TEST DEL PSA “GOLD STANDARD” PER IL TUMORE DELLA

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Comunicato stampa
TEST DEL PSA “GOLD STANDARD” PER IL TUMORE DELLA PROSTATA:
RIDUCE LA MORTALITA’DEL 29%
Presentati al Centro Diagnostico Italiano i più recenti dati sulla validità del PSA e le più innovative
tecniche diagnostiche per individuare precocemente il tumore alla prostata.
Relatore d’eccellenza Fritz Schroeder che discuterà con i colleghi del CDI alcuni casi complessi
Milano, 2 ottobre 2015 - Lo screening del carcinoma prostatico effettuato attraverso il dosaggio
ematico dell’Antigene Prostatico Specifico (PSA) ha dimostrato di poter ridurre del 29% la mortalità
causata da questa patologia, che rappresenta il più comune tumore maligno solido nel maschio e
la terza causa di morte per neoplasia. Inoltre, questa metodica, integrata con nuovi marcatori e
innovative tecnologie di diagnostica per immagini, sta divenendo sempre più sensibile e affidabile come
dimostra la progressiva riduzione del rapporto numerico tra i pazienti che devono essere sottoposti a
screening e biopsia e trattati per cancro alla prostata e quanti sono effettivamente salvati.
L’attendibilità del PSA è mostrata dai dati più recenti di uno studio condotto su scala europea
dall’Università di Rotterdam, coordinato dal professor Fritz Schroeder e presentato al convegno
organizzato oggi a Milano dal Centro Diagnostico Italiano – CDI, dal titolo Il carcinoma prostatico: lo
screening e le più recenti acquisizioni diagnostiche.
Si tratta di un aggiornamento di grande attualità poiché la reale efficacia dello screening del carcinoma
prostatico attraverso il dosaggio ematico del PSA è stata negli ultimi anni contestata da diverse fonti
scientifiche: i due più importanti studi internazionali, quello americano e proprio quello europeo
dell’Università di Rotterdam, hanno fornito risultati nettamente contrastanti e solo l’indagine effettuata
in Europa ha mostrato che il PSA porta a una significativa riduzione della mortalità.
Il prof. Schroeder discuterà inoltre alcuni casi concreti con i medici del Centro Diagnostico in una
sessione dedicata.
Le nuove metodiche di diagnosi del tumore della prostata
Tradizionalmente la diagnosi di questa patologia si basa sull’esame obiettivo (esplorazione rettale),
sulla misurazione del dosaggio del PSA e dei suoi derivati nel sangue e sull’esecuzione di biopsie
prostatiche sotto guida ecografica, distribuite in maniera omogenea in diverse aree della ghiandola.
Si tratta però di una metodica non esente da complicanze e con una limitata accuratezza diagnostica:
nei centri più accreditati solo il 30-40% delle biopsie eseguite in pazienti sospetti risulta
infatti positiva. Inoltre, è difficile, sulla scorta del solo risultato bioptico, valutare la reale aggressività
del tumore, quindi capire quanto crescerà e con quale velocità, e definire la strategia più appropriata di
trattamento per il singolo paziente.
Per superare questi limiti diagnostici, è stato sviluppato un nuovo metodo che consente di analizzare
l’attività della ghiandola prostatica, basato sia sull’innovativa tecnologia della risonanza magnetica
multiparametrica sia sull’esecuzione di biopsie focalizzate su aree sospette, individuate
“fondendo” le immagini ricavate dalla risonanza con quelle ecografiche.
Questi strumenti, disponibili presso il Centro Diagnostico Italiano, hanno come obiettivo individuare i
pazienti realmente a rischio di essere portatori di un carcinoma prostatico clinicamente significativo,
riducendo il numero di pazienti sottoposti inutilmente a biopsia prostatica, il numero dei prelievi bioptici
nei singoli pazienti e i casi di sovra-trattamento per forme a bassa aggressività.
Un altro obiettivo di questa nuova metodica è selezionare i pazienti con neoplasia prostatica a basso
rischio, che è più opportuno indirizzare a protocolli di sorveglianza attiva o a trattamenti focali.
Risonanza magnetica multiparametrica: 4 studi con un unico esame per analizzare la
tipologia di tumore
L’esame prevede:
- studio morfologico per la valutazione dell’anatomia della ghiandola e della eventuale lesione;
- studio di spettroscopia a idrogeno per la valutazione dell’attività metabolica della ghiandola e della
lesione;
- studio di diffusione per la valutazione del grado di proliferazione e di danno cellulare della lesione;
- studio di perfusione per la caratterizzazione della lesione in base alla vascolarizzazione.
Un esempio della grande sensibilità di queste tecnologie è il valore predittivo negativo della
risonanza magnetica prostatica multiparametrica: è, infatti, pari al 90%, cioè significa che a un
esame negativo corrisponde una probabilità del 90% che il paziente non abbia una neoplasia prostatica
significativa e meritevole di essere diagnosticata. Sul fronte dei casi positivi, questo esame consente al
radiologo di attribuire alle zone sospette, emerse dalla risonanza, dei punteggi, non arbitrari, legati a
caratteristiche ben definite: una lesione con punteggio massimo ha una probabilità del 80% di essere
sede di un carcinoma clinicamente significativo e meritevole di trattamento, per scendere al 55% e
30% rispettivamente nelle lesioni dei due livelli inferiori.
Biopsia a fusione: una mappa tridimensionale del tumore
Questa tecnica unisce le immagini provenienti da risonanza magnetica ed ecografia, guidando così la
biopsia del tumore alla prostata a indagare in particolare le zone sospette. La “biopsia per fusione”
consente infatti di mirare in maniera estremamente precisa le zone evidenziate dalla risonanza
magnetica, trasferendovi le informazioni acquisite sull’immagine ecografica. Il risultato è una mappa
tridimensionale che guida la biopsia, utile a ricostruire nel dettaglio la localizzazione e il volume del
tumore.
Dati sul tumore della prostata
Un uomo su cinque in Europa riceve una diagnosi di tumore alla prostata durante la propria vita, ma
“solo” il 3% di questi pazienti morirà a causa del medesimo, essendo la maggior parte dei tumori
diagnosticati a lenta crescita. Ogni anno in Italia vengono diagnosticati circa 42.000 nuovi casi e
circa 7.800 decessi a fronte di circa 100.000 di pazienti sottoposti biopsia (con una media di 12
campioni di tessuto ciascuno).
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