Clinica di Chirurgia dei Trapianti – Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti – Ancona Via Conca 71 - Torrette - www.ospedaliriuniti.marche.it - Tel. 071-5965727 COLANGIOCARCINOMA Il colangiocarcinoma è una rara forma di tumore maligno che origina dal fegato e colpisce maggiormente la popolazione maschile. Il colangiocarcinoma può originare dalle cellule epiteliali dei dotti biliari, sia intraepatici che extraepatici, ad eccezione della colecisti e dell’ampolla di Vater. Anatomicamente viene classificato in colangiocarcinoma intraepatico, colangiocarcinoma ilare e tumore del dotto biliare distale extraepatico. Dal punto di vista istologico, ossia delle caratteristiche delle cellule che lo compongono, il colangiocarcinoma (extraepatico) può assumere diverse varianti: prevalentemente si tratta di un adenocarcinoma (papillare, mucinoso, a cellule chiare, tipo intestinale ecc), oppure di un carcinoma (a cellule squamose, indifferenziato, a piccole cellule ecc). In relazione al grado di differenziazione, ossia alla somiglianza o meno delle cellule tumorali a quelle dell’epitelio di origine, abbiamo tumori ben differenziati, mediamente differenziati e scarsamente differenziati o indifferenziati. Incidenza In Europa vengono diagnosticati ogni anno circa 50.000 nuovi casi di tumore di origine epatica e circa il 20% di questi è rappresentato dal colangiocarcinoma. La maggior parte dei pazienti ha più di 65 anni, con un picco tra i 70 e 80 anni. La malattia è più frequente nei Paesi del sud-est asiatico, a causa dei differenti fattori di rischio ambientali, anche se negli ultimi anni il numero di nuovi casi sta aumentando anche in Occidente. Fattori di rischio La maggior parte dei colangiocarcinomi originano senza evidenti fattori causali. Tuttavia, in una minoranza di casi, sono note delle condizione, abitudini o esposizioni ambientali che aumentano la probabilità di sviluppare il tumore, i cosiddetti fattori di rischio. I principali fattori di rischio identificati che hanno in comune un processo di infiammazione cronica delle strutture biliari sono: • La colangite sclerosante primitiva: una malattia nella quale i dotti biliari intraepatici ed extraepatici si restringono e diventano “stenotici” per un’infiammazione che provoca cicatrici; tale restringimento ostacola il deflusso della bile che si accumula nel fegato, danneggiando le sue cellule; spesso si associa a una malattia infiammatoria intestinale (rettocolite ulcerosa e malattia di Crohn). • Le malformazioni cistiche delle vie biliari (malattia di Caroli e cisti coledociche): che comportano un reflusso e una stasi delle secrezioni bilio-pancreatiche, la formazione di calcoli e le contaminazioni batteriche. • Le infestazioni parassitarie: tipicamente nei Paesi orientali, come quella da fascicola epatica contratta attraverso il consumo di pesce crudo o poco cotto che porta alla cosiddetta colangioepatite d’Oriente. Clinica di Chirurgia dei Trapianti – Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti – Ancona Via Conca 71 - Torrette - www.ospedaliriuniti.marche.it - Tel. 071-5965727 • La cirrosi epatica: una condizione caratterizzata da degenerazione e rigenerazione nodulare del fegato, dovuta spesso ad abuso di alcol oppure all’infezione dei virus dell'epatite B (HBV) e C (HCV) oppure ad alcune rare malattie ereditarie del metabolismo, come l'emocromatosi, la tirosinemia, il deficit di alfa-1 tripsina, l'ipercitrullinemia, la glicogenosi e il morbo di Wilson. • L’esposizione ad agenti fisici e chimici come radon, asbesto, thorotrast, nitrosammine e diossina. Il ruolo del fumo di tabacco e, recentemente, dell’obesità invece non è ancora stato chiarito. Sintomi I segni e sintomi clinici di presentazione dipendono dalla sede del tumore. Infatti, il colangiocarcinoma si può sviluppare in un punto qualsiasi lungo le vie biliari e viene pertanto classificato in colangiocarcinoma intraepatico, ilare o del dotto biliare distale extraepatico. L’ittero, ossia la caratteristica colorazione giallastra della pelle e della parte bianca degli occhi, dovuto al riversarsi della bile nel sangue anziché nell'intestino, è frequentemente un segno iniziale dei tumori delle vie biliari extraepatiche, mentre è meno frequente nei pazienti con colangiocarcinoma intraepatico. Altre presentazioni cliniche comuni in caso di ostruzione biliare sono: le feci poco colorate e cretacee, le urine di colore scuro, il prurito; inoltre, i segni clinici sono l’aumento del volume del fegato, anche sotto forma di massa nella regione addominale superiore destra talora associata a dolore, la perdita di peso e la febbre. Diagnosi La diagnosi di colangiocarcinoma non risulta sempre semplice, specie quando vengono a mancare quelle manifestazioni tipiche (ittero, dolore, alterazione di feci e urine) che allarmano il paziente e lo inducono a rivolgersi al medico e a sottoporsi agli accertamenti del caso. Nel sospetto di presenza di una neoplasia delle vie biliari occorre effettuare una serie di esami clinici, ematici (di laboratorio) e strumentali che consentano di giungere a una rapida e corretta diagnosi di conferma o di esclusione della malattia oncologica. La diagnosi deve avvalersi in primo luogo di un attento esame clinico potenzialmente capace di rilevare, attraverso la palpazione, la presenza di una massa nella regione superiore e destra dell’addome, un aumento delle dimensioni dei linfonodi superficiali e l’eventuale presenza di liquido libero nella cavità addominale. Tra gli esami di laboratorio risulta utile il dosaggio della bilirubina, della fosfatasi alcalina, della glutamiltrasferasi, nonché dei marcatori tumorali CEA e soprattutto CA 19.9, i cui valori sembrano importanti anche per escludere residui di malattia dopo l’intervento chirurgico, per documentare un’iniziale ricomparsa della malattia o per valutare gli effetti delle terapie mediche, in particolar modo della chemioterapia. Le indagini strumentali che possono essere impiegate per effettuare la diagnosi sono: • Ecografia dell’addome, serve anche a valutare i segni indiretti della malattia, come la dilatazione delle vie biliari e la presenza di noduli intraddominali o, durante l’intervento chirurgico, a eseguire prelievi (biopsie) di noduli sospetti; • TC (tomografia computerizzata o TAC) e la TC spirale. Clinica di Chirurgia dei Trapianti – Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti – Ancona Via Conca 71 - Torrette - www.ospedaliriuniti.marche.it - Tel. 071-5965727 • Risonanza magnetica (RM), tecnica radiologica simile alla TC dalla quale si differenzia perchè utilizza le onde magnetiche invece dei raggi X; • Colangio-RM, particolare forma di RM che permette di visualizzare tutte le vie biliari e il possibile ostacolo al deflusso della bile senza manovre invasive quali la colangiografia retrograda e la colangiografia percutanea • Colangiografia retrograda o ERCP (Endoscopic Retrograde CholangioPancreatography), manovra mini-invasiva eseguita come una normale gastroscopia, che non solo consente di visualizzare la via biliare principale, ma permette anche di effettuare manovre operative per rimuovere l’ostacolo; dal momento che è una manovra invasiva, può avere delle complicanze come la pancreatite • Colangiografia percutanea o PTC (Percutaneous Transhepatic Cholangiography), viene eseguita inserendo un catetere nelle vie biliari attraverso la parete addominale sotto guida radiologica, permettendo così la visualizzazione delle strutture biliari e il drenaggio della bile. Può essere eseguita solo in presenza di vie biliari dilatate a monte del restringimento tumorale • FDG-PET (tomografia a emissione di positroni) • Laparotomia/laparoscopia attraverso l’apertura chirurgica dell’addome e utilizzando una sonda ottica si esplorano gli organi interni; rappresenta l’unica modalità che consente di definire con certezza la resecabilità di una neoplasia; inoltre, consente il prelievo di materiale (biopsia) adatto alla definizione istologica della malattia. Trattamento La scelta del trattamento più appropriato si basa su diversi fattori legati sia direttamente alla malattia (estensione locale, coinvolgimento di organi o strutture adiacenti o a distanza - metastasi), sia al paziente (condizioni generali, età, patologie concomitanti). Il trattamento può essere di tipo chirurgico, oppure prevedere anche l’impiego di terapie mediche (chemioterapia e radioterapia), con lo scopo di curare definitivamente il tumore, oppure di contenerne o rallentarne la crescita, e lo sviluppo dei sintomi (cosiddetto trattamento palliativo). La chirurgia, che rappresenta l’unica opzione terapeutica in grado di offrire una possibilità di cura, deve garantire l’asportazione completa del tumore con margini indenni e può prevedere un intervento aggressivo (epatectomia parziale). La prognosi è strettamente legata alla radicalità della chirurgia, tuttavia la possibilità di rimuovere completamente la neoplasia varia a seconda della sede del tumore, arrivando fino al 70% nelle forme distali e solo al 15-20% in quelle prossimali. L’effettiva possibilità di rimuovere interamente il tumore viene determinata solamente durante l’esplorazione chirurgica dell’addome. La scelta del tipo di intervento chirurgico dipende dalla localizzazione e dalla diffusione del tumore; in particolare: • Per il colangiocarcinoma intraepatico, la resezione del fegato associata all’asportazione dei linfonodi del peduncolo epatoduodenale rappresenta l’intervento standard • Per il colangiocarcinoma ilare senza infiltrazione del tessuto epatico è indicata la resezione biliare semplice con asportazione dei linfonodi regionali ed eventualmente di un lobo (il Clinica di Chirurgia dei Trapianti – Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti – Ancona Via Conca 71 - Torrette - www.ospedaliriuniti.marche.it - Tel. 071-5965727 caudato) del fegato; se presente l’infiltrazione epatica, invece, si rende necessaria la resezione allargata della metà destra o sinistra del fegato • Per il colangiocarcinoma extraepatico distale, assimilabile ai tumori della testa pancreatica, l’intervento di scelta è rappresentato dalla duodenocefalopancreasectomia; nel caso in cui il tumore non risultasse resecabile, sono indicati comunque interventi a scopo palliativo. Quando il tumore è troppo diffuso e non asportabile chirurgicamente in maniera radicale o quando vi siano metastasi in altri organi si effettua un intervento di tipo palliativo, talvolta eseguito in condizioni di urgenza, la cui la finalità è quella di alleviare i sintomi derivanti dalla presenza della massa tumorale. Tali interventi consistono solitamente in derivazioni biliodigestive e nel posizionamento di endoprotesi per via endoscopica o percutanea. La radioterapia utilizza le radiazioni di raggi X o di altre fonti radianti, per distruggere le cellule tumorali. Può venire somministrata dall'esterno del corpo (radioterapia a fasci esterni) oppure dall'interno (radioterapia endoluminale e brachiterapia), quando si introduce la sorgente radioattiva nel tessuto neoplastico offrendo la possibilità di erogare un’alta dose di radiazione direttamente sul tumore con minimo danno per i tessuti normali, o in occasione dell’intervento chirurgico direttamente nell’addome (radioterapia intraoperatoria o IORT). Il ruolo della radioterapia nel trattamento del colangiocarcinoma non è ancora ben stabilito, mancando ancora gli ampi studi capaci di definire se possa essere considerata un trattamento standard. È noto che il colangiocarcinoma è un tumore a crescita piuttosto lenta, con tendenza a dare delle recidive locali, mentre le metastasi a distanza si manifestano più tardivamente. Per tale motivo potrebbe essere utile l’impiego di un trattamento radiante dopo l’intervento chirurgico (radioterapia adiuvante) per ridurre il numero di recidive. Tuttavia, essendo il colangiocarcinoma una malattia rara, il numero di studi clinici disponibili e di pazienti inclusi in tali studi è piuttosto limitato cosicchè non risulta ancora possibile trarre dati esaustivi sul ruolo di questa metodica nel trattamento di tale tumore. La radioterapia si è invece dimostrata utile nel controllare le neoplasie inoperabili e i sintomi correlati (radioterapia esterna + brachiterapia), senza però contribuire a prolungare la sopravvivenza dei pazienti. La chemioterapia è un trattamento che prevede l’impiego di farmaci in grado di distruggere le cellule tumorali (chemioterapici, antitumorali, antiblastici), che possono essere somministrati per bocca o generalmente iniettati per via endovenosa, sia singolarmente o, più comunemente, in combinazione tra loro (polichemioterapia). Una volta entrati nel flusso sanguigno, i chemioterapici vengono trasportati attraverso tutto il corpo, e per tale ragione la chemioterapia viene definita sistemica. Essa può essere somministrata prima dell'intervento chirurgico (chemioterapia primaria o neoadiuvante), al fine di ridurre le dimensioni della neoplasia facilitandone l’asportazione, oppure dopo l'intervento chirurgico (chemioterapia adiuvante), per ridurre il rischio di recidive o il rischio di sviluppare metastasi. Il ruolo della chemioterapia nel colangiocarcinoma è oggetto di studi, nessuno dei quali ha ancora portato a risultati definitivi circa la sua efficacia; essa viene pertanto offerta come trattamento adiuvante solo in casi selezionati, oppure, in pazienti in buone condizioni generali, come trattamento palliativo (chemioterapia palliativa) quando non sia possibile intervenire chirurgicamente a causa di un tumore troppo diffuso Clinica di Chirurgia dei Trapianti – Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti – Ancona Via Conca 71 - Torrette - www.ospedaliriuniti.marche.it - Tel. 071-5965727 localmente o di metastasi in altri organi per contenere la progressione del tumore, migliorare la qualità della vita (riducendo eventuali sintomi) e se possibile prolungare la sopravvivenza dei pazienti. Stadiazione La stadiazione del colangiocarcinoma intraepatico è simile a quella utilizzata per il carcinoma del fegato; per i colangiocarcinomi ilari ed extraepatici, invece, si fa riferimento al sistema TNM, alla classificazione dell’American Joint Committee on Cancer (AJCC) e alla classificazione di Bismuth-Corlette modificata. Nel sistema TNM vengono presi in considerazione tre parametri: • Dimensione della massa tumorale (T); • Localizzazione di cellule tumorali all'interno dei linfonodi regionali (ossia vicini al tumore)(N); • Assenza/presenza di metastasi a distanza (M). Il sistema TNM prevede una classificazione clinica (pre-trattamento, generalmente indicata come cTNM) ed una patologica (post-chirurgica istopatologica, indicata come pTNM). Il pTNM è fondamentale per la valutazione prognostica. Colangiocarcinoma extra-epatico - Classificazione TNM (UICC 2002) Tumore primitivo (T) T0: Non evidenza di tumore primitivo Tis: Carcinoma in situ T1: Tumore limitato istologicamente alla parete del dotto biliare T2: Tumore esteso oltre la parete del dotto biliare T3: Tumore che invade fegato, colecisti, pancreas e/o un singolo ramo della vena porta (destro o sinistro) T4: Tumore che invade una delle seguenti strutture: tronco portale principale o i suoi rami bilateralmente, arteria epatica comune, o altri organi adiacenti quali colon, stomaco, duodeno o parete addominale Linfonodi regionali (N) N0: Assenza di metastasi nei linfonodi regionali N1: Presenza di metastasi nei linfonodi regionali (Almeno tre linfonodi: linfonodi ilari, peripancreatici, periduodenali, dell’arteria mesenterica superiore. Metastasi a distanza (M) MX: Metastasi a distanza non definibili M0: Assenza di metastasi a distanza M1: Presenza di metastasi a distanza Clinica di Chirurgia dei Trapianti – Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti – Ancona Via Conca 71 - Torrette - www.ospedaliriuniti.marche.it - Tel. 071-5965727 Colangiocarcinoma intraepatico - Classificazione TNM (UICC 2002) Tumore primitivo (T) T0: Non evidenza di tumore primitivo T1: Tumore singolo senza invasione vascolare T2: Tumore singolo con invasione vascolare o tumori multipli nessuno > 5 cm T3: Tumori multipli > 5 cm o tumore che coinvolge un ramo principale della vena porta o della vena epatica T4: Tumore(i) con invasione diretta degli organi adiacenti ad eccezione della colecisti o con perforazione del peritoneo viscerale Linfonodi regionali (N) N0: Assenza di metastasi nei linfonodi regionali N1: Metastasi nei linfonodi del legamento epatoduodenale (Almeno tre linfonodi analizzati) Metastasi a distanza (M) M0: Assenza di metastasi a distanza M1: Presenza di metastasi a distanza Classificazione di Bismuth-Corlette modificata Tipo I - Tumore che comprende il dotto epatico comune Tipo II - Tumore che comprende la biforcazione del dotto epatico comune Tipo IIIa - Tumore che comprende il dotto epatico destro Tipo IIIb – Tumore che comprende il dotto epatico sinistro Tipo IV – Tumore che comprende entrambi i dotti epatici destro e sinistro Trattamento. Prognosi. Nel colangiocarcinoma, la prognosi dipende da: • Stato dei margini di resezione (migliore quando negativi) • Interessamento linfonodale (migliore in assenza di coinvolgimento linfonodale) • Variante istologica (migliore per i papillari) • Grado di differenziazione (migliore per i più differenziati) • Presenza di metastasi • Presenza di angioinvasione Clinica di Chirurgia dei Trapianti – Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti – Ancona Via Conca 71 - Torrette - www.ospedaliriuniti.marche.it - Tel. 071-5965727 Il fattore che più ampiamente influenza la sopravvivenza è rappresentato dallo stadio di malattia alla diagnosi. Purtroppo, la maggior parte dei pazienti affetti da colangiocarcinoma ha una prognosi sfavorevole, soprattutto perché buona parte di loro si presenta già al momento della diagnosi con una malattia avanzata; solo il 15-20% risulta candidabile all’intervento chirurgico, che rappresenta, come detto, l’unica possibilità di cura per questo tumore. Dopo resezione radicale di un colangiocarcinoma intraepatico, il tasso di sopravvivenza a 5 anni varia dal 8% al 47%; la prognosi migliore è raggiunta nei pazienti con margini di resezione negativi. La sopravvivenza a 5 anni dei pazienti che non possono essere sottoposti a intervento chirurgico è minore del 5%. Nei colangiocarcinomi extraepatici le percentuali di sopravvivenza a 5 anni variano dal 15-20% al 42% per i tumori localizzati e resecabili, mentre non superano l’1% per quelli metastatici.