La dieta senza zucchero consiste nel ridurre le quantità di glicidi (zucchero e amido) apportati dall’alimentazione quotidiana. Questa è naturalmente obbligatoria nei casi di iperglicemia e di diabete, ma anche nel trattamento dei postumi dell’infarto, dato che l’abuso di zuccheri è in parte responsabile della formazione di ateromi. Anche il trattamento dell’obesità si avvale di un regime restrittivo di glicidi. Questi ultimi rappresentano spesso delle “entrate superflue”: l’alcool, le bevande zuccherate, le caramelle, i dolci. La riduzione al minimo dell’apporto di glicidi permette la correzione dell’obesità e di alcune iperlipidemie, non necessariamente legate soltanto all’abuso dei grassi e può essere compensata da un aumento della razione proteica. In ogni modo, l’organismo sa “fabbricare” il glucosio (carburante del muscolo e delle cellule) partendo dalle “riserve” di grassi e, all’occorrenza, dai tessuti. Per quanto riguarda il loro contenuto di glicidi, gli alimenti possono essere classificati come poveri di glicidi (10% delle calorie totali), a contenuto medio (10 – 20% o ricchi di glicidi (>20%). Alimenti poveri di glicidi (10%) possono essere consumati quasi liberamente: tutte le carni, pesci, molluschi, crostacei, uova, formaggi magri, latte, yogurt alcune verdure: cicoria, indivia, lattuga, scarola, pomodori, cetrioli, peperoni, bieta, ravanelli, melanzane, asparagi, sedano, cavolo, cavolfiore, funghi, spinaci. Alcuni frutti: pompelmo, arancia, mandarino, cocomero contengono meno del 5% del loro peso di glicidi, ma tuttavia attenzione, perchè si consumano più facilmente 200 gr. di arance che 100 gr. di pasta o riso! Non possono dunque essere consumati a volontà. Alimenti a contenuto medio di glicidi (10-20%), di cui bisogna controllare il consumo. verdure: carote, carciofi, patate, barbabietole, rape, verza, piselli, cavoletti di Bruxelles. frutta: albicocche, ananas, pere, mele, ciliegie, prugne. cereali: pane bianco e integrale, pasta, riso, semolino, fette biscottate Alimenti ricchi di glicidi (>20%) legumi secchi frutta: banane, uva, fichi, castagne, datteri e tutta la frutta secca e sciroppata dolciumi: zucchero, caramelle, cioccolata, marmellata, miele, pasticceria, torrone, marzapane, latte concentrato zuccherato bevande: liquori, vini zuccherati, sidro, birra, limonata, soda, sciroppi, succhi di frutta confezionati Lo zucchero Lo zucchero fa parte della famiglia dei glicidi. Nei nostri alimenti, i glicidi — o idrati di carbonio — si presentano essenzialmente sotto forma di: amidi (pane, patate, riso, legumi secchi), saccarosio (zucchero in polvere o in zollette), estratto dalla barbabietola o dalla canna da zucchero, lattosio (latte), fruttosio e glucosio (frutta e miele). Questi ultimi due glicidi, piuttosto rari allo stato libero nei nostri alimenti, sono forme semplici direttamente assimilabili. L’amido è per eccellenza il tipo di zucchero ad assorbimento lento. Pur essendo utilizzabile meno rapidamente, la sua azione ha il vantaggio di essere più sostenuta e più duratura. In una alimentazione equilibrata, l’amido deve rappresentare circa il 55% della razione glicidica. Si trova nei cereali (pane, riso, farina) ma anche nelle patate, nei legumi secchi, nella fecola e nella tapioca. Il saccarosio, in opposizione all’amido, è uno zucchero che viene digerito e assorbito dall’intestino molto rapidamente. Risulta dunque, subito efficace per una azione a “colpo di fulmine”. In una alimentazione equilibrata, il saccarosio non deve superare il 20% della razione glicidica: il che corrisponde all’8-10% delle calorie giornaliere o a 50-60 grammi di zucchero in polvere o in zollette. Nei regimi ipocalorici (obesità, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, aterosclerosi), i prodotti zuccherati devono essere limitati allo stesso modo dei grassi e dell’alcool. Nel diabete, malattia del metabolismo in cui il glucosio fatica a penetrare nelle cellule dei muscoli e nel fegato per l’insufficienza di insulina, l’apporto di zuccheri deve essere sorvegliato severamente per impedire al glucosio di saturare il sangue e di debordare nelle urine. Si può zuccherare con il fruttosio? Questa è una domanda molto frequente. Presentato come “edulcorante naturale”, in opposizione alla saccarina “edulcorante chimico”, per rimpiazzare lo zucchero “frutto proibito”, il fruttosio è spesso consigliato nei negozi di prodotti dietetici ai diabetici e a coloro che vogliono dimagrire. E molto importante fare qualche precisazione in proposito. Il fruttosio, zucchero naturalmente presente nella frutta, nel miele e nel saccarosio, ha il vantaggio di essere metabolizzato in gran parte senza insulina. Questo fatto poteva aprire interessanti prospettive nel trattamento del diabete. Ma il fruttosio non può essere utile che entro certi limiti e a condizione di sapere che: Come tutti gli zuccheri, fornisce 4 calorie a grammo. Il suo uso deve essere quindi moderato nella misura in cui il diabetico ha molto spesso da risolvere contemporaneamente problemi di eccesso di peso. Il fruttosio si trasforma molto rapidamente in lipidi, difetto grave se si pensa al problema dell’aterosclerosi il cui rischio è già accresciuto dalla stessa malattia diabetica. Più il diabete è grave, più l’utilizzazione del fruttosio è proibita. Pertanto, il fruttosio può entrare nella dieta del diabetico, ma solo quando il diabete non è preoccupante. Esso compare, d’altra parte, nella composizione di numerosi prodotti dietetici. Ma in nessun caso può essere consumato a volontà, come alcuni commercianti vorrebbero lasciar intendere. Gli edulcoranti di sintesi Gli edulcoranti di sintesi sono sostanze di origine chimica o naturale, dotate di un potere dolcificante molto superiore a quello del saccarosio (zucchero comune) e sprovviste di qualsiasi valore calorico. Se comunemente per zuccherare i nostri cibi utilizziamo il saccarosio (zucchero di barbabietola o di canna) che fornisce 4 calorie a grammo, in alcune circostanze invece occorre limitare il consumo dello zucchero in modo più o meno severo: in caso di diabete e di obesità; in tutti i casi in cui è necessario ridurre l’apporto calorico globale della razione alimentare. È quindi per permettere di continuare a provare il piacere dei sapori dolci, divenuti proibiti, che sono stati messi a punto e lanciati sul mercato i “falsi zuccheri”. L’impiego degli edulcoloranti non è indispensabile e ci si può abituare molto facilmente a non zuccherare del tutto (cosa preferibile soprattutto per il diabetico). Tuttavia bisogna riconoscere che questi edulcoranti sono un aiuto per chi mal sopporta una dieta già per molti versi restrittiva. Se si toglie ad un individuo ogni soddisfazione del gusto (zucchero, alcool, grassi) e se in cambio non gli si offre una compensazione o una possibilità di sostituzione, si rischia di scoraggiarlo o di costringerlo a rinunciare alla dieta. Attualmente vi sono in commercio tre famiglie di edulcoranti: il primo e più diffuso, la saccarina, i più contestati, i ciclammati, il più recente, l’aspartame. La saccarina Derivato del toluene, è il primo zucchero chimico di sostituzione che sia stato scoperto (1879). È anche quello che ha rimpiazzato lo zucchero in periodo di guerra. Nelle dosi abitualmente impiegate dall’uomo, la tossicità della saccarina sembra molto debole (nessun effetto sulla crescita e sull’embrione; nessun effetto cancerogeno).Il potere dolcificante della saccarina è da 300 a 500 volte quello del saccarosio. I ciclammati Derivati del catrame di carbon fossile o dal petrolio, i ciclammati sono in commercio dal 1950 sotto forma di sale di sodio o di calcio. Sono gli edulcoranti che hanno suscitato le più vive controversie su una loro possibile tossicità dal momento che venivano usati correntemente nella fabbricazione di numerosi alimenti e bevande in alcuni paesi e quindi imposti per via indiretta e consumati in forti dosi.