TorinoImpresa_n__17 - Unione Industriale Torino

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TorinoImpresa
n. 17 - Novembre 2009
NEWSLETTER a cura dell’Ufficio Studi Economici
Molte ombre e poca luce
per l’ecnomia torinese
Il punto
Obiettivo su
MOLTE OMBRE E POCHE LUCI
PER L’ECONOMIA TORINESE
Il ruolo del Piemonte
nel commercio internazionale
Occupazione e orari di lavoro in provincia
di Torino nel 2008. Risultati di un’indagine
Congiuntura internazionale
La ripresa resta lontana
Congiuntura italiana
Non accelera la ripresa
Congiuntura piemontese
L’industria piemontese nel 1° semestre 2009
L’artigianato piemontese nel 2009:
consuntivi e previsioni
L’industria delle costruzioni
nel 2° semetre 2009
Le previsioni dell’industria piemontese
per il 4° trimestre 2009
Il mercato del lavoro piemontese
nei primi sei mesi del 2009
Il rapporto di Banca d’Italia sull’andamento
del credito nelle regioni nel 2° trimestre 2009
Congiuntura torinese
Le previsioni dell’industria torinese
per il 4° trimestre 2009
L’andamento della congiuntura
nel settore dei servizi alle imprese
Osservatorio
La spesa delle famiglie torinesi
nel 1° semestre 2009
L’evoluzione dei settori industriali
nel 2010-2011
I documenti raccolti in questo numero della newsletter presentano un quadro della situazione dell’economia torinese e piemontese con molte ombre
e poche luci .
La crisi mondiale, di cui presentiamo un’analisi nei
paragrafi dedicati alla congiuntura internazionale e
nazionale, sta avendo pesanti ricadute a livello locale.
I dati disponibili consentono di tracciare un primo
bilancio dell’andamento dell’economia piemontese
nei primi 6-9 mesi del 2009 e di formulare previsioni per l’ultima parte dell’anno, sulla base degli
indicatori del clima di fiducia.
La prima parte dell’anno è stata caratterizzata da
una significativa caduta dei livelli di attività comune
a tutti i settori produttivi.
L’indagine trimestrale di Unioncamere, stima per
il periodo aprile-giugno 2009 una contrazione della
produzione industriale piemontese pari al 19% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente; il
fatturato è calato del 22%. Auto e meccanica sono i
settori più colpiti dalla crisi.
Anche i dati ISTAT sull’andamento delle esportazioni piemontesi nei primi sei mesi del 2009 presentano un quadro di grande criticità. Nel periodo
considerato, l’export regionale si è ridotto di circa un
terzo rispetto al 2008.
La Newsletter contiene anche una analisi della performance esportativa del Piemonte negli ultimi decenni, messa a confronto con quelle di altre regioni
italiane.
Ne emerge un quadro poco brillante. Il Piemonte ha
perso peso rispetto ad altre regioni: oggi è la quarta
regione esportatrice, nel 1993 era la seconda.
Il fascicolo contiene anche un’analisi dei cambiamenti intervenuti nella struttura geografica delle
esportazioni piemontesi.
L’aumento delle esportazioni dirette verso i mercati
emergenti è stata significativo, ma non rispecchia
TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009
SOMMARIO
Il punto
vi al tasso di utilizzo degli impianti, attestato su livelli molto bassi; agli investimenti, che non mostrano
segnali di rilancio; ai ritardi negli incassi, segnalati
dalla quasi totalità delle imprese intervistate.
Anche nel comparto delle costruzioni, secondo
l’indagine di ANCE Piemonte relativa al 2° semestre 2009, prevalgono aspettative pessimistiche: si
riduce la durata del portafoglio ordini; si allungano
ulteriormente i tempi medi di pagamento da parte
soprattutto degli Enti Pubblici.
I morsi della recessione sono avvertiti in misura crescente dalle aziende che operano nel comparto dei
servizi alle imprese. Ciò risulta dall’indagine congiunturale condotta dall’Unione Industriale di Torino: la prima in grado di fornire indicazioni sullo stato
di salute del comparto.
La crisi non risparmia infine le imprese artigiane.
L’indagine della Regione Piemonte traccia un bilancio molto negativo della prima parte del 2009 e non
lascia sperare in un miglioramento delle prospettive
nella seconda parte dell’anno. Le imprese si attendono una ulteriore caduta di domanda, fatturato e
occupazione. Tutti i comparti sono colpiti dalla crisi,
in particolare il manifatturiero e i servizi collegati all’industria.
In una prospettiva meno immediata, sono di particolare interesse le indicazioni contenute nel rapporto
di Prometeia dedicato alle previsioni per i settori
industriali, di cui riportiamo una breve sintesi.
Il rapporto dipinge un quadro preoccupante della
situazione dell’industria italiana. Secondo lo studio,
è in atto un ridimensionamento dei livelli di attività,
con effetti rilevanti sulle condizioni di redditività già
compromesse da un difficile 2008.
Secondo il rapporto, inoltre, la crisi attuale continuerà a condizionare i risultati economico-finanziari del
manifatturiero italiano anche nei prossimi anni: la
ripresa sarà lenta, difficile, non priva di rischi e imporrà una forte selezione. Anche dopo il 2010-2011,
quando le condizioni di mercato dovrebbero stabilizzarsi, i livelli di attività saranno molto al di sotto
di quelli pre-crisi. La meccanica, in particolare, ne
uscirà penalizzata, ma anche i tradizionali punti di
forza del made in Italy saranno soggetti a profondi
cambiamenti.
TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009
appieno la maggiore velocità di crescita di tali aree
rispetto ai mercati tradizionali.
L’indagine sui consumi delle famiglie piemontesi
mette in luce come nel 1° semestre 2009 la recessione abbia determinato un calo della spesa e una
modifica delle priorità e delle abitudini di acquisto.
La contrazione degli acquisti è nel complesso significativa (-4%); per i prodotti non alimentari e soprattutto per alcune voci come abbigliamento, arredamento, vacanze e pasti fuori casa la flessione ha
raggiunto il 15-20%. La crisi inoltre, tende ad ampliare il divario nei comportamenti tra consumatori
appartenenti a diverse fasce di reddito e condizione
professionale.
Un tassello importante del quadro congiunturale è
costituito dall’andamento del credito.
Su questo fronte, le indagini della Banca d’Italia relative al trimestre aprile-giugno segnalano un rallentamento nella concessione dei prestiti alle imprese
rispetto ai primi tre mesi. I tassi di interesse sono
in calo rispetto ai mesi precedenti; il Piemonte si
colloca tuttavia tra le regioni che presentano tassi
mediamente più elevati.
Un indicatore da seguire con attenzione riguarda le
sofferenze sui prestiti. Il peggioramento registrato a
giugno è di modesta entità, ma con ogni probabilità
il quadro è destinato a deteriorarsi più rapidamente
nei prossimi mesi.
Infine, il bilancio della prima parte del 2009 è completato dall’analisi del quadro occupazionale.
Le tensioni sul mercato del lavoro hanno determinato un forte aumento del ricorso alla CIG: nei primi 9
mesi del 2009 si è più che decuplicato rispetto allo
scorso anno.
I dati ISTAT relativi alle forze di lavoro in Piemonte nel 1° semestre 2009 evidenziano una flessione
dell’occupazione pari a 18.000 unità (-1%), concentrata perlopiù nell’industria manifatturiera. Il numero
di persone in cerca di occupazione è cresciuto di
43.000 unità, portando il tasso di disoccupazione
regionale al 6,8%.
Le previsioni relative alla seconda metà del 2009
non dovrebbe portare significative novità.
Nella Newsletter presentiamo i risultati di indagini
previsionali relative a diversi comparti. Ciò consente di ricavare un quadro del clima di fiducia di
un ampio segmento del sistema economico regionale e provinciale.
Nel complesso, le indagini lasciano intravedere una
decelerazione della fase recessiva, ma escludono
una chiara inversione di tendenza.
Per quanto riguarda il comparto manifatturiero, i
sondaggi relativi al periodo ottobre-dicembre 2009
condotti dall’Unione Industriale di Torino e dalla
Confindustria Piemonte, segnalano un’attenuazione del pessimismo che per il momento non trova
riscontro nei dati a consuntivo.
Restano infatti assai problematici gli indicatori relati-
2
IL RUOLO DEL PIEMONTE
NEL COMMERCIO
INTERNAZIONALE
Il Piemonte è tradizionalmente una regione a forte
vocazione internazionale. Il 20-25% del fatturato
dell’industria manifatturiera è realizzato sui mercati
esteri.
Nel 2008 il valore dell’export regionale è stato pari a
37.817 milioni di euro, il 10,3% del totale nazionale.
Tale quota pone il Piemonte al quarto posto tra
le regioni esportatrici, dietro Lombardia (28,4%),
Veneto (13,2%) e Emilia-Romagna (13%).
Negli ultimi decenni, la quota del Piemonte sul totale delle esportazioni italiane si è progressivamente
ridotta.
Nel 1991 era pari al 13,7%: un valore che collocava
il Piemonte al secondo posto tra le regioni italiane.
Nel 2001 il peso del Piemonte era sceso all’11,2%,
per poi calare di un ulteriore punto percentuale tra
il 2001 e il 2008.
È diminuito anche il peso della Lombardia (dal
30,7% al 28,4%). È cresciuto il peso del Veneto (dal
12,3% all’attuale 13,2%); dell’Emilia-Romagna (dal
10,5% al 13%) e delle restanti regioni italiane (dal
25,1% al 28,3%).
La perdita di peso del Piemonte riflette processi di
natura diversa.
In parte, è il necessario contraltare della più rapida
crescita industriale di alcune aree del Centro e del
Sud Italia, che si sono affacciate sui mercati esteri
con crescente concorrenzialità.
Inoltre, anche il fenomeno della terziarizzazione
dell’economia, con conseguente perdita di peso del
comparto manifatturiero, ha comportato una riduzione del rapporto tra export e prodotto regionale, data
la minore propensione agli scambi internazionali del
settore dei servizi.
Infine, non va dimenticato come la proiezione
all’estero dell’industria attraverso investimenti diretti
nei paesi stranieri possa comportare una riduzione
dei flussi di esportazione, più marcata per gli
investimenti market-oriented.
In sostanza, il calo della quota piemontese sull’export
nazionale è attribuibile a cause diverse e non implica
necessariamente una minore capacità competitiva
dell’industria regionale sui mercati esteri.
La destinazione geografica
delle esportazioni piemontesi
Nel periodo 1993-2008, le esportazioni regionali
sono cresciute a velocità differenti sui diversi mercati di sbocco.
L’export verso i cosiddetti paesi BRIC (Brasile,
Russia, India, Cina) - le maggiori economie
emergenti in termini di PIL e volumi scambiati - sono
più che triplicate; di poco inferiore è stata la dinamica
delle esportazioni dirette verso i nuovi membri della
UE, aumentate di oltre due volte e mezza.
Anche l’export verso le altre aree emergenti è
aumentato a ritmi significativi (+130%), mentre i
flussi diretti verso le 4 principali economie europee
(Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna)
sono cresciuti a velocità inferiore (+90%).
Ancora più “piatto” è risultato il profilo del mercato
americano: in 15 anni le esportazioni sono cresciute
solo del 44%.
Naturalmente, per interpretare correttamente tali
dati occorre tenere conto anche delle dinamiche
dei tassi di cambio, e in particolare del cambio
euro-dollaro, dato il ruolo della valuta americana
quale principale valuta di fatturazione verso i paesi
emergenti.
Nel gennaio 1999, anno di avvio della valuta unica europea, 1 euro valeva 1,18 dollari. Nell’ottobre
2000 l’euro raggiunse il minimo storico verso il dollaro (0,84), per iniziare successivamente un trend
di progressiva rivalutazione, sia pure con oscillazioni anche marcate, che hanno portato al picco dell’estate 2008, quando per 1 euro occorrevano 1,59
dollari. Un livello verso il quale si sta ritornando in
questi giorni.
Variazioni analoghe, o anche di maggiore portata,
sono riferibili alle valute nazionali pre-euro, alla sterlina e alle altre valute di fatturazione, con effetti di rilievo sulla competitività e quindi sui valori esportati.
Pur con queste avvertenze, appare evidente come
la più rapida dinamica dell’export verso i paesi
emergenti e in particolare verso l’Est Europa e i
BRIC rifletta la maggiore enfasi posta dalle industrie piemontesi sui mercati più dinamici dell’economia mondiale.
La diversa velocità di crescita delle esportazioni
ha determinato alcuni cambiamenti nelle quote di
mercato delle varie aree.
Sebbene l’export piemontese rimanga anche oggi
fortemente orientato verso l’Europa , è aumentata
l’importanza dei mercati emergenti europei ed
extra-europei.
È cresciuta in misura significativa la quota delle
esportazioni regionali dirette verso i nuovi paesi
membri della UE-27, passata tra il 1993 e il 2008 dal
17,7% al 22,4%. L’incremento è spiegato soprattutto
dal forte aumento del peso della Polonia, salito dal
2,4% al 5,3%.
Di converso, è sceso (dal 49,6% al 43,6%) il peso
delle 4 principali economie europee (Francia,
Germania, Gran Bretagna e Spagna). Hanno perso
importanza soprattutto il mercato tedesco (la cui
quota è scesa dal 19,1% al 14,7%) e, in misura
TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009
Obiettivo su...
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minore, la Francia (dal 17,9% al 15,5%) e la Gran
Bretagna (dal 7,6% al 6,5%), mentre la Spagna ha
incrementato la sua quota (dal 5,1% al 7%).
Tra i paesi industriali, in significativo calo è risultato
il peso degli Stati Uniti, che nel periodo considerato
hanno visto ridursi di un terzo la quota di export
proveniente dal Piemonte (dal 6,4% al 4,3%).
Il Giappone non ha mai rivestito un ruolo importante
per gli esportatori piemontesi. Negli ultimi 15 anni si
è ulteriormente indebolito, riducendo la sua quota
dall’1,6 all’1,1%.
Tra le aree emergenti, si è rafforzato il ruolo dei paesi
BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), il cui peso è
salito dal 4,2% al 5,9%. Una analisi più approfondita
evidenzia come tale variazione sia spiegata in gran
parte dall’aumento delle esportazioni dirette verso la
Russia (dallo 0,7% al 2,4%), mentre Brasile e Cina
hanno mantenuto praticamente inalterato il loro
peso (rispettivamente dall’1,7% all’1,6% e dall’1,8
all’1,9%). In crescita è risultata anche la quota del
mercato indiano (dallo 0,2% allo 0,9%), che partiva
però da valori di partenza assai modesti.
La struttura merceologica
delle esportazioni piemontesi
Nonostante i grandi cambiamenti intervenuti negli
ultimi decenni nella geografia produttiva mondiale, il
Piemonte ha sostanzialmente mantenuto inalterata
la specializzazione settoriale dell’export, con
qualche significativa variazione.
Il comparto autoveicolistico e quello dei macchinari
e apparecchi hanno mantenuto un ruolo preminente sull’export piemontese, in linea peraltro con il loro
peso all’interno del prodotto industriale regionale.
Tra il 1991 e il 2008, infatti, il peso del comparto autoveicoli è rimasto praticamente immutato
(dal 21,7% al 21,6%), mentre quello del comparto
delle macchine e apparecchi è salito dal 18,9% al
21,2%.
Per quanto riguarda il settore automotive, è significativo lo spostamento del baricentro tra il segmento
degli «autoveicoli in senso stretto» (comprendente
le esportazioni di auto e veicoli industriali) e quello
delle «parti e accessori».
Nel 1991 il 68% delle esportazioni automotive
era costituito da prodotti finiti; mentre il 32% era
costituito da componenti.
Nel 2008 la proporzione si è quasi rovesciata: la
componentistica pesa per il 60%; il prodotto finito
per il 40%.
Relativamente agli altri settori, va rilevata la perdita
di peso di due comparti con caratteristiche e problematiche di mercato molto diverse: il settore dei
computer e degli apparecchi elettronici (sceso dal
7,3% al 2,1%) e il tessile-abbigliamento (dal 10,8%
al 7,8%).
Viceversa, è aumentata lievemente la quota dei
settori alimentare (dal 6,5% all’8,8%) e dei prodotti
in metallo (dal 7,1% al 9,5%).
Le variazioni dell’export piemontese verso le sue principali destinazioni
TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009
(Valori, Indice 1993=100)
4
Dopo il notevole rallentamento della performance
esportativa piemontese riscontrato nel 2008 (+1,5%
rispetto all’anno precedente), i primi sei mesi del
2009 accusano il complessivo deterioramento della
domanda estera, facendo registrare una variazione
fortemente negativa dei valori esportati (-28,3%).
L’analisi trimestrale del trend delle esportazioni
piemontesi nel periodo gennaio 2008-giugno 2009,
mostra un progressivo peggioramento a partire dal
terzo trimestre 2008.
Mentre nei primi nove mesi dello scorso anno la
variazione percentuale dell’export si è mantenuta
decisamente positiva, con un massimo tra aprile e
giugno dell’8,1% ed un valore pari al 5% tra luglio
e settembre, a partire dall’ultimo trimestre 2008 la
flessione della domanda estera è stata rilevante e in
progressivo aggravamento. Tra ottobre e dicembre
2008 le esportazioni piemontesi si riducono del
10,3% rispetto allo stesso periodo del 2007.
Il consuntivo dei primi sei mesi di quest’anno mostra
un trend in ulteriore peggioramento tra una prima
parte dell’anno già in netta flessione (-26,8% nei primi tre mesi) e un secondo trimestre di ulteriore rallentamento. Il calo complessivo è stato pari al 29,8%;
si tratta della frenata più brusca degli ultimi anni.
In un quadro di grande difficoltà, comune a tutte
le aree fortemente orientate ai mercati esteri, la
performance dell’export piemontese nel 1° semestre
del 2009 è risultata più negativa.
A fronte di una diminuzione dell’export a livello nazionale del 24,2%. In Lombardia l’export è diminuito
del 23,7%; in Veneto del 20%; in Emilia-Romagna
del 26,8%; in Toscana del 13,1%.
L’analisi dei dati relativi alle aree di mercato mostra
per il 1° semestre 2009 un indebolimento non solo
nei mercati tradizionali dell’industria piemontese,
ma anche dei mercati “emergenti”.
I 15 paesi dell’area Euro hanno infatti ridotto del
31% le importazioni di merci piemontesi, mentre
l’export verso i paesi extra-UE è sceso del 23,9%.
Per quanto riguarda l’Unione Europea, sono
diminuite a tassi elevati anche le esportazioni verso
i nuovi entranti nella Unione Europea (-29,1%).
Il dato relativo alla UE è influenzato negativamente
dalla forte contrazione delle esportazioni dirette
verso Gran Bretagna (-32%), Germania (-29,8%),
Francia (-27,1%) e Spagna (-45,4%).
Meno negativa è risultata la dinamica delle vendite
verso la Polonia (-12,5%), che ha superato Spagna
e Gran Bretagna diventando il terzo mercato di
esportazione con una quota del 6,4%.
Restando in ambito europeo, va rilevata la forte
caduta dell’export verso la Turchia (-42,3%), un
paese che negli ultimi anni ha acquistato un peso
crescente sull’export regionale (2,7%).
Per quanto riguarda i mercati extra-Unione Europea, la flessione dell’export registrata a livello
complessivo ha interessato tutte le principali aree di
sbocco, sia pure con accentuazioni diverse.
Le vendite dirette verso l’America Centro-meridionale si sono ridotte del 36%; l’export verso il Brasile
è diminuito del 42,8%.
Altrettanto negativa è stata la dinamica delle vendite
dirette verso l’area Nordafricana (-25,7%), un bacino
che ha aumentato la sua importanza e che assorbe
oggi il 2,8% dell’export piemontese.
Molto simile è risultato l’andamento del mercato
medio-orientale (-22,2%), che riveste per l’industria
piemontese un ruolo analogo a quello del Nord
Africa (2,9% sull’export totale).
Flessioni dell’export hanno interessato anche il Far
East (-18,7%) e in particolare Cina (-10,3%) e Sud
Corea (-41,7%), principali clienti dell’area insieme al
Giappone (-1,8%).
La flessione dell’export ha colpito tutti i settori.
Nel principale comparto di specializzazione, quello
delle «macchine e apparecchi», il valore delle esportazioni si è ridotto di un terzo (-33,4%). Di entità più
o meno analoga è stata la flessione dell’export del
comparto autoveicolistico (-37,7%) e in particolare
della componentistica (-41,7%).
Dati non molto diversi, e comunque sempre assai
negativi, sono riferibili anche agli altri settori di specializzazione.
Nel comparto dei prodotti in metallo, l’export è diminuito del 40%; nel settore elettrico, del 33,2%. Nei
comparti gomma-plastica, tessile-abbigliamento e
chimico la flessione dell’export è stata molto simile
(rispettivamente -27,2%, -23,8% e -24,3%).
Infine, anche il settore alimentare, tradizionalmente
meno esposto alle oscillazioni del ciclo economico,
è stato interessato da una significativa contrazione
del fatturato estero (-10,6%).
Obiettivo su...
OCCUPAZIONE E ORARI
DEL LAVORO IN PROVINCIA
DI TORINO NEL 2008.
RISULTATI DI UN’INDAGINE
Si è recentemente conclusa la quinta indagine
promossa dal sistema confindustriale sul mercato
del lavoro. Lo studio fornisce le informazioni
TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009
L’andamento delle esportazioni
piemontesi nel 1° semestre 2009
5
Tab. 1 - Struttura e dinamica dell’occupazione
Tipologia contratto
Lavoratori al 31/12/2008 (struttura %)
Maschi
Femmine
Totale
Tempo indeterminato
95,1
92,8
94,6
di cui: Full time
94,6
79,1
90,8
0,6
13,7
3,7
Tempo determinato
2,4
4,7
2,9
di cui: Full time
2,2
3,6
2,6
0,1
1,1
0,4
Inserimento
0,4
0,9
0,6
Apprendistato
2,1
1,5
1,9
100,0
100,0
100,0
Part-time
Part-time
TOTALE
La struttura dell’occupazione torinese resta saldamente ancorata ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato che rappresentano il 94,6% dei dipendenti,
in linea con quanto emerso nelle precedenti edizioni
dell’indagine.
È cresciuta la presenza del personale femminile, arrivato ad incidere per il 24% sul totale degli organici.
Il tasso di femminilizzazione è maggiore nei servizi.
Nelle imprese con meno di 100 dipendenti la manodopera femminile rappresenta il 31,4% del totale,
contro il 23,9% delle aziende più grandi (Fig. 1).
Il 25% degli occupati è laureato; il 45% ha un diploma.
Tra i giovani neoassunti il 55% è laureato; quasi tutti
hanno un diploma.
Il 4,1% dei dipendenti ha un contratto part-time; di
questi l’87% sono donne.
Fig. 1 – Tasso di femminilizzazione per settore e dimensione
Il ricorso al contratto a termine, all’inserimento e
all’apprendistato, interessa il 5% circa della forza
lavoro; la somministrazione a termine e le collaborazioni a progetto il 2,8% .
Nel complesso la normativa esistente consente alle
imprese di avvalersi di un mix di strumenti flessibili che
nell’area torinese interessano l’8,2% degli organici.
Il dato medio nasconde tuttavia differenze settoriali
e dimensionali molto forti.
L’utilizzo delle forme di flessibilità risponde pienamente
al modello organizzativo delle imprese dei servizi
e delle aziende con meno di 100 addetti, dove i
lavoratori flessibili rappresentano rispettivamente
il 17,9% ed il 14,1%. Più contenuto è invece il
ricorso alle forme contrattuali diverse dal tempo
indeterminato nelle imprese manifatturiere e in quelle
di maggiori dimensioni.
Dalle indicazioni fornite dalle aziende intervistate si
ricava che nel 2008 l’occupazione ha mostrato una
sostanziale tenuta. Il turnover in entrata, pari all’8,6%,
è imputabile alla prima parte dell’anno quando le
previsioni delle aziende erano ancora positive.
Per contro il turnover in uscita (6,9%) ha iniziato a
aumentare in concomitanza con l’inizio della crisi.
Il turnover generale, calcolato come sommatoria
dei due indicatori appena analizzati, è stato pari al
15,5%. Differenze significative si osservano tuttavia a
livello settoriale e dimensionale: il settore dei servizi
e le aziende più piccole hanno mostrato un maggiore
dinamismo con tassi di ricambio della forza lavoro
superiori rispettivamente al 20% ed al 30%.
Orari ed assenze dal lavoro
nell’Area Torinese
L’Unione Industriale di Torino effettua dal 1990 una
rilevazione delle assenze dal lavoro. Nel 2009 la
rilevazione comprende una più approfondita analisi
degli orari di lavoro.
Nelle imprese torinesi
le ore teoriche annue
di lavoro sono 1.745.
Disaggregando i dati
medi per i principali
settori, si notano
differenze significative
tra i vari comparti
dovute alla diversa
regolamentazione
contrattuale.
Per stimare le ore
normali di lavoro
abbiamo sottratto
dall’orario teorico
l’intervallo refezione
pagato e l’assenteismo
derivante dalla somma
TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009
sulla struttura dell’occupazione e un’analisi
degli orari di lavoro e del grado di assenteismo.
All’indagine svolta a livello nazionale tra le
organizzazioni territoriali e di categoria aderenti alla
Confindustria hanno partecipato oltre 2.000 imprese
con un totale di 522.600 dipendenti. All’indagine
realizzata dall’Unione Industriale di Torino hanno
contribuito 210 imprese con 158.000 circa addetti,
in prevalenza manifatturiere. Riportiamo i principali
risultati dell’indagine (Tab. 1).
6
Congiuntura internazionale
LA RIPRESA RESTA LONTANA
Con ogni probabilità, la recessione mondiale ha
toccato il punto più basso nei mesi primaverili.
La velocità di caduta si è ridotta o azzerata ma la
ripresa mondiale rimane lenta, incerta, esposta a
rischi di stallo.
I dati più recenti non hanno del tutto fugato i dubbi
sulla solidità della ripresa. L’attività manifatturiera
sta recuperando terreno, anche se i volumi di produzione rimangono ancora molto al di sotto dei livelli precedenti la crisi. Anche gli indicatori del clima
di fiducia si stanno rafforzando per quanto riguarda
sia le imprese che i consumatori, sia pure con qualche residua incertezza.
Altri dati sono meno positivi, in particolare per
quanto riguarda il mercato del lavoro, la situazione
del mercato immobiliare e i mercati finanziari e
creditizi.
Al di là di queste considerazioni generali, la situazione delle diverse aree economiche non è simmetrica.
Negli Stati Uniti i dati sulla crescita del terzo trimestre sono andati al di là delle aspettative. Il PIL è
cresciuto del 3,5% rispetto ai tre mesi precedenti
e dopo quattro trimestri di calo. Si tratta del miglior
risultato dal terzo trimestre 2007.
La crescita del terzo trimestre è stata spinta da una
ripresa dei consumi e da un rimbalzo nel settore immobiliare. I consumi, che rappresentano il 70% del
Pil americano, hanno registrato un rialzo del 3,4%.
Il rimbalzo dei consumi è da attribuire soprattutto
al programma di rottamazione delle auto, che ha
determinato un’impennata del 22% nell’acquisto di
autoveicoli.
Anche il boom nella costruzione di nuove case nel
3° trimestre (+23%) è spiegato soprattutto dal varo
di un credito fiscale di 8.000 dollari per coloro che
comprano casa per la prima volta e dalla decisione
della Federal Reserve di acquistare titoli garantiti
dai mutui, che ha contribuito ad abbassare i costi
per accendere un mutuo.
La ripresa nel trimestre scorso, infine, è stata sostenuta anche dal calo delle scorte e dal dollaro debole, che hanno stimolato le esportazioni.
In sostanza, la crescita del terzo trimestre deve
molto al pacchetto di stimolo fiscale varato dal Governo. La scommessa è se queste misure, perlopiù
una tantum, saranno in grado di far ripartire in modo
duraturo l’economia americana; in caso contrario si
sarà trattato di una fiammata dispendiosa, che ha
bruciato una quantità consistente di risorse finanziarie, aggravando il già rilevante disavanzo di bilancio.
Altri dati sulla congiuntura americana sono meno
positivi.
È proseguita anche a settembre l’emorragia di posti
di lavoro (-263.000 posti), mentre la disoccupazione è salita al livello record del 9,8%. Le prime indicazioni sul mese di ottobre lasciano presagire una
flessione di entità inferiore.
Sempre a settembre, le vendite al dettaglio sono
diminuite dell’1,6% rispetto ad agosto e del 5,7%
rispetto al 2008.
Buone notizie vengono invece dai dati di ottobre
relativi al Purchasing Managers Index e al Supply
Management’s Factory Index: due tra i principali indicatori di attività produttiva che, in entrambi i casi,
registrano significativi recuperi rispetto ai valori dei
mesi precedenti.
Passando al quadro europeo, nel secondo trimestre il PIL dell’Area Euro si è stabilizzato (-0,2%),
facendo registrare un netto miglioramento rispetto
al risultato del trimestre precedente (-2,5%). Determinanti sono stati il recupero del commercio mondiale e la crescita dei consumi privati, stimolati dai
pacchetti fiscali e in particolare dagli incentivi per la
rottamazione delle auto.
In attesa delle prime stime sull’andamento del terzo trimestre, che saranno resi noti a metà novembre, si prevede una modesta ripresa dell’economia
(+0,4%). Anche i trimestri successivi non dovrebbero far registrare una significativa accelerazione
della crescita (+0,2% stimato per il quarto trimestre
2009 e il primo trimestre 2010).
TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009
delle ore perse per infortunio, malattia, congedo
parentale, permessi non retribuiti, permessi retribuiti
aggiuntivi ed assemblee.
Sulla base dei dati raccolti è risultato che nel 2008
l’addetto medio delle imprese torinesi ha fatto
registrare 1.616 ore normali di lavoro, per effetto di
un tasso di gravità delle assenze pari al 5,8%.
Focalizzando l’attenzione sui singoli settori, è emerso
che l’assenteismo è risultato maggiore nel comparto
chimico ed in quello metalmeccanico. Risulta inoltre
più elevato nel settore dei servizi.
La causale che ha inciso maggiormente (2,9%)
sulle assenze è la malattia non professionale con
un peso pari al 50% del tasso complessivo, seguita
dai congedi parentali (1,3%). Marginali sono risultate
invece le ore perse per infortunio sul lavoro (0,3%).
7
L’Asia rimane l’area più dinamica dell’economia
mondiale, anche se la crisi ne ha rallentato la spinta. Nel 2009, la crescita prevista per l’area (escluso
il Giappone) dovrebbe risultare di poco inferiore al
5% mentre nel 2010 potrebbe risalire al 6,6%. Si
tratta di valori significativi, ma inferiori alla media
dell’ultimo decennio.
Nei prossimi anni, a differenza del passato, l’Asia
non potrà più adottare una strategia di sviluppo trainata dall’export, ma dovrà contare in misura crescente sulla domanda interna.
Anche i flussi in ingresso di capitali sono destinati
ad attestarsi su volumi inferiori a quelli degli ultimi
anni.
La sostenibilità della crescita dipenderà in misura
crescente dalla capacità dei Governi di riequilibrare il baricentro verso la domanda interna, accelerando le riforme strutturali e spostando risorse dai
settori export-oriented a quelli orientati al mercato
domestico. Per le imprese esportatrici europee, ciò
dovrebbe fornire buone opportunità di investimento
e partnership.
Allungando l’orizzonte temporale al di là dei prossimi 3-4 mesi, la fragile ripresa mondiale dovrà fare
i conti con l’esaurirsi di alcuni fattori di stimolo che
hanno contribuito a stabilizzare la recessione. D’altra parte, l’instabilità rimane elevata e non è secondario il rischio che qualche “mina vagante” possa
far precipitare l’economia mondiale in una nuova
spirale recessiva.
Anzi tutto, le condizioni del mercato del lavoro sono
destinate a deteriorarsi più rapidamente nel corso
del 2010. In Europa, in particolare, dovrebbe smorzarsi l’effetto stabilizzante degli ammortizzatori sociali e delle misure di sostegno all’occupazione, varate da quasi tutti i paesi. In assenza di una ripresa
ben più robusta di quella prevista, la disoccupazione è destinata a superare i livelli attuali.
In secondo luogo, l’esigenza di stimolare la crescita
con politiche fiscali espansive dovrà fare i conti con
deficit di bilancio sempre meno sostenibili. In Italia, ad esempio, nel 2010 verrà a maturazione una
massa ingente di titoli pubblici, che richiederanno
nuove cospicue emissioni. Anche Stati Uniti e gran
parte dei paesi europei si trovano in una situazione
simile, sia pure con uno stock di debito più basso.
Per tutti il problema della sostenibilità del debito si
porrà con crescente gravità.
I Governi dei paesi industriali stanno prendendo a
prestito somme così ingenti da mettere in discussione certezze fino a ieri incrollabili: la capacità dei
Governi di Stati Uniti ed Europa di continuare ad
onorare i loro debiti indefinitamente; la disponibilità
dei risparmiatori ad acquistare titoli pubblici americani ed europei indefinitamente.
Anche il quadro di bassa inflazione potrebbe mutare sfavorevolmente nei prossimi mesi. La maggior domanda mondiale di materie prime e petrolio,
per effetto della crescita di alcune aree emergenti
e il cambiamento di strategia dei paesi produttori,
maggiormente orientati a spuntare prezzi più elevati, potrebbero contribuire a porre fine alla fase di
bassi prezzi, mentre sembrerebbe esclusa l’ipotesi
di una generalizzata corsa al rialzo.
Un elemento di preoccupazione riguarda anche i
cambi e, in particolare, il dollaro. Da marzo 2009,
punto di picco relativo, la valuta americana si è svalutata del 16% rispetto all’euro e del 15% rispetto
alle principali valute. Ciò per effetto dello spostamento degli investimenti verso valute a maggiore
rendimento.
Per l’industria europea, una svalutazione di questa
entità penalizza inevitabilmente la competitività del
suo export.
Anche sul piano finanziario, il quadro mondiale è
tutt’altro che stabile. Le perdite accumulate dal sistema sono rilevanti e non del tutto quantificate; i
conti di molti istituti di credito sono tuttora molto fragili. I circuiti finanziari non sono al riparo dal rischio
di nuove ricadute.
Tre esempi sono significativi.
Il primo riguarda l’Europa. I progetti di smembramento del colosso finanziario olandese ING, testimoniano una situazione di sofferenza.
Negli Stati Uniti, per restare agli ultimi giorni, hanno destato preoccupazione le notizie relative a due
grandi istituzioni finanziarie. CIT Group, uno dei
principali istituti di credito per le PMI, ha avviato la
procedura di fallimento. Si tratta di una società salvata dal Governo con una iniezione di capitale pari
a 2,3 miliardi di dollari.
GMAC, il braccio finanziario della General Motors,
ha richiesto nuovi, consistenti aiuti al Governo (5,6
miliardi di dollari) al fine di evitare la bancarotta. La
nuova richiesta di fondi fa seguito ai 12,5 miliardi di
dollari di aiuti già ricevuti da dicembre 2008.
TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009
Gli indicatori di attività (nuovi ordini, produzione),
hanno mostrato segnali di recupero in agosto e settembre.
Anche gli indici del clima di fiducia di imprese e consumatori sono migliorati a partire da marzo-aprile.
A ottobre l’indicatore ESI (Economic Sentiment Indicator) ha fatto segnare un progresso per il settimo
mese consecutivo, anche se il livello assoluto rimane assai al di sotto della media di lungo termine. È
migliorato in particolare l’indice relativo alle attese
dell’industria.
Analogo miglioramento è riferibile all’indice BCI
(Business Climate Indicator); anche in questo caso
l’incremento di ottobre rappresenta il settimo risultato positivo consecutivo, ma il valore ancora molto
basso dell’indicatore segna il protrarsi di un trend
di flessione dell’attività produttiva. Si tratta quindi di
una decelerazione della spinta recessiva e non ancora dell’avvio di una fase di rilancio.
8
Congiuntura italiana
NON ACCELERA LA RIPRESA
La variazione del PIL realizzata nel secondo trimestre (-0,5% rispetto al trimestre precedente) pone
l’Italia al di sotto della media europea (-0,2% per
la UE-27, -0,1% per l’Area Euro), dietro a Francia
e Germania e davanti a Spagna e Gran Bretagna,
due tra i paesi più colpiti dalla crisi tra quelli del “nucleo forte” dell’Europa.
Anche i dati più recenti segnalano il protrarsi della
fase recessiva, sia pure con una attenuazione della
“velocità di caduta”.
Ad agosto (ultimo dato disponibile) la produzione
industriale ha fatto registrare un incremento del 7%
rispetto al mese precedente, al netto dei fattori stagionali. In termini tendenziali la variazione rimane
negativa (-18,3% a parità di giornate lavorative), ma
in miglioramento rispetto ai mesi precedenti. Sulla
base di questo andamento, l’ISAE stima per il terzo
trimestre una variazione positiva della produzione
(+5,5%) rispetto al secondo trimestre.
Secondo l’istituto di analisi della congiuntura, le prime valutazioni relative all’ultimo trimestre dell’anno
prefigurano una attenuazione della dinamica produttiva che rimarrebbe però su un sentiero positivo (+0,5% rispetto al trimestre precedente). Complessivamente la produzione industriale nel 2009
dovrebbe registrare un calo del 17% circa rispetto
al 2008.
Sempre ad agosto sono risultati in calo gli indici del
fatturato e degli ordinativi (rispettivamente -1,4% e
-8,6% in termini destagionalizzati). Negli ultimi tre
mesi (giugno-agosto) le variazioni congiunturali
sono state pari a -2,3% per il fatturato e a -0,8% per
gli ordinativi rispetto ai tre mesi precedenti.
Per quanto riguarda gli indicatori del clima di fiducia, i sondaggi ISAE relativi al mese di ottobre riscontrano andamenti divergenti tra imprese e consumatori.
L’indice relativo alle imprese prosegue il percorso
di recupero rispetto ai minimi di inizio 2009, pur re-
stando ancora molto al di sotto dei valori pre-crisi. Al
contrario, l’indice dei consumatori fa registrare una
battuta di arresto rispetto alla rilevazione precedente. L’indicatore rimane comunque superiore ai livelli
di fine 2008-inizio 2009.
A ottobre il mercato dell’auto conferma il segno positivo già registrato nei quattro mesi precedenti riportando questa volta una crescita a due cifre. La
crescita delle immatricolazioni risulta pari al 15,7%
rispetto a ottobre 2008.
Il bilancio dei primi 10 mesi del 2009 segna una
flessione contenuta (-3,9%) rispetto all’analogo periodo del 2008.
In sintesi, anche in Italia la situazione congiunturale rimane molto fluida e incerta, aperta a scenari
diversi. Gli indicatori segnalano con ragionevole
univocità che la fase peggiore della crisi dovrebbe
essere superata. Non vi sono tuttavia segnali di un
imminente riavvio della produzione.
Peraltro, non vi sono attualmente le condizioni per
una ripresa robusta. Il tradizionale motore delle
esportazioni non potrà girare a pieno regime, considerando le difficoltà che tutti i nostri principali mercati stanno attraversando.
Gli investimenti dovrebbero rimanere depressi per
un periodo non breve, e almeno fino a quando non
saranno smaltiti gli eccessi di capacità produttiva.
Da questo punto di vista, uno studio di Prometeia
evidenzia come la crisi abbia determinato, in molti
settori, un abbassamento di lungo periodo dei livelli
produttivi di equilibrio. Se questo è vero l’industria
sarà costretta ad assestarsi su livelli inferiori a quelli degli ultimi anni.
I consumi delle famiglie risentiranno in misura
maggiore del peggioramento del quadro occupazionale.
La politica di bilancio, infine, dovrà fare i conti con la
necessità di ridurre il disavanzo di bilancio, pena un
aumento dei tassi e crescenti difficoltà a coprire le
nuove emissioni di titoli pubblici.
In questo quadro, non è ipotizzabile il ritorno nei
prossimi mesi su livelli di crescita superiori allo
0,5-1%. Solo nel 2011 potrebbe registrarsi una più
decisa accelerazione dell’attività produttiva, a condizione che la ripresa mondiale acquisti velocità e
solidità.
TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009
In sintesi, anche se il quadro complessivo dell’economia mondiale appare migliore di quello di inizio
anno, sarebbe perlomeno prematuro parlare di fine
della crisi. Le incognite sono numerose e i rischi di
esiti negativi rimangono elevati.
9
L’INDUSTRIA PIEMONTESE
NEL 1° SEMESTRE 2009
Nei giorni scorsi è stata presentata la consueta “Indagine congiunturale sull’industria manifatturiera”
realizzata da Unioncamere Piemonte in collaborazione con gli uffici studi delle Camere di Commercio provinciali.
La rilevazione, che ha coinvolto 1.016 imprese
industriali piemontesi (per un numero complessivo
di 97.721 addetti e un valore pari a 51 miliardi di
euro di fatturato), è stata condotta nei mesi di luglio
e agosto 2009 con riferimento ai dati del periodo
aprile-giugno.
Prosegue la tendenza negativa del comparto manifatturiero piemontese già riscontrata nell’ultimo
trimestre 2008. Le criticità riscontrate nel primo trimestre 2009 hanno prodotto i loro effetti anche tra
aprile e giugno 2009.
In questo periodo, la variazione tendenziale grezza della produzione industriale, confrontata con
lo stesso trimestre dell’anno prima è stata pari
a -19,4%: un po’
meno
negativa
del valore registrato a livello nazionale (-22,7%).
Questo
risultato deludente si
associa tuttavia
ai migliori risultati mostrati dagli altri indicatori
congiunturali. In
particolare gli ordinativi
interni
hanno registrato
un lieve incremento rispetto al
I trimestre 2009
(+0,8); i nuovi
ordini dall’estero mostrano una Fonte Unioncamere
decisa tendenza
positiva (+10,4%), che fa ritenere plausibile una
ripresa trainata dalla domanda estera. Un ulteriore segnale positivo è rappresentato dall’incremento della produzione industriale rispetto al trimestre
precedente (+4,3%).
Il fatturato delle imprese ha registrato invece una
contrazione media del -21,7% rispetto al periodo
aprile-giugno 2008.
Anche sul fronte degli impianti si riscontra una
sostanziale diminuzione della percentuale di
utilizzo rispetto al dato medio degli ultimi anni.
Il comparto più colpito dalla crisi è risultato quello
dei metalli, seguito dalla meccanica e dai mezzi
di trasporto. Anche chimica, gomma-plastica,
elettronica e tessile-abbigliamento hanno messo
a segno risultati deludenti. Più contenute sono
risultate le cadute della produzione industriale
negli altri settori. Solo l’alimentare, una filiera
storicamente anti-ciclica, registra il primo segnale
di ripresa, con l’incremento tendenziale dell’output
pari al 2,2%.
L’andamento cedente dei principali indicatori
economici regionali influenza negativamente
il clima di fiducia degli operatori locali, che
ipotizzano una analoga flessione delle aspettative
per il semestre conclusivo del 2009.
In particolare il 52% degli imprenditori intervistati si
aspetta, una flessione della produzione industriale,
mentre solo il 16% ne prospetta una crescita.
Sono sfavorevoli anche le previsioni relative
ai nuovi ordini: per il 49% degli intervistati la
domanda interna subirà una contrazione, il 17%
degli imprenditori pensa che aumenterà, con un
saldo finale negativo tra ottimisti e pessimisti pari
a 32 punti percentuali.
Negativo (-25) è anche il saldo pessimisti-ottimisti
relativo ai nuovi ordini dall’estero.
Il 64% degli intervistati prevede stabilità sul fronte
dell’occupazione, mentre i prezzi di vendita sono
previsti in diminuzione.
TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009
Congiuntura piemontese
10
L’ARTIGIANATO PIEMONTESE
NEL 2009:
CONSUNTIVI E PREVISIONI
Le consuete e approfondite rilevazioni svolte dalla
Regione Piemonte consentono di tracciare un quadro dello stato di salute del settore.
Nel 1° semestre del 2009 l’artigianato regionale ha
ritoccato – per quanto attiene performance, investimenti, occupazione, clima di fiducia – i minimi “storici” registrati nella precedente rilevazione. Il saldo
tra giudizi positivi e negativi sull’economia regionale
scende a -66,2 (sei mesi prima era -49,9), i principali indicatori di performance crollano da -40,7 a -56,6
(domanda) e da -35,1 a -57,0 (fatturato).
Nella parte finale del 2008, gli investimenti ancora
tenevano (il 32,7% di imprese ne aveva effettuati);
nell’ultimo semestre viceversa solo il 19,4% ha dichiarato di aver investito.
Il 9,5% degli operatori ha ridotto gli occupati (con
punte vicino al 15% nel ramo metalmeccanico), sebbene non manchino aziende (3,2% del totale) che in
questo periodo hanno incrementato gli addetti.
Come nella precedente rilevazione, i più colpiti dalla
crisi sono risultati i settori manifatturieri e dei servizi collegati all’industria. Le indicazioni dei trasporti
sono particolarmente critiche, ma un drastico atterraggio si riscontra anche nei servizi alle imprese: la
crisi colpisce con pari intensità sia le imprese micro
sia quelle più strutturate (solo nelle aziende con più
di dieci addetti si rilevano indicazioni appena migliori del dato medio).
Una moderata fiducia sembra fare capolino nelle
previsioni sulla seconda parte dell’anno: il saldo ottimisti-pessimisti sull’andamento dell’economia regionale è pari a -12,5; a fine 2008 era -34,1.
Le indicazioni più critiche provengono dal settore
manifatturiero e, all’interno dei servizi, dalle aziende di trasporti.
I saldi di domanda e fatturato registrati nel manifatturiero segnalano un ulteriore drastico peggioramento (domanda da -47,8 a -66,1, fatturato da -42,0
a -67,4); l’11,8% delle imprese ha diminuito gli occupati.
Il 75,6% delle imprese metalmeccaniche ha subito
una contrazione della domanda e il 76,9% una diminuzione del fatturato; i saldi aumento-diminuzione
calano ulteriormente da -51,1 a -72,7 (domanda) e
da -46,8 a -74,4 (fatturato).
Cala anche il saldo aumento-diminuzione relativo
agli occupati (-12,4); il giudizio sull’economica regionale per le imprese di questo settore è decisamente negativo (saldo -84,2).
Non molto dissimile il quadro delle “altre industrie”,
con indicatori di performance in caduta libera (fatturato da -40,1 a -71,5 in sei mesi) e investimenti al
palo (16,4% la quota di imprese che ha effettuato
qualche investimento).
La crisi colpisce anche le manifatture leggere (saldo domanda -54,4, fatturato -54,7), ma in questo
settore è più elevata la percentuale di imprese che
segnala una condizione di stabilità.
Nel comparto dei servizi alle imprese il saldo del
fatturato sale da -27,4 a -50,5. Le imprese che investono sono il 26,6% a fronte del 53% della seconda
metà del 2008).
Congiuntura piemontese
L’INDUSTRIA
DELLE COSTRUZIONI NEL
2° SEMESTRE 2009
L’ANCE Piemonte ha reso noti i risultati della consueta indagine congiunturale, relativa al semestre
luglio-dicembre 2009. All’indagine hanno collaborato più di 200 imprese.
Le aspettative delle imprese per il 2° semestre del
2009 peggiorano rispetto a sei mesi fa, confermando il perdurare della crisi in atto ormai da alcuni trimestri.
Le aspettative sono negative sia per le imprese che
lavorano per la committenza pubblica sia per quelle
con clientela privata.
Le previsioni relative all’aumento di fatturato, occupazione e ricorso a manodopera esterna peggiorano.
Le intenzioni di investimento diminuiscono leggermente per una riduzione della componente “immobiliare”.
La durata del portafoglio lavori si riduce, passando
dai 14,6 mesi della precedente indagine ai 13,7.
Le difficoltà di reperimento di manodopera qualificata restano stabili, testimoniando la stasi produttiva
del settore.
Fra gli indicatori della situazione finanziaria peggiorano i tempi medi di pagamento dei committenti, soprattutto pubblici, mentre il costo del credito bancario a breve migliora, anche se la difficoltà di accesso
al credito resta una delle problematiche più diffuse.
Riportiamo in dettaglio i risultati dell’indagine.
Il 9,6% delle imprese prevede l’aumento del fatturato (a prezzi costanti) nei prossimi sei mesi; il 42,6%
una riduzione, mentre il 47,7% segnala nessuna
variazione significativa rispetto ai volumi del 2° semestre del 2008. Il saldo, calcolato come differenza
fra percentuale di ottimisti e pessimisti, è negativo 11
TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009
Congiuntura piemontese
TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009
(-33) e leggermente peggiore rispetto a sei mesi fa
Congiuntura piemontese
(-29,9). Le previsioni sono negative per le imprese
di tutte le classi dimensionali.
LE PREVISIONI
L’attuale portafoglio ordini delle aziende impegna
DELL’INDUSTRIA PIEMONTESE
in media 13,7 mesi di attività: un valore inferiore al
PER IL 4° TRIMESTRE 2009
dato del semestre precedente (14,6 mesi). I lavoConfindustria Piemonte ha reso noto i risultati dell’inri privati assicurano in media 9,3 mesi di lavoro; i
dagine congiunturale relativi al 4° trimestre 2009.
lavori pubblici 4,4; nell’indagine precedente erano
Le previsioni delle imprese piemontesi segnalano
registrati rispettivamente 9,7 e 4,9 mesi.
una lieve attenuazione del pessimismo. Non emerIl 30,9% delle imprese ha in programma investimengono tuttavia concreti segnali di ripresa che consenti per i prossimi sei mesi: nel 18% dei casi si tratta
tano di guardare con fiducia all’evoluzione a breve
esclusivamente di investimenti immobiliari mentre
del quadro congiunturale.
nel 12,9% dei casi sono previsti solo o anche inPer il terzo trimestre consecutivo gli indicatori previvestimenti non immobiliari. Le intenzioni d’investisivi relativi a ordini, export e, in misura minore, livelli
mento riguardano una quota di aziende inferiore a
produttivi, registrano una attenuazione del pessimiquelli di sei mesi fa (31,8%), per la diminuzione delsmo.
la quota degli investimenti “immobiliari” (18% contro
Al momento, tuttavia, le attese di ripresa non si sono
21,2% nel 1° semestre 2009).
ancora concretizzate, come dimostrano il livello neLe previsioni di crescita dell’occupazione dipendengativo del carnet ordini, del tasso di utilizzo della
te sono meno frequenti di quelle di diminuzione: il
capacità produttiva e il persistente ricorso alla CIG.
4,5% delle imprese intende aumentare il personale
Rimane pesante la situazione di liquidità: un problecontro il 30,8% che ne prevede la riduzione; il saldo
ma che coinvolge oltre l’80% delle imprese e toglie
è pari -26,3, più negativo del semestre precedente
ossigeno alle strategie aziendali.
(-25,7). Le indicazioni di riduzione riguardano tutte
Permane una diffusa situazione di difficoltà che
le classi dimensionali.
coinvolge tutti i settori, le tipologie d’impresa e le
Le intenzioni di ricorso a manodopera esterna sono
aree territoriali.
peggiorate rispetto a sei mesi fa. L’aumento è previIl saldo tra ottimisti e pessimisti relativo alla produsto dal 5,8% delle imprese, la riduzione dal 30,8%,
zione è pari a -28,2 punti, in progresso rispetto ai
con un saldo pari a -25, valore più negativo rispetto
-42,6 punti di giugno e ai -48,1 punti di marzo. L’inal -22,8 della scorsa indagine.
dicatore ritorna sui valori toccati nelle fasi recessive
Le difficoltà di reperimento di personale rimangono
del 1981-82 e del 1993-94, allontanandosi dai mistabili e riguardano il 42% delle imprese.
nimi storici raggiunti durante la crisi petrolifera del
Nel 2° semestre del 2009 i tempi medi di pagamen1973-75.
to dei committenti sono stati in media di 105,5 giorni, superiori ai 101,8 del semestre precedente; per i
Anche gli indicatori relativi agli ordini totali e alle
committenti pubblici il periodo aumenta passando a
esportazioni fanno segnare qualche miglioramento
150,9 giorni dai 143,4 della scorsa indagine.
rispetto ai mesi scorsi.
Gli indicatori relativi alle dilazioni pattuite dalle imprese con i fornitori sono
complessivamente L’andamento delle aspettative sulla produzione, 2000-2009 (4° trim.)
allineati con quelli (saldi ottimisti-pessimisti)
rilevati nello scorso
semestre: 74,6 giorni
con i fornitori, 47 con
i fornitori con posa in
opera e 54,3 giorni
con i noleggiatori a
caldo. Nel semestre
scorso i valori erano
rispettivamente 73,8,
47,2 e 56 giorni.
Nel corso del 2° semestre del 2009 il
costo effettivo del
credito bancario è
diminuito passando
dal 6,9% di sei mesi
fa al 5,9%.
12
Segnalazioni di ritardi negli incassi, 2000-2009 (4° trim.)
(% aziende)
Indicazioni negative provengono anche dalle previsioni di investimento. Solo il 14,4% delle imprese
non esclude la possibilità di investire per il rinnovo
degli impianti e delle attrezzature. Come negli ultimi
quattro trimestri, la percentuale di imprese che ha rivisto al ribasso i programmi di investimento prevale
su quella che li ha rivisti al rialzo.
Le valutazioni espresse dalle imprese piemontesi
sembrano quindi rafforzare l’ipotesi formulata tre
mesi fa. Con ogni probabilità il punto inferiore del
ciclo recessivo è alle spalle. Ma una vera ripresa è
ancora lontana. In questa fase è pertanto prematuro formulare ipotesi sui tempi di superamento della
crisi, che richiederà una più marcata svolta espansiva dell’economia mondiale ed europea. Nei prossimi mesi, sarà essenziale mantenere alta la guardia,
continuando a sostenere domanda ed investimenti.
Congiuntura piemontese
IL MERCATO DEL LAVORO
PIEMONTESE NEI PRIMI 6 MESI
DEL 2009
Le rilevazioni ISTAT sulle forze di lavoro nei primi
sei mesi del 2009, evidenziano per il Piemonte una
accentuazione delle tendenze negative registrate
nella seconda metà del 2008 che ha comportato una
flessione dell’occupazione, per lo più nell’industria,
e un corrispondente
incremento della disoccupazione.
Nel 1° semestre 2009
gli occupati in Piemonte sono diminuiti di 18 mila unità
(-1%), rispetto allo
stesso periodo dell’anno precedente.
Ad una sostanziale tenuta nel primo
trimestre (0,1%) ha
fatto seguito una
flessione del 2% tra
aprile e giugno pari
a circa 39 mila posti
di lavoro. La flessione occupazionale ha
TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009
Il saldo relativo agli ordinativi (–21,2 punti) sale di
oltre 15 punti rispetto allo scorso trimestre (–38,7
punti) e di 25 rispetto alla rilevazione di marzo (–46
punti). L’indicatore rimane comunque su valori tipici
delle fasi recessive, anche se si allontana dai minimi storici raggiunti all’inizio del 1975.
Analoga tendenza è riferibile agli ordini esteri. Il saldo (-15 punti) si discosta positivamente dai valori
osservati a giugno e marzo (-34,3 e -37,7 punti,
rispettivamente).
Il miglioramento delle attese non si è tradotto, almeno per ora, in risultati concreti.
Non migliora il tasso di utilizzo della capacità produttiva (61,8%, come lo scorso trimestre). Per il
quarto trimestre consecutivo l’indicatore rimane su
livelli molto bassi, mai registrati nelle precedenti fasi
recessive.
Il quadro occupazionale riflette la profondità della crisi in atto. È significativo comunque che il saldo ottimisti-pessimisti (-23,1 punti) migliori rispetto ai mesi
scorsi (-30,5 punti a giugno, -32,8 punti a marzo).
Dopo il balzo registrato a marzo, non diminuisce
la percentuale di imprese che dichiara l’intenzione
di fare ricorso alla CIG (46,4%). A dicembre 2008
la percentuale era 34,7%. Valori analoghi si sono
registrati soltanto in occasione della crisi di inizio
anni ‘80.
Non accenna a migliorare la situazione di liquidità
delle imprese. Il 70% delle imprese intervistate dichiara un ritardo negli incassi rispetto ai tempi di
pagamento pattuiti. Nell’ultimo anno la percentuale
è aumentata di circa 10 punti (era 62,6% a dicembre 2008), portando l’indicatore vicino ai valori più
negativi rilevati nel 1993. Questa situazione di tensione finanziaria non può protrarsi ancora a lungo
senza compromettere la solidità gestionale e patrimoniale di molte aziende, soprattutto di piccole e
medie dimensioni.
13
Complessivamente, le posizioni di lavoro dipendente
sono diminuite di 17 mila unità (-1,3%) a fronte di
una riduzione di 1000 unità di quelle indipendenti.
L’industria manifatturiera ha ridotto del 5,5% i
dipendenti (-24 mila addetti) e del 5% gli autonomi
(3 mila unità). Nel commercio è diminuito il lavoro
autonomo (-11,4%) mentre è cresciuto il lavoro
alle dipendenze (+4,7%). Nell’agricoltura e nelle
costruzioni si assiste al fenomeno opposto, con
una crescita degli indipendenti, rispettivamente del
23,6% e del 9,5%.
Rispetto allo stock di occupati le posizioni di lavoro
dipendente aumentano di 42 mila unità (+3,1%).
Questa crescita, fatta eccezione per l’industria
in senso stretto (-4,5%) e le costruzioni (-4,3%),
interessa tutti i comparti e, soprattutto, il commercio
(+15,2%) e i servizi non commerciali (+9,1%).
Il lavoro autonomo si riduce al contrario di 20 mila
unità (-4%) rispetto all’anno precedente per effetto
di una diminuzione dei lavoratori indipendenti
soprattutto nell’industria in senso stretto (-10,2%),
nel commercio (-16,8%) e nei servizi non commerciali
(-1,8%). Cresce, invece, lievemente l’occupazione
indipendente nelle costruzioni (+1%).
Il tasso di occupazione si riduce di un punto
percentuale, scendendo dal 65,2% al 64,1%: una
diminuzione che interessa entrambe le componenti
di genere.
Nel 1° semestre 2009 l’offerta di lavoro complessiva sale dell’1,2%, determinando un aumento del
tasso di attività piemontese al 68,8% dal 68,4%
dell’analogo periodo nel 2008.
L’aumento delle forze di lavoro ha interessato
soprattutto la componente maschile (+1,6 %), il cui
tasso di attività è passato dal 76,4% al 77,4%. Le
forze di lavoro femminili sono cresciute dello 0,8%,
mentre il relativo tasso di attività è sceso di 1/10 di
punto percentuale (da 60,3% a 60,2%).
Le persone in cerca di occupazione salgono dalle
92 mila unità del 1° semestre 2008 alle 135 mila
dell’analogo periodo del 2009 (+46,3%).
Il numero di uomini in cerca di lavoro supera quello
delle donne (70 mila unità contro 65 mila rispettiva-
mente), mentre negli ultimi anni si registrava una
netta prevalenza della componente femminile.
Il tasso di disoccupazione, che all’inizio del 2008
si attestava al 4,7%, è salito al 6,8% mostrando,
tuttavia, una attenuazione del divario di genere: nei
primi sei mesi del 2008 il tasso di disoccupazione
femminile era circa una volta e mezza quello maschile (5,8% contro 3,8%); a distanza di un anno la
differenza è sempre sfavorevole per le donne, ma
scende da 2 a 1,5 punti percentuali (7,5% contro
6,2%).
L’aumento delle persone in cerca di occupazione
in Piemonte (+46,3%) è il più elevato a livello
nazionale: la nostra Regione è l’unica il cui tasso
di crescita ha superato la soglia del 40%. L’ISTAT
segnala che la media generale è pari al 10,3%,
mentre tassi di aumento superiori al 30% si
registrano nelle Marche, in Umbria e in Lombardia.
Le indicazioni relative ai trend dell’occupazione
ricavabili dalle indagini congiunturali evidenziano
un quadro ancora negativo nel corso del 2009.
Nell’ultima indagine di Confindustria Piemonte, relativa al quarto trimestre 2009, il saldo ottimisti-pessimisti sull’occupazione era ancora negativo (-23,1
punti), ma migliore di quello di giugno (-30,5 punti)
e di marzo (-32,8 punti).
Dopo il balzo registrato a marzo, è diminuita la
percentuale di imprese che dichiara l’intenzione
di fare ricorso alla CIG. A dicembre 2008 la
percentuale era 34,7%. Valori analoghi si sono
registrati soltanto in occasione della crisi di inizio
anni ‘80.
I dati ufficiali sull’utilizzo della Cassa Integrazione
Guadagni in Piemonte nei primi mesi del 2009
mostrano un trend negativo rispetto al 2008.
A partire da ottobre 2008 si è verificato un forte
aumento delle ore di CIG che è proseguito con
una marcata accelerazione nel corso del 2009. A
maggio, in Piemonte, è stato raggiunto un picco di 16
milioni di ore, cui ha fatto seguito un assestamento
a partire da giugno, mese in cui le ore autorizzate
sono state pari a 11 milioni.
Nel 1° semestre 2009 l’INPS ha autorizzato in Piemonte oltre 59 milioni di ore di Cassa Integrazione
Ordinaria contro i 4 milioni dello stesso periodo del
2008.
Il confronto 2008-2009 appare ancora più allarmante se si raffrontano i dati dei primi 9 mesi dell’anno:
a settembre 2009 le ore autorizzate di CIGO hanno
quasi raggiungo gli 81 milioni contro i 6 dell’analogo periodo dell’anno precedente.
La CIG straordinaria mostra un trend più contenuto,
anche se in tendenziale aumento: nei primi 9 mesi
del 2009 è cresciuta del 395%, rispetto al +1.183%
dell’ordinaria.
TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009
interessato in ugual misura donne (-1%) e uomini
(-1%).
La riduzione dell’occupazione registrata nei primi
sei mesi dell’anno è dovuta al calo degli addetti nell’industria manifatturiera (-27 mila unità) e nel commercio (-7 mila unità), solo parzialmente compensato dall’aumento degli occupati nelle attività agricole
(8 mila addetti), nelle costruzioni (5 mila addetti) e
negli altri servizi (2 mila unità).
L’occupazione industriale ha mostrato un trend
pressoché analogo nel primo e nel secondo trimestre, con decrementi intorno al 5,5%.
14
IL RAPPORTO DELLA
BANCA D’ITALIA
SULL’ANDAMENTO DEL CREDITO
NELLE REGIONI ITALIANE
NEL 2° TRIMESTRE 2009
La Banca d’Italia ha pubblicato il consueto rapporto
sull’andamento del credito a livello nazionale e regionale, aggiornato al secondo trimestre 2009.
A giugno 2009 i prestiti alle imprese sono risultati in aumento rispetto all’anno precedente in quasi
tutte le regioni italiane, sebbene a tassi più contenuti rispetto a quanto osservato alla fine di marzo.
A livello nazionale, il tasso di crescita degli impieghi alle imprese è stato pari all’1,1%, a fronte del
+3,9% registrato a marzo.
In Piemonte la crescita dei prestiti è stata dello
0,7%, inferiore alla media del Centro-Nord (+1,1%)
ma superiore al dato relativo a Lombardia (+0,3%)
e Veneto (crescita nulla).
Il rapporto fornisce indicazioni anche sull’andamento dei prestiti alle famiglie consumatrici, dei
depositi bancari, nonché sul costo del credito e
sulle sofferenze.
Nei dodici mesi terminanti a giugno 2009 i prestiti
alle famiglie consumatrici italiane sono aumentati del 3,7%, in rallentamento rispetto al trend rilevato nel trimestre precedente. Il tasso di crescita dei
prestiti alle famiglie meridionali (+6,1%) è risultato
doppio rispetto a quello delle famiglie del Centro
Nord (+3%). In Piemonte l’incremento è stato del
3,3%.
A fine giugno 2009 i depositi bancari delle famiglie
consumatrici e delle imprese italiane hanno registrato un tasso di crescita del 5,5% su base annua,
in rallentamento rispetto a marzo (+6,3%). L’incremento dei depositi di famiglie e imprese piemontesi
(+7,6%) è stato superiore alla media nazionale e
del Centro-Nord (+5,8%).
Il processo di diminuzione dei tassi di interesse sulle operazioni a breve termine, avviato dalla fine del
2008, è proseguito nel secondo trimestre del 2009
in quasi tutte le regioni.
A giugno 2009, i tassi sui prestiti a breve, riferiti
ai finanziamenti per cassa erogati a favore della
clientela ordinaria nell’ultimo mese del trimestre di
riferimento, risultavano in media pari al 5,18%. Il
Piemonte, con tassi medi pari al 5,62%, si colloca
tra le regioni a tassi relativamente più elevati, a
fronte di una media del 4,99% per il Centro Nord,
del 4,72% per la Lombardia e del 4,87% per il
Veneto.
Infine, nella media dei quattro trimestri terminanti
a giugno 2009, sia per i finanziamenti alle imprese
sia per quelli alle famiglie consumatrici, il flusso
di nuove sofferenze in rapporto ai prestiti (tasso
di decadimento) è aumentato rispetto al trimestre
precedente e si è confermato più elevato nel
Mezzogiorno.
Per quanto riguarda in particolare il settore delle
imprese, il tasso di decadimento è stato pari al
2,1% a livello nazionale. Il Piemonte (2%) si pone
in linea con il dato nazionale e con quello del Centro-Nord (2,1%).
Congiuntura torinese
LE PREVISIONI
DELL’INDUSTRIA TORINESE
PER IL 4° TRIMESTRE 2009
L’Unione Industriale di Torino ha reso noto i risultati
dell’indagine congiunturale relativa al 4° trimestre
2009. All’indagine hanno risposto 200 imprese di
tutti i settori e dimensioni.
Dalla rilevazione emerge un quadro molto problematico.
Per il terzo trimestre consecutivo si registra una attenuazione del pessimismo per gli ordini totali, gli
ordini export e, in misura minore, per la produzione.
Nell’arco di nove mesi tuttavia, le attese di ripresa
non si sono concretizzate.
Il tasso di utilizzo della capacità produttiva anziché
aumentare tende a flettere, raggiungendo livelli mai
raggiunti nelle precedenti crisi degli ultimi 30 anni.
Si contrae il carnet ordini: un’azienda su due ha ordini assicurati per meno di un mese. Si tratta, anche in questo caso, di una situazione mai registrata
dalla crisi petrolifera del 1973 ad oggi.
Come era lecito attendersi, solo una quota ridotta di imprese intende investire anche perché alle
prese con gravi problemi di liquidità, mentre una
percentuale ancora elevata di aziende non esclude
la possibilità di far ricorso alla CIG.
Lo smobilizzo delle scorte per far fronte ai nuovi
ordini spiega solo in parte la scarsa reattività dei
livelli produttivi.
In realtà, le ragioni dello iato tra attese di ripresa e
risultati concreti vanno ricercate nella fragilità e nella scarsa consistenza dei miglioramenti congiunturali relegati per altro ad alcuni Paesi e settori.
Il saldo ottimisti-pessimisti relativo alle attese sui
livelli produttivi migliora di 8 punti (da -41 a -33
punti percentuali). Si tratta del terzo miglioramento
consecutivo: a dicembre 2008 il saldo aveva toccato 15
TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009
Congiuntura piemontese
Congiuntura torinese
L’ANDAMENTO DELLA
CONGIUNTURA NEL SETTORE
DEI SERVIZI ALLE IMPRESE
Nelle economie avanzate la quota di gran lunga preponderante del valore aggiunto e dell’occupazione
deriva dal comparto terziario.
Nonostante la sua importanza occupazionale
e le strette relazioni che lo legano al comparto
manifatturiero, il settore dei servizi alle imprese è
poco studiato, soprattutto a livello locale. Mancano in
particolare indicazioni sull’andamento congiunturale
di un settore caratterizzato da dinamiche di mercato
che non coincidono necessariamente con quelle
dell’industria provinciale o regionale, grazie ai più
ampi margini di autonomia che le imprese del
settore hanno saputo ritagliarsi.
TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009
il minimo scendendo L’andamento della congiuntura torinese, 1982-2009 (4° trim.)
(tasso % di utilizzazione degli impianti)
a -65 punti.
Più sensibile è il miglioramento dell’indicatore relativo agli
ordini, che sale da
-40 a -23 punti percentuali.
Di analoga entità
è il miglioramento
delle attese relative
agli ordini export. Il
saldo ottimisti-pessimisti guadagna 14
punti (da -35 a -21);
a marzo era sceso
a -49 punti.
Il miglioramento delle attese non si riflette sui dati rilevati
a consuntivo.
A settembre il tasso
di utilizzo degli impianti è ulteriormente sceso
In provincia di Torino, il settore terziario rappresenta il
di circa 2 punti, portandosi al 55,5% dal 57,1% di
71% del valore aggiunto e occupa 643.000 persone,
giugno.
pari al 66% degli occupati totali Le imprese terziarie
La composizione del carnet ordini è fortemente
sono circa 145.000.
sbilanciata sul brevissimo periodo. Il 47% delle imAll’interno del settore terziario, la quota prevalente
prese ha ordini garantiti per meno di un mese: una
è costituita dai servizi privati (88% degli occupati),
quota che non si era mai registrata nelle precedenti
mentre il residuo 12% è impiegato nel comparto dei
fasi di crisi.
servizi pubblici.
Rimane depressa l’attività di investimento. Solo il
All’interno del settore dei servizi privati, i servizi
14% delle imprese ha in programma investimenti di
alle imprese (ICT, ricerca e sviluppo, progettazioun certo rilievo; il 29% prevede di effettuare investine, consulenze, ecc.) rappresentano il 33% dell’ocmenti di sostituzione.
cupazione; il residuo 67% è occupato negli altri
Ancora problematica è la situazione di liquidità.
servizi (alberghi e pubblici esercizi, commercio,
Otto imprese su 10 segnalano ritardi negli incassi.
intermediazione finanziaria e immobiliare, trasporti,
La profondità della crisi si ripercuote sulle prospetecc.).
tive occupazionali. Il saldo ottimisti-pessimisti riIl peso del terziario è cresciuto costantemente negli
mane negativo (-37 punti). Il ricorso alla CIG resta
ultimi decenni.
elevato e interessa il 58% delle imprese.
Nel 1951, il 68% del valore aggiunto provinciale era
prodotto dal settore industriale, il 28% dal comparto
terziario. Nel 1981 si registra il sorpasso a favore del
terziario (51% contro 47%). Nel 2006 (ultimo dato
di contabilità territoriale disponibile) la situazione è
praticamente speculare a quella del 1951: la quota
del terziario sul valore aggiunto provinciale è salita
al 71%, quella dell’industria è calata al 28%.
16
rivisto al rialzo i programmi formulati in precedenza
e aziende che hanno attuato invece correzioni al
ribasso.
Resta problematica la situazione di liquidità. Sette
imprese su 10 segnalano ritardi negli incassi.
La crisi si ripercuote sulle prospettive occupazionali.
Il saldo ottimisti-pessimisti peggiora di 11 punti
rispetto a luglio, passando da zero a -11 punti.
Si riduce anche l’utilizzo di consulenze; il saldo
ottimisti-pessimisti è pari a -15 punti.
Indicazioni più pessimistiche della media vengono
dal comparto ICT, in particolare per quanto riguarda
le attese su ordini (totali e fuori provincia), utilizzo di
consulenze e ritardi nei pagamenti.
Anche nel comparto degli altri servizi alle imprese
prevalgono comunque attese sfavorevoli su tutti gli
indicatori.
Osservatorio
LA SPESA
DELLE FAMIGLIE TORINESI
NEL 1° SEMESTRE 2009
La Camera di Commercio di Torino ha presentato
nei giorni scorsi i dati preliminari sulle spese delle famiglie torinesi relativi al 1° semestre del 2009:
un’indagine a carattere annuale condotta in collaborazione con Ascom e Confesercenti Torino.
L’indagine, curata dal professor Luigi Bollani, docente di Statistica
I risultati dell’indagine congiunturale per il settore dei servizi alle imprese - 4° trimestre 2009
presso l’Università
degli Studi di Torino, ha coinvolto nel
2008 un campione
rappresentativo di
240 famiglie torinesi. L’anticipazione dei dati provvisori relativi al 2009
è stata realizzata
grazie alle risposte
di 120 nuclei familiari.
I dati del 1° semestre 2009 sembrano essere in decisa controtendenza
con la dinamica
crescente
nella
TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009
Al fine di colmare, almeno in parte, questo vuoto
conoscitivo, l’Unione Industriale di Torino ha avviato
nel mese di maggio un’indagine trimestrale per
avere un quadro aggiornato dello “stato di salute”
del settore.
All’indagine hanno risposto circa 150 imprese.
La rilevazione evidenzia come la recessione stia
interessando in misura crescente anche il comparto
dei servizi alle imprese.
A ottobre si registra il prevalere di attese
pessimistiche sull’andamento del fatturato, degli
ordini totali e degli ordini fuori provincia. Rispetto al
sondaggio di luglio, si indeboliscono ulteriormente
le attese relative a ordini, totali e fuori provincia.
La situazione di liquidità rimane problematica: il
70% delle imprese segnala ritardi negli incassi.
Le difficoltà di mercato si riflettono sul quadro
occupazionale e sull’attività di investimento.
L’occupazione è prevista in flessione, in particolare
per quanto riguarda l’utilizzo di consulenze; meno
di un’azienda su cinque ha in programma nuovi
acquisti di beni di investimento nei prossimi mesi.
Riportiamo i principali risultati dell’indagine relativa
al 4° trimestre.
Il saldo ottimisti-pessimisti relativo alle attese
sul fatturato rimane invariato rispetto a luglio (-7
punti).
Peggiora invece l’indicatore relativo agli ordini
totali, che scende da -9 a -14 punti.
Più marcato è il peggioramento delle attese relative
agli ordini fuori provincia. Il saldo ottimistipessimisti arretra di 12 punti (da +4 a -8).
La composizione del carnet ordini non varia rispetto
alla precedente rilevazione. Il 17% delle imprese ha
ordini garantiti per meno di un mese.
Rimane debole l’attività di investimento. Solo il
15% delle imprese ha in programma nuovi acquisti;
è negativo (-4 punti) il saldo tra aziende che hanno
17
Osservatorio
L’EVOLUZIONE DEI SETTORI
INDUSTRIALI NEL 2010-2011
È uscito nei giorni scorsi il Secondo Rapporto Analisi dei Settori Industriali, realizzato congiuntamente da Prometeia e Intesa Sanpaolo.
Secondo il Rapporto, la brusca caduta iniziata
l’estate dello scorso anno porterà l’industria italiana ad un ridimensionamento senza precedenti
dei livelli di attività, con effetti rilevanti sulle condizioni di redditività, già compromesse da un difficile
2008.
Dallo studio emerge che la crisi attuale continuerà
a condizionare i risultati economico-finanziari del
manifatturiero italiano anche nei prossimi anni: la
ripresa sarà lenta, difficile, non priva di rischi e imporrà una forte selezione all’interno del comparto.
Le previsioni di crescita del settore manifatturiero
sono in effetti modeste (+1,6% medio annuo nel
biennio 2010-2011) e si attestano su livelli ben al
di sotto di quelli pre-crisi.
La lettura dei bilanci 2008 ha consentito di osservare le prime conseguenze della crisi sulle condizioni
economico-finanziarie delle imprese manifatturiere
e di notare come ci sia sulla baseun peggioramento generalizzato nei conti delle imprese rispetto al
biennio precedente ed un diffuso rallentamento dei
ritmi di crescita, accompagnato da una generalizzata riduzione della redditività operativa, in particolare per le PMI.
Nello scenario delineato dal Rapporto solo i comparti meno penalizzati nell’attuale fase (largo consumo e farmaceutica) potranno tornare ai lielli del
2007 prima del 2011.
Il settore alimentare si attesterà su livelli simili a
quelli pre-crisi, pur dovendo affrontare un processo di forte ristrutturazione.
La metallurgia, il settore autoveicoli e moto, gli elettrodomestici, gli intermedi chimici e altri intermedi
usciranno invece più ridimensionati e penalizzati
dal permanere di un eccesso di capacità produttiva
a livello mondiale.
Nel campo dell’elettronica, la previsione sconta un
elevato livello di incertezza.
Con ogni probabilità sarà l’unico settore che potrebbe subire un contributo negativo dal canale
estero, penalizzato dal mismatching tra domanda
e offerta nazionale e dalle crescenti difficoltà del
nostro Paese a mantenere una base produttiva in
queste lavorazioni.
La situazione rimarrà critica anche per la meccanica, penalizzata dal permanere di vincoli alle
decisioni di investimento delle imprese a livello
nazionale e mondiale, mentre l’elettronica potrà
beneficiare di un atteso dinamismo negli investimenti infrastrutturali (energia, trasporti), su cui 18
TorinoImpresa n. 17 – Novembre 2009
spesa della famiglie registrata a partire dal 2000.
Nei primi sei mesi di quest’anno la spesa media
mensile è stata di 2.433 euro a famiglia: 100 euro
mensili in meno rispetto allo stesso periodo del
2008, una riduzione pari al 4%.
La contrazione ha interessato principalmente il
comparto non alimentare. È diminuita la spesa per
tabacco (-33%), vestiario e calzature (-20%), mobili
e arredamenti per la casa (-25%) e per la categoria
“altri beni e servizi” (-10,8%).
Sono aumentate invece le uscite per combustibili,
energia elettrica e altre utenze domestiche (+12%),
per ricreazione e spettacoli (+2,3%), mentre sono
crollate le spese per vacanze, viaggi, hotel (-20%).
La spesa alimentare tiene, con un importo pari a
320 euro medi mensili (+42 euro rispetto ai primi 6
mesi del 2008 e + 23 euro rispetto all’intero 2008).
È cresciuta la spesa di tutti i beni alimentari, ad eccezione della categoria “legumi e ortaggi”, che registra una flessione dell’1,4%. Aumenta soprattutto
la spesa in “dolci”, genere comprensivo anche dei
prodotti di drogheria.
Secondo l’indagine, la crisi aumenta i divari nei
livelli di spesa sostenuta a seconda della posizione
e condizione professionale dei componenti della
famiglia.
In particolare, nei nuclei familiari con capo-famiglia
non occupato (anche pensionato), nel 1° semestre
2008 la spesa risultava inferiore alla media del campione di 7 punti percentuali; nel 1° semestre 2009 la
forbice si è ampliata e la differenza è di 17,2 punti
percentuali. Gli acquisti più sacrificati riguardano i
generi non di prima necessità e le spese per il tempo libero.
Per quanto riguarda le abitudini di consumo, si
evidenziano alcuni cambiamenti. La percentuale di
famiglie che consuma almeno mensilmente un pasto
fuori casa scende dal 63% al 53%. Se si analizza la
fascia di frequenza inferiore ai 15 giorni, la diffusione
di tale abitudine si dimezza, passando dal 36% nel
1° semestre 2008 al 18% nel 1° semestre 2009.
sarà prioritariamente basata la crescita dei Paesi
emergenti.
Nei prossimi anni un aspetto chiave per questi
settori sarà quello di anticipare la crescente attenzione degli acquirenti nei confronti delle variabili
ambientali, fattori che potranno creare nicchie di
mercato particolarmente interessanti.
I settori del Made in Italy, secondo le previsioni del
Rapporto, usciranno fortemente mutati dalla crisi.
La loro sfida sarà quella di continuare ad offrire
prodotti innovativi e di elevato contenuto qualitativo, investendo nel radicamento sui mercati, al fine
di rinnovare l’eccellenza delle produzioni italiane
sul fronte del contenuto di servizio e immateriale.
TorinoImpresa
periodico a cura dell’Ufficio Studi Economici dell’Unione Industriale di Torino - Via M. Fanti 17 - Torino - Tel. 011.5718462
www.ui.torino.it/servizi/studieconomici
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