1.3 Caratteristiche istologiche e storia naturale del tumore

Indice
1 INTRODUZIONE………………...................................……………………………pag 2
1.1 Epidemiologia……………………………………………………………………...pag 2
1.2 Eziologia………………………………………………………………...………....pag 4
1.3 Caratteristiche istologiche e storia naturale del tumore prostatico……..…….pag 6
1.4 Inquadramento clinico………………………………………………………..…..pag 10
1.5 Istologia……………………………………………………………………………pag 11
1.6 Stadiazione …………………………………………………………………….…pag 12
1.7 Approccio chirurgico al tumore della prostata………………………………..pag 15
1.8 Complicanze dopo prostatectomia radicale…………………………………...pag 16
1.9 Indicazioni alla prostatectomia radicale……………………………………….pag 18
2. MATERIALI E METODI…………………………………………………..……….pag 20
2.1 Disegno del progetto…………………………………………………………….pag 20
2.2 Tecniche chirurgiche…………………………………………………...………..pag 22
2.2.1 Tecnica open: prostatectomia radicale nerve sparing, retro pubica, retrograda sec.
Walsh…………………………………………………………………………….……pag 22
2.3 Prostatectomia radicale laparoscopica………………………………………..pag 28
2.4 Prostatectomia radicale robotica……………………………………………....pag 35
3. RISULTATI …………………………………………………………………….….pag 44
3.1 Continenza ………………………………………………………………………pag 44
3.2 Potenza…………………………………………………………………………..pag 46
3.3 Soddisfazione dei pazienti……………………………………………………..pag 48
3.4 Perdite ematiche durante l’intervento…………………………..……………..pag 49
3.5 Early continence…………………………………………………………………...pag 50
3.6 Learning curve…………………………………………………………………….pag 51
3.7 Risultati oncologici………………………………………………………………..pag 53
3.8 Tempi di recupero post operatori……………………………..…………………pag. 54
3.9 Uso di analgesici FANS – oppiodi……………………………………………….pag 55
3.10 Complicanze…………………………………………………….………………..pag 56
4. DISCUSSIONE …………………………………………………….……………….pag 57
5. BIBLIOGRAFIA………………………………………………………...……………pag 62
1
1. INTRODUZIONE
1.1 Epidemiologia
Il carcinoma della prostata è uno dei tumori più frequenti del
maschio. Negli U.S.A rappresenta quasi il 30% di tutti i tumori di
nuova diagnosi nel sesso maschile. Il numero assoluto dei nuovi
casi di carcinoma prostatico tende ad aumentare in relazione da un
lato all'aumento della popolazione ed all'invecchiamento della
stessa, e dall'altro ad un aumento dell'incidenza indipendente
dall'età [1].
Il carcinoma prostatico è piuttosto comune nel Nord America,
particolarmente nell'ambito della popolazione di colore (22 morti per
100.000 uomini neri contro 14 morti per 100.000 bianchi) e nei
paesi del Nord Europa: in quelli Scandinavi raggiunge la frequenza
di 40-50/100.000 abitanti, ed è raro in Giappone o negli altri Paesi
2
Orientali (0,80-2,8/100000 abitanti). I tumori della prostata sono in
costante aumento e tale aumento sembra essere reale oltre che
dovuto all'affinamento della sensibilità diagnostica di cui disponiamo
rispetto al passato anche recente. Nei paesi industrializzati questo
tipo di neoplasie è, negli uomini sopra i 50 anni, la terza causa di
morte per cancro dopo i tumori del polmone e del colon-retto. Nella
sola comunità europea i morti ogni anno, sono 35.000; in Italia si
stima
in
una
decina
di
decessi
ogni
100.000
abitanti
rappresentando la prima causa di morte per tumori dell’apparato
urogenitale. Tale neoplasia è tipica dell’età avanzata, ma calcoli
statistici proiettivi stimano che un uomo su quattro dopo i 50 anni
sia già portatore di tale patologia. E’, infatti, eccezionale la
comparsa del carcinoma prostatico prima della cinquantina, mentre
i casi diventano soprattutto frequenti al di là dei 65 anni.
In questo contesto epidemiologico, l'Italia è posizionata a metà
strada tra i paesi a più alta incidenza e quelli a più bassa con valori
attorno a 28/100.000 abitanti [2]. Stime relative al 1990 indicavano il
3
tumore prostatico come la quarta causa assoluta di morte per
tumore maschile con il 7,2% circa su 85.000 casi ed il quinto posto
come frequenza tra i tumori del maschio dopo polmone, colon-retto,
vescica e stomaco.
1.2 Eziologia
I fattori che determinano o che contribuiscono a determinare
l'insorgenza di questo tipo di carcinoma non sono ancora del tutto
chiare. Sicuramente è coinvolto nel suo sviluppo il fattore ormonale,
come dimostrato da Huggins, premio Nobel per aver scoperto che
gli ormoni maschili (androgeni) possono accelerare la crescita del
tumore prostatico, mentre la loro eliminazione porta a un
rallentamento nella progressione dello stesso. E’ stato inoltre
osservato come gli eunuchi non sviluppino il carcinoma prostatico
mentre, un eccesso di androgeni alla pubertà rappresenti un fattore
4
favorente. Diversi studi, poi, sottolineano la componente familiare di
questo tumore, tant’è che la neoplasia è stata riscontrata più
frequentemente nei familiari di pazienti affetti da tumore prostatico
[3]. Uomini con parenti di primo grado affetti da tumore prostatico
hanno un rischio doppio di sviluppare la malattia. Sull’alimentazione
troppo ricca di grassi ci sono solo sospetti, si è visto come con diete
ricche di vegetali l’incidenza della malattia sia ridotta, mentre
aumenterebbe con una dieta ricca di grassi e proteine animali.
Anche i fattori sessuali sono stati oggetti di studio per un loro
eventuale ruolo nello sviluppo della malattia. Si è potuto constatare
che il tumore è spesso associato a trasmissioni di malattie virali
(virus della famiglia dei papovavirus, citomegalovirus, virus
herpetico), come anche ad un comportamento sessuale non
regolare, o troppo scarso o troppo abbondante [4].
Una correlazione fra tumore prostatico e fumo non è stata provata
mentre, si è visto come l’esposizione a sostanze chimiche tipo
5
ossido di cadmio, tipico dei lavoratori della gomma, possa favorire
lo sviluppo di tale neoplasia.
Il carcinoma prostatico viene considerato come un tumore
essenzialmente imprevedibile, in quanto possiamo avere sviluppo
di metastasi indipendentemente dall’accrescimento del tumore,
come pure una progressione del tumore e delle metastasi che
vanno di pari passo.
1.3 Caratteristiche istologiche e storia naturale del tumore
prostatico
La prostata è una ghiandola che avvolge a manicotto l’uretra
posteriore.
Nell’adulto pesa circa 20-25 g. Microscopicamente è costituita da
alveoli ghiandolari immersi in un tessuto fibromuscolare. La
funzione
prostatica
è
essenzialmente
rappresentata
dalla
6
produzione di liquido seminale (ricordiamo come alla formazione
del liquido seminale concorrono in parte anche le vescichette
seminali) che è essenzialmente il veicolo che consente agli
spermatozoi di risalire lungo l’uretra e quindi la vagina e l’utero.
In base alle caratteristiche embriologiche e fisiopatologiche la
ghiandola prostatica viene distinta in una parte “craniale” più vicina
al lume dell'uretra che circonda ed una “caudale”, più periferica ed
esterna.
E' dimostrato che l’affezione più comune della prostata, l’adenoma
benigno, si sviluppi nella parte craniale, mentre nella parte caudale
prenderebbe origine il carcinoma.
Alcuni studi hanno dimostrato quindi, come l’origine del carcinoma
sia diversa e indipendente da quella dell’adenomioma prostatico,
anche se questo concetto, peraltro, non esclude che le due forme
possano coesistere.
Il carcinoma della prostata è generalmente considerato una malattia
la cui storia naturale è altamente imprevedibile. Infatti, secondo
7
Whitmore non sempre le due possibili forme di progressione e cioè
l'invasione locale e la formazione di metastasi si verificano
progressivamente, in maniera correlata alle dimensioni del tumore,
ma possono essere indipendenti l'una dall'altra.
La tesi sull'imprevedibilità della storia naturale poggia anche e
soprattutto sulla peculiare caratteristica del carcinoma prostatico di
presentarsi con estrema frequenza in forma latente. Tale forma
presenta un'incidenza fino a cento volte superiore rispetto a quella
clinica della malattia. Si ritiene che la gran parte dei tumori allo
stato latente abbia un comportamento biologicamente poco
aggressivo e che solo una ristretta porzione possa progredire a
tumore clinicamente invasivo.
Purtroppo le neoplasie dotate di comportamento aggressivo non
sempre sono distinguibili dal punto di vista morfologico e/o biologico
da quelle che possono permanere
allo stato latente per
l'inadeguatezza dei mezzi di indagine a nostra disposizione
impiegabili a questo scopo. Si considera che la cellula neoplastica
8
del tumore della prostata sia caratterizzata da una crescita lenta
(tempo di raddoppiamento variabile fra 50 e 120 giorni) tant’è che si
ritiene debbano trascorrere dai 10 ai 15 anni perché tale neoplasia
si manifesti. La neoplasia, dalla zona periferica della ghiandola, si
può propagare in tempi successivi in ogni direzione, può sconfinare
verso la capsula prostatica e le vescichette seminali; propagandosi
verso l’alto il tumore tende a raggiungere il trigono vescicale dove
può infiltrare gli sbocchi degli ureteri in vescica dando luogo a
dilatazione delle vie escretrici od alla esclusione funzionale di uno o
entrambi i reni, soltanto tardivamente può essere invaso il retto.
Essendo il tumore prostatico un tumore linfofilo non manca di
regola la propagazione per via linfatica per cui vengono
progressivamente raggiunti i linfogangli ipogastrici, iliaci esterni,
raggiungere i linfogangli paraortici.
Le metastasi per via ematica si osservano con massima frequenza
nelle varie parti dello scheletro, di cui prediligono le vertebre
lombari e le ossa pelviche, ciò sembra essere imputato alla precoce
9
invasione del plesso venoso periprostatico (di Santorini). Sempre
per via ematica avremo successivamente metastasi viscerali al
polmone, al fegato e ai surreni [5].
1.4 Inquadramento clinico
Da un punto di vista clinico il tumore della prostata può essere
così inquadrato:
1. il carcinoma latente: dimostrabile casualmente alla autopsia
2. il carcinoma incidentale: scoperto accidentalmente dopo
intervento di adenomectomia o TURP per ipertrofia prostatica
benigna in quanto clinicamente non palpabile
3.
il
carcinoma
occulto:
caratterizzato
da
disseminazione
metastatica con obbiettività prostatica negativa
4. il carcinoma clinicamente manifesto: evidenziabile con
l’esplorazione rettale
10
1.5 Istologia
Da un punto di vista istologico la forma più frequente è
l’adenocarcinoma (95%) che si sviluppa normalmente dagli acini
prostatici della prostata caudale; inoltre possiamo riscontrare il
carcinoma a cellule transizionali, il carcinoma a cellule squamose
ed il sarcoma. Non mancano tuttavia le forme meno differenziate, la
cui prognosi è più grave in considerazione della loro tendenza a
diffondersi rapidamente e della loro maggiore sensibilità alla terapia
con gli estrogeni.
Il carcinoma prostatico è spesso multifocale ed ha un decorso
largamente imprevedibile.
L’aspetto delle cellule tumorali al microscopio e l’aggressività del
tumore, ossia la rapidità con cui questo tende a crescere, sono
convenzionalmente espressi tramite un sistema di valutazione che
prende il nome di grading. Il metodo più usato è la scala di
11
Gleason, che tiene conto del modo in cui le cellule tumorali sono
disposte all’interno della prostata, che si riflette in un punteggio da 1
a 5, e valuta anche i due pattern più frequenti di crescita del
carcinoma prostatico. Il punteggio complessivo è compreso tra 2 e
10.
Secondo la scala di Gleason, più basso è il punteggio, più basso è
il grado del tumore. I carcinomi con grading basso (2-4) sono di
solito a crescita lenta e hanno una minore tendenza a diffondere;
quelli con un punteggio di 5-7 hanno un grading moderato, mentre
quelli con punteggio di 8-10, hanno un grading elevato e sono molto
aggressivi.
1.6 Stadiazione
T1 tumore non palpabile all'esplorazione rettale e non rilevabile con
tecniche di imaging
12
T1a: rilevazione casuale su esame istologico dopo resezione
prostatica per patologie benigne, presente in meno del 5% del
pezzo rimosso.
T1b: come sopra ma tumore presente in oltre il 5% del pezzo
rimosso.
T1c: rilevazione su biopsia effettuata per aumento del PSA.
T2 tumore palpabile all'esplorazione rettale, confinato alla ghiandola
prostatica
T2a: tumore esteso a metà o meno di un lobo della ghiandola
prostatica.
T2b: tumore esteso ad un solo lobo della ghiandola prostatica.
T2c: tumore esteso ad entrambi i lobi prostatici
T3 tumore esteso oltre la capsula
13
T3a: tumore extracapsulare, senza invasione delle vescicole
seminali.
T3b: tumore esteso fino alle vescicole seminali
T4: tumore esteso ai tessuti circostanti, sfintere vescicole esterno,
retto, parete pelvica, vescica.
Stato linfonodale
NX: coinvolgimento linfonodi regionali non valutato.
N0: assenza di metastasi ai linfonodi regionali.
N1: diffusione di metastasi ai linfonodi pelvici regionali.
Metastasi
MX: la presenza di metastasi a distanza non è stata valutata.
M0: nessuna metastasi a distanza.
14
M1: diffusione di metastasi.
M1a: coinvolgimento dei linfonodi extra-regionali.
M1b: metastasi ossee.
M1c: metastasi a distanza con o senza invasione scheletrica. [6]
1.7 Approccio chirurgico al tumore della prostata
Con il termine di prostatectomia radicale
si intende l'intervento
chirurgico di asportazione della prostata. L'intervento può essere
eseguito in anestesia generale o spinale, ha una durata media di 23. Durante l'intervento, qualora lo stadio clinico della malattia lo
permetta, si può stabilire se è possibile eseguire una tecnica di
rimozione della prostata che preveda la conservazione dei nervi
responsabili della erezione peniena. Al termine dell'intervento
vengono lasciati uno o due tubi di drenaggio che fuoriescono ai lati
della ferita e che vengono rimossi quando le secrezioni pelviche
15
cessano. Il catetere vescicale viene lasciato per un periodo di solito
variabile dai 6 ai 10 giorni.
1.8 Complicanze dopo prostatectomia radicale
16
Le possibili complicanze dopo intervento di prostatectomia radicale
si possono dividere in: immediate chirurgiche, tardive chirurgiche e
complicanze mediche.
Per quanto riguarda le prime sono caratterizzate principalmente dal
sanguinamento con necessità di trasfusione, l'infezione della ferita,
fistola urinosa edil cedimento della parete addominale.
Le complicanze chirurgiche tardive comprendono la stenosi lungo il
decorso dell'uretra o a livello della giunzione uretro-vescicale, la
formazione di linfocele pelvico (raccolta di linfa nell'addome).
Le complicanze mediche più frequenti sono correlate a problemi
cardiovascolari
o
anestesiologici
come
la
trombosi
venosa
profonda, infarto e l'embolia polmonare.
Le sequele più tipiche dell'intervento di prostatectomia chirurgica
possono essere l'incontinenza urinaria e l'impotenza sessuale. Nei
primi mesi dopo l'intervento può essere necessario che il paziente
utilizzi pannolini protettivi. Molto utile è risultata l'esecuzione di una
fisioterapia specifica per ottimizzare la ripresa della continenza.
17
Anche la rieducazione andrologica riveste un ruolo importante
perché in taluni casi può permettere una ripresa precoce della
funzionalità sessuale specialmente nei pazienti più giovani[7].
1.9 Indicazioni alla prostatectomia radicale
In genere è ritenuto candidabile ad intervento di prostatectomia
radicale, con intento curativo, il paziente con neoplasia prostatica
clinicamente localizzata T2c, con aspettativa di vita di almeno 10
anni e in condizioni generali soddisfacenti. Per tali pazienti rimane il
“gold standard” (ossia la migliore scelta possibile) fra le terapie
disponibili, poiché offre i migliori risultati di sopravvivenza globale a
5 e 10 anni (rispettivamente superiori al 95 e 75%) [6].
Lo scopo che l’intervento si propone è infatti quello di rimuovere
chirurgicamente
tutto
il
tumore,
consentendola
guarigione
completa del paziente. Tuttavia occorre ricordare che, purtroppo,
18
all’analisi istologica sul pezzo asportato in una discreta percentuale
di casi, il tumore risulta non essere confinato nella prostata o
presentare margini di sezione positivi. In questi casi potrebbe
rendersi
necessaria
una
terapia
complementare
quale
la
radioterapia o la ormonosoppressione.
19
2. MATERIALI E METODI
2.1 DISEGNO DEL PROGETTO
L’idea di sviluppare una tesi di dottorato sulle differenze di risultati
in termini di continenza, potenza e risultati oncologici, in pazienti
sottoposti a prostatectomia radicale nerve sparing bilaterale, è nata
dall’assenza di studi comparativi pubblicati in letteratura scientifica
attualmente noti [8, 9,10,11,12].
Il vantaggio di questo studio è che un singolo operatore,
frequentando per periodi diversi, diversi centri urologici, ha raccolto
i dati riguardanti le tre metodiche e le ha messe a confronto.
I centri conivolti nello studio sono stati:
Ospedale Generale Provinciale di Rieti, per quanto concerne la
metodica open.
Universitat Klinikum “Martin Luther” di Halle, Germania, per quanto
riguarda la metodica laparoscopica.
20
Ospedale San Giovanni Addolorata, Roma, per quanto riguarda la
metodica robotica.
In ogni periodo trascorso presso queste strutture l’operatore A.C.
ha avuto un tutor nell’esecuzione degli interventi per implementare
la curva di apprendimento, e per ogni metodica è stato adottato un
percorso step by step [13].
I pazienti sottoposti a prostatectomia radicale nerve sparing
bilaterale, sono per un numero totale di 30, divisi in tre sottogruppi
di 10 per ogni metodica.
Non sono state riportate complicanze Clavien Gade ≥ 3.
La stadiazione clinica dei pazienti era cT2, inoltre si sono adottati
come parametri, Gleason score bioptico ≤ 7, una percentuale di
neoplasia all’interno del totale del materiale esaminato non > del
70%, un età dei pazienti < 70.
Il periodo in cui il chirurgo ha eseguito gli interventi in Germania è
stato continuativo di 9 mesi.
21
Possibile bias da riportare è che mentre i due centri frequentati dal
chirurgo per la laparoscopia e per la robotica erano da considerarsi
ad alto volume, il centro in cui il candidato ha eseguito le
prostatectomie radicali open era a basso volume (<90 procedure
l’anno).
La linfoadenectomia iliaca otturatoria non è stata eseguita perché
non indicato dalle caratteristiche oncologiche della neoplasia.
2.2 TECNICHE CHIRURGICHE
2.2.1 TECNICA OPEN: PROSTATECTOMIA RADICALE NERVE
SPARING RETROPUBICA, RETROGRADA, SECONDO WALSH.
Posizione supina, iperestesa, a gambe leggermente divaricate e
ginocchia leggermente piegate. Per una migliore visibilità dell'apice
22
prostatico si pone il paziente in Trendelenburg (20° circa) con una
leggera "spezzatura" a livello dell'addome. - Incisione cutanea
ombelico-pubica. - Incisione del foglietto posteriore del muscolo
retto dell'addome facendo attenzione a risparmiare il peritoneo.
Previa preparazione dello spazio del Retzius si procede all'incisione
bilaterale della fascia endopelvica in prossimità della prostata. Sezione dei legamenti puboprostatici in tutta prossimità della sinfisi
pubica. Rispettando il sottostante plesso del Santorini e la vena
dorsale profonda del pene non vi è, durante questo tempo
chirurgico, alcun sanguinamento. - Separazione della prostata dalle
fibre muscolari dell'elevatore dell'ano e dal diaframma urogenitale. Grazie al catetere trans-uretrale 18 Charr, introdotto prima
dell'intervento,
è possibile identificare ed
isolare la fascia
endopelvica con la vena dorsale profonda del pene ed il plesso del
Santorini. - Si fa passare una pinza angolata (Mc Dougall), a punta
smussa, al di sotto del plesso del Santorini ed al di sopra dell'uretra
procedendo alla legatura in blocco di questa struttura. Per
23
sicurezza vengono posti altri due punti emostatici, uno a destra e
l'altro a sinistra, per raggiungere una sicura emostasi. Altri tre punti
vengono passati prossimalmente, sulla parete anteriore della
prostata per assicurare l'emostasi. - Sezione del plesso del
Santorini tra le legature, distale e prossimale, sulla guida di una
pinza angolata che lo sottende. Preparazione dell'apice prostatico
con le forbici. Incisione della fascia periprostatica bilateralmente in
tutta prossimità dell'apice dove lateralmente e dorsalmente
decorrono i fasci neurovascolari. Dopo aver identificato i margini
laterali della fascia si fa passare una pinza angolata a ridosso
dell'apice prostatico sotto l'uretra, utilizzando una lunghetta per
circondare quest'ultima. - Incisione della parete anteriore dell'uretra
mettendo così in evidenza il catetere uretrale. - Si passano i primi
due punti anastomotici alle ore 11 e 1. - Il catetere viene tagliato ed
attratto cranialmente in modo da mettere in evidenza l'apice
prostatico e la parete posteriore dell’uretra. - Questa viene incisa
preservando il collicolo seminale ora visibile. - Sezione della fascia
24
del Denonvillier nel punto in cui viene a contatto con il muscolo
rettouretrale. La sezione viene eseguita in direzione prossimale,
con forbici curve, per preservare le strutture sfinteriche. - Con l'aiuto
del dito si identifica il piano di clivaggio sulla faccia posteriore della
prostata, piano che viene seguito fino alle vescicole seminali. - Le
connessioni laterali delle fasce periprostatiche, che contengono i
fasci neurovascolari, vengono poste in tensione e possono essere
sezionate direttamente a ridosso dell'apice prostatico, sotto
controllo visivo, rispettando così l'integrità dei nervi erigentes. - Con
la prostata sollevata ed aderente alla Denonvillier a livello della sua
faccia posteriore è ora possibile identificare il rimanente peduncolo
prostatico. - Questo viene legato e sezionato. È quindi possibile
sollevare la prostata dal retto. - Incisione della fascia del
Denonvillier in corrispondenza della faccia posteriore
delle
vescicole seminali. La base della prostata è ora completamente
libera. - Utilizzando il catetere è possibile esercitare una trazione in
senso distale ed anteriore, affinché sia possibile preparare il collo
25
vescicale. - Separazione della prostata dalla parete anteriore del
collo vescicale con l'aiuto delle forbici. - Quindi separazione per via
smussa del trigono dalla prostata stessa. La preparazione deve
essere eseguita delicatamente per non danneggiare la muscolatura
del trigono. - Dopo aver separato la prostata dal trigono si possono
nuovamente vedere le vescicole seminali, medialmente alle quali si
trovano le ampolle deferenziali ed il dotto deferente, che viene
preparato, legato e sezionato. - Sezione tra legature dei restanti
peduncoli laterali. - Rimozione del preparato operatorio.
-
Ricostruzione del collo vescicale con una sutura in continua
iniziando dal basso. Il diametro del collo ricostruito deve permettere
il passaggio di un catetere di Foley 18 Charr. - Punti di eversione
della mucosa del collo vescicale per ottenere un ottimale
adattamento muco-mucoso con l'uretra, ottenere un'anastomosi
impermeabile e ridurre concretamente il rischio di una stenosi
anastomotica
post-operatoria.
-
Controllo
dell'emostasi.
-
Utilizzando i due punti anastomotici precedentemente posizionati
26
alle ore 11 e 1 e possibile, con una modica trazione, esporre il
moncone distale dell'uretra. - Introduzione di un catetere di Foley 16
Charr che facilita il passaggio di altri due punti anastomotici alle ore
5 e 7. - Dopo aver passato questi punti a livello del collo vescicale
ed aver introdotto il catetere in vescica si procede alla legatura degli
stessi. - Drenaggio in aspirazione in prossimità dell'anastomosi e
due drenaggi a caduta posti nelle fossette otturatorie. - Chiusura
dell'incisione [14].
DECORSO POST-OPERATORIO
Mobilizzazione del paziente in 3 giornata post-operatoria ed
eparinizzazione a basse dosi per via sottocutanea per 21gg.
Rimozione dei drenaggi non appena cessi la secrezione linfatica.
Rimozione del catetere a 10-12 gg dall’intervento.
Terapia antibiotica EV per 4 gg successivamente per os
Alimentazione in 3 giornata post operatoria.
Trasfusioni di sangue se necessario
27
2.3 PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA
I vantaggi della laparoscopia rispetto alla tecnica open sono
numerosi
a)
ottima visione e notevole ingrandimento
b)
assenza di cicatrici.
c)
La a mancata apertura e manipolazione dei visceri riduce lo
stress operatorio
28
d)
lI rischio di infezione sempre presente nella chirurgia
tradizionale è di gran lunga ridotto nella laparoscopica
e)
il dolore è molto ridotto
f)
Il tempo di degenza e di ritorno alla normalità sono ridotti in
funzione della assenza di incisione e di cicatrice
CENNI DI TECNICA CHIRURGICA
Il primo tempo dell’intervento consiste nella creazione del
extrapneumoperitoneo: la cavita’ addominale deve essere riempita
di anidride carbonica per creare una camera di lavoro per gli
strumenti chirurgicici.
29
Una incisione di 1 cm a livello sottombelicale consente di
identificare la fascia posteriore dei muscoli retti e su questa si crea
lo spazio retro peritoneale. La dissezione avviene dapprima con il
dito successivamente con un pallone dissettore. Successivamente
si posiziona il trocar ottico e sotto si inseriscono successivamente in
cavita’ extraperitoneale i successivi 4 trocar operativi.
La premessa da considerare prima di descrivere l’intervento nei
dettagli e’ che la tecnica laparoscopica consente di operare con un
ingrandimento variabile di circa 30 volte. Questo permette al
chirurgo di valutare con precisione le immagini, sfruttando lo
straordinario vantaggio dell’ingrandimento (in chirurgia aperta si
opera con ingrandimenti al massimo di 5 volte).
Completato l’isolamento delle vescicole seminali, dalla cavita’
peritoneale si accede allo spazio pelvico dove e’ localizzata la
prostata.
30
La rimozione della prostata avviene per via anterograda, partendo
cioe’ dal collo vescicale che viene separato dalla base della
prostata avendo cura di conservare il piu’ possibile l’integrita’ delle
fibre muscolari del collo vescicale stesso le quali compartecipano al
meccanismo
della
continenza
urinaria.
Completata
questa
manovra, si raggiungono le vescicole. Questo approccio permette
una perfetta visualizzazione delle vescicole seminali ed in
particolare sia dei vasi sanguigni che dei nervi che le avvolgono.
Queste ultime strutture vengono rigorosamente conservate e si ha
cura di non usare mai energia termica per non danneggiare il ricco
plesso nervoso peri-vescicolare da dove transitano rami nervosi
diretti ai corpi cavernosi del pene e responsabili dell’erezione
peniena. Si identifica il piano di scollamento prostatico partendo
31
alle ore 6. A seconda delle caratteristiche della malattia (malattia
palpabile o meno alla esplorazione rettale, numero delle biopsie
positive per tumore, aggressivita’ del tumore rilevato nelle biopsie –
Gleason
score,
PSA
preoperatorio)
si
identifica
un
piano
intrafasciale (estremamente aderente alla capsula prostatica) o
interfasciale (lievemente piu’ distante dalla capsula prostatica ma
sempre salvaguardando i nervi che avvolgono la prostata) e si
procede nell’isolamento anterogrado della prostata. L’isolamento
della prostata viene eseguito ponendo massima attenzione
nell’evitare l’uso di qualsiasi energia termica al fine di evitare danni
al tessuto nervoso periprostatico. L’emostasi viene ottenuta con
l’applicazione di microclip (2 mm) in titanio o con micro punti di
sutura. Completato l’isolamento della prostata si procede alla
sezione del plesso venoso di Santorini ed alla sua successiva
sutura emostatica con punti posti sotto visione diretta e ponendo la
massima attenzione alla preservazione della integrita’ dello sfintere
uretrale esterno. Si procede poi a sezionare l’uretra a livello
32
dell’apice prostatico e a questo punto il pezzo operatorio prostatico,
completamente liberato, viene estratto dall’addome attraverso una
porta operativa. Quando necessario, viene eseguito un esame
istologico al congelatore per valutare la integrita’ dei margini
chirurgici prostatici. L’intervento procede con la accurata cura della
emostasi: ogni eventuale piccola fonte di sanguinamento viene
controllata sempre con mini clip e mini punti di sutura. L’anastomosi
uretrovescicale viene eseguita con una sutura in continua che
garantisce una tenuta eccellente e rapidissima ripresa della
continenza urinaria. Si posiziona un catetere vescicale e viene
eseguita prova di tenuta dell’anastomosi stessa. Si posiziona nello
scavo pelvico 1 piccolo tubo di drenaggio, che permette il
monitoraggio di eventuali perdite di sangue, di urine o di linfa.
La tecnica prevede la possibilità di preservare da un solo lato
oppure bilateralmente i fasci vascolo-nervosi che sono coinvolti nel
meccanismo dell’erezione. La possibilità di preservarli dipende dalla
33
situazione
anatomica
locale
del
paziente,
dalla
situazione
oncologica, cioè dalla eventuale estensione della malattia della
prostata, e da fattori anatomo-chirurgici, cioè dalla possibilità
tecnica di realizzare un tale tipo di intervento [15].
A partire dalla prima giornata post-operatoria, il paziente riprende a
bere e ad alimentarsi in modo crescente. Il paziente viene fatto
alzare da letto già in prima giornata e, compatibilmente con la
naturale ripresa delle sue energie, viene mobilizzato in misura
sempre maggiore. E’ bene che il paziente, non appena si senta in
grado, faccia passeggiate nel corridoio, favorendo la ripresa della
34
normale circolazione, per evitare la formazione di trombi alle vene
degli arti inferiori e per facilitare la ripresa della attività intestinale. Il
catetere vescicale, che viene posizionato durante l’intervento, viene
mantenuto in sede per un periodo di solito variabile da 7 a 10 giorni,
a seconda delle condizioni locali intra-operatorie e del decorso
post-operatorio.
In
rare
occasioni
puo’
essere
necessario
mantenere il catetere vescicale in sede piu’ a lungo, ma
generalmente non oltre 3 settimane.
2.4 PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA
La chirurgia robotica inoltre, utilizzando una telecamera doppia,
permette una visione tridimensionale del campo operatoria; inoltre
la visione magnificata garantisce una visualizzazione anche di quei
minuti dettagli anatomici fondamentali per l'esecuzione di una
35
chirurgia volta all'asportazione della ghiandola prostatica nella sua
interezza, ma alla preservazione delle esili strutture neurovascolari
che scorrono lateralmente alla ghiandola prostatica, ma così a
ridosso della sua superficie da venir spesso recise durante
interventi chirurgici a cielo aperto.
36
L'intervento di prostatectomia radicale robotica è eseguito in
anestesia generale. Questo tipo di tecnica chirurgica beneficia di
tutti i vantaggi correlati alla mininvasività laparoscopica (ridotti
sanguinamenti, migliori risultati estetici e tutti i vantaggi nel
postoperatorio quali ridotto dolore, ridotto tempo di degenza e più
rapida ripresa delle attività quotidiane normalmente svolte)
associato ai vantaggi tipici della chirurgia robotica quali una visione
magnificata tridimensionale del campo operatorio e la possibilità di
utilizzare uno strumentario chirurgico più sofisticato, con filtro del
tremore
involontario
con
conseguente
migliore
dissezione
anatomica dei tessuti durante l'intervento e conseguenti migliori
risultati funzionali. Durante l'intervento il paziente è posizionato
supino a gambe divaricate per poter permettere l'accesso del Robot
37
Da Vinci ®. Previa incisione sovraombelicale, si induce il
"pneumoperitoneo"
ovvero
viene
insufflata
CO2
(anidride
carbonica) all'interno della cavità addominale per poter creare la
camera di lavoro. Successivamente vengono posizionati i "trocars"
che sono delle cannule di lavoro che permettono l'introduzione degli
strumenti robotici. Il paziente viene quindi messo in posizione di
"Trendelenburg" (testa rivolta verso il basso). Il Robot Da Vinci ®
viene quindi fatto entrare tra le gambe del paziente e viene fissato
ai "trocars" precedentemente posizionati
Accesso al Retzius. Defattening periprostatico. Sezione del collo
vescicale. Sezione dei deferenti e delle vescicole seminali al loro
apice. Sezione tra clip dei peduncoli prostatici. Prostatectomia con
intento
nerve-sparing.
Sezione
della
prostata
all`apice
e
posizionamento del pezzo operatorio in endobag. Legatura del
plesso vascolare dorsale. Controllo dell`emostasi con pressione
38
endoaddominale a 6 mmHg. Ricostruzione dei piani periprostatici
posteriori. Anastomosi uretro-vescicale con due semicontinue su
catetere
20
charr.
Controllo
della
tenuta
dell`anastomosi.
Drenaggio. Estrazione del pezzo operatorio dalla ferita centrale.
Chiusura delle ferite chirurgiche [16].
Incisione del peritoneo
39
Apertura della fascia endopelvica
Chiusura del complesso venoso dorsale
40
Incisione del collo vescicale
Isolamento delle vescichette seminali
Apertura della fascia di Denonvilliers
41
Dissezione dei fasci neurovascolari
Isolamento dell'apice e sezione dell'uretra
42
Anastomosi uretro-vescicale
Il paziente esce dalla sala operatoria con un catetere vescicale ed
un drenaggio che verranno rimossi nei successivi giorni dopo
l'intervento.
Rimozione del drenaggio in prima giornata
Mobilizzazione ed alimentazione in prima giornata
Dimissione in seconda giornata.
Non terapie antibiotiche escluso un single shot perioperatorio, e
non terapia eparinizzante
Rimozione del catetere fra la 7-10 giornata post operatori.
43
3. RISULTATI
Dall’esperienza del singolo candidato abbiamo considerato i
seguenti parametri:
1. Ripresa della continenza
2. Ripresa della funzione sessuale
3. Soddisfazione dei pazienti
4. Perdite ematiche
5. Early continence.
6. Tempi operatori
7. Learning curve
8. Risultati oncologici
9. Uso di analgesici
10. Tempi di recupero post chirurgici (fast track)
3.1 Continenza
44
I risultati della continenza sono stati raccolti con il questionario ICIQ
e con l’anamnesi del paziente. E’ stato considerato incontinente il
paziente che aveva perdite stimate con il PAD weight maggiori di
20 gr o comunque chi cambiava più di un assorbente al giorno.
I risultati della continenza sono riportati nel grafico seguente:
Open a tre mesi 10% a sei mesi 50% a nove mesi 60% ad un anno
70%
Laparoscopica a 3 mesi 50% a sei mesi 70% a nove mesi 80% ad
un anno 90%
Robotica a 3 mesi 80% a sei mesi 100%
45
100
90
80
70
60
50
open
lap
40
30
robotic
20
10
0
1° Trim.
2° Trim.
3° Trim.
4° Trim.
Da questi dati si evince una maggiore ripresa della continenza
statisticamente significativa a favore della robotica e della
laparoscopica verso la tecnica open specialmente nei primi due
trimestri post operatori. Con il passare dei trimestri il vantaggio
rimane ma la forbice si va restringendo e la differenza diventa meno
significativa.
3.2 Potenza
46
La potenza sessuale è stata valutata con l’anamnesi clinica e con il
questionario IIEF-5.
A tutti i pazienti è stato consigliato di assumere cialis 20 mg cp 1 cp
due volte a settimana per il primo anno. Tutti i pazienti hanno
iniziato ad assumere il farmaco dalla rimozione del catetere
vescicale. Per i pazienti a cui non era efficace il cialis da 20 mg la
terapia riabilitativa è stata shiftata verso le PGE intracavernose.
I risultati sono i seguenti :
Open a tre mesi 0% a sei mesi 10% a nove mesi 20% ad 1 anno
30%
Laparoscopica a tre mesi 0% a sei mesi 30% a nove mesi 40% ad
un anno 50%
Robotica a tre mesi 20% a sei mesi 30% a nove mesi 50% ad un
anno 70%
47
100
90
80
70
60
open
50
lap
40
robotic
30
20
10
0
1° Trim.
2° Trim.
3° Trim.
4° Trim.
La potenza è in favore della tecnica robotica e laparoscopica in
favore della open con risultati statisticamente significativi nei quattro
trimestri. Non è statisticamente significativa la differenza fra
laparoscopia e robotica nei trimestri successivi al primo.
3.3 Soddisfazione dei pazienti
La soddisfazione dei pazienti è stata valutata con questionari
somministrati ai pazienti.
I risultati sono i seguenti:
48
Open 60%
Laparoscopico 70%
Robotico 90%
100
80
open
60
40
lap
robotic
20
0
Non c’è differenza statisticamente significativa fra le tre metodiche.
3.4 Perdite ematiche durante l’intervento
I risultati delle perdite ematiche medie sono di seguito riportate:
49
Open 800 cc
Laparoscopiche 300 cc
Robotiche 100 cc
La differenza si nota ed è statisticamente significativa in favore
della tecnica robotica.
3.5 Early continence
Si considera early continence la continenza recuperate alla
rimozione del catetere vescicale. In questo la tecnica robotica ha
presentato un vantaggio statisticamente significativo rispetto alle
altre due, ed in particolar modo verso la open. Interessante notare
che tutti i pazienti che erano continenti a 3 mesi dall’intervento con
la tecnica robotica sono gli stessi che erano continenti da subito.
I risultati sono di seguito riportati:
50
Open 10%
Laparoscopica 50%
Robotica 80%
robotic
lap
open
0
20
40
60
80
3.6 Learning curve
La valutazione della learning curve è stata fatta sui tempi operatori.
I tempi operatori sono definiti come incisione – chiusura dell’ultimo
punto di cute. In ogni tecnica adottata è sempre stato presente un
tutor più esperto che ha guidato il candidato nei passaggi più
difficili. Sono state valutati anche i tempi suddivisi per singolo step.
In tale valutazione il tempo di maggiore impiego è stata
l’anastomosi vescico uretrale in laparoscopia. Sono stati anche
51
valutate il numero di volte in cui il tutor è dovuto intervenire come
primo
operatore.
Queste
nelle
tre
metodiche
sono
state
sovrapponibili con un numero di volte che si riduceva al progredire
dell’esperienza del chirurgo.
I risultati sono i seguenti:
Open : Dal primo intervento all’ultimo 140 min a 110 minuti
Laparoscopico: da 260 min a 200 min
Robotica: da 220 min a 160 min
300
250
200
open
150
lap
100
robotic
50
0
52
Il numero di volte in cui il tutor è dovuto intervenire nelle procedure
open è stato di 7, nelle laparoscopiche di 19, di cui 12 durante il
confezionamento dell’anastomosi, e durante le procedure robotiche
il tutor è intervenuto 9 volte, prevalentemente concentrate durante
la fase nerve sparing.
3.7 Risultati oncologici
I risultati oncologici sono stati sovrapponibili e le differenze non
statisticamente significative.
I risultati sono mostrati in tabella.
Open
T2
T3
T4
R0
R1
8
2
0
9
1
53
Lap
9
1
0
8
2
Robotic
8
2
0
9
1
3.8 Tempi di recupero post operatori
I tempi di recupero qui riportati non sono da paragonare. Sono
riportati solo come completezza dei dati. Ovviamente i pazienti
hanno seguito il decorso classico dell’istituzione di appartenenza.
Quindi ogni gruppo ha avuto tempi differenti. In particolare il gruppo
di pazienti operati in robotica, ha seguito un percorso di fast track
che è proprio dell’istituzione di appartenenza, senza nessuna
complicanza riportata.
Open
Alimentazione
Rimozione del dren
4
3-5
Lap
Robotic
2
1
3-4
1
54
Mobilizzazione
4
1
1
Terapia antibiot
6
5
Terapia anticoaug
21
14
0
Dimissione
7-9
5-7
2
Rimozione cv
7-14
7-10
7-10
Single shot periop
3.9 Uso di analgesici FANS – oppiodi
Nell’uso di antidolorifici siano essi FANS o oppiodi c’è stata una
significativa differenza fra i tre gruppi a vantaggio delle tecniche
mini invasive. In particolar modo l’uso è stato concentrato nelle
tecniche mini invasive nei primi giorni.
14
12
10
8
Oppioidi
6
FANS
4
2
0
open
lap
robotic
55
3.10 COMPLICANZE
Nel gruppo di 30 pazienti operati non ci sono state complicanze peri
o post operatorie Clavien > 3. Nel gruppo operato a cielo aperto
abbiamo avuto una stenosi dell’anastomosi a 3 mesi dall’intervento,
operata endoscopicamente, i successivi controlli sembrano essere
negativi per recidiva della stenosi.
56
4. DISCUSSIONE
Lo studio focalizzato sui risultati oncologici e funzionali, riguardanti
la potenza e l’incontinenza, ha messo in mostra una significativa
predilezione per le tecniche chirurgiche mini invasive, specialmente
per i risultati funzionali [17,18]. Per quanto riguarda i risultati
oncologici, le tre metodiche sono sovrapponibili. Per la continenza
si è notata una migliore ripresa della continenza precoce nel gruppo
di pazienti trattati con terapia chirurgica mini invasiva. In particolr
modo la chirurgia robotica ha messo
in evidenza una ripresa
precocissima, alla rimozione del catetere di una continenza
pressocchè totale in un buon numero di pazienti. Sebbene anche la
laparoscopia si sia mostrata più efficace della chirurgia open la
robotica le rimane leggermente superiore.
Anche la potenza
sessuale si è mostrata meglio mantenuta nei pazienti trattati con
tecnica mini invasiva rispetto a quelli trattati con tecnica open. Ed
anche in questo ambito la tecnica robotica ha ottenuto risultati
leggermente superiori rispetto alla laparoscopia.
57
Viene abbastanza immediato chiedersi se al di la dei risultati
funzionali i costi riguardanti la robotica giustificano i risultati ottenuti
sia in questo studio che quelli riportati in letteratura [19]. Ribadendo
il bias di fondo di questo studio, ovvero il carattere itinerante delle
prestazione chirurgiche eseguite, va detto che la robotica permette
anche una dimissione precoce dall’ospedale. Valutando dunque il
costo quotidiano di ospedalizzazione già la tecnica robotica diviene
competitiva. Se a questo si aggiunge il costo previsto per le
complicanze, come forniture di pannolini etc la minor incidenza di
complicanze può essere anche letta come un risparmio in divenire.
Interessante notare anche sui tempi chirurgici come la robotica
abbia quasi a pari della tecnica open una curva di apprendimento
relativamente snella [20,21]. Anche se studi certi sulla curva di
apprendimento della open non ne sono stati praticamente fatti. A
differenza della laparoscopia che invece ha sicuramente una curva
di apprendimento decisamente più lunga. Lo dimostra il fatto
presentato nei risultati delle volte in cui il tutor è dovuto intervenire.
58
Il numero maggiore di volte in cui il tutor è intervenuto è a carico del
gruppo dei pazienti trattati con laparoscopia, ed in particolar modo il
tutor è intervenuto durante il confezionamento dell’anastomosi.
I risultati oncologici sono sovrapponibili, a testimonianza del fatto
che le metodiche sono tutte oncologically safe, e valide [18].
La tendenza alla diagnosi precoce delle malattie prostatiche
fortissima in questo ultimo ventennio ha fatto sì che si potessero
sviluppare metodiche mini invasive per trattare in maniera quasi
indolente tali patologie. Come sempre in medicina, la metodica si è
successivamente sviluppata al punto da poter trattare praticamente
tutti i tipi di patologia oncologica prostatica, estendendo la tecnica
chirurgica
alla
realizzazione
della
linfoadenectomia,
ed
al
trattamento anche dei casi T3 clinici.
Inoltre la pubblicità che si sta diffondendo anche grazie alla rete in
maniera capillare, sta facendo richiedere al paziente stesso le
tecniche mini invasive.
59
In un ottica generale, la robotica non è pensabile che possa essere
diffusa in ogni singolo ospedale. L’investimento economico iniziale
è molto importante, perché in momento di crisi come questo ogni
ospedale ci possa investire. È però fuori di dubbio che sia
attualmente l’eccellenza per questo tipo di intervento. Dunque
l’affermarsi di centri di eccellenza che propongano questa tecnica è
l’unico modo perché possa avere un sostegno concreto.
Questo studio sebbene pilota nel mettere a confronto le tre tecniche
ha delle possibilità di errore nella valutazione dei risultati. Come
detto in precedenza, il carattere “itinerante” è un limite. Va ricordato
che fra i centri in cui il candidato è stato ed ha operato, non tutti e
tre si possono considerare ad alto volume (con un numero di
prostatectomie radicali annue maggiori di 90). In particolar modo il
centro della ASL Rieti, dove il candidato ha raccolto la casistica
operatoria “open”, non è da considerarsi ad alto volume.
Un altro aspetto che andrebbe considerato, anche nella valutazione
della “soddisfazione dei pazienti” è che il centro di robotica, dove
60
attualmente il candidato lavora, Ospedale San Giovanni, Roma, è
un centro che adotta un protocollo post operatorio di “fast track”.
Questo è permesso dalla tecnica, mini invasiva come la robotica,
ma potrebbe influenzare il paziente nel considerarsi estremamente
soddisfatto ad aver risolto il proprio problema con due soli giorni di
degenza ospedaliera.
61
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