazione che costituisce un input o una base di lavoro e che può
trovare proprio in questa sede una ulteriore concretizzazione.
In prospettiva, a partire dalla prossima triennalità, il Piano di Zona dovrà assumere il
ruolo più appropriato di quadro generale prodromico e non successivo alla sua
specificazione settoriale.
11
12
Piano Locale della Disabilità
Parte Prima – Cap. 2
CAPITOLO 2 - LA DISABILITÀ NEL PIANO DI ZONA 2003-2005
I.2.1 Inquadramento storico e collegamento con il Piano di Zona
Il termine handicap non si identifica con la menomazione, né con una diagnosi medica
bensì esprime il rapporto tra l’individuo e il suo ambiente. Non è quindi un concetto
statico, ma dinamico; per una stessa persona gli effetti emarginanti della sua disabilità
evolvono nel tempo e si modificano con l’ambiente fisico e sociale in cui vive.
L’atteggiamento della collettività, i pregiudizi, la cultura del momento possono
accentuare o diminuire questi effetti.
Negli anni è mutato profondamente l’approccio culturale ai problemi della disabilità e
quindi dei servizi pensati per far fronte ai bisogni espressi dalle persone con disabilità
e dalle loro famiglie.
Se con il Piano di Zona dei Servizi Sociali del 1999 l’obiettivo prioritario da raggiungere
è stato quello di superare la logica assistenziale, che tendeva a considerare la persona
disabile e la sua famiglia come oggetto di interventi, privilegiando un approccio che
vede il disabile protagonista del proprio cambiamento, con il Piano di Zona 2003-2005
si è arrivati a stabilire un quadro di programmazione locale che ha definito obiettivi e
modalità attuative assicurando, alle persone con disabilità, una maggiore uniformità
ed equità di accesso alla rete dei servizi.
Nel territorio sono ormai consolidate linee di intervento e ambiti operativi che
garantiscono alle persone con disabilità livelli di assistenza sanitaria, di diagnosi, di
cura e riabilitazione che favoriscono il riconoscimento del diritto allo studio, al lavoro,
alla formazione in età adulta e la partecipazione alla vita sociale.
In conformità a quanto previsto dalle Linee guida regionali, attraverso il Piano di Zona
dei Servizi alla Persona, la Conferenza dei Sindaci si è impegnata, d’intesa con tutti i
soggetti coinvolti nella progettazione, alla realizzazione di quanto previsto nella legge
n. 104/1992 e n. 328/2000 seguendo i principi fondamentali di:
• non discriminazione;
• pari opportunità;
• maggiore gravità;
• concreta integrazione.
L’impegno più forte è stato quello di dare vita a progetti estremamente innovativi
finalizzati a sostenere i principali obiettivi del Piano di Zona 2003-2005 quali:
• sostenere e sviluppare l’autonomia e le capacità delle persone nonautosufficienti, in particolare le persone con disabilità grave;
• sostenere e sollevare la famiglia;
• creare un sistema organico di interventi e servizi integrati fra loro;
• promuovere condizioni individuali di salute, di benessere e di sicurezza sociali;
• promuovere la cultura della disabilità.
Con particolare riferimento alla disabilità grave il vigente Piano di Zona ha previsto le
azioni diversificate rispetto a:
• progetti personalizzati di riabilitazione e reinserimento sociale anche delle
persone assistite in strutture ad alta integrazione assistenziale;
• individuazione di soluzioni abitative adeguate alla disabilità fisica;
• sviluppo di servizi di assistenza a domicilio per favorire la permanenza delle
persone disabili presso la propria abitazione per sollevare la famiglia e
permettere alla persona non autosufficiente l’uso del tempo libero;
13
Piano Locale della Disabilità
•
•
•
•
•
•
•
Parte Prima – Cap. 2
sviluppo di progetti di apprendimento o recupero di capacità nella gestione
della vita quotidiana, anche in vista del “Dopo di Noi”;
misure volte a consentire alle persone non autosufficienti una vita di relazione il
più possibile indipendente (sviluppando l’utilizzo dei mezzi di trasporto,
promuovendo programmi di accesso ai servizi per il tempo libero, favorendo la
pratica sportiva, ecc.);
previsioni di soluzioni residenziali di emergenza o di sostegno domiciliare per
necessità temporanee o imprevedibili;
sviluppo di centri diurni a sostegno della permanenza in famiglia;
misure di sostegno all’inserimento scolastico e lavorativo attraverso servizi
adeguati, ricercando la migliore collocazione per lo sviluppo delle capacità della
persona disabile;
implementazione di programmi di assistenza anche in forma indiretta o
autogestita, per la vita indipendente;
abbattimento delle barriere architettoniche, allargando la tipologia delle
strutture accessibili.
L’ottica attorno alla quale il Piano di Zona 2003-2005 si è sviluppato è la prospettiva
sistemica secondo la quale occorre avere una visione globale dei problemi,
cogliendone le interrelazioni con la consapevolezza che il “sistema salute” non è il
risultato della somma di più fattori, bensì un complesso articolato di elementi in forte
integrazione reciproca che vanno considerati globalmente anche e soprattutto quando
le scelte devono essere operate a livello locale.
La nostra realtà territoriale ha favorito esperienze di apertura, ad esempio, per quanto
riguarda i servizi diurni e semiresidenziali, promuovendo progetti di integrazione
sociale molto innovativi per i giovani che frequentano questi servizi. Nel territorio
queste esperienze non dovranno più essere previste come occasioni episodiche, ma
diventare la norma di un modello organizzativo per un progetto di vita.
Il Piano di Zona 2003-2005 si è spinto verso nuovi traguardi e linee evolutive
introducendo soluzioni per l’integrazione delle responsabilità istituzionali, per il
governo dei servizi, per la formulazione di strategie condivise, per sperimentazioni
gestionali da realizzare per rispondere alla conduzione unitaria dei servizi alla persona
(ad esempio per il trasporto, per l’inserimento residenziale, per l’abbattimento delle
barriere architettoniche, ecc.). Si è passati, in pratica, da un lavoro nei servizi ad un
lavoro di rete e di comunità.
Nel corso di questi anni, si è verificato, all’interno dell’Azienda ULSS n. 20, un
incremento generalizzato di interventi e prestazioni a favore delle persone con
disabilità, come evidenziato nelle pagine seguenti. Questo è stato possibile grazie
all’ottimizzazione di tutte le risorse disponibili e allo sviluppo di un lavoro per progetti
che ha permesso di acquisire ulteriori risorse finanziarie e professionali rispetto a
quelle ordinarie.
Pertanto, ferme restando le competenze del Servizio Sanitario Nazionale in materia di
prevenzione, cura e riabilitazione, gli interventi a favore delle persone disabili a
sostegno della domiciliarità sono stati realizzati prestando particolare attenzione alla
necessaria integrazione tra assistenza e sanità secondo gli indirizzi della legge n.
328/2000. L’obiettivo è consentire a queste persone di vivere a casa o in un ambiente
simile alla casa per contrastare il rischio di abbandono o lo sradicamento dalle
abitudini e dal contesto sociale.
14
Piano Locale della Disabilità
Parte Prima – Cap. 2
I.2.2. Analisi e approfondimenti
I recenti cambiamenti nel modo di concepire le forme dei servizi alla persona esigono
un notevole sforzo per rendere gli stessi flessibili e il più possibile personalizzati.
Questo approccio culturale nuovo persegue un duplice obiettivo: da un lato,
promuovere l’autonomia e l’integrazione della persona disabile, dall’altro, ridurre il
carico assistenziale che grava sulla famiglia consentendole di “resistere nel tempo” e
evitando l’istituzionalizzazione del proprio familiare.
Esistono sul territorio reti di sostegno e di aiuto formali ed informali che potrebbero
essere implementate con lo scopo non tanto di creare nuovi servizi o nuovi bisogni,
quanto piuttosto di fare emergere e mettere a regime quelli che già esistono,
aumentando così il numero di prestazioni erogate. Non si tratta spesso di dare risposte
nuove, ma di rispondere in maniera più adeguata ai bisogni delle persone disabili.
In quest’ottica, l’area disabilità è andata sempre più strutturandosi come una rete di
servizi socio-sanitari che vuole integrarsi nella comunità, anche al fine di ottimizzare
l’efficacia delle risorse e di impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione
delle risposte, così da garantire reti di cura che rispondano in maniera integrata
rispetto al complesso delle prestazioni e dei servizi afferenti a questa area.
I bisogni delle persone sono diversi e complessi e ciascun individuo ha necessità di
risposte adeguate ai “suoi problemi”. Pensare e progettare in termini di “sistema” vuol
dire favorire l’integrazione sociale e socio-sanitaria tra i vari Enti che operano nella
realtà territoriale di riferimento.
In particolare, il Piano Locale della Disabilità definisce il sistema delle responsabilità e
precisa le modalità e i contenuti delle intese per l’attuazione a livello locale dei livelli
essenziali di assistenza di cui il Piano stesso ne è il perno e dovrà costituirne il
modello.
Tale approccio, normativamente definito, richiede l’avvio di un percorso di
adeguamento della rete dei servizi esistenti, per raggiungere una sufficiente capacità
di rispondere ad un progressivo aumento di domanda in questa fascia di popolazione,
anello fragile della catena.
I princìpi sopra esposti sono stati inclusi nel Piano di Zona dei Servizi alla Persona
2003-2005 ed hanno regolamentato tutta l’attività del settore. Questi stessi princìpi
vengono posti a base del presente Piano Locale della Disabilità, inteso quale strumento
programmatorio di settore all’interno del nuovo Piano di Zona. In tale sede troveranno
approfondimento le problematiche specificatamente richiamate per una idonea e
dinamica implementazione della rete dei servizi.
15
16
Piano Locale della Disabilità
Parte Prima – Cap. 3
CAPITOLO 3 – GLI ELEMENTI METODOLOGICI E PROCESSUALI
I.3.1 La metodologia del percorso di costruzione del Piano Locale
della Disabilità
La puntuale definizione della metodologia del percorso di costruzione del Piano Locale
della Disabilità si è fondata su due pilastri.
Il primo è rappresentato da una serie di aspetti basilari che, alla luce delle peculiarità
e
delle
problematicità
dell’ambito
considerato,
connotano
storicamente,
operativamente e strutturalmente l’azione programmatoria dei Comuni e dell’Azienda
ULSS n. 20.
L’altro pilastro, altrettanto indispensabile, è costituito da una precisa scelta: anche alla
luce delle competenze assegnate dalla vigente normativa nazionale e regionale, è
apparsa necessaria ed opportuna la definizione concordata tra i Comuni del territorio e
l’Azienda ULSS n. 20 di una procedura locale di elaborazione di questo Piano
settoriale.
Due sono le ragioni a fondamento di siffatta decisione: da un lato, l’intenzione di
dotarsi di una metodologia, formalizzata e definita compiutamente in un processo,
quale elemento fondante e qualificante la fase di programmazione e, dall’altro,
l’intento di operare in analogia ed in continuità rispetto a quanto avvenuto per il
recente Piano Locale della Domiciliarità, pur questa volta, in assenza di una specifica
direttiva regionale.
In dettaglio, a livello procedurale e di operatività concreta, sono stati assunti, quali
punti di riferimento e di orientamento nella definizione di una specifica metodologia
concertata tra i principali soggetti istituzionali coinvolti (Enti locali e Azienda ULSS), i
seguenti aspetti:
• l’approccio in termini di governance al processo di programmazione e di
gestione del PLDisabilità;
• la continuità con il vigente Piano di Zona dei Servizi alla Persona 2003-2005
con particolare riferimento agli indirizzi programmatici delineati, alle necessità
di implementazione del sistema relativamente all’Area Disabilità e ai Tavoli
Tematici e Distrettuali attivati in sede di redazione del piano;
• la necessaria continuità con il prossimo Piano di Zona del quale il presente
Piano costituisce parte integrante e settoriale in una logica di implementazione
e di raccordo del processo di programmazione sociale e socio-sanitaria;
• le competenze assegnate all’Azienda ULSS dall’art. 5 della L.R. n. 55/1982 e
dall’art. 132 della L.R. n. 11/2001 in relazione alla gestione obbligatoria delle
attività socio-sanitarie rivolte alle persone con disabilità;
• le indicazioni fornite dalla DGR n. 1764 del 18 giugno 2004 “Linee guida per la
predisposizione dei Piani di Zona”;
• le indicazioni contenute nella Circolare regionale del 15 settembre 2006 prot. n.
532044/50000 con particolare riferimento alla designazione di un referente
tecnico;
• l’attenzione per l’ambito distrettuale e di conseguenza un processo di
implementazione del Piano Locale della Disabilità a partire dal territorio;
• la separazione tra ambito politico e ambito tecnico;
• l’utilizzo di appositi Tavoli Tematici Sovradistrettuale e Distrettuali;
• il ruolo del Referente Tecnico designato e dell’Ufficio del Piano di Zona.
17
Piano Locale della Disabilità
Parte Prima – Cap. 3
Sulla base dei menzionati criteri direttivi, l’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci
dell’ambito territoriale dell’Azienda ULSS n. 20, di concerto con la medesima, con
provvedimento del 7 novembre 2006 n. 6, ha approvato la metodologia del percorso
per la predisposizione del Piano Locale della Disabilità sia con riferimento alle fasi
procedurali sia agli “organismi”.
In relazione all’assetto organizzativo sono state individuate due dimensioni: una di
carattere politico-strategico e l’altra di natura tecnico-specialistica.
Per quanto concerne l’ambito politico, la dimensione strategica è stata individuata
negli attuali organismi esistenti ovvero:
1. A LIVELLO DISTRETTUALE, nei Comitati dei Sindaci di Distretto nell’attuale
composizione, con funzioni per il territorio di competenza e rispetto ai Tavoli
Distrettuali:
• di indirizzo e di supervisione;
• di definizione degli obiettivi prioritari territoriali e di formulazione di
proposte;
2. A LIVELLO SOVRADISTRETTUALE, dall’Esecutivo della Conferenza dei
Sindaci in rappresentanza dei Comuni (art. 5 L.R. n. 56/1994 come modificato
dall’art. 119 L.R. n. 11/2001) e dal Direttore Generale dell’Azienda ULSS n. 20
che si avvale del Direttore dei Servizi Sociali per la stessa Azienda ULSS
(art. 5 L.R. n. 5/1996), con funzioni:
• di indirizzo e di supervisione durante tutto il processo di elaborazione del
Piano;
• di definizione delle linee politiche, della metodologia operativa, degli
obiettivi prioritari e del volume complessivo delle risorse destinate.
Per quanto attiene all’ambito tecnico, si fa riferimento:
1. A LIVELLO DISTRETTUALE, ai Tavoli Distrettuali con la seguente
composizione:
• i referenti tecnici delle Amministrazioni Comunali;
• il Direttore del Distretto socio-sanitario coadiuvato da Responsabili di settori
specialistici;
• i rappresentanti del Terzo Settore a livello distrettuale;
• i referenti degli Enti o Istituzioni interessati;
con funzioni:
• di ricognizione dei bisogni, dei servizi e delle risorse disponibili e/o
attivabili;
• di identificazione degli obiettivi strategici o prioritari;
• di definizione delle modalità attuative ed operative;
• di predisposizione della proposta di PLDisabilità a livello territoriale;
2. A LIVELLO SOVRADISTRETTUALE, al Tavolo Tematico Area Integrazione
con la seguente composizione specifica:
• il coordinatore del tavolo tematico;
• il referente tecnico per il PLDisabilità designato;
• il referente dell’Ufficio del Piano di Zona;
• un rappresentante tecnico dei Comuni per ciascun Distretto con specifiche
competenze per l’Area Disabilità;
• il Coordinatore dei Direttori di Distretto;
con funzioni:
• di proporre strategie idonee per la definizione del PLDisabilità;
• di proporre obiettivi prioritari;
18
Piano Locale della Disabilità
•
Parte Prima – Cap. 3
di esaminare la proposta di PLDisabilità.
Il raccordo tra il livello distrettuale e quello sovradistrettuale è stato assicurato sia
dalla presenza nel Tavolo Tematico di rappresentanti dei Comuni e dell’Azienda ULSS
sia dall’Ufficio del Piano di Zona.
A livello di operatività concreta, il percorso metodologico delineato si è innestato su un
lavoro preliminare compiuto dall’Azienda ULSS n. 20 in ragione delle deleghe
assegnate e relativo alla ricognizione dei servizi e degli interventi esistenti sul
territorio nel quadro delineato dalla DGR n. 1859/2006.
Inoltre, in relazione ai tempi ristretti previsti per la conclusione del processo di
redazione del PLDisabilità, si è ritenuto opportuno ricorrere in questa fase, a livello
distrettuale, alla convocazione congiunta dei Comitati dei Sindaci di Distretto e dei
Tavoli tematici.
Al fine di garantire, da un lato, l’efficienza e l’efficacia del processo di elaborazione del
PLDisabilità, come per il precedente Piano Locale per la Domiciliarità, l’Ufficio del
Piano di Zona ha assunto la funzione di supportare tutto il processo di costruzione
del Piano Locale della Disabilità sotto l’aspetto tecnico-operativo nei diversi livelli
operativi (distrettuali e sovra-distrettuale) con particolare riferimento alle dimensioni
organizzative (modalità – approccio – strategia), comunicative e tecnicometodologiche (predisposizione di format, supporto all’elaborazione dei dati e alla
stesura del Piano).
Rispetto al PLDisabilità, l’Ufficio di Piano ha, in particolare, curato i rapporti con il
Referente tecnico designato, con i competenti Servizi Comunali e con i Servizi
dell’Azienda ULSS. Inoltre i referenti dell’Ufficio del Piano di Zona hanno coordinato i
Tavoli di lavoro distrettuali e sovradistrettuale.
Infine, con il citato provvedimento n. 6/2006, l’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci
d’intesa con l’Azienda ULSS n. 20, in ottemperanza alla già menzionata comunicazione
regionale del 15 settembre 2006, ha altresì provveduto alla nomina del referente
tecnico per il Piano Locale della Disabilità nella persona del responsabile dell’Area
Handicap della Direzione dei Servizi Sociali della medesima Azienda.
19
Piano Locale della Disabilità
Parte Prima – Cap. 3
I.3.2 Il processo di elaborazione
La Conferenza dei Sindaci, nel procedimento di approvazione della metodologia del
Piano Locale della Disabilità, ha contestualmente fatto proprio il quadro riepilogativo
dello sviluppo logico-temporale delle attività necessarie per giungere, nei tempi
previsti dalla DGR n. 1859/2006, all’elaborazione del Piano stesso, oltre che dei
soggetti responsabili di ciascuna azione.
Sintetizzato, a cura dell’Ufficio di Piano, in uno specifico diagramma di Gantt, sotto
riportato, il percorso elaborativo è stato suddiviso in quattro sezioni, attinenti alle
attività poste in essere rispettivamente dagli organismi rappresentativo-decisionali
della Conferenza dei Sindaci e dell’Esecutivo, dal Tavolo tecnico sovradistrettuale, dai
soggetti politici e tecnici presenti nell’articolazione distrettuale, dall’Ufficio del Piano di
Zona.
I tempi, rispetto ai quali si è ritenuto opportuno sottolineare le date cosiddette
critiche, sono stati condizionati, non solo in termini di vincolo ma anche di opportunità,
fondamentalmente da due fattori:
• la deliberazione regionale sopra citata che ha indicato in modo preciso il
ristretto spazio utile per la realizzazione dell’intero percorso di elaborazione;
• la flessibilità e la capacità di adattamento a livello distrettuale e
sovradistrettuale dei tavoli tecnici di rispondere agli input dei tavoli strategicopolitici.
In sintesi, si può affermare che quanto previsto in sede di Conferenza dei Sindaci ad
avvio dell’intero procedimento è stato sostanzialmente rispettato sia con rifeirmento
agli step temporali che in relazione ai contenuti che hanno arricchito, secondo una
logica prettamente incrementale, la costruzione del Piano Locale della Disabilità.
La rappresentazione tramite il cronogramma ha permesso, inoltre, a tutti i soggetti
coinvolti di affrontare realmente in termini di processo sia la scansione temporale delle
attività da realizzare, sia le interrelazioni e la possibile propedeuticità tra di esse, sia
infine l’effettiva assunzione di responsabilità rispetto ad ogni specifica azione
unitamente alla costruzione di meccanismi di condivisione e partecipazione.
Sinteticamente i numeri più indicativi del lavoro svolto da ottobre a dicembre 2006
sono stati: due sedute dell’Esecutivo e altrettante della Conferenza dei Sindaci, due
incontri del Tavolo tecnico sovradistrettuale, nove incontri dei Comitati dei Sindaci di
Distretto e dei Presidenti di Circoscrizione e altrettante sedute dei Tavoli tecnici
distrettuali.
In vista dell’ormai prossimo avvio del più ampio processo di pianificazione e
programmazione che porterà all’adozione del nuovo Piano di Zona va rilevato come
l’utilizzo di strumenti quali il diagramma di Gantt possa, senza dubbio, favorire un
corretto sviluppo progettuale.
Con esso, infatti, possono essere monitorate e verificate tutte quelle variabili connesse
agli obiettivi generali (e specifici) approvati dalla Conferenza dei Sindaci in sede di
avvio del processo pianificatorio, agendo ex ante, in itinere ed ex post secondo
metodologie proprie della valutazione.
Di seguito è riportato il diagramma utilizzato nella costruzione del Piano Locale della
Disabilità, tramite il quale è possibile leggere il suo sviluppo logico-temporale.
20
1
Pres. Conf. Sin.
Coord. UdP
Referenti Distr.
Resp. Proc.
Resp. Tec.-org.
Resp. Amm.vo
Resp. Giuridio
Resp. Promoz.
25-31 dic. 06
18-24 dic.
11-17 dic. 06
4-10 dic. 06
27-3 dic. 06
20-26 nov. 06
13-19 nov. 06
6-12 nov. 06
Esecutivo e Conferenza dei Sindaci
1.1 Esecutivo – approvazione metodologia operativa e
designazione Referente Tecnico
1.2 Conferenza dei Sindaci – approvazione metodologia
operativa
1.3 Esecutivo – approvazione della proposta di Piano
1.4 Conferenza dei Sindaci – approvazione del Piano
A.Ulss – approvazione del Piano
1.5 Trasmissione in Regione PLDisabilità approvato
2
Date
critiche
30-5 nov. 06
Attività
Parte Prima – Cap. 3
23-29 ott. 06
Piano Locale della Disabilità
07/11/06
R
21/11/06
R
12/12/06
R
15/12/06
R
20/12/06
R
Tavolo Sovradistrettuale
2.1 Convocazione Tavolo sovradistrettuale
07/11/06
R
2.2 1^ incontro Tavolo sovradistrettuale: presentazione DGR n.
13/11/06
R
2.3 Convocazione Tavolo sovradistrettuale
30/11/06
R
2.4 2^ incontro Tavolo sovradistrettuale: presentazione e
condivisione proposta Piano
04/12/06
R
1859/2006 – condivisione processo e strumenti metodologici – presentazione
materiale di lavoro – indicazione aspetti prioritari o strategici
21
Piano Locale della Disabilità
3
Distretti (programmazione)
3.1 Convocazione incontro Comitati dei Sindaci di Distretto e
Tavoli tecnici
3.2 1^ incontro Comitati dei Sindaci di Distretto e Tavoli tecnici:
presentazione DGR n. 1859/2006 – condivisione processo e metodologia –
presentazione materiale di lavoro – analisi dati distrettuali – eventuale
integrazione – formulazione prime osservazioni
3.3 Convocazione incontro Comitati dei Sindaci di Distretto e
Tavoli tecnici
3.4 2^ incontro Comitati dei Sindaci di Distretto e Tavoli tecnici:
presentazione e condivisione proposta Piano – definizione aspetti prioritari o
strategici – verifica processo
3.5 Convocazione incontro Comitati dei Sindaci di Distretto e
Tavoli tecnici
3.6 3^ incontro Comitati dei Sindaci di Distretto e Tavoli tecnici:
presentazione Piano Locale Disab. – verifica processo
4
Parte Prima – Cap. 3
R
R
13/11/06
20/11/06
R
27/11/06
04/12/06
R
R
19/12/06
R
Ufficio di Piano
4.1 1^ Incontro Direttore Servizi Sociali A.Ulss n. 20 e Referente 24/10/06
tecnico: ricevimento e analisi materiale di lavoro per predisposizione
R
PLDisabilità
2^ Incontro Direttore Servizi Sociali: condivisione processo e
metodologia
4.2 2^ incontro Referente Tecnico: definizione schema PLDisabilità
02/11/06
R
R
(indice, contenuti principali, programmazione tempi e lavoro) e
modalità conduzione Tavoli
4.3 3^ Incontro Referente Tecnico: analisi dati raccolti – eventuale
integrazione ed elaborazione dati
4.4 4^ incontro Referente Tecnico: redazione proposta
PLDisabilità
4.5 3^ incontro Direttore Servizi Sociali: condivisione proposta
PLDisabilità - verifica processo
4.6 Presentazione proposta PLDisabilità e recepimento integrazioni e/o
R
R
R
R
modifiche: Comitati Sindaci Distretto – Tavolo sovradistrettuale –
Tavoli distrettuali
09/12/06
4.7 4^ Incontro Direttore Servizi Sociali e 5^ incontro Referente
Tecnico: stesura proposta definitiva PLDisabilità – verifica processo
4.8 Pprogrammazione attività realizzative e di implementazione
del PLDisabilità approvato
4.9 Elaborazione e stesura strumenti giuridici PLDisabilità
R
R
R
22
Piano Locale della Disabilità
Parte Prima – Cap. 3
I.3.3 Gli attori
In questo processo, due sono stati gli attori istituzionali coinvolti nella realizzazione del
Piano Locale della Disabilità: i trentasei Comuni del territorio e l’Azienda ULSS n. 20.
I Comuni
Il coinvolgimento dei Comuni nella definizione e nella successiva approvazione di
questa importante programmazione d’ambito non si è limitato al livello istituzionale o
formale o avvertito come semplicemente dovuto alla luce della normativa vigente (che
assegna all’Ente locale la generalità delle funzioni e dei compiti in materia sociale e
competenze specifiche in ambito socio-sanitario), della titolarità di precisi servizi ed
interventi (il servizio sociale professionale, l’assistenza domiciliare, ecc.), dello stesso
dettato della deliberazione regionale n. 1859/2006 senza considerare poi il ruolo
fondamentale proprio della Conferenza dei Sindaci.
Invero, la partecipazione degli Enti locali al processo programmatorio si è innestata su
un lavoro preliminare di ricognizione della situazione esistente in termini di dati,
servizi ed interventi effettuato dall’Azienda ULSS n. 20 in ragione delle deleghe
obbligatorie assegnatele dalla L.R. n. 55/1982 e conseguentemente frutto della
gestione diretta di siffatti servizi su tutto il territorio.
Di conseguenza, l’intervento dei Comuni si è connotato inizialmente come una presa
d’atto ed una verifica circa lo stato attuale dell’area della disabilità globalmente intesa
e con riferimento alle singole dimensioni distrettuali e successivamente in termini di
attiva partecipazione, quale momento di riflessione su tematiche importanti per il
benessere dei cittadini, di confronto e di definizione di indirizzi e di priorità per lo
sviluppo futuro del “sistema”.
Questi fattori hanno gettato quelle premesse di condivisione del percorso e delle scelte
che sono fondamentali per il successo del Piano e per perseguimento del suo obiettivo
primario: la valorizzazione delle risorse della comunità locale per la realizzazione di un
sistema integrato di servizi ed attività che permetta di articolare risposte efficaci in
relazione alle peculiarità territoriali, alla domanda accertata e alle risorse disponibili
nell’area della disabilità.
Il dialogo costruttivo di confronto tra Comuni e l’Azienda ULSS, pur nel ristretto arco
temporale assegnato per la costruzione del PLDisabilità, e gli indirizzi emersi trovano
in questa sede un’espressione di massima che sarà sviluppata nell’imminente Piano di
Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009.
L’Azienda ULSS
Altro soggetto fondamentale per la costruzione del PLDisabilità è stata l’Azienda ULSS
n. 20.
L’Azienda, sulla base dell’art. 5 della L.R. n. 55/1982 e dell’art. 132 della L.R. n.
11/2001, svolge funzioni di programmazione, progettazione e gestione dei servizi
sociali in relazione alla gestione obbligatoria di attività socio-sanitarie rivolte alle
persone con disabilità, come determinate dalla normativa regionale vigente ed in
coerenza con gli indirizzi espressi dalla Conferenza dei Sindaci.
23
Piano Locale della Disabilità
Parte Prima – Cap. 3
Pertanto, come detto, il processo di costruzione di questo Piano settoriale è stato
avviato dalla suddetta Azienda.
Va rilevato che, anche in questo caso, al di là delle attribuzioni istituzionali in campo
socio-sanitario e sanitario (assicurare le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale
finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, all’individuazione, rimozione
e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite, e
assicurare le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria) e delle
funzioni assegnate per il coordinamento (in specifico coordinare e raccordare tra gli
Enti l’attuazione degli interventi e delle attività previste nel PLDisabilità e nei progetti
individualizzati; sollecitare gli Enti ed i servizi di competenza in caso di difficoltà
emergenti; coordinare la redazione della Carta dei servizi sociali e sanitari per la
disabilità; essere referente nei rapporti con la Regione, ecc.) è stata particolarmente
qualificante l’ottica di sinergia e di raffronto con gli Enti locali ed i loro organismi
tecnici su tutti gli aspetti del Piano con particolare riferimento all’Ufficio del Piano di
Zona.
Una sinergia che si è sostanziata nella condivisione della metodologia, del percorso del
processo, delle logiche portanti del documento di piano, nella sua “costruzione” e nella
precisa volontà di definire congiuntamente, nel prossimo futuro, tutti gli elementi
critici o problematici del Piano stesso nell’ambito della imminente pianificazione
zonale.
La Provincia
Per iniziativa della stessa Regione, le competenze relative alle disabilità sensoriali non
rientrano nell’ambito del presente Piano e si rinvia quindi ad un successivo
provvedimento attuativo di apposite linee guida regionali in materia.
Il Terzo Settore
Il PLDisabilità prevede espressamente la partecipazione dei soggetti del Terzo Settore
alle fasi programmatorie ed elaborative in linea con le disposizioni contenute nella L.R.
n. 5/1996, nella legge quadro n. 328/2000 e nella recente DGR n. 1764/2004. In
particolare, nell’area della disabilità, si considerano indispensabili gli apporti delle
Associazioni dei Familiari delle persone con disabilità e delle Cooperazioni sociali ai fini
della programmazione locale.
La suddetta partecipazione acquisisce una natura sostanziale e non meramente
ricognitiva o formale se viene ancorata alla possibilità, prevista dal Piano, di destinare
proprie risorse alla realizzazione di interventi nel campo dell’assistenza domiciliare e
dell’aiuto alla persona.
Alla luce della ristrettezza dei tempi assegnati dalla Regione per la predisposizione ed
approvazione del PLDisabilità, il coinvolgimento dei soggetti del Terzo Settore in tale
fase non può che essere stato alquanto limitato. Nel processo è stata comunque
coinvolta la Consulta delle Associazioni di Handicap del Comune di Verona che
comprende svariate Associazioni la cui operatività si estende a gran parte del territorio
provinciale.
Una vera e significativa mobilitazione dei vari attori sociali (no profit e profit) necessita
però di un periodo temporale ben più ampio e di un percorso di condivisione delle
scelte strategiche ed operative che potrà realizzarsi solamente in una fase successiva
alla scadenza regionale.
24
Piano Locale della Disabilità
Parte Prima – Cap. 3
I suddetti soggetti sono attori indispensabili per la compiuta definizione del processo
programmatorio e per la reale sussistenza di una rete di servizi e di interventi a tutela
del cittadino in condizioni di disabilità, ma anche per dare concreta
attuazione/operatività al PLDisabilità e per il successivo percorso di implementazione
dello stesso soprattutto in relazione e nell’ambito dell’avvio del processo di costruzione
del nuovo Piano di Zona dei Servizi alla Persona.
Considerazioni generali
Con riferimento agli attori, una considerazione generale appare doverosa: la
Conferenza dei Sindaci dei Comuni e l’Azienda ULSS, con l’approvazione di due Piani di
Zona, del Piano Locale per la Domiciliarità e di questo Piano settoriale, confermano la
volontà di rafforzare una prassi operativa e procedurale per governare le politiche
sociali, socio-sanitarie e sanitarie del proprio territorio che è ormai consolidata e che
risulta parte integrante della propria “tradizione” storica.
Una intenzione che, come detto, si fonda, da un lato, sul dialogo e sul confronto
propositivo costante e, dall’altro, sulla consapevolezza della necessità di implementare
la presenza attiva dei soggetti del Terzo Settore.
Risulta quindi indispensabile perseguire la co-progettazione e la co-realizzazione tra
tutti i soggetti coinvolti per valorizzare al meglio quelle risorse potenziali che
costituiscono i veri fattori di sviluppo di una comunità in un’ottica di condivisione degli
obiettivi e delle azioni attraverso un percorso specifico e formalizzato, non occasionale
ma costante nel tempo, che costituisce uno degli obiettivi primari della
programmazione locale.
Poiché è stato recentissimamente avviato uno specifico processo per la costruzione di
nuove regole per la prossima pianificazione zonale (Piano di Zona dei Servizi alla
Persona 2007-2009), nell’ambito dei percorsi e dei Tavoli Tematici che saranno
avviati, è prevista la partecipazione al processo programmatorio dei diversi attori
sociali, in particolare quelli del Terzo Settore, anche per quanto attiene
all’elaborazione di specifiche progettualità e per la concreta attuazione del Piano
Locale della Disabilità.
25
26
Piano Locale della Disabilità
Parte Seconda – Cap. 1
PARTE SECONDA
CAPITOLO 1 – L’ACCESSO AL SISTEMA DELLA DISABILITÀ
Il sistema dei servizi e degli interventi sul nostro territorio si è sviluppato attraverso la
realizzazione di processi e percorsi di integrazione sociale, promuovendo l’attivazione
di azioni finalizzate alla prevenzione, alla diagnosi precoce delle disabilità, alla
riabilitazione, all’integrazione scolastica, alla promozione di interventi finalizzati a
favorire la partecipazione attiva alla vita sociale.
Si sono consolidate nell’Azienda ULSS n. 20 modalità e ambiti organizzativi e gestionali
che assicurano i livelli essenziali di assistenza sanitaria.
Inoltre, la capillare distribuzione nel territorio dei servizi diurni e di servizi di supporto
alla famiglia ha permesso di ridurre il fenomeno dell’istituzionalizzazione e sviluppato
progressivamente una cultura della domiciliarità.
27
Piano Locale della Disabilità
Parte Seconda – Cap. 1
II.1.1 I destinatari degli interventi
In attesa della diffusione operativa dello strumento di accertamento e valutazione
della salute e della disabilità denominato Classificazione Internazionale sul
Funzionamento Disabilità e Salute (ICF), elaborato dall’Organizzazione Mondiale della
Sanità, attualmente si fa riferimento alle tipologie individuate nell’ambito della
programmazione sin qui sostenuta dalla Conferenza dei Sindaci e dalle Linee di
indirizzo regionali.
Sono destinatari degli interventi della DGR n. 1859/2006 e del Piano Locale della
Disabilità le persone con disabilità come individuate dall’art. 3 della legge 5 febbraio
1992 n. 104.
Il sistema della disabilità è infatti rivolto alle persone con disabilità in età compresa tra
gli zero e i sessantaquattro anni e alle loro famiglie, residenti o temporaneamente
domiciliate nel Veneto. Dal compimento del sessantacinquesimo anno di età, le
persone con disabilità usufruiscono dei servizi e delle prestazioni previsti per le
persone anziane non autosufficienti.
Per le persone con disabilità che sono inserite nelle diverse tipologie di servizi
residenziali e che diventano sessantacinquenni, l’UVMD deve predisporre un progetto
individuale anche a lungo termine, che risulti appropriato ed idoneo alla tipologia di
interventi maggiormente rispondenti ai bisogni e alle aspettative delle persone con
disabilità di età anziana e delle loro famiglie.
Il sistema della disabilità riguarda, in particolare, persone con:
• disabilità intellettive: ritardo mentale legato a cause genetiche, lesioni cerebrali
dovute a malattie, intossicazioni di varia natura o traumi;
• disabilità neuro-motorie: distrofia muscolare e altre forme di malattie neuromuscolari legate a cause genetiche, morbo di Parkinson, sclerosi multipla e
altre forme di disabilità neurologiche progressive, paraplegie e tetraplegie, esiti
di trauma cranico o di grave cerebrovasculolesione;
• disabilità insorte in età neonatale e perinatale con cerebromotolesioni.
L’applicazione della classificazione ICF permetterà di ridefinire i percorsi di presa in
carico sulla base di specifiche valutazioni individualizzate mediante la SVAMDI, a
prescindere dalle diagnosi formulate in sede di accertamento dell’invalidità civile.
L’attuale definizione di tipologie di disabilità adottata dalla programmazione risulta
finalizzata a individuare le diverse competenze in termini di presa in carico tra Area
Disabilità e Area Salute Mentale dell’Azienda ULSS n. 20. La confluenza delle tipologie
di disabilità in un’unica classificazione universale, qual è l’ICF, indurrà una revisione
dei criteri di valutazione delle singole situazioni ed una organizzazione delle risorse in
virtù di una presa in carico unitaria in sede distrettuale.
28
Piano Locale della Disabilità
Parte Seconda – Cap. 1
II.1.2 La valutazione multidimensionale
La valutazione per la presa in carico del disabile avviene attraverso l’Unità di
Valutazione Multidimensionale Distrettuale (UVMD) e attraverso la predisposizione di
un Progetto Educativo Individuale (PEI) che permette l’accesso alla rete dei servizi del
sistema della domiciliarità e della residenzialità.
L’approvazione del progetto individuale richiede previamente la valutazione della
situazione complessiva della persona con disabilità, del suo contesto sociale e
familiare, in un ottica multidisciplinare e multiprofessionale. Nella logica della
centralità della persona e della sua famiglia, la valutazione dovrà inevitabilmente
contemplare percorsi appropriati e rispondenti alle necessità delle varie fasi della vita
della persona disabile.
La valutazione e l’approvazione del progetto individuale spetta alla UVMD, di cui alla
DGR n. 3242/2001.
Ai fini della sua composizione e funzionamento, la DGR n. 1859/2006 prevede che
ogni Azienda ULSS adotti il regolamento locale della UVMD, che comprende i criteri e
le modalità della sua composizione nella valutazione dei progetti individuali per i
disabili, entro 180 giorni dall’approvazione del menzionato provvedimento
amministrativo regionale. A tale riguardo, va rilevato che l’Azienda ULSS n. 20 ha già
un proprio atto regolamentare in materia e pertanto, ai fini della DGR n. 1859/2006, lo
stesso sarà assoggettato ad una revisione con conseguente eventuale modifica di
concerto con la Conferenza dei Sindaci.
L’UVMD è composta dai seguenti operatori: direttore di distretto o suo incaricato,
medico di medicina generale, assistente sociale del Comune di residenza dell’utente,
assistente sociale dei servizi territoriali del distretto.
In relazione alla valutazione e al progetto individuale, l’UVMD può essere integrata da
operatori professionali quali: psicologo, educatore professionale, fisiatra, terapista
della riabilitazione, psichiatra, logopedista, operatore socio-sanitario.
La valutazione in UVMD può essere effettuata su richiesta da parte:
• della persona;
• della famiglia;
• di uno dei soggetti istituzionali titolari di competenze nell’area della disabilità;
• da uno dei soggetti gestori di servizi coinvolti nella realizzazione del progetto
individuale di intervento.
La valutazione da parte dell’UVMD come sopra delineata è necessaria quando il
progetto individuale di intervento comprende l’accesso ad almeno uno dei seguenti
servizi:
• assistenza domiciliare integrata, con interventi sanitari di tipo specialistico e di
tipo riabilitativo;
• accoglienza temporanea o definitiva in struttura residenziale;
• accesso ai servizi diurni per persone con disabilità.
Per l’accesso agli altri servizi del sistema della domiciliarità, compresi i servizi di
integrazione scolastica e di inserimento lavorativo, si procede attraverso una
valutazione semplificata, anche monoprofessionale (Unità Valutativa dei Servizi
Sociali) secondo le modalità definite in specifici atti regionali di programmazione
settoriale e secondo le modalità definite nel regolamento generale dell’UVMD.
29
Piano Locale della Disabilità
Parte Seconda – Cap. 1
L’accesso ai contributi economici a sostegno della famiglia definiti assegni di cura
avviene invece secondo modalità e con strumenti definiti nella DGR n. 39/2006 e nel
Piano locale per la Domiciliarità cui si rinvia.
In attesa dell’adozione di un nuovo strumento di valutazione denominato Scheda
Valutazione Multidimensionale Disabili (SVAMDI) da parte della Regione Veneto, in
sede di valutazione multidimensionale, si utilizzano gli strumenti già messi a punto da
un gruppo di lavoro dell’Area Disabilità dei Servizi Sociali dell’Azienda ULSS ed
attualmente in uso.
30
Piano Locale della Disabilità
Parte Seconda – Cap. 1
II.1.3 Il servizio sociale e psicologico nell’area della disabilità degli
adulti.
Il Servizio Sociale Professionale
Il Servizio Sociale Professionale Disabili Adulti dell’Azienda ULSS n. 20 si compone di
assistenti sociali che svolgono la propria attività nei territori dei quattro Distretti sociosanitari per le problematiche sociali di persone con disabilità psico-intellettiva, psicofisica e motoria.
Il Servizio Sociale Professionale è dotato di una segreteria per il supporto tecnico
amministrativo, per l’organizzazione dell’archivio e della banca dati.
Gli interventi sociali sono rivolti a persone disabili adulte (dai 18 ai 65 anni) in
possesso di certificazione di invalidità civile e di certificazione dello stato di handicap ai
sensi della legge n. 104/1992, con disabilità intellettive e con disabilità neuro-motorie.
Le diagnosi più frequentemente riscontrate nelle certificazioni di invalidità civile sono:
cerebropatie, oligofrenie, sindrome di down, encefalopatie che presentano spesso
comorbilità derivante da patologia psichiatrica, motoria, epilessia, disturbi uditivi e
visivi.
Il percorso di aiuto è volto a garantire una migliore qualità di vita alla persona disabile
ed alla sua famiglia attraverso interventi di sostegno, di tutela e di integrazione
sociale, potenziandone le capacità di relazione interpersonale e valorizzandone le
competenze e le abilità sociali.
Attraverso la presa in carico, il Servizio Sociale Professionale Disabili Adulti definisce e
programma un processo d’aiuto con le persone disabili e le loro famiglie.
Si tratta di un processo che si traduce in un progetto condiviso e concordato con le
persone coinvolte ed interessate, che ha come obiettivo principale quello di
promuovere la partecipazione e le loro potenzialità, anche se residue.
Il progetto può prevedere dei percorsi con forme di integrazione sociale, di aiutosostegno, di consulenza, di sostegno psico-sociale alla genitorialità, di rapporti con gli
Organi Giudiziari per le opportune forme di tutela della persona.
Si possono individuare interventi di facilitazione, di sostegno, di mediazione, di tutela.
L’Assistente sociale segue la realizzazione del processo di intervento accompagnando
la famiglia nel percorso ed attivando le proprie competenze professionali, le Istituzioni,
la comunità territoriale nonché le risorse individuali e familiari della persona disabile.
Il Servizio Sociale Professionale ha anche compiti di:
• segretariato sociale ossia valuta le richieste di intervento al fine di presa in
carico della situazione o di invio per competenze professionali e per i bisogni
emersi ai servizi competenti;
• valutazione del livello di gravità della disabilità di persone inserite nei centri
semi residenziali, al fine di individuare l’impegno assistenziale richiesto alle
strutture in particolare alle cooperative private convenzionate con l’Azienda
ULSS n. 20;
• verifica e definizione di progetti socio-assistenziali di persone già inserite in
centri educativi diurni dai familiari o da altri operatori sociali e privi di
specifiche indicazioni di intervento.
31
Piano Locale della Disabilità
Parte Seconda – Cap. 1
Importante è il lavoro di progettualità territoriale ossia di progetti volti alla promozione
di una comunità sensibile e competente capace cioè di mettere in campo le proprie
risorse per favorire l’accettazione e la condivisione della disabilità. Singolarmente le
Assistenti sociali si occupano anche di progettualità specifiche relative al “dopo di noi”,
al gruppo di auto mutuo aiuto per genitori di persone disabili adulte, al tempo libero e
alle reti sociali.
Alcune di esse si occupano inoltre di:
• valutazione di bisogni legati a patologie gravi con conseguenze invalidanti non
in carico al Servizio Sociale Professionale Disabili Adulti al fine di individuare
risposte organizzative con adeguate progettualità, in collaborazione con altri
Enti;
• ricerca di modalità operative che favoriscano un dialogo con il Tribunale Civile
Sezione famiglia.
• progetto pet-therapy.
Il Servizio Sociale Professionale può avvalersi della consulenza di figure professionali
sanitarie quali il servizio di psicologia, medici di medicina generale e medici specialisti.
Elementi prevalenti nell’operatività del servizio sono:
• il riconoscimento della soggettività, delle potenzialità della persona disabile
come attore dell’intervento;
• il riconoscimento delle potenzialità e delle risorse presenti nel contesto
familiare e sociale;
• la ricerca di sinergie attraverso la cooperazione, la collaborazione, la
negoziazione;
• il riconoscimento del limite e della parzialità dell’intervento professionale che
porta ad uscire dall’idea di centralità del servizio.
Va sottolineato, infine, che è stato avviato un percorso per definire una funzione
distrettuale integrata con l’intera rete dei servizi tra il Comune di Verona, l’Azienda
Ospedaliera e l’Azienda ULSS n. 20 che troverà sviluppo in sede di Piano di Zona.
Il Servizio Psicologico
Il Servizio Psicologico opera in modo trasversale agli altri Servizi dell’Area Disabilità
occupandosi della disabilità adulta in carico ai Servizi Sociali ed è costituito da
psicologhe che lavorano presso la sede dei Servizi Sociali dell’Azienda ULSS n. 20
ubicata a Verona, Corso Porta Palio n. 30, e presso le sedi decentrate nelle realtà
distrettuali.
I destinatari del servizio sono:
• disabili intellettivi e motori adulti;
• familiari dei disabili;
• operatori sociali dei seguenti servizi:
- Servizio Sociale Handicap Adulto;
- Servizio Ceod;
- Servizio di Inserimento Lavorativo;
- Servizio Domiciliare Socio-riabilitativo;
- Servizio di Aiuto Personale e Vita Indipendente.
Gli interventi riguardano:
• sostegni psicologici con cadenza periodica a disabili intellettivi con insufficienza
mentale lieve e a disabili motori. I sostegni non hanno fini psicoterapeutici, ma
hanno la funzione di rielaborare eventi critici del soggetto per sostenerlo nel
32
Piano Locale della Disabilità
•
•
Parte Seconda – Cap. 1
suo percorso educativo o lavorativo. Possono venire richiesti dalla persona
stessa mentre se vengono suggeriti dagli operatori sociali la decisione deve
essere sempre condivisa dall’interessato;
valutazione cognitiva (Scala WAIS-R) di utenti già seguiti dai servizi sociali ed
in possesso di certificato di invalidità civile per eventuali richieste di
aggravamento e per la progettazione di interventi educativi;
interventi di consulenza alle famiglie di disabili intellettivi e motori su richiesta
delle stesse o su segnalazione degli operatori sociali in accordo con le famiglie
per la gestione di momenti critici. Tale consulenza prevede, in linea di massima
ed in base alle diverse richieste, incontri di conoscenza con il nucleo familiare e
con il disabile, valutazione e restituzione della problematica con eventuali
indicazioni e verifiche della situazione.
33
34
Piano Locale della Disabilità
Parte Seconda – Cap. 2
CAPITOLO 2 – IL SISTEMA INFORMATIVO
II.2.1 Lo Sportello Integrato
Al fine di assicurare l’accesso ai servizi da parte dei cittadini secondo princìpi di
uniformità ed omogeneità su tutto il territorio regionale, la DGR n. 1859/2006 e
conseguentemente il Piano Locale della Disabilità prevedono l’utilizzo dello Sportello
Integrato, realizzato secondo le modalità indicate nella DGR n. 39/2006 relativa al
Piano Locale per la Domiciliarità.
In linea generale, con lo Sportello Integrato si intende promuovere la piena
integrazione tra i vari sportelli attivi sul territorio sia in ambito comunale che
distrettuale, affinché possano rispondere ancora più efficacemente ed in tempo reale
alle necessità informative delle persone e degli operatori che vi accedono. Lo Sportello
dovrebbe essere, al tempo stesso, l’effettiva porta di accesso integrata al sistema
informativo della rete dei servizi nel suo complesso quindi oltre la specificità di ogni
singola area.
Per quanto attiene a questo Piano settoriale, va sottolineato che da tempo è attivo il
servizio di Informa Handicap che garantisce una significativa funzione di sportello
integrato nei distretti n. 1 e n. 2.
L’Informa Handicap, ubicato presso la sede centrale dei Servizi Sociali dell’Azienda
ULSS n. 20 in Verona, Corso Porta Palio n. 30, è rivolto alle persone con disabilità, alle
loro famiglie, agli operatori sociali e a tutti coloro che desiderano ricevere chiarimenti
nel settore della disabilità.
Il servizio eroga informazioni, orientamento e consulenza, pur non gestendo
direttamente la presa in carico, ma offrendo percorsi di avvicinamento ai servizi e alle
opportunità offerte dal territorio.
In particolare:
• promuove il dialogo fra i cittadini e i servizi;
• favorisce le occasioni di confronto per ottenere informazioni utili al
superamento dell’handicap (barriere architettoniche, richieste di ausili, accesso
ai servizi, informazioni su invalidità e legge n. 104/1992);
• valorizza il ruolo delle persone con disabilità, delle famiglie e di coloro che
operano nel settore delle istituzioni, favorendo lo scambio informativo e la
mutua collaborazione.
Come disposto dalla DGR n. 39/2006, le funzioni dello Sportello Integrato possono
essere dislocate anche in sedi decentrate nel territorio purché sia assicurata la
condivisione in rete delle informazioni e delle modalità di accesso ai servizi.
In proposito, è già esistente il raccordo con i distretti socio-sanitari mediante lo
Sportello per l’integrazione socio-sanitaria.
35
Piano Locale della Disabilità
Parte Seconda – Cap. 2
Lo Sportello socio-sanitario presso il Distretto
Lo Sportello per l’integrazione socio-sanitaria è stato avviato in via sperimentale nei
Distretti n. 3 (con due sedi, presso il comune di Verona (Circoscrizione n. 7) e il
comune di Grezzana) e n. 4 (con cinque sedi nei comuni di: Montecchia di Crosara,
Cologna Veneta, Colognola ai Colli, Tregnago e San Bonifacio).
La finalità è quella di assicurare la condivisione in rete delle informazioni e delle
modalità di accesso ai servizi interagendo con i Comuni e le realtà associative presenti
sul territorio distrettuale.
Lo Sportello assume poi un ruolo importante in quanto attraverso la conoscenza
approfondita dei servizi socio-sanitari del territorio, ne facilita l’accesso, attiva risorse
e interventi per coloro che presentano situazioni di disabilità.
In dettaglio, lo Sportello socio-sanitario distrettuale svolge le seguenti funzioni:
• raccoglie dati e informazioni sulle risorse e sui servizi pubblici e privati esistenti
sul territorio;
• classifica ed elabora le informazioni raccolte e le mette a disposizione del
Direttore del Distretto e del Direttore dei Servizi Sociali, dei Comuni e delle
realtà associative per una adeguata programmazione di assistenza territoriale
integrata;
• fornisce informazioni sui servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali
facilitando i percorsi di accesso in un’ottica di maggiore trasparenza e fiducia
nelle relazioni tra cittadino e i soggetti erogatori di servizi pubblici o privati;
• approfondisce le conoscenze rispetto a situazioni segnalate in ambito
territoriale che richiedono l’intervento dei servizi sociali;
• non prende in carico situazioni singole ma eventualmente le segnala ai
competenti servizi.
Considerazioni generali
Uno degli obiettivi fondamentali da perseguire secondo tempi e modalità possibili è
l’integrazione da attivarsi a livello distrettuale tra centri sociali territoriali dei Comuni e
servizi socio-sanitari dell’Azienda ULSS n. 20. L’integrazione attualmente sussiste
riguardo l’attivazione della UVMD e con riferimento ad una funzione informativa
generale svolta da tutti gli operatori sociali e socio-sanitari.
Alla luce pertanto dell’attuale assetto organizzativo delineato, delle sperimentazioni in
atto e delle linee di indirizzo tracciate dalle citate deliberazioni regionali n. 39/2006 e
n. 1859/2006, si intende ridefinire l’attuale rete di sportelli anche elaborando uno
specifico modello che tenga conto della realtà esistente e delle peculiarità del territorio
eventualmente definendo anche un apposito protocollo d’intesa.
36
Piano Locale della Disabilità
Parte Seconda – Cap. 2
II.2.2 La Carta dei Servizi
La DGR n. 1859/2006 prevede la redazione di una specifica “Carta dei servizi sociali e
sanitari” da parte delle Aziende ULSS.
In generale, va sottolineato che la carta dei servizi è uno strumento di informazione
che afferisce ad un ambito determinato, costituito, in questo caso, dall’Area della
Disabilità, e che indica, da un lato, le prestazioni, i servizi e le opportunità, dall’altro,
le informazioni basilari sulla struttura organizzativa degli Enti erogatori e sulle
modalità di accesso.
La Carta è rivolta ai cittadini, alle famiglie, alle Associazioni ed a tutti gli operatori
pubblici e del privato sociale.
Nello specifico, la “Carta dei servizi dell’area della disabilità” è stata redatta
dall’Azienda ULSS n. 20 a partire dall’anno 1999 ed aggiornata con cadenza annuale.
L’attuale Carta, aggiornata al 10 novembre 2006, è stata pensata in maniera da
consentire una semplice consultazione: contiene le informazioni di base e rinvia, per
ulteriori ragguagli e approfondimenti, direttamente alle unità operative, articolate per:
• Area informativo-promozionale comprendente:
- i Servizi socio-sanitari;
- l’Informa Handicap;
- il Servizio Integrazione socio-sanitaria presso i Distretti;
- il Servizio per il riconoscimento dell’invalidità civile;
• Area domiciliarità comprendente:
- il Servizio di assistenza domiciliare socio-riabilitativa (SADSR);
- il Servizio di aiuto personale e vita indipendente;
- il Servizio per i soggiorni climatici;
- il Servizio di coordinamento ai CEOD;
- il Servizio di animazione sociale;
• Area formazione-lavoro comprendente:
- il Servizio di integrazione lavorativa;
- il Servizio di animazione estiva;
• Area residenzialità comprendente:
- il Servizio residenze sanitarie assistenziali;
- il Servizio residenzialità disabili;
- il Centro riabilitativo di ricerca e intervento sociale (CERRIS);
• Area territoriale comprendente:
- il Servizio psicologico disabili adulti;
- il Servizio sociale professionale.
La carta, pubblicizzata e distribuita nelle opportune sedi, costituisce un documento da
interpretare in chiave dinamica e come processo che troverà sviluppi e
personalizzazione presso le singole realtà erogatrici e pertanto sarà oggetto di continui
momenti di verifica ed integrazione.
37
38
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
PARTE TERZA
CAPITOLO 1 – IL SISTEMA DELLA DOMICILIARITÀ
Il sistema della domiciliarità, come definito dalla DGR n. 1859 del 13 giugno 2006,
prevede l’organizzazione di modelli territoriali, negli ambiti di promozione
dell’autonomia personale, dei servizi diurni, dei servizi domiciliari, dei sostegni
economici e degli interventi di sollievo.
Le politiche di sostegno della domiciliarità hanno l’obiettivo di consentire alle persone
con disabilità, in condizione di dipendenza assistenziale, di trovare risposte adeguate
ai bisogni rimanendo nel proprio ambito di vita.
III.1.1 Gli interventi di promozione dell’autonomia personale
Rientrano in tale area gli interventi, inseriti nei progetti individuali, realizzati
nell’ambito dei programmi territoriali anche ai sensi della legge n. 284/1997 e di altre
indicazioni normative regionali, che perseguono l’obiettivo prioritario di promuovere
forme di autonomia personale nella vita di relazione, sociale e familiare.
Si inseriscono in questa linea di intervento le attività ed i servizi realizzati in
collaborazione con diversi soggetti pubblici e privati, Centri Multizonali, Associazioni e
Cooperative sociali, Gruppi di Auto-Mutuo Aiuto, che favoriscono e potenziano l’utilizzo
delle autonomie personali per migliorare le capacità di relazione, di partecipazione
attiva e di integrazione sociale e lavorativa, nello sport e nel tempo libero.
Il Piano Locale della Disabilità riconferma le modalità operative di realizzazione di tali
programmi, le priorità e le modalità di accesso, nelle forme già approvate di concerto
tra la Conferenza dei Sindaci e l’Azienda ULSS n. 20.
In sede di Piano di Zona 2007-2009 le regolamentazioni medesime potranno trovare
un ampio spazio di approfondimento ed aggiornamento.
I Programmi Territoriali ai sensi della legge n. 284/1997: il progetto
“IRIDE”
Il progetto “IRIDE” si rivolge a persone disabili cieche e pluriminorate.
I soggetti attuatori del progetto “IRIDE” sono l’Azienda ULSS n. 20, la Conferenza dei
Sindaci, la Cooperativa Sociale “Luce e Lavoro” Onlus di Verona in collaborazione con
la Provincia di Verona.
Delle collaborazioni operative sono state realizzate con l’Unione Italiana Ciechi, la Lega
del Filo d’oro, la Consulta Comunale delle Associazioni di Handicap del Comune di
Verona, la Cooperativa sociale Galileo di Verona, la Scuola Pre-lavoro del Comune di
Verona.
I programmi territoriali elaborati all’interno del progetto “IRIDE” prevedono:
• la collaborazione con l’Amministrazione Provinciale di Verona, i Comuni, le
Aziende ULSS territorialmente competenti e l’Unione Italiana Ciechi - Sezione di
39
Piano Locale della Disabilità
•
•
•
•
•
•
Parte Terza – Cap. 1
Verona, nella realizzazione di progetti individuali mirati allo sviluppo integrale
ed armonico della persona non vedente pluriminorata, con particolare
attenzione alle competenze e alla creatività potenziali;
la programmazione, attuazione, verifica e validazione in itinere di progetti
educativi individualizzati, secondo le caratteristiche peculiari, caratteriali,
personali di ognuno, chiamato in modo attivo alla formazione e alla
progettazione della propria esistenza;
l’aiuto domiciliare nei confronti delle persone cieche pluriminorate, organizzato
secondo parametri di efficienza, efficacia, solidale collaborazione, e
supervisionato a garanzia della qualità del servizio;
il sostegno psico–pedagogico, clinico-diagnostico e gli ausili tiflotecnici–
tiflodidattici delle persone non vedenti e alle loro famiglie;
la formazione didattica e tecnico-operativa specifica per gli operatori che
lavorano con persone non vedenti pluriminorate;
la sperimentazione dell’uso di nuove tecnologie, in particolare di tipo
informatico e telematico, per favorire l’autonomia delle persone e per facilitare
la loro integrazione sociale e lavorativa;
lo sviluppo delle varie aree riguardanti la persona del cieco pluriminorato,
attraverso vari mediatori, sia simbolici, sia prevalentemente analogici, basati
cioè sulla libera espressione emotiva e partecipazione attiva dei soggetti.
All’interno di tali ambiti, i programmi si sono articolati nelle più diverse attività che
hanno riguardato in particolar modo: l’arteterapia (con l’ausilio di artisti); la
musicoterapia (con musicoterapeuti diplomati); la pet-therapy (con operatori
qualificati dell’Associazione S. Patrignano); la realizzazione di laboratori pratico-teorici;
la realizzazione di postazioni di tiflodidattica–informatica (con la Scuola Angelo
Sartori); la realizzazione di supporti e consulenze informatiche; l’attivazione di un
servizio sociale dedicato nell'ambito dell'area riabilitativa; l’attivazione di laboratori di
falegnameria, di cucina, di un laboratorio espressivo (découpage, bomboniere);
l’inserimento lavorativo di alcuni soggetti per l’integrazione sociale; diverse occasioni
di uscita (di tipo didattico, educativo, cognitivo, di svago e relax); alcuni percorsi di
“orientamento e mobilità” (con l’ausilio di operatori costantemente preparati, formati e
di materiale specifico per non vedenti); attività di psicoterapia (di gruppo, per
operatori e percorsi individualizzati sui fruitori dei CEOD).
Inoltre è stato fornito un supporto alle attività, svolte da parte di volontari e tirocinanti
di scuole superiori professionali e universitari, ai corsi professionali per operatori socioassistenziali e di psico-motricità.
Per ulteriori sviluppi ed informazioni sul progetto “IRIDE” si rimanda al Piano di Zona
2007-2009.
L’attività di integrazione socio-lavorativa
Il presente paragrafo viene inserito all’unico scopo di dare atto della complessiva rete
territoriale dei servizi, con riserva di adeguamento alle emanande linee regionali in
materia.
Il Servizio Integrazione Lavorativa (SIL) è un’unità operativa sovradistrettuale
dell’Area Disabilità dei Servizi Sociali dell’Azienda ULSS n. 20 e promuove progetti
individualizzati volti a favorire e realizzare l’integrazione socio-lavorativa di persone
disabili, svantaggiate e/o con problemi di salute mentale e di dipendenza, attraverso
opportuni strumenti di mediazione.
40
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
Il SIL si avvale di una équipe di operatori formati che agisce in raccordo con gli altri
servizi socio-sanitari e promuove collaborazioni ed intese con Enti pubblici e privati
finalizzate alla creazione di opportunità formative e lavorative.
Gli interventi si rivolgono a persone disabili iscritte alle liste previste dall’art. 8 della
legge n. 68/1999, in particolare a soggetti con deficit intellettivo, a persone in
trattamento psichiatrico segnalate dai Servizi dei Dipartimenti di Salute Mentale e
delle Dipendenze dell’Azienda ULSS n. 20 e dall’Azienda Ospedaliera di Verona.
In questi anni, il Servizio ha perfezionato strumenti tecnici e metodologie dedicati a
potenziare le competenze personali e professionali delle persone prese in carico e, nel
contempo, a negoziare con il mondo del lavoro conciliando esigenze molto lontane tra
loro.
L’attività si articola in una serie di progetti e di interventi a partire da una attenta
valutazione della persona:
• progetto di orientamento/osservazione, per aiutare la persona a conoscere le
proprie competenze e attitudini sul piano dell’autonomia e dell’apprendimento,
ad acquisire consapevolezza di sé, ad agevolare il rispetto di regole di base per
l’inserimento lavorativo;
• progetto di formazione per promuovere la maturazione complessiva delle
persone e l’acquisizione di competenze sociali e di abilità lavorative;
• progetto di mediazione al collocamento, per favorire il raggiungimento ed il
mantenimento di un rapporto di lavoro.
Tali progetti sono supportati dallo strumento del tirocinio ai sensi del D.M.
n. 142/1998.
Inoltre sono previsti interventi di consulenza e orientamento in materia di formazione,
modalità e opportunità di accesso al lavoro, di monitoraggio delle assunzioni
realizzate, di consulenza e sostegno per favorire il mantenimento del lavoro per le
persone disabili già assunte.
Il SIL, con il progetto di integrazione sociale in ambiente lavorativo, ha inoltre avviato
una linea d’intervento socio-assistenziale per dare risposta alle persone disabili in
situazione di gravità per le quali non è possibile procedere all’assunzione.
Tale progetto consente la permanenza in ambiente lavorativo, con il fine del
mantenimento delle residue capacità operative e relazionali, previsto dalla DGR
n. 3787/2002.
Per ciò che concerne le relazioni, il supporto e la consulenza, il SIL offre alle Aziende:
• degli esperti che progettano gli inserimenti mirati garantendone il monitoraggio
con i tutor;
• l’analisi dei posti di lavoro;
• l’individuazione e la formazione dei lavoratori da assumere ai sensi della legge
n. 68/1999;
• la consulenza ed il sostegno per favorire l’integrazione lavorativa delle persone
disabili già assunte;
• la promozione della collaborazione fra soggetti istituzionali del mondo
imprenditoriale e dell’area della solidarietà sociale.
Si rammenta che gli oneri economici relativi ai tirocini risultano a totale carico
dell’Azienda ULSS.
41
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
Il SIL opera all’interno del sistema del collocamento mirato in raccordo con
l’Amministrazione Provinciale (legge n. 68/1999) e dialoga con i servizi socio–sanitari
e tutti gli attori del territorio, insieme ai quali individua forme e modalità
personalizzate per rispondere sempre più efficacemente alla domanda di integrazione
lavorativa dei cittadini.
Nell’ultimo periodo il numero delle persone seguite dal SIL è passato da 375 a 416.
Anche le prestazioni di tirocinio, inserimento sociale, incentivi aziendali e consulenza
agli utenti sono aumentate da 605 a 742, con 63 assunzioni.
Utenti seguiti dal SIL distinti per
anno
( dal 2001 al 2005 )
Prestazioni erogate dal SIL distinte
per anno
( dal 2001 al 2005 )
416
450
742
800
605
375
400
330
700
338
350
524
600
265
300
397
468
500
250
400
200
300
150
100
200
50
100
0
0
anno 2001
anno 2002
anno 2003
anno 2004
anno 2005
anno 2001
anno 2002
anno 2003
anno 2004
anno 2005
Assunzioni conseguite da utenti del SIL per anno
( dal 2001 al 2005 )
63
70
58
60
50
47
43
38
40
30
20
10
0
anno 2001
anno 2002
anno 2003
42
anno 2004
anno 2005
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
L’attività di integrazione scolastica e di integrazione sociale nel
periodo estivo
Anche il presente paragrafo viene inserito all’unico scopo di dare atto della
complessiva rete territoriale dei servizi, con riserva di adeguamento alle emanande
linee regionali in materia.
Il periodo della scolarizzazione è un fondamentale momento di vera, totale
immersione in un contesto di normalità anche per i disabili più gravi. Il dilatarsi della
fascia dell’obbligo scolastico vede un numero sempre crescente di adolescenti disabili
frequentare la scuola superiore e poi anche l’università.
Secondo la circolare regionale 20 ottobre 1993 n. 33, in attuazione dell'art. 13 della
legge n. 104/1992, l'Azienda ULSS fornisce il personale per l'assistenza, l'autonomia e
la comunicazione degli alunni con handicap.
Il servizio di integrazione scolastica e sociale opera su delega dei Comuni dell’Azienda
ULSS e su certificazione dei Servizi Territoriali (sempre ai sensi della legge n.
104/1992); supporta i minori da 3 a 18 anni attraverso la figura dell’operatore sociosanitario che è punto di riferimento per gli obiettivi di autonomia nei vari contesti di
vita scolastica.
L’attivazione del servizio avviene su richiesta dell’Istituzione scolastica, mentre
l’Azienda ULSS n. 20 ha definito i criteri di priorità nell’assegnazione delle ore di
assistenza.
Il Servizio di Integrazione Scolastica è al 100% di carattere sociale, sulla base dei
livelli essenziali di assistenza (LEA).
Gli operatori dipendenti sono 60, mentre il personale in convenzione è di circa un
centinaio di unità che coprono il fabbisogno di assistenza per circa 369 alunni.
Tipologia utenza assistenza scolastica
anno 2005/2006
44
superiori
38
scuola speciale
68
medie
83
materne
127
elementari
CFP
9
43
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
Assistenza scolastica anno 2005/2006
suddivisa per distretto
distretto 1=79
21%
distretto 4=111
31%
distretto 2=101
27%
distretto 3=78
21%
Per completezza, si segnalano una serie di problematiche relative all’effettiva
applicazione del principio dell’integrazione scolastica, che si realizza soltanto
attraverso lo sforzo congiunto ed unanime di tutti i responsabili, per favorire
l’integrazione dei minori disabili nel gruppo classe.
A tale proposito, si ritiene sempre più significativo il ruolo dei laboratori promossi dai
Servizi Sociali in collaborazione con alcuni CTI (Centri Territoriali per l’Integrazione),
mentre un problema emergente è rappresentato dall’esigenza di usufruire del servizio
di trasporto per le Scuole superiori.
L’assistenza ai minori che frequentano le scuole prosegue anche nel periodo estivo nei
CER (Centri Estivi Ricreativi) e nei GREST (Gruppi Estivi), con un trend di
partecipazione in aumento (circa 179 utenti nell’estate del 2005). L’impegno per
l’assistenza estiva si rivela importante per il sollievo delle famiglie e si configura come
intervento sociale straordinario, legato alla contingenza della chiusura estiva delle
scuole, che fa implementare in modo vertiginoso la richiesta di interventi di aiuto sia a
domicilio che nei contesti di vita sociale (CER e GREST).
N. Utenti assistenza CER-GREST 2005
suddivisi per distretto
distretto 1 = 39
22%
distretto 4 = 51
29%
distretto 2 = 47
26%
distretto 3 = 42
23%
44
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
I gruppi di auto mutuo aiuto
Sono state accolte le richieste da parte di genitori di minori disabili inseriti in ambito
scolastico, per l’attivazione di percorsi di gruppo, partendo dal presupposto che ogni
componente possa considerarsi come una risorsa e che il gruppo abbia caratteristiche
innovative e specifiche di dialogo rispetto ad altre forme associative.
Gli incontri hanno cadenza mensile e confermano l’importanza di affiancare l’attività
dei servizi con del tempo dedicato in particolare alle famiglie. Presso l’Informa
Handicap sono attivi due gruppi dal 2003.
Inoltre, da circa un anno, è presente presso il Servizio domiciliare socio-riabilitativo
dell’Area Disabili un gruppo di supporto per le persone affette da sclerosi laterale
amiotrofica e loro familiari.
In particolare, nel territorio del Distretto n. 2 sono state individuate dieci coppie di
genitori con figli adulti disabili per avviare un gruppo di auto-mutuo aiuto, con incontri
mensili condotti dall’assistente sociale del Servizio sociale handicap adulto in
collaborazione con l’assistente sociale del Comune di S. Giovanni Lupatoto.
La finalità che si è inteso perseguire con i gruppi di auto-mutuo aiuto è quella di far
trovare e riscoprire ai familiari le energie necessarie per sostenere le difficoltà e
offrire, nel contempo, l’occasione di integrare la propria esperienza con quella di altre
persone.
I gruppi di auto-mutuo-aiuto possono diventare per ciascuno risorse di informazioni
emotive, cognitive, educative al fine di costruire apprendimenti, creare le premesse
per il cambiamento e recuperare solidarietà spontanee.
I soggiorni climatici
Alle persone disabili, riconosciute invalide al 100%, viene offerta la possibilità di
ottenere un contributo economico a rimborso della spesa di un soggiorno climatico,
per un massimo di 15 giorni e in qualsiasi periodo dell’anno.
A coloro che percepiscono un’indennità (di accompagnamento, di frequenza, di
comunicazione, speciale) e la cui situazione assume connotazione di gravità, viene
riconosciuta la possibilità di ottenere il rimborso anche per l’accompagnatore nella
stessa misura prevista per l’utente. Mediante una convenzione stipulata con il Comune
di Verona anche i disabili ultrassessantacinquenni, ivi residenti e con invalidità pari o
superiore al 75%, possono fruire di un contributo economico secondo quanto stabilito
dal regolamento dell’Azienda ULSS n. 20. Anche in questo caso, è possibile fruire del
contributo per l’accompagnatore se è riconosciuta la relativa indennità di
accompagnamento.
Per le persone anziane che abbisognano di assistenza continua, il Servizio dell’Azienda
ULSS n. 20 rende fruibile il rimborso anche per il soggiorno presso le Case di riposo
delle vicine località montane e lacustri. Negli ultimi anni, si è assistito ad un
consolidamento dell’intervento con un incremento di richieste che ha comportato un
aumento della relativa spesa. Il Comune di Verona, in considerazione di ciò, ha
aumentato l’intervento finanziario a favore dei soggiorni climatici.
Nel tempo si è rafforzato anche il rapporto del Servizio con le Associazioni, che ha dato
luogo ad una maggiore conoscenza dell’offerta turistica rispetto alle strutture
45
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
alberghiere senza barriere architettoniche e particolarmente adatte alle persone con
disabilità. Questo grazie anche alle informazioni fornite dagli stessi utenti.
L’intento del Servizio è sempre stato quello di attivare una graduatoria in base al
reddito, al grado di invalidità civile, alla connotazione di gravità qualora le richieste
superassero il limite delle risorse stanziante nel budget.
Per poter accedere al contributo per i soggiorni climatici si fa riferimento alla
valutazione economica del nucleo familiare del richiedente secondo i parametri
dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). Il requisito economico
rilevato tramite l’ISEE permette, infatti, maggiore equità e meno discriminazione
nell’accesso al contributo, nonché la proporzionalità dei benefici rispetto al reddito del
nucleo familiare dell’utente.
Il Centro per l’attività di Pet-Therapy e le terapie assistite dagli
animali
Nel giugno del 2001 ha avuto inizio la progettualità dell’Azienda ULSS n. 20 in tema di
Pet-Therapy, con un seminario promosso in collaborazione con la Conferenza dei
Sindaci, la Provincia di Verona e l’Associazione San Patrignano e proseguita poi
nell’ottobre 2001 con l’avvio di un progetto di attività assistita, indirizzata alle persone
con problemi psicofisici di varia gravità, seguite dai servizi territoriali dell’Azienda, con
l’utilizzo di unità cinofile appositamente addestrate e condotte da istruttori
specializzati.
Il progetto si proponeva di offrire nuove opportunità di benessere alle persone
interessate; creare e diffondere cultura e conoscenze specifiche sulla pet-therapy con
l’ausilio di cani nella realtà territoriale veronese.
E’ stato quindi attivato, presso le Residenze Sanitarie Assistite di Marzana, un Centro
che si prefigge di sviluppare la Pet-Therapy attraverso un lavoro di rete e si propone
quale efficace punto di riferimento per Enti e Associazioni operanti nell’ambito sociosanitario e della formazione e della didattica, quali la Scuola Pre-Lavoro del Comune di
Verona, il CSA provinciale (ex Provveditorato agli Studi), l’Istituto Don Calabria, i
Consorzi di Cooperative sociali, la Consulta delle Associazioni di Handicap del Comune
di Verona.
Si fa presente, inoltre, che l’attività del Centro si svolge in stretta collaborazione con la
Cooperativa San Patrignano di San Vito di Pergine (TN) con cui l’Azienda ULSS n. 20
ha condotto l’attività sin dall’inizio, con il coinvolgimento del Dipartimento di
Riabilitazione e del Settore Veterinario.
Il Centro operativo, la cui finalità è progettare interventi con valenza terapeutica e
attività assistite dagli animali (pet-therapy), è composto dal centro cinofilo che ospita
cani sociali e dal centro di pet-therapy presso cui si svolgono gli interventi.
Valutando le singole situazioni, il Centro organizza e coordina una serie di interventi
(sedute con il cane) gestiti da una équipe educativo-sanitaria e da una squadra cinofila
e si rivolge agli utenti di Enti privati, Ceod, Case di riposo, Centri di riabilitazione,
Scuole, privati cittadini.
46
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
III.1.2 I Servizi diurni
I Centri Educativi Occupazionali Diurni (CEOD) presenti sul territorio sono strutture
diurne aperte inizialmente per ospitare persone con disabilità psico-fisiche riferite a
problemi insorti fin dalla nascita e con lo scopo di potenziare, nel modo migliore
possibile, i livelli di autonomia. Negli ultimi anni, questi servizi hanno dovuto
affrontare situazioni nuove, legate a richieste di inserimenti particolari per patologie
quali sclerosi multiple, distrofie muscolari, esiti da trauma cranico e da ictus.
Gli obiettivi generali del CEOD sono:
• mantenere e sviluppare abilità e autonomia personale, sociale e occupazionale
in collaborazione con la famiglia e i servizi territoriali;
• favorire la relazione ponendo attenzione alla comunicazione e ai diversi e
specifici codici comunicativi;
• promuovere i processi di integrazione sociale, attraverso l’accoglienza,
l’accettazione, l’ascolto di ciascun ospite, fornendo nel contempo l’assistenza
necessaria a rispondere ai bisogni primari.
Tali obiettivi risultano congruenti con gli indirizzi della programmazione regionale quali
la domiciliarità, la personalizzazione dell’intervento e l’approccio orientato, diretti alla
persona con disabilità e al supporto alla famiglia.
I CEOD elaborano i Progetti Educativi Individualizzati (PEI), individuando linee
specifiche per ciascun ospite, in base alla patologia, alle singole capacità, interessi,
predisposizioni.
Questa tipologia di strutture è chiamata ad elaborare risposte specifiche a nuovi
bisogni, come quelli determinati dall’invecchiamento dell’ospite e al conseguente
probabile aggravamento della disabilità. Al fine di essere efficaci di fronte a questi
bisogni, si stanno cercando nuovi stimoli che possano rendere “partecipi” le persone,
aiutandole a mantenere e, se possibile migliorare, le proprie autonomie. Per attuare
questo obiettivo anche la formazione si orienta nel motivare e stimolare gli operatori
verso le nuove frontiere dell’handicap.
Le attività proposte sono riferite ad aree diverse quali la psicomotricità, l’arte e la
creatività, il teatro come forma di espressione, la lettura e la sua interpretazione, la
pet-therapy e la danza.
Nel corso del 2005 i CEOD pubblici e del privato sociale, hanno seguito circa 525
persone con disabilità.
47
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
Ospiti CEOD 2005
suddivisi per distretto di residenza
Ospiti suddivisi tra strutture
pubbliche
e privato sociale anno 2005
distretto
1=139
26%
distretto
4=160
31%
Pubblico
=82
16%
Privato
sociale=
443
84%
distretto
2=115
22%
distretto
3=111
21%
Nella tabella successiva si evidenzia il livello di autonomia deambulatoria degli ospiti
dei CEOD.
Autonomia nella deambulazione Ospiti CEOD anno 2005
si se accompagnato o aiutato
40
si con difficoltà
40
si con ausili o sostegno
11
348
SI
NO
86
Attualmente si segnala che è in corso di completamento la rete del trasporto delle
persone disabili ai CEOD, così come disposto dalla Conferenza dei Sindaci nella seduta
del 21 febbraio 2006, con cui tale Assemblea ha deliberato il rientro in capo all’Azienda
ULSS n. 20 del suddetto servizio ricondotto nell’ambito delle funzioni istituzionali che
le competono in materia di handicap. In dettaglio, quanto indicato, attiene ai distretti
n. 1, n. 2 e n. 3 mentre il distretto n. 4 sta effettuando una valutazione in ragione
delle caratteristiche territoriali che gli sono proprie.
Si riporta di seguito la mappa dei Centri Educativi Occupazionali Diurni a gestione
diretta e convenzionata, articolata per distretto.
48
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
DISTRETTO 1
gestione convenzionata
STRUTTURE CEOD
4
DISTRETTO 2
gestione convenzionata
Ca' Vignal
Casa Laboriosa\La Strada
gestione diretta
comune
VERONA
CA' DI DAVID - VERONA
SAN GIOVANNI LUPATOTO
SAN GIOVANNI LUPATOTO
Il Tesoro
La Ginestra
DISTRETTO 3
gestione convenzionata
2
comune
VERONA
VERONA
VERONA
VERONA
VERONA
VERONA
VERONA
VERONA
VERONA
VERONA
Don Pedrollo
Faliero
Gresner
L'Officina dell'Aias
Luce e Lavoro
Piccola Fraternità Provolo
Piccolo Rifugio
Primavera
San Pietro/I Colori
3
1
gestione diretta
CERRIS
gestione diretta
Il Caleidoscopio
Il Glicine
Il Sentiero
La Quercia
La Sorgente
comune
VERONA
SAN MARTINO B.A.
VERONA
VERONA
VERONA
VERONA
BOSCO CHIESANUOVA
VERONA
gestione diretta
Il Germoglio
comune
ARCOLE
SAN BONIFACIO
COLOGNA VENETA
PRESSANA
MONTEFORTE D'ALPONE
SAN GIOVANNI ILARIONE
MONTECCHIA DI CROSARA
TREGNAGO
Noi Insieme
Piccola Fraternità Lessinia
Piccola Fraternità VR
DISTRETTO 4
gestione convenzionata
C.P.L. Servizi
Casa Nostra
Crescere Insieme
Il Fiore
L'Aquilone
Monscleda
Monteverde
49
50
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
III.1.3 Gli Interventi erogati a domicilio e di supporto alla famiglia
L’assistenza domiciliare alle persone disabili
Il modello organizzativo del Servizio di Assistenza Domiciliare Socio-Riabilitativa
(SADSR) dell’Azienda ULSS n. 20 è rappresentato nello schema seguente:
DIREZIONE
SERVIZI SOCIALI
AREA HANDICAP
•
Pianificare, programmare, organizzare, gestire il
servizio.
Valutare la qualità del SADSR.
•
•
UFFICIO
COORDINAMENTO
S. A. D. S. R.
SERVIZI TERRITORIALI
S. A. D. S. R.
U. V. M. D.
•
•
•
•
Favorire la pianificazione, l’organizzazione del
SADSR, il collegamento con i Servizi territoriali e le
Cooperative Sociali.
Coordinare l’attività degli assistenti sociali.
Verificare i risultati del SADSR.
Organizzare la formazione degli operatori.
Raccogliere, aggiornare ed elaborare i dati.
•
•
•
•
Valutare il bisogno.
Predisporre il progetto individualizzato.
Condividere il progetto con la famiglia e l’utente.
Predisporre documentazione necessaria.
si
•
COMMISSIONE
HANDICAP
•
Esaminare,
valutare
i
progetti
individualizzati
predisposti dai servizi territoriali e dagli assistenti
sociali del SADSR.
Autorizzare/non autorizzare le proposte d’intervento
dei servizi territoriali.
no
•
•
COOPERATIVE SOCIALI
Selezionare gli operatori domiciliari.
Disciplinare e gestire i rapporti amministrativi con gli
operatori domiciliari.
Collaborare con i Servizi Sociali dell’Azienda ULSS n.
20 per l’organizzazione del servizio.
Interagire con gli assistenti sociali dell’Azienda ULSS
n. 20 per l’individuazione e l’assegnazione degli
operatori domiciliari.
•
•
•
S. A. D. S. R.
Formulare, attuare, gestire, verificare i progetti
individualizzati di SADSR.
Collaborare
con
l’Ufficio
di
coordinamento
nell’organizzazione, gestione e promozione del
SADSR.
•
51
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
Il diagramma sottoriportato indica la procedura di codifica del protocollo d’intesa
dell’assistenza domiciliare integrata socio-sanitaria nell’Azienda ULSS n. 20.
•
SEGNALAZIONE
DIMISSIONE PROTETTA
AL DISTRETTO
•
Il Distretto valuta:
a) eventuali bisogni sociali;
b) eventuale coinvolgimento dei Servizi Specialistici
Territoriali competenti (Dipartimento Riabilitazione,
EAH, NPI/PEE, UILDM, IST. DON CALABRIA, VAM).
DISTRETTO
SOCIO-SANITARIO
si
U.V.M.D
no
SERVIZI TERRITORIALI E
SADSR
L’Ospedale o i Servizi Specialistici Territoriali
segnalano
la
dimissione
protetta
del
cittadino/utente.
La famiglia, il MMG, i Servizi Sociali dei Comuni e
dell’Azienda ULSS n. 20 segnalano al distretto
competente il bisogno di A.D.I. socio-sanitaria.
L’UVMD, composta dal Responsabile del Distretto, dal
MMG, dai Servizi Sociali ULSS (SADSR), dai Servizi
Specialistici Territoriali, dall’Infermiere Professionale e
da altre figure professionali necessarie (Fisioterapista,
Operatore Domiciliare, Assistenti Sociali dei Comuni)
esamina, formula e autorizza (o non autorizza), il
Piano Assistenziale Individuale – PAI (Sadsr, Ceod,
Strutture Residenziali, altro), compila la scheda
SVAMA.
Il Distretto, i Servizi Territoriali e il SADSR attuano e
verificano il PAI (Piano di Assistenza Individuale).
PAI
ADOTTATO ED
ATTUATO
Il Servizio di assistenza domiciliare socio-riabilitativo (SADSR) prevede un metodo di
lavoro integrato tra servizi sanitari e sociali.
La procedura si attiva su segnalazione dell’Ospedale o/e dei servizi specialistici che
individuano il bisogno, in collaborazione con gli assistenti sociali del SADSR, con i
medici e gli assistenti sociali dei servizi territoriali sin dalla fase della valutazione delle
situazioni, chiedendo il coinvolgendo anche di assistenti sociali dell’area handicap negli
aspetti organizzativi e gestionali del servizio.
Si avvia quindi un percorso di costruzione del progetto assistenziale individualizzato.
52
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
Questa metodologia di lavoro ha, da un lato, favorito la possibilità di affrontare le
problematiche delle famiglie in una logica più unitaria rendendo l’intervento domiciliare
parte integrante del progetto assistenziale globale rivolto al nucleo e, dall’altra parte,
una programmazione del servizio domiciliare maggiormente condivisa.
Nel SADSR l’integrazione operativa con i distretti socio-sanitari si realizza sia per la
progettazione, la gestione e la verifica degli interventi a favore degli utenti in carico
all’ADI - profili Adimed e HR, dove tale prassi è oramai consolidata, sia per taluni
interventi complessi dove il coinvolgimento di tutte le figure professionali (sanitarie e
sociali) facilita una progettualità comune e, nello stesso tempo, la responsabilizzazione
in merito alle singole competenze. Pertanto, il Servizio di Assistenza Domiciliare (SAD)
erogato dai Comuni quale intervento sociale assume un carattere aggiuntivo nei
limitati casi che presentano una particolare complessità.
Per l’accesso al servizio, elemento fondamentale è l’accordo di programma sottoscritto
dall’Azienda ULSS n. 20 e dai Comuni del territorio in data 28 settembre 2001 per il
coordinamento e l’integrazione delle prestazioni socio-sanitarie realizzate a domicilio.
Si delinea di seguito il diagramma della procedura di attivazione ed attuazione del
servizio in argomento.
53
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
DIAGRAMMA DI PROCEDURA D’ATTIVAZIONE ED ATTUAZIONE DEL SADSR
(per utenti Adi non Adimed)
CITTADINO
Richiede
intervento
•
•
•
•
•
•
•
•
•
SERV. NPIPEE
EAH
DIP. RIAB.
AMB. VAM
C. M. “SANTI”
UILDM
Pianifica
Organizza
Verifica
•
•
Valutano i bisogni del cittadino.
Formulano il progetto d’intervento.
•
Formula il progetto d’intervento.
SADSR
•
SI
•
•
AREA
DISABILITÀ
•
NO
•
•
Collaborano con
Uff. Coord. per
programmazione
e organizzazione
SADSR.
Gestiscono i
progetti
individualizzati.
UFFICIO
COORDINAMENTO
SADSR
I Responsabili
sociali e sanitari
verificano
periodicamente
i progetti
individualizzati.
•
•
•
SERVIZI
TERRITORIALI
SADSR
•
•
Esamina e valuta i
progetti
individualizzati
proposti.
Propone modifiche o
altre soluzioni.
Autorizza o non
accoglie le proposte
d’intervento.
Collabora per la pianificazione
e l’organizzazione del servizio.
Mantiene i collegamenti con i
Servizi territoriali, le
Istituzioni e le Cooperative
Sociali.
Verifica i risultati dell’attività.
Organizza in collaborazione
con le Coop. Sociali la
formazione degli operatori
domiciliari.
Gestisce ed elabora i dati del
servizio.
COOPERATIVE
SERVIZI
TERRITORIALI E
SADSR
54
Collaborano con l’ufficio di
coordinamento per:
•
organizzare e promuovere il
SADSR;
•
organizzare corsi di formazione per
gli operatori domiciliari;
•
selezionare e gestire a livello
amministrativo gli operatori
domiciliari.
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
Nel servizio domiciliare si possono individuare due tipologie di domanda:
• la prima dovuta all’aumento crescente delle malattie croniche gravi, alla
riduzione della durata delle degenze ospedaliere che comportano un sempre
maggiore impegno di assistenza da parte delle famiglie, ai cambiamenti nella
struttura delle famiglie stesse (riduzione del numero dei componenti, familiari
occupati in attività lavorativa);
• una seconda è rappresentata dall’intervento domiciliare socio-educativo a favore
di minori con handicap (si pensi in particolare ai minori affetti da autismo) che
richiede la predisposizione e l’attuazione di progetti a valenza educativa e
riabilitativa, volti al recupero e allo sviluppo delle potenzialità dei minori.
La valutazione e il confronto dei dati relativi all’anno precedente evidenziano alcuni
aspetti che sostanzialmente confermano l’andamento del servizio nel corso degli ultimi
anni. Si conferma l’aumento costante della domanda anche se rispetto, allo stesso
periodo dell’anno precedente, si registra una flessione nel numero di nuovi utenti. E’
opportuno considerare anche la richiesta di aumento del numero di ore settimanali da
parte di utenti già in carico, fatto questo dovuto all’aggravamento delle condizioni di
salute degli assistiti stessi e ai maggiori bisogni di assistenza delle famiglie.
Si registra un lieve incremento delle patologie motorie rispetto a quelle di natura
prettamente intellettiva probabilmente dovuto all’aumento degli utenti del
Dipartimento Riabilitativo.
Il territorio del Distretto n. 4 mantiene il numero più alto di utenti rispetto agli altri.
E’ aumentato anche il numero degli utenti che usufruiscono di altri servizi quali i CEOD
ed il contributo previsto dalla legge n. 162/1998, mentre il numero degli utenti inseriti
nel programma ADI - profilo Adimed è da considerare stabile.
La distribuzione del servizio sul territorio è in progressiva omogeneizzazione.
L’aumento degli utenti, la necessaria concentrazione dell’attività soprattutto in due
fasce orarie (primo mattino e pomeriggio) ha comportato l’inserimento di nuovi
operatori domiciliari.
Il 33% dei progetti personalizzati prevedono interventi di tipo socio-educativo per cui
si è reso opportuno l’inserimento di una nuova risorsa rappresentata da un’educatrice
professionale che programma e segue i piani educativi.
Trend di crescita del servizio domiciliare disabili
anni 1996-2005
253
110
1996
112
1997
133
1998
152
1999
191
2000
55
198
222
2001
2002
2003
283
2004
286
2005
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
L’aiuto personale
Il servizio di aiuto personale, previsto dalla legge n. 104/1992 ed avviato dalla legge
n. 162/1998, permette di prefigurare una rete sociale di disponibilità che, integrandosi
con i servizi esistenti, fa sì che la persona con grave disabilità possa vivere nel proprio
ambiente di vita.
Il Servizio di aiuto personale, con lo scopo di sostenere la famiglia con un figlio o un
familiare in situazione di handicap, si snoda attraverso le tappe critiche del ciclo di vita
familiare: la nascita del figlio, l'ingresso alla scuola d’infanzia, primaria e secondaria di
primo e secondo grado, la scelta dopo l'obbligo scolastico, l'adolescenza, lo sviluppo
dell’età adulta, l'inserimento sociale, il possibile distacco.
La famiglia vive con maggior difficoltà queste tappe man mano che la situazione del
figlio o del familiare con grave disabilità si fa sempre più esigente in termini di cure
personali ed aiuti diretti a favorire lo svolgimento delle funzioni di vita quotidiana.
Il Servizio di aiuto personale si prefigge di:
• creare ambienti estesi di supporto attorno alle famiglie di persone con grave
disabilità;
• dare priorità per la vita a casa ed in famiglia rispetto alla vita in strutture
protette;
• privilegiare ciò che è locale, legato direttamente all'ambiente di vita della
persona disabile;
• potenziare le risorse personali e ambientali di solidarietà, il rafforzamento delle
autonomie, il sostegno a chi fa assistenza, la garanzia di interventi di sollievo,
durante l'anno o durante il periodo estivo, la personalizzazione e
l'umanizzazione degli interventi di aiuto.
I beneficiari sono le persone disabili con connotazione di gravità (con certificazione in
base alla legge n. 104/1992).
L’aiuto personale si esplica nelle seguenti azioni:
• aiuto nella preparazione di pasti;
• acquisti;
• accompagnamento in contesto esterno per socializzazione, per visite o per
attività riabilitative;
• sostegno nel dialogo;
• attività ludiche e ricreative.
L’accesso al servizio è disciplinato da un apposito regolamento approvato dalla
Conferenza dei Sindaci d’intesa con l’Azienda ULSS nell’ambito della programmazione
dei servizi socio-sanitari delegati dell’anno 2003.
56
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
Considerazione generali
Nelle tabelle sottostanti si riepilogano i dati più significativi relativi all’utenza ripartita
secondo le varie tipologie di servizio o di intervento con distinzione a livello
distrettuale.
UTENZA AREA DISABILITÀ AZIENDA ULSS 20 VERONA
Distretto
CEOD
Soggiorni
Scuola
climatici
CER
Grest
SADSR
SIL
Legge
162/98
Totali
Distretto 1
157
71
79
39
73
96
84
599
Distretto 2
121
35
101
47
71
133
40
548
Distretto 3
127
42
78
42
55
80
30
454
Distretto 4
160
56
111
51
87
107
22
594
565
204
369
179
286
416
176
2.195
Utenza complessiva area disabilità per distretto
distretto 4 = 594
27%
distretto 1 = 599
27%
distretto 2 = 548
25%
distretto 3 = 454
21%
Pur essendoci qualche variazione significativa nel numero degli utenti che accedono ai
singoli servizi tra ambiti territoriali diversi, in parte giustificata dalla composizione
demografica, si evidenzia una sostanziale uniformità che rispecchia la distribuzione
complessiva dell’utenza all’interno dell’Azienda ULSS n. 20
57
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
III.1.4 Gli interventi di sostegno economico
Nell’ambito delle azioni finalizzate a favorire la domiciliarità si collocano gli interventi
di sostegno volti a supportare anche dal punto di vista economico le famiglie che
quotidianamente sono impegnate nella cura e nell’assistenza del familiare disabile.
Si riporta di seguito una rassegna di contributi specificatamente previsti dalla vigente
normativa per le persone disabili.
Gli assegni di cura
L’assegno di cura ricomprende tutte le diverse forme di intervento economico
finalizzate a supportare le famiglie nell’assistenza delle persone in situazione di
gravità, anche ad integrazione di altre prestazioni e servizi.
Le modalità di erogazione degli assegni di cura sono state definite secondo quanto
indicato dalla DGR n. 39/2006 e dal Piano Locale per la Domiciliarità approvato
definitivamente dalla Conferenza dei Sindaci con deliberazione n. 10 del 21 novembre
2006, alla voce “Assegni di cura” cui si fa rinvio.
Gli interventi per la vita indipendente
Al centro delle azioni che si intendono mettere in atto per l’attuazione delle linee
regionali sulla legge n. 162/1998 è da considerare il sostegno alla famiglia.
La comprensibile attenzione rivolta alla cura delle persone disabili, soprattutto in età
evolutiva, pone molto spesso in secondo piano i bisogni dei genitori, la cui esistenza
personale e di coppia viene profondamente modificata dalla nascita di un figlio con
problemi di disabilità.
Attraverso i servizi territoriali (assistenza domiciliare, accoglienza in centri diurni,
pronta accoglienza, animazione estiva, animazione sociale, soggiorni climatici,
accoglienza residenziale, informa handicap), i Servizi Sociali dell’Azienda ULSS n. 20
hanno promosso un’azione di orientamento e di sostegno al fine di permettere
all’adulto disabile di rimanere il più a lungo possibile nel proprio nucleo familiare.
In quest’ottica si pongono i programmi di vita indipendente, che affrontano e cercano
di risolvere problematiche totalmente nuove per il territorio veronese e riguardano la
possibilità per le persone disabili di raggiungere un livello di indipendenza e di
autonomia nella gestione della loro vita quotidiana.
I beneficiari del progetto sono prevalentemente persone adulte con gravi problemi
motori, che necessitano di un accompagnatore per svolgere le normali attività
quotidiane. I progetti di vita indipendente attualmente attivati sono 134, realizzati
d’intesa con le persone interessate ed i loro familiari, con il supporto dei servizi socio
sanitari dell’Azienda ULSS n. 20 e dei Servizi Sociali dei Comuni.
In base alle linee guida regionali la persona con disabilità fisico-motoria autogestisce
la propria assistenza, diviene datore di lavoro e pertanto sceglie, assume e retribuisce
il proprio assistente personale.
Questa nuova modalità di autogestire l’assistenza, favorisce la permanenza della
persona al proprio domicilio, posticipa una eventuale istituzionalizzazione e, se
58
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
adeguatamente supportata sia da un punto di vista economico, che da una buona rete
di servizi, consente di vivere la propria vita in libertà.
L’obiettivo è quello di sviluppare l’autodeterminazione della persona interessata.
Attraverso la legge n. 162/1998 anche la persona con disabilità intellettiva ha la
possibilità di presentare domanda, inoltrata dal familiare, per poter accedere ai
benefici economici previsti, al fine di organizzare la propria assistenza. In questo caso
è il familiare della persona con disabilità che si attiva per reperire personale idoneo al
servizio assistenziale. Spesso questa modalità, supportata da altri interventi, solleva i
familiari dal carico assistenziale giornalmente richiesto, producendo effetti positivi sia
sulla persona che sul nucleo familiare.
L’accesso al beneficio economico in oggetto avviene mediante un regolamento
approvato dalla Conferenza dei Sindaci nell’anno 2003 congiuntamente alla
progettualità relativa all’attuazione della legge n. 162/1998.
59
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 1
III.1.5 Gli interventi di sollievo
Un fenomeno in forte espansione è l'aumento dei genitori anziani con un figlio disabile
e adulto in casa. Per queste famiglie si presenta il problema di poter "resistere nel
tempo". Nel caso di periodi di malattia o di particolare difficoltà dei genitori occorre
poter dare alla famiglia la possibilità di assistere il proprio figlio per periodi
temporanei, senza che si ricerchi, come soluzione ottimale, la residenzialità protetta.
Negli ultimi anni, si è assistito ad un aumento delle richieste di pronte accoglienze per
le emergenze e di accoglienze temporanee che sono state attivate al fine di perseguire
un sistema integrato di auto gestione della vita della persona disabile e della sua
famiglia.
Le modalità attuative degli interventi di sollievo sono state definite in sede di
Conferenza dei Sindaci già con provvedimento del 23 aprile 2002 n. 5 in attuazione
della DGR n. 3960/2001 ed in proposito si fa rinvio a quanto specificatamente previsto
nel Piano Locale per la Domiciliarità, alla voce “Gli interventi di sollievo alle famiglie”.
La pronta accoglienza
Al fine di garantire la permanenza della persona disabile nell’ambito familiare,
l’Azienda ULSS n. 20 ha individuato sul territorio strutture residenziali protette
disponibili ad attivare pronte accoglienze per affrontare situazioni di emergenza legate
ad improvvise impossibilità della famiglia ad assistere il proprio familiare disabile
grave.
L’accoglienza programmata
Per accoglienze programmata si intende la residenzialità organizzata per brevi periodi
e persegue il fine di dare un sostegno alle famiglie e di consentire alla persona con
grave disabilità di effettuare un’esperienza di vita comunitaria anche in vista di un
futuro, ponendo l’attenzione al “durante noi” e le basi per un maggiore rapporto col
mondo esterno.
In relazione agli interventi di accoglienza summenzionati, va rilevato che gran parte
delle strutture residenziali presenti sul territorio dell’Azienda ULSS n. 20 sono state
disponibili a riservare alcuni posti sia per le pronte accoglienze che per le accoglienze
programmate con esito soddisfacente.
60
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 2
CAPITOLO 2 – IL SISTEMA DELLA RESIDENZIALITÀ
Nel rispetto dei princìpi definiti dalla legge n. 328/2000, le politiche sociali regionali,
per quanto attiene il sistema della residenzialità, si sono poste l’obiettivo di privilegiare
percorsi di mantenimento delle autonomie personali e il conseguente superamento dei
processi di istituzionalizzazione consentendo l’affermazione di un nuovo modello di
residenzialità.
La nascita di strutture residenziali come le Comunità Alloggio e le Case Famiglia hanno
favorito la costruzione di un sistema integrato di servizio sociale e socio-sanitario nella
rete territoriale che ha portato alla definizione della programmazione a livello locale
dei servizi oggi esistenti, destinati all’accoglienza di persone con disabilità per le quali
non risulta più possibile restare presso il proprio domicilio.
Il sistema dei servizi residenziali nel territorio dell’Azienda ULSS n. 20 è articolato
come evidenziato nella mappa di seguito riportata e si compone delle seguenti unità di
offerta:
• Residenza Sanitaria Assistita;
• Comunità Alloggio.
Il sistema della residenzialità è composto anche da Gruppi Appartamento e Case
Famiglia, servizi rivolti all’accoglienza di persone con parziale autonomia. Tali servizi
consentono di assicurare minimi livelli assistenziali e permettono a queste persone di
continuare a vivere nel proprio contesto sociale di riferimento.
A completamento delle unità di offerta e nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza,
la Regione Veneto ha previsto una tipologia di struttura definita “Comunità
Residenziale”, con livelli di media intensità, prevedendone al massimo una per
provincia.
STRUTTURE RESIDENZIALI
3
4
1
2
61
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 2
III.2.1 Il sistema dei servizi residenziali e le unità di offerta
In sede locale, la programmazione avviata in attuazione della DGR n. 751/2000 ha
trovato un suo aggiornamento, rispetto al bisogno e alla capacità di offerta territoriale,
in sede di Esecutivo della Conferenza dei Sindaci il 15 maggio 2003.
Successivamente, la Regione Veneto con DGR n. 4266/2005 e successivo Decreto
dirigenziale n. 69/2006 ha determinato per ciascuna Azienda ULSS n. 20 il fabbisogno
complessivo dei posti di residenzialità accreditabile e delle quote di rilievo sanitario
effettivamente erogabili in sede locale.
Tutto questo porta il territorio a beneficiare di n. 223 posti.
Quanto al riconoscimento delle impegnative utilizzabili si ha la seguente situazione:
POSTI RESIDENZIALI
ACCREDITATI PER DISABILI
STRUTTURA
“La Rocca” AIAS - Fondazione Barbieri (Verona)
16
Casa Nazareth (Verona)
15
Casa Nostra (Cologna Veneta)
9
Casa Tizian (S. Bonifacio)
10
CERRIS (Verona)
66
Corte Scolette (Monteforte d’Alpone)
21
Fondazione Autismo Insieme – La Primula
(Verona)
10
Fond. Pia Opera Ciccarelli (S. Giovanni Lupatoto)
30
Piccola Fraternità Lessinia (Corbiolo)
10
Piccola Fraternità (Verona) – n.2 c. alloggio
14
Piccolo Rifugio (Verona)
15
Totale
n. 216 (su fabbisogno n. 223)
Dalla programmazione iniziale ad oggi alcune strutture non sono state realizzate
ancorchè inserite nella previsione della DGR n. 751/2000 e precisamente:
POSTI RESIDENZIALI
PER DISABILI
STRUTTURA
Comunità Alloggio Casa Nostra*
(Cologna Veneta)
Istituto Don Calabria (Verona)
+
8
Coop. Luce e Lavoro (Verona)
+
Totale
+ 30
+ 14
8
* La Comunità Alloggio Casa Nostra ha riconvertito la propria struttura come previsto dalla L.R. n. 22/2002.
62
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 2
Il fenomeno della disabilità ha visto un significativo incremento sul territorio che ha
portato di fatto ad impegnare anche fuori dai parametri regionali la struttura RSA di
Marzana, dove sono accolti ed assistiti n. 50 ospiti disabili. Qui si sta intervenendo in
assenza di impegnative specifiche.
Di seguito si riporta l’elenco delle strutture accreditate, articolate per distretto.
Distretto n.1
STRUTTURA
POSTI RESIDENZIALI PER DISABILI
Cerris (Verona)
66
Piccolo Rifugio (Verona)
15
Casa Nazareth (Verona)
15
Piccola Fraternità (Verona)
14
La Primula (Verona)*
10
TOTALE
120
*posti non attivi
Distretto n. 2
STRUTTURA
Pia Opera Ciccarelli (S. Giovanni Lupatoto)
TOTALE
POSTI RESIDENZIALI PER DISABILI
30
30
Distretto n. 3
STRUTTURA
“La Rocca” AIAS - Fondazione Barbieri
(Verona)
Piccola Fraternità Lessinia*
(Bosco Chiesanuova)
TOTALE
POSTI RESIDENZIALI PER DISABILI
16
10
26
*posti non attivi
Si evidenzia che nel distretto n. 3 è operante la Struttura di Marzana.
Distretto 4
STRUTTURA
Casa Nostra (Cologna Veneta)
POSTI RESIDENZIALI PER DISABILI
9
Corte Scolette (Monteforte d’Alpone)
21
Casa Tizian (S. Bonifacio)
10
TOTALE
40
TOTALE COMPLESSIVO TERRITORIALE
216
63
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 2
Si ricorda che è intervenuta la richiesta, iscritta nel Piano di Zona, ma con scelte
rinviate in sede di attuazione della futura programmazione regionale, per:
• l’implementazione dei posti della Fondazione Barbieri-AIAS di Verona (5 p.l.);
• una nuova RSA disabili della Cooperativa Cercate di Verona (24 p.l.).
E’ in corso di perfezionamento l’iter avviato, già previsto nel Piano di Zona 2003-2005,
diretto a ricondurre nell’ambito dell’attività delegata l’inserimento residenziale delle
persone disabili adulte, che troverà la sua definizione in sede di nuovo Piano di Zona.
Ulteriori considerazioni sulla situazione oggi esistente, come sopra esposta, potranno
essere affrontate nell’imminente pianificazione zonale, rispetto al rapporto tra
fabbisogno e impegnative riconosciute; alla presenza dei servizi e alla loro
funzionalità, anche rispetto alla dislocazione territoriale; alle strutture iscritte in
programmazione e non ancora realizzate; alla situazione specifica di Marzana; ecc.
In particolare, la Regione Veneto ha avviato un procedimento di aggiornamento del
parametro di fabbisogno annuo di residenzialità territoriale elevandolo dallo 0,5 per
mille abitanti al 0,7 per mille calcolato con riferimento alla popolazione residente al 31
dicembre dell’anno precedente.
Tale previsione è importante in quanto maggiormente rispondente alle necessità
stimate nel territorio che verrebbe a beneficiare di un significativo incremento di posti
accreditabili.
64
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 2
III.2.2 Le modalità di accesso alle strutture residenziali e l’impegnativa di residenzialità
L’accesso ai servizi residenziali avviene a seguito della valutazione effettuata dalla
UVMD del Distretto di residenza della persona con disabilità, mediante l’emissione di
impegnativa.
L’impegnativa di residenzialità è il titolo rilasciato dalle Aziende ULSS al cittadino
residente per l’accesso alle prestazioni rese nei servizi residenziali della Regione
Veneto, accreditati ai sensi della L.R. n. 22/2002 e, nelle more della sua attuazione,
oggi convenzionati secondo la normativa vigente.
L’impegnativa di residenzialità non può essere utilizzata in servizi residenziali non
convenzionati secondo la normativa vigente o sprovvisti di accreditamento sempre ai
sensi della L.R. n. 22/2002.
L’assegnazione delle impegnative di residenzialità alle Aziende ULSS avviene con
apposito provvedimento della Giunta regionale nel rispetto delle disponibilità di
bilancio. Le Aziende ULSS emettono le impegnative di residenzialità nel limite massimo
delle impegnative annuo equivalente assegnato dalla programmazione regionale.
Il titolare dell’impegnativa è la persona con disabilità.
L’entità del contributo di rilievo sanitario relativo alle impegnative di residenzialità per
l’accesso ai servizi di primo e secondo livello viene definito annualmente con apposito
provvedimento della Giunta Regionale.
Il valore dell’impegnativa si attiva a favore del servizio residenziale prescelto dalla
data effettiva di accoglienza.
L’assegnazione delle impegnative di residenzialità alle Aziende ULSS avviene con
apposito provvedimento della Giunta regionale nel rispetto delle disponibilità di
bilancio.
65
66
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
CAPITOLO 3 – L’ARTICOLAZIONE TERRITORIALE
III.3.1 L’approccio all’ambito distrettuale
L’esigenza di offrire risposte personalizzate al bisogno del cittadino richiede un’analisi
territoriale approfondita delle risorse presenti che viene assunta all’interno del
processo di pianificazione come valore, perché espressione dell’incontro tra domanda e
offerta.
L’attenzione all’ambito distrettuale, nella logica della pianificazione globale, consente
di individuare strategie specifiche che rispettino le peculiarità del territorio.
Il distretto può quindi diventare, in prospettiva, luogo di co-progettazione condivisa ed
innovativa, nell’ottica di una partecipazione allargata di tutti i soggetti pubblici e
privati che, a vario titolo, si occupano di servizi alla persona.
67
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
La mappa dei Distretti socio-sanitari
Il territorio dell’Azienda ULSS n. 20 si articola in quattro distretti, territorialmente
disomogenei e diversamente caratterizzati sia sotto l’aspetto morfologico, sia
demografico che come numero di Amministrazioni locali presenti.
Il capitolo in oggetto è pertanto dedicato all’esplicazione delle caratteristiche proprie di
ciascun Distretto. Per quanto attiene alla distribuzione dell’utenza che accede ai servizi
di sostegno alla domiciliarità si rinvia a quanto riportato alla tabella del capitolo 1.
68
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
AZIENDA ULSS N. 20 DI VERONA
abitanti al 31.12.2005: 449.590
DISTRETTO N. 1
VERONA
1a Circoscrizione:
Città Antica
Cittadella
San Zeno
Veronetta
2a Circoscrizione:
Borgo Trento
Valdonega
Ponte Crencano
Avesa
Parona
Quinzano
3a Circoscrizione:
Borgo Milano
Borgo Nuovo
Chievo
Quartiere Navigatori
Porta Nuova
San Procolo
Spianà
Stadio
San Massimo
Bassona
Croce Bianca
La Sorte
DISTRETTO N. 2
DISTRETTO N. 3
VERONA
4a Circoscrizione:
Santa Lucia
Golosine
5a Circoscrizione:
Borgo Roma
Cadidavid
VERONA
6a Circoscrizione:
Borgo Venezia
DISTRETTO N. 4
ALBAREDO
D’ADIGE
ARCOLE
7a Circoscrizione:
Porto San Pancrazio
San Michele Extra
BADIA CALAVENA
8a Circoscrizione:
Quinto
Santa Maria in Stelle
Mizzole
Montorio
CALDIERO
BELFIORE
CAZZANO DI
TRAMIGNA
COLOGNA VENETA
COLOGNOLA AI
COLLI
BUTTAPIETRA
BOSCO
CHIESANUOVA
CASTEL
D’AZZANO
ILLASI
LAVAGNO
CERRO VERONESE
S. GIOVANNI
LUPATOTO
ERBEZZO
GREZZANA
ROVERE’
VERONESE
S. MARTINO BUON
ALBERGO
MEZZANE DI
SOTTO
MONTECCHIA DI
CROSARA
MONTEFORTE
D’ALPONE
PRESSANA
RONCÀ
ROVEREDO DI GUÀ
S. BONIFACIO
S. GIOVANNI
ILARIONE
S. MAURO DI
SALINE
SOAVE
SELVA DI PROGNO
TREGNAGO
VELO VERONESE
VERONELLA
VESTENANUOVA
ZIMELLA
Abitanti
126.342
Abitanti
102.671
Abitanti
102.841
69
Abitanti
117.736
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
III.3.2 Il Distretto n. 1
Il Distretto socio-sanitario n. 1 comprende un’area territoriale interamente collocata
nel tessuto urbano del Comune di Verona.
Si riscontra un’elevata presenza di nuclei familiari con persone anziane e genitori
anziani che hanno figli disabili adulti. In considerazione dell’aumento della speranza di
vita, emerge l’esigenza di garantire mirati interventi di sostegno e particolare rilievo
assume la problematica relativa al “dopo di noi” nelle fasi di preparazione ed
accompagnamento della persona disabile ad elaborare ed affrontare la nuova
situazione di vita in assenza del supporto genitoriale.
Gli interventi dell’Area Handicap attivati nel territorio del Distretto n. 1 per l’anno 2005
sono stati complessivamente 599.
Nelle seguenti tabelle vengono specificati per ciascun tipo di prestazione ed
evidenziate le ore complessive annue impegnate nell’animazione estiva (Centri Estivi
Ricreativi – CER e Gruppi Estivi Parrocchiali - GREST), nell’assistenza scolastica e
nell’assistenza domiciliare programmata.
Numero fruitori servizi disabilità distretto 1
84
162
96
SIL
73
SADSR
CER/GREST
39
79
SCUOLA
71
SOGG
157
CEOD
Ore di assistenza disabili distretto1
ore animazione estiva
3272
ore assistenza scolastica programmata
anno scolastico
27000
ore assistenza domiciliare programmata
annua
29086
70
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
La metodologia intrapresa all’interno del Piano Locale della Disabilità ha previsto
l’attuazione di due incontri dei tavoli di lavoro ai quali hanno partecipato
collegialmente i membri del Comitato dei Sindaci di Distretto, il Direttore del Distretto
socio-sanitario, il Responsabile dell’Area Handicap e le due assistenti sociali
dell’Azienda che seguono, all’interno del servizio e per l’ambito territoriale di
riferimento, le problematiche sociali relative alle persone disabili adulte, le
Responsabili dei Centri Sociali Territoriali del Comune di Verona per le Circoscrizioni n.
1, n. 2 e n. 3 e la referente territoriale dell’Ufficio del Piano di Zona.
Nel corso degli incontri hanno portato il loro contributo anche i Rappresentanti delle
Associazioni di volontariato per le tre Circoscrizioni.
I partecipanti ai tavoli, che hanno seguito in questi anni il lavoro svolto dalla Consulta
Comunale delle Associazioni di Handicap del Comune di Verona, hanno sottolineato
l’apporto culturale significativo elaborato dalla Consulta e di basilare importanza in
termini di partecipazione e coprogettazione dei servizi relativi alla disabilità.
L’utilizzo della scheda di rilevazione predisposta per il PLDisabilità, relativa alle
iniziative messe in atto da parte delle Circoscrizioni, ha consentito di rilevare come, in
via prioritaria, l’impegno comune sia indirizzato all’abbattimento delle barriere
architettoniche nelle vie cittadine e nei parchi giochi di competenza delle Circoscrizioni
con risultati apprezzabili.
Particolare attenzione è stata dedicata alla necessità di realizzare interventi finalizzati
allo sviluppo di maggiori opportunità lavorative.
La Circoscrizione n. 1:
• ha collaborato inoltre alla compilazione di una pubblicazione, redatta con il
supporto tecnico di numerose Associazioni, per consentire la visita alla città da
parte di turisti e cittadini disabili con l’indicazione di percorsi e visite a
monumenti dove non siano presenti barriere. La ricognizione delle vie centrali è
stata preventivamente effettuata e condivisa da chi si sposta quotidianamente
con l’uso della carrozzina con garanzia di un’effettiva rispondenza all’obiettivo
di rendere maggiormente fruibile la città;
• sostiene progetti di integrazione scolastica di alunni disabili della scuola
primaria attraverso contributi di natura economica;
• promuove la Festa dell’Auto Mutuo Aiuto (2005-2006) con la partecipazione del
gruppo teatrale composto da disabili ed operatori del Self help di San Giacomo.
La Circoscrizione n. 2:
• sostiene progetti di integrazione scolastica di alunni disabili della scuola
primaria attraverso contributi di natura economica;
• sostiene la Festa dello Sport attivata per favorire l’integrazione tramite le
attività sportive delle persone con disabilità;
• ha sostenuto il progetto “Diversamente in scena” attivato dall’A.I.D.A. –
Associazione Italiana Diffusione Artistica;
• sostiene un progetto di formazione di operatori attivato da una Cooperativa
presente sul territorio nella gestione dei Ceod.
Nell’ambito del sistema della domiciliarità sono presenti in questo distretto numerosi
servizi diurni. I CEOD, a gestione convenzionata, sono il Don Pedrollo dell’Istituto Don
Calabria, l’Officina dell’AIAS, la Cooperativa Faliero, la Cooperativa San Pietro, la
Primavera della Cooperativa Cercate, la Cooperativa Luce e Lavoro, il Centro socioriabilitativo ed educativo Gresner, la Piccola Fraternità di San Zenetto, il Centro
Formazione Professionale degli Stimmatini, il Centro Formazione Professionale presso
l’Istituto Don Calabria.
71
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
Ai Centri diurni si affianca un’ampia rete di interventi domiciliari, un considerevole
sviluppo di progetti di vita indipendente e di aiuto personale ed una significativa
progettualità delle Associazioni di volontariato di seguito elencate.
Terzo Settore nel territorio del Distretto 1
Volontariato
Coop. Faliero, Coop. S. Pietro, Coop. Cercate, Coop. Luce e
Lavoro
La Piccola Fraternità di S. Zenetto, l’A.I.A.S., l’Associazione
Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, l’A.I.T.S.M., il
C.S.I., il C.A.R.S, Amici degli Spastici
Centro Formazione Professionale Don Calabria, Centro
Formazione Professionale Stimmatini, Istituto Gresner
Gruppo Insieme di S. Massimo, F.E.V.O.S.S.
Fondazione / Opera
Opera Don Calabria
Cooperative
Associazioni
Scuola
Attualmente nel territorio sono presenti tre strutture residenziali convenzionate: la
Casa Nazareth, il Piccolo Rifugio, la Piccola Fraternità ed una struttura a gestione
diretta, il CERRIS che costituisce punto di riferimento per l’intero territorio dell’Azienda
ULSS.
Nel corso del tavolo di lavoro, è iniziato un percorso di confronto tra le realtà delle
Circoscrizioni ed i servizi che pone le basi per una maggior condivisione territoriale
delle tematiche relative all’Area Handicap. Tale dialogo può consentire un efficace
raccordo nella programmazione delle iniziative effettuate dalle Circoscrizioni che può
permettere una risposta più articolata e rispondente ai bisogni espressi dalla
popolazione residente nel Distretto n. 1.
Per il Distretto n. 1, nel Piano di Zona 2003-2005, sono stati evidenziati alcuni obiettivi
specifici per l’Area Disabilità ma si possono individuare anche nelle Aree trasversali
“integrazione” e “centralità della persona” degli obiettivi riconducibili al tema.
Obiettivi Piano di Zona 2003-2005
Disabili
Integrazione
Centralità
della persona
Risolvere il problema relativo alla presa in carico degli adulti in attesa di riconoscimento di
stato di handicap (legge n. 104/1992) o con patologia non riconducibile all’handicap e
prevede adeguati interventi nell’ottica della presa in carico globale della persona
Costruire un approccio condiviso tra servizi per le situazioni multi-problematiche
Migliorare l’integrazione tra servizi specialistici e servizi socio-sanitari di base
Utilizzare la UVMD organizzata dal Distretto per i casi multiproblematici
Presa in carico globale della persona
Nel lavoro svolto dal tavolo è emersa la necessità di sviluppare, in presenza di casi
multiproblematici, una maggior collaborazione con il Distretto socio-sanitario e di
implementare l’utilizzo delle UVMD per potenziare e migliorare l’attivazione della rete e
favorire l’integrazione tra servizi con chiarezza di competenze mediante la
predisposizione di progetti individualizzati.
Affrontare la problematica del “dopo di noi” introduce inoltre quale intervento di
protezione sociale la necessità di promuovere, d’intesa tra l’Amministrazione
Comunale, l’Azienda ULSS n. 20 e le realtà del privato sociale, la promozione nel
territorio della figura dell’amministratore di sostegno prevista dalla legge 9 gennaio
2004 n. 6.
E’ stata evidenziata inoltre la necessità per il cittadino di conoscere l’intera rete dei
servizi erogati dall’Azienda ULSS, dal Comune di Verona, dal Terzo Settore e dalla
Provincia per i quali sarebbe opportuna la predisposizione di un’unica Guida ai Servizi.
72
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
In questa direzione, lo sviluppo dello Sportello Integrato dovrebbe procedere di pari
passo ad una effettiva acquisizione da parte dei Servizi preposti di una più efficace
comunicazione ed interazione nonché di una effettiva integrazione degli interventi.
Al fine di permettere ai soggetti con disabilità di rimanere il più a lungo possibile
presso il nucleo familiare di appartenenza, è stata espressa l’esigenza di prolungare
l’orario di permanenza nei Ceod alleggerendo l’impegno dei familiari. Tale opportunità
porta a riconsiderare la scansione del tempo trascorso dalla persona disabile all’interno
del servizio, personalizzando il piano d’intervento con la previsione, ad esempio, di
spazi e tempi deputati al riposo.
Inoltre, quale fattore critico emergente nel territorio, si è rilevata la necessità di
attivare Ceod specifici per gli utenti di età compresa tra i 50 ed i 65 anni che non
abbiano compromesse le funzioni cognitive e siano portatori di gravi patologie
neuromotorie.
E’ emersa poi la necessità di prevedere inserimenti residenziali anche in strutture
intermedie per quelle persone disabili non autonome cui sia venuto definitivamente a
mancare il supporto familiare o questo non sia più sufficiente per garantirne
l’assistenza.
Si riscontra anche la necessità di attivare, in strutture residenziali già presenti nel
territorio, nuclei a maggiore intensità sanitaria per gli stati di coma vigile e per gli stati
vegetativi permanenti.
Elemento di analisi peculiare risulta essere la presenza di alcuni adulti
multiproblematici senza fissa dimora con importanti patologie, privi di riferimenti
familiari e bisognosi di accoglienza presso le strutture residenziali, per le quali si rende
necessaria la valutazione e la richiesta di riconoscimento d’invalidità in base alla legge
n. 104/1992.
Infine si evidenzia la necessità di risolvere il problema relativo alla presa in carico degli
adulti in attesa di riconoscimento di stato di handicap o con patologia non riconducibile
all’handicap stesso e si suggerisce l’opportunità di un accordo istituzionale che,
nell’ottica della presa in carico globale della persona, tenga conto delle aree di
competenza e delle risorse attivabili.
73
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
III.3.3 Il Distretto n. 2
Il Distretto socio-sanitario n. 2 si estende a sud del territorio del Comune di Verona,
corrispondente alle Circoscrizioni n. 4 e n. 5 e comprende i Comuni di S. Giovanni
Lupatoto, Castel D’Azzano e Buttapietra. Risulta importante la presenza dei Servizi
sanitari ospedalieri dell’Ospedale di Borgo Roma.
Si tratta di un territorio caratterizzato da un forte sviluppo negli ultimi decenni che ha
comportato l’urbanizzazione di estesi territori limitrofi alla città.
Nei luoghi di nuovo insediamento si assiste al costante incremento delle richieste di
intervento ai servizi dell’Area Disabilità, dovuti all’aumento dell’età media sia delle
persone disabili che dei loro familiari e alla prevalenza di nuclei familiari ristretti che
hanno al loro interno persone con disabilità.
Analogamente a quanto avviene nel resto del territorio dell’ULSS n. 20, nel Distretto n.
2 sono seguite numerose persone disabili con varie progettualità, volte ad
incrementare la permanenza presso il proprio domicilio attraverso lo sviluppo
dell’autonomia personale ed in particolare mediante gli interventi nel campo della vita
indipendente, dell’aiuto personale e dell’assistenza domiciliare.
Gli interventi dell’Area Disabilità attivati nel territorio del Distretto n. 2 per l’anno 2005
sono stati complessivamente 548.
Nelle seguenti tabelle vengono specificati gli interventi per ciascun tipo di prestazione
ed evidenziate le ore complessive annue impegnate nell’animazione estiva (Centri
Estivi Ricreativi – CER e Gruppi Estivi Parrocchiali - GREST), nell’assistenza scolastica
e nella assistenza domiciliare programmate.
Numero fruitori servizi disabilità distretto 2
162
40
133
SIL
71
SADSR
47
CER/GREST
101
SCUOLA
SOGG
35
121
CEOD
74
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
Ore di assistenza disabili distretto 2
ore animazione estiva
5516
ore assistenza
scolastica programmata
anno scolastico
35160
ore assistenza
domiciliare programmata
annua
26595
In linea con la metodologia approvata dalla Conferenza dei Sindaci per la costruzione
del Piano della Disabilità, si è tenuta una riunione del Comitato dei Sindaci del
Distretto n. 2, allargato al personale tecnico dei Servizi sociali con la presenza del
responsabile dell’Area Handicap e con le assistenti sociali dell’Area stessa oltre al
Direttore del Distretto socio-sanitario e alla referente territoriale dell’Ufficio del Piano
di Zona.
Nella seduta iniziale è stata proposta una scheda da utilizzare come strumento per
individuare le risorse del territorio, i nodi problematici emergenti, i bisogni prioritari.
Gli operatori degli Enti territoriali si sono attivati anche nei confronti di alcune delle
Associazioni più significative del Terzo Settore. Il referente territoriale dell’Ufficio di
Piano ha raccolto le informazioni e, con il contributo degli operatori del Servizio
Disabilità Adulta, ha delineato il quadro di seguito illustrato.
Dal punto di vista delle scelte territoriali, l’attenzione è stata orientata allo sviluppo di
una sempre migliore qualità della vita della popolazione, finalizzata a preservare le
risorse personali, culturali e di aiuto reciproco presenti nel territorio, nonché a
sviluppare la collaborazione sinergica fra le risorse del pubblico e del privato sociale.
Tra le iniziative sono significative alcune progettualità specifiche dei Comuni e delle
Circoscrizioni nonchè le attività di numerose Associazioni di cui si presenta un sintetico
riepilogo.
Il Comune di S. Giovanni Lupatoto ha attivato un progetto nell’anno 2005 denominato
“Diversa abilità. Qualità dei Servizi tra esigenze di bilancio e necessità sociali. Welfare
oltre il 2004. Realtà – esigenze – prospettive”.
Le finalità principali riguardano lo scambio di comunicazioni che favoriscano
l’autodeterminazione, l’autonomia e la responsabilità della Comunità; portare la
Comunità stessa a trovare da sé soluzioni adeguate a rendere capaci gli altri di agire
per costruire apprendimenti e creare le premesse per il cambiamento; costruire un
gruppo di lavoro formato da rappresentanti degli Enti pubblici, del Privato Sociale delle
famiglie e del territorio. Sono attivi, al momento, due gruppi di lavoro, uno incentrato
sul tema del “dopo di noi” e uno relativo all’integrazione sociale nell’età evolutiva.
Il Servizio Sociale Disabili Adulti dell’Azienda ULSS n. 20, in collaborazione con
l’assistente sociale del Comune, ha avviato un gruppo di Auto Mutuo Aiuto per i
genitori con figli disabili residenti nel territorio del Distretto n. 2. Il gruppo si incontra
mensilmente sia per trovare e riscoprire all’interno della famiglia le risorse per
affrontare il proprio problema sia per recuperare solidarietà spontanee.
75
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
E’ attivo un servizio di trasporto delle persone disabili non in età dell’obbligo
scolastico, attraverso delle convenzioni con il volontariato.
Il Comune di Castel D’Azzano attiva progetti complementari all’Area Handicap riguardo
la vita indipendente e l’inserimento lavorativo all’interno della struttura del Comune;
inoltre sostiene interventi educativi a domicilio o nei Centri educativi comunali per
minori certificati o certificabili con situazioni di svantaggio, nell’ottica complessiva della
prevenzione e dell’integrazione sociale. Offre infine uno sportello di consulenza psicosociale per famiglie in situazione di disagio.
Il Comune di Buttapietra esprime l’intenzione di attivare un osservatorio per la
rilevazione dei bisogni e la conseguente definizione di progetti di intervento.
Significativo è anche l’impegno di tutte le Amministrazioni locali rispetto
all’eliminazione delle barriere architettoniche (ad esempio la Circoscrizione n. 4 ha
attivato nel 2005 n. 85 interventi con un impegno di spesa mediamente di € 700,00,
oltre ad alcuni adeguamenti effettuati nelle scuole).
Si evidenzia la presenza sul territorio di una capillare rete di servizi diurni, pubblici e
privati. Tra questi, i Centri Diurni di: S. Elisabetta, gestito dalla Associazione della
Piccola Fraternità “Camminiamo Insieme” costituita da familiari dei ragazzi disabili, e
le Piccole Fraternità di Ca’ di David e la Parrocchia di “Cristo lavoratore”. Sono attivi
inoltre diversi CEOD, sia a gestione diretta come “La Quercia” di Borgo Roma, “Il
Tesoro” di S. Giovanni Lupatoto a gestione convenzionata come “Ca’ Vignal” di Borgo
Roma, la “Casa laboriosa” di Ca di David, “La Ginestra” con attività di carattere
occupazionale ed educative finalizzate all’autonomia delle persone disabili lievi.
E’ presente un’unica struttura residenziale: la residenza sanitaria assistita gestita dalla
Fondazione Pia Opera Ciccarelli che è un punto di riferimento anche per l’ambito extradistrettuale.
Nel Distretto n. 2 operano inoltre, le seguenti realtà del privato sociale, che svolgono
tra le altre, attività che vanno dal supporto, promozione e diffusione dell’integrazione
sociale di adulti disabili, alle attività ricreative pomeridiane e festive di utilizzo del
tempo libero, ai laboratori di psicomotricità, e alle ludoteche con attenzione
all’integrazione dei bambini disabili all’interno degli ordinari contesti di vita.
Terzo Settore nel territorio del Distretto 2
Cooperative
Coop. Cercate, Coop. La Ginestra
Associazioni
Volontariato
“La Strada” di Ca’ di David, “Camminiamo insieme”, Piccola
Fraternità di Ca’ Vignal e di “Cristo Lavoratore”, Amici del
Tesoro, Crescere Insieme, Associazione Libertas Lupatotina,
Movimento Handicap, C.O.C.I.A. Anteas Veneto
Gruppo Promozione Educativa, F.E.V.O.S.S
Fondazione / Opera
Pia Opera Ciccarelli
Emerge in linea di massima la positiva presenza di Associazioni e famiglie disponibili
allo scambio di comunicazioni e progettualità che hanno desiderio di offrire energie e
tempo libero.
Inoltre si evidenzia la disponibilità da parte di tutti gli Enti ed i soggetti operanti
nell’area della disabilità a mettersi in rete per una fattiva collaborazione nel rispetto
delle rispettive competenze.
76
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
Anche il privato profit, in alcuni territori, mostra disponibilità ad attivarsi, ad esempio
rendendosi disponibile ad assunzioni di persone disabili, dimostrando così una
particolare sensibilità per la disabilità.
Per il Distretto n. 2, nel Piano di Zona 2003-2005, sono stati evidenziati alcuni obiettivi
specifici per l’Area Disabilità ma si possono individuare anche nelle Aree trasversali
“integrazione”, “centralità della persona” e “domiciliarità” degli obiettivi riconducibili al
tema.
Obiettivi Piano di Zona 2003-2005
Disabili
Sostegno alle famiglie disabili con particolare riguardo ai progetti di vita indipendente, allo
sviluppo della rete territoriale dei servizi di sollievo e del “dopo di noi”
Integrazione
Promuovere e potenziare il confronto interistituzionale come metodologia di lavoro costante
a livello distrettuale
Integrazione tra i servizi territoriali e sovraterritoriali
Potenziamento dei servizi territoriali con particolare riguardo per quelli distrettuali
Centralità
della persona
Per quanto riguarda la rilevazione dei “nodi critici” emergono dal territorio
sostanzialmente due diverse esigenze di “rete”:
• in alcune situazioni, quali ad esempio quelle della zona urbana di Verona, la
presa in carico della persona disabile appare ancora in termini di
parcellizzazione del singolo problema e/o del singolo percorso, senza una
visione d’insieme e una reale presa in carico globale della famiglia;
• in altre realtà in cui si sono attivate esperienze di collaborazione tra Servizi e si
è sviluppato il dialogo tra Enti pubblici, privato sociale e volontariato, è più
pressante l’esigenza di concretizzare e coordinare i vari interventi sul territorio.
Si ritiene inoltre che dovrebbero essere sviluppate e governate maggiormente le
progettualità di “buon vicinato” che si aggiungono agli interventi istituzionali (quali i
CEOD, la scuola, il lavoro) e che arricchiscono i progetti di sostegno alle famiglie sul
piano umano.
Un altro nodo critico rilevato riguarda l’esigenza di differenziare e rendere più fluide le
risposte residenziali a livello territoriale. Si sente, da un lato, il bisogno di risposte
adeguate per il collocamento dei casi gravi e gravissimi, dall’altro si auspica l’apertura
di Case Famiglie o Gruppi Appartamento che rispondano alle necessità dei casi lievi.
Infine mentre sono presenti interventi specifici per i bambini e per gli adulti, appare
necessario attivare un’adeguata risposta anche per la fascia dell’adolescenza.
Per sintetizzare quanto emerso dal territorio, si possono evidenziare le priorità verso
cui sembra essere orientata attualmente la politica distrettuale, in continuità con
quanto individuato nel Piano di Zona 2003-2005, nell’intento di implementare e
migliorare le azioni già in atto.
Una delle priorità più sentite riguarda tutt’ora il “dopo di noi”, problematica rispetto
alla quale emerge l’esigenza di realizzare una Casa Famiglia e di implementare
l’accoglienza residenziale per i disabili gravi in riferimento alla dotazione dei posti letto
disponibili. Questo per permettere di affrontare eventuali situazioni di emergenza, ma
anche e soprattutto di rispondere al bisogno di sollievo delle famiglie.
A sostegno della domiciliarità acquisisce importanza fondamentale, ove necessario,
potenziare l’assistenza domiciliare e sviluppare la solidarietà nel contesto di vita.
77
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
Si pone l’accento, inoltre, sul bisogno di integrazione sociale della persona disabile. In
quest’ambito sono da sostenere in particolare sia i progetti lavorativi sia le
progettualità rivolte all’uso positivo del tempo libero per gli adulti e per i ragazzi.
Ulteriore priorità riguarda l’esigenza di supportare e sviluppare quanto più possibile
l’autonomia personale del disabile adulto rispetto alla quale assume un peso rilevante
lo sviluppo di adeguati servizi di trasporto.
E’ pertanto prioritario lavorare allo sviluppo di reti tra i Servizi e tra questi e il
territorio, eventualmente differenziando gli obiettivi a seconda dei diversi livelli di
integrazione raggiunti.
78
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
III.3.4 Il Distretto n. 3
Il Distretto socio-sanitario n. 3 si sviluppa ad est del capoluogo veronese, con i
quartieri di Borgo Venezia, Porto San Pancrazio, San Michele e il Comune di San
Martino Buon Albergo; verso nord si articola nel territorio della Circoscrizione n. 8 e
nei Comuni di Grezzana e di Cerro Veronese fino ad arrivare alla Lessinia, con i
Comuni montani di Roverè Veronese, Boscochiesanuova ed Erbezzo.
Il Distretto presenta una notevole differenza dovuta alla contemporanea presenza di
popolosi quartieri della cintura urbana e di una molteplicità di insediamenti sparsi che
arrivano fino al territorio di alcuni Comuni della fascia pedemontana e montana. Si
tratta dunque di un territorio composito sia dal punto di vista morfologico (pianura a
sud e territorio montano a nord), sia demografico che racchiude sia i tipici problemi
organizzativi e gestionali dei nuclei a forte densità abitativa, sia quelli che scaturiscono
da una segmentazione della popolazione in numerosi centri, peraltro dispersi in
agglomerati di modeste dimensioni demografiche.
Il numero degli interventi dell’Area Disabilità attivati nel territorio del Distretto n. 3 per
l’anno 2005 sono stati complessivamente 454.
Nelle seguenti tabelle vengono specificati gli interventi per ciascun tipo di prestazione
ed evidenziate le ore complessive annue impegnate nell’animazione estiva (Centri
Estivi Ricreativi - CER e Gruppi Estivi Parrocchiali - GREST), nell’assistenza scolastica e
nella assistenza domiciliare programmate.
Numero fruitori servizi disabilità distretto 3
30
162
80
SIL
55
SADSR
42
CER/GREST
78
SCUOLA
42
SOGG
127
CEOD
Ore di assistenza disabili distretto 3
ore animazione estiva
2385
ore assistenza
scolastica programmata
anno scolastico
24840
ore assistenza
domiciliare
programmata annua
25131
79
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
Il Distretto n. 3, nel percorso di elaborazione del Piano Locale della Disabilità, nella
linea della metodologia adottata, ha previsto due convocazioni del Comitato dei
Sindaci e dei Presidenti di Circoscrizione, allargato ai tecnici del territorio per
l’adeguato supporto professionale, con la presenza del Responsabile dell’Area
Handicap dell’Azienda ULSS n. 20, accompagnato dall’assistente sociale, dal Direttore
dei Servizi Sociali e dal Direttore del Distretto socio-sanitario oltre alla referente
territoriale dell’Ufficio di Piano. In tali incontri è avvenuto il confronto sul materiale di
lavoro presentato dall’ULSS n. 20 e sulle schede di rilevazione compilate.
Per quel che concerne la rilevazione effettuata sul territorio, sono state indicate una
serie di attività, poste in essere dalle Amministrazioni locali e Circoscrizionali che pur
essendo di varia tipologia, risultano significative nell’ambito della disabilità come:
• la collaborazione con i CEOD per le attività sul territorio, il trasporto dei disabili,
le azioni di sensibilizzazione dei cittadini, il pagamento delle rette di ospitalità
in strutture residenziali, le collaborazioni con il SIL per l'inserimento lavorativo
di persone svantaggiate (es. Scuola Materna e Biblioteca Comunale di
Stallavena),
soggiorni
estivi
che
accolgono
anziani
disabili
con
accompagnatore;
• la collaborazione con il Self Help per l'aggiornamento delle bacheche
circoscrizionali e la divulgazione di materiale informativo;
• le feste e le attività di aggregazione con i residenti quale la Festa annuale del
Circolo Noi di S. Pio X con tutte le Associazioni dei disabili del territorio (in
collaborazione con "CARS" Associazione per i disabili gravi).
Sono inoltre segnalati alcuni progetti, in particolare il "Progetto Lavoro", in
collaborazione con la Cooperativa Insieme per la costruzione di una rete di solidarietà
per l'inserimento di persone svantaggiate e il “Progetto Tempo Libero Amico" in
collaborazione tra il Comune di Grezzana e la Piccola Fraternità di Valpantena.
Nel territorio sono presenti tra i diversi servizi diurni, i CEOD: “Il Glicine” di S. Martino
Buon Albergo, “Il Sentiero” e “Il Caleidoscopio” di Borgo Venezia, “Noi Insieme” di
Quinto e il Ceod “Piccola Fraternità Lessinia” di Corbiolo.
Tra i servizi della residenzialità si segnala l’RSA di Marzana, struttura che ospita circa
150 persone, il 50% delle quali è rappresentata da ospiti dell’ex Ospedale psichiatrico
mentre il restante 50% è costituito da una utenza che, per la presenza di patologie
diverse e a causa delle loro manifestazioni, non trova accoglienza in strutture
specificatamente dedicate alla disabilità.
Sul territorio trovano collocazione anche: la Comunità Alloggio “La Rocca” dell’AIAS a
S. Michele e la Piccola Fraternità di Via Fincato a Verona.
In particolare, si segnala per la sua singolarità, la Scuola Prelavoro “Angelo Sartori”,
che opera grazie alle sinergie di diversi Enti. Tale struttura accoglie cittadini disabili,
adulti e in età adolescenziale, nella fase di pre-inserimento lavorativo, quando
sussistono esigenze di carattere educativo/formativo.
Inoltre la Scuola Prelavoro partecipa al progetto “Iride” con una postazione informatica
appositamente strutturata per rispondere alle esigenze formative dei ciechi
pluriminorati.
Anche nell’ambito della disabilità il Terzo Settore rappresenta una risorsa irrinunciabile
nella pianificazione e programmazione della rete dei servizi, oltre a rappresentare una
forza preponderante per quanto riguarda l’area della socializzazione.
80
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
Da quanto emerso dalla rilevazione effettuata, si è sintetizzata la seguente tabella, che
non esaurisce senz’altro le realtà esistenti sul territorio che agiscono nell’area della
disabilità, ma indica quelle che in modo più rilevante interagiscono con le Istituzioni
locali.
Terzo Settore nel territorio del Distretto 3
Cooperative
Cooperativa “Insieme”
Associazioni
Volontariato
C.A.R.S. Associazione disabili per il tempo libero, "Piccola
Fraternità" di Corbiolo nel Comune di Boscochiesanuova, AIAS
– Comunità alloggio, C.S.I. Centro Sportivo Italiano, Piccola
Fraternità Valpantena Onlus
F.E.V.O.S.S.
Scuola
Scuola Prelavoro “Angelo Sartori”
Nel Piano di Zona 2003-2005 il Distretto n. 3 aveva indicato alcuni obiettivi specifici
dell’Area Disabilità ed obiettivi generali nelle Aree trasversali “integrazione”, “centralità
della persona” e “domiciliarità”.
Obiettivi Piano di Zona 2003-2005
Promuovere la collaborazione tra Azienda ULSS, Comuni e no-profit nell’ambito
dell’handicap
Predisporre un protocollo d’intesa sulla presa in carico per gli utenti under 65 anni
Portare avanti le attività del Tavolo Tecnico sulla delega del trasporto disabili
Garantire l’accesso degli utenti al Servizio Domiciliare Disabili
Promuovere progetti in collaborazione con il SIL, la Provincia e il no-profit che
prevedano un’effettiva attuazione della legislazione vigente rispetto all’inserimento
lavorativo dei disabili
Integrazione tra Favorire la partecipazione del no-profit nella pianificazione e nella gestione dei servizi
servizi e Terzo
futuri ed esistenti
Settore
Promuovere la formazione e l’informazione per reperire altri volontari e
pubblicizzazione del servizio civile
Garantire il funzionamento della struttura “Piccola Fraternità Lessinia” anche attraverso
la completa integrazione con i servizi dei territori limitrofi
Centralità della
Presa in carico globale degli utenti finalizzata alla realizzazione di un progetto
persona
individuale, che attinga da servizi alla persona (esistenti e da realizzare) e non da
risorse frammentarie ed incerte
Domiciliarità
Favorire la formazione di risorse umane direttamente sui propri territori, attivando
corsi per operatori
Disabili
Nel corso del triennio alcuni degli obiettivi individuati hanno visto la realizzazione di
buona parte del percorso intrapreso per giungere alla loro realizzazione. Tali percorsi
troveranno un eventuale ulteriore impulso nell’ambito del futuro Piano di Zona.
Di seguito si sintetizzano i bisogni indicati dalla rilevazione e dal successivo confronto
sui tavoli. In particolare è emersa, da un lato, la necessità di implementare e portare a
compimento alcune azioni (trasporto, integrazione della rete di comunicazione),
dall’altro, la necessità di ampliare, diversificandola, l’offerta dei servizi, anche sulla
base dell’emersione di nuovi bisogni (percorsi diversi all’interno dei Ceod per disabilità
medio-lievi).
Bisogni emergenti del territorio
Necessità di supporto e sollievo alle famiglie anche con soluzioni innovative
Sostegno all’integrazione lavorativa dei disabili (Cooperative di tipo B e inserimenti in Aziende)
Integrare la rete di comunicazione fra Istituzioni e Associazioni
Implementare il servizio di trasporto disabili per agevolare l’accesso ai servizi
Strutture Residenziali per disabilità gravi e medio lievi per il "dopo di noi"
Necessità nei Ceod di specifici percorsi per i disabili con patologia mista e medio lieve
81
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
Migliorare l’accesso e l’integrazione ai servizi
Carenza di informazioni in senso generale e sui servizi e attuazione dello Sportello integrato
Completare l'abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici
Necessità di implementare l'integrazione tra portatori di handicap e territorio
Limitatezza di risorse del territorio e distanza dalle sedi dei servizi
In alcune aree del territorio emerge complessivamente la difficoltà rappresentata dalla
dispersione dei luoghi di vita rispetto alla localizzazione dei servizi, determinata anche
dalla specifica morfologia delle diverse zone.
Il confronto generato all’interno degli incontri realizzati ha evidenziato alcuni aspetti
significativi che vanno dalla riflessione sulle criticità emerse, all’esplorazione di
possibili future evoluzioni della mappa dei bisogni, alla definizione di un’ipotesi di
future co-azioni per superare le difficoltà presenti in alcuni ambiti ancora critici (ad
esempio l’inserimento lavorativo, ecc.).
Il percorso realizzato nel Distretto n. 3 ha condotto all’indicazione delle seguenti
priorità e alla determinazione di riprendere all’interno del futuro Piano di Zona ulteriori
confronti e la definizione di azioni concrete.
Priorità per il futuro
Sostegno alla domiciliarità
Necessità di implementare il sostegno domiciliare ai disabili ed alle loro
famiglie, anche attraverso il miglioramento dell'integrazione tra i servizi
Attività integrative oltre il
Sviluppo delle attività esterne al Centro diurno, servizi di integrazione e di
CEOD / attività
socializzazione con il territorio
socializzazione
Carenza Comunita' Alloggio / Necessità di sviluppare le strutture sul territorio che si occupano di
Appartamenti Protetti
disabili non gravi che non possono più essere seguiti a domicilio
Implementazione del
Implementare il servizio di trasporto per accedere ai servizi e per attività
servizio di trasporto
di socializzazione, senza escludere servizi che si rivolgano a più tipologie
di utenza
Sostegno e sviluppo delle
Necessità di sviluppare la rete dei soggetti del privato sociale. Tale
risorse del territorio,
attività prevede un lavoro di sensibilizazione ai problemi dei disabili e
volontariato, cooperative,
attenzione al territorio come risorsa
fondazioni.
Attività di informazione e sensibilizzazione della comunità
Sostegno integrazione
Sostenere l'autonomia delle persone disabili medio lievi, è necessario
lavorativa per le persone
sviluppare la cooperazione con le Cooperative di tipo B per l'inserimento
disabili
lavorativo, anche attraverso attività di incentivazione da parte degli enti
pubblici
Promuovere la collaborazione e la disponibilità delle aziende per
aumentare le possibilità di inserimenti lavorativi in azienda
Implementazione della rete
Attivare un sistema di connessione con le famiglie al fine di evitarne
sociale tra istituzioni, servizi, l'emarginazione
volontariato, territorio
Migliorare la comunicazione anche in termini di qualità e continuità tra
operatori, Istituzioni e le altre realtà della rete
Aumentare la collaborazione con il privato sociale nella costruzione di
progetti finalizzati
Realizzare protocolli operativi tra Servizi Sociali comunali, Servizi per i
disabili e i Distretti socio-sanitari
Accesso ai servizi e ai luoghi Completare i programmi di abbattimento delle barriere architettoniche
di socializzazione
Sostenere il coinvolgimento dei disabili nelle manifestazioni e nelle attività
programmate sul territorio
82
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
III.3.5 Il Distretto n. 4
Il Distretto socio-sanitario n. 4, che presenta la maggiore estensione territoriale con la
più bassa densità demografica - circa un decimo di quella del Distretto n. 1 comprende una vasta fascia di Comuni localizzati ad est del capoluogo, estesi lungo
una direttrice nord-sud che parte dalle zone montane di Selva di Progno e si snoda
fino alla bassa veronese di Roveredo di Guà.
Il territorio si caratterizza per un intenso sviluppo industriale, in particolare delle
piccole imprese, con il conseguente abbandono dell’attività agricola. Pertanto la
trasformazione economica del territorio ha creato migrazioni dalla campagna alla città,
intensificando la densità abitativa dei centri urbani.
L’intensa urbanizzazione e il proliferare delle attività industriali e commerciali hanno
modificato profondamente la realtà del territorio degli ultimi decenni.
Questo spiega la trasformazione del profilo demografico del distretto che nell'ultima
generazione ha presentato un incremento nella popolazione residente, cresciuta dal
1971 ad oggi del 21,6% contro un aumento di appena un terzo nel territorio
dell'Azienda ULSS n. 20 e di circa un quarto in ambito nazionale.
Si segnala inoltre che il rilevante incremento dei residenti, verificatosi nella seconda
parte degli anni novanta, se dovesse seguire il trend finora osservato anche per il
prossimo futuro, produrrebbe un’espansione degli abitanti a ritmi assai sostenuti.
Le considerazioni esposte mettono in chiara evidenza le notevoli differenze che
presenta la situazione demografica nel Distretto n. 4 rispetto al quadro emerso negli
altri territori: esso appare il distretto maggiormente dinamico ed in crescita.
Il numero degli interventi dell’Area Handicap attivati nel Distretto n. 4 per l’anno 2005
sono stati complessivamente 594.
Nelle seguenti tabelle vengono specificati gli interventi per ciascun tipo di prestazione
ed evidenziate le ore complessive annue impegnate nell’animazione estiva (Centri
Estivi Ricreativi - CER e Gruppi Estivi Parrocchiali - GREST), nell’assistenza scolastica e
nella assistenza domiciliare programmate.
Numero fruitori servizi disabilità distretto 4
22
162
107
SIL
87
SADSR
CER/GREST
51
111
SCUOLA
SOGG
56
160
CEOD
83
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
Numero fruitori servizi disabilità distretto 4
ore animazione
estiva
5064
ore assistenza
scolastica
programmata anno
scolastico
41640
ore assistenza
domiciliare
programmata annua
26152
Il Distretto n. 4, nel percorso di elaborazione del Piano Locale della Disabilità, ha
attivato la consueta metodologia di confronto, convocando il Comitato dei Sindaci per
le funzioni di indirizzo e di sintesi e il Tavolo tecnico allargato per l’elaborazione degli
obiettivi prioritari e per la formulazione delle proposte di lavoro.
La metodologia di lavoro del tavolo tecnico ha visto la partecipazione anche del
Responsabile dell’Area Handicap dell’Azienda ULSS n. 20, del Direttore del Distretto
socio-sanitario e delle assistenti sociali di riferimento per il territorio afferenti all’Area
Disabili Adulti e all’Area Riabilitativa oltre alla referente territoriale dell’Ufficio di Piano.
Il tavolo tecnico, che si è incontrato due volte, si è confrontato sul materiale di lavoro
presentato dall’ULSS n. 20 e sulle schede di rilevazione dei dati compilate da tutti i 26
Comuni del distretto.
Dalla rilevazione effettuata sul territorio è emerso che anche i Comuni svolgono delle
attività nell’Area Disabilità. In particolare le Amministrazioni comunali hanno un ruolo
importante nell’attività di promozione dell’integrazione della persona disabile
attraverso il sostegno ad iniziative culturali-ricreative che offrono opportunità di
socializzazione.
Si segnalano progetti delle Istituzioni pubbliche, in collaborazione con il privato
sociale, come il progetto “Estate alle Terme”, progetti di sostegno all’attività sportiva e
di supporto allo sviluppo di gruppi di self-help di genitori con figli disabili.
I Comuni erogano, inoltre, servizi di assistenza domiciliare, di trasporto come il
servizio verso i centri diurni e le scuole e gli interventi di integrazione economica al
reddito.
Nel territorio sono collocati numerosi centri diurni.
I CEOD a gestione convenzionata sono: la Cooperativa Monteverde a Tregnago, la
Cooperativa CPL a San Bonifacio, la Cooperativa Casa Nostra a Cologna Veneta, la
Cooperativa Crescere Insieme a Pressana, la Cooperativa Il Fiore a Monteforte
d’Alpone, la Cooperativa Monscleda a Montecchia di Crosara.
I CEOD a gestione diretta sono: Il Germoglio ad Arcole e L’Aquilone a San Giovanni
Ilarione. Da segnalare infine il Centro educativo-riabilitativo Gresner di Colognola ai
Colli.
84
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
Sul versante residenziale, sono collocate sul territorio le strutture residenziali di Corte
Scolette a Monteforte d’Alpone, di Casa Nostra a Cologna Veneta, di Casa Tizian a San
Bonifacio e la residenza sanitaria assistita di Cologna Veneta.
Nel Distretto n. 4 il Terzo Settore attività e servizi nell’area della disabilità a vario
titolo e con una presenza significativo.
Terzo Settore nel territorio del Distretto 4
Cooperative
Associazioni
Scuola
Volontariato
CPL-Coop. Produzione Lavoro, Casa Famiglia Tizian, Coop. CSM
84, Coop. Casa Nostra e Nuova Casa Nostra, Coop. Ludovico
Pavoni, Coop. Moscleda, Coop. Monteverde, Coop. Crescere
Insieme
Associazione Missionaria, Associazione Self-help, Associazione
"il Paese di Alice", Piccola Fraternità, Asociazione CSI-Centro
Sportivo Italiano, Associazione “Casa Betania”, Associazione
"Insieme si può", Associazione Alpini
Centro Professionale "S. Gaetano"
Gruppo Volontari "Orizzonti", Gruppo "Amici dell'ammalato e
dell'anziano"
Per il Distretto n. 4, nel Piano di Zona 2003-2005, sono stati evidenziati alcuni obiettivi
specifici per l’Area Disabilità ma si possono individuare anche nelle Aree trasversali
“integrazione”, “centralità della persona” e “domiciliarità” degli obiettivi riconducibili al
tema.
Obiettivi Piano di Zona 2003-2005
Condivisione e chiarezza sul significato della certificazione e sulle competenze dei servizi
Tavolo di confronto tra servizi e scuola per l'area handicap con l'obiettivo di arrivare a
protocolli d'intesa
Attivare canali informativi stabili tra servizi e spazi di formazione permanente tra scuola e
operatori
Integrazione Potenziare l’analisi-valutazione-diagnosi e la progettazione individualizzata ed integrata,
condivisa negli obiettivi e nelle responsabilità, anche sotto l’aspetto finanziario, delle
situazioni multiproblematiche
Potenziare e migliorare la rete sui progetti individualizzati, con il coinvolgimento del Terzo
Settore
Centralità
Promuovere e sostenere tra gli operatori del sistema integrato dei servizi rivolti alla persona
della persona in difficoltà con problemi sanitari, un approccio ed una presa in carico globale
Rendere la persona in difficoltà protagonista del proprio progetto di salute/riabilitativo
Migliorare la dislocazione dei servizi sul territorio
Riorganizzare la rete dei trasporti sul territorio per l’accesso ai servizi
Domiciliarità Estensione dei servizi di assistenza domiciliare dei servizi sociali e socio-sanitari
Incrementare l’integrazione tra servizi
Ridurre la frammentazione dei benefici economici destinati alle famiglie e alle persone con
limitata autonomia a sostegno della domiciliarità
Disabili
Il territorio del Distretto n. 4 ha attuato delle azioni per raggiungere gli obiettivi
sopraindicati, soprattutto nell’ambito dell’integrazione tra servizi e per sostenere la
valutazione e la presa in carico condivisa.
La dislocazione dei servizi è geograficamente complessa per cui il trasporto, l’accesso
e la comunicazione/informazione, nonostante l’impegno delle Istituzioni nel ridurre le
difficoltà, riemergono ancora come attuali.
L’analisi delle schede di rilevazione evidenzia che ci sono alcuni bisogni emergenti
significativi perché sottolineati da più Comuni del territorio.
85
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
Bisogni emergenti del territorio
%
Sostegno e presa in carico domiciliare
19,2
Sostegno all’integrazione lavorativa ai disabili (Cooperative di tipo B)
30,7
Carenza di Comunita' Alloggio e di Appartamenti Protetti per disabilità medio-lieve
34,6
Carenza del servizio di trasporto per l’accesso ai servizi
57,6
Attività integrative oltre l’orario dei CEOD e attività di socializzazione
Sostegno ai Gruppi Auto-mutuo- aiuto
46,13
29,2
Carenza di strutture residenziali per il "dopo di noi"
7,7
Confronto e programmazione condivisa
19,2
Difficoltà di accesso e di integrazione tra servizi
38,4
Carenza di informazioni sui servizi e attivazione dello Sportello Integrato
53,8
Sensibilizzazione del territorio ai problemi della disabilità
42,3
Mancanza di un referente dell’Azienda ULSS n. 20 per l’Handicap sul territorio
42,3
Presa in carico di minori con problemi comportamentali gravi
Esigenza di procedure definite per la valutazione e la presa in carico multiprofessionale (UVMD e
SVAMDI)
Carenza di operatori per l’assistenza scolastica
3,8
19,2
3,8
Si può notare, inoltre, che i bisogni hanno una rilevanza geografica. In particolare le
percentuali sopraindicate sono relative all’incidenza del singolo bisogno calcolato in
riferimento a tutti i ventisei Comuni partecipanti all’indagine.
Prendendo come riferimento la suddivisione del territorio nelle tre aree (area 1 NordOvest, area 2 Centro, area 3 Sud) si può dire che nell’area 1 viene segnalato come
bisogno la carenza di Cooperative di tipo B a sostegno dell’integrazione lavorativa e di
Comunità alloggio, il trasporto disabili, le attività integrative dei Centri diurni con
prolungamento di orario, le difficoltà di comunicazione e la necessità di migliorare
l’accesso ai servizi e l’attività di sensibilizzazione.
Nell’area 2 si segnalano come bisogni l’implementazione del servizio di assistenza
domiciliare e la necessità di migliorare l’integrazione e la comunicazione tra servizi.
L’area 3 evidenzia ancora il problema del trasporto, in particolare verso la scuola
superiore, e la necessità di avere sul territorio un operatore referente per l’Area
Handicap dell’Azienda ULSS n. 20.
Nell’insieme le priorità di lavoro futuro si articolano sia in obiettivi di sistema (la
richiesta di migliorare la sinergia tra servizi, di aiutare la comunicazione e il flusso
informativo tra Istituzioni, di definire accordi precisi tra Enti per la presa in carico dei
bisogni) sia in obiettivi di salute (ricercare nuove attività oltre l’orario dei Centri diurni
per contrastare la solitudine delle persone disabili e delle loro famiglie, incrementare la
rete dei gruppi di auto-mutuo-aiuto, sostenere le opportunità di inserimento lavorativo
per i disabili, sviluppare la rete dell’assistenza domiciliare).
86
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 3
Le priorità di lavoro individuate per il futuro si possono sintetizzare come segue:
Priorità per il futuro
Assistenza Domiciliare
Necessità di implementare il servizio di assistenza domiciliare alle
famiglie
Attività integrative oltre il CEOD e
attività di socializzazione
Sviluppo delle attività esterne al Centro diurno,
integrazione e di socializzazione con il territorio
servizi
di
Necessità di sviluppare le strutture sul territorio che si occupano di
disabili non gravi, per sostenere la possibilità di una reale
autonomia quando possibile
Implementazione dei servizi di
Il trasporto verso i servizi è da implementare, non solo per i Ceod,
trasporto
ma anche per le attività di socializzazione. Nello specifico è da
chiarire la titolarità e la competenza nel trasporto dei disabili verso
la scuola superiore
Sostegno e sviluppo delle risorse
Necessità di sviluppare la rete dei soggetti istituzionali e non che
del territorio, volontariato,
partecipano alla costruzione di nuovi servizi. Tale attività prevede
cooperative, fondazioni.
un lavoro di sensibilizzazione ai problemi della disabilità
Miglioramento nell’accesso e
Riflessione sulla qualità della comunicazione tra servizi e la
nell’integrazione ai servizi e
possibilità, condividendo proposte di lavoro nuove, di migliorare
attivazione dello Sportello integrato l'attuale modalità di flusso informativo
Carenza Comunita'
Alloggio/Appartamenti Protetti
Presenza di un referente
Riflessione sulla attuale organizzazione dei servizi ULSS,
distrettuale per Handicap e
considerando la necessità di una presa in carico più vicina al
definizione di buone prassi (UVMD e cittadino e integrata con i servizi del territorio. Regolamentazione
SVAMADI)
delle buone prassi esistenti e migliore la presa in carico condivisa
della responsabilità
Sostegno integrazione lavorativa
Per sostenere l'autonomia delle persone disabili medio lievi è
per le persone disabili
necessario sviluppare la collaborazione con le Cooperative di tipo B
per l'inserimento lavorativo.
Implementazione operatori
Incrementare il numero degli operatori addetti all'assistenza.
assistenza scolastica
Difficoltà di risposta ai bisogni derivanti dall'aumento dei minori
segnalati dalla scuola alla NPPIEE, per problemi di comportamento
gravi.
È interessante sottolineare come l’analisi delle criticità e dei bisogni nel territorio del
Distretto n. 4 si sia soffermata su aspetti qualitativi e non solo quantitativi.
Infatti la presenza di obiettivi di sistema fa supporre una buona presenza di servizi sia
delle Istituzioni pubbliche sia del privato sociale, che devono essere sviluppati o
parzialmente incrementati, ma per i quali, sostanzialmente si chiede di poterne
migliorare l’efficacia attraverso strumenti di programmazione condivisa, protocolli
definiti e assunzione di reciproche responsabilità.
87
88
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 4
CAPITOLO 4 – LA RETE SOLIDARISTICA DELLA COMUNITÀ LOCALE
III.4.1. La rete solidaristica presente nel territorio
Il Piano Locale della Disabilità costituisce l’occasione per mettere in rete tutte le
risorse della comunità locale, le associazioni di volontariato e le altre forme di
solidarietà e di partecipazione sociale.
L’approvazione del Piano Locale della Disabilità rappresenta un momento importante di
riflessione, confronto ed elaborazione di piani e programmi che vedono coinvolti tutti i
soggetti territoriali pubblici e privati in un’azione sinergica di integrazione con i servizi
erogati e di realizzazione di specifiche iniziative progettuali che implementano e
completano l’offerta di servizi in risposta ai bisogni delle persone.
Nella programmazione territoriale, dal coinvolgimento e dal confronto con il Terzo
Settore, scaturiscono gli indirizzi e gli orientamenti per tradurre le politiche sociali in
attività, servizi, interventi e progettualità, secondo logiche di priorità territoriali.
Alla luce di questi riferimenti, l’Area Disabilità si è strutturata come rete di servizi che
vuole integrarsi nella comunità in cui vivono le persone, rapportandosi in primo luogo
con le famiglie e con le formazioni sociali presenti sul territorio.
A motivo della ristrettezza dei tempi assegnati dalla Regione per la predisposizione del
PLDisabilità, il coinvolgimento dei soggetti del Terzo Settore in questa fase è stato
necessariamente circoscritto mentre una vera e significativa partecipazione dei vari
attori sociali necessita di un periodo temporale ben più ampio.
Pertanto, per dare concreta attuazione ed operatività al PLDisabilità e successivo
percorso di implementazione dello stesso, si rinvia al processo di costruzione del Piano
di Zona dei Servizi alla Persona 2007-2009.
In ogni caso, una realtà significativa nell’ambito territoriale dell’Azienda ULSS n. 20 è
la Consulta delle Associazioni di Handicap del Comune di Verona, che raggruppa
numerose realtà associative della città, peraltro rappresentative di gran parte del
territorio provinciale.
La Consulta, attraverso il lavoro di un tavolo tecnico appositamente costituito, ha
realizzato un documento specifico di indirizzo per le strategie e gli interventi di
incremento e miglioramento dei servizi, per buona parte già recepiti nel presente
piano settoriale e che troveranno adeguata collocazione ed approfondimento nel nuovo
Piano di Zona.
E’ da segnalare anche la rilevante attività di alcune Associazioni che da anni svolgono,
in collaborazione con l’Azienda ULSS n. 20, un ruolo di animazione sociale sul
territorio.
Da questa collaborazione è nato il progetto “Acca in Fuga” che permette di
sperimentare un lavoro integrato tra Servizi pubblici, Terzo Settore e Centro Servizi
del Volontariato finalizzato a facilitare e favorire la partecipazione delle persone disabili
alle innumerevoli iniziative sociali.
L’organizzazione delle attività, in virtù di programmi finalizzati alla rieducazione, alla
socializzazione ed all’integrazione sociale, è funzionale ai bisogni delle persone. Tali
programmi prevedono interventi mirati a prevenire situazioni di isolamento e a
89
Piano Locale della Disabilità
Parte Terza – Cap. 4
contrastare forme di emarginazione o di chiusura, mediante attività di socializzazione
e momenti di aggregazione di vario genere (giochi di gruppo, organizzazione di feste e
spettacoli, intrattenimenti, partecipazione a feste della comunità civile e religiosa).
Le Associazioni attualmente in convenzione con l’Area Disabilità dell’Azienda ULSS n.
20 sono le seguenti:
Distretto 1
Ass. “Gruppo Insieme” di Verona
Ass. “Amici degli Spastici” di Verona
Distretto 2
Ass. “Piccola Fraternità” di Verona
Ass. La Strada di Verona
Centro Sportivo Italiano di Verona
Progetto Handicap e Sport
Distretto 3
Distretto 4
Ass. “Piccola Fraternità Valpantena” di Ass. “Il Paese di Alice” di San Bonifacio
Grezzana
Ass. “C.A.R.S.” di Verona c/o AIAS
Ass. “Piccola Fraternità” di Monteforte
d’Alpone
Ass. “Sindrome di Down” di Verona
Per una puntuale ricognizione delle Associazioni e delle Organizzazioni sociali presenti
nel territorio ed operanti nell’ambito della domiciliarità e delle politiche di promozione
sociale si rinvia a quanto contenuto nella Carta dei Servizi dell’Area Disabilità.
Ulteriori specificazioni, compresa la disamina delle modalità di raccordo e di
collaborazione ed uno studio circa nuove possibilità di interazione, verranno definite
nell’ambito della prossima programmazione zonale.
90
Piano Locale della Disabilità
Parte Quarta – Cap. 1
PARTE QUARTA
CAPITOLO 1 – LE RISORSE
IV.1.1 Il quadro delle risorse locali
A fronte di un aumento delle domande da parte delle fasce deboli e dell’incremento dei
costi a parità di erogazione dei servizi, si impone un approccio socio-economicogestionale anche in riferimento ai budget di spesa ricercando insieme a tutti i partners
(Azienda ULSS – Comuni – Privato Sociale) un pensare ed un agire in modo nuovo,
anche sperimentale.
Sul territorio dell’Azienda ULSS n. 20, in un contesto dove diminuiscono
progressivamente le risorse ed aumentano i bisogni, occorre necessariamente operare
con politiche integrate tra sanità, sociale, scuola, formazione professionale e lavoro.
I costi di assistenza tendono a lievitare in genere assai più velocemente del tasso
inflattivo, sia per motivi economici di carattere generale (in particolare per i nuovi
contratti del personale operante) sia per modelli assistenziali sempre più avanzati (la
personalizzazione degli interventi favorisce la specializzazione dei medesimi e rende
più costoso il sistema a parità di prestazioni erogate).
A seguito di ciò, la Direzione dei Servizi Sociali dell’Azienda ULSS n. 20, in accordo con
la Conferenza dei Sindaci, ha già avviato significative azioni quali:
• costante e ampio coinvolgimento delle Cooperative sociali coinvolte nella
gestione dei servizi, del volontariato presente e degli organismi di
rappresentanza delle persone con disabilità e dei loro familiari;
• presenza di circa 50 volontari del Servizio Civile assegnati dal Ministero della
Solidarietà Sociale all’Azienda ULSS n. 20;
• trasferimento di risorse finanziarie da progettualità straordinarie a progettualità
ordinarie per lo sviluppo di percorsi riabilitativi sperimentali;
• processi di assistenza inclusivi anche delle autonomie della persona disabile;
• iniziative, ove possibile, di assistenza domiciliare “allargata”;
• potenziamento degli inserimenti sociali in ambito lavorativo;
• standards di personale commisurato al raggiungimento dell’obiettivo più che
sulla tipologia codificata dagli standards di settore con particolare riferimento
alla LR. n. 22/2002;
• ricerca di possibili strumenti di gestione dei servizi alternativi alle gare
d’appalto meglio rispondenti al principio di sussidiarietà.
La DGR n. 1859/2006, nelle indicazioni per l’elaborazione del Piano Locale della
Disabilità, indica come necessaria la ricognizione delle risorse umane, strumentali ed
economiche sulle quali si basa la realizzazione degli interventi e dei servizi oggetto del
Piano stesso con la precisazione che per quanto attiene alle prestazioni di assistenza
domiciliare e agli assegni di cura, si va rinvio a quanto disposto nel Piano Locale per la
Domiciliarità.
Il quadro d’insieme è stato costruito con riferimento innanzitutto alla vigente
normativa emanata dalla Regione Veneto in materia. In particolare, è stata esaminata
la DGR 28 febbraio 2006 n. 460 “Interventi di sostegno alla domiciliarità per persone
non autosufficienti anziane e disabili. Procedure ed assegnazioni per l’anno 2006”.
91
Piano Locale della Disabilità
Parte Quarta – Cap. 1
In secondo luogo è stata presa in esame la documentazione in possesso dell’Azienda
ULSS.
Inoltre la seguente ripartizione dei costi fa riferimento ai livelli essenziali di assistenza
(LEA) e trova riscontro nell’ultimo bilancio di previsione dell’Azienda ULSS n. 20
approvato. Essa contiene i dati più significativi relativi al sistema della disabilità.
SERVIZI/RISORSE
FINANZIARIE
Residenzialità
Assistenza Domiciliare
Assistenza Scolastica
CEOD – Servizi diurni
Assistenza Disabili Adulti
Interventi per l’autonomia
personale e vita indipendente
SIL
Soggiorni climatici
TOTALE
TOTALE
€ 11.666.663,96
€ 1.883.737,83
€ 3.588.724,17
€ 6.454.019,71
€ 130.382,43
€ 470.983,73
€ 620.301,63
€ 94.008,32
€ 24.908.821,78
SOCIALE
€
€
€
€
SANITARIO
1.908.787,58
1.645.691,97
3.588.724,17
2.141.484,18
€ 0,00
€ 9.757.876,38
€ 238.045,86
€ 0,00
€ 4.312.535,53
€ 130.382,43
€ 337.224,24
€ 339.878,51
€ 94.008,32
€ 133.759,49
€ 280.423,11
€ 0,00
€ 10.055.798,97 € 14.853.022,81
Rispetto alle risorse finanziarie indicate, si evidenzia l’ulteriore disponibilità della
somma complessiva di € 901.274,44 derivante dal riparto regionale relativo al Fondo
unico per la domiciliarità disabili per l’anno 2006 effettuato con la citata DGR n.
460/2006.
Quanto sopra riportato è riferito esclusivamente alle attività attualmente delegate.
Infine residuano significative risorse a carico delle Amministrazioni comunali per i
servizi non delegati, in particolare per il trasporto e la residenzialità delle persone
disabili, che verranno ricondotte a definizione nell’ambito della prossima
programmazione zonale.
92
Piano Locale della Disabilità
Parte Quarta – Cap. 1
Dirigente
Amministrativi
Operatore
tecnico
Operatore
socio-sanitario
Educatore
Professionale
Animatore
Infermiere
professionale
Fisioterapista
Podologo
psicomotricista
Psicologo
Assistente
sociale
Per quanto attiene alle risorse umane e professionali si delinea un quadro riassuntivo
articolato per singole tipologie con la relativa indicazione del numero di operatori
equivalenti.
Residenzialità
Assistenza
Domiciliare
Assistenza
Scolastica
CEOD
Servizi diurni
Assistenza
Disabili Adulti
Soggiorni
climatici
SIL
0,50
2,70
9,02
250,34
27,16
17,14
4,93
3,24
3,28
3,28
0,00
0,00
0,00
50,91
1,00
0,00
0,00
0,00
0,00
4,05
0,00
0,00
0,00
117,44
6,70
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
201,42
37,70
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
1,00
0,00
0,00
0,00
0,00
2,00
2,90
0,00
0,50
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
6,20
0,00
0,00
0,00
0,00
3,00
Direzione
1,62
9,22
1,00
8,70
6,90
0,00
0,00
0,00
0,00
1,00
TOTALE
2,12
12,42
10,02
629,81
85,66
17,14
4,93
3,24
5,28
14,23
Il quadro complessivo delle risorse integrate tra Azienda ULSS n. 20 e Comuni
associati troverà sistematizzazione in sede di Piano di Zona, anche tenendo in
considerazione l’applicazione dei nuovi standard relativi alla LR. n. 22/2002 in corso di
definizione da parte Regione Veneto.
93
Piano Locale della Disabilità
Parte Quarta – Cap. 1
IV.1.2 I Modelli gestionali innovativi
Nell’ambito dei processi di cambiamento avviati all’interno dell’organizzazione, si
evidenziano delle sperimentazioni messe in atto rispetto a modelli gestionali che
contribuiscono al miglioramento delle prestazioni finali rese ai cittadini.
Le più rilevanti sono le seguenti:
• gestione unitaria dei servizi diurni mediante un tavolo tecnico di concertazione,
che ha portato a formulare convenzioni unitarie e a definire coordinamenti
unitari per la gestione dei progetti individuali e delle iniziative territoriali;
• affidamento diretto di servizi a Cooperative sociali di tipo B: si è proceduto ad
affidare la gestione e la manutenzione del verde pubblico delle strutture
dell’Azienda ULSS n. 20 a Cooperative sociali di tipo B;
• sono stati attivati percorsi innovativi di inserimenti sociali in contesti lavorativi,
per persone con disabilità che non sono pronte ad una regolare assunzione ma
presentano potenzialità da sviluppare attraverso contesti lavorativi in cui
vengono inseriti con borse lavoro rinnovabili di anno in anno;
• sono stati avviati progetti di rete nell’ambito dell’integrazione sociale e del
tempo libero mediante la collaborazione di Associazioni di Volontariato della
Consulta delle Associazioni di Handicap del Comune di Verona e del Centro
Servizi del Volontariato della Provincia di Verona;
• sono state avviate sperimentazioni relative alle tecnologie informatiche
applicate alla disabilità mediante la collaborazione con la Cooperativa Sociale
Galileo di Verona (Progetto Labortech) e con la Cooperativa sociale Luce e
Lavoro sempre di Verona (Progetto Iride);
• sono stati avviati gruppi di mutuo aiuto tra persone e famiglie interessate dalla
disabilità, allo scopo di offrire opportunità di confronto, condivisione e sostegno
emotivo tra chi vive direttamente la problematica della disabilità.
Per ciascuna sperimentazione è stato elaborato uno specifico progetto, la cui
realizzazione è in corso con positivo riscontro.
94
Piano Locale della Disabilità
Parte Quarta – Cap. 2
CAPITOLO 2 – I RISULTATI ATTESI
Il sistema della disabilità nell’intero ambito territoriale si colloca attualmente in una
fascia qualitativamente assai elevata rispetto agli standard di servizi e prestazioni
offerte, di utenti presi in carico, di risorse impegnate, raggiungendo in alcuni casi
punte di vera e propria eccellenza.
A fianco dell’obiettivo di sistema di operare nell’ottica della salvaguardia e del
consolidamento degli attuali livelli, il Piano Locale della Disabilità si pone altri traguardi
di carattere generale da raggiungere nell’arco dei prossimi tre anni.
Il primo obiettivo è di realizzare un sistema integrato di risposte ai bisogni della
disabilità, che valorizzi il princìpio di sussidiarietà quale modalità di condivisione delle
funzioni istituzionali da parte delle formazioni sociali.
Il secondo obiettivo è di favorire le sinergie tra Enti coinvolti e tra questi e il Terzo
Settore al fine di realizzare risposte nuove in grado di rispondere ai bisogni emergenti
ancora scarsamente riconosciuti o non sufficientemente sostenuti da interventi
adeguati.
Il terzo obiettivo, nell’ottica del rispetto della centralità della persona, è di
razionalizzare la rete dei servizi attraverso il completamento delle deleghe ed il
superamento della settorializzazione degli interventi.
In particolare, in ordine alle deleghe di cui all’art. 132 della L.R. n. 11/2001, si precisa
che la Conferenza dei Sindaci, con deliberazione del 21 febbraio 2006 n. 1, ha
approvato il piano di rientro in capo all’Azienda ULSS n. 20 del trasporto delle persone
disabili ai CEOD.
Inoltre, con deliberazione del 20 giugno 2006 n. 3, ha approvato la programmazione
dei servizi socio-sanitari delegati per l’anno 2006 ed avviato degli approfondimenti che
afferiscono al Comune di Verona riguardo:
a) alla conclusione del percorso, già previsto all’interno del Piano di Zona 20032005, diretto a ricondurre nell’ambito dell’attività delegata l’inserimento
residenziale delle persone disabili adulte;
b) alla presa in carico dei minori disabili affetti da disturbi comportamentali e/o
patologie di interesse neurospichiatrico in regime semiresidenziale e
residenziale;
c) al servizio di assistenza scolastica per gli alunni disabili, svolto all’interno delle
funzioni delegate;
d) alle modalità di gestione dei servizi rispetto ai modelli attualmente utilizzati.
Oggi infatti la residenzialità disabili rientra nella delega dei Comuni all’Azienda ULSS n.
20 solo parzialmente (per n. 66 posti presso il Cerris di Verona; n. 7 posti presso la
Casa Nostra di Cologna Veneta e n. 7 posti presso l'ex Gabbiano confluito a Corte
Scolette di Monteforte d’Alpone).
Ogni considerazione è rinviata al capitolo che tratta della residenzialità e al nuovo
Piano di Zona.
Infine, in questa prospettiva, il Piano Locale della Disabilità riconferma tutti i dati
relativi agli operatori e alla loro qualifica professionale, agli utenti in relazione alle
tipologie dei servizi/interventi offerti, alle prestazioni per carattere di intervento e alle
risorse economiche impiegate, analiticamente riportati nelle parti terza e quarta del
presente Piano.
95
Piano Locale della Disabilità
Parte Quarta – Cap. 2
IV.2.1 I risultati attesi e gli obiettivi strategici
In termini riassuntivi, il quadro sintetico dei risultati attesi del Piano Locale della
Disabilità è quello riportato nella seguente tabella, che rappresenta anche i nuovi
impegni programmatici per il triennio 2007-2009, che confluiranno nel successivo
assetto programmatorio generale costituito dal Piano di Zona.
Lo stesso PLDisabilità, peraltro, dovrà trovare giusta collocazione nei Piani Attuattivi
Territoriali, il cui processo elaborativo, recentemente avviato, giungerà a compimento
secondo le modalità e i tempi stabiliti dagli attori coinvolti.
Nell’impostazione del quadro di sintesi si è tenuto conto sia degli aspetti riportati nei
precedenti capitoli sia delle indicazioni contenute nella DGR n. 1859/2006.
Area
Obiettivi generali
Tempi
Risultati attesi
Destinatari
Integrazione sociale
Rafforzamento delle autonomie
Sviluppo iniziative solidali
dicembre
2009
Coinvolgimento e
responsabilizzazione dei soggetti,
istituzionali e non del territorio
Valutazione
dei bisogni
e standard attesi
Realizzazione di percorsi
formativi per le figure
professionali dei Comuni e
Azienda ULSS
Sperimentazione della SVAMDI
dicembre
2007
Applicazione dell’ICF
dicembre
2007
Validazione dello strumento
Revisione del regolamento UVMD
Accesso
al Sistema
della Disabilità
Sistema della
Domiciliarità
ADI
Servizi Diurni
Applicazione
della L. 162/98
Applicazione
della L. 284/97
aprile
2007
Adeguamento alle indicazioni
regionali
Erogazione di prestazioni
integrate tra i servizi
dicembre
2008
Promozione e consolidamento
delle reti solidaristiche del
territorio
dicembre
2009
Continuità rispetto allo standard
attuale di servizi e prestazioni
Valorizzazione delle forme di
comunicazione
Miglioramento nella diffusione
della Carta dei Servizi
Maggiore personalizzazione
dell’intervento
Riattualizzazione dell’accordo di
programma tra Comuni e Azienda
ULSS e del regolamento vigente
Raccordo degli interventi di
Assistenza domiciliare comunale
(SAD) con gli interventi di ADI
per una progettualità integrata
Sviluppo di modalità
organizzative e gestionali flessibili
ed integrate
dicembre
2009
dicembre
2007
dicembre
2007
dicembre
2007
dicembre
2009
Integrazione dei progetti per la
“Vita indipendente” e per l’aiuto
personale in un Fondo Unico per
la Domiciliarità Disabili
Integrazione degli interventi per i
ciechi pluriminorati nell’ambito
del Fondo Unico per la
Domiciliarità Disabili
dicembre
2007
Superamento della logica del
centro occupazionale (Ceod) nella
direzione di una integrazione
territoriale
Riduzione della frammentarietà
degli interventi
dicembre
2007
Riduzione della frammentarietà
degli interventi.
96
dicembre
2009
dicembre
2009
Monitoraggio e verifica delle
modalità di erogazione delle
prestazioni
Sensibilizzazione e coinvolgimento
delle realtà distrettuali del Terzo
Settore e condivisioni degli
obiettivi
Mantenimento degli attuali livelli
di assistenza
Maggior efficacia dell’informazione
Maggior efficacia dell’informazione
Utilizzo scheda SVAMDI
Maggiore sinergia tra Comuni e
Azienda ULSS e nuove modalità di
accesso e di erogazione
Coordinamento degli interventi tra
Comuni e Azienda ULSS
Piano Locale della Disabilità
Trasporto
disabili
Sistema
della
Residenzialità
Accoglienza
Temporanea
Sportello
Integrato
Sistema
Informativo
Parte Quarta – Cap. 2
Riconduzione della delega del
servizio di trasporto ai CEOD in
capo all’Azienda ULSS n. 20 a
partire dai Distretti n. 1, n. 2 e n.
3
Implementazione dei servizi di
trasporto disabili per il Distretto
n. 4
Sviluppo omogeneo, diversificato
e flessibile dei servizi residenziali
sul territorio
luglio 2007
Rivisitazione degli accordi assunti
con le strutture residenziali
Promozione della piena
integrazione tra gli sportelli
esistenti
Elaborazione di un modello che
tenga conto delle specificità del
contesto territoriale
Utilizzo in modo condiviso dei
sistemi operativi
Condivisione delle banche dati di
Comuni e Azienda Ulss
dicembre
2007
dicembre
2007
97
dicembre
2007
dicembre
2008
dicembre
2008
Gestione unitaria del servizio di
trasporto disabili
Organizzazione sul territorio dei
servizi di trasporto per Ceod,
Scuole, ecc.
Articolazione delle tipologie di
strutture residenziali secondo gli
standard regionali e applicazione
delle impegnative di residenzialità
Aumento della disponibilità delle
strutture residenziali
Protocolli di intesa tra Azienda
Ulss n. 20 e Comuni con cui si
individuano: sedi, risorse,
modalità
Sistema informativo condiviso
rispetto all’utilizzo di banche dati
locali e regionali
98
Piano Locale della Disabilità
Parte Quarta – Cap. 3
CAPITOLO 3 – GLI ACCORDI LOCALI
IV.3.1 I protocolli e le intese
La DGR n. 1829/2006 prevede la definizione delle modalità di integrazione
professionale ed istituzionale tra diverse unità operative dei Dipartimenti strutturali e
funzionali alle Aziende ULSS n. 20 assicurando, nell’ottica della presa in carico:
1. il sostegno alle forme di continuità assistenziale nel passaggio dall’età evolutiva
all’età adulta e da questa a quella anziana;
2. il sostegno psicologico alla persona con disabilità e alla sua famiglia;
3. le modalità di collaborazione con i servizi riabilitativi;
4. le modalità di collaborazione con i servizi di neurologia;
5. la definizione di protocolli e di intese con il dipartimento di salute mentale.
Con riferimento al primo aspetto, sono stati avviati dei gruppi di lavoro che stanno
elaborando principi, contenuti e modalità di integrazione professionale ed istituzionale
all’interno dell’Azienda ULSS n. 20 sulla continuità assistenziale nel passaggio dall’età
evolutiva all’età adulta e da questa a quella anziani.
In relazione al secondo aspetto, si rimanda alla Parte seconda del presente Piano
afferente all’accesso al sistema della disabilità, dove viene illustrato il Servizio
psicologico nell’Area della disabilità.
Riguardo al punto 4, sono stati avviati dei contatti con il Servizio di Neurologia
dell’Azienda ULSS n. 20, che è collocato all’interno del complesso ospedaliero di San
Bonifacio, per definire modalità di integrazione per la presa in carico di quelle
situazioni di disabilità che implicano la necessità di una consulenza neurologica.
Infine, in riferimento ai punti 3 e 5, si riportano di seguito le modalità di collaborazione
sin qui definite con il Dipartimento Riabilitativo ed il Dipartimento di Salute Mentale.
Il Protocollo operativo tra i Servizi Sociali Area Disabili ed il
Dipartimento Riabilitativo
L'attuale organizzazione dei Servizi Sociali Area Disabili prevede la costituzione di un
Servizio Sociale Disabili che si occupa di persone in età infantile e adulta con stato di
disabilità già certificato o in itinere. Esso ha il compito di attivare la relazione di aiuto
rispetto alle situazioni di competenza, nonché di progettualità territoriale e di lavoro di
comunità. Nello specifico, il Servizio Sociale Disabili si occupa della disabilità delegata
dalla Conferenza dei Sindaci all'Azienda ULSS n. 20 o di disabilità motorie come:
• distrofia muscolare e altre forme di malattìe neuromuscolari legate a cause
genetiche;
• morbo di Parkinson, sclerosi multipla e altre forme di disabilità neurologiche
progressive;
• para/tetraplegie;
• esiti di trauma cranico o di grave cerebrovasculolesione acquisita di varia
natura;
• disabilità insorte in età neonatale e perinatale con cerebromotulesione.
L'assistente
promozione
inserimento
L'assistente
sociale è chiamato ad operare con funzione di aiuto, di sostegno, di
e di recupero di potenzialità residue del singolo e della sua famiglia, di
sociale per problemi complessi talvolta con esiti di cronicizzazione.
sociale si muove sul terreno della presa in carico dei problemi. Appare
99
Piano Locale della Disabilità
Parte Quarta – Cap. 3
doveroso sottolineare come l'autonomia tecnico-professionale e di giudizio in tutte le
fasi dell'intervento per la prevenzione, il sostegno e il recupero di persone, famiglie,
gruppi e comunità in situazioni di bisogno e di disagio sia propria del Servizio Sociale
Professionale.
Alla luce di questo, la collaborazione operativa rispetto le situazioni in carico o nuove
nell'ambito dell'attività propria del Dipartimento Riabilitativo può riguardare:
1) consulenza fisiatrica e fisioterapica nell'ambito del progetto riabilitativo
individuale e degli specifici programmi riabilitativi agli operatori dei servizi
afferenti all'Area Disabilità in riferimento a:
a) valutazione multidisciplinare delle componenti riabilitative in soggetti con
disabilità multiple (motorie, sensoriali, psichiche);
b) valutazione, prescrizione e addestramento all'uso degli ausili;
2) consulenza fisiatrica e fisioterapica alle strutture diurne e residenziali
(pubbliche o anche convenzionate) nell'ambito dei progetti riabilitativi
individuali;
3) consulenza fisiatrica e fisioterapica alle Associazioni e alle Cooperative
nell'ambito dei progetti riabilitativi individuali;
4) consulenza fisiatrica alle famiglie nell'ambito dei progetti riabilitativi individuali;
5) consulenza fisiatrica per la dimissione protetta ed il collegamento con le
strutture del distretto (UVMD, etc.) al bisogno;
6) relazione medica da allegare alla documentazione in caso di necessità per
situazioni particolarmente problematiche.
Quali strumenti utili per rendere maggiormente efficaci i punti anzidetti sono da
evidenziare:
• una corretta documentazione dell'assistente sociale, del medico, del
fisioterapista, ecc., riguardo ad ogni singolo soggetto in carico;
• un incontro dell'equipe tra operatori sanitari e sociali della riabilitazione per
ogni nuovo soggetto in carico;
• la discussione/scambio di informazioni e la verifica periodica per i soggetti in
carico;
• la verifica annuale e al bisogno con il referente della struttura sociale di
riferimento.
Il Protocollo di collaborazione tra il Servizio Disabili Adulti ed il
Dipartimento di Salute Mentale (DSM)
Dagli incontri tra i Servizi Psichiatrici Territoriali e l'Area Disabilità dell'Azienda ULSS
n. 20, finalizzati alla gestione delle situazioni multiproblematiche, è emersa la
necessità di individuare una modalità operativa chiara e condivisa che possa
semplificare e dare trasparenza ai percorsi da seguire per l'accesso ad alcuni servizi.
In particolare, i Servizi Psichiatrici Territoriali ponevano l'esigenza di poter accedere al
Servizio di Assistenza Domiciliare Socio-Riabilitativa erogato dall'ULSS n. 20, Servizio
Disabili Adulti, per i pazienti che, oltre ad un disturbo psichiatrico, siano anche
portatori di un handicap e per i quali fosse opportuno inserire nel progetto riabilitativo
un intervento specifico di assistenza domiciliare.
Il Servizio di assistenza Domiciliare Socio-Riabilitativa dall'altra parte chiedeva la
disponibilità ai Servizi Psichiatrici di poter attivare una collaborazione su alcuni casi, in
particolare per utenti portatori di handicap che manifestano anche disturbi del
comportamento, in modo da poter meglio definire i progetti socio-riabilitativi sia per le
persone già in carico, sia per la nuova utenza.
100
Piano Locale della Disabilità
Parte Quarta – Cap. 3
E’ stata quindi congiuntamente stesa una bozza di protocollo operativo, sintetizzata
nella tabella di seguito riportata, cercando di dare un'adeguata risposta ai problemi
emersi.
La finalità comune è quella di sperimentare tale protocollo e di verificarne
l’appropriatezza e la funzionalità in tempi brevi (circa un anno), per poi incontrarsi
nuovamente e valutare insieme eventuali difficoltà incontrate e conseguenti opportune
modifiche.
L'esperienza sarà utile anche per delineare successivi accordi inerenti i percorsi di
accesso ad altri servizi (interventi semiresidenziali e residenziali) e per giungere alla
stesura di un protocollo complessivo di rapporto tra Area Salute Mentale e Area
Disabilità, così come definito nelle "Linee di indirizzo e disposizioni per la
predisposizione del piano locale della disabilita" di cui alla DGR n. 1859 del 13 giugno
2006.
101
Piano Locale della Disabilità
Parte Quarta – Cap. 3
PERCORSO PER LA PRESA IN CARICO E L'ATTIVAZIONE DEL SERVIZIO DI ASSISTENZA
DOMICILIARE SOCIO-RIABILITATIVA (SADSR) A FAVORE DI PERSONE DISABILI ADULTE
CON RITARDO MENTALE E DISTURBI PSICHIATRICI O DEL COMPORTAMENTO
1.
Attivazione del percorso
•
da parte del Servizio Psichiatrico Territoriale:
a) segnalazione al Servizio Equipe Handicap Adulti tramite valutazione scritta del
caso ed indicazione dell'opportunità di attivare un servizio di assistenza
domiciliare;
b) trasmissione della segnalazione dal Servizio Disabili Adulti al Servizio di
Assistenza Domiciliare Socio-Riabilitativa;
•
da parte del Servizio Sociale Disabili Adulti:
a) segnalazione al Servizio Psichiatrico Territoriale competente, tramite valutazione
scritta del caso, per la richiesta di consulenza sul progetto in corso o da attivare;
b) trasmissione della segnalazione dal Direttore del Servizio Psichiatrico Territoriale
all'equipe competente.
2. Incontro tra operatori del Servizio di Assistenza Domiciliare Socio-Riabilitativa (SADRS)
ed operatori del Servizio Psichiatrico Territoriale per una valutazione congiunta del caso e
per la definizione di eventuali interventi integrativi per l'acquisizione di ulteriori informazioni
utili alla stesura del progetto (contatti con la persona interessata, familiari, o qualsiasi altra
figura che possa contribuire ad una definizione più completa della situazione, richiesta dalla
legge n. 104/1992).
3. Convocazione dell'Unità Valutativa Multidimensionale Distrettuale con la partecipazione
di:
•
Responsabile del distretto socio-sanitario competente o suo delegato
•
Medico di Medicina Generale;
•
Medico Psichiatra;
•
Psicologo del Servizio Psichiatrico Territoriale;
•
Assistente Sociale del Servizio Psichiatrico Territoriale;
•
Assistente Sanitario del Servizio Psichiatrico Territoriale;
•
Assistente Sociale dell' Equipe Handicap Adulti;
•
Assistente Sociale/Educatore Professionale del Servizio di Assistenza Domiciliare
Socio-Riabilitativa;
•
Operatore del servizio di NPIPEE (nel caso la valutazione riguardi una persona
Disabile che al raggiungimento della maggiore età dovrà essere dimessa da detto
servizio);
•
Altre figure professionali.
4.
In
•
•
•
•
•
•
tale sede sarà steso il piano individualizzato con precisazione di:
obiettivi;
attività;
tempi e modalità dell'intervento;
tempi e modalità di verifica;
operatori referenti per ogni servizio coinvolto;
apporto specifico di ogni operatore al progetto.
5. Verifiche periodiche programmate e/o in caso di urgenza tra gli operatori dei servizi
coinvolti.
6. Convocazione Unità Valutativa Multidimensionale Distrettuale di verifica e valutazione
periodica con la partecipazione delle citate figure professionali.
102
Piano Locale della Disabilità
Parte Quinta – Cap. 1
PARTE QUINTA
CAPITOLO 1 – LA VALUTAZIONE
V.1.1 L’approccio e la finalità della valutazione
La valutazione costituisce un elemento importante del Piano Locale della Disabilità
soprattutto se questo non viene considerato dal mero punto di vista formale quale
documento scritto, sintesi di una serie di dati oggettivi, elenco di interventi e servizi,
indicazione di obiettivi di sistema, ma dal punto di vista sostanziale ovvero come
rappresentazione di un processo attraverso il quale diversi attori appartenenti alle
Istituzioni e alla comunità locale entrano in relazione tra loro.
Questo processo di pianificazione del PLDisabilità si è configurato come ricognizione
dell’esistente con un’ottica incrementale, ponendosi cioè come primo momento di un
percorso di costruzione di politiche sociali locali destinato a proseguire nel tempo
attraverso successive specificazioni e riprogettazioni in una prospettiva di
miglioramento continuo.
In coerenza con tale impostazione, anche la valutazione dovrà adottare un approccio
partecipato prevedendo quindi il coinvolgimento diretto tanto dei diversi livelli
istituzionali quanto dei rappresentati del territorio.
Si dovrà poi qualificare non tanto come strumento di controllo quanto piuttosto come
strumento di accompagnamento progettuale rivolto a promuovere, per tutta la durata
del processo, meccanismi di analisi, di correzione e di apprendimento utili a garantire
l’evoluzione complessiva del sistema dei servizi.
Infine la valutazione dovrà essere orientata a restituire a tutti i soggetti coinvolti
informazioni o indicazioni opportune per la progettazione successiva e per la
calibratura dei progetti o degli interventi specifici.
103
Piano Locale della Disabilità
Parte Quinta – Cap. 1
V.1.2 Le fasi e i soggetti della valutazione
Affrontando il tema della valutazione in senso generale, si tratta di porre in essere un
percorso di monitoraggio, di verifica e di valutazione in senso stretto coerente con il
carattere dinamico e continuo dell’azione sociale nella consapevolezza che:
• per verifica si intende l’azione mediante la quale si controlla se un risultato
atteso sia stato o meno raggiunto sulla base di una rilevazione oggettiva;
• per monitoraggio si intende l’accertamento e la definizione del grado di
avanzamento del piano, dell’obiettivo specifico o del progetto finalizzato ad
evidenziare la discrepanza eventuale tra quanto definito e quanto realizzato;
• per valutazione si intende la formulazione di un giudizio di valore scaturente dai
risultati delle verifiche e del monitoraggio effettuati e sulle prospettive future.
Come detto, il percorso si snoda lungo tutto il ciclo di vita del Piano potendosi
comunque articolare nei seguenti momenti:
• la valutazione preliminare o ex ante, propria della fase di ideazione, che
precede la definizione degli obiettivi e delle strategie e che riguarda
essenzialmente la verifica dell’esistenza dei pre-requisiti;
• la valutazione in itinere o in progress, tipica della fase di attuazione, che
attiene allo stato di avanzamento del piano e alle sue possibili variazioni e/o
aggiornamenti alla luce dei risultati emersi in un’ottica di alternanza virtuosa
tra progettazione e valutazione attenta ai processi e ai risultati intermedi.
In particolare, la valutazione seguirà la realizzazione delle azioni
programmatiche previste dal PLDisabilità attraverso la rilevazione di indicatori e
di informazioni utili a cogliere gli scostamenti tra attività/azioni previste ed i
risultati attesi, lo sviluppo armonico del territorio, gli elementi di difficoltà e le
criticità;
• la valutazione finale o ex post, propria della fase finale, che rileva i risultati
conseguiti, l’impatto e l’efficacia delle politiche rispetto ai bisogni primari
rilevati, i cambiamenti introdotti, la rilevanza dei progetti e la loro incisività,
l’economicità
relativamente
al
rapporto
costi/benefici
e
risorse
impegnate/risultati conseguiti.
I soggetti della valutazione sono identificabili negli “attori necessari” e pertanto nei
medesimi organismi del livello tecnico-specialistico e politico-strategico individuati in
sede di definizione della metodologia di elaborazione del Piano ovvero, in particolare, i
Tavoli tecnici distrettuali ed il Tavolo tematico sovradistrettuale dell’Area Integrazione
da un lato; i Comitati dei Sindaci di Distretto e l’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci
di concerto con il Direttore dei Servizi Sociali dell’Azienda Ulss n. 20 dall’altro.
Alla luce della sua collocazione e del ruolo svolto, l’Ufficio del Piano di Zona viene
individuato quale soggetto di supporto di tutto il processo di monitoraggio e di
valutazione sotto l’aspetto tecnico-operativo, metodologico e comunicativo.
Ai fini della valorizzazione e della definizione delle responsabilità locali in un sistema
che coinvolge oltre agli attori istituzionali anche i soggetti privati, questi ultimi sono
chiamati a svolgere un ruolo di soggetto attivo anche nella fase di valutazione del
Piano con ricorso agli strumenti di valutazione che verranno individuati come più
opportuni in relazione ai contenuti.
104
Piano Locale della Disabilità
Parte Quinta – Cap. 1
V.1.3 L’unità di analisi e gli strumenti
L’unità di analisi del Piano Locale della Disabilità sarà duplice.
In dettaglio, essa riguarderà:
• il Piano nella sua globalità ossia come progettualità complessiva esplicitata
negli obiettivi strategici.
L’unità di analisi è caratterizzata in termini di valutazione finale o ex post che
può avvenire anche ricorrendo alla metodologia di stampo razional-sinottico
prevista per il Piano di Zona dei Servizi alla Persona secondo le risultanze del
processo avviato recentemente dalla Regione in materia;
• i singoli servizi o interventi.
La valutazione avverrà sia in itinere che ex post sulla base degli indicatori
specifici individuati in relazione alla singola tipologia.
La presenza di più unità di analisi potrà richiedere l’utilizzo di metodologie miste,
basate sul ricorso a più strumenti e fonti informative.
In sintesi, si ipotizza infatti di avvalersi di: analisi di base e di documentazione,
questionari o sondaggi, interviste a soggetti privilegiati, focus group con i destinatari e
gli stakeholders, brain storming e metodo delphi o di altre tecniche di valutazione.
105
106
Piano Locale della Disabilità
CONCLUSIONI
Il Piano Locale della Disabilità qui presentato è il risultato di un percorso
di riflessione e di rivisitazione dei servizi avvenuto sul territorio, avendo
attivato sedi e tavoli istituzionali di lavoro compatibilmente con i tempi
resisi disponibili ed in uno sforzo di sistematizzazione tra scelte
programmatorie e nuove istanze della Comunità.
Il Piano recepisce le linee di indirizzo regionale per il sistema della
domiciliarità e della residenzialità ed evidenzia, da una parte, con
soddisfazione il completo percorso di offerta assistenziale riabilitativa
presente sul territorio, dall’altra, con preoccupazione il costante
incremento del fenomeno disabilità nelle varie fasi di vita del cittadino,
che impone un ripensamento sui servizi stessi.
Il documento traccia la strada sia per la riqualificazione dei servizi sia
per il loro potenziamento anche attraverso azioni innovative sperimentali
meglio rispondenti ad una puntuale presa in carico nella rete dei servizi
per la promozione dell’autonomia personale secondo le direttive
regionali, valorizzando le attese familiari e personali, in conformità
anche al piano d’azione europeo 2006–2007.
Viene sottolineata la necessità del completamento del modello di offerta
che passa anche attraverso la SVAMDI e la riattualizzata operatività in
settori importanti quali la domiciliarità, la residenzialità oltre
l’integrazione scolastica e l’inserimento lavorativo.
Queste ed altre criticità, quali la residenzialità rispetto alla
diversificazione dei livelli di assistenza e del reale fabbisogno o il servizio
trasporto quale strumento di accessibilità al mondo della scuola di ogni
ordine e grado, aprono ulteriori orizzonti di coinvolgimento tra tutti i
soggetti interessati per soluzioni che possono rappresentare nuovi punti
di forza del sistema.
Il presente Piano della Disabilità necessariamente va ricollegato al Piano
Locale per la Domiciliarità sia per i princìpi guida, sia per l’ottica di una
processualità progettuale e soprattutto per quanto riguarda l’offerta del
servizio di domiciliarità che là trova definizione e risorse.
Tutto questo ed altre problematiche aperte vengono assunte nel piano di
settore quale movente per la pianificazione all’interno del nuovo Piano di
Zona dei Servizi alla Persona in una reale integrazione tra Comuni,
Azienda ULSS n. 20 e Terzo Settore e tra politiche sociali, socio-sanitarie
e sanitarie.
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