DEL POPOLO IL TEMA DEL MESE Educare e non maltrattare La padrona mostra le braccia, sono piene di cicatrici da morsi e graffi, quasi fosse stata torturata, il marito inchiodato sulla sedia a rotelle è disperato. Lo specialista capisce che in quella famiglia mancano le regole. Sugar approfitta della debolezza dei due padroni per schiavizzarli. Come prima terapia d’urto Cesar simula di azzannare il cane usando le mani come una bocca dentata, l’altro capisce al volo che non è aria di scherzare. Quel tarchiato messicano dalle dita d’acciaio proprio non assomiglia ai due vecchietti che si lasciavano maltrattare. Gli si accuccia ai piedi. È domato. In una ex officina situata nei sobborghi di Los Angeles Millan ha realizzato il suo correzionale per cani che definisce un “centro di supporto psicologico” (ww w.dogpsychologycenter.com). All’interno sono stati ricostruiti tutti gli ambienti abitualmente frequentati dagli esseri umani, ma dove i cani indisciplinati potrebbero rappresentare un problema. Ci sono una piscina, un parco giochi, dei tavoli da picnic. Le bestie vengono internate e restano in cura fino a che non hanno ben chiaro chi è che comanda. I pazienti soffrono di varie patologie, si va dai semplici maleducati ai veri e propri killer, che quando entrano hanno più di un “canicidio” o “gatticidio” sulla loro coscienza quadrupede, ma che dopo il trattamento escono docili e mansueti come agnellini. Ora il Dog Whisperer alias Cesar Millan è diventato anche un divo televisivo. Il suo soprannome è il titolo di un programma del canale “National Geographic”. Il format è quello collaudato della serie “SOS Tata”, la sola differenza è che l’intervento di pronto soccorso per famiglie disastrate non tratta bambini discoli e viziati, bensì cani dalle caratteristiche analoghe. È il super eroe dell’umanità prigioniera nel pianeta dei cani che qui riporta ogni rapporto nel giusto equilibrio. Tra sussurri e morsi riesce sempre a farsi dare la zampa dall’unico animale che abbia imparato ad approfittare di chi gli vuol troppo bene, qualcuno forse gli ha fatto credere di poter fare l’antipatico come un comune rampollo di stirpe umanoide. (kb) ce vo /la .hr dit w.e ww I l miglior amico dell’uomo se troppo coccolato può trasformarsi in un despota viziato e capriccioso. I cani sono diventati un’alternativa ai figli? Bene, allora bisogna saperli educare. Nell’addestrarli bisogna usare fermezza e se serve anche un po’ di maniere forti. Ciò non significa che un cane deve essere maltrattato. Un cane che ha assaporato la paura è una “miccia accesa”, una “bomba ad orologeria” che rischia di esplodere in qualsiasi momento, trasformandosi in un pericolo per sé stesso e per chi gli sta accanto in quel momento. Negli Stati Uniti questo problema è talmente sentito che uno specialista impegnato ad aiutare i padroni divenuti succubi dei loro animali è ormai famoso quanto le più celebri stelle del cinema. Il giornalista Malcolm Gladwell lo ha celebrato sul “The New Yorker Magazine” come fosse il mago del recupero canino. Il protagonista di questa storia si chiama Cesar Millan. L’uomo che sussurra ai cani si propone come guru del movimento dei padroni maltrattati, è un ex immigrato clandestino che quattordici anni fa passò di straforo il confine con gli Stati Uniti. A differenza di migliaia di immigrati irregolari che si sono adattati a qualsiasi lavoro, lui si è inventato un mestiere osservando in città uomini e donne farsi trascinare dai cani al guinzaglio. Ha quindi capito che avrebbe fatto una discreta fortuna insegnando agli imbelli di Los Angeles come non farsi soggiogare dai loro viziatissimi cagnolini. Facilissimo per lui, aveva imparato tutti i segreti dell’addestramento canino quando da ragazzo lavorava nella fattoria del nonno in Messico. Definirlo con il detestabile appellativo di addestratore ci porterebbe però fuori strada, stiamo parlando di un raffinato educatore, quasi uno psicologo che cura il narcisismo canino. Nel proprio articolo Gladwell illustra l'intervento di Millan a casa dei coniugi Forman. Qualcosa non funziona nel rapporto che la coppia ha stretto con Sugar, la loro cagnetta di razza Beagle. Hanno la casa distrutta, l’infame bestiola mordicchia e sputa a pezzi ogni oggetto di plastica che le capiti a tiro di mandibola. animali An no II 9 200 • n. 2 o i l 6 • Mercoledì, 15 lug IL RUGGITO di Krsto Babić Vietato l’accesso ai cani e... L’apertura del Molo longo (tra i fiumani “patochi” dai capelli brizzolati c’è anche chi lo chiama Molo lungo) ai passeggiatori è un evento importante per la città di Fiume. L’inaugurazione del “nuovo” lungomare è avvenuta sabato scorso, senza particolari cerimonie, in sintonia con i tempi che corrono, ma non ai dogmi della promozione turistica. Sono stati centinaia, forse migliaia i fiumani e i turisti che nel fine settimana hanno percorso i quasi due chilometri della diga foranea (quattro tra andata e ritorno), ammirando l’estetica dei magazzini del porto di epoca asburgica e godendosi una veduta inconsueta del capoluogo quarnerino. La diga frangiflutti dello scalo fiumano per molti decenni è rimasta inaccessibile in quanto era stata proclamata zona doganale. In passato chi voleva visitare il Molo longo o lungo, doveva munirsi di un permesso. In caso contrario chi si incamminava lungo la diga foranea rischiava di essere fermato e di rispondere del reato di passaggio non autorizzato della frontiera di Stato davanti a un giudice. Le condizioni per la realizzazione del nuovo passeggiatoio si sono create con la rimozione del bacino di carenaggio del cantiere navale Viktor Lenac, che fino a pochi anni fa occupava l’imbocco della diga foranea. Al posto del Dock 3, venduto nel 2004 alla società Jadranmetal di Pola, che lo ha sezionato, vendendone le lamiere, oggi è sorto un moderno terminal passeggeri. Nell’arco di pochi giorni la nuova Stazione marittima dovrebbe entrare in funzione, e accogliere i primi traghetti. In futuro l’infrastruttura dovrebbe accogliere anche navi da crociera, che acconsentiranno di portare a circa mezzo milione il numero dei passeggeri in transito attraverso lo scalo quarnerino, tre volte quelli odierni. Una cuccagna penserete. Purtroppo non è tutto oro ciò che luccica. All’imbocco del Molo longo è stata collocata una tabella nella quale sono stati indicati i divieti in vigore sul lungomare. Molte delle limitazioni sono assolutamente condivisibili. Non è permesso arrampicarsi sulle gru, tuffarsi in mare o salire sulle imbarcazioni ormeggiate. D’altro canto, tra i divieti figura pure quello di introdurre sul lungomare i cani. Una decisione che non possiamo condividere, ma neppure condannare, considerato il grado di educazione di buona parte dei proprietari. Persone che non solo non tengono al guinzaglio i propri pet nei luoghi pubblici, ma che mai e poi mai si sognerebbero di rimuovere gli escrementi dei propri cani. 2 animali Mercoledì, 15 luglio 2009 RODITORI Crocidura minore od odorosa, un topolino formato mignon Il «sorcio» che viaggia in fila indiana A cura di Giorgio Adria L a crocidura minore od odorosa (Crocidura suaveolens) è un mammifero soricomorfo della famiglia Soricidae. È uno dei più piccoli mammiferi europei, raramente supera gli otto centimetri di lunghezza (coda esclusa) e i sei grammi di peso. La durata massima della vita di questo minuscolo roditore è, in natura di diciotto mesi e in cattività di quattro anni. La specie è presente in Europa (soprattutto centro-meridionale), nell’Africa settentrionale e in maniera discontinua in Asia (fino alla Corea e Formosa). La colorazione della pelliccia è piuttosto variabile. Ad una colorazione di fondo grigiastra si sovrappongono velature più o meno marcate di bruno rossiccio e di toni bruni più scuri. La parte ventrale è grigio chiara, con sfu- mature dal giallo crema al giallo ocra. Elemento caratteristico è la mancanza della netta demarcazione laterale tra il manto dorsale e quello ventrale, che consente di differenziarla dalle congeneri Crocidura sicula e Crocidura leucodon. La crocidura minore è una specie terricola con abitudini sia diurne sia notturne. Utilizza spesso come nidi tane scavate da altri mammiferi o semplici anfrattuosità delle rocce o alla base dei cespugli, che riveste con una lettiera di foglie e ramoscelli. Al pari di altre specie affini, la crocidura minore pratica il caravanning: i cuccioli si dispongono in fila indiana aggrappandosi alla coda della madre, che li guida negli spostamenti. Il caravanning è utilizzato per spostare la nidiata in caso di pericolo e di disturbo al nido, nonché per incoraggiare i piccoli all'esplorazione del territorio. La crocidura minore, come numerose altre specie di soricidi, nonostante le dimensioni ridotte, consuma, in rapporto alla propria massa, notevoli quantità di cibo a causa del suo elevato metabolismo. La sua dieta è costituita pre- valentemente da insetti, ragni, gasteropodi, piccoli vertebrati e, rispetto alle altre crocidure, anche da una significativa componente vegetale (foglie, radici e semi). A sua volta la crocidura odorosa è cacciata da animali carnivori di piccole e medie dimensioni e dai rapaci, in particolare dagli Strigiformi. È raro che la crocidura minore superi gli otto centimetri di lunghezza La stagione riproduttiva va dalla primavera all’autunno. Le femmine possono avere fino a cinque gravidanze per stagione. La durata della gestazione è di poco inferiore a un mese. I giovani escono dal nido già intorno agli otto giorni di vita e raggiungono la maturità sessuale a circa tre mesi. ORNITOLOGIA È uno degli uccelli più diffusi in Europa Il canto del Merlo A cura di Valentino Pizzulin Il merlo (Turdus merula) è un uccello della famiglia dei Turdidae. Assieme al passero e ai piccioni, questo inconfondibile pennuto dal solenne mantello nero e dal becco arancione, è tra gli uccelli più diffusi in Croazia, Italia e Slovenia, comune in ogni parco e giardino. Gli esemplari ormai abituati alla vita cittadina hanno perso in parte la naturale astuta diffidenza e non esitano ad avvicinarsi all’uomo. In passato i merli sono stati cacciati con un accanimento che non è giustificabile né dai limitati danni che arrecano ai frutteti (ampiamente controbilanciati del resto dalla distruzione di grandi quantità di insetti nocivi), né dal sapore della loro carne, meno che mediocre. È questa un’ulteriore prova della ottusa ignoranza di gran parte dell’umanità. L’habitat naturale dei merli si estende all’intera Europa, (ad eccezione delle aree settentrionali della Penisola scandinava), all’Asia, all’Africa nord-occidentale, comprese le isole Canarie e Azzorre. Abituato a migrare a sud nei mesi invernali, nei paesi a clima temperato si trattiene per tutto l’anno. Vive generalmente nei boschi con sottobosco, nei frutteti, nei vigneti, ed è comune presso tutte le zone coltivate. Il merlo è onnivoro. Si ciba principalmente di frutta, bacche, piccoli invertebrati e legno. Il merlo, lungo circa venticinque centimetri, è noto per il piumaggio di un bel nero lucente e uniforme, e per il becco ed il cerchio peri-oftalmico giallo arancio vivo e le zampe brune. Il piumaggio è morbido e folto. La femmina ha le parti superiori Il maschio... ... e la femmina color bruno scuro uniforme, le parti inferiori bruno-fulve con striature scure più o meno distinte, gola più pallida, biancastra; becco bruno con poco giallo, raramente giallo come il maschio. I giovani sono più chiari e più fulvi della femmina, con striature delle parti inferiori più evidenti. Il maschio giovane ha il becco nerastro e il mantello più marrone con le zampe brunoscure. I maschi anziani sono grigiastri, con il becco giallo. Non sono rari gli esemplari a colorazione anomala: rossiccia, a macchie bianche e nere o cinerina. Rari sono gli albini in cui il becco, l’iride e le zampe di un delicato color rosa completano degnamente il niveo manto. Il suo canto è un fischio puro, molto vario, flautato e sempre allegro. È paragonabile ad un verso simile ad uno tciuctciuc-tciuc abbastanza basso, oppure un sottile tsii o un irritato cie-ciecie, mentre, se allarmato, nel levarsi emette uno stridente ed improvviso chiacchierio che potrebbe spaventare qualsiasi distratto che si addentra nel suo habitat senza far caso alla sua posizione. Inoltre, ha la capacità di imparare con facilità qualsiasi motivet- to per poi ripeterlo fino alla noia. Quando canta tende a porsi verso la cima di un albero. Il suo canto è da molti ritenuto come uno dei più belli e soprattutto allegro. Può accadere che in lontananza un altro merlo gli alterni le sue emissioni sonore e che ciascuno dei due canti frasi differenti senza sovrapporsi. Dato che il merlo inizia a cantare circa dalle 3 del mattino, può capitare che nelle città possa risultare molesto. Il nido, costruito dalla femmina, si trova sui rami degli alberi, fra i cespugli o anche semplicemente in buche nel terreno. La femmina depone le uova tre volte l’anno. Generalmente sono in numero da quattro a sei e di un colore azzurro-grigio, maculate in modo irregolare con puntini grigi. Il periodo di incubazione va dai quattordici ai quindici giorni ed è principalmente la femmina a covare le uova, anche se talvolta, sebbene assai raramente, collabora pure il maschio per motivazioni, si presume, di natura ambientale. Abitualmente, i merli vivono in coppie isolate. Durante le migrazioni diventano in genere più sociali e possono radunarsi in stormi. animali 3 Mercoledì, 15 luglio 2009 FELINI I protagonisti della letteratura e del cinema d’animazione In viaggio nel mondo dei gatti fantastici A cura di Sabrina Ružić L’ indifferenza suprema e la signorilità con la quale i gatti si adattano sia ai salotti più eleganti sia ai tetti dei vicoli più malfamati costituisce una strepitosa e inesauribile fonte d’ispirazione per numerosi artisti. Neppure la letteratura e la lo più tardi, la storia fu rivisitata da Giambattista Basile, il pioniere dell’uso della fiaba quale forma di espressione popolare. Celebri divennero anche le versioni create da Charles Perrault e dai Fratelli Grimm. Il gatto Felix cinematografia non sono immuni al fascino sprigionato dai felini. In questa puntata del nostro viaggio nell’universo felino andremo alla scoperta di alcuni dei personaggi immaginari più famosi ispirati ai mici. Il “Gatto con gli stivali” è il titolo di una fiaba popolare europea. La storia narra le avventure di un gatto che lasciato in eredità da un mugnaio al proprio terzogenito, aiuta quest’ultimo a riscattarsi dai pregiudizi e a scoprire l’amore e la felicità. La prima versione scritta di questo racconto si deve a Giovanni Francesco Straparola, che la incluse nella sua raccolta di novelle intitolata “Le piacevoli notti” (Venezia, 1550), con il titolo di “Costantino Fortunato”. È incerto se Straparola abbia inventato la fiaba o si sia semplicemente limitato a trascrivere un racconto della tradizione orale. Un seco- interpreta un ruolo marginale, ma molto significativo pure in uno dei capolavori assoluti della letteratura italiana e mondiale “Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino” di Carlo Collodi, all’anagrafe Carlo Lorenzini. È indimenticabile l’episodio nel quale il Gatto cieco truffa con l’aiuto della Volpe zoppa il “bambino di legno”. Descritto come molto stupido nella versione cinematografica prodotta dalla Disney, in tempi più recenti il gatto di Collodi è stato celebrato assieme alla volpe dal cantautore Edoardo Bennato in una sua nota canzone che ne elogia invece la furbizia. Al gatto è ritagliato un ruolo di protagonista anche nel racconto “Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie” (1865), di Lewis Carroll, un classico della letteratura. Il gatto del Cheshire, o Stregatto, trae verosimilmente ispira- Gli Aristogatti zion e dagli antichi racconti popolari inglesi nei quali si narra di felini invisibili che popolano le campagne. Il Gatto con gli stivali P r o b a bilmente Carroll per la sua descrizione si basò su un intaglio conservato in una chiesa nel villaggio del Crofton-Tees, nel nord-est dell’Inghilterra, dove era stato rettore suo padre. Non si esclude neppure che lo scrittore sia stato ispirato da un gargoyle situato su un pilastro nella chiesa di St. Nicolas a Cranleigh, dove Carroll frequentemente viaggiava quando viveva a Guildford. Altre fonti documentano che il gatto sorridente fosse il marchio che contraddistingueva i celebri formaggi prodotti nel Cheshire. Emblematica è la sua rappresentazione, che trae spunto dalle immagini di fine Ottocento di Arthur Rackham, che già lo raffigurava come un gatto allucinato e strano. Televisione, fumetti e cartoni animati Felix (Felix the cat) è il gattino nero nato nel 1919 dalla penna di Pat Sullivan e Otto Messmer. Felix (Mio Mao, il nome italianizzato), è un perfetto interprete di storielle affidate più all’immagine che al testo e guidate da una logica visiva surreale e sorprendente. Primo vero divo multimediale, l’ingegnoso felino continua tutt’oggi ad apparire su innumerevoli giocattoli e campagne pubblicitarie. Di grande popolarità negli anni Venti, la sua figura iniziò a declinare dopo a causa della nascita di Topolino e dell’avvento del film sonoro. Fece la sua ricomparsa sugli schermi televisivi negli anni Sessanta, recuperando gran parte della popolarità originale. Silvestro (Sylvester J. Pussycat Senior) è un personaggio dei cartoni animati Looney Tunes e Merrie Melodies, ossessionato dalla ricerca di Titti, ma anche di Speedy Gonzales o Hippety Hopper. Il nome Silvestro deriva da silvestris, il termine scientifico con la quale si indica la specie dei gatti. Creato a cavallo fra gli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso, il personaggio raggiunse un aspetto permanente nel 1945. Gatto Silvestro è senza dubbio uno dei personaggi principali e più famosi dei Looney Tunes. È stato ideato dal gruppo di disegnatori statunitensi della Warner Bros, composto da Robert McKimson, Charles Jones e Friz Freleng. Silvestro è un grosso gatto nero e bianco sul ventre, perennemente affamato, quasi sempre impegnato nel tentativo di catturare il canarino Titti, chiuso all’interno di una gabbia per uccellini, oppu- Tom e Jerry re svolazzante per la casa, ma proUn altro personaggio felitetto da un’arzilla vecchietta. Sil- no estremamente noto al grande vestro, per quanto spesso ci vada pubblico è Garfield, protagonivicino, non riesce mai a cattura- sta dell’omonima serie di fumetre e a mangiarsi Titti, un po’ per ti assieme al cane Odie, e al loro la sua sfortuna, un po’ per la sua inetto proprietario Jon Arbuckle. goffaggine, ma soprattutto perché La storia di Garfield inizia negli il canarino è solo apparentemente anni Settanta del secolo scorso, ingenuo, ma in realtà e molto fur- quando il suo creatore, Jim Davis, bo e ingegnoso. Oltre era ancora uno sconoalla nonnina in socsciuto fumettista che corso di Titti interpubblicava una striviene spesso anche scia con protagoEttore, un bulldog tarnista degli insetti, chiato, muscoloso e dal titolo Gnorm dal quoziente intelletGnat, sul settimativo molto basso, che nale The Pendleton rifila al malcapitato Times. Davis, Gatto Silvestro delle però, desiderasonore sventole. va che le sue Un’altra icona storie appadell’animazione rissero sulle ispirato dalgrandi testal’universo te a diffudei felini sione nadomestici zionale. è Tom, coMostrò protagoniallora la sta di una forsua striscia a Garfield tunata serie di cartoni vari redattori, ma animati assieme all’amico/rivale questi rispondevano sempre che Jerry. Tom, creato al finire degli pur essendo le battute divertenti, anni Trenta da William Hanna e nessuno si sarebbe potuto identiJoseph Barbera, è un gatto oppor- ficare con degli insetti. Davis detunista che si diverte a dominare cise così di inventarne una striscia gli animali più piccoli di lui. Il completamente nuova. A quelsuo stile di vita è quello stereoti- l’epoca nelle strip molti dei propato dei gatti domestici: mangia- tagonisti erano cani, mentre erare, dormire e divertirsi. Quando no poche quelle che avevano un è spronato dalla padrona di casa gatto per personaggio principale. (nei primi cortometraggi una Davis decise così di basare la sua grossa governante di colore), stu- nuova striscia proprio sulla figura fa dei continui saccheggi al frigo- di un gatto: Garfield. rifero da parte di Jerry, Tom si lanIsidoro (in originale Heacia all’inseguimento dello scaltro thcliff) è un gatto pro- t a g o roditore, ma la sua ingenuità, ol- nista di un’altra serie d i tre all’astuzia dell’avversario, lo successo di strisce a fa immancabilmente fallire. fumetti creata da Un’altra pietra miliare del- George Gately l’intrattenimento per ragazzi è nel 1973. In Italia rappresentata da “Gli aristogat- diverse sue stoti”, una pellicola d’animazione rie sono apparse prodotto nel 1970 dalla Disney e sul settiambientato nella Parigi dell’inizio m a n a del secolo scorso. Nel film si de- le per scrivono le avventure della gatta r a Duchessa e dei suoi cuccioli: Minou, Matisse e Bizet. La famiglia di gatti abita felice in una grande casa assieme alla proprietaria, un’agiata e anziana signora dell’alta borghesia, che di colpo si ritrova “orfana” ed è costretta a lottare per onorare la memoria della propria padrona. Il Gatto Silvestro gazzi “Topolino”. Oltre al fumetto, è protagonista di tre serie animate, assieme ai suoi amici Riff Raff il gatto, Dingbat il cane vampiro e il danese Sansone (Marmaduke). 4 animali Mercoledì, 15 luglio 2009 Mercoledì, 15 luglio 2009 5 ERINACEIDI Alla scoperta del riccio europeo (Erinaceus europaeus), un arcaico batuffolo «corazzato» Lo sterminatore di insetti venuto dalla preistoria A cura di Krsto Babić I l riccio europeo o comune è un animale tozzo e cilindrico dotato di zampe con cinque dita munite di cuscinetti. Le zampe posteriori sono leggermente più lunghe e larghe di quelle anteriori e, come quest’ultime, sono dotate di artigli non retrattili. Il corpo del riccio adulto raggiunge una lunghezza compresa tra i 20 e i 30 centimetri (inclusa la minuscola coda). Allo stato selvaggio il peso di questi animali può variare tra gli 800 e i 1.500 grammi, mentre in cattività i ricci comuni possono raggiungere addirittura i due chilogrammi e mezzo di peso. La superficie dorsale e laterale del corpo del riccio è ricoperta da aculei di circa 2-3 centimetri di lunghezza. Negli esemplari adulti il numero dei pungiglioni che ricoprono il corpo può arrivare a 9.000. Al loro interno le spine sono cave e alla base di ognuna è presente un piccolo bulbo sottocutaneo attaccato a un muscolo erettore del pelo riccamente innervato che ne permette il movimento. Gli aculei presentano bande alternate (chiare alla base e alla punta e nere o marroni al centro) e si incrociano formando una massa virtuale impenetrabile. Gli aculei servono anche per attutire un’eventuale caduta del riccio, oltre che come difesa dai predatori. Le orecchie, il muso e il ventre sono invece ricoperti da una morbida pelliccia. In condizioni normali il riccio tiene gli aculei posati lungo il corpo e solo nel momento in cui avverte un pericolo abbassa il capo, rizza gli aculei e, se è il caso, si appallottola. Dato che la colonna spinale è molto flessibile il riccio riesce a mantenere questa posizione anche per periodi prolungati. L’organo sensoriale maggiormente sviluppato del riccio è il naso e la prevalenza di questo senso è evidenziabile anche dalla struttura del cervello. L’olfatto dispone di un’area di proiezione incredibilmen- L’autosputo Il riccio europeo e i ricci in generale hanno un’abitudine che non è presente in nessun altro animale: l’auto-sputo. Questo processo è alimentato da particolari esperienze di odorato o gusto che provocano la produzione da parte del nostro amico di saliva schiumosa, la quale successivamente viene usata per ricoprire gli aculei e il dorso. La funzione di questo comportamento è da alcuni studiosi ricondotta all’organo di Jacobson, che nel riccio è ancora presente. Nell’organo in questione esistono recettori sensoriali che analizzano gli odori presenti nel respiro e nella saliva dell’animale. Quando i nuovi stimoli sono stati registrati l’organo deve Un riccio adulto può avere fino a 9.000 aculei e pesare 2.500 grammi Nel periodo degli amori il riccio emette un richiamo potentissimo simile a un fischio venire ripulito prima di ricevere nuove impressioni e ciò avviene attraverso l’emissione della caratteristica saliva. te grande ed è proprio il naso a indicare la via del cibo. Anche l’udito gioca un ruolo importante nella ricerca delle prede. Il riccio può udire frequenze da 250 a 60mila hertz e pertanto è in grado di udire anche gli ultrasuoni emessi dagli insetti. Il riccio riconosce, ricorda e distingue particolari rumori come la voce umana. Il riccio è un anima- tuati sulla mascella e 16 distribuiti lungo la mandibola. I denti da latte iniziano a cadere dopo 8 settimane dalla nascita. Il riccio comune è un mammifero della famiglia Erinaceidae. Viene chiamato colloquialmente porcospino, ma l’uso del termine è improprio poiché designa più correttamente l’istrice. Il riccio presenta caratteristiche morfologiche arcaiche (come la colonizzato pure la Gran Bretagna e l’Irlanda. Nel corso del XIX secolo il riccio è stato introdotto accidentalmente (esemplari letargici in carichi di fieno) in Nuova Zelanda. Il riccio predilige le aree coperte e ad altezze medio-basse, come i margini dei boschi, tuttavia lo si trova anche in ambienti montani (fino a 2.000 metri d’altitudine) e in aree aperte, a patto che siano disponibili nascondigli dove l’animale può ri- do sull’animale appallottolato lo costringono ad “uscire dalla corazza”, per poi finirlo mordendolo sul delicato muso. La speranza di vita del riccio in natura è di circa 5 anni, mentre in cattività non è raro che viva anche il doppio. Il riccio ha abitudini solitarie e scontrose. Tende generalmente ad evitare i contatti con i suoi simili, dei quali avverte la presenza con l’udito o l’olfatto, mentre nel per- Il rapporto con l’uomo Nell’antica Roma, il riccio veniva allevato per la sua carne: inoltre, il pelo aculeato del dorso veniva utilizzato per cardare la lana e come componente dei frustini per spronare i cavalli e per svezzare i vitelli. Col tempo, la fitta copertura di aculei ha fatto sì che il riccio venisse accostata ai capelli, sicché le ceneri di questi animali, mischiate a particolari resine e poi cosparse sulla testa, erano ritenute un rimedio sicuro contro la calvizie. In tempi più recenti il riccio è diventato quasi un animale domestico. Molte persone introducono deliberatamente questi animali all’interno dei propri orti e giardini. Questa prassi è dovuta principalmente all’abilità dimostrata dai ricci nell’eliminare gli animali considerati dannosi, come le cavallette ed i topi. Durante il letargo, il riccio dimentica le eventuali esperienze fatte con l’uomo, rendendo così più facile il suo eventuale reinserimento in natura all’arrivo della primavera. le notturno e in questa categoria sono compresi tutti quegli esseri, dal gufo al pipistrello, che dormono di giorno e vanno a caccia al calare delle tenebre. Per tale motivo per i ricci la vista è d’importanza secondaria. Nonostante ciò il nostro amico è in grado di vedere fino a 30 metri di distanza durante il giorno e 12 metri durante la notte. Anche il tatto (senso trasmesso principalmente dai peli dell’addome e non dalle dita come nell’uomo) è importante in quanto acconsente al riccio di avvertire i potenziali pericoli. La dentatura del riccio ha le caratteristiche tipiche degli animali onnivori. I ricci vantano una dentatura composta da 36 denti, 20 si- formula dentaria e la conformazione del cervello), che lo accomuna ai primi mammiferi comparsi sulla Terra al termine del Cretaceo, rispetto ai quali non si è differenziato di molto. Nel corso dei millenni ha solamente evoluto il rivestimento di aculei che tanto lo caratterizza agli occhi dell’uomo. L’habitat Il riccio comune, nelle diverse varianti della specie, è diffuso in gran parte del “Vecchio continente”, dalla Sicilia al Sud, alla fascia costiera della Scandinavia al Nord. Dalle coste atlantiche della Penisola Iberica ad Occidente, alla tundra Siberiana ad Oriente. I ricci hanno fugiarsi. Lo si trova frequentemente anche nelle aree rurali e nei giardini delle abitazioni. Le abitudini Quando un riccio incontra un possibile pericolo, normalmente reagisce immobilizzandosi e drizzando gli aculei sul dorso, poi, se l’intruso lo tocca, appallottolandosi su sé stesso. In questo procedimento, il riccio è aiutato da una fascia muscolare sulla schiena, che contraendosi va a stringere in un sacco cutaneo tutto il corpo e gli arti. L’aggressore si trova così dinanzi un’impenetrabile cortina di spine. Questa tattica difensiva risulta però inefficace con le volpi, che urinan- cepire l’avvicinarsi di un estraneo va subito in allerta. Tuttavia, in caso di contatto i ricci non disdegnano lo scontro diretto. Durante i mesi invernali (fra ottobre ed aprile), il riccio è solito cadere in letargo. Un’abitudine che risulta piuttosto rischiosa per l’animale, in quanto nel caso in cui non sia riuscito ad accumulare una quantità di grasso corporeo sufficiente nel corso della bella stagione potrebbe morire per inedia. Ciò succede soprattutto agli esemplari giovani. In casi di freddo estremo, l’animale (la cui temperatura corporea scende dagli abituali 35 ad appena 10 gradi centigradi, mentre i battiti cardiaci calano da 190 a 20 al minuto), può anche uscire dal letargo per andare alla ricerca di cibo. Per il letargo, il riccio ammucchia una buona quantità di muschio e foglie secche che fungeranno da giaciglio. La stagione degli amori cade nel periodo compreso fra aprile ed agosto, con picchi degli accoppiamenti in maggio-giugno. Per chiamarsi tra loro, i ricci emettono dei versi simili a fischi. Il pene del maschio è piccolo ed aderente al corpo, tranne nel periodo dell’accoppiamento, mentre la vagina della femmina è posta all’estremità posteriore dell’addome ed in entrambi i sessi si trovano 5 coppie di capezzoli. Dopo il rituale del corteggiamento, nel quale il maschio mordicchia gli aculei della femmina, questa per permettere al maschio di montarla senza ferirsi, inarca il corpo verso il basso, in modo tale da appiattire lo scudo di aculei. La gestazione dura circa un mese e mezzo, al termine del quale nascono in media 4-5 cuccioli. Il parto avviene nel periodo fra maggio e ottobre, quando vi è maggiore disponi- bilità di cibo. I piccoli nascono ciechi e sordi, con la parte inferiore del corpo glabra e rosata e quella superiore grigia. I ricci vengono alla luce che già hanno gli aculei sul dorso. Inizialmente le spine sono ricoperte da una membrana che protegge la madre durante il parto. Dopo circa 36 ore questi primi aculei, bianchi e sottili, saranno sostituiti da nuovi aculei scuri e striati di bianco, mentre verso i 10 giorni di vita un ulteriore terzo mantello sostituirà definitivamente i primi due. A questo punto, il giovane riccio è già in grado di appallottolarsi e di praticare l’autosputo, mentre gli occhi vengono aperti solo attorno alle due settimane di vita. Dopo un mese, i piccoli rassomigliano completamente agli adulti, anche se vengono svezzati e possono quindi dirsi indipendenti attorno al mese e mezzo di vita e raggiungeranno la maturità sessuale attorno all’anno di vita. L’alimentazione Il riccio in natura si nutre di invertebrati di qualsiasi tipo (insetti, ragni, lombrichi, chiocciole, millepiedi), oltre che uccelli (comprese uova e nidiacei), rettili ed anfibi. Non disdegna nemmeno di mangiare piccoli mammiferi, soprattutto topi, di cui è considerato un cacciatore spietato in quanto uccide gli adulti e dissotterra i nidi per nutrirsi dei piccoli. La credenza che i ricci si nutrano prevalentemente di vipere si rivela fondata solo in casi eccezionali. Il riccio non teme infatti i morsi velenosi, in quanto i denti veleniferi sono più corti degli aculei e raramente riescono a penetrare il rivestimento di peli ispidi che protegge l’animale. In caso di necessità, i ricci mangiano senza problemi anche ghiande, bacche, frutta ed altro materiale di origine vegetale, nutrendosi in casi estremi persino di foglie. A differenza di quanto si creda, i ricci non digeriscono bene né il latte né tanto meno il pane, alimenti che possono causare loro occlusioni intestinali, sebbene ne siano ghiotti. 6 animali Mercoledì, 15 luglio 2009 RECENSIONI Un’esilarante esplorazione RACCONTI Le talpe dello zio Q uando la terra sgelava ed il frumento cominciava a prendere il suo colore vivido e lustro, lungo le prode dei campi apparivano i mucchietti di terra scavati dalle talpe. Quando noi nei pomeriggi caldi andavamo a raccogliere il radicchio selvatico che la nonna cucinava per la cena, vedevamo lo zio grande come un orco che andava a tendere le sue trappole per poter catturare quei poveri animaletti. Tutto l’inverno le aveva fabbricate con del fil di ferro e con una molla che scattava entro un cappio fatto a cerchio. Quando le talpe passando entro i loro piccoli e stretti corridoi sotterranei, mettevano dentro la testolina, quella scattava e la talpa veniva attratta verso un chiodo acuminato e rimaneva lì, spesso col capino fracassato. Così lo zio poteva tornare ogni mattina dai campi reggendo mazzi di quelle orribili trappole da ognuna delle quali pendeva una bestiola inanimata. Una volta a casa, ridacchiando soddisfatto le scuoiava e quindi inchiodava le loro pelli in lunghe tavole e le metteva ad asciugare, dopo averle salate, all’ombra dei granai ormai quasi vuoti. Sarebbero state vendute, lo sapeva ben lui a chi, per le pelizie dele siore. Io e lo zio quella primavera combattemmo una nostra battaglia. Quando s’avviava per i campi io di nascosto lo seguivo, curvo dietro i cespugli mi bastava vedere quale campo infilasse. Poi, calata la sera, me ne stavo per delle ore steso rigido sul mio saccone di foglie di granoturco ad aspettare che tutti dormissero. Quando ero ben certo che la casa fosse immersa nel silenzio socchiudevo l’uscio del camerone al pianterreno dove dormivo con i fratelli e mi avviavo scalzo verso i campi roridi di rugiada. Arrivato accanto alla siepe, strappavo da un cespuglio uno stecco bello grosso e con quello andavo a frugare dentro tutti i mucchietti di terra delle talpe che trovavo. In molte, soddisfatto, sentivo lo scatto della molla. Comunque non ricordo davvero quanto durasse quel mio vagabondare notturno per i campi. Quando tornavo, senza far rumore mi andavo a sedere accanto all’abbeveratoio, mi lavavo accuratamente i piedi, ritornavo nel mio letto e mi addormentavo di colpo. Al mattino quando lo zio tornava dalla sua caccia, logicamente veniva a raccontare, arrabbiato come un cuco, che di nuovo qualcuno aveva fatto scattare le sue trappole, boia vaca! e che se riusciva ad acchiapparlo quel furfante ne avrebbe fatto polpette. Io fingevo stupore, un po’ ridacchiavo sotto i baffi, ma tacevo. Sì, tacevo. Ma un giorno decisi che avrei scavato tutte le trappole e le avrei gettate dentro la foiba di Santa Lucia. Così quando fui certo che tutta la casa era immersa nel sonno, anche quella notte mi alzai. L’aia era inondata dalla luce della luna. La notte era chiara e quieta. Camminai in punta di piedi accompagnato dal lontano abbaiare dei cani. Non mi fu difficile trovare le trappole. Prima con lo stecco feci scattare la loro molla, poi le sollevai da terra e ricomposi i mucchietti scavati dalle talpe. In due trovai delle bestiole già morte. Delicatamente liberai i loro corpicini dalla stretta e li seppellii in quel loro buchetto. Non so come, ma ad un tratto mi trovai sotto il grande pesco fiorito, l’albero che era una specie di meraviglia domestica per gli abbondanti e grossi frutti che dava. Mi sembrò di essere entrato in una nuvola rosa perché sotto i raggi della luna quei fiori erano diventati qualcosa di irreale. Sentii forte il desiderio di staccare un piccolo ramo del grande albero fiorito, un piccolo ramo tutto per me. Ma non volli toccare i rami più bassi, perché temevo che qualcuno potesse accorgersi del danno. Così, abbandonato il mazzo di trappole catturate ai piedi del tronco, mi arrampicai. La scorza era ruvida e mi dilaniò le cosce nude, ma io non sentii dolore. Senza grandi sforzi raggiunsi i primi rami e poi fu ancora più facile: su, ancora più su, come uno scoiattolo, e mi parve di essermi davvero immerso in una nuvola rosa, fantastica, a forma di castello dentro il quale potevo vivere con tutte le talpe dei campi del nonno, quelle talpe dal pelo liscio, grigio, lustro. Non seppi decidermi subito per il ramo che avrei staccato. O erano troppo grandi o troppo piccoli, avevano troppi fiori o ne avevano troppo pochi. Mi decisi alla fine per un piccolo ramo con pochi fiori, perché mi ricordai di tutte le notti che il nonno avrebbe trascorso nel capanno di canne per vigilare sugli eventuali ladri dei suoi ottimi frutti destinati al mercato. Me lo misi quel ramettino dentro la camicia e quindi cominciai a scendere. Pensavo che sarebbe stato bello in quel momento poter cantare una bellissima canzone che avevo imparato a scuola e che narrava della primavera che giungeva con il grembiule pieno di fiori. Ma era notte, c’era la luna e probabilmente non molto lontano uno zio che vegliava in attesa di qualche rumore sospetto sui campi. Mi lasciai cadere dal ramo più basso. Sentii i miei piedi affondare nella terra soffice poi ad un tratto qualcosa di duro, uno scatto, una fitta terribile all’alluce del piede destro. Pian piano cercai di alzarlo, ma era come se qualcuno volesse strapparmelo. Cercai di liberarlo ma non ci riuscii perché il dolore era troppo acuto e poi anche perché ad un tratto mi accorsi che la mia mano era sporca di sangue. Chiusi gli occhi e mi distesi sulla terra molle credendo di essere ormai morto. I miei occhi erano pieni di lacrime. Mi sfuggì un lamento, poi un altro più lungo e dopo poco il mio pianto era disperato. Mi parve che la notte fosse diventata ad un tratto buia come la pece e che sull’albero di pesco, invece dei fiori, ci fossero solamente delle civette. Quindi sentii delle grida, vidi della gente che accorreva con dei lumi in mano. E riconobbi una figura che veniva innanzi agli altri arrancando con il suo passo spedito da orco. Dalla paura mi misi ad urlare con quanto fiato avevo in gola ed a strisciare nell’intento di sfuggire a quella processione che avanzava dondolando i lumi. Fu lo zio che mi liberò il piede e poi mi prese in braccio. Io dapprima mi divincolai ma poi mi abbandonai come dentro ad una culla e fu proprio in quel momento che cessò anche il dolore. Naturalmente tutti arrivarono gridando e commentando infuriati, perché credevano di dover dare la caccia ai soliti ladri di galline. Quando lo zio mi depose nel suo letto e tutte le donne brontolando acide mi vennero attorno con acqua, aceto e bende, io dalla vergogna strinsi gli occhi e non volli rispondere ad alcuna domanda. Chissà perché, la nonna commentò con quella sua voce secca: - Vara ti, ‘sta mularia!…Anca de note i va in giro ‘sti fioi imboressadi, a far stupidade! In quella confusione qualcuno ad un tratto mi prese la mano. Erano due palme ruvide quelle che accarezzavano la mia, due palme enormi. Quando aprii gli occhi accanto al letto vidi lo zio. Era senza camicia, aveva addosso soltanto una maglia bucata. Mi sorrise e poi mi fece l’occhiolino quindi, levato chissà da dove il piccolo ramo con i pochi fiori di pesco, lo infilò dentro la piletta dell’acqua santa. Indi si alzò e brusco, cacciò tutti fuori, tutte le donne nonna compresa, fora a dormir orca vacca! Da quella notte io dormii con lui, in quel suo letto enorme, fin quando si sposò con la bionda Marussa. E delle talpe? Delle talpe non si parlò più, quell’inverno le siore sarebbero rimaste senza la bela pelizia! Mario Schiavato Un bestiario per il XXI secolo a cura di Krsto Babić Il “Libro dell’ignoranza sugli animale” esplora le stranezze e assurdità legate al regno animale e permette di scoprire - con il beneplacito della scienza -, che reale e fantastico convivono felicemente in ogni angolo del mondo e in ogni sua creatura, mammifero, anfibio o insetto che sia. L’onisco delle cantine che beve dal sedere, gli scorpioni fosforescenti al buio, le bisce che fingono crisi di vomito e svenimenti per allontanare gli estranei, i pinguini maschi che pagano in pietre le femmine in cambio di favori sessuali: il regno animale non ha alcun bisogno della nostra immaginazione per rivelarsi straordinario. Con l’aiuto dei disegni e delle vignette dell’illustratore americano Ted Dewan, e con lo stile frizzante e il rigore scientifico che già caratterizzava la loro opera precedente, “Il libro dell’ignoranza”, John Mitchinson e John Lloyd fondono l’obiettività e l’autorevolezza di un manuale di zoologia con il ritmo di un testo letterario, smentendo categoricamente lo stereotipo secondo cui imparare è noioso. Unitevi al team scovaignoranza per un safari attraverso i cento membri più interessanti del regno animale. Venite a trovare il parassita che vive sul vostro gatto, rendendo gli uomini irritabili e le donne promiscue. Stupitevi davanti agli elefanti che camminano in punta di piedi, ai maiali che brillano al buio, ai picchi che hanno le orecchie sulla lingua. Un’esilarante esplorazione delle stranezze e assurdità del regno animale. Il libro dell’ignoranza sugli animali Mitchinson John, Lloyd John Editore: Einaudi Collana: Stile libero extra Pubblicazione: 2009 Pagine: XV-304 Un libro scritto da Roberto Marchesini La psicologia umana applicata alla cinofilia “Pedagogia cinofila” è una presentazione teorica e pratica di un modo completamente nuovo di considerare il cane nei suoi aspetti comportamentali e di apprendimento, fondato su due paradigmi di base: il “principio relazionale” e il “principio mentalistico”. L’approccio cognitivo e zooantropologico si basa ovviamente su metodi gentili e su correlate etografiche, ma le sue specificità sono altre: la considerazione mentalistica del cane, la valutazione relazionale del processo educativo, l’impostazione pedagogica del training. Si tratta quindi di interpretare “il perché” del comportamento e “il come” della costruzione del profilo comportamentale, adottando un nuovo approccio in tutte quelle attività di interazione e di modificazione del comportamento (training, terapia) che oggi si è abituati a interpretare in chiave performativa. L’intento del manuale “Pedagogia cinofila” è pertanto quello di superare la visione addestrativa nel training cinofilo in nome di un’impostazione pedagogica. Roberto Marchesini, autore dell’opera è uno studioso di scienze biologiche e di epistemologia, scrittore e saggista, ha pubblicato numerosi articoli e ricerche sul rapporto uomo/animale e sulle applicazioni didattiche, consulenziali e assistenziali della relazione con l’animale. Presidente della Società italiana di scienze comportamentali applicate e direttore della Scuola di interazione uomo animale, Marchesini insegna Scienze comportamentali applicate in alcuni atenei italiani. Dirige la collana Neobiologie e il periodico “Quaderni di Bioetica”. Tra i sag- gi pubblicati ricordiamo “Il concetto di soglia” (Theoria, 1996), “La fabbrica delle chimere” (Bollati Boringhieri, 1999), “Post-human” (Bollati Boringhieri, 2002) e “Imparare a conoscere i nostri animali” (Giunti, 2003). Per Alberto Perdisa ha pubblicato, “Fondamenti di zooantropologia” (2005), “I nostri amici animali” (2002), “A lezione dal mondo animale” (2001), “Animal Appeal”, “L’identità del cane”, “Canone di zooantropologia” e “Bioetica e Biotecnologie”. Pedagogia cinofila Marchesini Roberto Editore: Alberto Perdisa Editore Collana: Oasi Alberto Perdisa Pubblicazione: 2007 Pagine: 278 animali 7 Mercoledì, 15 luglio 2009 AVVISTAMENTI È un plantigrado arrivato dall’Europa orientale Un nuovo orso in Valle del Mis BELLUNO – Si chiama Dino, in onore di Dino Buzzati, è maschio, ma soprattutto è un orso: i genetisti che lo hanno identificato lo classificano con la sigla scientifica M5 e dicono che si tratta di un nuovo arrivo al Parco nazionale Dolomiti bellunesi e che proviene probabilmente dall’Europa dell’Est. Il suo patrimonio genetico, è stato accertato dall’analisi delle feci, non corrisponde a quello di nessuno degli antenati o dei discendenti della popolazione degli orsi trentini. Allo stesso orso appartengono anche i campioni raccolti dalle guardie provinciali, tra aprile e maggio, in Cadore, a Seren del Grappa e a Cortina. Le analisi sulle feci, raccolte dal personale del Corpo Forestale dello Stato in Valle del Mis, nel cuore del Parco, il 17 aprile scorso, sono state eseguite dai laboratori dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), che ne hanno inviato i risultati all’Ente parco e alle altre amministrazio- ni che controllano gli spostamenti degli orsi sulle Alpi. Campioni di Dna appartenenti allo stesso orso sono stati rinvenuti anche in provincia di Bolzano, a Marebbe, a metà maggio. “I risultati delle analisi ha dichiarato il direttore del Parco, Nino Martino –, sono di notevole interesse e permettono di ricostruire i grandi spostamenti che questi animali compiono attraverso le Alpi, superando le invisibili barriere amministrative, innalzate dall’uomo tra Province, Regioni e Stati”. Hanno suscitato l’attenzione dei genetisti anche le tracce lasciate da KJ2G2, un orso di 3 anni, nato in Trentino, che fino allo scorso autunno si trovava nella zona dell’altopiano di Asiago ed è stato campionato anche ad Auronzo e in Austria, nel Parco nazionale degli Alti Tauri. “Siamo contenti – ha spiegato Martino –, che Dino non sia il solo orso che frequenta il Parco e seguiremo con interesse tutti i loro futuri spostamenti”. (a) ATTUALITÀ I rinoceronti nel mirino Il bracconaggio è in aumento GINEVRA – Vengono privati delle corna dai bracconieri e lasciati morire dissanguati: è questa l’atroce destino al quale vanno incontro circa una dozzina di rinoceronti al mese solo in Sud Africa e Zimbawe. A denun- ciarlo sono stati il Wwf, l’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) e la rete di controllo del commercio illegale di animali “Traffic” durante il 58.esimo Incontro sulla convenzione del commercio internazionale che si svolto la scorsa settimana Ginevra. L’aumento del bracconaggio sarebbe legato alla crescente domanda di corna di rinoceronte che, secondo la medicina tradizionale di alcuni Paesi, avrebbero effetti benefici. In Africa si stima che fra il 2000 ed il 2005 siano stati cacciati illegalmente circa tre rinoceronti al mese, su una popolazione che conta in totale 18mila esemplari. In Asia la situazione non è migliore. Dall’inizio dell’anno sono stati ritrovati morti circa dieci rinoceronti in India e sette in Nepal, su una popolazione di 2.400 rinoceronti a rischio. Secondo quanto emerso dall’incontro di Ginevra, “il commercio illegale di corna di rinoceronte è diretto dall’Africa verso l’Asia, in particolare Vietnam, Cina e Thailandia”. (a) CRONACA Cattive abitudini Un elefante in autostrada Scoperte ancora tre specie di dinosauri CROTONE – Un elefante caricato su un rimorchio per pubblicizzare l’arrivo del circo a Crotone è costato sanzioni amministrative per circa cinquemila euro ai titolari del Circo Togni che nei giorni scorsi ha fatto tappa nella città calabrese. L’elefante era stato sistemato su di un rimorchio da cui riusciva a far passare anche la sua proboscide lunga due metri creando, non solo disagi ad automobilisti e centauri, ma diventando anche un motivo di pericolo per la circolazione stradale. Inoltre, gli agenti della Polstrada hanno verificato che il trasporto dell’elefante è avvenuto in difformità a quan- SYDNEY – Tre nuove specie di dinosauri australiani sono state scoperte in un corso d’acqua preistorico nell’entroterra del Queensland, nel nordest del continente. Sono i primi grandi dinosauri scoperti in Australia in quasi 30 anni e vagavano per il continente durante il Cretaceo, 98 milioni di anni fa. I fossili dei due sauropodi erbivori e di un teropode carnivoro sono stati scavati nelle rocce della formazione sedimentaria di Winton, un’area ricca di resti fossili, dove durante il cretaceo si trovava un tratto di mare poco profondo, che si prosciugava lentamente con il calare del livello dei mari. Ora gli scheletri ricomposti sono esposti nel Museo dell’età dei dinosauri di Winton, inaugurato all’inizio di questo mese da Anna Bligh, premier dello Stato federato dello Queensland. La scoperta, descritta sulle pagine della rivista internazionale PloS One, riporta l’Australia sulla mappa della paleontologia e descrive la sua fauna prima che si separasse dal supercontinente Gondwana, scrive il paleontologo Scott Hocknull del Museo del Queensland, che ha guidato gli scavi. I tre scheletri sono di nuovi generi di dinosauri, che mostrano legami evolutivi con i dinosauri dell’emisfero nord. “I dinosauri si diversificarono e si diffusero per tutto il mondo ma l’Australia, essendo un luogo molto isolato e all’estremità del mondo, ha sviluppato la sua fauna unica”, ha osservato il ricercatore. Il nuovo genere di carnivoro, chiamato Australovenator dai ricercatori, era leggero e agile, era alto sei metri, si muoveva a grande velocità e su terreno aperto poteva raggiungere qualsiasi preda. La to previsto dalla normativa, anche in considerazione del fatto che si trattata di un animale potenzialmente pericoloso. Da qui la decisione, non solo di scortare il mezzo fino a dove era stato allestito il Circo, ma di sanzionare i titolari per una serie di violazioni, tra cui l’inosservanza del decreto sul trasporto di animali, il codice della strada, l’inidonietà del mezzo al trasporto dell’elefante. Ringraziamenti al comandante della Polizia stradale, Renato Alfano, sono giunti, in una nota, da Carla Rocchi, presidente dell’Ente nazionale protezione animali (Enpa), secondo la quale l’episodio “dimostra ancora una volta la insensibilità del mondo circense e, al tempo stesso, la grande sensibilità, a tutela del benessere dell’animale, della sensibilità dei cittadini e del principio di legalità”. “Mi compiaccio – ha concluso Rocchi - col dirigente superiore, Roberto Sgalla, direttore del servizio di Polizia stradale, per la grande professionalità degli uomini al suo comando”.(a) PALEONTOLOGIA Vissero 98 milioni di anni fa sua arma letale erano tre lunghi artigli affilati in ciascuna zampa superiore. I dinosauri vegetariani sono due nuovi tipi di sauropodi titanosauri, i più grandi animali che abbiano mai percorso la terra. Uno chiamato Wintonotitan, dal collo lunghissimo e la testa piccola, arrivava a 16 metri d’altezza, mentre il Diamantinasaurus aveva dimensioni del tutto simili a quelle di un odierno ippopotamo. Vi sono ancora molti fossili da scoprire nel sito di Winton, scrive Hocknull, che spera di trovare anche resti dei più antichi mammiferi dell’Australia: “Vi sono almeno 50 altri siti che conosciamo e che devono ancora essere scavati, quindi i prossimi 20 o 30 anni saranno molto interessanti per la scienza dei dinosauri australiani”. (a) 8 animali Mercoledì, 15 luglio 2009 AGENDA CONCORSO In Più Animali ti premia Scatta una fotografia, scrivi una poesia, fai un disegno (su foglio A4) o dedica un racconto ad un animale, vero o immaginario, al quale sei particolarmente legato e invialo in busta chiusa a “La Voce del Popolo” – “In più Animali” (Via Re Zvonimir 20a – Fiume (Rijeka) 51000 – Croazia). Nella busta inserisci un biglietto con su scritti il tuo nome, recapito telefonico, indirizzo ed età. Ogni mese saranno pubblicati i lavori più belli. Tra le opere pubblicate ne sarà scelta una, al cui autore andrà in premio un libro della casa editrice EDIT di Fiume. I testi, che non devono superare le 3.600 battute (spazi compresi), le foto e i disegni, se in formato digitale, possono essere inviati anche all’indirizzo di posta elettronica [email protected] (le foto scattate con il cellulare non sono idonee alla pubblicazione). I testi, i disegni e le foto non saranno restituiti. PROVERBIO “Snoopy” - Pola: Gsm: 098/856-660 Web: www.snoopy.hr Canile di Pola Tel: 052/541-100 Gsm: 098/855-066 Società per la potezione degli animali di Fiume Gsm: 098/649-939 Web: www.azil.org “Lunjo i Maza” - Laurana Gsm: 091/736-8459 Associazione per il benessere e la tutela dei gatti “Mijau” Gsm: 091/543-5819 Associazione amici degli animali “Capica” - Fiume Tel/fax: 051/2629-68 e 051/227-266 Gsm: 098/264-892 Gruppi cinofili “Tra cani non si mordono”. INTERPRETAZIONE: le persone della stessa risma, specie se potenti, non si danneggiano tra loro, e anzi spesso si spalleggiano contro gli altri. AFORISMA Non si dicono mai tante bugie quante se ne inventano prima delle elezioni, durante una guerra e dopo la caccia. Otto von Bismarck INIZIATIVE Progetto Archimede Un film contro gli abbandoni MILANO – È stata presentata a Milano alla presenza di numerosi rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni animaliste una nuova campagna sociale contro l’abbandono dei cani. Il progetto annunciato venerdì scorso nel capoluogo lombardo è stato denominato: “Archimede, l’amore per gli animali nello spazio di una grande città”, e prevede la messa in onda da settembre in 200 sale cinematografiche italiane e nei punti video delle aree di sosta delle tangenziali di Milano e dell’autostrada A7 uno spot pubblicitario della durata di 40 secondi. Diretto dal regista Andrea della Zanna, il filmato è già disponibile su Youtube e sui siti delle associazioni che ne hanno promosso la realizzazione: la Lega nazionale per la difesa del cane, Gaia animali e ambiente, Oipa e Freccia 45. Sul tema dell’abbandono degli amici a quattro zampe è stato prodotto anche un cortometraggio di sei minuti, che sarà presentato al prossimo Festival del cinema di Venezia. La campagna ha ottenuto il patrocinio del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali nonché quello del Comune di Milano. Alla cerimonia ha presenziato pure Francesca Martini, sottosegretario alla Salute, che ha a sua volta annunciato un progetto comune promosso dal suo Ministero in collaborazione con il Dicastero Associazioni Società cinofila “OPATIJA” Casella postale 12, 51410 Abbazia Tel: 051/250-555 Società cinofila “RIJEKA” Via dei combattenti di Valscurigne 2a, 51000 Fiume Tel: 051/216-030 Gsm: 091/563-4460 E-mail: [email protected] Club di cinofilia sportiva “RIJEKA” Via Kumičić 38, 51000 Fiume Tel: 051/421-457 Gsm: 091/120-8975 E-mail: [email protected] Associazione cinofila “BUZET” Piazza Fontana 7, 52420 Pinguente Tel: 052/773-654 Gsm: 098/207-689 E-mail: [email protected] Associazione cinofila “LABIN” Vines, Casa di cultura s.n., 52220 Albona Gsm: 098/610-801 E-mail: [email protected] Società cinofila “POREČ” Via Mauro Gioseffi s.n., 52440 Parenzo Tel: 052/431-530 Società cinofila “PULA” Via Marulić 4/I, 52100 Pola Tel: 052/535-041 Società cinofila “ROVINJ” Via della 43.esima divisione istriana 34, 52210 Rovigno Tel: 052/829-041 Gsm: 091/568-2781 E-mail: [email protected] Club “ISTARSKI GONIČ” Via Albona s.n., 52470 Umago Tel: 052/756-006, 052/742-101 e 052/742-019 Società cinofila “PAZIN” 52000 Pisino Tel: 052/624-361 Gsm: 091/624-7210 Società cinofila “ISTARSKI GONIČ” Via dell’Istria 36, 52460 Buie Tel: 052/742-884 Gsm: 091/252-8165 Società venatorie “Platak” – Fiume Via Frane Rački, 51000 Fiume Gsm: 091/537-0818 “Lane” – Abbazia Via M.Lahinja 14, 51410 Abbazia Tel: 051/271-515 Fax: 051/718-913 Gsm: 091/272-6921 “Kobac 1960” – Laurana Via Maresciallo Tito 84, 51415 Laurana Tel: 051/292-461, Gsm: 091/912-2143 “Perun” – Draga di Moschiena Mošćenice 21, 51417 Draga di Moschiena Tel: 051/737-441 Fax: 051/739-030 Gsm: 091/794-2590 “Kamenjarka” – Lussinpiccolo Casella postale 96, 51550 Lussinpiccolo Gsm: 098/240-864 “Orebica” – Cherso Via 20 travanj 3, 51557 Cherso Gsm: 098/864-894 “Lisjak” – Castua Šporova jama 2, 51215 Castua Tel: 051/543-238 Gsm. 091/790-7148 Programmi televisivi Sabato ore 10.20 su TVC1: “Beniamini domestici” RICERCA Una sorprendente scoperta scozzese Il caldo ha ristretto le pecore Francesca Martini del Turismo, anch’esso a favore degli animali. “Sabato prossimo a Milano io e il ministro Vittoria Brambilla presenteremo un nuovo progetto di cooperazione tra il Ministero della Salute e quello del Turismo per rendere più efficace l’accesso on line alle informazioni utili per chi vuole viaggiare con i propri animali”, ha rilevato Francesca Martini. “Abbandonare o maltrattare un animale e in particolare un cane, che è un animale d’affezione – ha aggiunto Martini – è un reato penale, punibile con l’arresto da tre mesi ad un anno”. Il sottosegretario ha ricordato anche l’impegno profuso dal suo Ministero per avviare programmi di sensibilizzazione rivolti non solo agli adulti, ma anche ai più piccoli. “Con il ministro Mariastella Gelmini stiamo studiando un percorso educativo per le scuole che potrebbe partire già a ottobre”, ha spiegato la Martini. (a) ROMA – Non bastava il rischio climatico, a colpi di uragani e alluvioni, né il fatto che le temperature in ascesa mettono in grave pericolo di estinzione numerose specie animali, il riscaldamento globale, sempre più avvertito anche nei paesi del Nord prima caratterizzati da inverni rigidissimi, ha i suoi effetti diretti sugli animali, arrivando a modificare le loro dimensioni corporee. È quanto emerso in uno studio pubblicato sulla rivista Science sulle pecore selvatiche di Soay che vivono a Hirta, un’isola dell’arcipelago di St Kilda in Scozia. Per colpa del caldo le pecore scozzesi di Soay si sono ridotte di taglia negli ultimi anni, spiega Tim Coulson dell’Imperial college di Londra. Le dimensioni medie del corpo di questi animali sono diminuite del 5 p.c. negli ultimi 24 anni. Si tratta di un’evidenza scientifica importante perché per la prima volta si vede come il riscaldamento globale è pervasivo al punto da sovvertire le regole dell’evoluzione biologica, in base alle quali a questi animali è sempre convenuto essere di taglia grossa. Durante l’inverno in regioni dal clima freddo gli animali tendono ad aumentare di taglia perché questo gli dà un vantaggio evolutivo aiutandoli a superare la rigidità climatica. Eppure le pecore scozzesi, in barba alle regole dell’evoluzione, hanno cominciato a diminuire di dimensioni. Adesso gli studiosi inglesi hanno sciolto il paradosso delle “pecore ristrette”. Gli esperti hanno confrontato le dimensioni delle pecore negli ultimi 24 anni e, per alcuni esemplari anche il peso dell’agnellino dalla nascita al primo anno di vita, con i cambiamenti climatici e le tempera- ture stagionali della loro isola. È emerso che quando le temperature invernali decrescono, in risposta ai cambiamenti climatici, il corpo delle pecore si riduce. Inoltre, gli agnellini alla nascita hanno un peso inferiore della media e la loro massa corporea non aumenta molto rapidamente nel primo anno di vita. “In passato solo le pecore e gli agnellini grandi e sani venivano portati al macello – ha spiegato Coulson –, ma adesso al seguito del cambiamento climatico globale erba e cibo sono disponibili per le pecore per quasi tutti i mesi dell’anno, le condizioni di sopravvivenza non sono più così impegnative e anche gli agnellini più deboli possono restare al sicuro, anche se il loro peso non è aumentato molto nei primi mesi di vita. Persino gli agnelli più gracili e che crescono meno e meno in fretta possono farcela e questo significa che gli animali di dimensioni più piccole stanno diventando via via più prevalenti nella popolazione”. Il cambiamento climatico contrasta quindi con forze evolutive importanti quali la selezione naturale. (a) Anno II/ n. 26 del 15 luglio 2009 “LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat edizione: ANIMALI / e-mail: [email protected] Redattore esecutivo: Krsto Babić / Impaginazione: Annamaria Picco Collaboratori: Giorgio Adria, Valentino Pizzulin, Sabrina Ružić e Mario Schiavato Foto: Ardea Stanišić e d’archivio La pubblicazione del presente supplemento viene supportata dall’Unione Italiana grazie alle risorse stanziate dal Governo italiano con la Legge 193/04, in esecuzione al Contratto N° 83 del 14 gennaio 2008, Convezione MAE-UI N° 2724 del 24 novembre 2004