Un raro caso di sindrome nefrosica…

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“Un grazie a tutto il personale della UO di Medicina di Canicattì per il quotidiano prezioso lavoro” Un raro caso di sindrome nefrosica…e non solo! Tiziana Marcella Attardo UO di Medicina Interna – Direttore Dr Giuseppe Augello – Ospedale Barone Lombardo – Canicattì – ASP 1 – Agrigento email: [email protected] IL CASO Nell’ottobre del 2015 è giunto alla nostra attenzione un signore di 67 anni che lamentava dispnea dopo sforzo, associata ad edemi declivi. ANAMNESI Il paziente, agricoltore ormai in pensione, riferiva di essere affetto da gozzo multinodulare, BPCO e calcolosi della colecisti; inoltre, da circa tre anni, faringolaringite cronica ipertrofica con disfonia. Da circa due anni lamentava la comparsa di edemi declivi per cui gli era stata posta diagnosi di insufficienza venosa cronica a carico degli arti inferiori; tali edemi, nell’ultimo periodo, erano diventati imponenti e poco responsivi alla terapia diuretica. Inoltre era sopraggiunta dispnea con ortopnea per cui si era recato in Pronto Soccorso e, dopo valutazione dell’internista, si era ricoverato presso la nostra UO di Medicina Interna. PRIMA DEGENZA IN MEDICINA INTERNA Il paziente, eupnoico a riposo, presentava dispnea per modico sforzo; edemi alle estremità inferiori a carattere colonnare e allo scroto; macroglossia; tiroide palpabile in toto; non linfonodi palpabili al collo e/o negli altri distretti. All’obiettività clinica il murmure vescicolare era diffusamente aspro e ridotto ad entrambe le basi; il fegato aumentato di volume e di consistenza, la milza nei limiti. Alla radiografia del torace si riscontrava una diffusa accentuazione del disegno polmonare con ili addensati; seni costo frenici liberi. All’ECG il ritmo era sinusale, bassi i voltaggi periferici, presenti alterazioni diffuse della ripolarizzazione ventricolare. Alla valutazione ecocardiografica il ventricolo sinistro appariva di normali dimensioni con frazione di eiezione conservata; anche le restanti cavità cardiache erano nei limiti. Agli esami ematochimici normale era la funzionalità epatica e renale; elevati i valori di VES (85) mentre la PCR era negativa; nei limiti la funzionalità tiroidea; elevati i valori del peptide natriuretico atriale (pBNP -­‐ 5200 pg/mL (v.n 0 – 450 pg/mL ). EGA (eseguito in AA): ph 7.47 pCO2 44 mmHg pO2 62 mmHg SO2 93 %, HCO3-­‐ 32 mmol/L. Primo orientamento diagnostico: Scompenso cardiaco, data la sintomatologia clinica, supportata dagli elevati valori di pBNP. In tal senso il paziente veniva sottoposto a terapia diuretica: furosemide (3 fiale da 20 mg in infusione continua in 45 c di soluzione fisiologica in pompa-­‐siringa alla velocità di 2.1 cc/h) prima e, successivamente, per via orale (furosemide 25 mg 1 cp x 2/die), associata a diuretico risparmiatore di potassio (canreonato di potassio al dosaggio di 25 mg/die) con netto miglioramento clinico, riduzione degli edemi e risoluzione della dispnea. Tuttavia, alla luce del protidogramma elettroforetico che evidenziava una severa ipoprotidemia totale (3.3 g %), grave ipoalbuminemia (1.4 g %) ed iperalfa-­‐2 globulinemia, si eseguiva la determinazione della proteinuria delle 24 ore con riscontro di elevati valori di proteine urinarie (4848 mg/24 ore). Secondo orientamento diagnostico A quel punto la diagnosi era di Sindrome Nefrosica in normoteso (tabella 1). Alla già intrapresa terapia diuretica si associava terapia steroidea ed albuminica, con ulteriore miglioramento clinico e risoluzione degli edemi declivi. Veniva eseguito dosaggio di ANA, ENA, ANCA (anticorpi anticitoplasma neutrofili) -­‐ pANCA e cANCA -­‐ che risultavano negativi. Successivamente il paziente veniva trasferito presso la Nefrologia della nostra ASP (Ospedale di Agrigento) per approfondimento eziologico della Sindrome Nefrosica. (tabella 2) Sindrome Nefrosica : definizione e diagnosi -­‐ Urinaria: •Proteinuria > 50 mg/Kg/die oppure 40 mg/m2/h (Pr/Cr>3) -­‐ Ematica: •Ipoalbuminemia <2,5 g %; ipoprotidemia <5 g % -­‐ Clinica: •Edemi clinicamente evidenti quando la ritenzione di fluidi supera il 3-­‐5% di peso corporeo (palpebrali, pretibiali, scrotali fino ad arrivare ad uno stato di anasarca con ascite, versamento pericardico e pleurico) Tabella 1. Criteri diagnostici della sindrome nefrosica Forme primitive di sindrome nefrosica in età adulta Glomerulonefrite a lesioni minime Glomerulosclerosi focale Glomerulonefrite membranosa Glomerulonefrite membrano -­‐ proliferativa Forme secondarie di sindrome nefrosica in età adulta • Malattie metaboliche o infiammatorie: Diabete mellito, Amiloidosi. • Malattie immunitarie: Lupus eritematoso sistemico; Porpora di Schonlein-­‐Henoch, Poliarterite nodosa, Sindrome di Sjogren, Sarcoidosi. • Neoplasie: Leucemie, Linfomi, Mieloma multiplo, Carcinomi, Melanoma. •Nefro-­‐tossicità: Sali d'oro, Penicillamina, Antiflogistici non-­‐steroidei, Litio, Eroina. •Allergeni: Punture d'insetto,morso di serpente, Siero antitossine. • Malattie infettive: Batteriche (glomerulonefriti post-­‐infettive, da shunt infetto, endocardite batterica, etc); Virale (da virus epatite B e C, HIV, Epstein-­‐Barr, Herpes zoster); Protozoarie; Elmintica; Schistosomi; Filarie. •Eredo-­‐familiari: Sindrome di Alport, Morbo di Fabry. •Altre: Tossiemia della gravidanza (Pre-­‐eclampsia), Ipertensione maligna. Tabella 2. Classificazione patogenetica della sindrome nefrosica RICOVERO IN AMBIENTE NEFROLOGICO In data 5 novembre 2015 in ambiente nefrologico il paziente veniva sottoposto a biopsia renale ecoguidata con prelievo di due frustoli dal polo inferiore del rene sinistro. Il controllo ultrasonografico ed ecocolordoppler eseguito dopo 24 ore dall’indagine bioptica non evidenziava alcuna complicanza degna di nota. Terza ipotesi diagnostica Il paziente veniva successivamente dimesso, in data 7 novembre 2015, dalla UO di Nefrologia con la seguente diagnosi “ Insufficienza renale cronica moderata (stadio II KDIGO 2012) in paziente con Sindrome nefrosica in corso di definizione istologica. Diabete mellito iatrogeno”, in attesa di referto istologico della biopsia renale eseguita. Venivano, inoltre, eseguite l’ immunofissazione sierica ed urinaria (in corso di refertazione al momento della dimissione). Veniva consigliata terapia •
diuretica ad alte dosi (Lasix 500 mg cp ¼ cp/die – Luvion 50 mg cp 1 cp/2 volte la setimana), •
steroidea (Deltacortene 25 mg cp 2 cp/la mattina e 1 cp il pomeriggio), •
con Ace -­‐ Inibitore (Ramipril 5 mg cp 1 cp la mattina), •
tromboprofilattica (Enoxaparina sodica 4000 una fiala sc/die), •
insulinica, a seguito del riscontro di iperglicemia iatrogena, con glulisina analogo rapido (Insulina Apidra 4 U sc a pranzo), •
statine (Simvastatina 40 mg cp 1 cp la sera) ed omegagrassi (Eskim 1000 1 cp il pomeriggio). SECONDA DEGENZA IN MEDICINA INTERNA In data 22 novembre 2015 il paziente tornava alla nostra attenzione per la comparsa di edemi ingravescenti e di parestesie sensitivo-­‐motorie agli arti inferiori “a calza”, con andamento che si estendeva progressivamente in modo centripeto. Al reingresso nella nostra UO, il paziente presentava •
uno stato di anasarca con vistosi edemi declivi, allo scroto e al volto; inoltre •
severa ipotrofia a carico dei muscoli quadricipiti bilateralmente. Agli esami ematochimici, eseguiti all'ingresso, •
si presentavano normali i valori di creatininemia (0.81 mg%); •
il protidogramma elettroforetico mostrava una severa e peggiorata ipoalbuminemia (1.2 g %); •
più spiccata la perdita di proteine nella raccolta delle urine delle 24 ore (8164 mg/24 ore); •
ancora più elevati i valori di pBNP (10.029 pg/mL). Pertanto, in attesa del risultato dell’esame istologico della biopsia renale e data l’evidenza di una chiara componente di scompenso cardiaco, veniva eseguita una nuova ecografia cardiaca con evidenza di un ventricolo sinistro di normali dimensioni, con funzione di pompa e spessori lievemente aumentati; ma -­‐ avendo espressamente chiesto all’ecocardiografista di valutare un eventuale pattern da malattia di accumulo -­‐ veniva riscontrato a carico del tessuto miocardico una tipologia rinfrangente a grani fini, suggestiva per malattia da deposito. Nel corso del ricovero l’astenia muscolare era diventata progressiva ed ingravescente con deficit della deambulazione e progressivo allettamento. Pertanto il paziente veniva sottoposto a biopsia muscolare del quadricipite destro, il cui successivo esame istologico risultava, però, negativo per malattia degenerativa e/o da accumulo. Nel frattempo pervenivano i risultati della immunofissazione sierica, con riscontro di modesta componente monoclonale di tipo lgM – lambda e ridotta la quota policlonale delle altre classi immunoglobuliniche; all’immunofissazione urinaria, inoltre, riscontro di catene leggere libere monoclonali di tipo lambda. Il risultato della biopsia renale – successivamente pervenutoci -­‐ evidenziava •
alla microscopia ottica a carico di tutti glomeruli “ampie aree di deposizioni di materiale amorfo, sia mesangiale che parietale, debolmente PAS positive. L’interstizio era sede di rari tralci fibrosi. Anche le arterie e le arteriole presentavano depositi parietali con le stesse caratteristiche dei depositi glomerulari. Il rosso Congo risultava positivo (Figura 1), con birifrangenza verde mela alla luce polarizzata. La proteina AA risultava negativa alla verifica immunoistochimica. •
All’immunoflourescenza si evidenziava una debole positività delle catene leggere lambda nelle aree di deposizione di amiloide. La tioflavina presentava forte positività nelle stesse aree. Il quadro istologico concludeva per Amiloidosi renale di tipo AL, data la debole positività delle catene leggere lambda (UO di Anatomia Patologica dell’Ospedale di Sciacca e successiva conferma dalla UO di Anatomia Patologica, Citologia Diagnostica e Laboratorio di Genetica Medica, Centro di Nefropatologia dell’Azienda Ospedaliera S. Gerardo di Monza)”. Successivamente il paziente proseguiva il percorso ematologico presso altra sede. Figura 1: Biopsia renale. A, B: colorazione rosso Congo. A: depositi glomerulari in mesangio, a carico delle pareti dei capillari e della capsula di Bowman Congo rosso-­‐positivi. B: tipica birifrangenza verde mela sotto la luce polarizzata. C: immunofluorescenza. Depositi di amiloide glomerulari macchiati positivamente con il coniugato anti-­‐lambda. DIAGNOSI La diagnosi finale è stata di Amiloidosi AL con interessamento multiorgano (renale, cardiaco e neurologico periferico). Le Amiloidosi sistemiche comprendono un gruppo eterogeneo di patologie caratterizzate da proteine anomale che, anormalmente piegate, si depositano sottoforma di fibrille nei vari organi e tessuti dell’organismo, dando vita ad un deposito chiamato, appunto, amiloide 1 . Il danno che l’amiloide provoca ai vari organi e tessuti è dovuto al suo progressivo accumulo. Attualmente, più di 25 differenti proteine (e molte altre varianti) sono note per essere coinvolte nella patogenesi dell’amiloidosi e altri tipi di proteine vengono continuamente aggiunti a questa lista.2 Pertanto è stata sviluppata una recente e moderna nomenclatura che si basa sul tipo di proteina coinvolta dove si trova il prefisso “A”, per amiloide, seguito da un acronimo derivato dal nome della proteina; così, AL designa amiloide derivata da catena leggera di immunoglobulina, ATTR designa amiloide derivata dalla transtiretina, AFib indica amiloide derivata dal fibrinogeno e Aβ indica l’amiloide derivata dalla proteina β, che è associata alla malattia di Alzheimer. 3 -­‐ 4 Anche se questa classificazione “molecular-­‐based” delle Amiloidosi è molto precisa e prevede la possibilità di aggiungere in futuro eventuali altre proteine, una suddivisione più semplice in amiloidosi sistemiche e localizzata potrebbe essere più rilevante per la pratica clinica. Va precisato, però, che se taluni depositi di amiloide sono a localizzazione esclusiva (per esempio, in diverse amiloidosi cerebrale e in quella associata a tumori endocrini), altri (soprattutto AL) possono essere sia sistemici che localizzati. Pertanto, la tipizzazione dell’ amiloide, seguita da un accurato staging per una prima distinzione tra forma localizzata e sistemica, impone un adeguato follow-­‐up nelle forme AL (localizzate), dal momento che, attualmente, non è chiaro se questa forma di Amiloidosi inizialmente localizzata possa progredire verso un processo sistemico. Ciò è importante tenendo conto che, se la gestione dei depositi di amiloide localizzati è prevalentemente conservativa, il trattamento della forma sistemica comporta approcci radicali che vanno dalla chemioterapia aggressiva al trapianto epatico fino a nuove terapie farmacologiche di targeting della fibrillogenesi sistemica attualmente in corso di sviluppo. La classificazione clinica delle Amiloidosi 5 distingue le seguenti forme: (tabella 3) •
Amiloidosi primaria AL, •
Amiloidosi secondaria AA, •
Amiloidosi ereditarie, •
Altre forme. Amiloidosi primaria (AL) •
Non associata a malattie preesistenti o coesistenti •
Associata a mieloma multiplo Amiloidosi secondaria o reattiva (AA) •
Associata a malattie infettive croniche (es. osteomielite, TBC, lebbra) •
Associata a malattie infiammatorie croniche (es. artrite reumatoide) Amiloidosi eredofamiliare •
Associata alla febbre mediterranea (tipo AA) •
Associata a sindromi neuropatiche, renali, cardiovascolari (tipo ATTR, Gel, Lys, Fib, etc.) Amiloidosi locale •
Depositi focali, simil-­‐tumorali, spesso in ghiandole endocrine Amiloidosi “senile” •
Associata all’invecchiamento (soprattutto a livello del cuore e dell'encefalo) Amiloidosi dell’emodialisi (β2m) •
Associata a emodialisi protratta per mesi od anni.
Tabella 3. Classificazione clinica delle amiloidosi (tradotto e modificato da 5 ) I dati epidemiologici disponibili sono scarsi e non rappresentativi del fenomeno, dal momento che la diagnosi di Amiloidosi è spesso tardiva o misconosciuta per la reale difficoltà a valutare e riconoscere i sintomi d’esordio, di solito altamente aspecifici. Anche se in Italia compaiano circa 800 nuovi casi di Amiloidosi ogni anno, si ritiene che la rarità dei casi segnalati possa essere dovuta, almeno in parte, ad un ritardo diagnostico (e talvolta ad una mancata diagnosi) di mesi, od addirittura di anni, per la scarsità dei sintomi all’esordio e per la lentezza e delle manifestazioni di danno negli organi. L’incidenza stimata dell’Amiloidosi AL è attorno a 5.1-­‐12.8/milione di persone/anno (popolazione U.S.A.)6. In Italia su 836 pazienti (dati della casistica del Centro per l’Amiloidosi del Policlinico S. Matteo di Pavia del 2008)7, l’amiloidosi AL riguardava il 68% dei casi, l’Amiloidosi eredofamiliare TTR il 20% dei casi, l’Amiloidosi AA l’11% dei casi. L’ Amiloidosi AL o Amiloidosi a catena leggere o Amiloidosi immunoglobulinica o Amiloidosi primitiva o primaria è la più comune con una prevalenza di 1-­‐5 casi / 10 000 è anche la più grave perché spesso l’organo bersaglio è il cuore. Essa è caratterizzata da depositi di catene leggere di immunoglobuline monoclonali, proteine che vengono prodotte da un clone di plasmacellule. Per motivi non noti, queste immunoglobuline, una volta assolta la loro funzione, non si dissolvono, ma, al contrario, si trasformano in fibrille di amiloide e si accumulano progressivamente, trasportate dal flusso sanguigno, nei vari organi e tessuti. L'Amiloidosi AL spesso colpisce più di un organo; più spesso il cuore (nel 75% dei pazienti), i reni (nel 65% dei casi), il fegato (20%) e i nervi periferici ed autonomici (20%). In alcuni casi i pazienti hanno un aumento di dimensioni della lingua e macchie di colore rosso porpora sulla pelle del volto -­‐ in particolare intorno agli occhi -­‐ e del collo. L’Amiloidosi secondaria AA è un tipo di amiloidosi che è secondario a diverse altre malattie. Essa è causata dalla persistente elevata concentrazione di SAA (Serum Amyloid A), una proteina che viene sintetizzata e secreta a livello epatico con un processo mediato da “citochine pro-­‐
infiammatorie” (IL-­‐1, IL-­‐6 e TNFalfa), prodotte in corso di processi infiammatori cronici, quali le malattie autoimmuni, le febbri periodiche ereditarie, le infezioni croniche ed alcune neoplasie (Tabella 4). I frammenti della SAA tendono a depositarsi in vari organi sottoforma di fibrille amiloidi. In questo tipo di amiloidosi, gli organi generalmente interessati in modo più serio sono i reni, fegato e milza e, più raramente, il cuore. In questi casi, il trattamento della patologia primaria può rallentare, o addirittura bloccare, la progressione dell’amiloidosi. Malattie infiammatorie croniche Infezioni croniche Neoplasie Artrite reumatoide Osteomielite tubercolare Epatoma Artrite psoriasiaca Bronchiectasie Carcinoma renale Artrite cronica giovanile Lebbra Malattia di Castleman Spondilite anchilosante Pielonefrite Malattia di Hodgkin Sindrome di Behcet Ulcere da decubito Leucemia a cellule capellute Sindrome di Reiter Malattia di Whipple Macroglob. di Waldenström Malattia di Still dell’adulto Acne conglobata Malattie infiammatorie intestinali Immunodeficienza comune variabile Febbri ereditarie periodiche Ipo-­‐/agammaglobulinemia (FMF, TRAPS, HIDS, FCU, MWS) Tabella 4. Condizioni associate all’Amiloidosi AA. Nelle Amiloidosi ereditarie sono diverse le proteine interessate le cui mutazioni ne sono l’origine. Fra i diversi tipi di amiloidosi ereditaria, la più frequente è l’amiloidosi da transtiretina (amiloidosi TTR, MIM 176300), con modalità di trasmissione di tipo autosomico dominante. La transtiretina (TTR) è una proteina che viene secreta principalmente dall’organo epatico ed è deputata al trasporto di ormoni tiroidei (tiroxina e RBP, proteina legante il retinolo). Clinicamente, in questo tipo di amiloidosi, ad essere maggiormente coinvolti sono generalmente il sistema nervoso periferico ed autonomico. L’Amiloidosi TTR presenta alcune similitudini con l’amiloidosi AL, ma, a differenza di quest’ultima, è una patologia con minore aggressività e in cui le probabilità di sopravvivenza risultano maggiori. Diagnosi L’obiettivo primario deve essere quello di arrivare il più precocemente possibile alla diagnosi, per minimizzare il fenomeno del deposito fibrillare negli organi ed il conseguente danno funzionale. La variabilità dei sintomi e delle loro modalità temporali d’esordio (che spesso è subdolo e lento); il coinvolgimento, in genere silente, di diversi organi; le differenze strutturali delle fibrille di amiloide coinvolte e del loro meccanismo di produzione possono costituire delle difficoltà per la diagnosi. 8 I punti diagnostici principali sono quindi due: 1. sospettare l’amiloidosi, 9-­‐10 2. dimostrare la validità dell’ipotesi diagnostica. 11 -­‐ 12 In linea con la definizione di amiloidosi, una diagnosi generica di amiloidosi richiede o la positività del rosso Congo e/o la dimostrazione al microscopio elettronico della natura fibrillare dei depositi. È importante sottolineare che i vetrini colorati con rosso Congo devono essere esaminati sotto luce polarizzata e solo la presenza di depositi birifrangenti verde mela è considerata diagnostica di amiloide. L’amiloide appare al microscopio ottico come una sostanza extracellulare amorfa, eosinofila, PAS negativa o debolmente positiva e negativa all’impregnazione argentica. La microscopia elettronica è estremamente utile a confermare la diagnosi, dimostrando il tipico aspetto fibrillare dei depositi, con una distribuzione irregolare e disordinata che altera completamente le aree mesangiali e/o parietali interessate. Le fibrille hanno uno spessore intorno ai 10 nm e non sono ramificate.13 Accertamenti strumentali (per esempio RMN cardiaca o scintigrafia) possono suscitare il sospetto di amiloidosi, ma non sono sufficienti per formulare la diagnosi. 14 Il NT-­‐proBNP è il più sensibile, anche se non specifico, marcatore per cardiomiopatia amiloidea. Una concentrazione > 332 ng/L ha il 100% di sensitività e, anche in pazienti asintomatici con ecocardiogramma normale, predice lo sviluppo di amiloidosi cardiaca. 15-­‐ 16 L'identificazione di proteine monoclonali amiloidogeniche richiede immunofissazione sierica ed urinaria combinata con quantificazione delle FLC (frazioni delle catene leggere). 17 -­‐ 18 Il caso ci pone delle riflessioni. Innanzitutto non è abituale porre la diagnosi di Amiloidosi: per cui è necessario “pensarci”. I sintomi della malattia dipendono dagli organi interessati e dal tipo di Amiloidosi. Il sospetto clinico si può (anzi si deve) basare su alcuni elementi “cardine” che indicano se e quali organi sono interessati. Questi elementi (anche se non presenti tutti assieme) sono evidenziabili all’esame obiettivo o con indagini strumentali e/o di laboratorio. Anche se le Amiloidosi sistemiche coinvolgono più organi, i reni sono l'organo più frequentemente colpito per cui l’Amiloidosi rientra nella diagnosi differenziale delle proteinurie, come nel nostro caso. Il concomitante interessamento cardiaco con evidenza all’ecocardiografia di una cardiomegalia ipertrofica restrittiva (gli spessori sono aumentati, compreso il setto, e vi è un tipico aspetto “a vetro smerigliato”) e i bassi voltaggi all’ ECG, devono farci pensare ad una malattia da accumulo. Caratteristico è l'aspetto ecografico del miocardio “a vetro smerigliato” che, in realtà, anche in presenza di amiloidosi certa, può talvolta mancare. Tra gli esami di laboratorio, il Pro-­‐NT-­‐BNP è in grado di fornire una specifica e sensibile stima del grado di insufficienza cardiaca presente.10 Ma soprattutto è la presenza simultanea di sindrome nefrosica ed insufficienza cardiaca in un paziente non diabetico che ci ha spinto a pensare ad una malattia di accumulo come l’Amiloidosi e alla necessità di proseguire gli accertamenti con una biopsia. Successivamente la sopraggiunta neuropatia periferica ha solo confermato la necessità di proseguo diagnostico (in effetti abbiamo eseguito una biopsia, ma potevamo anche attendere l’esame istologico di quella renale già eseguita, tenendo conto che, alla luce della diagnosi finale, si poteva evitare anche quella renale ed eseguirne una meno invasiva sul grasso periombelicale (da segnalare che la biopsia muscolare è risultata negativa – ma, a posteriori, ci viene di pensare che forse fosse “falsamente negativa”). Per la diagnosi, accanto alle indagini istologiche sopraindicate, è tassativo effettuare un’elettroforesi, sierica e urinaria, per escludere o confermare la presenza di una gammapatia o componente monoclonale CM (caratteristica dell’amiloidosi AL, che tra l’altro è la forma più frequente). Se viene confermata all’elettroforesi la presenza di una CM, l’indagine di laboratorio deve essere approfondita con l’immunofissazione che rivela quale tipo di Ig sia coinvolta nella CM. All’elettroforesi va aggiunto il dosaggio di IgG, IgA, IgM che indica oltre alla CM la presenza di un interessamento (riduzione) delle altre Ig non coinvolte. Infine è d’obbligo il dosaggio delle catene leggere delle Ig, per il quale esistono diversi metodi di dosaggio con diversa sensibilità. Attualmente la metodica del dosaggio sierico delle catene leggere libere o FLC (Free Light Chains) è quella che assicura la maggiore accuratezza e sensibilità, giungendo a dosare quantità dell’ordine di 1 mg/litro. La tabella 6 riepiloga quando sospettare un’Amiloidosi sistemica 8, mentre la Tabella 7 ci guida a come porre diagnosi di un’Amiloidosi sistemica 8 ed, infine, la tabella 8 ci indica gli esami di laboratorio e le indagini strumentali di “supporto” alla diagnosi di Amiloidosi sistemica8. Il sospetto diagnostico di amiloidosi deve essere posto in presenza di uno o più dei segni clinici di seguito elencati, in un contesto clinico suggestivo. • Cardiomiopatia ipertrofica all’esame ecocardiografico. Si deve tenere presente che questo segno è spesso tardivo e rilevabile soltanto quando si è instaurato un grave danno funzionale del cuore, in particolare nell’amiloidosi AL. • La presenza di aumentata ecoriflettenza del miocardio accresce il sospetto ecocardiografico di amiloidosi, ma non è indispensabile per richiedere un approfondimento diagnostico. • La presenza di bassi voltaggi periferici all’ECG accresce ulteriormente il sospetto clinico, ma non è indispensabile per richiedere un approfondimento diagnostico. • Cardiomiopatia ipertrofica con “late enhancement” alla RMN cardiaca con gadolinio. • Concentrazione elevata (>332 ng/L) di NT-­‐proBNP (o di BNP) in un paziente con gammapatia monoclonale. • Proteinuria glomerulare con albuminuria superiore a 0.5 g/24 ore, con o senza insufficienza renale. • Neuropatia periferica assonale, prevalentemente sensitiva (soprattutto termica e dolorifica, anche con elettroneurografia negativa) associata a segni/sintomi disautonomici, a rapido peggioramento. • Ipogonadismo ipergonadotropo con ingrossamento testicolare, dopo esclusione di processi proliferativi. • Macroglossia. • Porpora periorbitale e/o alla base del collo. • Epatomegalia senza lesioni focali con elevati indici di colestasi. • Ipotensione ortostatica con episodi lipotimici e/o sincopali. • Diarrea cronica con malassorbimento e calo ponderale. • Familiarità per amiloidosi ereditaria. Tabella 6. Quando sospettare un’amiloidosi sistemica? (modificata da 8) L’approccio diagnostico si fonda sui seguenti tre accertamenti fondamentali: • la dimostrazione di materiale birifrangente in luce polarizzata dopo colorazione con rosso Congo; • la tipizzazione dei depositi di amiloide con l’individuazione certa della proteina amiloidogenica; • l’identificazione di una mutazione amiloidogenica nota associata alla dimostrazione di depositi di amiloide (nelle amiloidosi ereditarie); La tipizzazione immunoistochimica deve essere coerente con il quadro clinico. Tabella 7. Come diagnosticare un’amiloidosi sistemica? (modificata da 8) Esami di laboratorio
Per l’amiloidosi AL
•
Elettroforesi proteica sierica ed immunofissazione sierica
•
Elettroforesi urinaria ed immunofissazione urinaria
•
IgG, IgA, IgM, FLC (Free Light Chains)
•
βετα2 microglobulina, PCR, VES, LDH, Glicemia, emocromo, Na, K, Cl, Ca, P, esame urine
•
NT-ProBNP, CK-MB, Troponina T (per verificare l’entità dell’interessamento cardiaco)
•
Biopsia osteomidollare e ago aspirato midollare (se è stata accertata nel siero e/o urine la presenza di una
componente monoclonale)
•
Fosfatasi alcalina, gammaGT, ALT (per verificare l’entità dell’interessamento epatico)
•
Creatinina, Azotemia, uricemia, proteinuria/24 h (per verificare l’entità dell’interessamento renale)
Per l’amiloidosi AA
•
Dosaggio di PCR, VES, Ferritina, Fattore reumatoide, ENA, ANA, SAA (Serum Amyloid A).
Per l’amiloidosi TTR
•
Ricerca genetica delle mutazioni per TTR (transtiretina), ApoI, Fibrinogeno, lisozima
Indagini strumentali
•
per il cuore: ECG, Ecocardiografia, Holter ECG, Angio RNM con Delay enhancement,
•
per il rene e per il fegato: ecografia
•
per l’apparato digerente: endoscopia (EGDS e RSCS)
•
per il sistema nervoso periferico: ENG e EMG
Tabella 8. Esami di laboratorio Indagini strumentali di “supporto” alla diagnosi di amiloidosi sistemica (modificata da 8) Bibliografia 1. Merlini G, Wechalekar A and Giovanni Palladini. Systemic light chain amyloidosis: an update for treating physicians. Blood 2013; 121:5124-­‐5130. 2. Falk RH et al: The systemic amyloidosis. N Engl J Med 1997; 13: 898-­‐919. 3. Desport E, Bridoux F, Sirac C, Delbes S, Bender S, Fernandez B, Quellard N, Lacombe C, Goujon JM, Lavergne D , Abraham J, Touchard G, Fermand JP, Jaccard A. AL Amyloidosis. Orphanet J Rare Dis. 2012; 21: 7 -­‐ 54. 4. Picken M. Amyloidosis. Where Are We Now and Where Are We Heading? Archives of Pathology & Laboratory Medicine: April 2010, Vol. 134, No. 4, pp. 545-­‐551. Special Issue —
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