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“Il Verbo degli Invisibili”
Esperienza teatrale con richiedenti asilo sopravvissuti a tortura
Regia di Nube Sandoval e Bernardo Rey
Organizzato da: C.I.R. Consiglio Italiano per i Rifugiati
Progetto VI.TO. (Accoglienza e cura delle vittime di tortura)
Il progetto VI.TO.
Dal 1996 il CIR gestisce il progetto VI.TO. – Accoglienza e Cura delle Vittime di Tortura,
co-finanziato dalla Commissione Europea e dal Fondo Volontario delle Nazioni Unite per le
Vittime di Tortura.
Il progetto è rivolto a richiedenti asilo e rifugiati sopravvissuti a traumi estremi e si avvale di
una équipe multidisciplinare che attraverso un approccio integrato si prende carico della
persona da un punto di vista medico, psicologico, sociale e legale.
Un aspetto particolarmente qualificante del progetto è la conduzione di esperienze
di laboratori pilota che, attraverso l’ergoterapia ed il teatro, costituiscono un
importante percorso di integrazione e riabilitazione psico-sociale, in particolare
nella fase iniziale della permanenza in Italia dei richiedenti asilo sopravvissuti a
tortura.
Nello specifico, l’esperienza teatrale, concepita come una elaborazione psicologica si basa
sul coinvolgimento del gruppo di lavoro, non soltanto nella recitazione ma anche nella
preparazione scenica e nelle musiche.
Il laboratorio
“Il teatro non può giustificare la sua esistenza se non è consapevole della sua missione
sociale. L’aggettivo “sociale” implica un’attitudine emozionale ed etica verso gli altri e il
risultato artistico è sempre influenzato da questa attitudine.”[1]
Un laboratorio di teatro è innanzi tutto uno spazio d’incontro fra uomini e donne per
lavorare su uomini e donne. Le vie per affrontare il lavoro sono innumerevoli, ma in un
incontro tra persone con provenienza, lingua e bagaglio culturale così diverse e storie
personali così spesso segnate da recente dolore e fuga la scelta era obbligata: gli “ostacoli”
dovevano diventare la nostra forza e la nostra fonte di ispirazione. Trasformando ogni
limitazione in una ricchezza incommensurabile.
Questo laboratorio di teatro dunque, si è proposto come un punto di ritrovo dove tutto era
da creare: i rapporti, un linguaggio comune, un ritrovare se stessi attraverso il
riconoscimento della propria cultura, un porsi domande sul qui e ora, un impegnarsi
creativamente in azioni collettive con responsabilità individuali, per arrivare infine, alla
creazione di uno spettacolo. Alla base c’è stato un lavoro pratico sui canti, sugli esercizi fisici
orientato alla ricerca dell’organicità del movimento, dell’ascolto dell’altro e della creazione
collettiva.
Lo spettacolo
All’inizio del lavoro la premessa ci fu data da un antico poema Sufi che racconta: Un giorno
uccelli di tutte le specie si riunirono in un congresso, il motivo era la crescente
preoccupazione per i problemi sostanziali che li opprimevano. Arrivarono insieme a capire
che la risposta alle loro preoccupazioni si trovava in un luogo lontano chiamato “Simurg”, si
avviarono quindi, alla sua ricerca in un lungo viaggio. Molti di loro morirono nell’intento,
alcuni si smarrirono e altri invece rinunciarono. Quei pochi che arrivarono sorvolando il
posto dove si trovava il “Simurg”, che era una laguna in cima a una montagna, riflettendosi
nelle acque videro nient’altro che loro stessi.
Come presupposto c’è sembrato valido, consapevoli di avere in comune un fatto: tutti noi
abbiamo intrapreso un lungo viaggio prima di incontrarci.
Ma il teatro che è fatto di illusioni e di implacabile realtà, il teatro che da sempre appartiene
al tempo in cui si crea e al suo contesto, nel percorso ci mise di fronte ad una realtà in
agguato.
L’attesa può essere rispetto al viaggio il suo perfetto antipode, oppure il suo destino. Per i
nostri “attori” l’attesa è diventata una condizione di vita: un richiedente asilo deve attendere
un anno per un appuntamento con la commissione che determinerà il suo futuro, e nel
limbo di un tempo che non gli appartiene deve attendere per ogni cosa, banale, vitale e
quotidiana.
“Aspettando Godot” di Samuel Beckett ci ha offerto il corpo e la testa di quest’attesa.
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