Quel trauma - Infoteca.it

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malattie dimenticate
Quel trauma
che ferisce la psiche
La prima ricerca mondiale sulla sindrome posttraumatica da stress nei bambini - pubblicata dai
camilliani - ha acceso i riflettori su un disturbo
che colpisce anche molti rifugiati. L’esperienza
unica di un centro italiano legato ai gesuiti
Enrico Casale
Santone, psichiatra, responsabile del
Centro Samifo (Salute migranti forirca il 35% dei rifugiati e zati), nato nel 2006 a Roma grazie
dei richiedenti asilo che alla collaborazione tra Asl e Centro
arrivano in Italia han- Astalli (la sede italiana del Jesuit
no subito torture nei loro Paesi di Refugee Service), tiene a sottolineare
origine. La maggior parte di essi la rilevanza di questo disturbo poco
soffre di Disturbo post traumatico da conosciuto (e del quale poco si parla
stress (Dpts), una sindrome complessa sui media), ma le cui conseguenze
che va trattata con attenzione per- possono essere gravi.
ché, oltre a minacciare
Nato come categoria diala salute e la serenità I sintomi sono
gnostica verso la fine
della persona, rischia di diversi: disturbi
dell’Ottocento, lo stress
comprometterne il com- del sonno,
post traumatico viene
plesso iter burocratico di incubi, pensieri
studiato a fondo in amaccoglienza e la stessa ricorrenti e
bito militare negli anni
integrazione nella no- ossessivi,
Settanta e Ottanta (cfr
stra società». Giancarlo immagini
box p. 22). «I sintomi so-
«C
della violenza
vissuta,
depressione e
disturbi cognitivi
no diversi - spiega Santone -: si va dai
disturbi del sonno (insonnia grave) a
incubi che riguardano la propria storia personale, da pensieri ossessivi a
immagini della violenza vissuta (che
vengono riviste come in un film), dalla depressione ai disturbi cognitivi.
Ne soffre chi ha vissuto direttamente
la tortura o la violenza, ma anche chi
le ha subite indirettamente. Penso, per
esempio, ai familiari di persone uccise, torturate, minacciate, perseguitate. Noi ci occupiamo delle vittime
di tortura, ma il
disagio colpisce
L’integrazione
anche i militari
nella società
esposti per lunè un punto critico.
ghi periodi ai
Il sistema italiano
combattimenti,
di accoglienza è
i bambini vitticarente: mancano
me di violenza
i posti per
o chi ha vissuto
persone affette
calamità natuda questo disturbo
rali (terremoti,
e percorsi definiti
tsunami, inondi reinserimento
dazioni, ecc.)».
Non è sempre facile per gli operatori
sanitari riconoscere il disturbo perché, in molti casi, le manifestazioni
di disagio non vengono collegate
alla storia di tortura e violenza vissute dall’individuo e vengono trattate
singolarmente. «Per riuscire a individuare chi soffre di Dpts a causa
di tortura o violenza - continua il
medico - è necessario un lavoro in
rete con le strutture sanitarie, legali
e di accoglienza che lavorano con i
rifugiati e i richiedenti asilo sul territorio. Così quando gli operatori che
raccolgono la storia dei rifugiati nella
fase iniziale della richiesta di asilo, i
medici di base, gli operatori dei centri
di accoglienza rilevano una storia di
agosto-settembre 2011 Popoli 21
malattie dimenticate
detenzione o tortura, comportamenti
particolari o ferite sospette invitano
la persona a una visita psichiatrica.
La presa in carico da parte della nostra struttura è globale e non prende
in considerazione solo gli aspetti psicologici. Le persone vengono assistite
anche sotto il profilo medico generale
e nelle pratiche
le g a l i - bu r o Nel 2010 Samifo
cratiche che si
ha accompagnato
trovano ad af386 vittime di
tortura. La maggior frontare per il
riconoscimento
parte proviene
dello status di
dall’Africa, ma
rifugiato».
anche da Iran,
Nel 2010 il CenAfghanistan, Iraq,
tro Samifo ha
Kurdistan.
individuato e
Quasi tutti
accompagnato
sotto i 30 anni
386 vittime di
tortura. La maggior parte provengono dall’Africa (in particolare da zone
interessate da guerre o da instabilità
politica: Costa d’Avorio, Repubblica
Democratica del Congo, Etiopia, Eritrea, Guinea, Somalia, Sudan, Togo),
ma anche da Afghanistan, Iran, Iraq,
Kurdistan. Si tratta in maggioranza
di giovani sotto i 30 anni.
IPOTECA SUL FUTURO
«Le violenze fisiche e psicologiche
che hanno subito - continua Santone
- sono inimmaginabili per un italiano o un europeo. A queste si aggiungono quelle legate al viaggio verso
l’Europa che è esso stesso traumatico.
Pensiamo a quei ragazzi e ragazze
costretti ad attraversare il Sahara
e poi il Mediterraneo con mezzi di
fortuna e sottoposti ad angherie di
ogni sorta. La situazione non migliora neanche una volta raggiunta
l’Europa. Esiste infatti un trauma
post migrazione legato alla difficoltà
di trovare un lavoro e una casa, alla
marginalità, alla lontananza dalla famiglia di origine (della quale
spesso non si hanno notizie). Questi
fattori, mescolati tra loro, formano
una miscela in grado di spezzare
l’equilibrio psicofisico di molti rifugiati. A rimetterci, a volte, è lo stesso
percorso di riconoscimento dello status di rifugiato. Le vittime di tortura
LA SCHEDA
I primi studi in campo militare
A
lla fine della prima guerra mondiale li schernivano, chiamandoli «scemi di guerra».
Però quei soldati tornati a casa dopo aver trascorso quattro anni nelle trincee non
erano affatto «scemi», ma traumatizzati. La tensione continua causata dalla convivenza
quotidiana con la violenza e con la paura di morire provocava insonnia, incubi, stati di
stordimento, confusione, flashback degli eventi vissuti. Erano vittime del Disturbo post
traumatico da stress (Dpts).
Allora, parliamo degli anni Venti del secolo scorso, la gente comune non conosceva le
conseguenze dei conflitti sui soldati, anche se, a livello scientifico, esistevano già studi,
abbastanza approfonditi, su questa patologia. Alcuni psichiatri militari avevano infatti
condotto ricerche già al termine della guerra di secessione americana (1861-1865)
e della guerra russo-giapponese (1904-1905). Ma appunto erano studi effettuati da
medici militari e gli Stati maggiori non ci tenevano a rendere pubbliche le conseguenze
della violenza della guerra sui militari. Ma è dopo la seconda guerra mondiale e, in
particolare, nel corso della guerra di Corea e di quella del Vietnam che si approfondiscono gli studi e si definisce meglio la Dpts come categoria diagnostica (che riguarda
non solo l’ambito militare).
I pazienti vengono così classificati in tre categorie: primari, cioè le vittime dirette del
trauma (militari, ma anche vittime di tortura, violenza, eventi calamitosi); secondari,
testimoni diretti dell’evento o parenti delle vittime primarie; terziari, il personale di soccorso che lavora con le vittime primarie e secondarie. Molto spesso le persone colpite
da questo disturbo cercano sollievo in alcol, droghe o psicofarmaci peggiorando la loro
condizione. Il Dpts può invece essere superato in sede clinica attraverso trattamenti
psicoterapeutici specifici diretti sia alla vittima sia alla sua famiglia. Trattamenti, a
volte, associati a terapie farmacologiche.
22 Popoli agosto-settembre 2011
e di violenza affette da grave stress
post-traumatico soffrono di disturbi
dell’attenzione, della concentrazione
e della memoria. Ciò non solo impedisce di apprendere la nostra lingua
(anche a livello elementare), ma anche di ricostruire la propria storia. E
se la persona si confonde, non ricorda
bene o si sbaglia quando espone il
proprio vissuto alla commissione richiedenti asilo, può vedersi negato lo
status di rifugiato».
I medici e gli psichiatri del Samifo
intervengono con trattamenti farmacologici e con psicoterapie individuali (il centro non è ancora attrezzato
per le sedute di gruppo). «L’integrazione nella società - osserva Santone
- è un punto estremamente critico. Il
sistema italiano di accoglienza è carente: nei centri mancano i posti per
persone affette da questo disturbo e
sono inesistenti i percorsi definiti di
reinserimento per offrire autonomia
e indipendenza a queste persone.
Quindi non sono in molti quelli che
riescono a superare il disagio e a
integrarsi nella società».
Il Centro, che è un esempio unico al
mondo di collaborazione fra un’organizzazione del privato sociale (Centro Astalli) e un ente pubblico (Asl)
sul tema del Dpts, si batte affinché
a livello politico si prenda in seria
considerazione la sindrome. Finora
però con scarsi (o nulli) risultati. «In
questi anni - conclude Santone abbiamo elaborato, in base alla nostra esperienza, alcune linee-guida.
A giugno le abbiamo presentate al
ministero dell’Interno, al delegato
italiano dell’Alto commissariato per
i rifugiati delle Nazioni unite, allo
Sprar (il sistema di protezione per
richiedenti asilo dei Comuni italiani).
Non abbiamo avuto alcuna risposta.
Il problema però nei prossimi mesi
si acuirà. L’emergenza immigrazione
nel Mediterraneo, conseguenza delle
rivolte nordafricane, non fa che aumentare il numero di richiedenti asilo
in condizioni di sofferenza. Come
reagiremo a questo dramma?».
Giappone, due donne sconvolte di fronte
alla devastazione causata dal terremoto
che ha colpito il Paese l’11 marzo.
Piccole vittime
di un grande disturbo
Cristina Uguccioni
il nome di Disturbo post traumatico
da stress. In Abruzzo si è ora passati
giugno sono stati presentati alla seconda fase dell’intervento con
a Roma i risultati del primo l’allestimento di un ambulatorio a
studio mondiale sul Distur- L’Aquila, dove un team di psicoterabo post traumatico da stress (Dpts) peuti offre sostegno ai bambini.
nei bambini, condotto dall’Ordine Il progetto di questa ricerca è stato
dei ministri degli infermi - camil- messo a punto dalla Ctf, fondata nel
liani, attraverso la Camillian task 2001. «È tradizione del nostro Ordine
force (Ctf), dagli esperti dell’ospe- religioso, che si dedica alla saludale Bambino Gesù e finanziato te integrale dell’uomo, intervenire
da Caritas italiana. Dopo un lavoro nelle emergenze ovunque si verifidurato due anni, tra raccolta dati, chino - spiega fratel Luca Perletti,
screening e approfondimenti clinici Segretario generale dei camilliani -.
cui sono stati sottoposti i bambini e In questi ultimi anni abbiamo voluto
i ragazzi abruzzesi vittime del sisma coordinare meglio questi interventi
del 2009, la prima ricerca sul campo e la nostra strategia istituendo la Ctf.
mai realizzata al mondo dà evidenza Quando si verificano delle calamità
scientifica di quali cicatrici portino l’attenzione delle grandi organizzadentro di sé i più piccoli esposti zioni internazionali è concentrata
a catastrofi naturali. Ancora oggi, sui bisogni più immediati (la salute
fisica, la ricostruzione
a due anni di distanza
della casa e così via),
dal sisma, un bambino In Abruzzo, dopo
tuttavia non mancano
aquilano su sei rivive lo il terremoto de
nelle vittime problemi
stesso attimo dramma- L’Aquila, è stata
tico, prova paura inten- realizzata la prima di natura emozionale,
sa, senso di impotenza ricerca al mondo psicologica e spirituale,
problemi che si trascie orrore. Sintomi, ap- che dà evidenza
nano nel tempo e che
punto, che vanno sotto di quali cicatrici
A
portino dentro di
sé i piccoli esposti
a catastrofi
naturali
- come documenta la letteratura
scientifica - sono sottostimati, non
riconosciuti o addirittura non studiati, come nel caso dei bambini».
Questa è la ragione principale che
ha spinto i camilliani a ritenere che
Ctf dovesse dedicarsi a interventi di
aiuto e sostegno alle vittime di calamità, con particolare attenzione alla
salute mentale, psicologica e spirituale. Per questa attività possono
contare su uno staff multiculturale
e multilingue di operatori presenti
nelle strutture sanitarie che hanno
nel mondo o preparati nei 19 centri
di formazione alla pastorale della
salute dell’Ordine. Dal centro di Madrid, ad esempio, sono pronQuando si
te a partire perverificano calamità
sone in grado
non mancano
di intervenire
i problemi di
in tutto il Sud
natura emozionale,
America. La Ctf
psicologica
è impegnata
e spirituale,
principalmente
problemi
su due fronti,
che si trascinano
gli interventi
nel tempo e che
nell’emergenza
sono sottostimati
e la formazione.
La presentazione dello studio è stata
anche l’occasione per fare il punto su
altri interventi effettuati dai camilliani nel mondo. Oltre che in Abruzzo, sono infatti in corso progetti ad
Haiti, nelle Filippine, in Pakistan e
in Cile. Proprio in Cile, superata la
fase di emergenza del terremoto che
ha sconvolto il centro del Paese il
27 febbraio 2010, si stanno facendo
corsi di formazione per i pediatri,
mentre in Pakistan, dopo il sisma del
18 gennaio, padre Aris Miranda, coordinatore internazionale della Ctf, è
attualmente impegnato a formare gli
operatori delle Caritas locali e ha preparato sussidi che in futuro diventeranno un vero e proprio manuale di
counseling (tecnica di ascolto empatico e di accompagnamento). Altri
corsi per operatori di counseling
saranno presto istituiti in Vietnam,
Filippine, India e Thailandia.
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