Indice 1 INTRODUZIONE………………...................................……………………………pag 2 1.1 Epidemiologia……………………………………………………………………...pag 2 1.2 Eziologia………………………………………………………………...………....pag 4 1.3 Caratteristiche istologiche e storia naturale del tumore prostatico……..…….pag 6 1.4 Inquadramento clinico………………………………………………………..…..pag 10 1.5 Istologia……………………………………………………………………………pag 11 1.6 Stadiazione …………………………………………………………………….…pag 12 1.7 Approccio chirurgico al tumore della prostata………………………………..pag 15 1.8 Complicanze dopo prostatectomia radicale…………………………………...pag 16 1.9 Indicazioni alla prostatectomia radicale……………………………………….pag 18 2. MATERIALI E METODI…………………………………………………..……….pag 20 2.1 Disegno del progetto…………………………………………………………….pag 20 2.2 Tecniche chirurgiche…………………………………………………...………..pag 22 2.2.1 Tecnica open: prostatectomia radicale nerve sparing, retro pubica, retrograda sec. Walsh…………………………………………………………………………….……pag 22 2.3 Prostatectomia radicale laparoscopica………………………………………..pag 28 2.4 Prostatectomia radicale robotica……………………………………………....pag 35 3. RISULTATI …………………………………………………………………….….pag 44 3.1 Continenza ………………………………………………………………………pag 44 3.2 Potenza…………………………………………………………………………..pag 46 3.3 Soddisfazione dei pazienti……………………………………………………..pag 48 3.4 Perdite ematiche durante l’intervento…………………………..……………..pag 49 3.5 Early continence…………………………………………………………………...pag 50 3.6 Learning curve…………………………………………………………………….pag 51 3.7 Risultati oncologici………………………………………………………………..pag 53 3.8 Tempi di recupero post operatori……………………………..…………………pag. 54 3.9 Uso di analgesici FANS – oppiodi……………………………………………….pag 55 3.10 Complicanze…………………………………………………….………………..pag 56 4. DISCUSSIONE …………………………………………………….……………….pag 57 5. BIBLIOGRAFIA………………………………………………………...……………pag 62 1 1. INTRODUZIONE 1.1 Epidemiologia Il carcinoma della prostata è uno dei tumori più frequenti del maschio. Negli U.S.A rappresenta quasi il 30% di tutti i tumori di nuova diagnosi nel sesso maschile. Il numero assoluto dei nuovi casi di carcinoma prostatico tende ad aumentare in relazione da un lato all'aumento della popolazione ed all'invecchiamento della stessa, e dall'altro ad un aumento dell'incidenza indipendente dall'età [1]. Il carcinoma prostatico è piuttosto comune nel Nord America, particolarmente nell'ambito della popolazione di colore (22 morti per 100.000 uomini neri contro 14 morti per 100.000 bianchi) e nei paesi del Nord Europa: in quelli Scandinavi raggiunge la frequenza di 40-50/100.000 abitanti, ed è raro in Giappone o negli altri Paesi 2 Orientali (0,80-2,8/100000 abitanti). I tumori della prostata sono in costante aumento e tale aumento sembra essere reale oltre che dovuto all'affinamento della sensibilità diagnostica di cui disponiamo rispetto al passato anche recente. Nei paesi industrializzati questo tipo di neoplasie è, negli uomini sopra i 50 anni, la terza causa di morte per cancro dopo i tumori del polmone e del colon-retto. Nella sola comunità europea i morti ogni anno, sono 35.000; in Italia si stima in una decina di decessi ogni 100.000 abitanti rappresentando la prima causa di morte per tumori dell’apparato urogenitale. Tale neoplasia è tipica dell’età avanzata, ma calcoli statistici proiettivi stimano che un uomo su quattro dopo i 50 anni sia già portatore di tale patologia. E’, infatti, eccezionale la comparsa del carcinoma prostatico prima della cinquantina, mentre i casi diventano soprattutto frequenti al di là dei 65 anni. In questo contesto epidemiologico, l'Italia è posizionata a metà strada tra i paesi a più alta incidenza e quelli a più bassa con valori attorno a 28/100.000 abitanti [2]. Stime relative al 1990 indicavano il 3 tumore prostatico come la quarta causa assoluta di morte per tumore maschile con il 7,2% circa su 85.000 casi ed il quinto posto come frequenza tra i tumori del maschio dopo polmone, colon-retto, vescica e stomaco. 1.2 Eziologia I fattori che determinano o che contribuiscono a determinare l'insorgenza di questo tipo di carcinoma non sono ancora del tutto chiare. Sicuramente è coinvolto nel suo sviluppo il fattore ormonale, come dimostrato da Huggins, premio Nobel per aver scoperto che gli ormoni maschili (androgeni) possono accelerare la crescita del tumore prostatico, mentre la loro eliminazione porta a un rallentamento nella progressione dello stesso. E’ stato inoltre osservato come gli eunuchi non sviluppino il carcinoma prostatico mentre, un eccesso di androgeni alla pubertà rappresenti un fattore 4 favorente. Diversi studi, poi, sottolineano la componente familiare di questo tumore, tant’è che la neoplasia è stata riscontrata più frequentemente nei familiari di pazienti affetti da tumore prostatico [3]. Uomini con parenti di primo grado affetti da tumore prostatico hanno un rischio doppio di sviluppare la malattia. Sull’alimentazione troppo ricca di grassi ci sono solo sospetti, si è visto come con diete ricche di vegetali l’incidenza della malattia sia ridotta, mentre aumenterebbe con una dieta ricca di grassi e proteine animali. Anche i fattori sessuali sono stati oggetti di studio per un loro eventuale ruolo nello sviluppo della malattia. Si è potuto constatare che il tumore è spesso associato a trasmissioni di malattie virali (virus della famiglia dei papovavirus, citomegalovirus, virus herpetico), come anche ad un comportamento sessuale non regolare, o troppo scarso o troppo abbondante [4]. Una correlazione fra tumore prostatico e fumo non è stata provata mentre, si è visto come l’esposizione a sostanze chimiche tipo 5 ossido di cadmio, tipico dei lavoratori della gomma, possa favorire lo sviluppo di tale neoplasia. Il carcinoma prostatico viene considerato come un tumore essenzialmente imprevedibile, in quanto possiamo avere sviluppo di metastasi indipendentemente dall’accrescimento del tumore, come pure una progressione del tumore e delle metastasi che vanno di pari passo. 1.3 Caratteristiche istologiche e storia naturale del tumore prostatico La prostata è una ghiandola che avvolge a manicotto l’uretra posteriore. Nell’adulto pesa circa 20-25 g. Microscopicamente è costituita da alveoli ghiandolari immersi in un tessuto fibromuscolare. La funzione prostatica è essenzialmente rappresentata dalla 6 produzione di liquido seminale (ricordiamo come alla formazione del liquido seminale concorrono in parte anche le vescichette seminali) che è essenzialmente il veicolo che consente agli spermatozoi di risalire lungo l’uretra e quindi la vagina e l’utero. In base alle caratteristiche embriologiche e fisiopatologiche la ghiandola prostatica viene distinta in una parte “craniale” più vicina al lume dell'uretra che circonda ed una “caudale”, più periferica ed esterna. E' dimostrato che l’affezione più comune della prostata, l’adenoma benigno, si sviluppi nella parte craniale, mentre nella parte caudale prenderebbe origine il carcinoma. Alcuni studi hanno dimostrato quindi, come l’origine del carcinoma sia diversa e indipendente da quella dell’adenomioma prostatico, anche se questo concetto, peraltro, non esclude che le due forme possano coesistere. Il carcinoma della prostata è generalmente considerato una malattia la cui storia naturale è altamente imprevedibile. Infatti, secondo 7 Whitmore non sempre le due possibili forme di progressione e cioè l'invasione locale e la formazione di metastasi si verificano progressivamente, in maniera correlata alle dimensioni del tumore, ma possono essere indipendenti l'una dall'altra. La tesi sull'imprevedibilità della storia naturale poggia anche e soprattutto sulla peculiare caratteristica del carcinoma prostatico di presentarsi con estrema frequenza in forma latente. Tale forma presenta un'incidenza fino a cento volte superiore rispetto a quella clinica della malattia. Si ritiene che la gran parte dei tumori allo stato latente abbia un comportamento biologicamente poco aggressivo e che solo una ristretta porzione possa progredire a tumore clinicamente invasivo. Purtroppo le neoplasie dotate di comportamento aggressivo non sempre sono distinguibili dal punto di vista morfologico e/o biologico da quelle che possono permanere allo stato latente per l'inadeguatezza dei mezzi di indagine a nostra disposizione impiegabili a questo scopo. Si considera che la cellula neoplastica 8 del tumore della prostata sia caratterizzata da una crescita lenta (tempo di raddoppiamento variabile fra 50 e 120 giorni) tant’è che si ritiene debbano trascorrere dai 10 ai 15 anni perché tale neoplasia si manifesti. La neoplasia, dalla zona periferica della ghiandola, si può propagare in tempi successivi in ogni direzione, può sconfinare verso la capsula prostatica e le vescichette seminali; propagandosi verso l’alto il tumore tende a raggiungere il trigono vescicale dove può infiltrare gli sbocchi degli ureteri in vescica dando luogo a dilatazione delle vie escretrici od alla esclusione funzionale di uno o entrambi i reni, soltanto tardivamente può essere invaso il retto. Essendo il tumore prostatico un tumore linfofilo non manca di regola la propagazione per via linfatica per cui vengono progressivamente raggiunti i linfogangli ipogastrici, iliaci esterni, raggiungere i linfogangli paraortici. Le metastasi per via ematica si osservano con massima frequenza nelle varie parti dello scheletro, di cui prediligono le vertebre lombari e le ossa pelviche, ciò sembra essere imputato alla precoce 9 invasione del plesso venoso periprostatico (di Santorini). Sempre per via ematica avremo successivamente metastasi viscerali al polmone, al fegato e ai surreni [5]. 1.4 Inquadramento clinico Da un punto di vista clinico il tumore della prostata può essere così inquadrato: 1. il carcinoma latente: dimostrabile casualmente alla autopsia 2. il carcinoma incidentale: scoperto accidentalmente dopo intervento di adenomectomia o TURP per ipertrofia prostatica benigna in quanto clinicamente non palpabile 3. il carcinoma occulto: caratterizzato da disseminazione metastatica con obbiettività prostatica negativa 4. il carcinoma clinicamente manifesto: evidenziabile con l’esplorazione rettale 10 1.5 Istologia Da un punto di vista istologico la forma più frequente è l’adenocarcinoma (95%) che si sviluppa normalmente dagli acini prostatici della prostata caudale; inoltre possiamo riscontrare il carcinoma a cellule transizionali, il carcinoma a cellule squamose ed il sarcoma. Non mancano tuttavia le forme meno differenziate, la cui prognosi è più grave in considerazione della loro tendenza a diffondersi rapidamente e della loro maggiore sensibilità alla terapia con gli estrogeni. Il carcinoma prostatico è spesso multifocale ed ha un decorso largamente imprevedibile. L’aspetto delle cellule tumorali al microscopio e l’aggressività del tumore, ossia la rapidità con cui questo tende a crescere, sono convenzionalmente espressi tramite un sistema di valutazione che prende il nome di grading. Il metodo più usato è la scala di 11 Gleason, che tiene conto del modo in cui le cellule tumorali sono disposte all’interno della prostata, che si riflette in un punteggio da 1 a 5, e valuta anche i due pattern più frequenti di crescita del carcinoma prostatico. Il punteggio complessivo è compreso tra 2 e 10. Secondo la scala di Gleason, più basso è il punteggio, più basso è il grado del tumore. I carcinomi con grading basso (2-4) sono di solito a crescita lenta e hanno una minore tendenza a diffondere; quelli con un punteggio di 5-7 hanno un grading moderato, mentre quelli con punteggio di 8-10, hanno un grading elevato e sono molto aggressivi. 1.6 Stadiazione T1 tumore non palpabile all'esplorazione rettale e non rilevabile con tecniche di imaging 12 T1a: rilevazione casuale su esame istologico dopo resezione prostatica per patologie benigne, presente in meno del 5% del pezzo rimosso. T1b: come sopra ma tumore presente in oltre il 5% del pezzo rimosso. T1c: rilevazione su biopsia effettuata per aumento del PSA. T2 tumore palpabile all'esplorazione rettale, confinato alla ghiandola prostatica T2a: tumore esteso a metà o meno di un lobo della ghiandola prostatica. T2b: tumore esteso ad un solo lobo della ghiandola prostatica. T2c: tumore esteso ad entrambi i lobi prostatici T3 tumore esteso oltre la capsula 13 T3a: tumore extracapsulare, senza invasione delle vescicole seminali. T3b: tumore esteso fino alle vescicole seminali T4: tumore esteso ai tessuti circostanti, sfintere vescicole esterno, retto, parete pelvica, vescica. Stato linfonodale NX: coinvolgimento linfonodi regionali non valutato. N0: assenza di metastasi ai linfonodi regionali. N1: diffusione di metastasi ai linfonodi pelvici regionali. Metastasi MX: la presenza di metastasi a distanza non è stata valutata. M0: nessuna metastasi a distanza. 14 M1: diffusione di metastasi. M1a: coinvolgimento dei linfonodi extra-regionali. M1b: metastasi ossee. M1c: metastasi a distanza con o senza invasione scheletrica. [6] 1.7 Approccio chirurgico al tumore della prostata Con il termine di prostatectomia radicale si intende l'intervento chirurgico di asportazione della prostata. L'intervento può essere eseguito in anestesia generale o spinale, ha una durata media di 23. Durante l'intervento, qualora lo stadio clinico della malattia lo permetta, si può stabilire se è possibile eseguire una tecnica di rimozione della prostata che preveda la conservazione dei nervi responsabili della erezione peniena. Al termine dell'intervento vengono lasciati uno o due tubi di drenaggio che fuoriescono ai lati della ferita e che vengono rimossi quando le secrezioni pelviche 15 cessano. Il catetere vescicale viene lasciato per un periodo di solito variabile dai 6 ai 10 giorni. 1.8 Complicanze dopo prostatectomia radicale 16 Le possibili complicanze dopo intervento di prostatectomia radicale si possono dividere in: immediate chirurgiche, tardive chirurgiche e complicanze mediche. Per quanto riguarda le prime sono caratterizzate principalmente dal sanguinamento con necessità di trasfusione, l'infezione della ferita, fistola urinosa edil cedimento della parete addominale. Le complicanze chirurgiche tardive comprendono la stenosi lungo il decorso dell'uretra o a livello della giunzione uretro-vescicale, la formazione di linfocele pelvico (raccolta di linfa nell'addome). Le complicanze mediche più frequenti sono correlate a problemi cardiovascolari o anestesiologici come la trombosi venosa profonda, infarto e l'embolia polmonare. Le sequele più tipiche dell'intervento di prostatectomia chirurgica possono essere l'incontinenza urinaria e l'impotenza sessuale. Nei primi mesi dopo l'intervento può essere necessario che il paziente utilizzi pannolini protettivi. Molto utile è risultata l'esecuzione di una fisioterapia specifica per ottimizzare la ripresa della continenza. 17 Anche la rieducazione andrologica riveste un ruolo importante perché in taluni casi può permettere una ripresa precoce della funzionalità sessuale specialmente nei pazienti più giovani[7]. 1.9 Indicazioni alla prostatectomia radicale In genere è ritenuto candidabile ad intervento di prostatectomia radicale, con intento curativo, il paziente con neoplasia prostatica clinicamente localizzata T2c, con aspettativa di vita di almeno 10 anni e in condizioni generali soddisfacenti. Per tali pazienti rimane il “gold standard” (ossia la migliore scelta possibile) fra le terapie disponibili, poiché offre i migliori risultati di sopravvivenza globale a 5 e 10 anni (rispettivamente superiori al 95 e 75%) [6]. Lo scopo che l’intervento si propone è infatti quello di rimuovere chirurgicamente tutto il tumore, consentendola guarigione completa del paziente. Tuttavia occorre ricordare che, purtroppo, 18 all’analisi istologica sul pezzo asportato in una discreta percentuale di casi, il tumore risulta non essere confinato nella prostata o presentare margini di sezione positivi. In questi casi potrebbe rendersi necessaria una terapia complementare quale la radioterapia o la ormonosoppressione. 19 2. MATERIALI E METODI 2.1 DISEGNO DEL PROGETTO L’idea di sviluppare una tesi di dottorato sulle differenze di risultati in termini di continenza, potenza e risultati oncologici, in pazienti sottoposti a prostatectomia radicale nerve sparing bilaterale, è nata dall’assenza di studi comparativi pubblicati in letteratura scientifica attualmente noti [8, 9,10,11,12]. Il vantaggio di questo studio è che un singolo operatore, frequentando per periodi diversi, diversi centri urologici, ha raccolto i dati riguardanti le tre metodiche e le ha messe a confronto. I centri conivolti nello studio sono stati: Ospedale Generale Provinciale di Rieti, per quanto concerne la metodica open. Universitat Klinikum “Martin Luther” di Halle, Germania, per quanto riguarda la metodica laparoscopica. 20 Ospedale San Giovanni Addolorata, Roma, per quanto riguarda la metodica robotica. In ogni periodo trascorso presso queste strutture l’operatore A.C. ha avuto un tutor nell’esecuzione degli interventi per implementare la curva di apprendimento, e per ogni metodica è stato adottato un percorso step by step [13]. I pazienti sottoposti a prostatectomia radicale nerve sparing bilaterale, sono per un numero totale di 30, divisi in tre sottogruppi di 10 per ogni metodica. Non sono state riportate complicanze Clavien Gade ≥ 3. La stadiazione clinica dei pazienti era cT2, inoltre si sono adottati come parametri, Gleason score bioptico ≤ 7, una percentuale di neoplasia all’interno del totale del materiale esaminato non > del 70%, un età dei pazienti < 70. Il periodo in cui il chirurgo ha eseguito gli interventi in Germania è stato continuativo di 9 mesi. 21 Possibile bias da riportare è che mentre i due centri frequentati dal chirurgo per la laparoscopia e per la robotica erano da considerarsi ad alto volume, il centro in cui il candidato ha eseguito le prostatectomie radicali open era a basso volume (<90 procedure l’anno). La linfoadenectomia iliaca otturatoria non è stata eseguita perché non indicato dalle caratteristiche oncologiche della neoplasia. 2.2 TECNICHE CHIRURGICHE 2.2.1 TECNICA OPEN: PROSTATECTOMIA RADICALE NERVE SPARING RETROPUBICA, RETROGRADA, SECONDO WALSH. Posizione supina, iperestesa, a gambe leggermente divaricate e ginocchia leggermente piegate. Per una migliore visibilità dell'apice 22 prostatico si pone il paziente in Trendelenburg (20° circa) con una leggera "spezzatura" a livello dell'addome. - Incisione cutanea ombelico-pubica. - Incisione del foglietto posteriore del muscolo retto dell'addome facendo attenzione a risparmiare il peritoneo. Previa preparazione dello spazio del Retzius si procede all'incisione bilaterale della fascia endopelvica in prossimità della prostata. Sezione dei legamenti puboprostatici in tutta prossimità della sinfisi pubica. Rispettando il sottostante plesso del Santorini e la vena dorsale profonda del pene non vi è, durante questo tempo chirurgico, alcun sanguinamento. - Separazione della prostata dalle fibre muscolari dell'elevatore dell'ano e dal diaframma urogenitale. Grazie al catetere trans-uretrale 18 Charr, introdotto prima dell'intervento, è possibile identificare ed isolare la fascia endopelvica con la vena dorsale profonda del pene ed il plesso del Santorini. - Si fa passare una pinza angolata (Mc Dougall), a punta smussa, al di sotto del plesso del Santorini ed al di sopra dell'uretra procedendo alla legatura in blocco di questa struttura. Per 23 sicurezza vengono posti altri due punti emostatici, uno a destra e l'altro a sinistra, per raggiungere una sicura emostasi. Altri tre punti vengono passati prossimalmente, sulla parete anteriore della prostata per assicurare l'emostasi. - Sezione del plesso del Santorini tra le legature, distale e prossimale, sulla guida di una pinza angolata che lo sottende. Preparazione dell'apice prostatico con le forbici. Incisione della fascia periprostatica bilateralmente in tutta prossimità dell'apice dove lateralmente e dorsalmente decorrono i fasci neurovascolari. Dopo aver identificato i margini laterali della fascia si fa passare una pinza angolata a ridosso dell'apice prostatico sotto l'uretra, utilizzando una lunghetta per circondare quest'ultima. - Incisione della parete anteriore dell'uretra mettendo così in evidenza il catetere uretrale. - Si passano i primi due punti anastomotici alle ore 11 e 1. - Il catetere viene tagliato ed attratto cranialmente in modo da mettere in evidenza l'apice prostatico e la parete posteriore dell’uretra. - Questa viene incisa preservando il collicolo seminale ora visibile. - Sezione della fascia 24 del Denonvillier nel punto in cui viene a contatto con il muscolo rettouretrale. La sezione viene eseguita in direzione prossimale, con forbici curve, per preservare le strutture sfinteriche. - Con l'aiuto del dito si identifica il piano di clivaggio sulla faccia posteriore della prostata, piano che viene seguito fino alle vescicole seminali. - Le connessioni laterali delle fasce periprostatiche, che contengono i fasci neurovascolari, vengono poste in tensione e possono essere sezionate direttamente a ridosso dell'apice prostatico, sotto controllo visivo, rispettando così l'integrità dei nervi erigentes. - Con la prostata sollevata ed aderente alla Denonvillier a livello della sua faccia posteriore è ora possibile identificare il rimanente peduncolo prostatico. - Questo viene legato e sezionato. È quindi possibile sollevare la prostata dal retto. - Incisione della fascia del Denonvillier in corrispondenza della faccia posteriore delle vescicole seminali. La base della prostata è ora completamente libera. - Utilizzando il catetere è possibile esercitare una trazione in senso distale ed anteriore, affinché sia possibile preparare il collo 25 vescicale. - Separazione della prostata dalla parete anteriore del collo vescicale con l'aiuto delle forbici. - Quindi separazione per via smussa del trigono dalla prostata stessa. La preparazione deve essere eseguita delicatamente per non danneggiare la muscolatura del trigono. - Dopo aver separato la prostata dal trigono si possono nuovamente vedere le vescicole seminali, medialmente alle quali si trovano le ampolle deferenziali ed il dotto deferente, che viene preparato, legato e sezionato. - Sezione tra legature dei restanti peduncoli laterali. - Rimozione del preparato operatorio. - Ricostruzione del collo vescicale con una sutura in continua iniziando dal basso. Il diametro del collo ricostruito deve permettere il passaggio di un catetere di Foley 18 Charr. - Punti di eversione della mucosa del collo vescicale per ottenere un ottimale adattamento muco-mucoso con l'uretra, ottenere un'anastomosi impermeabile e ridurre concretamente il rischio di una stenosi anastomotica post-operatoria. - Controllo dell'emostasi. - Utilizzando i due punti anastomotici precedentemente posizionati 26 alle ore 11 e 1 e possibile, con una modica trazione, esporre il moncone distale dell'uretra. - Introduzione di un catetere di Foley 16 Charr che facilita il passaggio di altri due punti anastomotici alle ore 5 e 7. - Dopo aver passato questi punti a livello del collo vescicale ed aver introdotto il catetere in vescica si procede alla legatura degli stessi. - Drenaggio in aspirazione in prossimità dell'anastomosi e due drenaggi a caduta posti nelle fossette otturatorie. - Chiusura dell'incisione [14]. DECORSO POST-OPERATORIO Mobilizzazione del paziente in 3 giornata post-operatoria ed eparinizzazione a basse dosi per via sottocutanea per 21gg. Rimozione dei drenaggi non appena cessi la secrezione linfatica. Rimozione del catetere a 10-12 gg dall’intervento. Terapia antibiotica EV per 4 gg successivamente per os Alimentazione in 3 giornata post operatoria. Trasfusioni di sangue se necessario 27 2.3 PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA I vantaggi della laparoscopia rispetto alla tecnica open sono numerosi a) ottima visione e notevole ingrandimento b) assenza di cicatrici. c) La a mancata apertura e manipolazione dei visceri riduce lo stress operatorio 28 d) lI rischio di infezione sempre presente nella chirurgia tradizionale è di gran lunga ridotto nella laparoscopica e) il dolore è molto ridotto f) Il tempo di degenza e di ritorno alla normalità sono ridotti in funzione della assenza di incisione e di cicatrice CENNI DI TECNICA CHIRURGICA Il primo tempo dell’intervento consiste nella creazione del extrapneumoperitoneo: la cavita’ addominale deve essere riempita di anidride carbonica per creare una camera di lavoro per gli strumenti chirurgicici. 29 Una incisione di 1 cm a livello sottombelicale consente di identificare la fascia posteriore dei muscoli retti e su questa si crea lo spazio retro peritoneale. La dissezione avviene dapprima con il dito successivamente con un pallone dissettore. Successivamente si posiziona il trocar ottico e sotto si inseriscono successivamente in cavita’ extraperitoneale i successivi 4 trocar operativi. La premessa da considerare prima di descrivere l’intervento nei dettagli e’ che la tecnica laparoscopica consente di operare con un ingrandimento variabile di circa 30 volte. Questo permette al chirurgo di valutare con precisione le immagini, sfruttando lo straordinario vantaggio dell’ingrandimento (in chirurgia aperta si opera con ingrandimenti al massimo di 5 volte). Completato l’isolamento delle vescicole seminali, dalla cavita’ peritoneale si accede allo spazio pelvico dove e’ localizzata la prostata. 30 La rimozione della prostata avviene per via anterograda, partendo cioe’ dal collo vescicale che viene separato dalla base della prostata avendo cura di conservare il piu’ possibile l’integrita’ delle fibre muscolari del collo vescicale stesso le quali compartecipano al meccanismo della continenza urinaria. Completata questa manovra, si raggiungono le vescicole. Questo approccio permette una perfetta visualizzazione delle vescicole seminali ed in particolare sia dei vasi sanguigni che dei nervi che le avvolgono. Queste ultime strutture vengono rigorosamente conservate e si ha cura di non usare mai energia termica per non danneggiare il ricco plesso nervoso peri-vescicolare da dove transitano rami nervosi diretti ai corpi cavernosi del pene e responsabili dell’erezione peniena. Si identifica il piano di scollamento prostatico partendo 31 alle ore 6. A seconda delle caratteristiche della malattia (malattia palpabile o meno alla esplorazione rettale, numero delle biopsie positive per tumore, aggressivita’ del tumore rilevato nelle biopsie – Gleason score, PSA preoperatorio) si identifica un piano intrafasciale (estremamente aderente alla capsula prostatica) o interfasciale (lievemente piu’ distante dalla capsula prostatica ma sempre salvaguardando i nervi che avvolgono la prostata) e si procede nell’isolamento anterogrado della prostata. L’isolamento della prostata viene eseguito ponendo massima attenzione nell’evitare l’uso di qualsiasi energia termica al fine di evitare danni al tessuto nervoso periprostatico. L’emostasi viene ottenuta con l’applicazione di microclip (2 mm) in titanio o con micro punti di sutura. Completato l’isolamento della prostata si procede alla sezione del plesso venoso di Santorini ed alla sua successiva sutura emostatica con punti posti sotto visione diretta e ponendo la massima attenzione alla preservazione della integrita’ dello sfintere uretrale esterno. Si procede poi a sezionare l’uretra a livello 32 dell’apice prostatico e a questo punto il pezzo operatorio prostatico, completamente liberato, viene estratto dall’addome attraverso una porta operativa. Quando necessario, viene eseguito un esame istologico al congelatore per valutare la integrita’ dei margini chirurgici prostatici. L’intervento procede con la accurata cura della emostasi: ogni eventuale piccola fonte di sanguinamento viene controllata sempre con mini clip e mini punti di sutura. L’anastomosi uretrovescicale viene eseguita con una sutura in continua che garantisce una tenuta eccellente e rapidissima ripresa della continenza urinaria. Si posiziona un catetere vescicale e viene eseguita prova di tenuta dell’anastomosi stessa. Si posiziona nello scavo pelvico 1 piccolo tubo di drenaggio, che permette il monitoraggio di eventuali perdite di sangue, di urine o di linfa. La tecnica prevede la possibilità di preservare da un solo lato oppure bilateralmente i fasci vascolo-nervosi che sono coinvolti nel meccanismo dell’erezione. La possibilità di preservarli dipende dalla 33 situazione anatomica locale del paziente, dalla situazione oncologica, cioè dalla eventuale estensione della malattia della prostata, e da fattori anatomo-chirurgici, cioè dalla possibilità tecnica di realizzare un tale tipo di intervento [15]. A partire dalla prima giornata post-operatoria, il paziente riprende a bere e ad alimentarsi in modo crescente. Il paziente viene fatto alzare da letto già in prima giornata e, compatibilmente con la naturale ripresa delle sue energie, viene mobilizzato in misura sempre maggiore. E’ bene che il paziente, non appena si senta in grado, faccia passeggiate nel corridoio, favorendo la ripresa della 34 normale circolazione, per evitare la formazione di trombi alle vene degli arti inferiori e per facilitare la ripresa della attività intestinale. Il catetere vescicale, che viene posizionato durante l’intervento, viene mantenuto in sede per un periodo di solito variabile da 7 a 10 giorni, a seconda delle condizioni locali intra-operatorie e del decorso post-operatorio. In rare occasioni puo’ essere necessario mantenere il catetere vescicale in sede piu’ a lungo, ma generalmente non oltre 3 settimane. 2.4 PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA La chirurgia robotica inoltre, utilizzando una telecamera doppia, permette una visione tridimensionale del campo operatoria; inoltre la visione magnificata garantisce una visualizzazione anche di quei minuti dettagli anatomici fondamentali per l'esecuzione di una 35 chirurgia volta all'asportazione della ghiandola prostatica nella sua interezza, ma alla preservazione delle esili strutture neurovascolari che scorrono lateralmente alla ghiandola prostatica, ma così a ridosso della sua superficie da venir spesso recise durante interventi chirurgici a cielo aperto. 36 L'intervento di prostatectomia radicale robotica è eseguito in anestesia generale. Questo tipo di tecnica chirurgica beneficia di tutti i vantaggi correlati alla mininvasività laparoscopica (ridotti sanguinamenti, migliori risultati estetici e tutti i vantaggi nel postoperatorio quali ridotto dolore, ridotto tempo di degenza e più rapida ripresa delle attività quotidiane normalmente svolte) associato ai vantaggi tipici della chirurgia robotica quali una visione magnificata tridimensionale del campo operatorio e la possibilità di utilizzare uno strumentario chirurgico più sofisticato, con filtro del tremore involontario con conseguente migliore dissezione anatomica dei tessuti durante l'intervento e conseguenti migliori risultati funzionali. Durante l'intervento il paziente è posizionato supino a gambe divaricate per poter permettere l'accesso del Robot 37 Da Vinci ®. Previa incisione sovraombelicale, si induce il "pneumoperitoneo" ovvero viene insufflata CO2 (anidride carbonica) all'interno della cavità addominale per poter creare la camera di lavoro. Successivamente vengono posizionati i "trocars" che sono delle cannule di lavoro che permettono l'introduzione degli strumenti robotici. Il paziente viene quindi messo in posizione di "Trendelenburg" (testa rivolta verso il basso). Il Robot Da Vinci ® viene quindi fatto entrare tra le gambe del paziente e viene fissato ai "trocars" precedentemente posizionati Accesso al Retzius. Defattening periprostatico. Sezione del collo vescicale. Sezione dei deferenti e delle vescicole seminali al loro apice. Sezione tra clip dei peduncoli prostatici. Prostatectomia con intento nerve-sparing. Sezione della prostata all`apice e posizionamento del pezzo operatorio in endobag. Legatura del plesso vascolare dorsale. Controllo dell`emostasi con pressione 38 endoaddominale a 6 mmHg. Ricostruzione dei piani periprostatici posteriori. Anastomosi uretro-vescicale con due semicontinue su catetere 20 charr. Controllo della tenuta dell`anastomosi. Drenaggio. Estrazione del pezzo operatorio dalla ferita centrale. Chiusura delle ferite chirurgiche [16]. Incisione del peritoneo 39 Apertura della fascia endopelvica Chiusura del complesso venoso dorsale 40 Incisione del collo vescicale Isolamento delle vescichette seminali Apertura della fascia di Denonvilliers 41 Dissezione dei fasci neurovascolari Isolamento dell'apice e sezione dell'uretra 42 Anastomosi uretro-vescicale Il paziente esce dalla sala operatoria con un catetere vescicale ed un drenaggio che verranno rimossi nei successivi giorni dopo l'intervento. Rimozione del drenaggio in prima giornata Mobilizzazione ed alimentazione in prima giornata Dimissione in seconda giornata. Non terapie antibiotiche escluso un single shot perioperatorio, e non terapia eparinizzante Rimozione del catetere fra la 7-10 giornata post operatori. 43 3. RISULTATI Dall’esperienza del singolo candidato abbiamo considerato i seguenti parametri: 1. Ripresa della continenza 2. Ripresa della funzione sessuale 3. Soddisfazione dei pazienti 4. Perdite ematiche 5. Early continence. 6. Tempi operatori 7. Learning curve 8. Risultati oncologici 9. Uso di analgesici 10. Tempi di recupero post chirurgici (fast track) 3.1 Continenza 44 I risultati della continenza sono stati raccolti con il questionario ICIQ e con l’anamnesi del paziente. E’ stato considerato incontinente il paziente che aveva perdite stimate con il PAD weight maggiori di 20 gr o comunque chi cambiava più di un assorbente al giorno. I risultati della continenza sono riportati nel grafico seguente: Open a tre mesi 10% a sei mesi 50% a nove mesi 60% ad un anno 70% Laparoscopica a 3 mesi 50% a sei mesi 70% a nove mesi 80% ad un anno 90% Robotica a 3 mesi 80% a sei mesi 100% 45 100 90 80 70 60 50 open lap 40 30 robotic 20 10 0 1° Trim. 2° Trim. 3° Trim. 4° Trim. Da questi dati si evince una maggiore ripresa della continenza statisticamente significativa a favore della robotica e della laparoscopica verso la tecnica open specialmente nei primi due trimestri post operatori. Con il passare dei trimestri il vantaggio rimane ma la forbice si va restringendo e la differenza diventa meno significativa. 3.2 Potenza 46 La potenza sessuale è stata valutata con l’anamnesi clinica e con il questionario IIEF-5. A tutti i pazienti è stato consigliato di assumere cialis 20 mg cp 1 cp due volte a settimana per il primo anno. Tutti i pazienti hanno iniziato ad assumere il farmaco dalla rimozione del catetere vescicale. Per i pazienti a cui non era efficace il cialis da 20 mg la terapia riabilitativa è stata shiftata verso le PGE intracavernose. I risultati sono i seguenti : Open a tre mesi 0% a sei mesi 10% a nove mesi 20% ad 1 anno 30% Laparoscopica a tre mesi 0% a sei mesi 30% a nove mesi 40% ad un anno 50% Robotica a tre mesi 20% a sei mesi 30% a nove mesi 50% ad un anno 70% 47 100 90 80 70 60 open 50 lap 40 robotic 30 20 10 0 1° Trim. 2° Trim. 3° Trim. 4° Trim. La potenza è in favore della tecnica robotica e laparoscopica in favore della open con risultati statisticamente significativi nei quattro trimestri. Non è statisticamente significativa la differenza fra laparoscopia e robotica nei trimestri successivi al primo. 3.3 Soddisfazione dei pazienti La soddisfazione dei pazienti è stata valutata con questionari somministrati ai pazienti. I risultati sono i seguenti: 48 Open 60% Laparoscopico 70% Robotico 90% 100 80 open 60 40 lap robotic 20 0 Non c’è differenza statisticamente significativa fra le tre metodiche. 3.4 Perdite ematiche durante l’intervento I risultati delle perdite ematiche medie sono di seguito riportate: 49 Open 800 cc Laparoscopiche 300 cc Robotiche 100 cc La differenza si nota ed è statisticamente significativa in favore della tecnica robotica. 3.5 Early continence Si considera early continence la continenza recuperate alla rimozione del catetere vescicale. In questo la tecnica robotica ha presentato un vantaggio statisticamente significativo rispetto alle altre due, ed in particolar modo verso la open. Interessante notare che tutti i pazienti che erano continenti a 3 mesi dall’intervento con la tecnica robotica sono gli stessi che erano continenti da subito. I risultati sono di seguito riportati: 50 Open 10% Laparoscopica 50% Robotica 80% robotic lap open 0 20 40 60 80 3.6 Learning curve La valutazione della learning curve è stata fatta sui tempi operatori. I tempi operatori sono definiti come incisione – chiusura dell’ultimo punto di cute. In ogni tecnica adottata è sempre stato presente un tutor più esperto che ha guidato il candidato nei passaggi più difficili. Sono state valutati anche i tempi suddivisi per singolo step. In tale valutazione il tempo di maggiore impiego è stata l’anastomosi vescico uretrale in laparoscopia. Sono stati anche 51 valutate il numero di volte in cui il tutor è dovuto intervenire come primo operatore. Queste nelle tre metodiche sono state sovrapponibili con un numero di volte che si riduceva al progredire dell’esperienza del chirurgo. I risultati sono i seguenti: Open : Dal primo intervento all’ultimo 140 min a 110 minuti Laparoscopico: da 260 min a 200 min Robotica: da 220 min a 160 min 300 250 200 open 150 lap 100 robotic 50 0 52 Il numero di volte in cui il tutor è dovuto intervenire nelle procedure open è stato di 7, nelle laparoscopiche di 19, di cui 12 durante il confezionamento dell’anastomosi, e durante le procedure robotiche il tutor è intervenuto 9 volte, prevalentemente concentrate durante la fase nerve sparing. 3.7 Risultati oncologici I risultati oncologici sono stati sovrapponibili e le differenze non statisticamente significative. I risultati sono mostrati in tabella. Open T2 T3 T4 R0 R1 8 2 0 9 1 53 Lap 9 1 0 8 2 Robotic 8 2 0 9 1 3.8 Tempi di recupero post operatori I tempi di recupero qui riportati non sono da paragonare. Sono riportati solo come completezza dei dati. Ovviamente i pazienti hanno seguito il decorso classico dell’istituzione di appartenenza. Quindi ogni gruppo ha avuto tempi differenti. In particolare il gruppo di pazienti operati in robotica, ha seguito un percorso di fast track che è proprio dell’istituzione di appartenenza, senza nessuna complicanza riportata. Open Alimentazione Rimozione del dren 4 3-5 Lap Robotic 2 1 3-4 1 54 Mobilizzazione 4 1 1 Terapia antibiot 6 5 Terapia anticoaug 21 14 0 Dimissione 7-9 5-7 2 Rimozione cv 7-14 7-10 7-10 Single shot periop 3.9 Uso di analgesici FANS – oppiodi Nell’uso di antidolorifici siano essi FANS o oppiodi c’è stata una significativa differenza fra i tre gruppi a vantaggio delle tecniche mini invasive. In particolar modo l’uso è stato concentrato nelle tecniche mini invasive nei primi giorni. 14 12 10 8 Oppioidi 6 FANS 4 2 0 open lap robotic 55 3.10 COMPLICANZE Nel gruppo di 30 pazienti operati non ci sono state complicanze peri o post operatorie Clavien > 3. Nel gruppo operato a cielo aperto abbiamo avuto una stenosi dell’anastomosi a 3 mesi dall’intervento, operata endoscopicamente, i successivi controlli sembrano essere negativi per recidiva della stenosi. 56 4. DISCUSSIONE Lo studio focalizzato sui risultati oncologici e funzionali, riguardanti la potenza e l’incontinenza, ha messo in mostra una significativa predilezione per le tecniche chirurgiche mini invasive, specialmente per i risultati funzionali [17,18]. Per quanto riguarda i risultati oncologici, le tre metodiche sono sovrapponibili. Per la continenza si è notata una migliore ripresa della continenza precoce nel gruppo di pazienti trattati con terapia chirurgica mini invasiva. In particolr modo la chirurgia robotica ha messo in evidenza una ripresa precocissima, alla rimozione del catetere di una continenza pressocchè totale in un buon numero di pazienti. Sebbene anche la laparoscopia si sia mostrata più efficace della chirurgia open la robotica le rimane leggermente superiore. Anche la potenza sessuale si è mostrata meglio mantenuta nei pazienti trattati con tecnica mini invasiva rispetto a quelli trattati con tecnica open. Ed anche in questo ambito la tecnica robotica ha ottenuto risultati leggermente superiori rispetto alla laparoscopia. 57 Viene abbastanza immediato chiedersi se al di la dei risultati funzionali i costi riguardanti la robotica giustificano i risultati ottenuti sia in questo studio che quelli riportati in letteratura [19]. Ribadendo il bias di fondo di questo studio, ovvero il carattere itinerante delle prestazione chirurgiche eseguite, va detto che la robotica permette anche una dimissione precoce dall’ospedale. Valutando dunque il costo quotidiano di ospedalizzazione già la tecnica robotica diviene competitiva. Se a questo si aggiunge il costo previsto per le complicanze, come forniture di pannolini etc la minor incidenza di complicanze può essere anche letta come un risparmio in divenire. Interessante notare anche sui tempi chirurgici come la robotica abbia quasi a pari della tecnica open una curva di apprendimento relativamente snella [20,21]. Anche se studi certi sulla curva di apprendimento della open non ne sono stati praticamente fatti. A differenza della laparoscopia che invece ha sicuramente una curva di apprendimento decisamente più lunga. Lo dimostra il fatto presentato nei risultati delle volte in cui il tutor è dovuto intervenire. 58 Il numero maggiore di volte in cui il tutor è intervenuto è a carico del gruppo dei pazienti trattati con laparoscopia, ed in particolar modo il tutor è intervenuto durante il confezionamento dell’anastomosi. I risultati oncologici sono sovrapponibili, a testimonianza del fatto che le metodiche sono tutte oncologically safe, e valide [18]. La tendenza alla diagnosi precoce delle malattie prostatiche fortissima in questo ultimo ventennio ha fatto sì che si potessero sviluppare metodiche mini invasive per trattare in maniera quasi indolente tali patologie. Come sempre in medicina, la metodica si è successivamente sviluppata al punto da poter trattare praticamente tutti i tipi di patologia oncologica prostatica, estendendo la tecnica chirurgica alla realizzazione della linfoadenectomia, ed al trattamento anche dei casi T3 clinici. Inoltre la pubblicità che si sta diffondendo anche grazie alla rete in maniera capillare, sta facendo richiedere al paziente stesso le tecniche mini invasive. 59 In un ottica generale, la robotica non è pensabile che possa essere diffusa in ogni singolo ospedale. L’investimento economico iniziale è molto importante, perché in momento di crisi come questo ogni ospedale ci possa investire. È però fuori di dubbio che sia attualmente l’eccellenza per questo tipo di intervento. Dunque l’affermarsi di centri di eccellenza che propongano questa tecnica è l’unico modo perché possa avere un sostegno concreto. Questo studio sebbene pilota nel mettere a confronto le tre tecniche ha delle possibilità di errore nella valutazione dei risultati. Come detto in precedenza, il carattere “itinerante” è un limite. Va ricordato che fra i centri in cui il candidato è stato ed ha operato, non tutti e tre si possono considerare ad alto volume (con un numero di prostatectomie radicali annue maggiori di 90). In particolar modo il centro della ASL Rieti, dove il candidato ha raccolto la casistica operatoria “open”, non è da considerarsi ad alto volume. Un altro aspetto che andrebbe considerato, anche nella valutazione della “soddisfazione dei pazienti” è che il centro di robotica, dove 60 attualmente il candidato lavora, Ospedale San Giovanni, Roma, è un centro che adotta un protocollo post operatorio di “fast track”. Questo è permesso dalla tecnica, mini invasiva come la robotica, ma potrebbe influenzare il paziente nel considerarsi estremamente soddisfatto ad aver risolto il proprio problema con due soli giorni di degenza ospedaliera. 61 BIBLIOGRAFIA 1. American Urological Association (AUA) guideline on prostate cancer detection: process and rationale. Carter HB. BJU Int. 2013 Sep;112(5):543-7. doi: 10.1111/bju.12318. Review. 2. Population ageing effect on number of cancer cases: Italian cancer registries data. Buzzoni C; AIRTUM Working Group. Epidemiol Prev. 2011 May-Aug;35(3-4):216-21. Italian. 3. Familial prostate cancer: the damage done and lessons learnt. Taherian N, Hamel N, Bégin LR, Bismar TA, Goldgar DE, Feng BJ, Foulkes WD. Nat Rev Urol. 2013 Feb;10(2):116-22. 4. Human papillomaviruses in urological malignancies: A critical assessment. Tolstov Y, Hadaschik B, Pahernik S, Hohenfellner M, Duensing S. Urol Oncol. 2013 Oct 17. doi:pii: S1078-1439(13)00282-2. 10.1016/j.urolonc.2013.06.012 5. 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