15.7.2009 - La voce del popolo

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DEL POPOLO
IL TEMA DEL MESE
Educare e non maltrattare
La padrona mostra le braccia, sono piene
di cicatrici da morsi e graffi, quasi fosse
stata torturata, il marito inchiodato sulla
sedia a rotelle è disperato. Lo specialista
capisce che in quella famiglia mancano
le regole. Sugar approfitta della debolezza dei due padroni per schiavizzarli.
Come prima terapia d’urto Cesar simula
di azzannare il cane usando le mani come
una bocca dentata, l’altro capisce al volo
che non è aria di scherzare. Quel tarchiato messicano dalle dita d’acciaio proprio
non assomiglia ai due vecchietti che si
lasciavano maltrattare. Gli si accuccia ai
piedi. È domato.
In una ex officina situata nei sobborghi di Los Angeles Millan ha realizzato
il suo correzionale per cani che definisce
un “centro di supporto psicologico” (ww
w.dogpsychologycenter.com). All’interno sono stati ricostruiti tutti gli ambienti abitualmente frequentati dagli esseri
umani, ma dove i cani indisciplinati potrebbero rappresentare un problema. Ci
sono una piscina, un parco giochi, dei tavoli da picnic. Le bestie vengono internate e restano in cura fino a che non hanno
ben chiaro chi è che comanda. I pazienti soffrono di varie patologie, si va dai
semplici maleducati ai veri e propri killer, che quando entrano hanno più di un
“canicidio” o “gatticidio” sulla loro coscienza quadrupede, ma che dopo il trattamento escono docili e mansueti come
agnellini.
Ora il Dog Whisperer alias Cesar Millan è diventato anche un divo televisivo. Il suo soprannome è il titolo di un
programma del canale “National Geographic”. Il format è quello collaudato
della serie “SOS Tata”, la sola differenza
è che l’intervento di pronto soccorso per
famiglie disastrate non tratta bambini discoli e viziati, bensì cani dalle caratteristiche analoghe. È il super eroe dell’umanità prigioniera nel pianeta dei cani che
qui riporta ogni rapporto nel giusto equilibrio. Tra sussurri e morsi riesce sempre
a farsi dare la zampa dall’unico animale
che abbia imparato ad approfittare di chi
gli vuol troppo bene, qualcuno forse gli
ha fatto credere di poter fare l’antipatico
come un comune rampollo di stirpe umanoide. (kb)
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l miglior amico dell’uomo se troppo
coccolato può trasformarsi in un despota viziato e capriccioso. I cani sono
diventati un’alternativa ai figli? Bene, allora bisogna saperli educare. Nell’addestrarli bisogna usare fermezza e se serve
anche un po’ di maniere forti. Ciò non significa che un cane deve essere maltrattato. Un cane che ha assaporato la paura è
una “miccia accesa”, una “bomba ad orologeria” che rischia di esplodere in qualsiasi momento, trasformandosi in un pericolo per sé stesso e per chi gli sta accanto
in quel momento.
Negli Stati Uniti questo problema è
talmente sentito che uno specialista impegnato ad aiutare i padroni divenuti
succubi dei loro animali è ormai famoso
quanto le più celebri stelle del cinema. Il
giornalista Malcolm Gladwell lo ha celebrato sul “The New Yorker Magazine”
come fosse il mago del recupero canino.
Il protagonista di questa storia si chiama
Cesar Millan.
L’uomo che sussurra ai cani si propone come guru del movimento dei padroni
maltrattati, è un ex immigrato clandestino che quattordici anni fa passò di straforo il confine con gli Stati Uniti. A differenza di migliaia di immigrati irregolari
che si sono adattati a qualsiasi lavoro, lui
si è inventato un mestiere osservando in
città uomini e donne farsi trascinare dai
cani al guinzaglio. Ha quindi capito che
avrebbe fatto una discreta fortuna insegnando agli imbelli di Los Angeles come
non farsi soggiogare dai loro viziatissimi
cagnolini. Facilissimo per lui, aveva imparato tutti i segreti dell’addestramento
canino quando da ragazzo lavorava nella
fattoria del nonno in Messico. Definirlo
con il detestabile appellativo di addestratore ci porterebbe però fuori strada, stiamo parlando di un raffinato educatore,
quasi uno psicologo che cura il narcisismo canino.
Nel proprio articolo Gladwell illustra
l'intervento di Millan a casa dei coniugi
Forman. Qualcosa non funziona nel rapporto che la coppia ha stretto con Sugar,
la loro cagnetta di razza Beagle. Hanno
la casa distrutta, l’infame bestiola mordicchia e sputa a pezzi ogni oggetto di
plastica che le capiti a tiro di mandibola.
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IL RUGGITO
di Krsto Babić
Vietato l’accesso ai cani e...
L’apertura del Molo longo (tra i fiumani “patochi” dai capelli brizzolati c’è anche
chi lo chiama Molo lungo) ai passeggiatori è un evento importante per la città di Fiume.
L’inaugurazione del “nuovo” lungomare è avvenuta sabato scorso, senza particolari cerimonie, in sintonia con i tempi che corrono, ma non ai dogmi della promozione turistica.
Sono stati centinaia, forse migliaia i fiumani e i turisti che nel fine settimana hanno percorso i quasi due chilometri della diga foranea (quattro tra andata e ritorno), ammirando
l’estetica dei magazzini del porto di epoca asburgica e godendosi una veduta inconsueta
del capoluogo quarnerino.
La diga frangiflutti dello scalo fiumano per molti decenni è rimasta inaccessibile in
quanto era stata proclamata zona doganale. In passato chi voleva visitare il Molo longo o
lungo, doveva munirsi di un permesso. In caso contrario chi si incamminava lungo la diga
foranea rischiava di essere fermato e di rispondere del reato di passaggio non autorizzato
della frontiera di Stato davanti a un giudice.
Le condizioni per la realizzazione del nuovo passeggiatoio si sono create con la rimozione del bacino di carenaggio del cantiere navale Viktor Lenac, che fino a pochi anni fa
occupava l’imbocco della diga foranea. Al posto del Dock 3, venduto nel 2004 alla società
Jadranmetal di Pola, che lo ha sezionato, vendendone le lamiere, oggi è sorto un moderno terminal passeggeri. Nell’arco di pochi giorni la nuova Stazione marittima dovrebbe
entrare in funzione, e accogliere i primi traghetti. In futuro l’infrastruttura dovrebbe accogliere anche navi da crociera, che acconsentiranno di portare a circa mezzo milione il numero dei passeggeri in transito attraverso lo scalo quarnerino, tre volte quelli odierni.
Una cuccagna penserete. Purtroppo non è tutto oro ciò che luccica. All’imbocco del
Molo longo è stata collocata una tabella nella quale sono stati indicati i divieti in vigore
sul lungomare. Molte delle limitazioni sono assolutamente condivisibili. Non è permesso
arrampicarsi sulle gru, tuffarsi in mare o salire sulle imbarcazioni ormeggiate. D’altro
canto, tra i divieti figura pure quello di introdurre sul lungomare i cani. Una decisione che
non possiamo condividere, ma neppure condannare, considerato il grado di educazione
di buona parte dei proprietari. Persone che non solo non tengono al guinzaglio i propri
pet nei luoghi pubblici, ma che mai e poi mai si sognerebbero di rimuovere gli escrementi
dei propri cani.
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Mercoledì, 15 luglio 2009
RODITORI Crocidura minore od odorosa, un topolino formato mignon
Il «sorcio» che viaggia in fila indiana
A cura di Giorgio Adria
L
a crocidura minore od odorosa (Crocidura suaveolens) è un mammifero soricomorfo della famiglia Soricidae.
È uno dei più piccoli mammiferi
europei, raramente supera gli otto
centimetri di lunghezza (coda
esclusa) e i sei grammi di peso.
La durata massima della vita di
questo minuscolo roditore è, in
natura di diciotto mesi e in cattività di quattro anni. La specie
è presente in Europa (soprattutto centro-meridionale), nell’Africa settentrionale e in maniera discontinua in Asia (fino alla Corea
e Formosa).
La colorazione della pelliccia è piuttosto variabile. Ad una
colorazione di fondo grigiastra
si sovrappongono velature più o
meno marcate di bruno rossiccio
e di toni bruni più scuri. La parte
ventrale è grigio chiara, con sfu-
mature dal giallo crema al giallo
ocra. Elemento caratteristico è la
mancanza della netta demarcazione laterale tra il manto dorsale e quello ventrale, che consente
di differenziarla dalle congeneri
Crocidura sicula e Crocidura leucodon.
La crocidura minore è una
specie terricola con abitudini sia
diurne sia notturne. Utilizza spesso come nidi tane scavate da altri
mammiferi o semplici anfrattuosità delle rocce o alla base dei cespugli, che riveste con una lettiera
di foglie e ramoscelli.
Al pari di altre specie affini, la
crocidura minore pratica il caravanning: i cuccioli si dispongono
in fila indiana aggrappandosi alla
coda della madre, che li guida negli spostamenti. Il caravanning è
utilizzato per spostare la nidiata
in caso di pericolo e di disturbo
al nido, nonché per incoraggiare
i piccoli all'esplorazione del territorio. La crocidura minore, come
numerose altre specie di soricidi,
nonostante le dimensioni ridotte,
consuma, in rapporto alla propria
massa, notevoli quantità di cibo a
causa del suo elevato metabolismo. La sua dieta è costituita pre-
valentemente
da
insetti,
ragni, gasteropodi, piccoli vertebrati e, rispetto alle altre
crocidure, anche da una significativa componente vegetale (foglie,
radici e semi). A sua volta la crocidura odorosa è cacciata da animali carnivori di piccole e medie
dimensioni e dai rapaci, in particolare dagli Strigiformi.
È raro che la crocidura minore
superi gli otto centimetri di lunghezza
La stagione riproduttiva va
dalla primavera all’autunno. Le
femmine possono avere fino a
cinque gravidanze per stagione.
La durata della gestazione è di
poco inferiore a un mese. I giovani escono dal nido già intorno
agli otto giorni di vita e raggiungono la maturità sessuale a circa
tre mesi.
ORNITOLOGIA È uno degli uccelli più diffusi in Europa
Il canto del Merlo
A cura di Valentino Pizzulin
Il merlo (Turdus merula) è un uccello della famiglia dei Turdidae. Assieme
al passero e ai piccioni, questo inconfondibile pennuto dal solenne mantello nero
e dal becco arancione, è tra gli uccelli più
diffusi in Croazia, Italia e Slovenia, comune in ogni parco e giardino. Gli esemplari ormai abituati alla vita cittadina hanno
perso in parte la naturale astuta diffidenza e non esitano ad avvicinarsi all’uomo.
In passato i merli sono stati cacciati con
un accanimento che non è giustificabile
né dai limitati danni che arrecano ai frutteti (ampiamente controbilanciati del resto
dalla distruzione di grandi quantità di insetti nocivi), né dal sapore della loro carne,
meno che mediocre. È questa un’ulteriore
prova della ottusa ignoranza di gran parte
dell’umanità.
L’habitat naturale dei merli si estende all’intera Europa, (ad eccezione delle
aree settentrionali della Penisola scandinava), all’Asia, all’Africa nord-occidentale,
comprese le isole Canarie e Azzorre. Abituato a migrare a sud nei mesi invernali,
nei paesi a clima temperato si trattiene per
tutto l’anno. Vive generalmente nei boschi
con sottobosco, nei frutteti, nei vigneti, ed
è comune presso tutte le zone coltivate. Il
merlo è onnivoro. Si ciba principalmente
di frutta, bacche, piccoli invertebrati e legno.
Il merlo, lungo circa venticinque centimetri, è noto per il piumaggio di un bel
nero lucente e uniforme, e per il becco ed il
cerchio peri-oftalmico giallo arancio vivo
e le zampe brune. Il piumaggio è morbido
e folto. La femmina ha le parti superiori
Il maschio...
... e la femmina
color bruno scuro uniforme, le parti inferiori bruno-fulve con striature scure più o
meno distinte, gola più pallida, biancastra;
becco bruno con poco giallo, raramente giallo come il maschio. I giovani sono
più chiari e più fulvi della femmina, con
striature delle parti inferiori più evidenti.
Il maschio giovane ha il becco nerastro e il
mantello più marrone con le zampe brunoscure. I maschi anziani sono grigiastri, con
il becco giallo. Non sono rari gli esemplari a colorazione anomala: rossiccia, a macchie bianche e nere o cinerina. Rari sono
gli albini in cui il becco, l’iride e le zampe
di un delicato color rosa completano degnamente il niveo manto.
Il suo canto è un fischio puro, molto
vario, flautato e sempre allegro. È paragonabile ad un verso simile ad uno tciuctciuc-tciuc abbastanza basso, oppure un
sottile tsii o un irritato cie-ciecie, mentre,
se allarmato, nel levarsi emette uno stridente ed improvviso chiacchierio che potrebbe spaventare qualsiasi distratto che
si addentra nel suo habitat senza far caso
alla sua posizione. Inoltre, ha la capacità
di imparare con facilità qualsiasi motivet-
to per poi ripeterlo fino alla noia. Quando
canta tende a porsi verso la cima di un albero. Il suo canto è da molti ritenuto come
uno dei più belli e soprattutto allegro. Può
accadere che in lontananza un altro merlo gli alterni le sue emissioni sonore e che
ciascuno dei due canti frasi differenti senza sovrapporsi. Dato che il merlo inizia a
cantare circa dalle 3 del mattino, può capitare che nelle città possa risultare molesto.
Il nido, costruito dalla femmina, si trova sui rami degli alberi, fra i cespugli o anche semplicemente in buche nel terreno.
La femmina depone le uova tre volte l’anno. Generalmente sono in numero da quattro a sei e di un colore azzurro-grigio, maculate in modo irregolare con puntini grigi.
Il periodo di incubazione va dai quattordici ai quindici giorni ed è principalmente la
femmina a covare le uova, anche se talvolta, sebbene assai raramente, collabora pure
il maschio per motivazioni, si presume, di
natura ambientale. Abitualmente, i merli
vivono in coppie isolate. Durante le migrazioni diventano in genere più sociali e possono radunarsi in stormi.
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Mercoledì, 15 luglio 2009
FELINI I protagonisti della letteratura e del cinema d’animazione
In viaggio nel mondo dei gatti fantastici
A cura di Sabrina Ružić
L’
indifferenza suprema e
la signorilità con la quale i gatti si adattano sia
ai salotti più eleganti sia ai tetti
dei vicoli più malfamati costituisce una strepitosa e inesauribile
fonte d’ispirazione per numerosi
artisti. Neppure la letteratura e la
lo più tardi, la storia fu rivisitata
da Giambattista Basile, il pioniere
dell’uso della fiaba quale forma di
espressione popolare. Celebri divennero anche le versioni create
da Charles Perrault e dai Fratelli Grimm.
Il gatto
Felix
cinematografia non sono immuni
al fascino sprigionato dai felini.
In questa puntata del nostro viaggio nell’universo felino andremo
alla scoperta di alcuni dei personaggi immaginari più famosi ispirati ai mici.
Il “Gatto con gli stivali” è il
titolo di una fiaba popolare europea. La storia narra le avventure di
un gatto che lasciato in eredità da
un mugnaio al proprio terzogenito, aiuta quest’ultimo a riscattarsi
dai pregiudizi e a scoprire l’amore e la felicità. La prima versione
scritta di questo racconto si deve
a Giovanni Francesco Straparola,
che la incluse nella sua raccolta
di novelle intitolata “Le piacevoli notti” (Venezia, 1550), con il titolo di “Costantino Fortunato”. È
incerto se Straparola abbia inventato la fiaba o si sia semplicemente limitato a trascrivere un racconto della tradizione orale. Un seco-
interpreta un ruolo marginale, ma
molto significativo pure in uno
dei capolavori assoluti della letteratura italiana e mondiale “Le
avventure di Pinocchio. Storia di
un burattino” di Carlo Collodi, all’anagrafe Carlo Lorenzini. È indimenticabile l’episodio nel quale il Gatto cieco truffa con l’aiuto
della Volpe zoppa il “bambino di
legno”. Descritto come molto stupido nella versione cinematografica prodotta dalla Disney, in tempi più recenti il gatto di Collodi è
stato celebrato assieme alla volpe
dal cantautore Edoardo Bennato
in una sua nota canzone che ne
elogia invece la furbizia.
Al gatto è ritagliato un ruolo di
protagonista anche nel racconto
“Le avventure di Alice nel Paese
delle Meraviglie” (1865), di Lewis
Carroll, un classico della letteratura. Il gatto del Cheshire, o Stregatto, trae verosimilmente ispira-
Gli Aristogatti
zion e
dagli
antichi
racconti popolari
inglesi nei
quali si narra di felini invisibili che
popolano
le campagne.
Il Gatto con gli stivali P r o b a bilmente Carroll per la sua descrizione si
basò su un intaglio conservato in
una chiesa nel villaggio del Crofton-Tees, nel nord-est dell’Inghilterra, dove era stato rettore suo
padre. Non si esclude neppure
che lo scrittore sia stato ispirato
da un gargoyle situato su un pilastro nella chiesa di St. Nicolas a
Cranleigh, dove Carroll frequentemente viaggiava quando viveva
a Guildford. Altre fonti documentano che il gatto sorridente fosse
il marchio che contraddistingueva i celebri formaggi prodotti nel
Cheshire. Emblematica è la sua
rappresentazione, che trae spunto dalle immagini di fine Ottocento di Arthur Rackham, che già lo
raffigurava come un gatto allucinato e strano.
Televisione, fumetti
e cartoni animati
Felix (Felix the cat) è il gattino nero nato nel 1919 dalla penna
di Pat Sullivan e Otto Messmer.
Felix (Mio Mao, il nome italianizzato), è un perfetto interprete
di storielle affidate più all’immagine che al testo e guidate da una
logica visiva surreale e sorprendente. Primo vero divo multimediale, l’ingegnoso felino continua
tutt’oggi ad apparire su innumerevoli giocattoli e campagne pubblicitarie. Di grande popolarità negli
anni Venti, la sua figura iniziò a
declinare dopo a causa della nascita di Topolino e dell’avvento
del film sonoro. Fece la sua ricomparsa sugli schermi televisivi negli anni Sessanta, recuperando gran parte della popolarità
originale.
Silvestro (Sylvester J. Pussycat
Senior) è un personaggio dei cartoni animati Looney Tunes e Merrie Melodies, ossessionato dalla
ricerca di Titti, ma anche di Speedy Gonzales o Hippety Hopper. Il
nome Silvestro deriva da silvestris, il termine scientifico con la
quale si indica la specie dei gatti.
Creato a cavallo fra gli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso, il
personaggio raggiunse un aspetto permanente nel 1945. Gatto
Silvestro è senza dubbio uno dei
personaggi principali e più famosi
dei Looney Tunes. È stato ideato
dal gruppo di disegnatori statunitensi della Warner Bros, composto da Robert McKimson, Charles
Jones e Friz Freleng.
Silvestro è un grosso gatto
nero e bianco sul ventre, perennemente affamato, quasi sempre impegnato nel tentativo di catturare
il canarino Titti, chiuso all’interno
di una gabbia per uccellini, oppu-
Tom e Jerry
re svolazzante per la casa, ma proUn altro personaggio felitetto da un’arzilla vecchietta. Sil- no estremamente noto al grande
vestro, per quanto spesso ci vada pubblico è Garfield, protagonivicino, non riesce mai a cattura- sta dell’omonima serie di fumetre e a mangiarsi Titti, un po’ per ti assieme al cane Odie, e al loro
la sua sfortuna, un po’ per la sua inetto proprietario Jon Arbuckle.
goffaggine, ma soprattutto perché La storia di Garfield inizia negli
il canarino è solo apparentemente anni Settanta del secolo scorso,
ingenuo, ma in realtà e molto fur- quando il suo creatore, Jim Davis,
bo e ingegnoso. Oltre
era ancora uno sconoalla nonnina in socsciuto fumettista che
corso di Titti interpubblicava una striviene spesso anche
scia con protagoEttore, un bulldog tarnista degli insetti,
chiato, muscoloso e
dal titolo Gnorm
dal quoziente intelletGnat, sul settimativo molto basso, che
nale The Pendleton
rifila al malcapitato
Times. Davis,
Gatto Silvestro delle
però, desiderasonore sventole.
va che le sue
Un’altra icona
storie
appadell’animazione
rissero sulle
ispirato dalgrandi testal’universo
te a diffudei felini
sione nadomestici
zionale.
è Tom, coMostrò
protagoniallora la
sta di una forsua striscia a
Garfield
tunata serie di cartoni
vari redattori, ma
animati assieme all’amico/rivale questi rispondevano sempre che
Jerry. Tom, creato al finire degli pur essendo le battute divertenti,
anni Trenta da William Hanna e nessuno si sarebbe potuto identiJoseph Barbera, è un gatto oppor- ficare con degli insetti. Davis detunista che si diverte a dominare cise così di inventarne una striscia
gli animali più piccoli di lui. Il completamente nuova. A quelsuo stile di vita è quello stereoti- l’epoca nelle strip molti dei propato dei gatti domestici: mangia- tagonisti erano cani, mentre erare, dormire e divertirsi. Quando no poche quelle che avevano un
è spronato dalla padrona di casa gatto per personaggio principale.
(nei primi cortometraggi una Davis decise così di basare la sua
grossa governante di colore), stu- nuova striscia proprio sulla figura
fa dei continui saccheggi al frigo- di un gatto: Garfield.
rifero da parte di Jerry, Tom si lanIsidoro (in originale Heacia all’inseguimento dello scaltro thcliff) è un gatto pro- t a g o roditore, ma la sua ingenuità, ol- nista di un’altra serie
d i
tre all’astuzia dell’avversario, lo successo di strisce a
fa immancabilmente fallire.
fumetti creata da
Un’altra pietra miliare del- George
Gately
l’intrattenimento per ragazzi è nel 1973. In Italia
rappresentata da “Gli aristogat- diverse sue stoti”, una pellicola d’animazione rie sono apparse
prodotto nel 1970 dalla Disney e sul settiambientato nella Parigi dell’inizio m a n a del secolo scorso. Nel film si de- le per
scrivono le avventure della gatta r a Duchessa e dei suoi
cuccioli: Minou,
Matisse
e Bizet. La famiglia di gatti abita
felice in una grande casa assieme
alla proprietaria, un’agiata e anziana signora dell’alta borghesia,
che di colpo si ritrova “orfana” ed
è costretta a lottare per onorare la
memoria della propria padrona.
Il Gatto Silvestro
gazzi “Topolino”. Oltre al fumetto, è protagonista di tre serie
animate, assieme ai suoi amici Riff Raff il gatto, Dingbat il
cane vampiro e il danese Sansone
(Marmaduke).
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animali
Mercoledì, 15 luglio 2009
Mercoledì, 15 luglio 2009
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ERINACEIDI Alla scoperta del riccio europeo (Erinaceus europaeus), un arcaico batuffolo «corazzato»
Lo sterminatore di insetti venuto dalla preistoria
A cura di Krsto Babić
I
l riccio europeo o comune è un
animale tozzo e cilindrico dotato
di zampe con cinque dita munite di cuscinetti. Le zampe posteriori
sono leggermente più lunghe e larghe di quelle anteriori e, come quest’ultime, sono dotate di artigli non
retrattili. Il corpo del riccio adulto
raggiunge una lunghezza compresa
tra i 20 e i 30 centimetri (inclusa la
minuscola coda). Allo stato selvaggio il peso di questi animali può
variare tra gli 800 e i 1.500 grammi, mentre in cattività i ricci comuni possono raggiungere addirittura i
due chilogrammi e mezzo di peso.
La superficie dorsale e laterale del corpo del riccio è ricoperta
da aculei di circa 2-3 centimetri di
lunghezza. Negli esemplari adulti il
numero dei pungiglioni che ricoprono il corpo può arrivare a 9.000. Al
loro interno le spine sono cave e alla
base di ognuna è presente un piccolo bulbo sottocutaneo attaccato a un
muscolo erettore del pelo riccamente innervato che ne permette il movimento. Gli aculei presentano bande alternate (chiare alla base e alla
punta e nere o marroni al centro) e
si incrociano formando una massa
virtuale impenetrabile. Gli aculei
servono anche per attutire un’eventuale caduta del riccio, oltre che
come difesa dai predatori. Le orecchie, il muso e il ventre sono invece
ricoperti da una morbida pelliccia.
In condizioni normali il riccio tiene gli aculei posati lungo il corpo
e solo nel momento in cui avverte
un pericolo abbassa il capo, rizza gli
aculei e, se è il caso, si appallottola.
Dato che la colonna spinale è molto
flessibile il riccio riesce a mantenere questa posizione anche per periodi prolungati.
L’organo sensoriale maggiormente sviluppato del riccio è il naso
e la prevalenza di questo senso è
evidenziabile anche dalla struttura del cervello. L’olfatto dispone di
un’area di proiezione incredibilmen-
L’autosputo
Il riccio europeo e i ricci in generale hanno un’abitudine che non è presente in nessun altro animale:
l’auto-sputo. Questo processo è alimentato da particolari esperienze di odorato o gusto che provocano la
produzione da parte del nostro amico di saliva schiumosa, la quale successivamente viene usata per ricoprire gli aculei e il dorso.
La funzione di questo comportamento è da alcuni studiosi ricondotta all’organo di Jacobson, che nel
riccio è ancora presente. Nell’organo in questione
esistono recettori sensoriali che analizzano gli odori
presenti nel respiro e nella saliva dell’animale. Quando i nuovi stimoli sono stati registrati l’organo deve
Un riccio adulto può avere fino a 9.000 aculei e
pesare 2.500 grammi
Nel periodo degli amori il riccio emette un richiamo potentissimo simile a un fischio
venire ripulito prima di ricevere nuove impressioni
e ciò avviene attraverso l’emissione della caratteristica saliva.
te grande ed è proprio il naso a indicare la via del cibo. Anche l’udito
gioca un ruolo importante nella ricerca delle prede. Il riccio può udire frequenze da 250 a 60mila hertz
e pertanto è in grado di udire anche
gli ultrasuoni emessi dagli insetti. Il riccio riconosce, ricorda e distingue particolari rumori come la
voce umana. Il riccio è un anima-
tuati sulla mascella e 16 distribuiti
lungo la mandibola. I denti da latte
iniziano a cadere dopo 8 settimane
dalla nascita.
Il riccio comune è un mammifero della famiglia Erinaceidae. Viene
chiamato colloquialmente porcospino, ma l’uso del termine è improprio poiché designa più correttamente l’istrice.
Il riccio presenta caratteristiche
morfologiche arcaiche (come la
colonizzato pure la Gran Bretagna e
l’Irlanda. Nel corso del XIX secolo
il riccio è stato introdotto accidentalmente (esemplari letargici in carichi di fieno) in Nuova Zelanda.
Il riccio predilige le aree coperte e ad altezze medio-basse, come i
margini dei boschi, tuttavia lo si trova anche in ambienti montani (fino
a 2.000 metri d’altitudine) e in aree
aperte, a patto che siano disponibili
nascondigli dove l’animale può ri-
do sull’animale appallottolato lo
costringono ad “uscire dalla corazza”, per poi finirlo mordendolo sul
delicato muso. La speranza di vita
del riccio in natura è di circa 5 anni,
mentre in cattività non è raro che
viva anche il doppio.
Il riccio ha abitudini solitarie e
scontrose. Tende generalmente ad
evitare i contatti con i suoi simili,
dei quali avverte la presenza con
l’udito o l’olfatto, mentre nel per-
Il rapporto con l’uomo
Nell’antica Roma, il riccio veniva allevato per la
sua carne: inoltre, il pelo aculeato del dorso veniva
utilizzato per cardare la lana e come componente dei
frustini per spronare i cavalli e per svezzare i vitelli.
Col tempo, la fitta copertura di aculei ha fatto sì che
il riccio venisse accostata ai capelli, sicché le ceneri
di questi animali, mischiate a particolari resine e poi
cosparse sulla testa, erano ritenute un rimedio sicuro
contro la calvizie.
In tempi più recenti il riccio è diventato quasi un
animale domestico. Molte persone introducono deliberatamente questi animali all’interno dei propri orti
e giardini. Questa prassi è dovuta principalmente all’abilità dimostrata dai ricci nell’eliminare gli animali
considerati dannosi, come le cavallette ed i topi. Durante il letargo, il riccio dimentica le eventuali esperienze fatte con l’uomo, rendendo così più facile il
suo eventuale reinserimento in natura all’arrivo della primavera.
le notturno e in questa categoria
sono compresi tutti quegli esseri,
dal gufo al pipistrello, che dormono
di giorno e vanno a caccia al calare
delle tenebre. Per tale motivo per i
ricci la vista è d’importanza secondaria. Nonostante ciò il nostro amico è in grado di vedere fino a 30 metri di distanza durante il giorno e 12
metri durante la notte. Anche il tatto (senso trasmesso principalmente dai peli dell’addome e non dalle
dita come nell’uomo) è importante
in quanto acconsente al riccio di avvertire i potenziali pericoli.
La dentatura del riccio ha le caratteristiche tipiche degli animali
onnivori. I ricci vantano una dentatura composta da 36 denti, 20 si-
formula dentaria e la conformazione del cervello), che lo accomuna
ai primi mammiferi comparsi sulla
Terra al termine del Cretaceo, rispetto ai quali non si è differenziato
di molto. Nel corso dei millenni ha
solamente evoluto il rivestimento di
aculei che tanto lo caratterizza agli
occhi dell’uomo.
L’habitat
Il riccio comune, nelle diverse
varianti della specie, è diffuso in
gran parte del “Vecchio continente”, dalla Sicilia al Sud, alla fascia
costiera della Scandinavia al Nord.
Dalle coste atlantiche della Penisola Iberica ad Occidente, alla tundra
Siberiana ad Oriente. I ricci hanno
fugiarsi. Lo si trova frequentemente
anche nelle aree rurali e nei giardini
delle abitazioni.
Le abitudini
Quando un riccio incontra un
possibile pericolo, normalmente
reagisce immobilizzandosi e drizzando gli aculei sul dorso, poi, se
l’intruso lo tocca, appallottolandosi
su sé stesso. In questo procedimento, il riccio è aiutato da una fascia
muscolare sulla schiena, che contraendosi va a stringere in un sacco cutaneo tutto il corpo e gli arti.
L’aggressore si trova così dinanzi
un’impenetrabile cortina di spine.
Questa tattica difensiva risulta però
inefficace con le volpi, che urinan-
cepire l’avvicinarsi di un estraneo
va subito in allerta. Tuttavia, in caso
di contatto i ricci non disdegnano lo
scontro diretto.
Durante i mesi invernali (fra ottobre ed aprile), il riccio è solito cadere in letargo. Un’abitudine che risulta piuttosto rischiosa per l’animale, in quanto nel caso in cui non sia
riuscito ad accumulare una quantità di grasso corporeo sufficiente nel
corso della bella stagione potrebbe
morire per inedia. Ciò succede soprattutto agli esemplari giovani. In
casi di freddo estremo, l’animale
(la cui temperatura corporea scende
dagli abituali 35 ad appena 10 gradi
centigradi, mentre i battiti cardiaci
calano da 190 a 20 al minuto), può
anche uscire dal letargo per andare
alla ricerca di cibo. Per il letargo, il
riccio ammucchia una buona quantità di muschio e foglie secche che
fungeranno da giaciglio.
La stagione degli amori cade nel
periodo compreso fra aprile ed agosto, con picchi degli accoppiamenti
in maggio-giugno. Per chiamarsi tra
loro, i ricci emettono dei versi simili a fischi. Il pene del maschio è piccolo ed aderente al corpo, tranne nel
periodo dell’accoppiamento, mentre la vagina della femmina è posta all’estremità posteriore dell’addome ed in entrambi i sessi si trovano 5 coppie di capezzoli. Dopo il
rituale del corteggiamento, nel quale il maschio mordicchia gli aculei
della femmina, questa per permettere al maschio di montarla senza ferirsi, inarca il corpo verso il basso,
in modo tale da appiattire lo scudo
di aculei.
La gestazione dura circa un mese
e mezzo, al termine del quale nascono in media 4-5 cuccioli. Il parto avviene nel periodo fra maggio e ottobre, quando vi è maggiore disponi-
bilità di cibo. I piccoli nascono ciechi e sordi, con la parte inferiore del
corpo glabra e rosata e quella superiore grigia. I ricci vengono alla luce
che già hanno gli aculei sul dorso.
Inizialmente le spine sono ricoperte da una membrana che protegge la
madre durante il parto. Dopo circa
36 ore questi primi aculei, bianchi
e sottili, saranno sostituiti da nuovi aculei scuri e striati di bianco,
mentre verso i 10 giorni di vita un
ulteriore terzo mantello sostituirà
definitivamente i primi due. A questo punto, il giovane riccio è già in
grado di appallottolarsi e di praticare l’autosputo, mentre gli occhi
vengono aperti solo attorno alle due
settimane di vita. Dopo un mese,
i piccoli rassomigliano completamente agli adulti, anche se vengono
svezzati e possono quindi dirsi indipendenti attorno al mese e mezzo
di vita e raggiungeranno la maturità
sessuale attorno all’anno di vita.
L’alimentazione
Il riccio in natura si nutre di invertebrati di qualsiasi tipo (insetti,
ragni, lombrichi, chiocciole, millepiedi), oltre che uccelli (comprese
uova e nidiacei), rettili ed anfibi.
Non disdegna nemmeno di mangiare piccoli mammiferi, soprattutto topi, di cui è considerato un
cacciatore spietato in quanto uccide gli adulti e dissotterra i nidi
per nutrirsi dei piccoli. La credenza che i ricci si nutrano prevalentemente di vipere si rivela fondata
solo in casi eccezionali. Il riccio
non teme infatti i morsi velenosi,
in quanto i denti veleniferi sono
più corti degli aculei e raramente riescono a penetrare il rivestimento di peli ispidi che protegge
l’animale.
In caso di necessità, i ricci
mangiano senza problemi anche
ghiande, bacche, frutta ed altro
materiale di origine vegetale, nutrendosi in casi estremi persino di
foglie. A differenza di quanto si
creda, i ricci non digeriscono bene
né il latte né tanto meno il pane,
alimenti che possono causare loro
occlusioni intestinali, sebbene ne
siano ghiotti.
6 animali
Mercoledì, 15 luglio 2009
RECENSIONI Un’esilarante esplorazione
RACCONTI
Le talpe dello zio
Q
uando la terra sgelava ed il frumento cominciava a prendere il
suo colore vivido e lustro, lungo
le prode dei campi apparivano i mucchietti di terra scavati dalle talpe. Quando noi nei pomeriggi caldi andavamo a
raccogliere il radicchio selvatico che la
nonna cucinava per la cena, vedevamo
lo zio grande come un orco che andava
a tendere le sue trappole per poter catturare quei poveri animaletti. Tutto l’inverno le aveva fabbricate con del fil di
ferro e con una molla che scattava entro
un cappio fatto a cerchio. Quando le talpe passando entro i loro piccoli e stretti
corridoi sotterranei, mettevano dentro la
testolina, quella scattava e la talpa veniva attratta verso un chiodo acuminato e
rimaneva lì, spesso col capino fracassato. Così lo zio poteva tornare ogni mattina dai campi reggendo mazzi di quelle orribili trappole da ognuna delle quali pendeva una bestiola inanimata. Una
volta a casa, ridacchiando soddisfatto
le scuoiava e quindi inchiodava le loro
pelli in lunghe tavole e le metteva ad
asciugare, dopo averle salate, all’ombra
dei granai ormai quasi vuoti. Sarebbero state vendute, lo sapeva ben lui a chi,
per le pelizie dele siore.
Io e lo zio quella primavera combattemmo una nostra battaglia. Quando
s’avviava per i campi io di nascosto lo
seguivo, curvo dietro i cespugli mi bastava vedere quale campo infilasse. Poi, calata la sera, me ne stavo per delle ore steso rigido sul mio saccone di foglie di granoturco ad aspettare che tutti dormissero.
Quando ero ben certo che la casa fosse
immersa nel silenzio socchiudevo l’uscio
del camerone al pianterreno dove dormivo con i fratelli e mi avviavo scalzo verso i campi roridi di rugiada. Arrivato accanto alla siepe, strappavo da un cespuglio uno stecco bello grosso e con quello
andavo a frugare dentro tutti i mucchietti
di terra delle talpe che trovavo. In molte,
soddisfatto, sentivo lo scatto della molla.
Comunque non ricordo davvero quanto
durasse quel mio vagabondare notturno
per i campi. Quando tornavo, senza far
rumore mi andavo a sedere accanto all’abbeveratoio, mi lavavo accuratamente
i piedi, ritornavo nel mio letto e mi addormentavo di colpo.
Al mattino quando lo zio tornava dalla sua caccia, logicamente veniva a raccontare, arrabbiato come un cuco, che di
nuovo qualcuno aveva fatto scattare le
sue trappole, boia vaca! e che se riusciva
ad acchiapparlo quel furfante ne avrebbe fatto polpette. Io fingevo stupore, un
po’ ridacchiavo sotto i baffi, ma tacevo.
Sì, tacevo. Ma un giorno decisi che avrei
scavato tutte le trappole e le avrei gettate
dentro la foiba di Santa Lucia.
Così quando fui certo che tutta la
casa era immersa nel sonno, anche quella notte mi alzai. L’aia era inondata dalla luce della luna. La notte era chiara e
quieta. Camminai in punta di piedi accompagnato dal lontano abbaiare dei
cani. Non mi fu difficile trovare le trappole. Prima con lo stecco feci scattare
la loro molla, poi le sollevai da terra e
ricomposi i mucchietti scavati dalle talpe. In due trovai delle bestiole già morte. Delicatamente liberai i loro corpicini dalla stretta e li seppellii in quel loro
buchetto. Non so come, ma ad un tratto mi trovai sotto il grande pesco fiorito, l’albero che era una specie di meraviglia domestica per gli abbondanti e
grossi frutti che dava. Mi sembrò di essere entrato in una nuvola rosa perché
sotto i raggi della luna quei fiori erano diventati qualcosa di irreale. Sentii
forte il desiderio di staccare un piccolo
ramo del grande albero fiorito, un piccolo ramo tutto per me. Ma non volli toccare i rami più bassi, perché temevo che
qualcuno potesse accorgersi del danno.
Così, abbandonato il mazzo di trappole
catturate ai piedi del tronco, mi arrampicai. La scorza era ruvida e mi dilaniò
le cosce nude, ma io non sentii dolore.
Senza grandi sforzi raggiunsi i primi
rami e poi fu ancora più facile: su, ancora più su, come uno scoiattolo, e mi parve di essermi davvero immerso in una
nuvola rosa, fantastica, a forma di castello dentro il quale potevo vivere con
tutte le talpe dei campi del nonno, quelle
talpe dal pelo liscio, grigio, lustro.
Non seppi decidermi subito per il
ramo che avrei staccato. O erano troppo
grandi o troppo piccoli, avevano troppi
fiori o ne avevano troppo pochi. Mi decisi alla fine per un piccolo ramo con pochi
fiori, perché mi ricordai di tutte le notti
che il nonno avrebbe trascorso nel capanno di canne per vigilare sugli eventuali
ladri dei suoi ottimi frutti destinati al
mercato. Me lo misi quel ramettino dentro la camicia e quindi cominciai a scendere. Pensavo che sarebbe stato bello in
quel momento poter cantare una bellissima canzone che avevo imparato a scuola
e che narrava della primavera che giungeva con il grembiule pieno di fiori. Ma
era notte, c’era la luna e probabilmente
non molto lontano uno zio che vegliava
in attesa di qualche rumore sospetto sui
campi.
Mi lasciai cadere dal ramo più basso.
Sentii i miei piedi affondare nella terra
soffice poi ad un tratto qualcosa di duro,
uno scatto, una fitta terribile all’alluce
del piede destro. Pian piano cercai di alzarlo, ma era come se qualcuno volesse
strapparmelo. Cercai di liberarlo ma non
ci riuscii perché il dolore era troppo acuto e poi anche perché ad un tratto mi accorsi che la mia mano era sporca di sangue.
Chiusi gli occhi e mi distesi sulla terra molle credendo di essere ormai morto. I miei occhi erano pieni di lacrime.
Mi sfuggì un lamento, poi un altro più
lungo e dopo poco il mio pianto era disperato. Mi parve che la notte fosse diventata ad un tratto buia come la pece e
che sull’albero di pesco, invece dei fiori,
ci fossero solamente delle civette. Quindi sentii delle grida, vidi della gente che
accorreva con dei lumi in mano. E riconobbi una figura che veniva innanzi agli
altri arrancando con il suo passo spedito da orco. Dalla paura mi misi ad urlare con quanto fiato avevo in gola ed a
strisciare nell’intento di sfuggire a quella processione che avanzava dondolando i lumi.
Fu lo zio che mi liberò il piede e poi
mi prese in braccio. Io dapprima mi divincolai ma poi mi abbandonai come
dentro ad una culla e fu proprio in quel
momento che cessò anche il dolore. Naturalmente tutti arrivarono gridando e
commentando infuriati, perché credevano di dover dare la caccia ai soliti ladri
di galline.
Quando lo zio mi depose nel suo letto e tutte le donne brontolando acide mi
vennero attorno con acqua, aceto e bende, io dalla vergogna strinsi gli occhi e
non volli rispondere ad alcuna domanda.
Chissà perché, la nonna commentò con
quella sua voce secca:
- Vara ti, ‘sta mularia!…Anca de note
i va in giro ‘sti fioi imboressadi, a far stupidade!
In quella confusione qualcuno ad un
tratto mi prese la mano. Erano due palme
ruvide quelle che accarezzavano la mia,
due palme enormi. Quando aprii gli occhi accanto al letto vidi lo zio. Era senza
camicia, aveva addosso soltanto una maglia bucata. Mi sorrise e poi mi fece l’occhiolino quindi, levato chissà da dove il
piccolo ramo con i pochi fiori di pesco,
lo infilò dentro la piletta dell’acqua santa. Indi si alzò e brusco, cacciò tutti fuori, tutte le donne nonna compresa, fora a
dormir orca vacca!
Da quella notte io dormii con lui, in
quel suo letto enorme, fin quando si sposò con la bionda Marussa. E delle talpe?
Delle talpe non si parlò più, quell’inverno le siore sarebbero rimaste senza la
bela pelizia!
Mario Schiavato
Un bestiario
per il XXI secolo
a cura di Krsto Babić
Il “Libro dell’ignoranza sugli animale”
esplora le stranezze e assurdità legate al regno animale e permette di scoprire - con il
beneplacito della scienza -, che reale e fantastico convivono felicemente in ogni angolo del mondo e in ogni sua creatura, mammifero, anfibio o insetto che sia. L’onisco
delle cantine che beve dal sedere, gli scorpioni fosforescenti al buio, le bisce che fingono crisi di vomito e svenimenti per allontanare gli estranei, i pinguini maschi che pagano in pietre le femmine in cambio di favori sessuali: il regno animale non ha alcun
bisogno della nostra immaginazione per rivelarsi straordinario.
Con l’aiuto dei disegni e delle vignette dell’illustratore americano Ted Dewan,
e con lo stile frizzante e il rigore scientifico che già caratterizzava la loro opera precedente, “Il libro dell’ignoranza”, John Mitchinson e John Lloyd fondono l’obiettività
e l’autorevolezza di un manuale di zoologia
con il ritmo di un testo letterario, smentendo
categoricamente lo stereotipo secondo cui
imparare è noioso. Unitevi al team scovaignoranza per un safari attraverso i cento
membri più interessanti del regno animale.
Venite a trovare il parassita che vive sul vostro gatto, rendendo gli uomini irritabili e
le donne promiscue. Stupitevi davanti agli
elefanti che camminano in punta di piedi,
ai maiali che brillano al buio, ai picchi che
hanno le orecchie sulla lingua. Un’esilarante esplorazione delle stranezze e assurdità
del regno animale.
Il libro dell’ignoranza sugli animali
Mitchinson John, Lloyd John
Editore: Einaudi
Collana: Stile libero extra
Pubblicazione: 2009
Pagine: XV-304
Un libro scritto da Roberto Marchesini
La psicologia umana
applicata alla cinofilia
“Pedagogia cinofila” è una presentazione teorica e pratica di un modo completamente nuovo di considerare il cane
nei suoi aspetti comportamentali e di
apprendimento, fondato su due paradigmi di base: il “principio relazionale” e
il “principio mentalistico”. L’approccio
cognitivo e zooantropologico si basa ovviamente su metodi gentili e su correlate etografiche, ma le sue specificità sono
altre: la considerazione mentalistica del
cane, la valutazione relazionale del processo educativo, l’impostazione pedagogica del training. Si tratta quindi di interpretare “il perché” del comportamento
e “il come” della costruzione del profilo
comportamentale, adottando un nuovo
approccio in tutte quelle attività di interazione e di modificazione del comportamento (training, terapia) che oggi si è
abituati a interpretare in chiave performativa. L’intento del manuale “Pedagogia cinofila” è pertanto quello di superare la visione addestrativa nel training
cinofilo in nome di un’impostazione pedagogica.
Roberto Marchesini, autore dell’opera è uno studioso di scienze biologiche e
di epistemologia, scrittore e saggista, ha
pubblicato numerosi articoli e ricerche
sul rapporto uomo/animale e sulle applicazioni didattiche, consulenziali e assistenziali della relazione con l’animale.
Presidente della Società italiana di scienze comportamentali applicate e direttore
della Scuola di interazione uomo animale, Marchesini insegna Scienze comportamentali applicate in alcuni atenei italiani. Dirige la collana Neobiologie e il periodico “Quaderni di Bioetica”. Tra i sag-
gi pubblicati ricordiamo “Il concetto di
soglia” (Theoria, 1996), “La fabbrica delle chimere” (Bollati Boringhieri, 1999),
“Post-human” (Bollati Boringhieri, 2002)
e “Imparare a conoscere i nostri animali” (Giunti, 2003). Per Alberto Perdisa ha
pubblicato, “Fondamenti di zooantropologia” (2005), “I nostri amici animali”
(2002), “A lezione dal mondo animale”
(2001), “Animal Appeal”, “L’identità del
cane”, “Canone di zooantropologia” e
“Bioetica e Biotecnologie”.
Pedagogia cinofila
Marchesini Roberto
Editore: Alberto Perdisa Editore
Collana: Oasi Alberto Perdisa
Pubblicazione: 2007
Pagine: 278
animali 7
Mercoledì, 15 luglio 2009
AVVISTAMENTI È un plantigrado arrivato dall’Europa orientale
Un nuovo orso in Valle del Mis
BELLUNO – Si chiama Dino, in onore di Dino
Buzzati, è maschio, ma soprattutto è un orso: i genetisti che lo hanno identificato lo classificano con la
sigla scientifica M5 e dicono che si tratta di un nuovo arrivo al Parco nazionale Dolomiti bellunesi e
che proviene probabilmente dall’Europa dell’Est. Il
suo patrimonio genetico, è stato accertato dall’analisi delle feci, non corrisponde a quello di nessuno degli antenati o dei discendenti della popolazione degli
orsi trentini. Allo stesso orso appartengono anche i
campioni raccolti dalle guardie provinciali, tra aprile
e maggio, in Cadore, a Seren del Grappa e a Cortina.
Le analisi sulle feci, raccolte dal personale del Corpo Forestale dello Stato in Valle del Mis, nel cuore
del Parco, il 17 aprile scorso, sono state eseguite dai
laboratori dell’Istituto superiore per la protezione e
la ricerca ambientale (Ispra), che ne hanno inviato
i risultati all’Ente parco e alle altre amministrazio-
ni che controllano gli spostamenti degli orsi sulle
Alpi. Campioni di Dna appartenenti allo stesso orso
sono stati rinvenuti anche in provincia di Bolzano, a
Marebbe, a metà maggio. “I risultati delle analisi ha dichiarato il direttore del Parco, Nino Martino –,
sono di notevole interesse e permettono di ricostruire i grandi spostamenti che questi animali compiono attraverso le Alpi, superando le invisibili barriere amministrative, innalzate dall’uomo tra Province,
Regioni e Stati”. Hanno suscitato l’attenzione dei
genetisti anche le tracce lasciate da KJ2G2, un orso
di 3 anni, nato in Trentino, che fino allo scorso autunno si trovava nella zona dell’altopiano di Asiago
ed è stato campionato anche ad Auronzo e in Austria, nel Parco nazionale degli Alti Tauri. “Siamo
contenti – ha spiegato Martino –, che Dino non sia il
solo orso che frequenta il Parco e seguiremo con interesse tutti i loro futuri spostamenti”. (a)
ATTUALITÀ I rinoceronti nel mirino
Il bracconaggio è in aumento
GINEVRA – Vengono privati delle corna dai bracconieri
e lasciati morire dissanguati: è
questa l’atroce destino al quale
vanno incontro circa una dozzina di rinoceronti al mese solo in
Sud Africa e Zimbawe. A denun-
ciarlo sono stati il Wwf, l’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) e la
rete di controllo del commercio
illegale di animali “Traffic” durante il 58.esimo Incontro sulla convenzione del commercio
internazionale che si svolto la
scorsa settimana Ginevra. L’aumento del bracconaggio sarebbe
legato alla crescente domanda di
corna di rinoceronte che, secondo la medicina tradizionale di alcuni Paesi, avrebbero effetti benefici. In Africa si stima che fra
il 2000 ed il 2005 siano stati cacciati illegalmente circa tre rinoceronti al mese, su una popolazione che conta in totale 18mila
esemplari.
In Asia la situazione non è
migliore. Dall’inizio dell’anno
sono stati ritrovati morti circa
dieci rinoceronti in India e sette
in Nepal, su una popolazione di
2.400 rinoceronti a rischio. Secondo quanto emerso dall’incontro di Ginevra, “il commercio illegale di corna di rinoceronte è
diretto dall’Africa verso l’Asia,
in particolare Vietnam, Cina e
Thailandia”. (a)
CRONACA Cattive abitudini
Un elefante in autostrada
Scoperte ancora tre specie di dinosauri
CROTONE – Un elefante caricato su un rimorchio per pubblicizzare l’arrivo del circo a Crotone è costato sanzioni amministrative per circa cinquemila euro ai titolari del Circo Togni che nei
giorni scorsi ha fatto tappa nella città calabrese. L’elefante era stato
sistemato su di un rimorchio da cui riusciva a far passare anche la
sua proboscide lunga due metri creando, non solo disagi ad automobilisti e centauri, ma diventando anche un motivo di pericolo per la
circolazione stradale. Inoltre, gli agenti della Polstrada hanno verificato che il trasporto dell’elefante è avvenuto in difformità a quan-
SYDNEY – Tre nuove specie di dinosauri australiani sono state scoperte in un corso d’acqua
preistorico nell’entroterra del Queensland, nel nordest del continente. Sono i primi grandi dinosauri
scoperti in Australia in quasi 30 anni e vagavano
per il continente durante il Cretaceo, 98 milioni di
anni fa. I fossili dei due sauropodi erbivori e di un
teropode carnivoro sono stati scavati nelle rocce
della formazione sedimentaria di Winton, un’area
ricca di resti fossili, dove durante il cretaceo si trovava un tratto di mare poco profondo, che si prosciugava lentamente con il calare del livello dei
mari. Ora gli scheletri ricomposti sono esposti nel
Museo dell’età dei dinosauri di Winton, inaugurato
all’inizio di questo mese da Anna Bligh, premier
dello Stato federato dello Queensland. La scoperta, descritta sulle pagine della rivista internazionale PloS One, riporta l’Australia sulla mappa della paleontologia e descrive la sua fauna prima che
si separasse dal supercontinente Gondwana, scrive il paleontologo Scott Hocknull del Museo del
Queensland, che ha guidato gli scavi. I tre scheletri
sono di nuovi generi di dinosauri, che mostrano legami evolutivi con i dinosauri dell’emisfero nord.
“I dinosauri si diversificarono e si diffusero per tutto il mondo ma l’Australia, essendo un luogo molto isolato e all’estremità del mondo, ha sviluppato
la sua fauna unica”, ha osservato il ricercatore. Il
nuovo genere di carnivoro, chiamato Australovenator dai ricercatori, era leggero e agile, era alto
sei metri, si muoveva a grande velocità e su terreno aperto poteva raggiungere qualsiasi preda. La
to previsto dalla normativa, anche in considerazione del fatto che
si trattata di un animale potenzialmente pericoloso. Da qui la decisione, non solo di scortare il mezzo fino a dove era stato allestito il
Circo, ma di sanzionare i titolari per una serie di violazioni, tra cui
l’inosservanza del decreto sul trasporto di animali, il codice della
strada, l’inidonietà del mezzo al trasporto dell’elefante.
Ringraziamenti al comandante della Polizia stradale, Renato Alfano, sono giunti, in una nota, da Carla Rocchi, presidente dell’Ente nazionale protezione animali (Enpa), secondo la quale l’episodio
“dimostra ancora una volta la insensibilità del mondo circense e, al
tempo stesso, la grande sensibilità, a tutela del benessere dell’animale, della sensibilità dei cittadini e del principio di legalità”. “Mi
compiaccio – ha concluso Rocchi - col dirigente superiore, Roberto
Sgalla, direttore del servizio di Polizia stradale, per la grande professionalità degli uomini al suo comando”.(a)
PALEONTOLOGIA Vissero 98 milioni di anni fa
sua arma letale erano tre lunghi artigli affilati in
ciascuna zampa superiore. I dinosauri vegetariani
sono due nuovi tipi di sauropodi titanosauri, i più
grandi animali che abbiano mai percorso la terra.
Uno chiamato Wintonotitan, dal collo lunghissimo e la testa piccola, arrivava a 16 metri d’altezza, mentre il Diamantinasaurus aveva dimensioni
del tutto simili a quelle di un odierno ippopotamo.
Vi sono ancora molti fossili da scoprire nel sito di
Winton, scrive Hocknull, che spera di trovare anche resti dei più antichi mammiferi dell’Australia:
“Vi sono almeno 50 altri siti che conosciamo e che
devono ancora essere scavati, quindi i prossimi 20
o 30 anni saranno molto interessanti per la scienza
dei dinosauri australiani”. (a)
8 animali
Mercoledì, 15 luglio 2009
AGENDA
CONCORSO
In Più Animali ti premia
Scatta una fotografia, scrivi una poesia, fai un disegno (su foglio
A4) o dedica un racconto ad un animale, vero o immaginario, al quale sei particolarmente legato e invialo in busta chiusa a “La Voce del
Popolo” – “In più Animali” (Via Re Zvonimir 20a – Fiume (Rijeka)
51000 – Croazia). Nella busta inserisci un biglietto con su scritti il tuo
nome, recapito telefonico, indirizzo ed età. Ogni mese saranno pubblicati i lavori più belli. Tra le opere pubblicate ne sarà scelta una, al
cui autore andrà in premio un libro della casa editrice EDIT di Fiume.
I testi, che non devono superare le 3.600 battute (spazi compresi), le
foto e i disegni, se in formato digitale, possono essere inviati anche all’indirizzo di posta elettronica [email protected] (le foto scattate
con il cellulare non sono idonee alla pubblicazione). I testi, i disegni e
le foto non saranno restituiti.
PROVERBIO
“Snoopy” - Pola:
Gsm: 098/856-660
Web: www.snoopy.hr
Canile di Pola
Tel: 052/541-100
Gsm: 098/855-066
Società per la potezione degli animali di Fiume
Gsm: 098/649-939
Web: www.azil.org
“Lunjo i Maza” - Laurana
Gsm: 091/736-8459
Associazione per il benessere e la tutela dei gatti
“Mijau”
Gsm: 091/543-5819
Associazione amici degli animali “Capica”
- Fiume
Tel/fax: 051/2629-68 e 051/227-266
Gsm: 098/264-892
Gruppi cinofili
“Tra cani non si mordono”.
INTERPRETAZIONE: le persone della stessa risma, specie se potenti, non si danneggiano tra loro, e anzi spesso si spalleggiano contro gli altri.
AFORISMA
Non si dicono mai tante bugie quante
se ne inventano prima delle elezioni,
durante una guerra e dopo la caccia.
Otto von Bismarck
INIZIATIVE Progetto Archimede
Un film contro
gli abbandoni
MILANO – È stata presentata
a Milano alla presenza di numerosi rappresentanti delle istituzioni e
delle associazioni animaliste una
nuova campagna sociale contro
l’abbandono dei cani. Il progetto
annunciato venerdì scorso nel capoluogo lombardo è stato denominato: “Archimede, l’amore per gli
animali nello spazio di una grande
città”, e prevede la messa in onda
da settembre in 200 sale cinematografiche italiane e nei punti video
delle aree di sosta delle tangenziali
di Milano e dell’autostrada A7 uno
spot pubblicitario della durata di
40 secondi. Diretto dal regista Andrea della Zanna, il filmato è già
disponibile su Youtube e sui siti
delle associazioni che ne hanno
promosso la realizzazione: la Lega
nazionale per la difesa del cane,
Gaia animali e ambiente, Oipa e
Freccia 45. Sul tema dell’abbandono degli amici a quattro zampe
è stato prodotto anche un cortometraggio di sei minuti, che sarà presentato al prossimo Festival del cinema di Venezia. La campagna ha
ottenuto il patrocinio del Ministero del Lavoro, della Salute e delle
Politiche sociali nonché quello del
Comune di Milano.
Alla cerimonia ha presenziato
pure Francesca Martini, sottosegretario alla Salute, che ha a sua
volta annunciato un progetto comune promosso dal suo Ministero
in collaborazione con il Dicastero
Associazioni
Società cinofila “OPATIJA”
Casella postale 12, 51410 Abbazia
Tel: 051/250-555
Società cinofila “RIJEKA”
Via dei combattenti di Valscurigne 2a, 51000 Fiume
Tel: 051/216-030
Gsm: 091/563-4460
E-mail: [email protected]
Club di cinofilia sportiva “RIJEKA”
Via Kumičić 38, 51000 Fiume
Tel: 051/421-457
Gsm: 091/120-8975
E-mail: [email protected]
Associazione cinofila “BUZET”
Piazza Fontana 7, 52420 Pinguente
Tel: 052/773-654
Gsm: 098/207-689
E-mail: [email protected]
Associazione cinofila “LABIN”
Vines, Casa di cultura s.n., 52220 Albona
Gsm: 098/610-801
E-mail: [email protected]
Società cinofila “POREČ”
Via Mauro Gioseffi s.n., 52440 Parenzo
Tel: 052/431-530
Società cinofila “PULA”
Via Marulić 4/I, 52100 Pola
Tel: 052/535-041
Società cinofila “ROVINJ”
Via della 43.esima divisione istriana 34,
52210 Rovigno
Tel: 052/829-041
Gsm: 091/568-2781
E-mail: [email protected]
Club “ISTARSKI GONIČ”
Via Albona s.n., 52470 Umago
Tel: 052/756-006, 052/742-101
e 052/742-019
Società cinofila “PAZIN”
52000 Pisino
Tel: 052/624-361
Gsm: 091/624-7210
Società cinofila “ISTARSKI GONIČ”
Via dell’Istria 36, 52460 Buie
Tel: 052/742-884
Gsm: 091/252-8165
Società venatorie
“Platak” – Fiume
Via Frane Rački, 51000 Fiume
Gsm: 091/537-0818
“Lane” – Abbazia
Via M.Lahinja 14, 51410 Abbazia
Tel: 051/271-515
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Programmi televisivi
Sabato ore 10.20 su TVC1: “Beniamini domestici”
RICERCA Una sorprendente scoperta scozzese
Il caldo ha ristretto le pecore
Francesca Martini
del Turismo, anch’esso a favore
degli animali. “Sabato prossimo
a Milano io e il ministro Vittoria
Brambilla presenteremo un nuovo progetto di cooperazione tra
il Ministero della Salute e quello
del Turismo per rendere più efficace l’accesso on line alle informazioni utili per chi vuole viaggiare
con i propri animali”, ha rilevato
Francesca Martini. “Abbandonare
o maltrattare un animale e in particolare un cane, che è un animale
d’affezione – ha aggiunto Martini
– è un reato penale, punibile con
l’arresto da tre mesi ad un anno”.
Il sottosegretario ha ricordato anche l’impegno profuso dal suo Ministero per avviare programmi di
sensibilizzazione rivolti non solo
agli adulti, ma anche ai più piccoli. “Con il ministro Mariastella
Gelmini stiamo studiando un percorso educativo per le scuole che
potrebbe partire già a ottobre”, ha
spiegato la Martini. (a)
ROMA – Non bastava il rischio climatico, a colpi di uragani
e alluvioni, né il fatto che le temperature in ascesa mettono in grave pericolo di estinzione numerose specie animali, il riscaldamento
globale, sempre più avvertito anche nei paesi del Nord prima caratterizzati da inverni rigidissimi,
ha i suoi effetti diretti sugli animali, arrivando a modificare le loro
dimensioni corporee. È quanto
emerso in uno studio pubblicato
sulla rivista Science sulle pecore
selvatiche di Soay che vivono a
Hirta, un’isola dell’arcipelago di
St Kilda in Scozia.
Per colpa del caldo le pecore
scozzesi di Soay si sono ridotte
di taglia negli ultimi anni, spiega
Tim Coulson dell’Imperial college di Londra. Le dimensioni
medie del corpo di questi animali sono diminuite del 5 p.c. negli
ultimi 24 anni. Si tratta di un’evidenza scientifica importante perché per la prima volta si vede
come il riscaldamento globale è
pervasivo al punto da sovvertire
le regole dell’evoluzione biologica, in base alle quali a questi animali è sempre convenuto essere
di taglia grossa. Durante l’inverno in regioni dal clima freddo gli
animali tendono ad aumentare di
taglia perché questo gli dà un vantaggio evolutivo aiutandoli a superare la rigidità climatica. Eppure le pecore scozzesi, in barba
alle regole dell’evoluzione, hanno
cominciato a diminuire di dimensioni. Adesso gli studiosi inglesi
hanno sciolto il paradosso delle “pecore ristrette”. Gli esperti
hanno confrontato le dimensioni
delle pecore negli ultimi 24 anni
e, per alcuni esemplari anche il
peso dell’agnellino dalla nascita
al primo anno di vita, con i cambiamenti climatici e le tempera-
ture stagionali della loro isola. È
emerso che quando le temperature invernali decrescono, in risposta ai cambiamenti climatici, il
corpo delle pecore si riduce. Inoltre, gli agnellini alla nascita hanno
un peso inferiore della media e la
loro massa corporea non aumenta molto rapidamente nel primo
anno di vita. “In passato solo le
pecore e gli agnellini grandi e sani
venivano portati al macello – ha
spiegato Coulson –, ma adesso al
seguito del cambiamento climatico globale erba e cibo sono disponibili per le pecore per quasi tutti
i mesi dell’anno, le condizioni di
sopravvivenza non sono più così
impegnative e anche gli agnellini
più deboli possono restare al sicuro, anche se il loro peso non è aumentato molto nei primi mesi di
vita. Persino gli agnelli più gracili e che crescono meno e meno in
fretta possono farcela e questo significa che gli animali di dimensioni più piccole stanno diventando via via più prevalenti nella
popolazione”. Il cambiamento climatico contrasta quindi con forze
evolutive importanti quali la selezione naturale. (a)
Anno II/ n. 26 del 15 luglio 2009
“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina
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Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat
edizione: ANIMALI / e-mail: [email protected]
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Collaboratori: Giorgio Adria, Valentino Pizzulin, Sabrina Ružić e Mario Schiavato
Foto: Ardea Stanišić e d’archivio
La pubblicazione del presente supplemento viene supportata dall’Unione Italiana grazie alle risorse stanziate dal Governo italiano
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