TorinoImpresa n. 17 - Novembre 2009 NEWSLETTER a cura dell’Ufficio Studi Economici Molte ombre e poca luce per l’ecnomia torinese Il punto Obiettivo su MOLTE OMBRE E POCHE LUCI PER L’ECONOMIA TORINESE Il ruolo del Piemonte nel commercio internazionale Occupazione e orari di lavoro in provincia di Torino nel 2008. Risultati di un’indagine Congiuntura internazionale La ripresa resta lontana Congiuntura italiana Non accelera la ripresa Congiuntura piemontese L’industria piemontese nel 1° semestre 2009 L’artigianato piemontese nel 2009: consuntivi e previsioni L’industria delle costruzioni nel 2° semetre 2009 Le previsioni dell’industria piemontese per il 4° trimestre 2009 Il mercato del lavoro piemontese nei primi sei mesi del 2009 Il rapporto di Banca d’Italia sull’andamento del credito nelle regioni nel 2° trimestre 2009 Congiuntura torinese Le previsioni dell’industria torinese per il 4° trimestre 2009 L’andamento della congiuntura nel settore dei servizi alle imprese Osservatorio La spesa delle famiglie torinesi nel 1° semestre 2009 L’evoluzione dei settori industriali nel 2010-2011 I documenti raccolti in questo numero della newsletter presentano un quadro della situazione dell’economia torinese e piemontese con molte ombre e poche luci . La crisi mondiale, di cui presentiamo un’analisi nei paragrafi dedicati alla congiuntura internazionale e nazionale, sta avendo pesanti ricadute a livello locale. I dati disponibili consentono di tracciare un primo bilancio dell’andamento dell’economia piemontese nei primi 6-9 mesi del 2009 e di formulare previsioni per l’ultima parte dell’anno, sulla base degli indicatori del clima di fiducia. La prima parte dell’anno è stata caratterizzata da una significativa caduta dei livelli di attività comune a tutti i settori produttivi. L’indagine trimestrale di Unioncamere, stima per il periodo aprile-giugno 2009 una contrazione della produzione industriale piemontese pari al 19% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente; il fatturato è calato del 22%. Auto e meccanica sono i settori più colpiti dalla crisi. Anche i dati ISTAT sull’andamento delle esportazioni piemontesi nei primi sei mesi del 2009 presentano un quadro di grande criticità. Nel periodo considerato, l’export regionale si è ridotto di circa un terzo rispetto al 2008. La Newsletter contiene anche una analisi della performance esportativa del Piemonte negli ultimi decenni, messa a confronto con quelle di altre regioni italiane. Ne emerge un quadro poco brillante. Il Piemonte ha perso peso rispetto ad altre regioni: oggi è la quarta regione esportatrice, nel 1993 era la seconda. Il fascicolo contiene anche un’analisi dei cambiamenti intervenuti nella struttura geografica delle esportazioni piemontesi. L’aumento delle esportazioni dirette verso i mercati emergenti è stata significativo, ma non rispecchia TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009 SOMMARIO Il punto vi al tasso di utilizzo degli impianti, attestato su livelli molto bassi; agli investimenti, che non mostrano segnali di rilancio; ai ritardi negli incassi, segnalati dalla quasi totalità delle imprese intervistate. Anche nel comparto delle costruzioni, secondo l’indagine di ANCE Piemonte relativa al 2° semestre 2009, prevalgono aspettative pessimistiche: si riduce la durata del portafoglio ordini; si allungano ulteriormente i tempi medi di pagamento da parte soprattutto degli Enti Pubblici. I morsi della recessione sono avvertiti in misura crescente dalle aziende che operano nel comparto dei servizi alle imprese. Ciò risulta dall’indagine congiunturale condotta dall’Unione Industriale di Torino: la prima in grado di fornire indicazioni sullo stato di salute del comparto. La crisi non risparmia infine le imprese artigiane. L’indagine della Regione Piemonte traccia un bilancio molto negativo della prima parte del 2009 e non lascia sperare in un miglioramento delle prospettive nella seconda parte dell’anno. Le imprese si attendono una ulteriore caduta di domanda, fatturato e occupazione. Tutti i comparti sono colpiti dalla crisi, in particolare il manifatturiero e i servizi collegati all’industria. In una prospettiva meno immediata, sono di particolare interesse le indicazioni contenute nel rapporto di Prometeia dedicato alle previsioni per i settori industriali, di cui riportiamo una breve sintesi. Il rapporto dipinge un quadro preoccupante della situazione dell’industria italiana. Secondo lo studio, è in atto un ridimensionamento dei livelli di attività, con effetti rilevanti sulle condizioni di redditività già compromesse da un difficile 2008. Secondo il rapporto, inoltre, la crisi attuale continuerà a condizionare i risultati economico-finanziari del manifatturiero italiano anche nei prossimi anni: la ripresa sarà lenta, difficile, non priva di rischi e imporrà una forte selezione. Anche dopo il 2010-2011, quando le condizioni di mercato dovrebbero stabilizzarsi, i livelli di attività saranno molto al di sotto di quelli pre-crisi. La meccanica, in particolare, ne uscirà penalizzata, ma anche i tradizionali punti di forza del made in Italy saranno soggetti a profondi cambiamenti. TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009 appieno la maggiore velocità di crescita di tali aree rispetto ai mercati tradizionali. L’indagine sui consumi delle famiglie piemontesi mette in luce come nel 1° semestre 2009 la recessione abbia determinato un calo della spesa e una modifica delle priorità e delle abitudini di acquisto. La contrazione degli acquisti è nel complesso significativa (-4%); per i prodotti non alimentari e soprattutto per alcune voci come abbigliamento, arredamento, vacanze e pasti fuori casa la flessione ha raggiunto il 15-20%. La crisi inoltre, tende ad ampliare il divario nei comportamenti tra consumatori appartenenti a diverse fasce di reddito e condizione professionale. Un tassello importante del quadro congiunturale è costituito dall’andamento del credito. Su questo fronte, le indagini della Banca d’Italia relative al trimestre aprile-giugno segnalano un rallentamento nella concessione dei prestiti alle imprese rispetto ai primi tre mesi. I tassi di interesse sono in calo rispetto ai mesi precedenti; il Piemonte si colloca tuttavia tra le regioni che presentano tassi mediamente più elevati. Un indicatore da seguire con attenzione riguarda le sofferenze sui prestiti. Il peggioramento registrato a giugno è di modesta entità, ma con ogni probabilità il quadro è destinato a deteriorarsi più rapidamente nei prossimi mesi. Infine, il bilancio della prima parte del 2009 è completato dall’analisi del quadro occupazionale. Le tensioni sul mercato del lavoro hanno determinato un forte aumento del ricorso alla CIG: nei primi 9 mesi del 2009 si è più che decuplicato rispetto allo scorso anno. I dati ISTAT relativi alle forze di lavoro in Piemonte nel 1° semestre 2009 evidenziano una flessione dell’occupazione pari a 18.000 unità (-1%), concentrata perlopiù nell’industria manifatturiera. Il numero di persone in cerca di occupazione è cresciuto di 43.000 unità, portando il tasso di disoccupazione regionale al 6,8%. Le previsioni relative alla seconda metà del 2009 non dovrebbe portare significative novità. Nella Newsletter presentiamo i risultati di indagini previsionali relative a diversi comparti. Ciò consente di ricavare un quadro del clima di fiducia di un ampio segmento del sistema economico regionale e provinciale. Nel complesso, le indagini lasciano intravedere una decelerazione della fase recessiva, ma escludono una chiara inversione di tendenza. Per quanto riguarda il comparto manifatturiero, i sondaggi relativi al periodo ottobre-dicembre 2009 condotti dall’Unione Industriale di Torino e dalla Confindustria Piemonte, segnalano un’attenuazione del pessimismo che per il momento non trova riscontro nei dati a consuntivo. Restano infatti assai problematici gli indicatori relati- 2 IL RUOLO DEL PIEMONTE NEL COMMERCIO INTERNAZIONALE Il Piemonte è tradizionalmente una regione a forte vocazione internazionale. Il 20-25% del fatturato dell’industria manifatturiera è realizzato sui mercati esteri. Nel 2008 il valore dell’export regionale è stato pari a 37.817 milioni di euro, il 10,3% del totale nazionale. Tale quota pone il Piemonte al quarto posto tra le regioni esportatrici, dietro Lombardia (28,4%), Veneto (13,2%) e Emilia-Romagna (13%). Negli ultimi decenni, la quota del Piemonte sul totale delle esportazioni italiane si è progressivamente ridotta. Nel 1991 era pari al 13,7%: un valore che collocava il Piemonte al secondo posto tra le regioni italiane. Nel 2001 il peso del Piemonte era sceso all’11,2%, per poi calare di un ulteriore punto percentuale tra il 2001 e il 2008. È diminuito anche il peso della Lombardia (dal 30,7% al 28,4%). È cresciuto il peso del Veneto (dal 12,3% all’attuale 13,2%); dell’Emilia-Romagna (dal 10,5% al 13%) e delle restanti regioni italiane (dal 25,1% al 28,3%). La perdita di peso del Piemonte riflette processi di natura diversa. In parte, è il necessario contraltare della più rapida crescita industriale di alcune aree del Centro e del Sud Italia, che si sono affacciate sui mercati esteri con crescente concorrenzialità. Inoltre, anche il fenomeno della terziarizzazione dell’economia, con conseguente perdita di peso del comparto manifatturiero, ha comportato una riduzione del rapporto tra export e prodotto regionale, data la minore propensione agli scambi internazionali del settore dei servizi. Infine, non va dimenticato come la proiezione all’estero dell’industria attraverso investimenti diretti nei paesi stranieri possa comportare una riduzione dei flussi di esportazione, più marcata per gli investimenti market-oriented. In sostanza, il calo della quota piemontese sull’export nazionale è attribuibile a cause diverse e non implica necessariamente una minore capacità competitiva dell’industria regionale sui mercati esteri. La destinazione geografica delle esportazioni piemontesi Nel periodo 1993-2008, le esportazioni regionali sono cresciute a velocità differenti sui diversi mercati di sbocco. L’export verso i cosiddetti paesi BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) - le maggiori economie emergenti in termini di PIL e volumi scambiati - sono più che triplicate; di poco inferiore è stata la dinamica delle esportazioni dirette verso i nuovi membri della UE, aumentate di oltre due volte e mezza. Anche l’export verso le altre aree emergenti è aumentato a ritmi significativi (+130%), mentre i flussi diretti verso le 4 principali economie europee (Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna) sono cresciuti a velocità inferiore (+90%). Ancora più “piatto” è risultato il profilo del mercato americano: in 15 anni le esportazioni sono cresciute solo del 44%. Naturalmente, per interpretare correttamente tali dati occorre tenere conto anche delle dinamiche dei tassi di cambio, e in particolare del cambio euro-dollaro, dato il ruolo della valuta americana quale principale valuta di fatturazione verso i paesi emergenti. Nel gennaio 1999, anno di avvio della valuta unica europea, 1 euro valeva 1,18 dollari. Nell’ottobre 2000 l’euro raggiunse il minimo storico verso il dollaro (0,84), per iniziare successivamente un trend di progressiva rivalutazione, sia pure con oscillazioni anche marcate, che hanno portato al picco dell’estate 2008, quando per 1 euro occorrevano 1,59 dollari. Un livello verso il quale si sta ritornando in questi giorni. Variazioni analoghe, o anche di maggiore portata, sono riferibili alle valute nazionali pre-euro, alla sterlina e alle altre valute di fatturazione, con effetti di rilievo sulla competitività e quindi sui valori esportati. Pur con queste avvertenze, appare evidente come la più rapida dinamica dell’export verso i paesi emergenti e in particolare verso l’Est Europa e i BRIC rifletta la maggiore enfasi posta dalle industrie piemontesi sui mercati più dinamici dell’economia mondiale. La diversa velocità di crescita delle esportazioni ha determinato alcuni cambiamenti nelle quote di mercato delle varie aree. Sebbene l’export piemontese rimanga anche oggi fortemente orientato verso l’Europa , è aumentata l’importanza dei mercati emergenti europei ed extra-europei. È cresciuta in misura significativa la quota delle esportazioni regionali dirette verso i nuovi paesi membri della UE-27, passata tra il 1993 e il 2008 dal 17,7% al 22,4%. L’incremento è spiegato soprattutto dal forte aumento del peso della Polonia, salito dal 2,4% al 5,3%. Di converso, è sceso (dal 49,6% al 43,6%) il peso delle 4 principali economie europee (Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna). Hanno perso importanza soprattutto il mercato tedesco (la cui quota è scesa dal 19,1% al 14,7%) e, in misura TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009 Obiettivo su... 3 minore, la Francia (dal 17,9% al 15,5%) e la Gran Bretagna (dal 7,6% al 6,5%), mentre la Spagna ha incrementato la sua quota (dal 5,1% al 7%). Tra i paesi industriali, in significativo calo è risultato il peso degli Stati Uniti, che nel periodo considerato hanno visto ridursi di un terzo la quota di export proveniente dal Piemonte (dal 6,4% al 4,3%). Il Giappone non ha mai rivestito un ruolo importante per gli esportatori piemontesi. Negli ultimi 15 anni si è ulteriormente indebolito, riducendo la sua quota dall’1,6 all’1,1%. Tra le aree emergenti, si è rafforzato il ruolo dei paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), il cui peso è salito dal 4,2% al 5,9%. Una analisi più approfondita evidenzia come tale variazione sia spiegata in gran parte dall’aumento delle esportazioni dirette verso la Russia (dallo 0,7% al 2,4%), mentre Brasile e Cina hanno mantenuto praticamente inalterato il loro peso (rispettivamente dall’1,7% all’1,6% e dall’1,8 all’1,9%). In crescita è risultata anche la quota del mercato indiano (dallo 0,2% allo 0,9%), che partiva però da valori di partenza assai modesti. La struttura merceologica delle esportazioni piemontesi Nonostante i grandi cambiamenti intervenuti negli ultimi decenni nella geografia produttiva mondiale, il Piemonte ha sostanzialmente mantenuto inalterata la specializzazione settoriale dell’export, con qualche significativa variazione. Il comparto autoveicolistico e quello dei macchinari e apparecchi hanno mantenuto un ruolo preminente sull’export piemontese, in linea peraltro con il loro peso all’interno del prodotto industriale regionale. Tra il 1991 e il 2008, infatti, il peso del comparto autoveicoli è rimasto praticamente immutato (dal 21,7% al 21,6%), mentre quello del comparto delle macchine e apparecchi è salito dal 18,9% al 21,2%. Per quanto riguarda il settore automotive, è significativo lo spostamento del baricentro tra il segmento degli «autoveicoli in senso stretto» (comprendente le esportazioni di auto e veicoli industriali) e quello delle «parti e accessori». Nel 1991 il 68% delle esportazioni automotive era costituito da prodotti finiti; mentre il 32% era costituito da componenti. Nel 2008 la proporzione si è quasi rovesciata: la componentistica pesa per il 60%; il prodotto finito per il 40%. Relativamente agli altri settori, va rilevata la perdita di peso di due comparti con caratteristiche e problematiche di mercato molto diverse: il settore dei computer e degli apparecchi elettronici (sceso dal 7,3% al 2,1%) e il tessile-abbigliamento (dal 10,8% al 7,8%). Viceversa, è aumentata lievemente la quota dei settori alimentare (dal 6,5% all’8,8%) e dei prodotti in metallo (dal 7,1% al 9,5%). Le variazioni dell’export piemontese verso le sue principali destinazioni TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009 (Valori, Indice 1993=100) 4 Dopo il notevole rallentamento della performance esportativa piemontese riscontrato nel 2008 (+1,5% rispetto all’anno precedente), i primi sei mesi del 2009 accusano il complessivo deterioramento della domanda estera, facendo registrare una variazione fortemente negativa dei valori esportati (-28,3%). L’analisi trimestrale del trend delle esportazioni piemontesi nel periodo gennaio 2008-giugno 2009, mostra un progressivo peggioramento a partire dal terzo trimestre 2008. Mentre nei primi nove mesi dello scorso anno la variazione percentuale dell’export si è mantenuta decisamente positiva, con un massimo tra aprile e giugno dell’8,1% ed un valore pari al 5% tra luglio e settembre, a partire dall’ultimo trimestre 2008 la flessione della domanda estera è stata rilevante e in progressivo aggravamento. Tra ottobre e dicembre 2008 le esportazioni piemontesi si riducono del 10,3% rispetto allo stesso periodo del 2007. Il consuntivo dei primi sei mesi di quest’anno mostra un trend in ulteriore peggioramento tra una prima parte dell’anno già in netta flessione (-26,8% nei primi tre mesi) e un secondo trimestre di ulteriore rallentamento. Il calo complessivo è stato pari al 29,8%; si tratta della frenata più brusca degli ultimi anni. In un quadro di grande difficoltà, comune a tutte le aree fortemente orientate ai mercati esteri, la performance dell’export piemontese nel 1° semestre del 2009 è risultata più negativa. A fronte di una diminuzione dell’export a livello nazionale del 24,2%. In Lombardia l’export è diminuito del 23,7%; in Veneto del 20%; in Emilia-Romagna del 26,8%; in Toscana del 13,1%. L’analisi dei dati relativi alle aree di mercato mostra per il 1° semestre 2009 un indebolimento non solo nei mercati tradizionali dell’industria piemontese, ma anche dei mercati “emergenti”. I 15 paesi dell’area Euro hanno infatti ridotto del 31% le importazioni di merci piemontesi, mentre l’export verso i paesi extra-UE è sceso del 23,9%. Per quanto riguarda l’Unione Europea, sono diminuite a tassi elevati anche le esportazioni verso i nuovi entranti nella Unione Europea (-29,1%). Il dato relativo alla UE è influenzato negativamente dalla forte contrazione delle esportazioni dirette verso Gran Bretagna (-32%), Germania (-29,8%), Francia (-27,1%) e Spagna (-45,4%). Meno negativa è risultata la dinamica delle vendite verso la Polonia (-12,5%), che ha superato Spagna e Gran Bretagna diventando il terzo mercato di esportazione con una quota del 6,4%. Restando in ambito europeo, va rilevata la forte caduta dell’export verso la Turchia (-42,3%), un paese che negli ultimi anni ha acquistato un peso crescente sull’export regionale (2,7%). Per quanto riguarda i mercati extra-Unione Europea, la flessione dell’export registrata a livello complessivo ha interessato tutte le principali aree di sbocco, sia pure con accentuazioni diverse. Le vendite dirette verso l’America Centro-meridionale si sono ridotte del 36%; l’export verso il Brasile è diminuito del 42,8%. Altrettanto negativa è stata la dinamica delle vendite dirette verso l’area Nordafricana (-25,7%), un bacino che ha aumentato la sua importanza e che assorbe oggi il 2,8% dell’export piemontese. Molto simile è risultato l’andamento del mercato medio-orientale (-22,2%), che riveste per l’industria piemontese un ruolo analogo a quello del Nord Africa (2,9% sull’export totale). Flessioni dell’export hanno interessato anche il Far East (-18,7%) e in particolare Cina (-10,3%) e Sud Corea (-41,7%), principali clienti dell’area insieme al Giappone (-1,8%). La flessione dell’export ha colpito tutti i settori. Nel principale comparto di specializzazione, quello delle «macchine e apparecchi», il valore delle esportazioni si è ridotto di un terzo (-33,4%). Di entità più o meno analoga è stata la flessione dell’export del comparto autoveicolistico (-37,7%) e in particolare della componentistica (-41,7%). Dati non molto diversi, e comunque sempre assai negativi, sono riferibili anche agli altri settori di specializzazione. Nel comparto dei prodotti in metallo, l’export è diminuito del 40%; nel settore elettrico, del 33,2%. Nei comparti gomma-plastica, tessile-abbigliamento e chimico la flessione dell’export è stata molto simile (rispettivamente -27,2%, -23,8% e -24,3%). Infine, anche il settore alimentare, tradizionalmente meno esposto alle oscillazioni del ciclo economico, è stato interessato da una significativa contrazione del fatturato estero (-10,6%). Obiettivo su... OCCUPAZIONE E ORARI DEL LAVORO IN PROVINCIA DI TORINO NEL 2008. RISULTATI DI UN’INDAGINE Si è recentemente conclusa la quinta indagine promossa dal sistema confindustriale sul mercato del lavoro. Lo studio fornisce le informazioni TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009 L’andamento delle esportazioni piemontesi nel 1° semestre 2009 5 Tab. 1 - Struttura e dinamica dell’occupazione Tipologia contratto Lavoratori al 31/12/2008 (struttura %) Maschi Femmine Totale Tempo indeterminato 95,1 92,8 94,6 di cui: Full time 94,6 79,1 90,8 0,6 13,7 3,7 Tempo determinato 2,4 4,7 2,9 di cui: Full time 2,2 3,6 2,6 0,1 1,1 0,4 Inserimento 0,4 0,9 0,6 Apprendistato 2,1 1,5 1,9 100,0 100,0 100,0 Part-time Part-time TOTALE La struttura dell’occupazione torinese resta saldamente ancorata ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato che rappresentano il 94,6% dei dipendenti, in linea con quanto emerso nelle precedenti edizioni dell’indagine. È cresciuta la presenza del personale femminile, arrivato ad incidere per il 24% sul totale degli organici. Il tasso di femminilizzazione è maggiore nei servizi. Nelle imprese con meno di 100 dipendenti la manodopera femminile rappresenta il 31,4% del totale, contro il 23,9% delle aziende più grandi (Fig. 1). Il 25% degli occupati è laureato; il 45% ha un diploma. Tra i giovani neoassunti il 55% è laureato; quasi tutti hanno un diploma. Il 4,1% dei dipendenti ha un contratto part-time; di questi l’87% sono donne. Fig. 1 – Tasso di femminilizzazione per settore e dimensione Il ricorso al contratto a termine, all’inserimento e all’apprendistato, interessa il 5% circa della forza lavoro; la somministrazione a termine e le collaborazioni a progetto il 2,8% . Nel complesso la normativa esistente consente alle imprese di avvalersi di un mix di strumenti flessibili che nell’area torinese interessano l’8,2% degli organici. Il dato medio nasconde tuttavia differenze settoriali e dimensionali molto forti. L’utilizzo delle forme di flessibilità risponde pienamente al modello organizzativo delle imprese dei servizi e delle aziende con meno di 100 addetti, dove i lavoratori flessibili rappresentano rispettivamente il 17,9% ed il 14,1%. Più contenuto è invece il ricorso alle forme contrattuali diverse dal tempo indeterminato nelle imprese manifatturiere e in quelle di maggiori dimensioni. Dalle indicazioni fornite dalle aziende intervistate si ricava che nel 2008 l’occupazione ha mostrato una sostanziale tenuta. Il turnover in entrata, pari all’8,6%, è imputabile alla prima parte dell’anno quando le previsioni delle aziende erano ancora positive. Per contro il turnover in uscita (6,9%) ha iniziato a aumentare in concomitanza con l’inizio della crisi. Il turnover generale, calcolato come sommatoria dei due indicatori appena analizzati, è stato pari al 15,5%. Differenze significative si osservano tuttavia a livello settoriale e dimensionale: il settore dei servizi e le aziende più piccole hanno mostrato un maggiore dinamismo con tassi di ricambio della forza lavoro superiori rispettivamente al 20% ed al 30%. Orari ed assenze dal lavoro nell’Area Torinese L’Unione Industriale di Torino effettua dal 1990 una rilevazione delle assenze dal lavoro. Nel 2009 la rilevazione comprende una più approfondita analisi degli orari di lavoro. Nelle imprese torinesi le ore teoriche annue di lavoro sono 1.745. Disaggregando i dati medi per i principali settori, si notano differenze significative tra i vari comparti dovute alla diversa regolamentazione contrattuale. Per stimare le ore normali di lavoro abbiamo sottratto dall’orario teorico l’intervallo refezione pagato e l’assenteismo derivante dalla somma TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009 sulla struttura dell’occupazione e un’analisi degli orari di lavoro e del grado di assenteismo. All’indagine svolta a livello nazionale tra le organizzazioni territoriali e di categoria aderenti alla Confindustria hanno partecipato oltre 2.000 imprese con un totale di 522.600 dipendenti. All’indagine realizzata dall’Unione Industriale di Torino hanno contribuito 210 imprese con 158.000 circa addetti, in prevalenza manifatturiere. Riportiamo i principali risultati dell’indagine (Tab. 1). 6 Congiuntura internazionale LA RIPRESA RESTA LONTANA Con ogni probabilità, la recessione mondiale ha toccato il punto più basso nei mesi primaverili. La velocità di caduta si è ridotta o azzerata ma la ripresa mondiale rimane lenta, incerta, esposta a rischi di stallo. I dati più recenti non hanno del tutto fugato i dubbi sulla solidità della ripresa. L’attività manifatturiera sta recuperando terreno, anche se i volumi di produzione rimangono ancora molto al di sotto dei livelli precedenti la crisi. Anche gli indicatori del clima di fiducia si stanno rafforzando per quanto riguarda sia le imprese che i consumatori, sia pure con qualche residua incertezza. Altri dati sono meno positivi, in particolare per quanto riguarda il mercato del lavoro, la situazione del mercato immobiliare e i mercati finanziari e creditizi. Al di là di queste considerazioni generali, la situazione delle diverse aree economiche non è simmetrica. Negli Stati Uniti i dati sulla crescita del terzo trimestre sono andati al di là delle aspettative. Il PIL è cresciuto del 3,5% rispetto ai tre mesi precedenti e dopo quattro trimestri di calo. Si tratta del miglior risultato dal terzo trimestre 2007. La crescita del terzo trimestre è stata spinta da una ripresa dei consumi e da un rimbalzo nel settore immobiliare. I consumi, che rappresentano il 70% del Pil americano, hanno registrato un rialzo del 3,4%. Il rimbalzo dei consumi è da attribuire soprattutto al programma di rottamazione delle auto, che ha determinato un’impennata del 22% nell’acquisto di autoveicoli. Anche il boom nella costruzione di nuove case nel 3° trimestre (+23%) è spiegato soprattutto dal varo di un credito fiscale di 8.000 dollari per coloro che comprano casa per la prima volta e dalla decisione della Federal Reserve di acquistare titoli garantiti dai mutui, che ha contribuito ad abbassare i costi per accendere un mutuo. La ripresa nel trimestre scorso, infine, è stata sostenuta anche dal calo delle scorte e dal dollaro debole, che hanno stimolato le esportazioni. In sostanza, la crescita del terzo trimestre deve molto al pacchetto di stimolo fiscale varato dal Governo. La scommessa è se queste misure, perlopiù una tantum, saranno in grado di far ripartire in modo duraturo l’economia americana; in caso contrario si sarà trattato di una fiammata dispendiosa, che ha bruciato una quantità consistente di risorse finanziarie, aggravando il già rilevante disavanzo di bilancio. Altri dati sulla congiuntura americana sono meno positivi. È proseguita anche a settembre l’emorragia di posti di lavoro (-263.000 posti), mentre la disoccupazione è salita al livello record del 9,8%. Le prime indicazioni sul mese di ottobre lasciano presagire una flessione di entità inferiore. Sempre a settembre, le vendite al dettaglio sono diminuite dell’1,6% rispetto ad agosto e del 5,7% rispetto al 2008. Buone notizie vengono invece dai dati di ottobre relativi al Purchasing Managers Index e al Supply Management’s Factory Index: due tra i principali indicatori di attività produttiva che, in entrambi i casi, registrano significativi recuperi rispetto ai valori dei mesi precedenti. Passando al quadro europeo, nel secondo trimestre il PIL dell’Area Euro si è stabilizzato (-0,2%), facendo registrare un netto miglioramento rispetto al risultato del trimestre precedente (-2,5%). Determinanti sono stati il recupero del commercio mondiale e la crescita dei consumi privati, stimolati dai pacchetti fiscali e in particolare dagli incentivi per la rottamazione delle auto. In attesa delle prime stime sull’andamento del terzo trimestre, che saranno resi noti a metà novembre, si prevede una modesta ripresa dell’economia (+0,4%). Anche i trimestri successivi non dovrebbero far registrare una significativa accelerazione della crescita (+0,2% stimato per il quarto trimestre 2009 e il primo trimestre 2010). TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009 delle ore perse per infortunio, malattia, congedo parentale, permessi non retribuiti, permessi retribuiti aggiuntivi ed assemblee. Sulla base dei dati raccolti è risultato che nel 2008 l’addetto medio delle imprese torinesi ha fatto registrare 1.616 ore normali di lavoro, per effetto di un tasso di gravità delle assenze pari al 5,8%. Focalizzando l’attenzione sui singoli settori, è emerso che l’assenteismo è risultato maggiore nel comparto chimico ed in quello metalmeccanico. Risulta inoltre più elevato nel settore dei servizi. La causale che ha inciso maggiormente (2,9%) sulle assenze è la malattia non professionale con un peso pari al 50% del tasso complessivo, seguita dai congedi parentali (1,3%). Marginali sono risultate invece le ore perse per infortunio sul lavoro (0,3%). 7 L’Asia rimane l’area più dinamica dell’economia mondiale, anche se la crisi ne ha rallentato la spinta. Nel 2009, la crescita prevista per l’area (escluso il Giappone) dovrebbe risultare di poco inferiore al 5% mentre nel 2010 potrebbe risalire al 6,6%. Si tratta di valori significativi, ma inferiori alla media dell’ultimo decennio. Nei prossimi anni, a differenza del passato, l’Asia non potrà più adottare una strategia di sviluppo trainata dall’export, ma dovrà contare in misura crescente sulla domanda interna. Anche i flussi in ingresso di capitali sono destinati ad attestarsi su volumi inferiori a quelli degli ultimi anni. La sostenibilità della crescita dipenderà in misura crescente dalla capacità dei Governi di riequilibrare il baricentro verso la domanda interna, accelerando le riforme strutturali e spostando risorse dai settori export-oriented a quelli orientati al mercato domestico. Per le imprese esportatrici europee, ciò dovrebbe fornire buone opportunità di investimento e partnership. Allungando l’orizzonte temporale al di là dei prossimi 3-4 mesi, la fragile ripresa mondiale dovrà fare i conti con l’esaurirsi di alcuni fattori di stimolo che hanno contribuito a stabilizzare la recessione. D’altra parte, l’instabilità rimane elevata e non è secondario il rischio che qualche “mina vagante” possa far precipitare l’economia mondiale in una nuova spirale recessiva. Anzi tutto, le condizioni del mercato del lavoro sono destinate a deteriorarsi più rapidamente nel corso del 2010. In Europa, in particolare, dovrebbe smorzarsi l’effetto stabilizzante degli ammortizzatori sociali e delle misure di sostegno all’occupazione, varate da quasi tutti i paesi. In assenza di una ripresa ben più robusta di quella prevista, la disoccupazione è destinata a superare i livelli attuali. In secondo luogo, l’esigenza di stimolare la crescita con politiche fiscali espansive dovrà fare i conti con deficit di bilancio sempre meno sostenibili. In Italia, ad esempio, nel 2010 verrà a maturazione una massa ingente di titoli pubblici, che richiederanno nuove cospicue emissioni. Anche Stati Uniti e gran parte dei paesi europei si trovano in una situazione simile, sia pure con uno stock di debito più basso. Per tutti il problema della sostenibilità del debito si porrà con crescente gravità. I Governi dei paesi industriali stanno prendendo a prestito somme così ingenti da mettere in discussione certezze fino a ieri incrollabili: la capacità dei Governi di Stati Uniti ed Europa di continuare ad onorare i loro debiti indefinitamente; la disponibilità dei risparmiatori ad acquistare titoli pubblici americani ed europei indefinitamente. Anche il quadro di bassa inflazione potrebbe mutare sfavorevolmente nei prossimi mesi. La maggior domanda mondiale di materie prime e petrolio, per effetto della crescita di alcune aree emergenti e il cambiamento di strategia dei paesi produttori, maggiormente orientati a spuntare prezzi più elevati, potrebbero contribuire a porre fine alla fase di bassi prezzi, mentre sembrerebbe esclusa l’ipotesi di una generalizzata corsa al rialzo. Un elemento di preoccupazione riguarda anche i cambi e, in particolare, il dollaro. Da marzo 2009, punto di picco relativo, la valuta americana si è svalutata del 16% rispetto all’euro e del 15% rispetto alle principali valute. Ciò per effetto dello spostamento degli investimenti verso valute a maggiore rendimento. Per l’industria europea, una svalutazione di questa entità penalizza inevitabilmente la competitività del suo export. Anche sul piano finanziario, il quadro mondiale è tutt’altro che stabile. Le perdite accumulate dal sistema sono rilevanti e non del tutto quantificate; i conti di molti istituti di credito sono tuttora molto fragili. I circuiti finanziari non sono al riparo dal rischio di nuove ricadute. Tre esempi sono significativi. Il primo riguarda l’Europa. I progetti di smembramento del colosso finanziario olandese ING, testimoniano una situazione di sofferenza. Negli Stati Uniti, per restare agli ultimi giorni, hanno destato preoccupazione le notizie relative a due grandi istituzioni finanziarie. CIT Group, uno dei principali istituti di credito per le PMI, ha avviato la procedura di fallimento. Si tratta di una società salvata dal Governo con una iniezione di capitale pari a 2,3 miliardi di dollari. GMAC, il braccio finanziario della General Motors, ha richiesto nuovi, consistenti aiuti al Governo (5,6 miliardi di dollari) al fine di evitare la bancarotta. La nuova richiesta di fondi fa seguito ai 12,5 miliardi di dollari di aiuti già ricevuti da dicembre 2008. TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009 Gli indicatori di attività (nuovi ordini, produzione), hanno mostrato segnali di recupero in agosto e settembre. Anche gli indici del clima di fiducia di imprese e consumatori sono migliorati a partire da marzo-aprile. A ottobre l’indicatore ESI (Economic Sentiment Indicator) ha fatto segnare un progresso per il settimo mese consecutivo, anche se il livello assoluto rimane assai al di sotto della media di lungo termine. È migliorato in particolare l’indice relativo alle attese dell’industria. Analogo miglioramento è riferibile all’indice BCI (Business Climate Indicator); anche in questo caso l’incremento di ottobre rappresenta il settimo risultato positivo consecutivo, ma il valore ancora molto basso dell’indicatore segna il protrarsi di un trend di flessione dell’attività produttiva. Si tratta quindi di una decelerazione della spinta recessiva e non ancora dell’avvio di una fase di rilancio. 8 Congiuntura italiana NON ACCELERA LA RIPRESA La variazione del PIL realizzata nel secondo trimestre (-0,5% rispetto al trimestre precedente) pone l’Italia al di sotto della media europea (-0,2% per la UE-27, -0,1% per l’Area Euro), dietro a Francia e Germania e davanti a Spagna e Gran Bretagna, due tra i paesi più colpiti dalla crisi tra quelli del “nucleo forte” dell’Europa. Anche i dati più recenti segnalano il protrarsi della fase recessiva, sia pure con una attenuazione della “velocità di caduta”. Ad agosto (ultimo dato disponibile) la produzione industriale ha fatto registrare un incremento del 7% rispetto al mese precedente, al netto dei fattori stagionali. In termini tendenziali la variazione rimane negativa (-18,3% a parità di giornate lavorative), ma in miglioramento rispetto ai mesi precedenti. Sulla base di questo andamento, l’ISAE stima per il terzo trimestre una variazione positiva della produzione (+5,5%) rispetto al secondo trimestre. Secondo l’istituto di analisi della congiuntura, le prime valutazioni relative all’ultimo trimestre dell’anno prefigurano una attenuazione della dinamica produttiva che rimarrebbe però su un sentiero positivo (+0,5% rispetto al trimestre precedente). Complessivamente la produzione industriale nel 2009 dovrebbe registrare un calo del 17% circa rispetto al 2008. Sempre ad agosto sono risultati in calo gli indici del fatturato e degli ordinativi (rispettivamente -1,4% e -8,6% in termini destagionalizzati). Negli ultimi tre mesi (giugno-agosto) le variazioni congiunturali sono state pari a -2,3% per il fatturato e a -0,8% per gli ordinativi rispetto ai tre mesi precedenti. Per quanto riguarda gli indicatori del clima di fiducia, i sondaggi ISAE relativi al mese di ottobre riscontrano andamenti divergenti tra imprese e consumatori. L’indice relativo alle imprese prosegue il percorso di recupero rispetto ai minimi di inizio 2009, pur re- stando ancora molto al di sotto dei valori pre-crisi. Al contrario, l’indice dei consumatori fa registrare una battuta di arresto rispetto alla rilevazione precedente. L’indicatore rimane comunque superiore ai livelli di fine 2008-inizio 2009. A ottobre il mercato dell’auto conferma il segno positivo già registrato nei quattro mesi precedenti riportando questa volta una crescita a due cifre. La crescita delle immatricolazioni risulta pari al 15,7% rispetto a ottobre 2008. Il bilancio dei primi 10 mesi del 2009 segna una flessione contenuta (-3,9%) rispetto all’analogo periodo del 2008. In sintesi, anche in Italia la situazione congiunturale rimane molto fluida e incerta, aperta a scenari diversi. Gli indicatori segnalano con ragionevole univocità che la fase peggiore della crisi dovrebbe essere superata. Non vi sono tuttavia segnali di un imminente riavvio della produzione. Peraltro, non vi sono attualmente le condizioni per una ripresa robusta. Il tradizionale motore delle esportazioni non potrà girare a pieno regime, considerando le difficoltà che tutti i nostri principali mercati stanno attraversando. Gli investimenti dovrebbero rimanere depressi per un periodo non breve, e almeno fino a quando non saranno smaltiti gli eccessi di capacità produttiva. Da questo punto di vista, uno studio di Prometeia evidenzia come la crisi abbia determinato, in molti settori, un abbassamento di lungo periodo dei livelli produttivi di equilibrio. Se questo è vero l’industria sarà costretta ad assestarsi su livelli inferiori a quelli degli ultimi anni. I consumi delle famiglie risentiranno in misura maggiore del peggioramento del quadro occupazionale. La politica di bilancio, infine, dovrà fare i conti con la necessità di ridurre il disavanzo di bilancio, pena un aumento dei tassi e crescenti difficoltà a coprire le nuove emissioni di titoli pubblici. In questo quadro, non è ipotizzabile il ritorno nei prossimi mesi su livelli di crescita superiori allo 0,5-1%. Solo nel 2011 potrebbe registrarsi una più decisa accelerazione dell’attività produttiva, a condizione che la ripresa mondiale acquisti velocità e solidità. TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009 In sintesi, anche se il quadro complessivo dell’economia mondiale appare migliore di quello di inizio anno, sarebbe perlomeno prematuro parlare di fine della crisi. Le incognite sono numerose e i rischi di esiti negativi rimangono elevati. 9 L’INDUSTRIA PIEMONTESE NEL 1° SEMESTRE 2009 Nei giorni scorsi è stata presentata la consueta “Indagine congiunturale sull’industria manifatturiera” realizzata da Unioncamere Piemonte in collaborazione con gli uffici studi delle Camere di Commercio provinciali. La rilevazione, che ha coinvolto 1.016 imprese industriali piemontesi (per un numero complessivo di 97.721 addetti e un valore pari a 51 miliardi di euro di fatturato), è stata condotta nei mesi di luglio e agosto 2009 con riferimento ai dati del periodo aprile-giugno. Prosegue la tendenza negativa del comparto manifatturiero piemontese già riscontrata nell’ultimo trimestre 2008. Le criticità riscontrate nel primo trimestre 2009 hanno prodotto i loro effetti anche tra aprile e giugno 2009. In questo periodo, la variazione tendenziale grezza della produzione industriale, confrontata con lo stesso trimestre dell’anno prima è stata pari a -19,4%: un po’ meno negativa del valore registrato a livello nazionale (-22,7%). Questo risultato deludente si associa tuttavia ai migliori risultati mostrati dagli altri indicatori congiunturali. In particolare gli ordinativi interni hanno registrato un lieve incremento rispetto al I trimestre 2009 (+0,8); i nuovi ordini dall’estero mostrano una Fonte Unioncamere decisa tendenza positiva (+10,4%), che fa ritenere plausibile una ripresa trainata dalla domanda estera. Un ulteriore segnale positivo è rappresentato dall’incremento della produzione industriale rispetto al trimestre precedente (+4,3%). Il fatturato delle imprese ha registrato invece una contrazione media del -21,7% rispetto al periodo aprile-giugno 2008. Anche sul fronte degli impianti si riscontra una sostanziale diminuzione della percentuale di utilizzo rispetto al dato medio degli ultimi anni. Il comparto più colpito dalla crisi è risultato quello dei metalli, seguito dalla meccanica e dai mezzi di trasporto. Anche chimica, gomma-plastica, elettronica e tessile-abbigliamento hanno messo a segno risultati deludenti. Più contenute sono risultate le cadute della produzione industriale negli altri settori. Solo l’alimentare, una filiera storicamente anti-ciclica, registra il primo segnale di ripresa, con l’incremento tendenziale dell’output pari al 2,2%. L’andamento cedente dei principali indicatori economici regionali influenza negativamente il clima di fiducia degli operatori locali, che ipotizzano una analoga flessione delle aspettative per il semestre conclusivo del 2009. In particolare il 52% degli imprenditori intervistati si aspetta, una flessione della produzione industriale, mentre solo il 16% ne prospetta una crescita. Sono sfavorevoli anche le previsioni relative ai nuovi ordini: per il 49% degli intervistati la domanda interna subirà una contrazione, il 17% degli imprenditori pensa che aumenterà, con un saldo finale negativo tra ottimisti e pessimisti pari a 32 punti percentuali. Negativo (-25) è anche il saldo pessimisti-ottimisti relativo ai nuovi ordini dall’estero. Il 64% degli intervistati prevede stabilità sul fronte dell’occupazione, mentre i prezzi di vendita sono previsti in diminuzione. TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009 Congiuntura piemontese 10 L’ARTIGIANATO PIEMONTESE NEL 2009: CONSUNTIVI E PREVISIONI Le consuete e approfondite rilevazioni svolte dalla Regione Piemonte consentono di tracciare un quadro dello stato di salute del settore. Nel 1° semestre del 2009 l’artigianato regionale ha ritoccato – per quanto attiene performance, investimenti, occupazione, clima di fiducia – i minimi “storici” registrati nella precedente rilevazione. Il saldo tra giudizi positivi e negativi sull’economia regionale scende a -66,2 (sei mesi prima era -49,9), i principali indicatori di performance crollano da -40,7 a -56,6 (domanda) e da -35,1 a -57,0 (fatturato). Nella parte finale del 2008, gli investimenti ancora tenevano (il 32,7% di imprese ne aveva effettuati); nell’ultimo semestre viceversa solo il 19,4% ha dichiarato di aver investito. Il 9,5% degli operatori ha ridotto gli occupati (con punte vicino al 15% nel ramo metalmeccanico), sebbene non manchino aziende (3,2% del totale) che in questo periodo hanno incrementato gli addetti. Come nella precedente rilevazione, i più colpiti dalla crisi sono risultati i settori manifatturieri e dei servizi collegati all’industria. Le indicazioni dei trasporti sono particolarmente critiche, ma un drastico atterraggio si riscontra anche nei servizi alle imprese: la crisi colpisce con pari intensità sia le imprese micro sia quelle più strutturate (solo nelle aziende con più di dieci addetti si rilevano indicazioni appena migliori del dato medio). Una moderata fiducia sembra fare capolino nelle previsioni sulla seconda parte dell’anno: il saldo ottimisti-pessimisti sull’andamento dell’economia regionale è pari a -12,5; a fine 2008 era -34,1. Le indicazioni più critiche provengono dal settore manifatturiero e, all’interno dei servizi, dalle aziende di trasporti. I saldi di domanda e fatturato registrati nel manifatturiero segnalano un ulteriore drastico peggioramento (domanda da -47,8 a -66,1, fatturato da -42,0 a -67,4); l’11,8% delle imprese ha diminuito gli occupati. Il 75,6% delle imprese metalmeccaniche ha subito una contrazione della domanda e il 76,9% una diminuzione del fatturato; i saldi aumento-diminuzione calano ulteriormente da -51,1 a -72,7 (domanda) e da -46,8 a -74,4 (fatturato). Cala anche il saldo aumento-diminuzione relativo agli occupati (-12,4); il giudizio sull’economica regionale per le imprese di questo settore è decisamente negativo (saldo -84,2). Non molto dissimile il quadro delle “altre industrie”, con indicatori di performance in caduta libera (fatturato da -40,1 a -71,5 in sei mesi) e investimenti al palo (16,4% la quota di imprese che ha effettuato qualche investimento). La crisi colpisce anche le manifatture leggere (saldo domanda -54,4, fatturato -54,7), ma in questo settore è più elevata la percentuale di imprese che segnala una condizione di stabilità. Nel comparto dei servizi alle imprese il saldo del fatturato sale da -27,4 a -50,5. Le imprese che investono sono il 26,6% a fronte del 53% della seconda metà del 2008). Congiuntura piemontese L’INDUSTRIA DELLE COSTRUZIONI NEL 2° SEMESTRE 2009 L’ANCE Piemonte ha reso noti i risultati della consueta indagine congiunturale, relativa al semestre luglio-dicembre 2009. All’indagine hanno collaborato più di 200 imprese. Le aspettative delle imprese per il 2° semestre del 2009 peggiorano rispetto a sei mesi fa, confermando il perdurare della crisi in atto ormai da alcuni trimestri. Le aspettative sono negative sia per le imprese che lavorano per la committenza pubblica sia per quelle con clientela privata. Le previsioni relative all’aumento di fatturato, occupazione e ricorso a manodopera esterna peggiorano. Le intenzioni di investimento diminuiscono leggermente per una riduzione della componente “immobiliare”. La durata del portafoglio lavori si riduce, passando dai 14,6 mesi della precedente indagine ai 13,7. Le difficoltà di reperimento di manodopera qualificata restano stabili, testimoniando la stasi produttiva del settore. Fra gli indicatori della situazione finanziaria peggiorano i tempi medi di pagamento dei committenti, soprattutto pubblici, mentre il costo del credito bancario a breve migliora, anche se la difficoltà di accesso al credito resta una delle problematiche più diffuse. Riportiamo in dettaglio i risultati dell’indagine. Il 9,6% delle imprese prevede l’aumento del fatturato (a prezzi costanti) nei prossimi sei mesi; il 42,6% una riduzione, mentre il 47,7% segnala nessuna variazione significativa rispetto ai volumi del 2° semestre del 2008. Il saldo, calcolato come differenza fra percentuale di ottimisti e pessimisti, è negativo 11 TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009 Congiuntura piemontese TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009 (-33) e leggermente peggiore rispetto a sei mesi fa Congiuntura piemontese (-29,9). Le previsioni sono negative per le imprese di tutte le classi dimensionali. LE PREVISIONI L’attuale portafoglio ordini delle aziende impegna DELL’INDUSTRIA PIEMONTESE in media 13,7 mesi di attività: un valore inferiore al PER IL 4° TRIMESTRE 2009 dato del semestre precedente (14,6 mesi). I lavoConfindustria Piemonte ha reso noto i risultati dell’inri privati assicurano in media 9,3 mesi di lavoro; i dagine congiunturale relativi al 4° trimestre 2009. lavori pubblici 4,4; nell’indagine precedente erano Le previsioni delle imprese piemontesi segnalano registrati rispettivamente 9,7 e 4,9 mesi. una lieve attenuazione del pessimismo. Non emerIl 30,9% delle imprese ha in programma investimengono tuttavia concreti segnali di ripresa che consenti per i prossimi sei mesi: nel 18% dei casi si tratta tano di guardare con fiducia all’evoluzione a breve esclusivamente di investimenti immobiliari mentre del quadro congiunturale. nel 12,9% dei casi sono previsti solo o anche inPer il terzo trimestre consecutivo gli indicatori previvestimenti non immobiliari. Le intenzioni d’investisivi relativi a ordini, export e, in misura minore, livelli mento riguardano una quota di aziende inferiore a produttivi, registrano una attenuazione del pessimiquelli di sei mesi fa (31,8%), per la diminuzione delsmo. la quota degli investimenti “immobiliari” (18% contro Al momento, tuttavia, le attese di ripresa non si sono 21,2% nel 1° semestre 2009). ancora concretizzate, come dimostrano il livello neLe previsioni di crescita dell’occupazione dipendengativo del carnet ordini, del tasso di utilizzo della te sono meno frequenti di quelle di diminuzione: il capacità produttiva e il persistente ricorso alla CIG. 4,5% delle imprese intende aumentare il personale Rimane pesante la situazione di liquidità: un problecontro il 30,8% che ne prevede la riduzione; il saldo ma che coinvolge oltre l’80% delle imprese e toglie è pari -26,3, più negativo del semestre precedente ossigeno alle strategie aziendali. (-25,7). Le indicazioni di riduzione riguardano tutte Permane una diffusa situazione di difficoltà che le classi dimensionali. coinvolge tutti i settori, le tipologie d’impresa e le Le intenzioni di ricorso a manodopera esterna sono aree territoriali. peggiorate rispetto a sei mesi fa. L’aumento è previIl saldo tra ottimisti e pessimisti relativo alla produsto dal 5,8% delle imprese, la riduzione dal 30,8%, zione è pari a -28,2 punti, in progresso rispetto ai con un saldo pari a -25, valore più negativo rispetto -42,6 punti di giugno e ai -48,1 punti di marzo. L’inal -22,8 della scorsa indagine. dicatore ritorna sui valori toccati nelle fasi recessive Le difficoltà di reperimento di personale rimangono del 1981-82 e del 1993-94, allontanandosi dai mistabili e riguardano il 42% delle imprese. nimi storici raggiunti durante la crisi petrolifera del Nel 2° semestre del 2009 i tempi medi di pagamen1973-75. to dei committenti sono stati in media di 105,5 giorni, superiori ai 101,8 del semestre precedente; per i Anche gli indicatori relativi agli ordini totali e alle committenti pubblici il periodo aumenta passando a esportazioni fanno segnare qualche miglioramento 150,9 giorni dai 143,4 della scorsa indagine. rispetto ai mesi scorsi. Gli indicatori relativi alle dilazioni pattuite dalle imprese con i fornitori sono complessivamente L’andamento delle aspettative sulla produzione, 2000-2009 (4° trim.) allineati con quelli (saldi ottimisti-pessimisti) rilevati nello scorso semestre: 74,6 giorni con i fornitori, 47 con i fornitori con posa in opera e 54,3 giorni con i noleggiatori a caldo. Nel semestre scorso i valori erano rispettivamente 73,8, 47,2 e 56 giorni. Nel corso del 2° semestre del 2009 il costo effettivo del credito bancario è diminuito passando dal 6,9% di sei mesi fa al 5,9%. 12 Segnalazioni di ritardi negli incassi, 2000-2009 (4° trim.) (% aziende) Indicazioni negative provengono anche dalle previsioni di investimento. Solo il 14,4% delle imprese non esclude la possibilità di investire per il rinnovo degli impianti e delle attrezzature. Come negli ultimi quattro trimestri, la percentuale di imprese che ha rivisto al ribasso i programmi di investimento prevale su quella che li ha rivisti al rialzo. Le valutazioni espresse dalle imprese piemontesi sembrano quindi rafforzare l’ipotesi formulata tre mesi fa. Con ogni probabilità il punto inferiore del ciclo recessivo è alle spalle. Ma una vera ripresa è ancora lontana. In questa fase è pertanto prematuro formulare ipotesi sui tempi di superamento della crisi, che richiederà una più marcata svolta espansiva dell’economia mondiale ed europea. Nei prossimi mesi, sarà essenziale mantenere alta la guardia, continuando a sostenere domanda ed investimenti. Congiuntura piemontese IL MERCATO DEL LAVORO PIEMONTESE NEI PRIMI 6 MESI DEL 2009 Le rilevazioni ISTAT sulle forze di lavoro nei primi sei mesi del 2009, evidenziano per il Piemonte una accentuazione delle tendenze negative registrate nella seconda metà del 2008 che ha comportato una flessione dell’occupazione, per lo più nell’industria, e un corrispondente incremento della disoccupazione. Nel 1° semestre 2009 gli occupati in Piemonte sono diminuiti di 18 mila unità (-1%), rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ad una sostanziale tenuta nel primo trimestre (0,1%) ha fatto seguito una flessione del 2% tra aprile e giugno pari a circa 39 mila posti di lavoro. La flessione occupazionale ha TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009 Il saldo relativo agli ordinativi (–21,2 punti) sale di oltre 15 punti rispetto allo scorso trimestre (–38,7 punti) e di 25 rispetto alla rilevazione di marzo (–46 punti). L’indicatore rimane comunque su valori tipici delle fasi recessive, anche se si allontana dai minimi storici raggiunti all’inizio del 1975. Analoga tendenza è riferibile agli ordini esteri. Il saldo (-15 punti) si discosta positivamente dai valori osservati a giugno e marzo (-34,3 e -37,7 punti, rispettivamente). Il miglioramento delle attese non si è tradotto, almeno per ora, in risultati concreti. Non migliora il tasso di utilizzo della capacità produttiva (61,8%, come lo scorso trimestre). Per il quarto trimestre consecutivo l’indicatore rimane su livelli molto bassi, mai registrati nelle precedenti fasi recessive. Il quadro occupazionale riflette la profondità della crisi in atto. È significativo comunque che il saldo ottimisti-pessimisti (-23,1 punti) migliori rispetto ai mesi scorsi (-30,5 punti a giugno, -32,8 punti a marzo). Dopo il balzo registrato a marzo, non diminuisce la percentuale di imprese che dichiara l’intenzione di fare ricorso alla CIG (46,4%). A dicembre 2008 la percentuale era 34,7%. Valori analoghi si sono registrati soltanto in occasione della crisi di inizio anni ‘80. Non accenna a migliorare la situazione di liquidità delle imprese. Il 70% delle imprese intervistate dichiara un ritardo negli incassi rispetto ai tempi di pagamento pattuiti. Nell’ultimo anno la percentuale è aumentata di circa 10 punti (era 62,6% a dicembre 2008), portando l’indicatore vicino ai valori più negativi rilevati nel 1993. Questa situazione di tensione finanziaria non può protrarsi ancora a lungo senza compromettere la solidità gestionale e patrimoniale di molte aziende, soprattutto di piccole e medie dimensioni. 13 Complessivamente, le posizioni di lavoro dipendente sono diminuite di 17 mila unità (-1,3%) a fronte di una riduzione di 1000 unità di quelle indipendenti. L’industria manifatturiera ha ridotto del 5,5% i dipendenti (-24 mila addetti) e del 5% gli autonomi (3 mila unità). Nel commercio è diminuito il lavoro autonomo (-11,4%) mentre è cresciuto il lavoro alle dipendenze (+4,7%). Nell’agricoltura e nelle costruzioni si assiste al fenomeno opposto, con una crescita degli indipendenti, rispettivamente del 23,6% e del 9,5%. Rispetto allo stock di occupati le posizioni di lavoro dipendente aumentano di 42 mila unità (+3,1%). Questa crescita, fatta eccezione per l’industria in senso stretto (-4,5%) e le costruzioni (-4,3%), interessa tutti i comparti e, soprattutto, il commercio (+15,2%) e i servizi non commerciali (+9,1%). Il lavoro autonomo si riduce al contrario di 20 mila unità (-4%) rispetto all’anno precedente per effetto di una diminuzione dei lavoratori indipendenti soprattutto nell’industria in senso stretto (-10,2%), nel commercio (-16,8%) e nei servizi non commerciali (-1,8%). Cresce, invece, lievemente l’occupazione indipendente nelle costruzioni (+1%). Il tasso di occupazione si riduce di un punto percentuale, scendendo dal 65,2% al 64,1%: una diminuzione che interessa entrambe le componenti di genere. Nel 1° semestre 2009 l’offerta di lavoro complessiva sale dell’1,2%, determinando un aumento del tasso di attività piemontese al 68,8% dal 68,4% dell’analogo periodo nel 2008. L’aumento delle forze di lavoro ha interessato soprattutto la componente maschile (+1,6 %), il cui tasso di attività è passato dal 76,4% al 77,4%. Le forze di lavoro femminili sono cresciute dello 0,8%, mentre il relativo tasso di attività è sceso di 1/10 di punto percentuale (da 60,3% a 60,2%). Le persone in cerca di occupazione salgono dalle 92 mila unità del 1° semestre 2008 alle 135 mila dell’analogo periodo del 2009 (+46,3%). Il numero di uomini in cerca di lavoro supera quello delle donne (70 mila unità contro 65 mila rispettiva- mente), mentre negli ultimi anni si registrava una netta prevalenza della componente femminile. Il tasso di disoccupazione, che all’inizio del 2008 si attestava al 4,7%, è salito al 6,8% mostrando, tuttavia, una attenuazione del divario di genere: nei primi sei mesi del 2008 il tasso di disoccupazione femminile era circa una volta e mezza quello maschile (5,8% contro 3,8%); a distanza di un anno la differenza è sempre sfavorevole per le donne, ma scende da 2 a 1,5 punti percentuali (7,5% contro 6,2%). L’aumento delle persone in cerca di occupazione in Piemonte (+46,3%) è il più elevato a livello nazionale: la nostra Regione è l’unica il cui tasso di crescita ha superato la soglia del 40%. L’ISTAT segnala che la media generale è pari al 10,3%, mentre tassi di aumento superiori al 30% si registrano nelle Marche, in Umbria e in Lombardia. Le indicazioni relative ai trend dell’occupazione ricavabili dalle indagini congiunturali evidenziano un quadro ancora negativo nel corso del 2009. Nell’ultima indagine di Confindustria Piemonte, relativa al quarto trimestre 2009, il saldo ottimisti-pessimisti sull’occupazione era ancora negativo (-23,1 punti), ma migliore di quello di giugno (-30,5 punti) e di marzo (-32,8 punti). Dopo il balzo registrato a marzo, è diminuita la percentuale di imprese che dichiara l’intenzione di fare ricorso alla CIG. A dicembre 2008 la percentuale era 34,7%. Valori analoghi si sono registrati soltanto in occasione della crisi di inizio anni ‘80. I dati ufficiali sull’utilizzo della Cassa Integrazione Guadagni in Piemonte nei primi mesi del 2009 mostrano un trend negativo rispetto al 2008. A partire da ottobre 2008 si è verificato un forte aumento delle ore di CIG che è proseguito con una marcata accelerazione nel corso del 2009. A maggio, in Piemonte, è stato raggiunto un picco di 16 milioni di ore, cui ha fatto seguito un assestamento a partire da giugno, mese in cui le ore autorizzate sono state pari a 11 milioni. Nel 1° semestre 2009 l’INPS ha autorizzato in Piemonte oltre 59 milioni di ore di Cassa Integrazione Ordinaria contro i 4 milioni dello stesso periodo del 2008. Il confronto 2008-2009 appare ancora più allarmante se si raffrontano i dati dei primi 9 mesi dell’anno: a settembre 2009 le ore autorizzate di CIGO hanno quasi raggiungo gli 81 milioni contro i 6 dell’analogo periodo dell’anno precedente. La CIG straordinaria mostra un trend più contenuto, anche se in tendenziale aumento: nei primi 9 mesi del 2009 è cresciuta del 395%, rispetto al +1.183% dell’ordinaria. TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009 interessato in ugual misura donne (-1%) e uomini (-1%). La riduzione dell’occupazione registrata nei primi sei mesi dell’anno è dovuta al calo degli addetti nell’industria manifatturiera (-27 mila unità) e nel commercio (-7 mila unità), solo parzialmente compensato dall’aumento degli occupati nelle attività agricole (8 mila addetti), nelle costruzioni (5 mila addetti) e negli altri servizi (2 mila unità). L’occupazione industriale ha mostrato un trend pressoché analogo nel primo e nel secondo trimestre, con decrementi intorno al 5,5%. 14 IL RAPPORTO DELLA BANCA D’ITALIA SULL’ANDAMENTO DEL CREDITO NELLE REGIONI ITALIANE NEL 2° TRIMESTRE 2009 La Banca d’Italia ha pubblicato il consueto rapporto sull’andamento del credito a livello nazionale e regionale, aggiornato al secondo trimestre 2009. A giugno 2009 i prestiti alle imprese sono risultati in aumento rispetto all’anno precedente in quasi tutte le regioni italiane, sebbene a tassi più contenuti rispetto a quanto osservato alla fine di marzo. A livello nazionale, il tasso di crescita degli impieghi alle imprese è stato pari all’1,1%, a fronte del +3,9% registrato a marzo. In Piemonte la crescita dei prestiti è stata dello 0,7%, inferiore alla media del Centro-Nord (+1,1%) ma superiore al dato relativo a Lombardia (+0,3%) e Veneto (crescita nulla). Il rapporto fornisce indicazioni anche sull’andamento dei prestiti alle famiglie consumatrici, dei depositi bancari, nonché sul costo del credito e sulle sofferenze. Nei dodici mesi terminanti a giugno 2009 i prestiti alle famiglie consumatrici italiane sono aumentati del 3,7%, in rallentamento rispetto al trend rilevato nel trimestre precedente. Il tasso di crescita dei prestiti alle famiglie meridionali (+6,1%) è risultato doppio rispetto a quello delle famiglie del Centro Nord (+3%). In Piemonte l’incremento è stato del 3,3%. A fine giugno 2009 i depositi bancari delle famiglie consumatrici e delle imprese italiane hanno registrato un tasso di crescita del 5,5% su base annua, in rallentamento rispetto a marzo (+6,3%). L’incremento dei depositi di famiglie e imprese piemontesi (+7,6%) è stato superiore alla media nazionale e del Centro-Nord (+5,8%). Il processo di diminuzione dei tassi di interesse sulle operazioni a breve termine, avviato dalla fine del 2008, è proseguito nel secondo trimestre del 2009 in quasi tutte le regioni. A giugno 2009, i tassi sui prestiti a breve, riferiti ai finanziamenti per cassa erogati a favore della clientela ordinaria nell’ultimo mese del trimestre di riferimento, risultavano in media pari al 5,18%. Il Piemonte, con tassi medi pari al 5,62%, si colloca tra le regioni a tassi relativamente più elevati, a fronte di una media del 4,99% per il Centro Nord, del 4,72% per la Lombardia e del 4,87% per il Veneto. Infine, nella media dei quattro trimestri terminanti a giugno 2009, sia per i finanziamenti alle imprese sia per quelli alle famiglie consumatrici, il flusso di nuove sofferenze in rapporto ai prestiti (tasso di decadimento) è aumentato rispetto al trimestre precedente e si è confermato più elevato nel Mezzogiorno. Per quanto riguarda in particolare il settore delle imprese, il tasso di decadimento è stato pari al 2,1% a livello nazionale. Il Piemonte (2%) si pone in linea con il dato nazionale e con quello del Centro-Nord (2,1%). Congiuntura torinese LE PREVISIONI DELL’INDUSTRIA TORINESE PER IL 4° TRIMESTRE 2009 L’Unione Industriale di Torino ha reso noto i risultati dell’indagine congiunturale relativa al 4° trimestre 2009. All’indagine hanno risposto 200 imprese di tutti i settori e dimensioni. Dalla rilevazione emerge un quadro molto problematico. Per il terzo trimestre consecutivo si registra una attenuazione del pessimismo per gli ordini totali, gli ordini export e, in misura minore, per la produzione. Nell’arco di nove mesi tuttavia, le attese di ripresa non si sono concretizzate. Il tasso di utilizzo della capacità produttiva anziché aumentare tende a flettere, raggiungendo livelli mai raggiunti nelle precedenti crisi degli ultimi 30 anni. Si contrae il carnet ordini: un’azienda su due ha ordini assicurati per meno di un mese. Si tratta, anche in questo caso, di una situazione mai registrata dalla crisi petrolifera del 1973 ad oggi. Come era lecito attendersi, solo una quota ridotta di imprese intende investire anche perché alle prese con gravi problemi di liquidità, mentre una percentuale ancora elevata di aziende non esclude la possibilità di far ricorso alla CIG. Lo smobilizzo delle scorte per far fronte ai nuovi ordini spiega solo in parte la scarsa reattività dei livelli produttivi. In realtà, le ragioni dello iato tra attese di ripresa e risultati concreti vanno ricercate nella fragilità e nella scarsa consistenza dei miglioramenti congiunturali relegati per altro ad alcuni Paesi e settori. Il saldo ottimisti-pessimisti relativo alle attese sui livelli produttivi migliora di 8 punti (da -41 a -33 punti percentuali). Si tratta del terzo miglioramento consecutivo: a dicembre 2008 il saldo aveva toccato 15 TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009 Congiuntura piemontese Congiuntura torinese L’ANDAMENTO DELLA CONGIUNTURA NEL SETTORE DEI SERVIZI ALLE IMPRESE Nelle economie avanzate la quota di gran lunga preponderante del valore aggiunto e dell’occupazione deriva dal comparto terziario. Nonostante la sua importanza occupazionale e le strette relazioni che lo legano al comparto manifatturiero, il settore dei servizi alle imprese è poco studiato, soprattutto a livello locale. Mancano in particolare indicazioni sull’andamento congiunturale di un settore caratterizzato da dinamiche di mercato che non coincidono necessariamente con quelle dell’industria provinciale o regionale, grazie ai più ampi margini di autonomia che le imprese del settore hanno saputo ritagliarsi. TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009 il minimo scendendo L’andamento della congiuntura torinese, 1982-2009 (4° trim.) (tasso % di utilizzazione degli impianti) a -65 punti. Più sensibile è il miglioramento dell’indicatore relativo agli ordini, che sale da -40 a -23 punti percentuali. Di analoga entità è il miglioramento delle attese relative agli ordini export. Il saldo ottimisti-pessimisti guadagna 14 punti (da -35 a -21); a marzo era sceso a -49 punti. Il miglioramento delle attese non si riflette sui dati rilevati a consuntivo. A settembre il tasso di utilizzo degli impianti è ulteriormente sceso In provincia di Torino, il settore terziario rappresenta il di circa 2 punti, portandosi al 55,5% dal 57,1% di 71% del valore aggiunto e occupa 643.000 persone, giugno. pari al 66% degli occupati totali Le imprese terziarie La composizione del carnet ordini è fortemente sono circa 145.000. sbilanciata sul brevissimo periodo. Il 47% delle imAll’interno del settore terziario, la quota prevalente prese ha ordini garantiti per meno di un mese: una è costituita dai servizi privati (88% degli occupati), quota che non si era mai registrata nelle precedenti mentre il residuo 12% è impiegato nel comparto dei fasi di crisi. servizi pubblici. Rimane depressa l’attività di investimento. Solo il All’interno del settore dei servizi privati, i servizi 14% delle imprese ha in programma investimenti di alle imprese (ICT, ricerca e sviluppo, progettazioun certo rilievo; il 29% prevede di effettuare investine, consulenze, ecc.) rappresentano il 33% dell’ocmenti di sostituzione. cupazione; il residuo 67% è occupato negli altri Ancora problematica è la situazione di liquidità. servizi (alberghi e pubblici esercizi, commercio, Otto imprese su 10 segnalano ritardi negli incassi. intermediazione finanziaria e immobiliare, trasporti, La profondità della crisi si ripercuote sulle prospetecc.). tive occupazionali. Il saldo ottimisti-pessimisti riIl peso del terziario è cresciuto costantemente negli mane negativo (-37 punti). Il ricorso alla CIG resta ultimi decenni. elevato e interessa il 58% delle imprese. Nel 1951, il 68% del valore aggiunto provinciale era prodotto dal settore industriale, il 28% dal comparto terziario. Nel 1981 si registra il sorpasso a favore del terziario (51% contro 47%). Nel 2006 (ultimo dato di contabilità territoriale disponibile) la situazione è praticamente speculare a quella del 1951: la quota del terziario sul valore aggiunto provinciale è salita al 71%, quella dell’industria è calata al 28%. 16 rivisto al rialzo i programmi formulati in precedenza e aziende che hanno attuato invece correzioni al ribasso. Resta problematica la situazione di liquidità. Sette imprese su 10 segnalano ritardi negli incassi. La crisi si ripercuote sulle prospettive occupazionali. Il saldo ottimisti-pessimisti peggiora di 11 punti rispetto a luglio, passando da zero a -11 punti. Si riduce anche l’utilizzo di consulenze; il saldo ottimisti-pessimisti è pari a -15 punti. Indicazioni più pessimistiche della media vengono dal comparto ICT, in particolare per quanto riguarda le attese su ordini (totali e fuori provincia), utilizzo di consulenze e ritardi nei pagamenti. Anche nel comparto degli altri servizi alle imprese prevalgono comunque attese sfavorevoli su tutti gli indicatori. Osservatorio LA SPESA DELLE FAMIGLIE TORINESI NEL 1° SEMESTRE 2009 La Camera di Commercio di Torino ha presentato nei giorni scorsi i dati preliminari sulle spese delle famiglie torinesi relativi al 1° semestre del 2009: un’indagine a carattere annuale condotta in collaborazione con Ascom e Confesercenti Torino. L’indagine, curata dal professor Luigi Bollani, docente di Statistica I risultati dell’indagine congiunturale per il settore dei servizi alle imprese - 4° trimestre 2009 presso l’Università degli Studi di Torino, ha coinvolto nel 2008 un campione rappresentativo di 240 famiglie torinesi. L’anticipazione dei dati provvisori relativi al 2009 è stata realizzata grazie alle risposte di 120 nuclei familiari. I dati del 1° semestre 2009 sembrano essere in decisa controtendenza con la dinamica crescente nella TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009 Al fine di colmare, almeno in parte, questo vuoto conoscitivo, l’Unione Industriale di Torino ha avviato nel mese di maggio un’indagine trimestrale per avere un quadro aggiornato dello “stato di salute” del settore. All’indagine hanno risposto circa 150 imprese. La rilevazione evidenzia come la recessione stia interessando in misura crescente anche il comparto dei servizi alle imprese. A ottobre si registra il prevalere di attese pessimistiche sull’andamento del fatturato, degli ordini totali e degli ordini fuori provincia. Rispetto al sondaggio di luglio, si indeboliscono ulteriormente le attese relative a ordini, totali e fuori provincia. La situazione di liquidità rimane problematica: il 70% delle imprese segnala ritardi negli incassi. Le difficoltà di mercato si riflettono sul quadro occupazionale e sull’attività di investimento. L’occupazione è prevista in flessione, in particolare per quanto riguarda l’utilizzo di consulenze; meno di un’azienda su cinque ha in programma nuovi acquisti di beni di investimento nei prossimi mesi. Riportiamo i principali risultati dell’indagine relativa al 4° trimestre. Il saldo ottimisti-pessimisti relativo alle attese sul fatturato rimane invariato rispetto a luglio (-7 punti). Peggiora invece l’indicatore relativo agli ordini totali, che scende da -9 a -14 punti. Più marcato è il peggioramento delle attese relative agli ordini fuori provincia. Il saldo ottimistipessimisti arretra di 12 punti (da +4 a -8). La composizione del carnet ordini non varia rispetto alla precedente rilevazione. Il 17% delle imprese ha ordini garantiti per meno di un mese. Rimane debole l’attività di investimento. Solo il 15% delle imprese ha in programma nuovi acquisti; è negativo (-4 punti) il saldo tra aziende che hanno 17 Osservatorio L’EVOLUZIONE DEI SETTORI INDUSTRIALI NEL 2010-2011 È uscito nei giorni scorsi il Secondo Rapporto Analisi dei Settori Industriali, realizzato congiuntamente da Prometeia e Intesa Sanpaolo. Secondo il Rapporto, la brusca caduta iniziata l’estate dello scorso anno porterà l’industria italiana ad un ridimensionamento senza precedenti dei livelli di attività, con effetti rilevanti sulle condizioni di redditività, già compromesse da un difficile 2008. Dallo studio emerge che la crisi attuale continuerà a condizionare i risultati economico-finanziari del manifatturiero italiano anche nei prossimi anni: la ripresa sarà lenta, difficile, non priva di rischi e imporrà una forte selezione all’interno del comparto. Le previsioni di crescita del settore manifatturiero sono in effetti modeste (+1,6% medio annuo nel biennio 2010-2011) e si attestano su livelli ben al di sotto di quelli pre-crisi. La lettura dei bilanci 2008 ha consentito di osservare le prime conseguenze della crisi sulle condizioni economico-finanziarie delle imprese manifatturiere e di notare come ci sia sulla baseun peggioramento generalizzato nei conti delle imprese rispetto al biennio precedente ed un diffuso rallentamento dei ritmi di crescita, accompagnato da una generalizzata riduzione della redditività operativa, in particolare per le PMI. Nello scenario delineato dal Rapporto solo i comparti meno penalizzati nell’attuale fase (largo consumo e farmaceutica) potranno tornare ai lielli del 2007 prima del 2011. Il settore alimentare si attesterà su livelli simili a quelli pre-crisi, pur dovendo affrontare un processo di forte ristrutturazione. La metallurgia, il settore autoveicoli e moto, gli elettrodomestici, gli intermedi chimici e altri intermedi usciranno invece più ridimensionati e penalizzati dal permanere di un eccesso di capacità produttiva a livello mondiale. Nel campo dell’elettronica, la previsione sconta un elevato livello di incertezza. Con ogni probabilità sarà l’unico settore che potrebbe subire un contributo negativo dal canale estero, penalizzato dal mismatching tra domanda e offerta nazionale e dalle crescenti difficoltà del nostro Paese a mantenere una base produttiva in queste lavorazioni. La situazione rimarrà critica anche per la meccanica, penalizzata dal permanere di vincoli alle decisioni di investimento delle imprese a livello nazionale e mondiale, mentre l’elettronica potrà beneficiare di un atteso dinamismo negli investimenti infrastrutturali (energia, trasporti), su cui 18 TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009 spesa della famiglie registrata a partire dal 2000. Nei primi sei mesi di quest’anno la spesa media mensile è stata di 2.433 euro a famiglia: 100 euro mensili in meno rispetto allo stesso periodo del 2008, una riduzione pari al 4%. La contrazione ha interessato principalmente il comparto non alimentare. È diminuita la spesa per tabacco (-33%), vestiario e calzature (-20%), mobili e arredamenti per la casa (-25%) e per la categoria “altri beni e servizi” (-10,8%). Sono aumentate invece le uscite per combustibili, energia elettrica e altre utenze domestiche (+12%), per ricreazione e spettacoli (+2,3%), mentre sono crollate le spese per vacanze, viaggi, hotel (-20%). La spesa alimentare tiene, con un importo pari a 320 euro medi mensili (+42 euro rispetto ai primi 6 mesi del 2008 e + 23 euro rispetto all’intero 2008). È cresciuta la spesa di tutti i beni alimentari, ad eccezione della categoria “legumi e ortaggi”, che registra una flessione dell’1,4%. Aumenta soprattutto la spesa in “dolci”, genere comprensivo anche dei prodotti di drogheria. Secondo l’indagine, la crisi aumenta i divari nei livelli di spesa sostenuta a seconda della posizione e condizione professionale dei componenti della famiglia. In particolare, nei nuclei familiari con capo-famiglia non occupato (anche pensionato), nel 1° semestre 2008 la spesa risultava inferiore alla media del campione di 7 punti percentuali; nel 1° semestre 2009 la forbice si è ampliata e la differenza è di 17,2 punti percentuali. Gli acquisti più sacrificati riguardano i generi non di prima necessità e le spese per il tempo libero. Per quanto riguarda le abitudini di consumo, si evidenziano alcuni cambiamenti. La percentuale di famiglie che consuma almeno mensilmente un pasto fuori casa scende dal 63% al 53%. Se si analizza la fascia di frequenza inferiore ai 15 giorni, la diffusione di tale abitudine si dimezza, passando dal 36% nel 1° semestre 2008 al 18% nel 1° semestre 2009. sarà prioritariamente basata la crescita dei Paesi emergenti. Nei prossimi anni un aspetto chiave per questi settori sarà quello di anticipare la crescente attenzione degli acquirenti nei confronti delle variabili ambientali, fattori che potranno creare nicchie di mercato particolarmente interessanti. I settori del Made in Italy, secondo le previsioni del Rapporto, usciranno fortemente mutati dalla crisi. La loro sfida sarà quella di continuare ad offrire prodotti innovativi e di elevato contenuto qualitativo, investendo nel radicamento sui mercati, al fine di rinnovare l’eccellenza delle produzioni italiane sul fronte del contenuto di servizio e immateriale. TorinoImpresa periodico a cura dell’Ufficio Studi Economici dell’Unione Industriale di Torino - Via M. Fanti 17 - Torino - Tel. 011.5718462 www.ui.torino.it/servizi/studieconomici