Riccio di mare - Bruno Pistoni

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Bruno Pistoni consulente enogastronomico
IL RICCIO DI MARE
Il Riccio di mare, tra le tante varietà di prodotti ittici presenti sul mercato, appartiene a quel
ristretto gruppo di fauna marina commestibile che è quasi sempre oggetto o di insane
passioni o di disgustati rifiuti. Le cause sono varie: il colore della parte mangereccia, che
oscilla tra il giallo senape e il rosso, il timore di ingerirlo crudo, la difficoltà di raggiungerne
la carne. Non è troppo agevole e confortevole, infatti, specie per chi ha scarsa esperienza,
tener fermo il riccio con le mani, per via degli aculei di cui il suo corpo sferoidale è
completamente coperto.
Piuttosto diffuso in tutti i mari (alcune spiagge esotiche, tra sassi, coralli e aculei sparsi,
sono una vera delizia per le passeggiate a piedi nudi!).
Non è né un Pesce, né un Mollusco, né un Crostaceo, ma un Echinoderma. Un
elegantissimo Echinoide (Paracentrotus lividus). Di forma globosa con esoscheletro
calcareo irto di spini di varie colorazioni che abbracciano tutte le sfumature del viola,
dell’amaranto, del marrone e persino del verde, ma che non sono mai nere. Nei mari
italiani ne sono presenti altri tre tipi: lo Sphaerenchinus granularis, di dimensioni
leggermente superiori, il Psammechinus microtuberculatus, il più piccolo, e l’Arbacia
aequituberculata. Il modo abituale di riproduzione degli Echinodermi in genere, e dei Ricci
di mare in particolare avviene per via sessuale. Esistono quindi due sessi separati, ma che
non presentano, se non ispezionandone le gonadi, caratteri distintivi palesi. La
fecondazione avviene esternamente all’involucro calcareo; ciò è permesso dalla presenza
di pori genitali che mettono in comunicazione le gonadi con l’ambiente esterno. Le uova, di
dimensioni iniziali veramente minute (circa 80 micron), dopo la fecondazione aumentano
notevolmente di volume. Trascorse 48 ore dalla avvenuta fecondazione le uova
schiudono, liberando una larva natante a forma semplice, con caratteristico aspetto conico
ad ombrello, dotato di quattro braccia atte al nuoto. Tali larve si nutrono di microalghe e
accrescendosi assumono gradualmente la forma adulta e abitudini più sedentarie.
Nomi e nomignoli: Come nomi dialettali, i Ricci di mare vengono chiamati Ancine
mascule o Ancine verace in Campania; Marancitule o Rizza de mari in Sicilia; Arizzoni
femmena o Arizzoni de mari in Sardegna; Rézz in Emilia; Rizzi di mare in Puglia.
Il nome deriva dalla combinazione di due termini greci: Ekinos = riccio (superficie irta di
spine) e Derma = pelle, per la presenza degli aculei che lo rendono simile al riccio di terra.
All’estero – Russia: Morskoy iogik; Finlandia: Merisilii; Norvegia: Kraakeboller; Germania:
Seeigel, Bleifarbene, Stein Igel, Meerigel, Seeball; Olanda: Zee-egel; Francia: Oursin,
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Chataine, Chätaigne de mer, Alisson, Ikinoua; Inghilterra: See urchin; Irlanda: Gràineòg
fhairge; Portogallo: Ouriço do mar; Spagna: Ikinua, Erizo de mar; Grecia: Akinòs, Akiniòs;
Tunisia: Rizzi; Algeria: Castagna de mar.
Stagionalità: Si pesca prevalentemente durante i mesi estivi, quando cioè le gonadi sono
mature. Infatti, la parte commestibile, null’altro è se non le ghiandole genitali di tale specie.
Miriade di uova dal vivace colore arancione o rosato carico o rosso-aranciato, disposte a
stella; masserelle rigonfie, a seconda del grado di maturità.
Habitat: Vive a profondità variabili, anche fino a 50 metri, ma sempre, preferibilmente,
attaccato agli scogli del litorale, o sui fondi arenosi algosi. Talvolta creano una cavità
scavando con un sistema rotatorio effettuato con l’ausilio delle appendici bianche e
filamentose che fuoriescono dalla parte inferiore, oppure sfruttano anfratti naturali per
difendersi dalla predazione. I Ricci di mare si muovono per mezzo degli aculei. Infatti,
quelli rivolti verso il fondo, flettendosi insieme nella stessa direzione, fanno avanzare il
riccio in direzione contraria, con un movimento in cui gli aculei funzionano come tante
piccole zampe. Amano molto “pascolare”.
Dimensioni: Sono comprese tra i 4 e gli 8 cm di diametro, aculei esclusi.
Proprietà delle carni e valore nutritivo: I ricci sono, da questo punto di vista, assimilabili
ai mitili. Sono anch’essi infatti eccezionali filtranti, ricchi di acqua (90% circa), quasi privi di
lipidi (2%) dunque scarsamente calorici; circa 50 calorie per ogni 100 g di parte edibile.
Guida all’acquisto: Innanzitutto bisogna riuscire a reperirli, il che non è sempre e
ovunque facile, e poi porre attenzione e cercare le femmine. Queste, che in realtà sono
una varietà diversa, hanno forma più tondeggiante, meno schiacciata, aculei più corti e
meno pungenti. Quest’ultimi però, in ogni caso, devono essere ben aderenti al corpo, in
quanto, se così non è, significa che il riccio non è più freschissimo. La preferenza alla
varietà popolarmente ritenuta appartenente al sesso femminile deve essere accordata per
un ben preciso motivo, in quanto, una volta aperti, i cosiddetti maschi, hanno l’intestino
maggiormente sviluppato (facilmente individuabile perché è la vescichetta nera
posizionata sopra il corallo) e dunque il rendimento è minore. In ogni caso la “popolazione”
femminile è in numero inferiore a quella maschile, visto che questi ultimi, proprio per i
motivi suddetti, si pescano in quantitativi inferiori.
Potrà essere piacevole andarseli a prendere (pescare) personalmente (con la mano
protetta da un robusto guanto) praticando la raccolta sui fondali marini bassi e rocciosi e
scegliendo solo i ricci “femmina”, dalle sfumature colorate. Agli appassionati di questo
“cibo”, viene consigliato di cercare in qualche negozio di posaterie e stoviglie nautiche
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l’apposito “tagliaricci”: è una specie di cesoia con la quale i ricci possono venir aperti a
metà facilmente.
Dosi per persona: La resa è comunque scarsissima e le dosi variano in funzione della
golosità. Essendo un “frutto di mare” che si consuma crudo, valgono le regole che si
applicano alle ostriche, dunque la progressione del numero 6 (a mezze dozzine per volta).
Diffusione geografica: Esistono specie tipiche in tutti i mari del mondo, dal Mediterraneo
all’Oceano Pacifico, dall’Oceano Atlantico all’Oceano Indiano. Comune in Francia ove c’è
un’antica tradizione gastronomica per il Riccio di mare, ma anche in Spagna, Portogallo ed
Inghilterra. Anche se i ricci sono abbastanza diffusi e conosciuti, in Italia non sono
ugualmente apprezzati nelle varie regioni italiane, e, specie nel Nord, sono scarsamente
ricercati. Nel Sud, invece, e forse particolarmente in Puglia, sono considerati una vera
leccornia e venduti a caro prezzo e a numero, non a peso.
Metodi e tempi di conservazione: Al freddo, con una temperatura oscillante intorno ai
4°C i ricci resistono abbastanza bene anche per due-tre giorni. Però, è un cibo destinato al
consumo “crudo”, per cui prima si mangia, meglio è.
Come prepararlo: Non necessita di alcuna particolare preparazione preventiva. Si deve
aprire in due il riccio (con un coltello o una forbice o con l’apposita cesoia), gettando la
calotta vuota (e questa è un’operazione da svolgere con la dovuta cautela!), indi, eliminare
la vescichetta nera, sempre con delicatezza, anche per non romperla, si può consumare il
riccio con un cucchiaino, raschiando le uova e prendendole con tutto il brodetto naturale ivi
contenuto. Molti aggiungono alcune gocce di limone, ma i “puristi” lo sconsigliano
fermamente. Accompagnare questo cibo con del vino, anche se bianco, o della birra,
anche se poco alcolica, è un “delitto”: l’aroma di mare, il sapore dolce e delicato, il gusto
fresco del riccio subito scomparirebbero.
Tipo e tempi di cottura: Visto che deve essere consumato crudo, e al naturale, non
esistono tempi di cottura. D’altro canto solo così è possibile gustarne il delicato sapore dal
retrogusto amarognolo.
Congelato sì o no?: Assolutamente no. Comunque non se ne trovano.
Da non confondere con…: E come scambiarlo con altre varietà? Nessuna, se non altro,
ha le sue spine.
Un “detto” sentenzia: Le femmine del riccio sono piene di uova solo quando la luna è
piena, e vuote nel periodo in cui la luna è calante.
In Italia nei mesi di maggio e giugno è vietato raccogliere i ricci di mare perché questo è il
periodo corrispondente alla loro stagione riproduttiva. Nel resto dell’anno, i pescatori
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sportivi non ne possono catturare più di cinquanta al giorno, i professionisti non più di
mille. I pescatori dilettanti possono raccoglierli soltanto a mano senza usare attrezzi, e
solo in apnea. Tutte le norme sulla regolamentazione della pesca del riccio di mare si
trovano nel Decreto 12 gennaio 1995 del Ministero delle Risorse agricole, alimentari e
forestali.
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