Il programma di Erlangen Ecco il brano conclusivo della conferenza inaugurale di Klein, neoprofessore all’Università di Erlangen: un efficace riassunto delle posizioni innovative del matematico tedesco circa le metodologie d’approccio alla geometria. “Spesso si è accusata la geometria analitica di privilegiare, con l’introduzione del sistema di coordinate, elementi arbitrari, e questa accusa riguarda ugualmente ogni metodo per le varietà estese che caratterizzi il singolo oggetto mediante i valori di variabili. Se questa accusa era troppo spesso giustificata di fronte al modo insoddisfacente con cui una volta si maneggiavano i sistemi di coordinate, essa ora decade in presenza di una trattazione razionale del metodo. Le espressioni analitiche, che possono nascere, in termini di un gruppo, analizzando una varietà, devono, a causa del loro significato, essere indipendenti dal sistema di coordinate, essendo questo scelto a caso, e si tratta ora di mettere in luce questa indipendenza anche dal punto di vista formale. Che ciò sia possibile e come ciò possa avvenire lo mostra l’algebra moderna, nella quale il concetto formale di invariante, del quale si tratta, è maggiormente sviluppato. Essa possiede una regola di formazione generale ed esauriente per le espressioni invarianti ed opera fondamentalmente solo con queste.” Klein propone di applicare l’algebra alla geometria, ma in una maniera più generale rispetto a Cartesio: quest’ultimo studia l’equazione cartesiana che rappresenta un oggetto geometrico (una curva del piano, ossia una varietà di dimensione 1) rispetto ad un certo sistema di coordinate. Questo metodo manca di generalità: cambiando il sistema di riferimento, l’equazione cambia. Le proprietà geometriche dell’oggetto considerato sono registrate non dalle proprietà algebriche di una sua singola equazione, ma dalle proprietà algebriche che tutte le sue possibili equazioni cartesiane hanno in comune, ovvero le proprietà che sono invarianti per cambiamento di coordinate. Per individuare queste ultime occorre un metodo generale, che permetta di cogliere, in un colpo solo, tutte le possibili equazioni cartesiane. Ad ogni varietà geometrica deve essere associato un oggetto algebrico che sia insensibile ai cambi di coordinate, ossia al modo in cui la varietà è collocata rispetto agli assi cartesiani. Questo oggetto è un gruppo di trasformazioni, ossia un insieme di corrispondenze biunivoche dello spazio in sé, che possono essere invertite e combinate a piacere, e che lasciano immutata la forma della varietà. Un esempio particolarmente semplice di gruppo siffatto, che da Klein ha preso il nome, è l’insieme delle simmetrie del piano che lasciano invariato un rettangolo. D C A B Gli elementi del gruppo sono quattro: - la trasformazione identica, che lascia il piano così com’è, D C D C A B A B - le due simmetrie rispetto alle bisettrici delle due coppie di lati opposti, D C C D A B B A A B D C D A C B - e la trasformazione risultante dalla composizione di queste ultime, che è poi la rotazione di 180° intorno al centro del rettangolo: D A C B B A C D La composizione può avvenire in entrambi gli ordini possibili, la trasformazione risultante è la stessa. Inoltre, effettuando composizioni successive di queste trasformazioni, si ottiene sempre una di queste trasformazioni. Ogni trasformazione è l’inversa di se stessa: componendola con se stessa si ottiene la situazione di partenza, il che equivale ad applicare la trasformazione identica. Evidentemente, la definizione del gruppo di Klein fa completamente a meno del sistema di coordinate, e si applica, indifferentemente, ad ogni rettangolo del piano. È facile rendersi conto che il gruppo di Klein caratterizza tutte le forme del piano che sono simmetriche solo rispetto a due assi ortogonali. Le trasformazioni del gruppo di Klein sono particolari isometrie. A proposito della differenza tra l’approccio analitico e quello sintetico alla geometria, Klein nel suo discorso dice: “Se il metodo sintetico lavora più che altro con l’intuizione spaziale, conferendo ai suoi primi, semplici sviluppi un enorme fascino, così il campo dell’intuizione spaziale non è precluso al metodo analitico, e si possono considerare le formule della geometria analitica come una espressione precisa e trasparente delle relazioni geometriche. D’altra parte non si deve sottovalutare il vantaggio che un formalismo ben impostato può costituire per le ulteriori ricerche, anticipando, in un certo senso, il pensiero. Ci si deve sempre attenere al principio secondo cui non si può dare per acquisito un oggetto matematico, finché esso non è divenuto concettualmente evidente, e andare un po’ avanti seguendo il formalismo è già un importante primo passo.” L’astrazione dell’algebra non deve, comunque, far dimenticare la realtà dell’oggetto geometrico soggiacente, quella geometria “ingenua”, che tutti conosciamo dalla scuola elementare, che ha per oggetti le figure geometriche in quanto tali, e non in quanto modelli di relazioni matematiche astratte. Klein dedica una parte della suo discorso al “Valore dell’intuizione spaziale”. “Quando nel testo abbiamo definito l’intuizione spaziale come qualcosa di temporaneo, intendevamo che ciò dovesse essere riferito soltanto al contenuto puramente matematico delle osservazioni da formulare. La intuizione ha, per esso, soltanto il valore di una visualizzazione, che, tuttavia, è da mettere in grande risalto nel contesto pedagogico. Un modello geometrico, per esempio, è, da questo punto di vista, molto istruttivo e interessante. In maniera ben diversa si pone la questione del valore dell’intuizione spaziale in sé e per sé. Io lo considero qualcosa di autonomo. Esiste una geometria vera e propria, che non vuole essere, come le indagini discusse nel testo, solo una forma visualizzata di indagini astratte. In essa si tratta di concepire le figure spaziali in tutta la loro realtà corporea, e (ciò che rappresenta l’aspetto matematico) considerare le relazioni che soddisfano come evidenti conseguenze dei principi dell’intuizione spaziale. Un modello – sia esso realizzato e guardato o solo presentato a gesti – non è, per questa geometria, un mezzo per il fine, bensì la cosa in sé.” Nella relatività einsteiniana, le trasformazioni dello spazio-tempo che legano le descrizioni geometriche di uno stesso evento rispetto a due osservatori distinti, formano un gruppo di isometrie dello spaziotempo, detto gruppo di Poincaré.