RASSEGNA Disfunzione miocardica in corso di sepsi: epidemiologia, significato prognostico e trattamento Giorgia Paoli1, Serafina Valente2, Diego Ardissino1, Gian Franco Gensini2 1 U.O.C. di Cardiologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria, Parma Dipartimento di Area Critica Medico-Chirurgica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze 2 About 50% of patients with sepsis show myocardial involvement characterized by biventricular enlargement, reduced contractility and diastolic dysfunction. This increases the risk of death and leads to an extremely poor prognosis in the case of severe sepsis or septic shock, with full recovery of cardiac function seen in survivors at 7-10 days. The pathogenesis of myocardial dysfunction has long been investigated and, although it is still not fully understood, seems not to be due to reduced coronary flow, but to circulating substances released by pathogens (e.g. endotoxins) and host immuno-inflammatory responses (e.g. cytokines and mechanisms related to nitric oxide). First-line therapy is causal and consists of antibiotics plus the surgical excision of the infectious focus; in the presence of severe sepsis or septic shock, it is also necessary to promptly start circulatory and multiorgan support treatment. This review describes current knowledge concerning the instrumental and clinical characteristics, pathophysiology, prognosis and therapy of myocardial dysfunction during sepsis, and briefly considers possible future therapeutic perspectives. Key words. Myocardial dysfunction; Sepsis; Septic shock. G Ital Cardiol 2011;12(10):645-651 La sepsi rappresenta una condizione clinica di frequente riscontro in terapia intensiva (10-20% dei pazienti) e di complessa gestione; è infatti gravata da elevata mortalità quando si complica con insufficienza d’organo (20-50%) o stato di shock (40-70%). I dati epidemiologici disponibili sono eterogenei in quanto risentono dell’applicazione, in passato, di definizioni non uniformi circa i vari stadi della sepsi. Dati relativamente recenti stimano che l’incidenza di sepsi severa negli Stati Uniti sia di 750 000 nuovi casi/anno, con una mortalità annuale di 210 000 soggetti1. In uno studio tedesco condotto su 454 terapie intensive, l’incidenza di sepsi severa è stata stimata essere 76-110 nuovi casi/anno per 100 000 abitanti2 con un rilevante impatto economico3. La sepsi è causata da un’infezione che si accompagna a segni di infiammazione sistemica e/o danno d’organo e/o squilibri emodinamici e/o ipoperfusione tissutale. La storia naturale della sepsi manifesta la frequente progressione verso la sepsi grave e lo shock settico che sovente precede l’exitus4 (Tabella 1). Nello shock settico il decesso precoce si accompagna a due pattern emodinamici differenti: può avvenire in corso di shock distributivo (caratterizzato da basse resistenze periferiche con portata cardiaca inizialmente normale o aumentata, ma con anormale distribuzione del flusso microvascolare) o per la comparsa di shock cardiogeno, caratterizzato da riduzione della por- © 2011 Il Pensiero Scientifico Editore Ricevuto 13.05.2011; nuova stesura 05.08.2011; accettato 05.08.2011. Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi. Per la corrispondenza: Dr.ssa Giorgia Paoli U.O.C. di Cardiologia, Azienda OspedalieroUniversitaria, Via Gramsci 14, 43100 Parma e-mail: [email protected] tata cardiaca e vasocostrizione periferica. Dopo i primi giorni, il decesso tardivo può avvenire per disfunzione multiorgano5. Il cuore è coinvolto in circa il 50% dei casi. Sebbene da molti decenni la depressione miocardica in corso di sepsi sia stata oggetto di studio e già dagli anni ’90 sia stato osservato che nella sepsi la mortalità aumenta dal 20% al 70-90% se vi è interessamento cardiaco6, solo di recente è stata ufficialmente riconosciuta l’importanza del coinvolgimento cardiaco. Difatti, la International Sepsis Definitions Conference7 ha rivisto il ruolo della disfunzione cardiaca, inserendola tra i fattori che identificano la sepsi grave (Tabella 1). CENNI STORICI E CARATTERISTICHE CLINICO-STRUMENTALI La depressione miocardica nella sepsi è stata per la prima volta studiata con la tecnica della cineangiografia a radionuclidi e monitoraggio emodinamico invasivo (arterioso e polmonare mediante catetere di Swan-Ganz)8 in 20 pazienti con un quadro di shock settico. In virtù del trattamento con liquidi, la portata cardiaca era normale/aumentata e di conseguenza l’indice cardiaco falsamente normale. I ricercatori osservarono che, alla cineangiografia, il 50% dei pazienti (10 dei 13 sopravvissuti) aveva una significativa riduzione della frazione di eiezione (FE) ed un aumento del volume telediastolico (e quindi un volume di eiezione sistolico conservato). Tali alterazioni risultarono reversibili in alcuni giorni. I ricercatori osservarono inoltre, con sorpresa, che i paziente con normale FE non sopravvivevano. A spiegazione di questo fenomeno fu inizialmente ipotizzato che nei sopravvissuti la dilatazione ventricolare fosse un meccanismo di compensazione con funzione protettiva in quanto permetteva di G ITAL CARDIOL | VOL 12 | OTTOBRE 2011 1 G PAOLI ET AL CHIAVE DI LETTURA Ragionevoli certezze. Il coinvolgimento miocardico in corso di sepsi è sempre un fattore prognostico pesantemente negativo sull’outcome. Nonostante i pazienti con sepsi grave/shock settico abbiano un’ipovolemia relativa, classicamente, la disfunzione miocardica non è causata da un ridotto flusso coronarico. Ad oggi non esiste una terapia miocardio-specifica in grado di prevenire e/o contrastare la disfunzione in questo contesto. Questioni aperte. Diversi meccanismi, solo in parte conosciuti, concorrono nello sviluppo della disfunzione miocardica che sembra essere più funzionale che strutturale, almeno per i pazienti che mostrano un completo recupero ed hanno prognosi favorevole. Dagli studi sperimentali condotti negli ultimi decenni, spesso su modelli animali, si evince che la risposta infiammatoria, attraverso una cascata di mediatori e citochine, gioca un ruolo primario nella patogenesi della depressione miocardica. Le ipotesi. In considerazione delle premesse fisiopatologiche, una promettente area di investigazione scientifica è rappresentata dalle molecole che esercitano effetti antinfiammatori. Le statine, per il loro effetto pleiotropico, sono state analizzate su modelli settici in studi preclinici mostrando risultati interessanti che meritano di essere misurati in studi clinici randomizzati, su larga scala, condotti su pazienti con sepsi, sepsi severa e shock settico. mantenere il volume di eiezione sistolico e quindi la portata costanti. La popolazione dei deceduti mostrava anche resistenze periferiche significativamente più basse. Successivamente, altri lavori, su casistiche limitate, utilizzarono per lo studio della funzione cardiaca l’ecocardiogramma transtoracico e transesofageo confermando il frequente interessamento cardiaco (45-90% a seconda delle casistiche); l’alterazione più frequentemente descritta nei diversi lavori è la riduzione globale della contrattilità del ventricolo sinistro. Ulteriori studi hanno messo in evidenza che esiste anche una compromissione della fase diastolica9-11 e il coinvolgimento del ventricolo destro12,13. Parker et al.13 hanno studiato il comportamento del ventricolo destro in rapporto alle alterazioni emodinamiche e al comportamento del ventricolo sinistro in 39 pazienti con shock settico. Rispetto ai pazienti deceduti (n = 17), i 22 sopravvissuti mostrarono un ripristino della funzione ventricolare destra e sinistra con una concordanza tra il comportamento dei due ventricoli superiore all’80%. Da un punto di vista emodinamico gli stessi pazienti mostrarono un miglioramento della pressione venosa centrale, della pressione polmonare media e della pressione di incuneamento capillare rispetto ai non sopravvissuti. I ricercatori non trovarono alcuna correlazione tra la FE e l’an- 2 G ITAL CARDIOL | VOL 12 | OTTOBRE 2011 damento delle resistenze e della pressione polmonare probabilmente perché la compromissione della performance ventricolare destra (come per il ventricolo sinistro) è un fenomeno globale secondario a molteplici meccanismi fisiopatologici più che all’aumento del postcarico polmonare. In aggiunta l’ipertensione polmonare è un reperto variabile nella sepsi14 che si associa di solito alla presenza di severa disfunzione respiratoria15. Uno studio più recente ha valutato l’andamento temporale della disfunzione miocardica del ventricolo destro in un modello endotossiemico animale di shock settico osservando che nei primi 30 min l’aumento del postcarico ventricolare destro si associa ad un aumento della contrattilità e che tale condizione però non si mantiene dopo 90 min, verosimilmente a causa del depauperamento energetico dovuto ai molteplici processi fisiopatologici che concorrono nello sviluppo della disfunzione miocardica, come descritto nei paragrafi successivi16. Riassumendo, dopo i primi studi si ipotizzò che la depressione miocardica fosse un “fattore protettivo” di compensazione allo shock ma uno studio osservazionale più recente17 condotto su pazienti con sepsi severa o shock settico ha invece documentato che il peptide natriuretico cerebrale (BNP) risulta significativamente aumentato nei pazienti che presentano una funzione miocardica depressa e che poi vanno incontro ad esito infausto. Alla luce di queste discrepanze è stato ipotizzato che la FE non sia l’indice più accurato nello studio della depressione miocardica in quanto può essere influenzata da fattori “esterni” come la caduta delle resistenze periferiche (un indicatore prognostico negativo che ne determina una sovrastima). Nelle fasi iniziali della sepsi severa la vasodilatazione che si realizza è importante e le resistenze periferiche possono essere significativamente ridotte. Infatti un’analisi retrospettiva di 42 pazienti con shock settico ha dimostrato che la mortalità era significativamente associata a basse resistenze periferiche18. Infine è probabile che i pazienti oggetto dei vari studi fossero, al momento della valutazione cardiaca, in differenti contesti clinici (differenti fasi dello shock, differenti profili emodinamici e differenti trattamenti in corso). MARCATORI PROGNOSTICI Marcatori strumentali In una cospicua casistica di pazienti in shock settico, Parker et al.19 hanno osservato che avere una frequenza cardiaca (FC) <106 b/min alla presentazione o FC <95 b/min e resistenze periferiche corrette per la superficie corporea >1529 dyne.s/ cm5.m2 a 24h dalla presentazione correlava positivamente con la sopravvivenza. In considerazione del fatto che i pazienti con shock settico hanno una minore responsività adrenergica, è stato osservato che la persistenza di una riserva contrattile da stimolo catecolaminergico, come in corso di stress farmacologico con dobutamina, correla con un outcome favorevole20,21. Biomarker: troponine e peptidi natriuretici Le troponine cardiache ed i peptidi natriuretici sono biomarker di largo utilizzo, già da diversi anni, nella diagnosi e nella stratificazione del rischio, rispettivamente, delle sindromi coronariche acute e dello scompenso cardiaco. In uno studio22 condotto su 46 pazienti con sepsi grave/shock settico fino al 50% aveva un aumento della troponina correlato CUORE E SEPSI Tabella 1. Definizioni della sepsi. Infezione Presenza e moltiplicazione di microrganismi che invadendo i tessuti provocano una reazione immunitaria locale. SIRS Infiammazione sistemica in risposta ad insulti aspecifici sia di tipo infettivo che non infettivo (es. ustioni, pancreatite). Sepsi - principali parametri validi per gli adulti Infezione (sospetta o documentata) + alcuni dei seguenti segni: • Generali: – Temperatura corporea <36 o >38.3°C – Tachicardia: >90 b/min o >2 DS del valore atteso per età – Tachipnea: frequenza respiratoria >30 atti/min – Alterazioni dello stato mentale – Edemi significativi o bilancio idrico positivo (>20 ml/kg/24h) – Iperglicemia (>110 mg/dl o 7.7 mM/l) in assenza di diabete • Infiammatori: – Leucocitosi: numero di globuli bianchi nel sangue >12 000/mm3, oppure aumento >10% di forme immature di neutrofili – Leucopenia: numero di globuli bianchi nel sangue <4000/mm3. – Proteina C-reattiva plasmatica >2 DS del valore normale – Procalcitonina plasmatica >2 DS del valore normale • Emodinamici – Ipotensione arteriosa (PAS <90 mmHg o MAP <70 mmHg o caduta di PAS >40 mmHg o <2 DS del valore normale per età) – Saturazione venosa mista di ossigeno >70% – Indice cardiaco >3.5 l/min/m2 • Disfunzione d’organo – Ipossiemia arteriosa (PaO2/FiO2 <300) – Oliguria acuta (diuresi <0.5 ml/kg/h or 45 mM/l per almeno 2h) – Aumento della creatinina ≥0.5 mg/dl – Anomalie della coagulazione (INR >1.5 o aPTT >60 s) – Ileo – Trombocitopenia: conta piastrinica <100 000/µl – Iperbilirubinemia (bilirubina totale >4 mg/dl o 70 mmol/l) • Perfusione tissutale – Iperlactacidemia (>3 mmol/l) – Ridotto riempimento capillare Sepsi grave Sepsi complicata da disfunzione d’organo o ipoperfusione tissutale tra cui anche la disfunzione cardiaca (all’ecocardiogramma). Shock settico Stato di insufficienza circolatoria acuta caratterizzato dalla persistenza di ipotensione arteriosa non spiegabile con altre cause. aPTT, tempo di tromboplastina parziale attivato; DS, deviazione standard; FiO2, frazione di ossigeno inspirata; INR, international normalized ratio; MAP, pressione arteriosa media; PaO2, pressione parziale di ossigeno; PAS, pressione arteriosa sistolica; SIRS, sindrome da risposta infiammatoria sistemica. ad uno score di gravità elevato (Acute Physiology and Chronic Health Evaluation o APACHE II) e alla disfunzione ventricolare misurata all’ecocardiografia transesofagea (78% i pazienti con troponina positiva e disfunzione miocardica, p<0.0001). Anche altri autori hanno confermato l’associazione tra positività della troponina e riduzione della FE, dimostrando la correlazione con la severità della sepsi23 e la prognosi24 (mortalità del 22.4% nei troponina-positivi e del 5.2% nei troponina-negativi, p<0.018). In questi studi venivano esclusi i pazienti con cardiopatia ischemica anamnestica, eco-stress positivo e quelli con riscontro autoptico di coronaropatia significativa. L’ipotesi biologica è che nella sepsi diversi meccanismi patogenetici, tra i quali anche la trombosi microvascolare, concorrano nel provocare il danno miocitario. A tal proposito risulta interessante notare che nei pazienti con sepsi severa trattati con dotregocin-α i livelli di troponina si mantenevano più bassi che nei pazienti non trattati25. A differenza di quanto riportato per la troponina, lo studio del rialzo del BNP nei pazienti critici ha portato a risultati non univoci nei vari studi. In uno studio limitato ai pazienti con sepsi severa e/o shock settico il BNP era marcatamente più alto in quelli con funzione sistolica depressa (p<0.05); dopo 48h un BNP >190 pg/ml era in grado di differenziare i non sopravvissuti con valori di sensibilità del 70% e di specificità del 67% (p<0.05)17. Per contro McLean et al.26 osservarono che le concentrazioni di BNP aumentavano in generale nei pazienti con sepsi o shock settico indipendentemente dalla presenza di disfunzione cardiaca e che a differenza di quanto avviene nello scompenso, né il valore assoluto né le modificazioni nel tempo erano in grado di aggiungere un valore prognostico circa l’outcome dei pazienti. Infine, lo studio FINNSEPSIS27, condotto in 24 terapie intensive finlandesi per un totale di 254 pazienti con sepsi o shock settico, ha dimostrato che i livelli di porzione N-terminale del pro-BNP (NT-proBNP) all’ingresso erano significativamente più alti nei pazienti che non sopravvivevano (mediana del valore 7908 pg/ml) rispetto ai sopravvissuti (mediana del valore 3479 pg/ml; p=0.002) e che tale differenza persisteva dopo 72h (p=0.002). G ITAL CARDIOL | VOL 12 | OTTOBRE 2011 3 G PAOLI ET AL Fino al 2008 gli esperti28 raccomandavano la determinazione routinaria della troponina, ma non del BNP, nei pazienti con sepsi, per prevedere la disfunzione sistolica e contribuire alla stratificazione prognostica dei pazienti. Con la pubblicazione dello studio finlandese (nel 2008) anche il BNP dovrebbe essere rivalutato nella stratificazione prognostica dei pazienti con sepsi. MECCANISMI FISIOPATOLOGICI Come schematizzato nella Figura 1, in corso di sepsi sono stati proposti o individuati molteplici meccanismi che concorrono nel determinare la disfunzione miocardica. Ischemia globale I primi investigatori proposero che un’ipoperfusione miocardica diffusa fosse alla base della depressione globale della contrattilità miocardica; tale ipotesi fu poi confutata da due studi. In un elegante lavoro degli anni ’8029 è stato misurato, con metodologia invasiva, il flusso coronarico in 7 pazienti con shock settico, dimostrando che, rispetto ai controlli, risultava normale o aumentato, indipendentemente dalla presenza o meno di disfunzione miocardica (4 pazienti su 7); questi pazienti mostravano anche una ridotta estrazione di ossigeno dimostrata da una maggior saturazione nel sangue del seno coronarico. Altri autori hanno confermato, su un più ampio numero di pazienti con shock settico, l’aumento del flusso coronarico per riduzione delle resistenze periferiche, ed uno shift del metabolismo dei substrati cellulari in favore del lattato e a sfavore del glucosio e degli acidi grassi30. Queste alterazioni riflettono quello che avviene anche in periferia nello shock settico. Inoltre, l’instabilità emodinamica che caratterizza questi pazienti può favorire o precipitare l’ischemia miocardica distrettuale nei pazienti che presentano una concomitante coronaropatia aterosclerotica (ischemia secondaria). Infine, anche le alterazioni del microcircolo, secondario alla disfunzione endoteliale, sono in grado di concorrere all’ischemia miocardica31. Sostanze circolanti che deprimono la contrattilità Nel 1985 fu per la prima volta dimostrato in vitro che il siero dei pazienti con sepsi determinava una riduzione della contrattili- tà dei miociti di ratto e che questo effetto non si aveva con il siero degli stessi pazienti una volta superata la fase acuta o se veniva ottenuto da pazienti critici, ma non settici32. Come vedremo tra poco sono molteplici i mediatori di infezione/risposta infiammatoria in grado di determinare in vitro o in vivo (su cavia o adulto sano) depressione miocitaria e cardiaca. Questo rende ragione del fatto che ad oggi i tentativi terapeutici, volti a bloccare un solo mediatore, misurati su endpoint hard, sono tutti falliti33. Citochine In uno studio della fine degli anni ’9034, si osservò che quando i miociti di ratto venivano esposti ad ultrafiltrato ottenuto da pazienti settici si aveva una riduzione della contrattilità che non era riproducibile se si usava l’ultrafiltrato di volontari sani. La successiva analisi dell’ultrafiltrato dei pazienti settici rivelò elevate concentrazioni di interleuchina (IL)-1, IL-8 e frazione C3a del complemento. Studi successivi hanno ribadito l’importanza delle citochine infiammatorie nella disfunzione miocardica in corso di sepsi. In particolare l’IL-1, sintetizzata da monocitimacrofagi e neutrofili in risposta al fattore di necrosi tumorale (TNF)-α, gioca un ruolo centrale nella risposta immunitaria e sembra deprimere la contrattilità cardiaca attraverso la stimolazione della sintesi di ossido nitrico (NO)35. Il TNF-α agirebbe sia attraverso la stimolazione della produzione di NO che alterando l’omeostasi del calcio36. Mentre le citochine giustificano ampiamente la depressione miocardica precoce, non ne spiegano il perdurare che invece potrebbe essere il risultato dell’intervento di altri mediatori come prostanoidi e NO37. Endotossina batterica e toll-like receptor 4 Le endotossine sono componenti strutturali dei batteri che possono diffondersi nell’organismo ospitante in seguito alla morte dei patogeni per lisi. Per valutare l’effetto dell’endotossina sul sistema cardiocircolatorio nell’uomo alcuni ricercatori hanno iniettato un bolo di endotossina a 9 volontari sani misurando variabili emodinamiche prima e 3h dopo il bolo. Rispetto al gruppo di controllo, i volontari che avevano ricevuto l’endotossina andavano incontro ad un aumento dell’indice cardiaco (del 53%) e della FC (36%, p<0.008) e a riduzione significati- Figura 1. Meccanismi alla base della disfunzione cardiaca in corso di sepsi. NO, ossido nitrico; TLR, toll-like receptor. 4 G ITAL CARDIOL | VOL 12 | OTTOBRE 2011 CUORE E SEPSI va (del 46%, p=0.004) delle resistenze sistemiche e dopo modico carico di liquidi anche un aumento dei diametri cardiaci (p=0.007) e una relativa riduzione della FE (p=0.008)14. Nella realtà solo una minima parte dei pazienti settici presenta livelli dosabili di endotossina, perciò è altamente improbabile che l’endotossina di per sé possa avere un effetto cardiotossico diretto. Inoltre, la latenza tra l’esposizione all’endotossina e l’effetto cardiotossico suggerisce che altre citochine o il sistema dei recettori toll-like siano coinvolti. Per esempio il toll-like receptor 4 (TLR4) è responsabile del riconoscimento dell’endotossina batterica per la clearance del patogeno. La protezione immediata, fornita da questi recettori, si basa sull’attività di molecole di ossigeno reattivo e di azoto intermedio, peptidi antimicrobici, citochine, chemochine, molecole di adesione e proteine della fase acuta. Alcuni ricercatori hanno dimostrato, in vitro, che solo i miociti di ratto che esprimono il TLR4 (rispetto alle cavie knockout) vanno incontro a riduzione della contrattilità e riduzione della funzione mitocondriale ad opera del lipopolissacaride38. Ossido nitrico L’NO è una piccola molecola, altamente reattiva, con un’emivita di pochi secondi, sintetizzata per conversione dell’arginina in citrullina da parte dell’NO-sintetasi (NOS). La NOS esiste in tre isoforme; la NOS1 (neuronale) e la NOS3 (endoteliale) sono isoforme costitutive, mentre la NOS2 è inducibile, altamente sensibile alle citochine pro-infiammatorie. L’NO ha un effetto bivalente sulla funzione cardiaca. A basse dosi ha un effetto inotropo positivo attraverso l’ottimizzazione della curva di FrankStarling, limitando gli effetti di un’eccessiva stimolazione betaadrenergica, aumentando il flusso coronarico e la contrattilità. I meccanismi studiati in vitro e su animali per spiegare l’effetto inotropo positivo includono l’attivazione diretta dell’adenilato ciclasi e l’inibizione delle fosfodiesterasi con aumento dei livelli di AMPc. L’AMPc favorisce l’accoppiamento eccitazione-contrazione ed aumenta la sensibilizzazione al calcio39. Nello shock settico lo stimolo antigenico infiammatorio causa l’induzione della NOS2 in un’ampia varietà di cellule, anche dove di solito non viene espresso come le cellule miocardiche. L’NO, ad alte concentrazioni tissutali, influenza negativamente la funzione contrattile40,41. Inoltre, negli studi con endotossemia sperimentale o dopo somministrazione di citochine infiammatorie che aumentano i livelli miocardici di NO, si assiste ad una perdita di contrattilità che risulta reversibile con l’inibizione delle NOS41. I principali meccanismi proposti per spiegare l’effetto cardiodepressivo dell’NO si riconducono a due aspetti distinti: – – l’eccessiva vasodilatazione con conseguente instabilità emodinamica; la formazione di radicali liberi, come il perossido di nitrito, composti instabili e con elevato potere ossidante. Il perossido di nitrito è altamente citotossico per la sua facilità ad interagire con DNA, lipidi, proteine e mitocondri, alterando quindi le componenti strutturali e modulatorie della cellula nonché la catena respiratoria e la produzione di energia. Danno da radicali, ipossia e apoptosi sono pertanto le vie finali che mediano il danno tissutale. Disfunzione mitocondriale L’ipossia tissutale gioca un ruolo predominante nella genesi della disfunzione d’organo e del danno miocardico nei pazienti con sepsi grave e shock settico. Questo sembra essere dovuto più all’incapacità cellulare di utilizzare l’ossigeno (ipossia citopatica) che alla sua ridotta disponibilità (per ipoperfusione o ipossiemia)42, come confermato anche da studi che dimostrano come un approccio clinico volto all’ottimizzazione dell’ossigenazione tissutale non migliori l’outcome43. Essendo i mitocondri i principali fruitori dell’ossigeno cellulare, da molti decenni particolare attenzione è stata rivolta allo studio delle loro alterazioni morfo-funzionali in corso di sepsi. Ci sono diversi meccanismi che possono condurre ad un ridotto utilizzo di ossigeno in corso di sepsi tra cui: – – – – inibizione della piruvato deidrogenasi; consumo del cofattore NADH (principale riducente della fosforilazione ossidativa); inibizione dei complessi enzimatici della catena respiratoria ad opera di NO e perossinitrito; aumento della permeabilità della membrana mitocondriale a grosse molecole normalmente interdette al passaggio con dissipazione del gradiente protonico (disaccoppiamento proteico)42. Le prime evidenze scientifiche risalgono agli anni ’70 e riportano sia alterazioni strutturali che una riduzione dell’attività della catena respiratoria in modelli settici animali44. Successivamente Cowley et al.45 hanno analizzato postmortem organi umani di pazienti deceduti per sepsi riscontrando rigonfiamento mitocondriale e degenerazione delle membrane a livello di cuore, reni, pancreas e polmoni. Con l’avvento delle tecniche non invasive di monitoraggio in vivo dei parametri bioenergetici è stato possibile documentare una riduzione dei livelli di ATP in vari organi vitali, in modelli settici46. È stato ipotizzato che un deficit bioenergetico possa essere alla base della depressione miocardica in corso di sepsi: a seguito della ridotta disponibilità di ATP si assisterebbe ad una down-regulation del metabolismo dei cardiomiociti con ipocontrattilità secondaria, evento che ricorda la risposta adattativa dei miociti all’ischemia nota come ibernazione miocardica47. I mediatori dell’infiammazione, come il TNF-α, componenti batteriche e forme reattive dell’ossigeno, come il radicale superossido e l’NO, esercitano un effetto tossico sulle membrane sui componenti mitocondriali e sul DNA mitocondriale, alterando il normale svolgimento dei processi subcellulari48. La morte cellulare può essere sia dovuta a fenomeni apoptotici che a un improvviso eccessivo depauperamento energetico (come nello shock settico) che conduce alla lisi cellulare che a sua volta promuove un’ulteriore cascata infiammatoria perpetuando il circolo vizioso del danno tissutale49. L’entità della disfunzione mitocondriale dipende da svariate caratteristiche dell’ospite (età, stato nutrizionale, comorbilità, stato emodinamico), dalla noxa patogena e dalla sede primitiva di infezione ed è alla base della disfunzione multiorgano. Inoltre, è correlata con la severità del quadro clinico, l’entità della disfunzione miocardica e con la prognosi del paziente49-52. Apoptosi L’apoptosi è una morte cellulare programmata che si realizza sia nei tessuti normali che in corso di svariati stati di malattia, attraverso l’attivazione di una specifica cascata di geni. Sembra giocare un ruolo importante anche nel determinismo della cardiomiopatia in corso di sepsi. Un grosso contributo alle conoscenze in tale direzione è stato fornito da Buerke et al.53 che hanno dimostrato come esista una forte e significativa assoG ITAL CARDIOL | VOL 12 | OTTOBRE 2011 5 G PAOLI ET AL ciazione tra l’esposizione alla principale tossina dello Staphylococcus aureus (tossina α) e la riduzione della contrattilità miocitaria, l’aumento dell’espressione di mediatori pro-apoptotici come il p53 e il TNF-α e l’incremento percentuale dei miociti apoptotici. Tale associazione è stata dimostrata sia nei cuori isolati di ratto che in vivo rispetto ai controlli non esposti alla tossina. È stato inoltre osservato, in pazienti deceduti per shock settico, la presenza di apoptosi neuronale e gliale dei centri cerebrali autonomici coinvolti nell’omeostasi cardiovascolare54. Questo potrebbe rappresentare uno dei meccanismi alla base della disfunzione autonomica che, nella sepsi, tipicamente precede lo shock settico e l’insufficienza multiorgano55,56. Endoteline Le endoteline (ET) sono peptidi dotati di una spiccata attività vasocostrittrice e pro-infiammatoria che vengono rilasciate dalle cellule endoteliali in risposta a stimoli indotti da diversi fattori, quali l’adrenalina, l’angiotensina II, la vasopressina, il cortisolo, alcune citochine e l’ipossia. A tutt’oggi sono stati identificati tre diversi peptidi appartenenti al gruppo delle ET, denominati ET-1, ET-2 e ET-3 e due recettori, A e B (ETA e ETB); entrambi i recettori sono presenti sulle cellule endoteliali e muscolari lisce delle pareti vascolari dove intervengono nel meccanismo della vasocostrizione e vasodilatazione. Nel cuore è predominante l’ET-1 ed i recettori A e B sono stati rinvenuti nel miocardio, nell’endocardio, nelle coronarie e nel sistema di conduzione. Schuetz et al.57 hanno dosato i precursori (più stabili dei rispettivi peptidi circolanti) dell’ET-1 e dell’adrenomedullina (un peptide endotelio-derivato con proprietà vasorilassanti) in 95 pazienti critici ricoverati in terapia intensiva (47 pazienti con sindrome da risposta infiammatoria sistemica, 33 pazienti con sepsi, 15 pazienti con shock settico), riscontrando che il loro incremento nelle prime 24h correlava significativamente con la severità dell’infezione. Inoltre il rapporto tra i due precursori peptidici (pro-ET-1/pro-adrenomedullina) ha mostrato un’accuratezza prognostica nel predire l’outcome simile allo score APACHE II (mortalità aumentata per valori bassi del rapporto). Da un punto di vista fisiopatologico lo squilibrio tra i due peptidi vasoattivi potrebbe contribuire alla perdita dell’omeostasi microvascolare condizionando una disomogeneità nella perfusione d’organo. Inoltre, è stato dimostrato che l’aumento dell’espressione cardiovascolare dell’ET-1 su cavie determina un aumento dell’espressione delle citochine infiammatorie e favorisce lo sviluppo di una cardiomiopatia infiammatoria che condiziona scompenso e morte58. Anafilotossina C5a Lo stato infiammatorio sistemico caratteristico della sepsi passa anche attraverso l’attivazione del complemento che a sua volta lo perpetua attraverso la liberazione di fattori tra cui il C5a costituisce uno dei più potenti peptidi pro-infiammatori59,60. Il segnale generato dall’interazione tra C5a e il suo recettore svolge un ruolo essenziale nella patogenesi dello shock settico come confermato da studi animali che dimostrano una riduzione della batteriemia, un miglioramento dello stato funzionale dei neutrofili e dell’outcome clinico a seguito di un trattamento anti-C5a61,62. Il contributo del complemento allo sviluppo della cardiomiopatia settica è stato studiato da Niederbichler et al.63 che hanno valutato l’impatto del C5a e del relativo blocco sulla disfunzione miocardica in corso di sepsi sia in vivo (valutazione 6 G ITAL CARDIOL | VOL 12 | OTTOBRE 2011 della funzione ventricolare su cavie) che in vitro (performance contrattile dei sarcomeri). Dopo aver osservato un aumento progressivo della sintesi del C5a nei cardiomiociti ed a seguire la comparsa di disfunzione miocardica, gli studiosi hanno per la prima volta dimostrato che quest’ultima poteva essere prevenuta mediante il blocco preventivo del C5a. Lo stesso gruppo ha successivamente confermato tali risultati in altri modelli di shock settico64. Ad oggi non è noto come i prodotti di attivazione del complemento possano essere legati allo sviluppo della cardiomiopatia in corso di sepsi; ma tra le teorie più avvallate vi sono il contributo del complemento alla messa in circolo di sostanze deprimenti la funzione cardiaca e più nello specifico l’ipotesi che l’interazione tra il C5a e il suo recettore altererebbe la disponibilità del calcio intracellulare64. Microcircolo Il sistema microcircolo è rappresentato dai vasi di diametro <100 µm (arteriole, letto capillare e venule post-capillari) e svolge il ruolo di assicurare un’adeguata ossigenazione tissutale. L’alterazione della microcircolazione è un evento distintivo della sepsi, interviene nei suoi processi fisiopatologici e consiste nella riduzione del flusso ematico e nell’eterogeneità di perfusione tissutale che vede zone con veri e propri stop circolatori a fianco di zone iperperfuse (shunt microcircolatorio)65. Tale fenomeno è stato osservato sperimentalmente anche a livello miocardico, in un modello canino di shock endotossiemico dove, seppur in presenza di conservata perfusione cardiaca globale, accanto a zone con flusso ematico aumentato ve ne erano altre con flusso nettamente ridotto. Questo fenomeno potrebbe generare ischemie circoscritte e compromettere la funzione contrattile globale66. Il fenomeno dell’eterogeneità di perfusione si realizza anche in assenza di alterazioni emodinamiche sistemiche (esempio normale pressione arteriosa)67 in quanto riflette eventi intrinseci che si realizzano nei microvasi che in ultima analisi determinano un’ipossia tissutale per ridotta disponibilità e rilascio di ossigeno. L’alterazione del microcircolo è da ricondurre alla disfunzione endoteliale sepsi-indotta e, come già accennato nei paragrafi precedenti, l’NO ha un ruolo importante nel determinare la perdita dell’integrità e della funzione endoteliale con conseguente riduzione della pervietà microvascolare e comparsa di eterogeneità di perfusione68. In condizioni fisiologiche, l’endotelio infatti è un organo estremamente dinamico che provvede alla regolazione dell’emostasi microvascolare, della risposta infiammatoria e della chemiotassi leucocitaria, del tono, della permeabilità e dell’integrità di parete microvascolare69. In corso di sepsi il danno endoteliale determina uno sbilanciamento verso uno stato procoagulante, un’alterazione del tono vasomotore ed una esagerata risposta infiammatoria locale attraverso l’aumentato rilascio di citochine pro-infiammatorie che perpetuano il danno microvascolare; inoltre si realizza una perdita di integrità delle giunzioni cellulari con comparsa di edema tissutale che aggrava ulteriormente l’ipossia70. L’ipossia, a sua volta aumenta l’espressione e la sintesi del fattore di crescita vascolare endoteliale, il cui aumento è stato correlato, nella sepsi, all’entità della disfunzione d’organo e alla mortalità71. L’attivazione delle cellule endoteliali favorisce l’adesione delle cellule ematiche e riduce la deformabilità dei globuli rossi che CUORE E SEPSI aumentano la viscosità ematica locale, riducendo ulteriormente il flusso ed aggravando l’ipossia72. Con l’avvento delle tecniche di videomicroscopia in vivo è ora possibile studiare il microcircolo anche nei pazienti in corso di sepsi. Il riscontro e la persistenza di alterazioni severe del microcircolo sono state correlate positivamente con la severità della sepsi lo sviluppo di disfunzione multiorgano e la bassa sopravvivenza73-76. Fluidoterapia La rianimazione con fluidi consiste nell’infusione di cristalloidi e colloidi naturali o artificiali. Una corretta fluidoterapia richiede la definizione di 4 componenti: Altri meccanismi Altri fattori possono essere corresponsabili del danno miocardico in corso di sepsi: alterazioni del flusso del calcio intracellulare e danneggiamento diretto dell’apparato contrattile con effetto negativo sulla contrattilità77; down-regulation dei recettori beta-adrenergici e una ridotta produzione di GMPc in risposta alle catecolamine78,79. Infine, è stato proposto che la disfunzione miocardica associata alla sepsi sia una risposta adattativa per preservare la vitalità, similmente a quanto si realizza nel miocardio ibernato, attraverso una riduzione delle funzioni cellulari e del consumo di ossigeno80. Questa teoria è avallata dal fatto che esistono analogie strutturali e metaboliche tra le due condizioni come l’accumulo di glicogeno, l’aumento dell’uptake del glucosio e l’up-regulation dei trasportatori del glucosio. L’ipovolemia relativa è tipica della sepsi e può essere molto severa, tanto da richiedere la somministrazione endovenosa anche di molti litri nelle prime 6h con boli di 500 ml (challenge dei fluidi). In considerazione del fatto che la funzione cardiaca è compromessa nel 40% dei casi, è opportuno monitorare attentamente sia la risposta al trattamento che il peggioramento degli scambi all’emogasanalisi al fine di prevenire l’edema polmonare acuto iatrogeno. Sebbene cristalloidi e colloidi siano soluzioni con composizioni e volumi di distribuzione estremamente differenti, ad oggi i trial clinici che li hanno confrontati hanno fallito nel dimostrare la superiorità di una classe sull’altra83,84. STRATEGIE TERAPEUTICHE NELLA DISFUNZIONE MIOCARDICA IN CORSO DI SEPSI Sebbene l’interessamento cardiaco costituisca un preciso marker di aggravamento, non esiste ad oggi una terapia causale specifica. La principale terapia, e l’unica patogenetica, è rappresentata da una precoce ed adeguata terapia antibiotica associata alla ricerca e alla rimozione del focolaio infettivo. Gli step successivi sono rappresentati dal precoce supporto cardiocircolatorio e della funzione respiratoria e renale. Accanto alle terapie consolidate vi sono però incoraggianti lavori che, partendo dallo studio della fisiopatologia della disfunzione miocardica in corso di sepsi, hanno proposto molecole in grado di contrastare gli esaltati processi infiammatori alla base del danno miocardico. Rianimazione iniziale nei pazienti con sepsi grave e shock settico Nel 2001 Rivers et al.81 hanno pubblicato uno studio randomizzato monocentrico che ha cambiato l’approccio terapeutico alla sepsi grave/shock settico. I pazienti venivano randomizzati, al dipartimento d’emergenza, al trattamento standard o a un protocollo di precoce rianimazione a step mediante infusione di fluidi, vasopressori ed inotropi mirato al raggiungimento di 4 obiettivi principali entro 6h. Gli autori osservarono con il trattamento sperimentale una riduzione dell’endpoint primario mortalità del 16% (da 46.5% a 30.5%, p=0.009). Questo lavoro rappresenta una pietra miliare delle linee guida82 che, rifacendosi ai punti chiave del protocollo di Rivers, raccomandano di raggiungere i seguenti obiettivi nelle prime 6h dalla diagnosi: – – – – pressione venosa centrale tra 8-12 mmHg; pressione arteriosa media ≥65 mmHg; diuresi oraria ≥0.5 ml/kg/h; saturazione venosa centrale o saturazione venosa mista di ossigeno ≥70%. – – – – tipo di fluido (cristalloide vs colloide); la dose e la velocità di infusione; gli obiettivi; i limiti di sicurezza. Agenti vasoattivi I vasopressori sono utilizzati al fine di garantire un’adeguata perfusione tissutale nei pazienti che restano ipotesi (pressione arteriosa media <65 mmHg) nonostante un’adeguata fluidoterapia. Ad oggi non vi sono evidenze scientifiche che facciano propendere verso un’amina piuttosto che verso un’altra85, e pertanto le linee guida82 raccomandano l’uso di noradrenalina o dopamina come vasopressori di prima scelta, l’uso di adrenalina per i non-responder ai primi due, l’uso di vasopressina come farmaco di seconda scelta sempre in aggiunta alla noradrenalina. Il razionale farmacologico della raccomandazione all’utilizzo della noradrenalina è rappresentato dal suo potente effetto vasocostrittore e scarsamente tachicardizzante; la dopamina è preferita in caso di depressione della funzione sistolica anche se più tachicardizzante ed aritmogena rispetto alla noradrenalina. Uno studio prospettico, multicentrico, randomizzato in doppio cieco, condotto su 330 pazienti con shock settico ha confrontato adrenalina vs noradrenalina in aggiunta alla dobutamina sulla mortalità totale a 28 giorni (endpoint primario). Ancora una volta l’endpoint primario non è risultato significativamente differente nei due gruppi (40 vs 34%, p=0.31). Tuttavia il calcolo del campione è stato stimato su una mortalità attesa del 60% nel gruppo adrenalina con un effect size di riduzione dell’evento del 20% nel gruppo noradrenalina + dobutamina. Lo studio risulta quindi ampiamente sottodimensionato in quanto sarebbe necessario arruolare 5000 pazienti per riscontrare una differenza statisticamente significativa con la percentuale di eventi raggiunta86. La vasopressina è una molecola di grande interesse nello shock settico87; il suo effetto è quello di stimolare i recettori V1 sulle cellule muscolari lisce dei vasi provocandone la contrazione. Nei pazienti refrattari ad altri vasopressori può essere d’aiuto per aumentare la pressione arteriosa media. Il razionale che rafforza il suo utilizzo è che nei pazienti in shock settico è stato dimostrato un deficit relativo di vasopressina endogena per alterazioni dei baroriflessi e della sua sintesi e trasporto88; clinicamente nei pazienti con sepsi avanzata/shock settico, che non rispondono bene ai vasopressori di prima scelta, è stata osservata una buona risposta alla vasopressina perG ITAL CARDIOL | VOL 12 | OTTOBRE 2011 7 G PAOLI ET AL ché probabilmente non risente della ridotta sensibilità allo stimolo adrenergico89. Per il possibile effetto di ischemia miocardica, riduzione della portata cardiaca e del flusso epato-splancnico, i trial eseguiti escludevano i pazienti con indice cardiaco <2 o 2.5 l/min e il farmaco non dovrebbe essere usato nei pazienti con disfunzione cardiaca. Questa molecola è tuttora oggetto di forte interesse per il potenziale effetto benefico sulla mortalità quando associata ai corticosteroidi90 e per il suo effetto favorente la diuresi e di prevenzione della progressione dell’insufficienza renale91 mediata dalla stimolazione dei recettori renali V2. Inotropi Le linee guida82 raccomandano la dobutamina come inotropo di prima scelta nei pazienti con sospetta disfunzione miocardica se dopo adeguato riempimento e somministrazione di vasocostrittori restano ipotesi e con saturazione di ossigeno <70%. Grazie all’effetto beta1-selettivo, aumenta il volume di eiezione, la FC e la portata nei pazienti settici92. Tuttavia, in corso di sepsi grave vi può essere una ridotta sensibilità alla stimolazione adrenergica e quindi una minore responsività del miocardio alle catecolamine. In questo contesto, agenti inotropi come il levosimendan o gli inibitori delle fosfodiesterasi (milrinone) che agiscono indipendentemente dai recettori betaadrenergici, possono avere un ruolo nel trattamento della disfunzione miocardica in corso di sepsi. Infatti, il levosimendan ha un duplice meccanismo d’azione che lo rende un farmaco con proprietà inodilatatrici: aumenta la contrattilità cardiaca sensibilizzando la troponina C nei confronti del calcio (senza alterare la fase diastolica) e favorisce la vasodilatazione coronarica e periferica attraverso l’apertura dei canali del potassio ATPdipendenti a livello della muscolatura liscia vascolare. In un contesto di ipossia cellulare e di depauperamento energetico, il levosimendan sarebbe in grado incrementare la gittata cardiaca senza aumentare il consumo di ossigeno93. Sebbene vi siano molti studi sperimentali su animali con il levosimendan in corso di sepsi, sono molto poche le evidenze sull’uomo. Tra le più significative una casistica di 6 pazienti con shock settico refrattario nonostante la terapia standard, che dopo infusione di levosimendan, mostrarono un miglioramento della funzione cardiaca e dei parametri emodinamici94 ed un piccolo trial prospettico randomizzato95 di confronto con la dobutamina che ha dato esito favorevole su endpoint strumentali indicativi della funzione cardiocircolatoria e renale. Approcci terapeutici non convenzionali Contropulsatore aortico Sebbene l’uso del contropulsatore aortico sia approvato dalla Food and Drug Administration per varie forme di shock (incluso lo shock settico), in letteratura i dati positivi sulla sopravvivenza e sul miglioramento emodinamico si evincono solo da studi condotti su modelli animali di shock settico96,97. Infatti, sull’uomo sono stai pubblicati solo casistiche98,99 di alcuni decenni fa che sono gravate da complicanze ischemiche, emorragiche ed infettive legate alla tecnica di inserzione (antecedente l’era dell’inserimento percutaneo) e all’utilizzo di dispositivi di prima generazione. Uno studio più recente sempre condotto su un modello canino di shock settico, in cui il campione presentava indice cardiaco ridotto, ha dimostrato che l’utilizzo dei contropulsatori aortici di ultima generazione prolungano il tempo di sopravvivenza e riducono l’utilizzo dei vasopressori100. 8 G ITAL CARDIOL | VOL 12 | OTTOBRE 2011 Betabloccanti Recentemente i betabloccanti sono stati usati con estrema cautela per cercare di ridurre la FC nei pazienti che necessitano di terapia inotropa. In particolare è stata pubblicata una casistica in cui i pazienti con depressione miocardica in corso di sepsi (senza manifesta insufficienza cardiaca) venivano trattati con il milrinone associato a betabloccanti a basse dosi101. I pazienti andavano incontro a una riduzione significativa della FC e del dosaggio dei vasopressori; l’indice cardiaco rimaneva invariato, mentre la gittata cardiaca aumentava (p=0.002). Sono necessari studi prospettici randomizzati per valutare l’efficacia e la sicurezza dei betabloccanti sulla disfunzione miocardica in corso di sepsi e per meglio indagare le potenzialità dei loro effetti antinfiammatori. Immunoterapie L’inappropriata risposta infiammatoria e l’aumento delle citochine circolanti hanno un ruolo chiave nella fisiopatologia del danno d’organo e della disfunzione miocardica in corso di sepsi. Pertanto una promettente area di investigazione scientifica è rappresentata dalle molecole che presentano effetti antinfiammatori. Le statine hanno proprietà antiossidanti e antinfiammatorie, migliorano la funzione endoteliale, il microcircolo ed aumentano la biodisponibilità di NO, indipendentemente dall’effetto ipolipemizzante. L’impiego delle statine nella disfunzione miocardica in corso di sepsi si limita, allo stato attuale, a studi sperimentali condotti su modelli animali nei quali il trattamento con simvastatina si è dimostrato in grado di preservare la funzione cardiaca e lo stato emodinamico102. È stato inoltre osservato che il pretrattamento con simvastatina preserva la funzione cardiaca anche attraverso una riduzione dell’apoptosi miocitaria in corso di sepsi53. Antagonisti recettoriali dell’endotelina Il blocco dei recettori dell’ET si è dimostrato produrre effetti emodinamici favorevoli nei pazienti con scompenso cardiaco103. In virtù del coinvolgimento dell’ET-1 anche nella disfunzione miocardica in corso di sepsi, un recente lavoro ha sperimentato due dosi differenti di tezosentan (antagonista recettoriale ETA ed ETB) in un modello porcino di shock endotossiemico104. Il piccolo gruppo trattato con basse dosi (7 animali) ha mostrato un miglioramento degli indici di funzionalità cardiaca dei parametri emodinamici periferici e dei parametri metabolici rispetto ai controlli (20 animali). Tuttavia il gruppo trattato con il dosaggio più alto (10 animali) ha mostrato un deterioramento della performance cardiaca e un aumento della mortalità. Questo lavoro lancia un importante spunto per investigare ulteriormente il potenziale terapeutico degli antagonisti dell’ET-1. CONCLUSIONI La disfunzione miocardica costituisce un aspetto clinico rilevante nella sepsi e nello shock settico sia per il suo frequente riscontro che per le implicazioni prognostiche che ne conseguono. La “cardiomiopatia settica” deriva dalla combinazione di disfunzione sistolica e diastolica alla base delle quali vi è un’eziologia complessa e multifattoriale dove le citochine infiammatorie e l’NO svolgono ruoli chiave. La terapia attuale è volta al mantenimento della perfusione CUORE E SEPSI e dell’ossigenazione tissutale attraverso la rianimazione mediante fluidi, vasopressori e supporto inotropo. La ricerca scientifica, in gran parte ancora rappresentata da studi in vitro o su modelli animali, ha fino ad oggi contribuito all’approfondimento della conoscenza dei processi patogenetici, più che a creare “svolte terapeutiche”. Riteniamo che questo possa rappresentare il punto di partenza per avere a disposizione, in un prossimo futuro, nuove opzioni terapeutiche mirate alla specifica prevenzione e cura del danno miocardico in corso di sepsi. sfavorevole in presenza di sepsi grave o shock settico, mentre nei pazienti che sopravvivono la disfunzione miocardica regredisce in 7-10 giorni. La patogenesi della disfunzione miocardica è in fase di studio da molte decadi e sebbene non sia completamente chiarita, non sembra essere causata da una riduzione del flusso coronarico, ma da sostanze circolanti che derivano dai patogeni (ad es. endotossine) e dalla risposta immunitaria ed infiammatoria dell’ospite (ad es. citochine e meccanismi legati all’ossido nitrico). La terapia di prima linea è causale ed è rappresentata dalla terapia antibiotica associata alla rimozione chirurgica del focus infettivo; in caso di sepsi severa o shock settico deve inoltre essere iniziata prontamente una terapia di supporto circolatoria e multiorgano. RIASSUNTO Questa revisione propone le conoscenze attuali circa le caratteristiche clinico-strumentali, la fisiopatologia, la prognosi e la terapia della disfunzione miocardica in corso di sepsi con un breve accenno sulle possibili prospettive terapeutiche future. Circa il 50% dei pazienti con sepsi presenta segni di interessamento cardiaco caratterizzato da dilatazione biventricolare, riduzione della contrattilità e disfunzione diastolica. Questo comporta un aumentato rischio di mortalità e si associa ad una prognosi estremamente Parole chiave. Disfunzione miocardica; Sepsi; Shock settico. BIBLIOGRAFIA 1. Angus DC, Linde-Zwirble WT, Lidicker J, Clermont G, Carcillo J, Pinsky MR. 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