Alogenazione ossidativa: un passo in avanti dalla

Alogenazione ossidativa: un
passo in avanti dalla ricerca
italiana
Ricercatori del Politecnico di Milano e dell'Università del
Salento, insieme ad altri finlandesi, hanno fatto luce sugli
effetti dello "stress ossidativo" sul funzionamento delle
proteine
Nell’invecchiamento, ma anche in numerose malattie quali la
fibrosi cistica, l’aterosclerosi profonda, la sepsi, l’asma ed
il morbo di Parkinson, le nostre proteine subiscono un
processo chiamato alogenazione ossidativa in cui alcuni atomi
di idrogeno sono sostituiti da atomi di alogeno, soprattutto
bromo e cloro.
Nonostante esista una correlazione diretta tra i due fenomeni,
ancora non è chiaro il meccanismo secondo il quale
l’alogenazione induca una modifica della struttura
tridimensionale delle proteine e della loro funzionalità,
portando all’invecchiamento o alla insorgenza di patologie.
Un gruppo di ricercatori italiani (Politecnico di Milano e
Università del Salento) e finlandesi (Aalto University e VTTTechnical Research Centre), coordinati dal Professor
Pierangelo Metrangolo del Politecnico di Milano, ha compiuto
un passo avanti nella comprensione di questo meccanismo: è
riuscito infatti a dimostrare che l’introduzione di un atomo
di iodio in una sequenza peptidica accelera notevolmente la
sua capacità di auto-assemblaggio in fibrille amiloidi tipiche
di alcuni stati patologici come ad esempio il morbo di
Alzheimer.
Questo risultato è stato pubblicato su Nature Communications
il 30 giugno 2015, dopo soli due anni dall’inizio del progetto
finanziato dall’European Research Council (ERC) “Folding with
Halogen Bonding”, nato proprio con l’obiettivo di chiarire i
meccanismi degli effetti dell’alogenazione delle proteine.
Il team ha dimostrato che la singola sostituzione di un atomo
di idrogeno con uno di iodio nella sequenza peptidica DFNKF
della calcitonina umana determina una notevole accelerazione
della fibrillazione del peptide modificato rispetto al peptide
naturale.
“Il nostro progetto di ricerca – spiega Metrangolo – ha
dimostrato per la prima volta che l’introduzione in sequenze
peptidiche di donatori di legame ad alogeno, simili a quelli
utilizzati dalle proteine e dal DNA, ne determina un’aumentata
capacità di autoassemblarsi in fibrille amiloidi.
“Quello che abbiamo osservato – continua il coordinatore del
progetto – può essere esteso a numerosi altri peptidi e
proteine, e quindi svilupparsi come una strategia efficace per
la progettazione di nuovi idrogeli a partire da peptidi non
protetti e senza l’uso di solventi organici. I nuovi
nanomateriali ed idrogeli così ottenuti potranno essere
sfruttati in una vasta gamma di applicazioni che vanno dalla
scienza dei materiali alle biotecnologie, come ad esempio per
il rilascio controllato di farmaci, per applicazioni di
ricostruzione chirurgica, come scaffold per l’ingegneria dei
tessuti, come dispositivi microfluidici e biosensori”.
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