Vol. 100, N. 5, Maggio 2009 Pagg. 247-252 Case Records dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR Fondazione G. Monasterio - Regione Toscana “Comunicare meglio per curare meglio” Un caso atipico di amiloidosi cardiaca Alberto Giannoni1,2, Donato Giovanni Aquaro1, Lorenzo Masi1, Edoardo Benedetti3, Nadia Cecconi3, Claudio Passino1,2, Michele Emdin1 Riassunto. Una iniziale diagnosi di cardiopatia ischemica-ipertensiva, basata sul riscontro di angina, ischemia miocardica da sforzo ed albero coronarico indenne da lesioni, viene messa in discussione da una risonanza magnetica cardiaca per valutazione dell’ipertrofia miocardica, con sospetto di amiloidosi e finale documentazione di mieloma multiplo alla biopsia osteomidollare. Parole chiave. Amiloidosi cardiaca, ispessimento miocardico, mieloma multiplo. Summary. An atypical case of cardiac amyloidosis. The described report deals with the case of a patient with diagnosis of ischemic-hypertensive cardiomyiopathy based on the history of angina and inducible myocardial ischemia with normal coronary arteries. However, after cardiac magnetic resonance, the typical amyloidotic pattern is found and the final diagnosis of multiple myeloma is made at osteomedullary biopsy. Key words. Cardiac amylodosis, multiple myeloma, myocardial wall thickening. Introduzione Descrizione del caso L’amiloidosi cardiaca è una delle manifestazioni sistemiche di un gruppo eterogeneo di patologie caratterizzate dalla deposizione di polimeri betafibrillari di amiloide1,2. Questa malattia è spesso misconosciuta ed anche nei casi in cui viene posta la diagnosi, l’identificazione della patologia sottostante è fondamentale per impostare una strategia terapeutica mirata ed evitare errori di gestione clinica3. Il paziente, di sesso maschile (51 anni), giungeva alla nostra osservazione con una diagnosi pregressa di angina ed ischemia miocardica da sforzo in sede infero-laterale (con onda T negativa nelle derivazioni corrispondenti all’elettrocardiogramma basale), albero coronarico indenne da lesioni aterosclerotiche significative ed ipertrofia ventricolare sinistra ritenuta compatibile con un’eziologia ipertensiva (ipertensione arteriosa diagnosticata cinque anni prima ed in terapia farmacologica efficace con ramipril). Dalla documentazione relativa a questo primo ricovero risultavano valori di pressione arteriosa compatibili con ipertensione di grado lieve (140/90 mmHg) ed un esame obiettivo sostanzialmente nella norma. L’elettrocardiogramma basale (figura 1a), oltre a evidenziare un lieve incremento dei voltaggi sulle derivazioni precordiali, confermava la presenza delle anomalie della ripolarizzazione in sede infero-laterale, mentre la radiografia del torace non mostrava cardiomegalia, ma la presenza di un quadro di diffusa imbibizione polmonare interstiziale (figura 1b). Descriviamo il caso di un paziente giunto alla nostra osservazione con sospetto di cardiopatia ischemica-ipertensiva e diagnosi finale di amiloidosi cardiaca secondaria a mieloma multiplo. 1 UOC Medicina Cardiovascolare e RM Lab, Fondazione G. Monasterio CNR-Regione Toscana, Pisa; 2Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa; 3UO Ematologia Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Pisa. Pervenuto il 30 aprile 2009. 248 Recenti Progressi in Medicina, 100, 5, 2009 Gli esami bioumorali evidenziavano lieve elevazione dei peptidi natriuretici cardiaci [BNP: 70 ng/L (v.n. <50 ng/L); NT-proBNP: 259 ng/L (v.n. <157 ng/L)] e la presenza di ipogammaglobulinemia al tracciato elettroforetico. All’ecocardiogramma transtoracico si riscontrava un quadro di incremento simmetrico degli spessori miocardici (setto interventricolare: 14 mm; parete posteriore: 13 mm) con normale funzione sistolica globale e pattern diastolico pseudo-normale (figure 1c e 1d). Il paziente veniva, in relazione alla sintomatologia similanginosa ed alla documentazione scintigrafica di ischemia, sottoposto infine a coronarografia con evidenza di un albero coronarico indenne da lesioni (figure 1e e 1f). Per questo motivo veniva fatta diagnosi di alterazione del microcircolo secandaria a cardiopatia ipertensiva ed il paziente veniva dimesso senza modificare la terapia farmacologica domiciliare. A domicilio, il paziente iniziava, tuttavia, a presentare dispnea da sforzo. Tre mesi dopo la dimissione, per un episodio di dolore toracico a riposo, veniva valutato in sede di pronto soccorso, dove, durante le indagini del caso, veniva posto il sospetto ecocardiografico di cardiomiopatia ipertrofica. Veniva dunque eseguita una risonanza magnetica cardiaca, che confermava la presenza di incremento simmetrico degli spessori miocardici, evidenziando inoltre ipertrofia del setto interatriale e la presenza di versamento pericardico diffuso e pleurico bilaterale (figura 2). Al “delayed enhancement”, dopo somministrazione di gadolinio-chelati, si evidenziava infine un pattern fortemente suggestivo di amiloidosi cardiaca: rapido svuotamento della cavità miocardica, lento passaggio a livello di parete ed accumulo di gadolinio a doppio binario a livello subendocardico e subepicardico, sia a livello biventricolare che biatriale (figura 3). Il paziente veniva dunque ricoverato (2° ricovero) presso il nostro reparto. In relazione alla risonanza magnetica cardiaca ed alla presenza di ipogammaglobulinemia confermata al tracciato elettroforetico (figura 4a), nel sospetto di amiloidosi primaria, veniva eseguita immunofissazione delle catene leggere sieriche ed urinarie con evidenza di componente monoclonale lambda (figura 4b). Il dosaggio delle catene leggere mostrava la presenza di catene lambda sieriche nella norma ed urinarie significativamente elevate [13,3 mg/L (v.n. 0,0-3,9 mg/L)] con riduzione del rapporto kappa/lambda sierico [1,03 mg/L (v.n. 1,35-2,1 mg/L)]. In accordo con l’ematologo, il paziente veniva sottoposto a biopsia del grasso periombelicale, risultata negativa per amiloide alla colorazione con rosso congo ed a biopsia osteomidollare con riscontro di incremento significativo della componente plasmacellulare [15-18% di plasmacellule con restrizione monotipica della catena lambda (v.n. <5%)], compatibile con un quadro di mieloma multiplo (“early mieloma”). Veniva dunque iniziata una terapia cardiologica per l’evidenza di scompenso diastolico, in presenza di normale funzione sistolica regionale e globale (frazione di eiezione 60%), aggiungendo betabloccante, antialdosteronico e minima dose di furosemide alla terapia in atto. In seguito, l’ematologo impostava la terapia specifica per il mieloma associando lenalidomide e desametasone (4 cicli, 1 ogni 28 giorni). Mentre al monitoraggio ecocardiografico seriato si assisteva ad un progressivo e rapido incremento degli spessori miocardici (fino a 20 mm a livello del setto interventricolare e 18 mm a carico della parete posteriore dopo un anno dal primo ecocardiogramma) ed evoluzione verso un pattern diastolico restrittivo, dopo l’inizio della terapia ematologica e cardioprotettiva, si verificava una inversione nel trend di crescita dei peptidi natriuretici cardiaci e dei valori di troponina (figura 5). Tale andamento era accompagnato da una significativa riduzione dei valori delle catene urinarie lambda fino a valori normali (da 12,5 a 3 mg/L [v.n. <3,9 mg/L] dopo un solo ciclo di chemioterapia). Il paziente veniva infine sottoposto a mobilizzazione mediante fattori di crescita delle cellule staminali periferiche per eventuale somministrazione, in caso di insufficiente risposta ematologica, di chemioterapia ad alte dosi (melphalan) e successiva reinfusione di cellule staminali. Discussione Il caso qui esposto rappresenta una condizione clinica frequente in cui si pone la necessità di fare una diagnosi differenziale in seguito al riscontro strumentale di incremento degli spessori miocardici. Dopo la documentazione di quella che viene spesso impropriamente definita ipertrofia miocardica all’ecocardiogramma, si pone il problema di individuare la causa che ne è alla base. In questo caso, l’iniziale diagnosi di una semplice cardiopatia ipertensiva in un soggetto iperteso sembrava l’interpretazione più semplice ed apparentemente più logica. Tuttavia, la clinica insolita (precordialgie e soprattutto dispnea da sforzo) per un paziente con relativo buon controllo dei valori di pressione arteriosa, la progressione strumentale (incremento degli spessori miocardici) e bioumorale (elevazione dei peptidi natriuretici e della troponina) hanno portato ad aggiustare la mira, sospettando in primis una cardiomiopatia ipertrofica e, infine, ponendo la diagnosi di cardiomiopatia amiloidotica secondaria a mieloma multiplo che ne era alla base. L’amiloidosi cardiaca rappresenta la più frequente forma di cardiopatia infiltrativa con un’incidenza della forma primaria che varia tra 5,1 e 12,8 nuovi casi per milione di persone all’anno3. Tale patologia è dovuta alla deposizione di sostanza amiloide a livello cardiaco: nella maggior parte dei casi è parte di un processo sistemico, mentre in una percentuale minore si presenta come una forma isolata4. Il termine amiloidosi, derivante dalla prima osservazione macroscopica di Virchow, è in realtà da riferire ad un gruppo eterogeneo di patologie accumunate dalla deposizione di polimeri con struttura beta-fibrillare a livello tessutale5. Le proteine coinvolte nel processo di polimerizzazione sono diverse a seconda della patologia che ne è alla base, come è variabile la percentuale dei casi in cui è presente un coinvolgimento cardiaco3. Nella forma più frequente di amiloidosi, ovvero quella primaria, dovuta alla polimerizzazione di catene leggere delle gammaglobuline monoclonali, l’interessamento cardiaco è piuttosto frequente ed ha solitamente un’evoluzione più aggressiva come nel nostro caso. Nella forma secondaria, dovuta alla polimerizzazione di amiloide A tipica di malattie infettive ed infiammatorie croniche, l’interessamento cardiaco è praticamente assente. Infine, nelle forme di amiloidosi familiare, l’interessamento cardiaco di solito di entità lieve-moderata è prevalentemente circoscritto alle forme dovute alla mutazione della transtiretina. Infine, anche nelle forme senili con transtiretina “wild-type” l’interessamento cardiaco è solo lentamente progressivo. 249 A. Giannoni et al.: Un caso atipico di amiloidosi cardiaca a b c d e f Figura 1: Esami strumentali riferibili al primo ricovero effettuato dal paziente: (a) elettrocardiogramma basale con incremento dei voltaggi nelle derivazioni precordiali ed onda T negativa asimmetrica infero-laterale; (b) radiografia del torace con segni di imbibizione interstiziale; (c) ecocardiogramma con segni di ipertrofia ventricolare e (d) pattern diastolico pseudonormale; (e,f) coronarografia con albero coronarico indenne da lesioni. 250 Recenti Progressi in Medicina, 100, 5, 2009 Figura 2. Alla risonanza magnetica cardiaca (4 camere) si evidenzia la presenza di ipertrofia ventricolare simmetrica, con coinvolgimento del setto interatriale e documentazione di versamento pericardico e pleurico bilaterale. Figura 3. Dopo somministrazione di gadolinio-chelati si evidenzia un rapido wash-out a livello della cavità ventricolare sinistra, seguito da un lento passaggio del mezzo di contrasto paramagnetico a livello di parete con finale delayed enhancement a livello subepicardico e subendocardico. 20 Setto interventricolare (mm) 18 16 8000 14 6000 4000 NT-proBNP (ng/L) 0.8 2000 0.6 0.4 Troponina(ng/mL) 0.2 01/03/08 01/07/08 11/11/08 01/03/09 1° ricovero 2° ricovero 3° ricovero 4° ricovero ramipril bisoprololo aldactone furosemide deltacortene lenalidomide Figura 4. Evidenza di ipogammaglobulinemia al tracciato elettroforetico delle proteine plasmatiche (riquadro a) e successiva identificazione all’immunofissazione di componente monoclonale lambda (riquadro b). Figura 5. Andamento temporale dello spessore del setto interventricolare, dei livelli di NT-proBNP e di troponina. L’inizio di una terapia cardioprotettiva e della terapia ematologica per la malattia di base (mieloma multiplo) garantiscono una signficativa riduzione dei valori dei peptidi natriuretici e della troponina, nonostante rimanga invariato la progressione degli spessori di parete a livello ventricolare. Il terzo ed il quarto ricovero corrispondono rispettivamente ad una riacutizzazione di scompenso durante la terapia ematologica e ad una rivalutazione generale del caso alla fine della chemioterapia. A. Giannoni et al.: Un caso atipico di amiloidosi cardiaca Il caso clinico presentato è peculiare nelle diverse atipicità (soprattutto da un punto di vista diagnostico), che lo rendono interessante nel generare il dubbio di fronte a facili semplificazioni interpretative. La presenza di dispnea ingravescente è una condizione estremamente frequente nei pazienti con amiloidosi cardiaca, raggiungendo percentuali superiori al 90% dei casi, mentre la presenza di angina è piuttosto inusuale. In questi rari casi, in cui il sintomo può essere spiegato dalla presenza di concomitante interessamento microvascolare, è possibile che la documentazione di ischemia inducibile porti a cateterismo cardiaco con evidenza di normalità dei vasi epicardici3,6, esattamente come nel nostro caso. Da un punto di vista diagnostico, l’elettrocardiogramma tipico è caratterizzato da una riduzione dei voltaggi sulle derivazioni periferiche ma soprattutto sulle precordiali. Tuttavia, esiste, e non va trascurata, la possibilità di essere depistati da elettrocardiogrammi con voltaggi nella norma o addirittura aumentati, presenti fino al 20% in una casistica di pazienti con diagnosi bioptica di amiloidosi cardiaca7. L’ecocardiogramma del paziente presentava le tipiche alterazioni che vengono comunemente evidenziate nei pazienti con amiloidosi cardiaca, ovvero incremento rapidamente progressivo degli spessori miocardici in modo simmetrico, associati ad alterazioni della fase diastolica (pattern restrittivo). Una caratteristica interessante è proprio legata alla velocità con cui si realizza l’aumento degli spessori nel momento in cui iniziano a polimerizzare le subunità monomeriche a livello tessutale (6 mm in meno di un anno nel nostro caso), parametro che sembra avere un significato prognostico in caso di amiloidosi primaria8. La risonanza magnetica consente, in base al sospetto ecocardiografico – pur non garantendo ovviamente una caratterizzazione tessutale che spetta solo alla biopsia – di indirizzare il clinico verso la diagnosi di amiloidosi. Nel nostro caso, la presenza di “delayed enhancement” a doppio binario a livello subendocardico e subepicardico e le caratteristiche di rapido svuotamento di cavità e rallentato lavaggio di parete del gadolinio hanno fortemente suggerito la possibilità di un quadro di amiloidosi cardiaca3,9. La biopsia miocardica, infine, consente di porre la diagnosi con certezza in seguito alla tipica colorazione con rosso congo ed alla birifrangenza verde alla luce polarizzata3. Tuttavia, non è strettamente necessario effettuare la biopsia miocardica in presenza di un aspetto tipico all’imaging cardiaco (ecocardiogramma e risonanza magnetica) e nel caso della diagnosi istologica in un altro tessuto3. La biopsia del grasso periombelicale è una metodica semplice, ma risulta negativa nel 30% dei casi pur in presenza di amiloidosi da catene leggere10. Nel nostro caso, la negatività del grasso periombelicale è stata smentita dalla successiva documentazione alla biopsia osteomidollare di prevalenza plasmacellulare con componente monoclonale lambda confermata anche all’im- 251 munofissazione delle catene leggere urinarie. Da sottolineare, a tal riguardo, anche l’ipogammaglobulinemia al tracciato elettroforetico iniziale come verosimile conseguenza della differenziazione plasmacellulare legata al mieloma multiplo. Una volta posta la diagnosi di mieloma multiplo e nel fondato sospetto di amiloidosi da catene leggere, è molto importante iniziare precocemente un trattamento specifico, poiché la malattia, se lasciata al suo decorso naturale, in caso di interessamento cardiaco porta ad exitus in un periodo solitamente inferiore ai 6 mesi11. In relazione a ciò, è determinanante l’iniziale stratificazione prognostica dei pazienti, stratificazione che si basa essenzialmente su parametri bioumorali quali l’elevazione della troponina e dei peptidi natriuretici4. Inoltre, il comportamento dei peptidi natriuretici e delle catene leggere libere (“free light chains”) durante il trattamento è fondamentale per valutare l’efficacia dello stesso. Le strategie terapeutiche si concentrano essenzialmente nel trattamento della patologia ematologica di base e nell’instaurazione di una adeguata profilassi cardiaca. La chemioterapia standard è tuttavia gravata dal fatto che la risposta ematologica si verifica più lentamente rispetto alla rapida evolutività della patologia cardiaca che spesso conduce ugualmente ed inesorabilmente all’exitus4. Inoltre, l’associazione con i corticosteroidi può determinare peggioramento dello scompenso cardiaco. La chemioterapia ad alte dosi ha una maggiore efficacia sulla patologia di base, arrestando la produzione di catene leggere anomale, ma spesso è gravata da una significativa mortalità a causa dell’interessamento cardiaco. Per questo recentemente è stata proposta una strategia combinata di trapianto cardiaco, seguìto dall’instaurazione di chemioterapia ad alte dose ed autotrapianto di cellule staminali, che sembra dare risultati incoraggianti rispetto al solo trapianto cardiaco.12 Per quanto riguarda le terapie cardioprotettive, ci sono pochi dati sull’uso di betabloccanti, aceinibitori, sartanici ed antialdosteronici, ma sicuramente in relazione al pattern restrittivo l’uso di vasodilatori deve essere utilizzato con cautela. Il possibile legame con i polimeri di amiloide sembra giustificare la maggiore predisposizione a tossicità digitalica e la tendenza a marcata ipotensione dopo terapia con calcio-antagonisti. L’uso di diuretici è importante per mantenere un corretto equilibrio idrosalino con necessità di dosaggi elevati in caso di concomitante interessamento renale4. Recenti prospettive terapeutiche alternative mirano ad incrementare il wash-out delle componenti monomeriche dei polimeri di amiloide, o a determinare l’unfolding dei polimeri stessi con l’obiettivo non solo di rallentare o arrestare la progressione della malattia, ma di garantire il recupero funzionale degli organi bersaglio della malattia13. In conclusione, il caso presentato ci mette in guardia dal ricorrere a schematismi legati alla presentazione clinica più probabile di una data patologia. 252 Recenti Progressi in Medicina, 100, 5, 2009 Esistono, infatti, diverse eccezioni alla presentazione classica dell’amiloidosi, legate in parte all’eterogeneità delle patologie che ne sono alla base ed in parte anche alle possibili comorbilità presenti al momento della diagnosi. È possibile che le atipicità, in alcuni casi, coincidano (come nel nostro caso l’elettrocardiogramma e la biopsia del grasso periombelicale), per cui occorre fare uno sforzo di attenzione nel momento in cui la logica dell’ovvio indirizza verso la diagnosi più semplice. Il sintomo (in questo caso la dispnea) e la rivalutazione dell’eziologia dell’ipertrofia miocardica, inizialmente attribuita a cardiopatia ipertensiva, hanno contribuito – insieme con l’analisi del tracciato elettroforetico e con le risultanze della risonanza magnetica cardiaca – a generare il seme del dubbio che deve sempre accompagnare il clinico nella fuga da “ovvi” algoritmi interpretativi. Bibliografia 1. Falk RH, Comenzo RL, Skinner M. The systemic amyloidoses. N Engl J Med 1997; 337: 898-909. 2. Merlini G, Bellotti V. Molecular mechanisms of amyloidosis. N Engl J Med 2003; 349: 583-96. 3. Falk RH. Diagnosis and management of the cardiac amyloidoses. Circulation 2005; 112; 2047-60. 4. 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