Exp Cry 2D vs 3D Farina Davide, 5Di 0 ITT Marconi, Rovereto – AS 2014/2015 1 Indice 2. Abstract 3. Introduzione 4. Descrizione del progetto 7. Conclusione personale 8. Bibliografia e sitografia Abstract Exp Cry 2D vs 3D è un progetto che punta a studiare le reazioni delle persone che sperimentano la realtà virtuale. Il soggetto viene posto in un ambiente virtuale dal quale provengono stimoli auditiviche gli sono presentati attraverso delle cuffie stereo o surround. L’esperimento può essere eseguito in 2D, su un semplice monitor, o in 3D, usando un visore per la realtà virtuale come Oculus Rift DK2. Il sistema, inoltre, acquisisce i dati fisiologici dell’utente attraverso uno o più smartband (ovvero braccialetti con sensori fisiologici) indossati dal soggetto. Analizzando questi dati si possono confrontare le reazioni che gli utenti hanno avuto nell’ambiente virtuale rispetto a quelle che avrebbero avuto nella vita reale. Se venissero trovate delle similitudini sufficientemente valide, sarebbe confermato che la realtà virtuale può essere utilizzata come strumento di formazione per figure professionali che lavorano in situazioni di pericolo, come ad esempio i vigili del fuoco. 2 Introduzione L’obiettivo del progetto è determinare se la realtà virtuale provoca nelle persone le stesse reazioni provocate dal mondo reale. Se questo venisse verificato, si sarebbe in grado di sviluppare delle esercitazioni per vigili del fuoco, operatori di macchinari complessi e altre figure professionali senza mai metterli in pericolo. Per verificare o smentire tale ipotesi sono stati creati diversi moduli necessari a: - visualizzare l’ambiente tridimensionale - riprodurre degli stimoli auditivi - salvare i dati della posizione dell’utente per sapere dove sta guardando - salvare i dati fisiologici dell’utente per vedere che reazione sta avendo È stato inoltre sviluppato un editor per personalizzare gli esperimenti. Questo software permette di utilizzare foto sferiche come ambientazioni e dei suoni come stimoli. È possibile posizionare i suoni nell’ambiente ed è inoltre possibile scegliere il momento di inizio del suono e il numero di volte che deve essere ripetuto. Il numero di suoni che possono essere messi in una scena è illimitato, così come il numero di ambientazioni. L’esperimento risultante può essere visualizzato in due modi: su di un monitor 2D, usando un qualunque PC, oppure tramite un Oculus Rift DK2. Quest’ultima opzione, però, richiede un computer con elevata potenza grafica. Una volta eseguito l’esperimento, viene creato un file contenente tutti i movimenti fatti dalla testa dell’utente durante l’esperimento (se è stato usato l’Oculus) e i dati acquisiti dai sensori fisiologici fatti indossare dal soggetto. I dati verranno poi analizzati per determinare se i cambiamenti di battito cardiaco, sudorazione ed altri parametri sono stati simili a quelli registrati in condizioni normali. Quest’analisi è molto complessa e non è ancora chiaro quale sia il modo migliore per svolgerla, in quanto nessuno ha mai affrontato questo tipo di problema prima d’ora. 3 Descrizione Per creare i software (l’editor degli esperimenti ed il player degli esperimenti) è stato utilizzato Unity 3D, un motore grafico utilizzato generalmente per la creazione di videogiochi. È però possibile utilizzarlo per molti scopi, tra cui la creazione di ambienti tridimensionali con i quali si può interagire. L’ambiente tridimensionale usato per questo esperimento è rappresentato da una foto sferica, applicata ad una sfera come texture. Una volta posizionato il punto di vista all’interno della sfera si ha l’impressione di trovarsi all’interno della stanza in cui è stata scattata la foto. Questo è molto comodo in quanto non è necessario ricreare ogni ambiente in 3D, che richiederebbe molto più tempo (anche se, essendo più realistico, potrebbe dare risultati migliori). L’editor è composto da un’interfaccia grafica semplice, facilmente utilizzabile da tutti. Attraverso l’interfaccia, simile a quella di programmi come Movie Maker o Sony Vegas, è possibile configurare l’esperimento, aggiungendo suoni e ambientazioni. Per ogni ambientazione, ovvero foto sferica, è definita la durata per cui deve essere visualizzata. È possibile mettere più ambientazioni in successione, per creare l’illusione, per esempio, di passare da una stanza di un’abitazione ad un’altra. Per ogni suono è possibile definire il momento di inizio della sua riproduzione, la sua posizione (se si utilizzano cuffie o altoparlanti stereo/surround), il volume e il numero di volte che esso deve essere ripetuto, con l’intervallo di tempo, in secondi, che deve trascorrere tra una riproduzione e l’altra. Queste proprietà permettono di personalizzare l’esperimento in molti modi, coprendo ogni possibile situazione. Il software salva la struttura dell’esperimento in un file di testo che contiene tutte le informazioni necessarie riguardanti le ambientazioni ed i suoni, per essere in grado di ricreare il tutto nel secondo software, ovvero il player. 4 Il player permette di scegliere un file di testo creato precedentemente attraverso l’editor. Il file viene caricato dal programma che, leggendolo, ricrea la scena così come era stata salvata, caricando le varie immagini e i suoni. Nel giro di qualche secondo il caricamento è completato e compaiono due opzioni: “Inizia esperimento” e “Inizia esperimento con Oculus”. La prima opzione fa partire l’esperimento in modalità 2D, ovvero per un monitor classico. Da questo momento l’utente può ruotare la testa utilizzando il mouse ed i dati salvati riguardano questi movimenti. Non sono di grande rilevanza dal punto di vista scientifico, ma sono comunque utilizzati come confronto con i dati acquisiti dagli esperimenti eseguiti con l’Oculus, per vedere quanto sono differenti i movimenti registrati usando o meno questa periferica. La seconda opzione prevede l’utilizzo di un Oculus Rift. In questo caso i dati salvati sono più accurati in quanto rispecchiano fedelmente i movimenti della testa eseguiti nella realtà. I dati vengono salvati alla frequenza di 20Hz, ovvero ogni 50ms. Questa frequenza è sufficiente per determinare con precisione l’accelerazione della testa dell’utente. Questo serve per capire se l’utente si stava semplicemente guardando intorno (bassa accelerazione) oppure se ha sentito un suono e si è voltato di scatto (alta accelerazione). In entrambi i casi, prima dell’inizio dell’esperimento vengono concessi all’utente 30 secondi per ambientarsi e capire come funzionano i controlli. In questo intervallo di tempo non sono riprodotti suoni e l’ambientazione in cui ci si trova non fa parte dell’esperimento. Al termine del test sono forniti altri 30 secondi per permettere all’utente di lasciare la zona dell’esperimento. A questo punto i dati vengono salvati per essere analizzati in seguito. L’utilizzo dell’Oculus richiede un computer con molta potenza grafica in quanto deve essere in grado di renderizzare le immagini ad una risoluzione di 2.5k a 75Hz (ovvero 262 milioni di pixel al secondo) rispetto alla classica risoluzione 1080p a 30Hz 5 (ovvero 62 milioni di pixel al secondo). La frequenza più elevata è richiesta per eliminare il cosiddetto “simulator sickness”, ovvero il “mal di simulazione” provocato da questo tipo di visori. Questo malore è molto simile al mal d’auto o al mal di mare e, se provato per più di qualche minuto, richiede circa un’ora per svanire completamente. Il problema deriva dal fatto che per far credere al nostro cervello di trovarsi in un altro posto bisogna sovrascrivere tutti i segnali che riceve, tra cui le immagini che arrivano direttamente dagli occhi. Per far considerare al cervello le immagini che riceve come se fossero vere è necessario che queste siano di una qualità sufficiente (2.5k x 1.4k pixel circa come minimo) e abbastanza frequenti (75Hz minimo, 90Hz+ come target ideale). Questi valori verranno raggiunti con la prossima versione del visore, che verrà commercializzata tra circa 9 mesi. Per determinare la riuscita dell’esperimento si possono utilizzare varie soluzioni. Poichè un esperimento di questo tipo non è mai stato condotto in precedenza, non esistono dati certi su cui basarsi e, per trovare il criterio migliore, sono necessari molti test, che stiamo eseguendo in questo periodo. Una delle soluzioni pensate consiste nell’ottenere un valore sfruttando una formula che tiene in considerazione tutti i parametri registrati. Questo valore viene poi confrontato con gli altri e, in base alla distanza tra di essi, si determina l’esito dell’esperimento. Per quanto possa sembrare semplice, creare una formula di questo tipo è più complicato del previsto, in quanto bisogna dare ad ogni parametro la corretta importanza per evitare di avere valori sbilanciati e non rappresentativi del vero esito dell’esperimento stesso. 6 Conclusioni Al momento non vi sono risultati concreti provenienti da questi esperimenti, poichè la struttura della quale ci si avvarrà è ancora in via di sviluppo. Ci si aspetta di vedere una forte somiglianza tra la realtà virtuale e la realtà effettiva, mentre gli esperimenti somministrati su monitor dovrebbero fornire dati totalmente diversi. Questa, però, è solo un’ipotesi e solamente svolgendo un numero sufficiente di esperimenti si sarà in grado di avere risultati affidabili. Personalmente sono convinto che puntare su queste tecnologie sia fondamentale, soprattutto quando sono ancora in via di sviluppo. In questo modo si riesce a capirle a fondo ed a saperle utilizzare al massimo del loro potenziale. Grazie a questo progetto sono stato in grado di ampliare le mie conoscenze sia nel campo tecnologico che scientifico. È stata un’esperienza davvero interessante dalla quale ho tratto molti spunti per progetti futuri. 7