IL TUMORE DELLA PROSTATA
Ogni anno in Italia circa 23.000 uomini sono colpiti da tumore della prostata e il rischio
aumenta con l’età.
LA PREVENZIONE
Anche se ancora oggi l’eziologia del tumore della prostata non è perfettamente
conosciuta, non vi è dubbio che numerosi fattori possano contribuire all’insorgenza di
questa malattia.
La maggiore incidenza in alcune razze e in alcune aree geografiche del globo (per
esempio l’incidenza negli afro-americani residenti nella baia di S. Francisco è circa 100
volte maggiore rispetto a quella dei maschi che vivono nel sud-est asiatico) nonché il
rischio legato alla familiarità, suggeriscono che fattori di tipo genetico (tra cui i
polimorfismi dei geni che rendono il tessuto prostatico più sensibile alla azione degli
ormoni maschili) possono giocare un ruolo importante, anche nel carcinoma sporadico,
che rappresenta la forma di gran lunga più frequente di carcinoma prostatico (solo il 5%
dei tumori prostatici è ereditario). Accanto ai fattori genetici, non c’è dubbio che un
fattore importante sia rappresentato inoltre dai fattori ambientali, dallo stile di vita
(inclusi i fattori sessuali), e soprattutto dai fattori alimentari. La dieta infatti contiene
numerose sostanze naturali (come per esempio i flavonoidi) e oligoelementi (come il
selenio) che posseggono attività antiossidante , che numerosi studi indicano come
potenziali fattori protettivi.
La minore incidenza del cancro della prostata nei maschi del sud-est Asiatico è secondo
alcuni correlata alla introduzione di principi alimentari come la soia e i suoi derivati
(fitoestrogeni) che sembrerebbero svolgere una azione protettiva.
I lignani, presenti nei cereali ma anche nei vegetali a foglia larga, e il licopene, una
sostanza contenuta nei pomodori, che viene liberata dalla cottura, potrebbero invece
spiegare la minore incidenza del cancro della prostata nei paesi mediterranei.
Tuttavia nonostante questa ampia messe di conoscenze, è difficile ancora oggi potere
raccomandare comportamenti di vita o modificazioni dell’alimentazione in grado
sicuramente di proteggere dalla insorgenza di questa malattia. Interessanti saranno al
riguardo i risultati degli studi, ancora in corso, di chemio -prevenzione con preparati a
base di selenio o con altri antiossidanti così come degli studi con farmaci antiormonali
(antiandrogeni, inibitori della 5reduttasi).
Anche il ruolo dello screening mediante la somministrazione del PSA è ancora
controverso e pertanto non raccomandato dalla totalità delle Società Scientifiche. Se
infatti è dimostrato che l’uso sistematico di questo test può permettere di anticipare la
diagnosi, anche di molti anni, e di scoprire più tumori in fase precoce, non è ancora
dimostrato che l’anticipo diagnostico possa determinare una effettiva riduzione della
mortalità per questa malattia. Da una parte, infatti, lo screening viene ad identificare
tumori a lenta crescita, che probabilmente non sarebbero mai stati diagnosticati in vita,
soprattutto negli uomini più anziani, se si fosse attesa la comparsa dei sintomi ad essi
correlabile. Dall’altra non sempre l’identificazione precoce delle neoplasie
biologicamente più aggressive è in grado di potere impattare con la mortalità.
Pertanto ancora oggi molte Società Scientifiche, tra cui l’AIOM, suggeriscono di
aspettare i risultati degli studi randomizzati condotti in Europa e negli USA, che nei
prossimi due o tre anni dovrebbero confermare o meno la reale utilità dello screening
con il PSA e indicare i soggetti nei quali lo screening potrebbe rivelarsi più utile e il
livello soglia di PSA più sicuro.
Nel frattempo lo screening con il PSA dovrebbe essere proposto solo agli individui con
familiarità positiva.
LA TERAPIA
Nel trattamento si può scegliere tra chirurgia, ormonoterapia e radioterapia, oppure si
può anche scegliere di attendere: infatti in certi casi questo tumore risulta poco
aggressivo e a crescita lenta.
L’eventuale scelta di un trattamento dipende comunque da diversi fattori, i più
importanti sono:
l'età del paziente
le sue condizioni generali (in particolare la presenza di comorbidità importanti)
il grado di differenziazione e lo stadio del tumore, cioè se questo si e' già diffuso al di
fuori della prostata
CHIRURGIA
1) Prostatectomia radicale
L’asportazione totale della ghiandola si esegue di solito nei casi in cui il carcinoma non
si sia diffuso oltre la capsula prostatica e nei pazienti che abbiano una aspettativa di vita
di almeno 10 anni. L'intervento può causare impotenza sessuale e incontinenza urinaria,
anche se le moderne tecniche chirurgiche hanno permesso di ridurre la frequenza di tali
complicazioni.
RADIOTERAPIA
1) Radioterapia esterna
Le radiazioni ad alta energia vengono utilizzate per distruggere le cellule tumorali,
cercando al tempo stesso di danneggiare il meno possibile le cellule normali. Il ciclo di
terapia può protrarsi per alcune settimane.E’ indicata come alternativa alla terapia
chirurgica,soprattutto nei pazienti piu’ anziani,o quando la neoplasia non sia più
intraprostatica. Questa terapia di solito non provoca incontinenza. L’impotenza sessuale
è un fenomeno più tardivo (rispetto alla chirurgia). La RT può tuttavia causare tossicita’
a livello vescicale ed intestinale, soprattutto quando non siano disponibili le moderne
tecniche di irradiazione (Radioterapia conformazionale 3D; IMRT)
2) Radioterapia intracavitaria (brachiterapia)
Si usa in casi molto selezionati. Consiste nell'introduzione della sorgente radioattiva
direttamente nel tumore,in modo che la dose di irradiazione richiesta possa essere
erogata lentamente in un certo arco di tempo.
ORMONOTERAPIA
Poiché il carcinoma prostatico dipende dagli ormoni maschili, può essere curato
mediante la soppressione della sintesi di questi ormoni,che avviene nei testicoli,o
interferendo con l’azione degli ormoni a livello delle cellule tumorali. In entrambi i casi
si utilizzano particolari farmaci (analoghi del GN-RH; Antiandrogeni) Qualche volta
questi trattamenti vengono utilizzati in combinazione. La terapia ormonale si utilizza
solitamente solo quando il tumore è molto esteso o metastatico o nella ripresa della
malattia dopo chirurgia e radioterapia.Attualmente tuttavia si utilizza anche in
combinazione con la terapia radiante (in certe situazioni) o dopo la prostatectomia,a
scopo preventivo (adiuvante) per migliorare il controllo locale e diminuire il rischio di
recidiva a distanza.
CHEMIOTERAPIA
La malattia può diventare ormone-resistente, ovvero non rispondere più ai trattamenti
ormonali. In questi casi è indicata la chemioterapia. I farmaci più utilizzati sono i taxani
(in particolare il docetaxel) ma anche quelli a base di platino come carboplatino (e, in
arrivo il prossimo anno, il satraplatino),. Altre opzioni includono mitoxantrone (in
associazione a cortisonico), antracicline, ciclofosfamide, l’estramustina fostato e gli
alcaloidi della vinca.
TERAPIA PALLIATIVA
Radioterapia per il dolore osseo
Se il carcinoma della prostata ha invaso il tessuto osseo (metastasi), la radioterapia può
essere effettuata per il controllo del dolore, assieme a farmaci analgesici, se necessario.
Terapia radiometabolica con Stronzio 89
Utilizzata in alcuni casi per trattare i pazienti con metastasi ossee quando sono
diffusamente dolenti. Lo stronzio 89 è un isotopo radioattivo che si localizza
selettivamente in alcune cellule dell’osso che sono attivate dalla presenza del tumore. I
pazienti possono stare a contatto con gli altri, inclusi i bambini, senza alcun pericolo.
Terapia con difosfonati
I difosfonati sono farmaci che riducono il riassorbimento osseo. Sono in genere
utilizzati nei pazienti con metastasi ossee, non più responsivi alla terapia ormonale. In
questi pazienti sono risultati in grado di ridurre l’incidenza di eventi ossei importanti,
come le fratture, e, in alcuni studi, di prolungare anche la sopravvivenza
LE CONSEGUENZE
Chi ha subito l’asportazione della prostata, ma anche chi è stato sottoposto a
radioterapia, può andare incontro a impotenza. Esistono però medicinali molto efficaci
contro l’impotenza (se la terapia chirurgica ha preservato i fasci nervosi che conducono
lo stimolo sessuale), anche se non scevri da effetti collaterali. Per questo vanno assunti
solo sotto controllo dello specialista. Inoltre il recupero della qualità di vita di un tempo,
quando è possibile, richiede comunque molta pazienza e tempo.