a.a. 2016-2017
Antropologia del patrimonio culturale
Heritage, partecipazione comunitaria e pratica etnografica.
Il caso-ricerca dell'Ecomuseo Casilino a Roma
1. Concetti chiave e posizionamento teorico
Cultura
Identità/Etnia
Tradizione
Autenticità
Patrimonio Culturale (materiale e immateriale)
Partecipazione
Ecomuseo
Cos’è la cultura….
Gli antropologi hanno a lungo sostenuto che la
condizione umana si distingue da quella di altre
specie per la produzione culturale.
Cos’è la cultura…..
Un complesso di idee, comportamenti,
simboli, azioni e disposizioni storicamente
determinati acquisiti e selezionati e
condivisi da un certo numero di individui,
attraverso i quali essi si accostano al
mondo in senso pratico e intellettuale.
Origini del concetto antropologico di
cultura: Edward B. Tylor
“La cultura o civiltà è quell’insieme
complesso che include le
conoscenze, le credenze, l’arte, la
morale, il diritto, il costume e
qualsiasi altra capacità e
abitudine acquisita dall’uomo in
quanto membro della società”
(Primitive Culture 1871)
Cultura/Culture
Cultura: l’uomo è produttore di cultura. La
cultura è un prodotto tipicamente umano
Culture: modi diversi in cui i diversi gruppi
umani producono idee e comportamenti
condivisi e con essi affrontano il mondo: lo
interpretano,
lo
conoscono,
lo
immaginano, vi si adattano, lo modificano.
Concetto di cultura
Tale concetto inizialmente aveva una
carica progressista e antirazzista, perché
riconosceva a tutti gli esseri umani pari
dignità in quanto esseri capaci di produrre
cultura, laddove in precedenza prevaleva
una concezione umanistica e occidentale
della cultura, intesa come produzione
culturale colta: le arti, la filosofia, etc.
Cultura
• Il concetto di cultura che per decenni è
stato al centro delle teorie antropologiche
è in realtà il concetto più controverso e
pericoloso che le scienze sociali abbiano
mai elaborato.
La critica al concetto di cultura
• Valenza progressista del concetto plurale
di “culture” all’inizio del XX secolo
• L’uso al plurale del concetto di cultura ha
permesso ad antropologi come Franz Boas
e Bronislaw Malinowski di sostenere che
anche i “primitivi” in modi diversi erano
“umani” come i popoli “civilizzati”.
La critica al concetto di
cultura
Alla fine del XX secolo l’uso al
plurale del concetto di cultura iniziò
ad
apparire
pericoloso
e
conservatore più che progressista.
Soprattutto perché è un concetto
che è diventato strumento politico
usato dai gruppi per discriminare ed
escludere gli altri (fondamentalismo
culturale, xenofobia e nuova destra
in Europa) – es. Lega Nord.
Dalla cultura come modello alla
cultura come rappresentazione
• E’ difficile e controverso delineare una
determinata tradizione culturale (e una
determinata “cultura”), perché ci sono molti
elementi contraddittori e anche molti elementi
condivisi con altre società e tradizioni culturali
(es. della religione e dell’economia che
veicolano istanze culturali e morali diverse).
• Inoltre molti individui prendono elementi culturali
da altre tradizioni rifiutandosi di perpetuare le
tradizioni del passato.
• I confini tra le tradizioni culturali sono sfumati e
sono caratterizzati spesso più da ciò che le
persone ritengono che siano le differenze
piuttosto che su differenze oggettive, che sono
molto più problematiche da stabilire.
Prospettiva “decostruzionista” al
concetto di cultura
La cultura non è più intesa come un’essenza da
cogliere, conoscere e interpretare, come un
insieme coerente e circoscritto ma come:
• una rappresentazione prodotta da interazioni e
da scambi dialogici che producono testi
• un processo dinamico che costruisce confini
culturali in continuo divenire.
cultura-culture:
le critiche al concetto plurale di cultura
– Condanna le persone a vivere come i loro
antenati secondo la “loro” cultura.
– Stigmatizza coloro che non lo fanno come
“inautentici”.
– Trascura ed esclude che esistano possibilità
alternative interne a quella cultura e che i suoi
membri possano decidere da sé
Uso strumentale del concetto di
cultura: culturalismo
Molti gruppi hanno ormai incorporato l’uso
plurale (e antropologico) della cultura
nella definizione che essi danno di sé, e in
alcuni casi gli antropologi difendono
questa mossa in quanto valida e
progressista.
Identità/Etnicità
Anche il concetto di “identità” (culturale”) e
quello affine di “etnicità” sono stati oggetto
negli ultimi decenni di forti ripensamenti
sul piano epistemologico e critiche.
Identità: un concetto che viene dalla
psicologia
• Il concetto di identità è stato discusso molto dagli psicoanalisti
• A partire dagli anni '50 il termine identità entra nella letteratura e
sembra subito uno di quei termini che indicano uno dei grandi dilemmi
dell'esistenza umana.
• Per la psicoanalisi l’identità comporta una coscienza della propria
persona come entità differenziata ma organizzata, che è separata e
distinta dal proprio ambiente. In ogni caso quindi si tratta di qualcosa
che ha a che fare con il proprio io, con l'individuo.
• Psicoanalisti come Erikson hanno assunto un approccio più
sociologico, dando più importanza ai fattori sociali (modelli sociali). In
ogni caso è sempre l'individuo il punto di partenza
Identità: un concetto che viene dalla psicologia
Come costrutto socio-psicologico, il concetto di “identità” a
lungo ha indicato un’essenza dell’individuo, qualcosa che
poteva essere presente o assente, che può essere forte,
debole, confuso, disordinato o in crisi.
I testi divulgativi di psicologia (es. Erikson 1968) hanno
diffuso questo modello dell’identità come qualcosa che è
legato alla salute dell’individuo (modello medico).
I testi sociologici a larga diffusione hanno esteso questo
modello ai gruppi o alle popolazioni.
In particolare l’etnicità –il senso di appartenenza verso un
gruppo etnico- iniziò ad essere considerata come qualcosa di
particolare importanza per il sentimento di identità individuale.
E così come l’assenza di una identità personale veniva
definita come una vera e propria malattia, lo stesso è stato
per la mancanza di una identità etnica.
Sono stati delineati dei paralleli:
come un individuo poteva perdere la propria identità o
confonderla per una amnesia o per non essere riuscito a
svilupparla nel corso dell’infanzia, allo stesso modo le
società o i gruppi potevano soffrire di “crisi di identità” se
avessero perduto contatto con la propria storia o le
proprie radici.
Questo modello “medico” era connotato su basi etiche; le
identità erano concettualizzate come necessarie e
positive. Queste inoltre –in particolare le identità etniche
o locali- divennero sempre più definite in termini culturali,
come “essenze culturali”.
Da una concezione psicologica ad una
concezione antropologica dell’identità
• L'introduzione in ambito antropologico di un
concetto preso dalla psicoanalisi pecca di
soggettivismo (ingiustificata intrusione della
psicologia). Tuttavia prendere a prestito un
concetto dalla psicoanalisi non significa usarlo
allo stesso modo o per gli stessi scopi.
• Mentre l'interesse del clinico è l'individuo e il
processo attraverso il quale egli acquista
l'immagine di sé e del mondo, per l'antropologo
il concetto servirà a chiarire questioni riguardanti
l'emergere di categorie etniche e le relazioni fra
di esse.
Identità etnica/etnicità
• Fino a poco tempo fa gli scienziati sociali
americani ritenevano che i gruppi etnici fossero
“gruppi culturali”.
• Prevaleva una concezione essenzialista e
primordialista dell’identità/etnicità, intese come
“essenze”, come entità cariche di valenza
affettive e stabili che orientavano in modo
prevedibile il comportamento.
Concezione essenzialista
(o primordialista) dell’etnicità
• Secondo questa concezione i gruppi etnici sono
immaginati come “naturali”, reali, eterni, stabili,
unità statiche al cui interno si manifestano
continuum di tratti statici.
• Gli studi che risultano da queste premesse
portano ad un approccio isolazionista che
enfatizza l’autenticità e l’eredità culturale a
danno di tratti culturali e condizioni storiche più
condivise.
• Approccio che spiega la violenza “etnica” come
una estensione dei legami di sangue al gruppo
ritenendola un fatto inevitabile
L’etnicità nell’antropologia/sociologica
statunitense
• Anni ’70: Glazer e Moynihan (Why Ethnicity e
Beyond the Melting Pot) distinguono tra un
approccio "primordialista" (componenti affettive
nella formazione dell'identità) e un approccio
"circostanzialista"
(posizione
sociologica,
influenza delle condizioni sociali sui sentimenti
di adesione etnica). Tra i due poli c'è una
complessa interazione.
• Negli USA i gruppi etnici diventano “gruppi di
interesse” che permangono e non si assimilano
anche se perdono connotazioni strettamente
culturali
Anni 70: F. Barth e i Confini Etnici
L’antropologo norvegese F. Barth ha fatto
notare come l'eccessiva importanza ai
fattori culturali, porti a diventare miopi nei
confronti di elementi che riguardano la
struttura sociale. Ciò che conta è la
formazione dei confini, non dal punto di
vista strettamente culturale, ma dal punto
di vista della rappresentazione del gruppo.
Approccio decostruzionista:
l’invenzione dell’identità/l’invenzione della
cultura (Sollors 1989)
• Da diversi anni la parola “invenzione” si è diffusa nel
linguaggio intellettuale. Si descrivono, analizzano e
criticano fenomeni diversi che vengono identificati come
“invenzione della cultura”.
• L’interpretazione di categorie prima considerate dal
punto di vista “essenzialista” (infanzia, generazioni,
amore romantico, genere, etc,) come “invenzioni” ha
portato al generale riconoscimento del carattere
interpretativo dei fenomeni culturali come risultato di
processi di costruzione culturale.
• “Invenzione” non è stato usato per significare
innovazione o originalità, piuttosto l’importanza che il
linguaggio riveste nella costruzione sociale della realtà.
Etnicità e nazionalismo come “invenzioni”
Anche quei fenomeni della vita moderna
incorporati in termini come “etnicità” o
“nazionalismo” possono essere discussi con
successo come “invenzioni”.
Benedict Anderson (Imagined communities) ha
riflettuto sulle condizioni che hanno portato
all’invenzione (immaginazione) delle moderne
nazioni e dei gruppi etnici.
L’etnicità come costruzione e come
processo della modernità
Chiamare l’etnicità (appartenere ed essere percepiti
dagli altri come appartenenti ad un determinato gruppo)
una “invenzione”, significa segnalare una interpretazione
in un contesto postmoderno.
L’etnicità è una costruzione, non è qualcosa di prefissato
a priori.
L’etnicità non è una forza antica radicata nel passato,
ma il tratto moderno di una strategia contrastiva che può
essere condivisa al di là dei confini al cui interno è
rivendicata. Segna un senso di appartenenza moderno.
Ma continua ad essere un processo non una cosa reale,
anche se gli attori la esplicitano come tale.
Guardare l’etnicità come un fenomeno moderno
non significa che i conflitti etnici siano meno reali
semplicemente perché essi possono essere
basati su una invenzione culturale.
E neppure comporta che la coscienza etnica sia
più debole.
Renderci conto della sua modernità, può
arricchire la nostra comprensione del fenomeno
etnico.
The invention of tradition (1983)
Il libro che può essere visto come modello
per applicare il concetto di invenzione ad
uno studio critico e storico del
nazionalismo (e dei prodotti culturali) è il
famoso “L’invenzione della tradizione” di
Hobsbawm e Ranger (1983).
Sul concetto di “tradizione”
Anche il concetto di “tradizione”, al pari dei
concetti di cultura e identità/etnicità è stato
oggetto negli ultimi anni di profondi
ripensamenti epistemologici
I
termini
“tradizione”
e
“società
tradizionale” sono associati all’etnologia.
“Tradizionalmente” l’etnologia si occupa
infatti di studiare fatti tradizionali.
La tradizione è una permanenza del passato
nel presente che si conserva nel tempo ?
-
- La tradizione è un particolare messaggio ?
- La tradizione è un modo di trasmissione ?
I figli che generano i padri: la tradizione come
filiazione inversa
•
Nessuna di queste tre interpretazioni permette di distinguere con ragione fatti
tradizionali da altri che non lo sarebbero.
•
Secondo l’antropologo G. Lenclud la tradizione non è un prodotto del passato, un
opera di un altro tempo che i contemporanei riceverebbero dal passato, ma
(riprendendo Pouillon) un “punto di vista” che gli uomini del presente sviluppano sul
passato, una interpretazione del passato condotta in funzione rigorosamente
contemporanea. Bisogna quindi invertire il processo, non andare più dal passato al
presente, ma dal presente al passato. La tradizione è una retroproiezione. La
tradizione istituisce una “filiazione inversa”: non sono i padri a generare i figli, ma i
figli che generano i propri padri. La tradizione è un processo di riconoscimento di
paternità.
• Il passato deve pur esserci stato affinché ci sia un
processo di riconoscimento, la sua invenzione non
sarebbe quindi totalmente libera (secondo Pouillon).
• Tuttavia i margini di manovra sono praticamente infiniti.
• La tradizione infatti resta tradizione anche quando essa
tradisce la verità. La sua forza non si misura sul criterio
dell’esattezza nell’esercizio della ricostruzione storica,
essa dice il vero anche quando dice il falso, in quanto
non si tratta per lei di corrispondere a fatti reali. La
tradizione è una retorica di ciò che si presume sia stato.
• Grazie alla tradizione una cultura si dota di un “genio”
che le conviene, che essa riveste di un paramento
arcaico. L’utilità di una tradizione è quella di offrire a tutti
quelli che la enunciano e la riproducono il mezzo per
affermare la loro differenza.
“Tradition: genuine or spurious ?”
Handler/Linnekin (1984)
• Contro una concezione naturalistica della
tradizione (deposito oggettivo di tratti che
provengono dal passato) questi autori ritengono
che la tradizione non sia qualcosa che esista di
per sé, che non possieda un essenza esperibile
indipendentemente dall'interpretazione che di
essa viene data.
• La tradizione è piuttosto un modello del passato
inseparabile dall'interpretazione della tradizione
del presente
• L'idea di tradizione portata avanti e usata dalle scienze
sociali si basa su una metafora naturalistica (nucleo di
tratti tramandati dal passato e definibili come un oggetto
naturale). La tradizione è paragonata ad un oggetto
naturale, che occupa uno spazio, dura nel tempo ed ha
una struttura molecolare.
• Contro questo paradigma Haldler e Linnekin
sostengono che la tradizione sia un processo simbolico:
il passato è sempre costruito nel presente. La tradizione
non è un'entità circoscritta fatta da componenti che la
costituiscono, ma un “processo di interpretazione” che
attribuisce significato nel presente facendo riferimento al
passato.
• L'ideologia occidentale della tradizione, con i suoi
assunti di unicità culturale è divenuta un modello politico
internazionale che la gente in tutto il mondo usa per
costruire immagini degli altri e di se stessi (culturalismo).