ASSOCIAZIONE PROMOZIONE DONNA
C.so Brescia 10, 10152, Torino
Tel. 011.8540055
Definizione dell'utenza
Le donne che si rivolgono all'Associazione, in età compresa tra i 30 ed i 55 anni, sono di bassa
estrazione sociale, economicamente poco autonome e raramente sostenute da una solida rete di
relazioni. Sono quasi sempre casalinghe italiane vittime di forme di violenza domestica (percosse o
violenza psicologica), capitano anche casi di nigeriane, già entrate in contatto con le assistenti sociali del
comune. Per le prostitute o donne vittime di violenza, queste vengono inviate all'Associazione Tampep.
Affluenza
L'affluenza media varia tra le 60 e le 70 donne annue, anche se le telefonate sono molto più numerose.
Spesso contattano l’Associazione delle donne che chiedono aiuto in quanto percosse o vessate dal
proprio compagno. Poi però, quando viene loro spiegato che la condizione necessaria per poter
continuare a beneficiare dei servizi è quella di denunciare presso le autorità competenti il compagno o
marito fautore della violenza, abbandonando il proprio domicilio o allontanando lui dallo stesso, molte
donne non si fanno più sentire.
Canali attraverso i quali l'utente conosce il servizio
Il canale privilegiato, attraverso cui molte delle future utenti raggiungono il servizio, è costituito dai
servizi sociali del comune. Sono spesso le assistenti sociali che inviano le donne. Generalmente, in
questi casi, è già stata esposta una denuncia contro l’aggressore, dal quale le vittime si sono ormai
allontanate. Altre volte ne vengono a conoscenza attraverso passa parola.
Richieste ed attese dell'utente
Le utenti che si rivolgono al servizio, direttamente o attraverso invio delle assistenti sociali, presentano
una serie molteplice e complessa di necessità, che vanno dal supporto psicologico a quello legale, per
procedere contro il proprio aggressore, ma anche di un domicilio e di un lavoro per potersi reinserire
socialmente e rendersi autonome.
Tipologia del servizio erogato
Il servizio è strutturato sulla sola base del volontariato. L’associazione si autofinanzia con il pagamento
della quota annua associativa. Se alla fine degli anni ’90 il numero di associate variava intorno alle 60
unità, adesso si contano 31 socie di cui 15 svolgono una regolare attività all’interno dell’organizzazione.
Il servizio offre:
-Accoglienza e primo ascolto, da parte della volontaria di turno che analizza il caso ed invia la donna
presso l’area di competenza che essa giudica necessaria: la psicologa, l’avvocato o il medico. Nel caso in
cui l’utente provenga dai servizi sociali questo compito è già stato svolto dall’assistenze sociale che
fornisce alla volontaria una cartella con il profilo della donna e le tappe che verranno percorse per il suo
sostegno.
-Supporto psicologico, medico e legale. Ogni donna ha diritto ad un incontro con ciascuna delle
professioniste (psicologa, legale, medico) che si recano in sede, sulla base di solo volontariato, in seguito
ad un appuntamento fissato dalla volontaria. Dopo questo incontro le utenti devono operare una scelta:
poter continuare ad usufruire del servizio e quindi denunciare il proprio aggressore allontanandosi
definitivamente da lui oppure interrompere il percorso. Qualora le stesse optino per la denuncia, si
precederà nella ricerca di un nuovo domicilio, con altre donne, dove potranno continuare a beneficiare,
in loco, del sostegno di una psicologa, un avvocato ed un medico.
-Casa protetta. L’Associazione gestisce una casa protetta, di proprietà della Provincia, aperta nel 1998
grazie al sostegno finanziario della Compagnia di San Paolo e dell’allora CRT. Questa dispone di 6 posti
letto conferibili alle utenti ed ai loro bambini per una durata massima di 3 mesi. Durante il periodo di
residenza le donne e gli eventuali minori a carico ricevono due volte alla settimana la visita della
psicologa, una volta alla settimana quella del medico (che è un pediatra) e, all’occorrenza, quella del
legale che le segue nelle pratiche. Intanto le volontarie dell’Associazione si impegnano nella ricerca di
una sistemazione più definitiva. Accede annualmente alla casa un numero di donne variabile tra le 60 e
le 80. Qualora si verifichino situazioni di necessità, alle quali l’Associazione non può rispondere per
mancanza di posti, ci si rivolge di norma a Suor Angela (definita dall’intervistata come molto potente in
questo settore) o al Sermig. Suor Angela pare possedere in città un numero non precisato di case
protette, site in luoghi di cui pochi conoscono l’indirizzo. Essa sostiene l’Associazione anche nel
momento in cui le donne che hanno terminato il trimestre presso la struttura non dispongano di una
nuova sistemazione. Uno dei luoghi in cui la Suora riceve nuove utenti in difficoltà è il seguente: via
Saccarelli n.2, Torino, tel: 011.480433.
Riferimenti di servizi medici o consultoriali esterni
Non trattandosi mai di donne violentate o vittime di aggressioni tali da necessitare l’intervento
immediato di un medico, l’Associazione non ha relazioni di alcun genere con le strutture sanitarie
esterne, del pubblico e del privato.
Le vittime di violenza
Si tratta per la maggior parte dei casi di violenza domestica, esercitata sotto forma di percosse e quasi
mai di aggressione sessuale. Di norma non sono situazioni occasionali, ma abitudini famigliari che
perdurano da tempo. Di recente, è capitato solo un caso in cui l’aggressore non era un famigliare, ma
un individuo esterno alla famiglia, il datore di lavoro. La donna non ha però desiderato procedere
legalmente contro il colpevole, optando per il licenziamento.
Livello di consapevolezza della violenza subita
Il livello di consapevolezza della violenza subita e la capacità di reazione contro l’aggressore variano
molto in rapporto all’età. Le donne più anziane, oltre i 50 anni, che si rivolgono all’associazione in un
impeto di disperazione, difficilmente trovano la forza di procedere legalmente o di abbandonare
definitivamente il marito. Passato un primo momento, infatti, esse tendono a legittimare l’accaduto
attraverso la difficoltà delle contingenze esterne che colpiscono l’uomo, rendendogli la vita difficile.
Denunciarlo significherebbe, inoltre, mettere al corrente figli, parenti ed amici, della situazione.