marcuse File

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Marcuse
&
Il suo pensiero
A cura di :
Marika Benedetti
Veronica Caldaroni
Caterina Cortese
Martina Minotti
Roberta Monfrecola
Elena Palladinelli
Maria Vittoria Ragazzini
Agnese Vergara
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INDICE
 Introduzione all’autore: vita e opere, formazione e ideologie, la
famiglia secondo Marcuse.............. pag. 3
 La scuola di Francoforte..............pag. 4
 “L’uomo ad una dimensione”..............pag. 5-8
 “Cultura e Società”..............pag. 8-13
1. saggio “La lotta contro il liberalismo”
2. saggio “Cultura e società”
3. saggio “Filosofie e teoria”
4. saggio “Per la critica dell’edonismo”
5. saggio “Sui fondamenti filosofici del concetto di lavoro nella
scienza economica”
6. saggio “Esistenzialismo”
7. saggio “Obsolescenza della psicoanalisi”
8. saggio “Etica e rivoluzione”
 “Eros e Civiltà”..............pag. 13-21
-Introduzione al saggio
I.
“la tendenza nascosta della psicoanalisi”
II.
“L’origine dell’individuo represso (ontogenesi)”
III.
“Le origini della civiltà repressiva (filogenesi)”
IV.
“La dialettica della civiltà”
V.
VI.
“Fantasia e Utopia”
“Le immagini di Orfeo e Narciso”
“La dimensione estetica”
VII.
“La trasformazione della sessualità in Eros”
VIII.
IX.
“Eros e Thanatos”
-Conclusioni (tematiche affrontate della sociologia della famiglia)
 Famiglia in cifre..............pag. 22-24
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MARCUSE
Vita e opere
Herbert Marcuse nacque a Berlino nel 1898 da una famiglia ebrea. Nel 1921 si laureò a
Friburgo,dove vi fece ritorno nel 1929 per approfondire gli studi grazie all’influenza di Husserl e
Heidegger. Costretto a emigrare con l’avvento del nazismo si trasferì prima a Ginevra e
succesivamente negli Stati Uniti. Da questo momento in poi Marcuse si dedicò alla stesura di alcune
importanti opere:
● 1936 “L’autorità e la famiglia”
● 1933-1965 “Cultura e società”
● 1955 “Eros e civiltà”
● 1964 “L’uomo a una dimensione”
Le sue capacità e il suo intelletto spaziavano negli ambiti della filosofia, della sociologia e delle
attività politiche.
Negli anni ’42-’50 lavorò per il Dipartimenti di Stato americano e fu incaricato di svolgere una
ricerca sull’Unione Sovietica, la quale portò alla pubblicazione di “Marxismo Sovietico”(1958).
Nel 1932 divenne membro dell’Istituto per la ricerca sociale di Francoforte, dove iniziò a
collaborare con Horkeimer e Adorno.
Nel 1979 Marcuse muore a seguito di un’emorragia celebrale .
Formazione e ideologie
In un primo momento Marcuse si dedicò alla rilettura della filosofia hegeliana, alle critiche mosse
da Marx nei confronti dell’Idealismo e al pensiero di Heidegger. In seguito egli si concentra sulla
ripresa di alcuni concetti freudiani; in particolar modo in “Eros e civiltà” cerca di riavvicinarsi alla
psicoanalisi per analizzare le cause della “repressione” dell’uomo contemporaneo. Ripercorre la
teoria del costituirsi della civiltà di Freud il quale afferma che la civiltà ha inizio quando l’umanità
per sopravvivere rinuncia al soddisfacimento delle proprie pulsioni e sostituisce al principio di
“piacere” il principio di “realtà”. Il meccanismo di “repressione” viene differenziato da Marcuse
secondo:
➢ Rimozione di base
➢ Rimozione addizionale
Egli inoltre alla dialettica fra “principio del piacere” e “principio della realtà” aggiunge come
caratteristica della società capitalistica il “principio di prestazione” secondo il quale tutte le energie
dell’individuo sono concentrate sul rendimento lavorativo.
La famiglia secondo Marcuse
Il pilastro che sorregge l’ideologia della scuola di Francoforte è il problema dell’autorità. A tal
proposito Marcuse analizza il rapporto che intercorre tra autorità e famiglia affermando che ci sono
due principi costituenti il rapporto autoritario: la “libertà” e la subordinazione della propria volontà.
Tali affermazioni si possono riscontrare secondo Marcuse nella famiglia ed emerge la sottomissione
del singolo nei confronti dell’autorità. In questo modo la famiglia è legata solo dall’onore, dal
rispetto, dal rigore e dal timore. Il Pater familias o l’autorità è una figura “intoccabile” la quale si
appoggia ad autorità secondarie, per poter educare la prole in socializzazione.
Marcuse individua così quali indicatori entrano in gioco nel processo di socializzazione e di
educazione sia nell’ambiente scolastico sia in quello familiare.
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Egli ritiene che la famiglia svolga il ruolo fondamentale di mediatore tra il singolo individuo e lo
stato, peraltro l’individuo nella società borghese viene a caratterizzarsi come proprietario privato.
Secondo Marcuse è Marx a fornire al concetto di famiglia tale descrizione: “L’appartenenza
ideologica della famiglia borghese deve essere considerata separatamente dalla sua realtà
materiale”.
Nella società capitalistica la famiglia assume i tratti caratteristici degli interessi economici i quali
sono: la scelta del partner, la scelta procreativa e l’educazione dei figli; difatti i valori che unificano
ogni rapporto si basano o sull’abitudine (noia) o sullo scambio economico (denaro). La borghesia
ritiene che la famiglia debba essere preservata così com’è in quanto il matrimonio, la proprietà e la
famiglia stessa rappresentano le basi su cui si fonda e si sviluppa la classe dominante nella società
capitalistica,le quali sono le stesse basi su cui essa costruisce il proprio dominio. Se per la società
borghese l’uomo,quindi il capofamiglia, è il fulcro centrale ora si potrebbe costruire una nuova
forma di famiglia assegnando alle donne,ai giovani e ai bambini la stessa importanza e lo stesso
valore che ha il capofamiglia. Lo stesso Marcuse ritiene che la famiglia sia uno strumento della
società borghese, nonostante egli individui una possibilità di emancipazione; tuttavia la famiglia è
in un rapporto dicotomico con la società borghese, quindi la libertà in contrapposizione con la
subordinazione.
Secondo Georges Sorel la famiglia è l’organizzazione che influenza tutte le relazioni sociali quindi
in essa si realizzano quei valori che la società apprezza e indica come validi; Marcuse però critica
tale visione ritenendo che non ci sia una correlazione tra struttura familiare e struttura sociale.
SCUOLA DI FRANCOFORTE
La scuola di Francoforte (ha origine nel 1922) fu fondata un gruppo d’intellettuali tedeschi riuniti
intorno all’Istituto per la ricerca sociale con lo scopo di studiare la società a loro contemporanea e
fornire “materiali” per poterla migliorare. Gli esponenti più rappresentativi furono i filosofi
Horkheimer, Adorno e Marcuse , gli economisti Grossmann e Pollock ,lo psicologo Fromm, i
sociologi Wittfogel e Löwenthal e il politologo Neumann. Gli eventi storici che condizionarono la
riflessione dei francofortesi:furono la crisi del 1929, l’ascesa del nazismo, l’esperienza dello
stalinismo, lo sviluppo della società industriale avanzata negli Stati Uniti – riflessione animata
dall’esigenza di rinnovare il marxismo e di rivitalizzare l’idea e la pratica rivoluzionarie. La
maggior parte delle idee formulate dalla Scuola di Francoforte ha visto la luce negli anni Trenta e
Quaranta; ma esse incontreranno una larga diffusione e successo soltanto negli anni Sessanta e
Settanta, quando diventeranno il “manifesto” dei movimenti di protesta annessi all’esperienza del
Sessantotto e poi congiungersi nella “nuova sinistra”. Nei primi anni si caratterizzò per lo sviluppo
di ricerche ‘positive’ sull’economia capitalistica e sulla storia del movimento operaio, fu diretto da
Grünberg, ma fu solo dagli anni’30, sotto la direzione di Horkheimer, che l’Istituto assunse la
fisionomia filosofica che lo avrebbe reso celebre, caratterizzata dall’intreccio tra hegelismo,
marxismo e freudismo e dal tentativo di giungere a una ‘teoria critica’ capace di comprendere e
trasformare la società. Sempre a Horkheimer si deve, nel 1932, la fondazione della Rivista per la
ricerca sociale pubblicata sino agli inizi del ‘40, che sarebbe divenuta o strumento dell’Istituto e
sulla quale sarebbero apparsi i saggi di maggiore rilievo teorico. L’ascesa del nazismo costrinse gli
esponenti della Scuola (tutti di origine ebraica) ad abbandonare la Germania,prima trasferendosi in
Svizzera e, a partire dal 1940, negli Stati Uniti, dove l’Istituto venne accolto dalla Columbia
University di New York prendendo il nome di International Institute for social research; la rivista
prese il titolo di Studies in philosophy and social sciences. Nel 1950 Horkheimer, Adorno e Pollock
tornarono in Germania e riaprirono, con la direzione di Pollock, l’Istituto di Francoforte all’interno
del quale si sarebbero formati studiosi come Habermas, A. Schmidt e O. Negt.
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L’UOMO A UNA DIMENSIONE
Introduzione
L’UOMO A UNA DIMENSIONE fu pubblicato nel 1964 negli Stati Uniti, ma l’opera fu più
apprezzata in Europa, rispetto che negli Stati Uniti.
Ebbe molto successo fra i giovani universitari ( che avrebbero poi formato la nuova sinistra), i
quali pensavano che le società europee fossero bloccate, sia sul piano politico sia su quello
culturale, nonostante l’uscita dai due conflitti mondiali e che quindi non vi era traccia di un
cambiamento futuro.
La società non può continuare a incivilirsi, non può produrre individui consapevoli e
autodeterminati, non può applicare la ragione all’arte di vivere, se non sà dialogare al proprio
interno o all’esterno con qualche forma di opposizione radicale. Le società industriali hanno creato
un sistema economico più umano.
Il libro
Giudizi di valore :
1)Il giudizio che la vita umana è degna di essere vissuta;
2)Il giudizio per migliorare la vita umana.
All’individuo vengono sovraimposti i cosiddetti bisogni falsi in cui la nuova coscienza corrisponde
allo spazio interno all’individuo e l’esistenza viene vista come strumento. Nello stato del benessere
vengono presi in considerazione alcuni punti quali l’illibertà, il tempo libero, la quantità e la qualità
dei servizi e l’intelligenza che potrtebbero a migliorare la condizione dell’individuo. Si nota che
nell’uomo a una dimensione si oscilla tra due ipotesi contradditorie:
1)la società industriale avanzata è capace di reprimere ogni mutamento qualitativo per il futuro che
si può prevedere;
2) esistono tendenze capaci di interrompere tale operazione repressiva e far esplodere la società.
D’altronde mentre la società tecnologica è un sistema di dominio, la società industriale è un
universo politico. Nella società a una dimensione è chiaro come l’individuo non abbia alcun
controllo sulla società e l’unico modo per pacificare la stessa esistenza significa portare su un nuovo
piano la lotta dell’uomo con la natura.
Nel libro, l’altra dimensione del pensiero si presenta come dimensione storica e sopprimere la
dimensione dell’universo sociale della razionalità significa sopprimere la storia, cioè il passato e il
futuro stesso della società; la società stabilita sembra temere i contenuti sovversivi della memoria:”
ciò che non è, non può essere vero”.
Il mondo in cui viviamo deve essere compreso e trasformato per diventare ciò che realmente è.
La Ragione è il potere del negativo perché rivela ciò che le persone e le cose sono realmente. Infatti
è, secondo la filosofia greca classica, la facoltà di distinguere ciò che è vero e ciò che è falso;
perché sia la verità che la falsità sono una condizione innata dell'Essere. La Verità è un impegno
dell'esistenza umana, in un mondo dominato dall'apparenza.
Per Platone e Aristotele i modi dell'Essere sono in transizione. Logos ed Eros fanno parte
dell'Essere mutevole e lottano per una verità. Questi rappresentano l'unità del positivo e del
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negativo. La verità trasforma i modi di pensare e di esistere. Noi viviamo e moriamo in modo
razionale e produttivo. La distribuzione è il prezzo del progresso, come la morte è il prezzo della
vita, perché sin dalla genesi il negativo è insito nel positivo; questa dinamica è propria di una realtà,
dove il pensiero scientifico ha avuto una parte decisiva nel congiungere la ragione teorica alla
ragione pratica.
La società è stata produttrice di nuove tecniche scientifiche che ha portato aumento delle
produttività economiche, politiche e culturali, quindi un alto tenore di vita, ma al contempo la lotta
per l'esistenza e lo sfruttamento dell'uomo e della natura. Marcuse dunque riprende il concetto di
"ALIENAZIONE", formulato da Marx per indicare come l'uomo nell'ambito lavorativo non realizzi
se stesso poiché disciplinato da "leggi" di altri, le quali reprimono la sua libertà; infatti parla di nonlibertà dell'uomo dovuta alla sua sottomissione all'apparato tecnico che accresce i comodi della vita
e aumenta la produttività del lavoro. Se da un lato questa razionalità tecnologica ha riscontri
positivi, contrariamente blocca la liberazione, in strumentalizzazione dell'uomo. La scienza in virtù
dei suoi metodi e dei suoi concetti favorisce un universo in cui il dominio della natura è rimasto
legato al dominio dell'uomo; poiché la Natura ricompare nell'apparato tecnico di produzione e
distribuzione, che migliora la vita dell'uomo, ma al contempo lo assoggetta. La tecnologia diviene il
maggior veicolo di reificazione (cioè evidenzia come il modo di produzione capitalistico abbia
influenzato la vita delle persone e la loro capacità di reagire a tale potere).
Il linguaggio che fornisce la maggior parte del materiale per l'analisi, è un linguaggio "purgato",
moralizzato dei mezzi per esprimere un concetto diverso da quello fornito agli individui della
società in cui vivono. Presenta un linguaggio comune e unificato, un linguaggio antistorico perché
pericoloso nel ricordare il passato come fonte di conoscenza.
L'individuo è un individuo astratto che esprime solo quello che gli è dato, e presenta il suo
comportamento come manipolato. Sotto le condizioni oppressive in cui l'uomo è costretto a vivere e
pensare, il pensare può riconoscere e rispondere ai fatti solo se guarda al suo interno.
WITTGENSTEIN:" Contrariamente alle nostre idee preconcette, è possibile pensare -questo e
quello- qualunque cosa ciò significhi "
Con il linguaggio l'individuo non esprime solo se stesso, i suoi sentimenti, apprezzamenti e
conoscenze, ma anche qualcosa diversa da sè, che lo confonde con ciò che sente realmente. Il
linguaggio multidimensionale diviene unidimensionale.
Gli universali:” non rappresenta il vero modo di fare e di parlare; essa li costringe a identificare la
loro mente con i processi mentali, le loro persone con i loro ruoli e le funzioni che devono
svolgere nella loro società.”
Marcuse ritiene che questi concetti chiamati universali dovrebbero essere spiegati dalle parti che li
compongono (es nazione o partito). Il fatto che non lo siano è un fatto storico. Questo è dipeso dalla
disarmonia tra individuo e bisogni sociali. La mancanza d’istituzioni che rappresentino gli individui
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e nelle quali essi parlino per sé conduce alla creazione di universali come ad esempio Nazione,
Partito, Corporazione, Chiesa. È lo stato di cose già stabilito che decide della vita degli individui.
Sembra che il persistere di questi universali intraducibili riflette in qualche modo la coscienza di un
mondo infelice diviso tra “ciò che è” e “ciò che può essere”. Questa forte differenza tra l’universale
e i suoi particolari sembra essere radicata nell’esperienza primaria della differenza tra potenzialità e
realtà. L’universale comprende tutte le possibilità realizzate in una sola idea, tanto da esserne
bloccate all’interno del concetto di realtà.
Gli universali sono definiti come elementi primari dell’esperienza: ciò che si esperimenta sono cose
ed eventi particolari che appaiono su di uno sfondo generale, che in verità non è altro che il terreno
dove essi sorgono, esistono e spariscono.
I concetti: assumono significati solo nel contrasto con i loro opposti (bianco/non bianco, bello/non
bello). Il concetto universale descrive cosa è o non è l’entità particolare. C’è qualcosa di più nel
nome astratto (bellezza, libertà) rispetto alle qualità attribuite a cose o persone (bello, libero).
“nessuna neve è bianco puro, e nessuna bestia o uomo crudele manifesta tutta la crudeltà che
l’uomo conosce, così il concetto di bellezza comprende tutta la bellezza non ancora realizzata; il
concetto di libertà tutta la libertà non ancora ottenuta”.
Marcuse afferma che gli oggetti di pensiero e della percezione che appaiono agli individui prima di
ogni interpretazione soggettiva hanno in comune due qualità primarie della realtà: 1)la struttura
fisica/naturale della materia 2) la forma che la materia ha ricevuto per diventare oggetto per un
soggetto. Questi due strati, fisico e storico, sono collegati tra loro tanto da non poter essere isolati
l’uno dall’altro.
All’interno di un concetto è introdotto l’elemento negativo, la critica ossia quelle caratteristiche
negative che non sono considerate rilevanti finché appaiono come sottoprodotti inevitabili. Questo
elemento negativo viene anche definito come “l’altro aspetto”. Così la tolleranza del pensiero
positivo viene in qualche modo imposta dalla potenza ed efficienza della società tecnologica.
“La sotterranea durante le ore di punta serali. Ciò che vedo della gente sono facce e membra
stanche, odio e collera. Ho la sensazione che qualcuno potrebbe tirar fuori un coltello ad ogni
momento-proprio così. Molti leggono, o piuttosto sono assorti nel loro giornale o rivista o libretto
tascabile. Eppure un paio d’ore più tardi, può darsi che le medesime persone, deodorate, lavate,
vestite o svestite con ogni cura, siano felici e affettuose, sorridano sul serio, e dimentichino ( o
ricordino). Ma la maggior parte di loro saranno probabilmente in terribile compagnia o solitudine
a casa.”
La Ragione applicata alla società è stata sempre opposta all’arte, mentre all’arte è stato concesso il
privilegio, di essere piuttosto irrazionale, non soggetta quindi alla ragione scientifica e tecnologica.
Le astrazioni scientifiche sono penetrate nel reale perché hanno provato la loro verità nella
trasformazione della natura, mentre le astrazioni filosofiche non lo hanno ne lo potevano fare.
La tecnica, considerata come universo di strumenti, può aumentare sia la potenza sia la debolezza
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dell’uomo. ”Nello stadio attuale egli è forse più impotente rispetto al proprio apparato di quanto
sia mai stato in passato”.
Per concludere vediamo come Marcuse sviluppa un’immagine pessimista rispetto alla figura
dell’uomo, dove suo unico scopo nella vita è quello di produrre e consumare. A causa
dell’avanzamento della società industriale l’individuo assume il ruolo di consumatore euforico e
inconsapevole. Questa è l’unica dimensione dell’individuo, quella di consumatore la cui sola libertà
è di poter scegliere tra diversi prodotti messi a disposizione.
CULTURA E SOCIETA’
Saggio “la lotta contro il liberalismo”
Al costituirsi dello stato totalitario ed autoritario si accompagna la proclamazione di una nuova
Weltanshauung (concetto di pura astrazione traducibile in “visione del mondo”) politica: il
realismo eroico-popolare. Questa nuova concezione del mondo è diventata il bacino di raccolta di
tutte quelle correnti che, dalla guerra mondiale in avanti, si erano rivolte contro la concezione
“liberalistica”.Il liberalismo è la teoria della società e dell’economia del capitalismo industriale
europeo nel periodo in cui il vero protagonista economico del capitalismo era il “capitalista
singolo”, l’imprenditore privato nel senso letterale della parola. Il liberalismo considera inoltre il
capitalismo come l’unica organizzazione possibile delle relazioni sociali poiché dietro le forze ed i
rapporti economici della società capitalistica vede delle leggi “naturali”, che si riveleranno in tutta
la loro naturalezza, purché si lasci loro il modo di dispiegarsi liberamente e senza impedimenti
artificiali. Il liberalismo crede dunque che, adattandosi a queste “leggi naturali” il contrasto dei
diversi bisogni, il conflitto tra interesse generale e interesse privato e l’ineguaglianza sociale si
annullino nell’armonia dell’insieme e che in garanzia di questa armonia dell’insieme torni a
beneficio anche del singolo. Funzione armonizzatrice della “natura”: giustifica, per mezzo di una
diversione, un’organizzazione della società piena di contraddizioni.
La lotta contro il materialismo è per il realismo eroico-popolare una necessità; per principio esso
deve sconfessare la felicità terrena degli uomini, che l’ordine sociale non è in grado di creare, a
favore di valori e “ideali” quali: onore, eticità, dovere, eroismo ecc. l’adempimento del dovere, il
sacrificio e la dedizione, che il realismo eroico chiede dagli uomini, sono dunque messi a servizio di
un ordine sociale che rende eterni il bisogno e l’infelicità degli individui con lo scopo di stabilizzare
il sistema attuale di produzione e riproduzione della vita.
Saggio “cultura e società”
Nella lotta per l’esistenza gli uomini hanno bisogno delle fatiche della conoscenza e della ricerca
della verità, poiché agli uomini non è immediatamente manifesto ciò che è per loro il bene, l’utile
ed il giusto. Secondo Aristotele le verità scoperte devono poi guidare le prassi, sia nell’esperienza
che nelle arti e nelle scienze. Per lui l’anima umana, allo stesso modo del mondo fuori si suddivide
in una sfera inferiore e una superiore; la storia dell’anima si svolge tra i due poli della sensibilità e
della ragione. Le “parti inferiori” dell’anima legano l’uomo alla brama di acquisto e possesso, di
compra e vendita, in cui tutti gli appetiti si appagano specialmente col denaro.
La vera esigenza fondamentale dell’idealismo è che questo mondo materiale venga cambiato e
migliorato in conformità delle verità acquisite nella coscienza delle idee. Platone risponde a questa
esigenza con un suo programma di riorganizzazione della società che prevede l’abolizione della
proprietà privata per gli strati sociali dominanti e il divieto del commercio; questo programma mira
a fondare gli antagonismo della società di classe nella profondità dell’essenza umana e ad
estraniarli. Nell’epoca borghese, la teoria del rapporto tra necessario e bello, lavoro e godimento, ha
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subito dei cambiamenti decisivi. Scompare la convinzione che l’occuparsi di lavori supremi sia
riservato come professione a determinati strati sociali. Al suo posto subentra la tesi dell’universalità
e della validità universale della “cultura”.
La cultura dovrebbe prendersi cura della rivendicazione della felicità da parte degli individui. Ma
gli antagonisti sociali, che ne stanno alla base, lasciano che questa aspirazione entri nella cultura
solo in forma interiorizzata e razionalizzata. In una società che si riproduce in forza della
concorrenza economica, già l’esigenza di un’esistenza più felice dell’insieme rappresenta una
ribellione: indirizzare l’uomo al godimento della felicità terrena significa non indirizzarlo al lavoro
fatto solo a scopo di guadagno, al profitto, e non rinviarlo all’autorità di quelle forze economiche
che mantengono in vita questo insieme.
Tutte le leggi umane e tutte le forme di governo devono avere un unico scopo: ognuno senza le
rivalità di altri può esercitare le sue capacità e guadagnarsi un godimento più libero e bello della
vita. La realizzazione più alta della capacità dell’uomo rimanda ad una comunità di persone libere e
razionali. Nessuno toglie al singolo il peso della sua esistenza, ognuno ha la propria forma di
ricchezza e di povertà che deriva da lui stesso e si ripercuote su di lui. La humanitas diventa uno
stato interiore: libertà, bontà e bellezza diventano qualità dell’anima. A fondamento della cultura vi
sono appunto i valori dell’anima.
La cultura e la grandezza dell’anima sanano la disuguaglianza e l’illibertà della concorrenza
quotidiana nel regno della cultura, in cui gli individui entrano come esseri liberi e uguali. Chi ha lo
sguardo rivolto all’anima, vede gli uomini stessi attraverso e al di la dei rapporti economici. Dove
l’anima parla, vengono trascese la posizione e la valutazione accidentale degli uomini nel processo
della società. L’amore spezza le barriere tra ricco e povero, alto e basso. L’amicizia resta fedele
persino a chi è respinto e disprezzato, e la verità alza la sua voce anche davanti al trono dei tiranni.
Saggio “Filosofie e teoria”
Marcuse chiarisce il significato della teoria critica della società. La teoria critica non si limita a una
descrizione dei dati di fatto ma cerca di indicare la direzione del cambiamento a partire dalle
contraddizioni interne alla società. In questo modo la teoria critica si distingue tanto dall’economia
quanto dalla filosofia, la quale si occupa di individuare un modello esterno da contrapporre alla
realtà esistente.
La teoria critica della società è connessa col materialismo. In particolare due momenti congiungono
il materialismo con la teoria: “la preoccupazione per la felicità dell’uomo e la convinzione che
questa felicità può essere raggiunta soltanto per mezzo di un cambiamento delle condizioni
materiali di esistenza”.
La direzione di questo cambiamento e le misure fondamentali per organizzare razionalmente la
società sono indicate dai rapporti economici e politici. Nel saggio viene ripreso uno dei temi centrali
della scuola di Francoforte ossia il concetto di razionalità che è alla base della civiltà industriale. La
ragione è il fondamento del pensiero filosofico. I grandi sistemi filosofici del passato vedevano la
ragione come oggettiva e universale alla quale si conformava l’agire umano: ogni cosa che non era
razionale era considerata come un qualcosa da superare. Nella filosofia dell’epoca borghese la
ragione ha assunto una forma più soggettiva e strumentale: l’uomo deve giudicare la verità per
mezzo della conoscenza. Da qui deriva anche il concetto di libertà poiché tale giudizio non avrebbe
senso se l’uomo non fosse libero di agire secondo le sue conoscenze.
Dunque la liberta è “ l’elemento formale” della razionalità, l’unica forma in cui può esistere la
ragione. Questa filosofia rimane chiusa nell’epoca borghese dove “la ragione è solo l’apparenza
della razionalità in un mondo privo di ragione e la libertà soltanto l’apparenza dell’essere liberi”.
Così la teoria critica ha messo in luce la libertà e le ineguaglianze che gravano ancora sulla nuova
epoca; il suo tentativo non è affatto quello di completarsi con la filosofia, bensì quello di mettere in
luce come l’organizzazione razionale della società sia qualcosa di più di una forma economica
regolata in modo nuovo. L’elemento decisivo che rende razionale la società sarebbe la
subordinazione dell’economia ai bisogni degli individui. Nella “realtà razionale”, quindi, non è più
il processo di lavoro a dover decidere sull’esistenza universale degli uomini, ma sono i bisogni
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universali che devono decidere sul processo di lavoro. Il superamento dei rapporti materiali
dovrebbe sbloccare tutto l’insieme dei rapporti umani che finora sono stati minati dal dominio della
sfera economica.
Saggio “Per la critica dell’edonismo”
Marcuse si sofferma sul tema della felicità e del raggiungimento del piacere. Nella società la felicità
non ha un “ruolo” nelle relazioni tra gli uomini e nei rapporti interni al processo di lavoro. I rapporti
umani sono rapporti di classe e si configurano come “contratto di lavoro”. Questo carattere
contrattuale si è esteso a tutta quanta la vita sociale: vengono a mancare relazioni in cui gli
individui, rapportandosi tra loro in quanto “persone”, dovrebbero realizzare la propria personalità.
Ovviamente uno sviluppo della propria personalità porterebbe ad una “presa di coscienza” della
realtà in cui si vive e uno sviluppo della conoscenza (ciò non sarebbe “convenzionale” nella società
presa in esame).
Marcuse insiste sul tema della felicità personale e ne esalta l’incompatibilità con il lavoro, come
testimonia l’esistenza del proletariato. Infatti il lavoro è un’attività cui le masse lavoratrici si
adeguano perché implica una promessa di retribuzione per il consumo che dovrà soddisfare il
piacere dell’individuo. Ma in questa società il piacere concesso dal salario non sarà mai abbastanza
per soddisfare il bisogno umano. L’uomo è dominato dall’organizzazione sociale, è reso sterile
nella sua capacità di pensare. Marcuse crede che la razionalità sia ormai finalizzata al crescere
illimitato del capitale e alla subordinazione dei soggetti a tale finalità; si va incontro ad
un’alienazione delle coscienze che sono asservite a tal punto da ritenersi libere e felici senza esserlo
realmente, sollecitate da un lato a lavorare freneticamente e dall’altro a compensare lo stress del
lavoro alienato con il consumismo e con un edonismo degradato. (Falsi bisogni e false
soddisfazioni).
Saggio “Sui fondamenti filosofici del concetto di lavoro nella scienza economica”
Marcuse analizza il concetto di lavoro rifacendosi alla trattazione di Hegel.
Nell’analisi classica dell’economia il lavoro è visto solo come un’attività svolta per soddisfare
determinati bisogni materiali. Marcuse contesta questa definizione in quanto per lui il lavoro è “la
prassi specifica dell’esistenza umana nel mondo”. Grazie al lavoro “l’uomo diventa per sé ciò che
egli è”, ovvero acquista la forma del suo esser-ci e fa del mondo il suo mondo. (Il lavoro ha una
finalità esistenziale)
L’atto lavorativo è composto da tre elementi: la durata, la permanenza e il suo carattere essenziale
di peso:



Per durata si intende che il compito posto all’esistenza umana non può mai essere assolto in
un singolo processo lavorativo o in vari processi singoli, ma solo in un perdurare essere-allavoro ed essere-nel-lavoro.
Il carattere di permanenza significa che dal lavoro “deve venir fuori qualcosa che, per il suo
senso o la sua funzione, sia più duraturo del singolo atto lavorativo e faccia parte di un
accadere universale”.
Per peso del lavoro si intende tutti gli aggravi dovuti ad una specifica organizzazione
sociale.
Caratteristica base del lavoro è la sua priorità sul gioco. Mentre nel gioco l’uomo fa degli oggetti
quello che più gli pare sperimentando su di essi la propria libertà, nel lavoro, invece, l’uomo è
sottomesso alle regole degli oggetti su cui si esercita: “Nel lavoro l’uomo viene continuamente
allontanato dal suo essere-se-stesso e indirizzato a qualcosa d’altro e per altri.”
In seguito distingue due tipologie di lavoro, uno coatto e uno libero. Il lavoro coatto è diretto a
procurare lo stretto necessario all’esistenza; il lavoro libero è invece al di là della riproduzione
materiale dell’esistenza. Nella società contemporanea ogni tipologia di lavoro è della forma coatta,
infatti: “Il lavoro, che per senso ed essenza sta in relazione con l’accadere della totalità
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dell’esistenza, cioè con la prassi nella sua duplice dimensione (necessità e libertà), si sposta e si
cristallizza nella situazione economica, nella dimensione della produzione e riproduzione del
necessario…”
Saggio “Esistenzialismo”
Nasce in Europa nel periodo tra le due guerre mondiali, in un contesto caratterizzato dalla crisi
profonda dei valori intellettuali, sociali ed etici, aveva come tema l'analisi dell'esistenza intesa come
specifico modo di essere dell'uomo nel mondo. Per gli esponenti di questa corrente l'esistenza
appariva incerta, precaria, soggetta sia ad avvenimenti che l'uomo non riesce a controllare, sia agli
istinti, agli egoismi. Questa filosofia trova la sua fondazione nella certezza del sé del cogito, nella
conoscenza dell’ego, ora il cogito è gettato in un mondo assurdo, in cui la morte e il processo del
tempo negano ogni senso. Il soggetto è assurdo e il mondo privo di speranza e scopo, il soggetto è
un circolo di delusione e insuccesso. Il mondo è senza Dio e non lascia posto a nessuno scampo
trascendentale. Questa filosofia non è rivolta contro la ragione, nella distruzione e nella delusione
rimane ferma la chiarezza e la lucidità dello spirito con la consapevolezza che la vita deve essere
vissuta senza grazia e protezione. L’uomo cerca la sua libertà e felicità in un mondo in cui non c’è
speranza, senso, progresso e domani. La sfiducia rimane l’unica verità
Sartre cerca di sviluppare la nuova esperienza nella filosofia dell’esistenza umana concreta, di
elaborare la struttura dell’esistenza del mondo assurdo e norme etiche. Lo sviluppo
dell’esistenzialismo di Sartre tiene insieme molti periodi di guerra, liberazione e ricostruzione tutto
ciò ha suscitato cambiamenti nella sua concezione. La struttura della “realtà dell’uomo” rimane la
stessa nell’alternarsi dei sistemi politici in guerra e pace. L’assurdità storica sta nel pensare che il
mondo non è crollato dopo la sconfitta del fascismo, ma è ricaduto nel vecchio ordine,
quest’assurdità vive nell’esistenzialismo come una circostanza metafisica e non storica. Sartre
definisce l’esistenzialismo come una dottrina secondo la quale l’esistenza precede l’essenza e la
crea di continuo. L’esistenza dell’uomo, mentre crea la sua essenza, è determinata da una struttura
dell’identità dell’uomo e le diverse forme dell’esistenza umana servono come esempi di questa
struttura. L’analisi esistenziale di Sartre è un’analisi filosofica che estrae dai fattori storici la
concretezza empirica che illustra le concezioni metafisiche e metastoriche di Sartre.
Saggio “L’obsolescenza della psicoanalisi”
La teoria di Freud ha subito continue critiche e revisioni. Secondo Marcuse lo sviluppo della società
contemporanea ha sostituito il modello freudiano con un atomo sociale ma la psicoanalisi è
sopravissuta e si è diffusa in tutti i settori della società e con il cambiamento del suo oggetto si è
approfondita la frattura tra teoria e terapia,dove quest’ultima sembra aiutare più l'ordine esistente
che l'individuo.
La realtà della psicoanalisi non viene indebolita, al contrario l'obsolescenza del suo oggetto è la
prova della misura in cui il progresso è stato repressione. Più semplicemente la psicoanalisi ha fatto
luce sulla politica della società industriale avanzata, è diventata strumento sociale e politico.
Freud descrive una struttura dinamica della psiche cioè la lotta per la vita o per la morte per le forze
antagoniste: l'Es,Io, l'Io e il Super-io, principio di piacere e realtà, Eros e Thanatos. Questa lotta è
combattuta nell'individuo dall'individuo stesso, nel suo corpo e nella sua psiche, dal suo corpo e la
sua psiche. L'analista è portavoce della ragione propria dell'individuo, egli fa attivare ciò che è nel
paziente, ossia le sue disposizioni e le sue capacità psichiche. Successivamente l'individuo sacrifica
le richieste del proprio piacere e si sottomette al principio di realtà, imparando a mantenere in
equilibrio Eros e Thanatos. In tal modo egli impara a farsi strada in una società che è incapace di
farlo felice, di soddisfare le sue pulsioni. Da ciò vengono fuori due elementi che contraddistinguono
il fattore storico, ossia condizioni politiche e sociali: per primo Freud considera l’esistenza di un
conflitto essenziale fra individuo e società, in seguito si sofferma sul fatto che l'individuo abbia, nel
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caso del paziente, il bisogno di conciliazione. Il conflitto ha le sue radici non solo nella storia
privata del paziente bensì anche nel destino dell'individuo sotto il principio della realtà che si è
instaurato. La situazione edipica non è soltanto il modello nascosto di ogni rapporto padre-figlio,
ma un mistero dell'oppressione dell'uomo da parte dell'uomo e delle vittorie e insuccessi della
civiltà. Nella situazione edipica si trovano radici individuali e pulsionali del principio di realtà che
governa la società. La terapia consiste nel capire o meno il legame fra infelicità universale e
individuale. L'individuo rimane infelice, mantiene coscienza infelice ma viene guarito e liberato
riconosce la colpa e l'amore del padre, il delitto e il diritto delle autorità che estendono il lavoro del
padre. I legami libidici assicurano così la sottomissione dell'individuo alla società. Per Freud il
conflitto di individuo e società viene vissuto e combattuto tramite il confronto con la figura
paterna: è qui che scoppia la lotta tra Eros e Thanatos che determina lo sviluppo dell'individuo, è il
padre che impone subordinazione del principio del piacere a quello della realtà (la ribellione ed il
conseguimento della maturità sono legati alla lotta contro il padre). La “socializzazione”
dell'individuo è opera della famiglia. Per quanta autonomia il figlio possa raggiungere, il suo IO si
sviluppa nella sfera privata, mentre diviene un sé con l'altro.
L'individuo è parte integrante di un processo di meditazione nella quale ogni repressione e libertà
sono interiorizzate. La situazione in cui IO e Super-Io si formavano nella lotta contro il padre è una
situazione storica: essa ha poi cessato di esistere con modificazioni della società industriale che
presero forma nel periodo tra le due guerre mondiali .
Saggio “Etica e rivoluzione”
Marcuse intende discutere il rapporto tra etica e rivoluzione e si chiede se è possibile legittimare
una rivoluzione come giusta,buona, non solo in senso politico, ma in senso etico, se si può
giustificarla nel rispetto della condizione umana. Questo significa applicare concetti etici come
giusto e buono a movimenti sociali e politici. Buono e giusto indicherebbero ciò che serve a
instaurare, promuovere o estendere libertà e felicità umana in una comunità indipendente dalla
forma di governo.Questa definizione cerca di recuperare un’ idea fondamentale per la filosofia
politica classica che è stata spesso repressa: l'idea di governare coinciderebbe anche con la massima
felicità dell'uomo in quanto equivarrebbe a una vita senza paura e miseria, a una vita nella pace. La
posizione secondo cui la felicità umana è e deve restare individuale, in quanto affare individuale, è
insostenibile;
Con rivoluzione Marcuse intende l'abbattimento di una costituzione e di un governo stabiliti per
opera di un movimento o classe sociale, il cui fine sia quello di cambiare tanto la struttura sociale
che quella politica, questa definizione esclude tutti i colpi di stato e rivoluzioni di palazzo perché
non cambierebbero la struttura sociale di base; ci sono criteri razionali per determinare quali
possibilità di libertà e felicità umana si presentino ad una società in una situazione storica, se questi
criteri razionali non esistessero sarebbe impossibile valutare un movimento politico in ordine alle
sue possibilità, di conseguire un'estensione o più alto grado di libertà e felicità nella società. Per
giudicare possibilità date di libertà e felicità si viene ad assumere che i principi etici e morali siano
criteri storici. Per reclamare un diritto etico e morale, un movimento rivoluzionario deve essere in
grado di creare motivi razionali per dimostrare la propria capacità di affermare la libertà e felicità
umana e deve dimostrare che i mezzi sono atti a conseguire tale scopo.
La teoria e prassi politica riconoscono che vi sono situazioni storiche in cui la violenza diviene
elemento essenziale e necessario del progresso. Robespierre chiede il dispotismo della libertà contro
quella della tirannia: nella lotta per la libertà, il terrore può diventare necessità e obbligo e la
violenza appare qui non solo come uno strumento politico ma anche come un dovere morale.Il
terrore è definito come contro violenza: è legittimo solo nella difesa contro gli oppressori affinché
questi non siano sconfitti.La teoria della dittatura transitoria ed educativa implica il paradosso che
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l'uomo debba essere libero. Oggi la maggior parte degli uomini non è libera e la loro liberazione
non può essere spontanea, resta aperta la questione se i mezzi di dittatura siano adatti a raggiungere
la liberazione come scopo.La libertà presuppone sempre liberazione o passaggio da uno stadio di
libertà e illibertà ad uno stadio possibile. Quest'ultimo con l'avanzare del progresso tecnico è
potenzialmente uno stadio superiore quantitativamente e qualitativamente; ma se l libertà
presuppone liberazione da condizione repressiva non libera, ciò significa che la liberazione offende
e capovolge istituzioni ed interessi stabiliti e consacrati.
L'etica della rivoluzione testimonia lo scontro e il conflitto di due diritti sociali: da un lato il diritto
di ciò che è, della forma esistente della comunità, da cui dipendono la vita e felicità degli individui,
dall'altro il diritto di ciò che può essere anzi dovrebbe forse essere, perché può ridurre dolore,
miseria e ingiustizia. Tale dimostrazione deve fornire criteri razionali e questi criteri devono essere
criteri storici, come tali portano ad un calcolo storico, cioè al calcolo della possibilità che una
società futura offre in confronto alla società esistente, dal punto di vista del progresso umano che è
progresso tecnico e materiale usato in modo da incrementare la libertà e felicità dell'individuo.
Il calcolo dovrebbe tenere conto di risorse intellettuali e materiali di cui la società dispone e del
modo in cui sono state usate confrontandolo con la capacità di soddisfare bisogni vitali dell'uomo e
di pacificazione per la lotta per l'esistenza, il calcolo dovrebbe anche verificare se il programma
rivoluzione dimostri di aver capacità tecnica, materiale e intellettuale di ridurre sacrifici e numero di
vittime. L'etica della rivoluzione si troverà in armonia con criteri storici.
Il rapporto tra fini e mezzi è un problema etico della rivoluzione, in un certo senso giustifica i
mezzi. Questi fini legittimi richiedono di creare condizioni che ne facilitano e favoriscono la
realizzazione, e la creazione di queste condizioni può giustificare i sacrifici, ma questo rapporto tra
mezzi e fini è un rapporto dialettico, il fine deve essere operante in mezzi repressivi usati per
raggiungerlo. Ma in questo caso i sacrifici implicano la violenza, la società non violenta resta la
possibilità di uno stadio storico che deve essere conquistato nella lotta.
EROS E CIVILTA’
INTRODUZIONE
La civiltà per potersi sviluppare deve o non deve essere repressiva?
“Eros e Civiltà” si basa fondamentalmente su questa tematica, cui Marcuse riflette partendo dalle
teorie sviluppate da Freud e cercando di completarle.
Freud ritiene che la civiltà sia basata sulla repressione permanente degli istinti umani, in quanto
senza di essa sarebbe impossibile la convivenza civile. La civiltà inizia quando si è rinunciato alla
soddisfazione integrale dei bisogni. La storia dell’uomo è la storia della repressione, è un continuo
sacrificio del principio del piacere (possibilità di dare sfogo ad ogni nostra pulsione) rispetto al
principio della realtà.
Il limite di Freud è che la repressione degli istinti è inevitabile e necessaria in ogni civiltà, mentre
per Marcuse è presente ma solo all’interno della società capitalistica.
Marcuse vuole dunque ricostruire come viene accettata dall’uomo la necessità del principio di
realtà, partendo dall’origine dell’individuo represso e dalle origini della civiltà repressiva,
prendendo come base il pensiero di Freud.
I. La tendenza nascosta della psicoanalisi
Secondo Freud gli istinti, lasciati liberi di perseguire i loro obiettivi naturali distruggerebbero anche
ciò che abitualmente uniscono.
Eros sfrenato VS istinto di morte (Thanatos), essi tendono alla soddisfazione fine a se stessa, la loro
forza distruttiva deve essere deviata.
Dunque si passa da principio del piacere a principio della realtà, e quindi alla distinzione tra
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processi inconsci e processi consci.
“Il principio della realtà si sovrappone al principio del piacere: l’uomo impara a rinunciare a un
piacere momentaneo, incerto e distruttivo in favore d’un piacere soggetto a costrizioni, differito,
ma sicuro.”
L’essere umano è così diventato un Io organizzato che lotta per ciò che è utile, diventa un soggetto
conscio e pensante inserito in un sistema razionale che gli viene imposto dall’esterno. Con il
principio di realtà i desideri dell’uomo sono repressi dalla sua società.
Sviluppo dell’uomo: filogeneticamente avviene per la prima volta nell’orda primitiva, quando il
padre primordiale monopolizza potere e piacere e costringe i figli a rinunciarvi, ontogeneticamente
ha luogo durante il periodo della prima infanzia e la sottomissione al principio della realtà viene
imposta da parte dei genitori e degli educatori.
Il principio della realtà si materializza in un sistema di istituzioni, e l’individuo sente l’esigenza di
legge e ordine.
Ritorno del represso nella storia in quanto è un fenomeno storico: il padre primordiale dà inizio alla
reazione a catena di asservimento, ribellione e riconquista del dominio che caratterizza la storia
della civiltà.
Freud mette in correlazione il piano ontogenetico, che vede la crescita dell’individuo represso dalla
prima infanzia fino alla sua esistenza conscia nella società, e il piano filogenetico, consistente nella
crescita della civiltà repressiva dall’orda primitiva fino allo stato civilizzato completamente
costituito.
II. L’origine dell’individuo represso (ontogenesi)
Per rintracciare lo sviluppo della repressione Marcuse parte da Freud e ne riprende la struttura
istintuale dell’individuo.
Nella primissima fase del suo sviluppo, la teoria di Freud è costruita intorno all’antagonismo tra
istinti sessuali (libidici) e istinti dell’Io (di autoconservazione), nell’ultima fase essa è concentrata
sul conflitto tra istinti di vita (Eros) e istinto di morte (Thanatos).
L’istinto di vita, secondo Marcuse, potrebbe essere identificato con il principio del piacere, il cui
compito è di liberare completamente l’apparato psichico da ogni eccitazione e dunque di cercare di
soddisfare ogni tensione generata dai nostri desideri di provare piacere, per arrivare a una serenità e
tranquillità psicofisica.
Gli istinti vengono tratti nell’orbita della morte (Thanatos). Sorge così il principio del Nirvana, una
situazione di pace totale che sembra promettere la morte. L’istinto di morte è una forza distruttiva
presente solo per liberare da una tensione. La discesa verso la morte è una fuga inconscia dal dolore
e dal bisogno, è un’espressione della lotta eterna contro la sofferenza e la repressione.
Eros e Thanatos emergono quindi come i due istinti fondamentali che caratterizzano il processo
della vita e per quanto dovrebbero risultare opposti, risultano invece essere assimilati in quanto
entrambi fanno tendere l’uomo verso la ricerca di una pace interiore, verso l’assenza di mancanza.
In seguito Marcuse mostra con Freud come nasce la repressione nell’individuo attraverso i concetti
dell’ Es, Io e Super-Io.
● Es è lo strato fondamentale della struttura psichica dell’uomo, è il regno dell’inconscio e
degli istinti primari. E libero dalle forme e dai principi che costituiscono l’individuo sociale
conscio. Lotta per la soddisfazione dei suoi bisogni istintualu in accordo con il principio del
piacere.
● Io si forma direttamente dall’Es attraverso l’influenza del mondo circostante. La sua
funzione principale consiste nel coordinare, alterare, organizzare e controllare gli impulsi
dell’Es in modo da ridurre al minimo i conflitti della realtà. L’atteggiamento dell’Io è in
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prevalenza un atteggiamento di difesa, in quanto deve respingere gli impulsi che, se
soddisfatti, distruggerebbero la propria vita.
● Super-Io ha origine durante il periodo di dipendenza del bambino dai genitori. In questa
fase, attraverso l’educazione, i genitori impongono al bambino una serie di restrizioni
affinché egli cresca in accordo ad alcune convenzioni sociali generalmente condivise.
Queste restrizioni aumentano con il tempo anche attraverso influenze sociali e culturali
esterne alla famiglia e vengono introiettate nell’Io e diventano la sua coscienza; l’eventuale
trasgressione di norme introiettate sarà punita con la generazione di un senso di colpa.
Dunque il Super-Io rappresenta ciò che la gente chiama “valori superiori” della vita umana.
Eros e Thanatos vediamo quindi come siano presenti in una condizione psichica in cui domina l’Es
e risultino invece represse dal Super-Io e dalle sue necessità sociali.
Marcuse sottolinea qui il limite di Freud: ritenere che ogni tipo di dominio implichi la medesima
quantità di repressione delle pulsioni istintuali e del piacere. Marcuse partendo dalla rimozione di
base (dose minima di controllo degli istinti che è richiesta dala civiltà), aggiunge due concetti
fondamentali:
-la repressione addizionale, ossia quelle restrizioni ulteriori rese necessarie dal potere/dominio
sociale (in questo caso Marcuse si riferisce alla società capitalistica, autoritaria e classista)
-il principio di prestazione che corrsiponde alla forma di dominio della società contemporanea, che
impone agli abitatori di sacrificare tutte le energie psicofisiche per il lavoro, che è l’attività per
procurare i mezzi atti a soddisfare i bisogni. Ma il lavoro diventa alienato, in quanto gli uomini
finiscono per lavorare per la società.Le ore di lavoro costituiscono la parte maggiore delle ore della
vita dell’individuo, sono ore penose poichè la fatica del lavoro alienato significa assenza di
soddisfazione. Le restanti ore costituiscono il tempo libero che si riduce però ad ore di rilassamento
passivo e di ri-creazione di energie per altro lavoro. [N.B. alienazione per Marx nei rapporti di
produzione e nella proprietà privata, per Marcuse nella logica del dominio e della realtà
strumentale].
Nell’organizzazione della sessualità si rispecchiano i tratti fondamentali del principio della
prestazione e il suo modo di organizzare la società. La sessualità è per Marcuse una delle
manifestazioni più evidenti dell’aumento della repressione delle pulsioni fondamentali all’interno
della società: la libido infatti si concentra su di una sola parte del corpo e buona parte del resto
rimane libera per essere usata come strumento di lavoro. Dunque vi è una riduzione spaziale e
temporale della libido, una effettiva repressione della sessualità. Perversioni e fantasia
rappresentano la ribellione contro il soggiogamento della sessualità e contro le istituzioni e
minacciano i fondamenti stessi del principio di prestazione.
III. Le origini della civiltà repressiva (filogenesi)
Per spiegare la nascita della civiltà Marcuse, come anche Freud, parte dal mito dell’orda
primordiale. Attraverso questo mito e le riflessioni di Freud, Marcuse arriverà a mostrare come la
repressione non sia necessaria per l’esistenza della civiltà e come il dominio nasca per circostanze
storiche.
Il primo gruppo umano fu costituito e sostenuto dal governo, dunque dal dominio di un unico
individuo che si impose su tutti gli altri, il padre, l’uomo che possedeva le donne desiderate e con
queste aveva procreato e mantenuto in vita figli e figlie. Si assiste a una monopolizzazione del
piacere, attraverso la monopolizzazione della donna per se stesso e dunque la sottomissione degli
altri membri dell’orda al suo potere. I figli incanalano dunque le energie istintuali nel lavoro. Il
padre istituisce il domini nel proprio interesse, crea quell’ordine senza il quale il gruppo si
dissolverebbe immediatamente.
L’odio nei confronti del padre culmina nella ribellione dei figli esiliati che uccidono il padre
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collettivamente per costruire il clan fraterno. Si arrivò così a un unione, a una specie di contratto
sociale, alla prima forma di organizzazione sociale. Ma l’uccisione del padre rappresenta il crimine
supremo perchè il padre istituì l’ordine della sessualità riproduttiva ed egli rappresenta quindi la
specie che crea e conserva tutti gli individui; egli è patriarca, padre e tiranno che salvaguarda le basi
biologiche e sociologiche dalle quali dipende la storia dell’umanità. Il suo annientamento minaccia
di annientare la vita del gruppo e di restaurare la forza distruttiva del principio del piacere.
Alla morte del padre segue il periodo matriarcale, ma nello sviluppo della civiltà la libertà segue il
dominio e porta al riaffermarsi del dominio stesso. Il matriarcato viene sostituito da una
controrivoluzione patriarcale, in quanto i figli assumono i tratti del padre, in modo tale da restaurare
i diritti storici del padre.
Dunque da monopolio dispotico del padre si arriva ad un’autorità educatrice ed economica
controllata. Muta anche la figura della madre: nell’orda primitiva rappresenta la donna desiderata e
la moglie-amante del padre, rappresenta un unione naturale e immediata di Eros e Thanatos in
quanto era la meta cui tendevano gli istinti sessuali e la madre nella quale un tempo il figlio aveva
trovato un pace completa che è assenza di bisogno e desiderio; in seguito ciò viene trasformato in
affettuosità, ossia in tenerezza, che diventa la base psichica della famiglia e della formazione di
rapporti di gruppo duraturi.
IV. La dialettica della civiltà
Freud rappresenta il senso di colpa come il problema più importante dell’evoluzione della cultura:
man mano che la civiltà progredisce, il senso di colpa è in aumento continuo.
Preistoria del senso di colpa: ha origine nel complesso edipico e fu acquisito quando il padre venne
ucciso dall’associazione dei fratelli, così da soddisfare il loro istinto aggressivo, ma l’amore che
nutrivano per il padre causò rimorsi e creò il Super-Io per identificazione, che provocò le restrizioni
intense a impedire una ripetizione del crimine. Da allora l’uomo si astiene a commettere quel
crimine, ma di generazione in generazione l’impulso aggressivo rivive ma deve essere inibito
continuamente. “...ogni impulso aggressivo che omettiamo di soddisfare viene assunto dal Super-Io
e va ad aumentare la sua aggressività.”
La civiltà è innanzitutto progresso del lavoro, atto a procurare e aumentare la necessità della vita.
Questo lavoro è spiacevole e penoso, è fatica. Se non esiste un istinto del lavoro originale, l’energia
necessaria per il lavoro va sottratta agli istinti primari (sessuali e distruttivi). Gli “istinti sociali
specifici”, quali il rapporto con i genitori e il senso dell’amicizia, contengono impulsi che vengono
trattenuti dalla resistenza interna e soltanto in virtù di questa rinuncia essi diventano sociali. Così
ogni individuo porta il suo contributo di rinunce, creando in questo modo il fondo comune della
ricchezza materiale e ideale della civiltà.
Si può definire la società come un luogo di sublimazione (meccanismo che sposta una pulsione
sessuale o aggressiva verso una meta non sessuale o non aggressiva) continua degli istinti originari,
in quanto vengono continuamente deviati nel lavoro per rendere possibile la civiltà. Con questa
sublimazione continua, si indebolisce l’Eros e così facendo la civiltà viene minacciata da una defusione degli istinti, nella quale l’istinto di morte lotta per conquistare il dominio sugli istinti di vita.
Ritornando al discorso del lavoro viene definito come utilizzazione sociale di impulsi aggressivi, e
in questo modo il lavoro diventa al servizio dell’Eros. Gli impulsi aggressivi e libidici vengono
dunque soddisfatti durante il lavoro per via di sublimazione.
Dunque per Freud progresso della civiltà equivale al progresso della libertà?
La teoria di Freud è centrata sul ciclo ricorrente di “dominio-ribellione-dominio”, che rappresenta
un progresso del dominio, in quanto partendo dal padre primordiale si arriva al sistema di autorità
istituzionalizzate caratteristico della civiltà matura, dove il dominio diventa universale e produttivo.
In questo stesso processo si depersonalizza anche la repressione: la costrizione e
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l’irreggimentazione del piacere diventa una funzione della divisione sociale del lavoro e il padre
continua a mettere in regola gli istinti dei figli e li prepara alla repressione addizionale imposta dalla
società. Dunque il padre assume la funzione di rappresentante della posizione della famiglia nella
divisione della società del lavoro, più che come possessore della madre. Successivamente gli istinti
dell’individuo vengono controllati per mezzo della sua forza lavoro.
Con la società capitalistica si arriva quindi ad un’abolizione dell’individuo da parte della tecnica
che si riflette nel declino della funzione sociale della famiglia: era la famiglia infatti che un tempo
allevava ed educava il figlio e le regole e i valori correnti venivano trasmessi personalmente.
Marcuse descrive quindi come nella società precedente le rinunce pulsionali venivano imposte dal
padre all’interno della famiglia; ora invece, sotto il governo di monopoli economici, politici e
culturali, la formazione del Super-Io sembra scavalcare la fase dell’individualizzazione. Ora
l’organizzazione repressiva degli istinti sembra essere collettiva e l’Io sembra essere socializzato
prematuramente da un intero sistema di fattori e influenze extrafamiliare, come la vita di gruppo, la
radio e la televisione. Con questi tecnici dei mezzi d’influenzamento le masse trasmettono i valori
richiesti e dunque la famiglia non può più competere con esse.
Chi sono i sostituti del padre? Le istituzioni con il quale il dominio assume la forma di
amministrazione. Marcuse delinea così la totale spersonalizzazione del dominio, passando dal
dominio del padre repressore per arrivare al ruolo repressivo delle istituzioni.
All’interno di un apparato così saldamente gestito dal dominio, vi è la possibilità di una
diminuzione della repressione sessuale, che rendendo possibili alcuni lievi sfoghi pulsionali
dell’individuo si diminuisce la tensione interna al sistema. Queste lievi concessioni fanno sentire
l’individuo libero e quindi lo rendono non pericoloso.
Un altro elemento che rende gli individui sempre più conquistati dal principio della realtà è il
benessere che esso è in grado di offrire, come il miglioramento del tenore di vita che fa divergere la
loro attenzione da quella che dovrebbe essere l’unica vera conclusione: rendersi conto che
potrebbero lavorare meno e determinare i loro bisogni e le loro soddisfazioni da sé.
V. Fantasia e utopia
Nei primordi della civiltà occidentale la ragione era definita come uno strumento di costrizione, di
repressione degli istinti; il dominio degli istinti era considerato come eternamente ostile per la
ragione. Le categorie nelle quali la filosofia ha compreso l’esistenza umana, hanno conservato la
connessione tra ragione e repressione: tutto ciò che appartiene alla sfera dei sensi, del piacere, degli
impulsi significa anche qualcosa che è in antagonismo con la ragione e quindi va frenato.
Nel regno della fantasia le irragionevoli immagini della libertà diventano razionali e la
soddisfazione degli istinti assume nuova dignità. Insistere sul fatto che l’immaginazione fornisca le
norme per atteggiamenti esistenziali sembra una fantasia puerile. Soltanto gli archetipi sono stati
accettati.
VI. Le immagini di Orfeo e Narciso
Un esempio di ciò sono gli eroi civilizzatori che continuano a vivere nell’immaginazione come
simboli di atteggiamenti e di atti che hanno determinato il destino dell’umanità. Egli è il simbolo
della produttività, dello sforzo incessante di dominare la vita.
Prometeo è l’eroe archetipo del principio di prestazione. Ed è proprio nel mondo prometeico che
Pandora, il principio femminile, appare come una maledizione distruttiva. Se Prometeo è l’eroe
civilizzatore della fatica, Orfeo e Narciso sono gli esponenti di una realtà molto diversa. Non sono
diventati gli eroi civilizzatori del mondo occidentale, la loro è una immagine di gioia e di
compimento. Le immagini di Orfeo e Narciso riconciliano Eros e Thanatos. Esse rievocano
l’esperienza di un mondo che non va dominato e controllato, ma liberato - una libertà che scioglierà
i freni alle forze di Eros, che ora sono legate nelle forme represse e pietrificate dell’uomo e della
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natura. In contrasto con le immagini degli eroi civilizzatori prometeici, le immagini del mondo
orfico e narcisistico sono irreali e non realistiche. Esse rappresentano una vita “impossibile”.
Orfeo e Narciso sono simboli di realtà come Prometeo. L’esperienza orfica e narcisistica del mondo
nega ciò che il mondo del principio di prestazione sostiene.
Nell’Eros orfico e narcisistico gli oggetti della natura diventano liberi di essere ciò che sono. Ma
per poter essere ciò che sono, devono dipendere dall’atteggiamento erotico: solo così possono
ricevere il telos. Il canto di Orfeo placa il mondo animale un mondo di oppressione. La sua
liberazione avviene grazie all’Eros. Il canto di Orfeo infrange la pietrificazione, fa muovere le
foreste e le rocce per farle partecipi di gioia.
All’amore di Narciso risponde l’eco della natura. È vero che Narciso si presenta come l’antagonista
di Eros: egli disprezza l’amore e per questo viene punito. Narciso rifiuta un Eros per un altro. Egli
vive in virtù di un Eros proprio, ed egli non ama solo se stesso, ma anche un’immagine che non sa
essere la sua. Se il suo atteggiamento erotico è affine alla morte e porta morte, il riposo e il sonno e
la morte sono governati dal principio del Nirvana, il fine ultimo della vita, lo stato in cui si ottiene
la liberazione dal dolore. Le immagini orfico- narcisistiche sono le immagini del Grande Rifiuto:
del rifiuto di accettare la separazione dall’oggetto libidico. Questo rifiuto mira alla liberazione.
Orfeo è l’archetipo del poeta come liberatore e creatore.
Nella sua persona l’arte, la libertà e la cultura sono eternamente unite. Egli è il poeta che pacifica
l’uomo. La tradizione classica collega Orfeo all’introduzione dell’omosessualità. Come Narciso,
egli rifiuta l’Eros normale, non in favore di un ideale ascetico, ma per un Eros più pieno. Nel
mondo simbolizzato dall’eroe civilizzatore Prometeo, esso è la negazione di ogni ordine; ma in
questa negazione Orfeo e Narciso rivelano una nuova realtà governato da principi diversi. L’Eros
orfico trasforma l’essere: vince la crudeltà e la morte con la liberazione. Il suo linguaggio è il canto
e la sua opera è il gioco. La vita di Narciso è una vita di bellezza, e la sua esistenza è
contemplazione. Queste immagini ci portano a quella dimensione estetica che è la dimensione nella
quale il loro principio della realtà va ricercato e comprovato.
VII. La dimensione estetica
Il regno dell’estetica è essenzialmente “non realistico”: esso ha conservato la sua libertà al prezzo
della sua efficienza nella realtà. Vivere con i valori estetici è privilegio del genio bohémien
decadente. “Davanti al tribunale della ragione l’esistenza estetica è condannata” poiché esiste una
connessione tra piacere, sensualità, bellezza e arte con la dimensione estetica.
L’esperienza fondamentale dell’estetismo è sensuale piuttosto che concettuale ed è accompagnata
dal piacere. Questo piacere proviene dalla percezione della forma di un oggetto, indipendentemente
dalla sua materia e dal suo scopo. Un oggetto rappresentato nella sua forma pura è bello. Questa
rappresentazione è opera dell’immaginazione. L’immaginazione estetica costituisce la bellezza.
Nell’immaginazione estetica la sensualità genera principi universalmente validi per un ordine
obiettivo.
Le due categorie principali che determinano quest’ordine sono finalità senza fine e legalità senza
legge. Esse circoscrivono l’essenza di un ordine non repressivo. La prima determina la struttura
della bellezza, la seconda quella della libertà; il loro carattere comune è la soddisfazione derivata
dal libero gioco delle potenzialità liberate dell’uomo e della natura.
La sensorietà designa i sensi come fonti e organi di cognizione. La sua funzione cognitiva è confusa
con la sua funzione appetiva; essi sono governati dal principio del piacere. Da questa fusione deriva
il carattere passivo della cognizione sensoriale che la rende inadatta al principio della realtà se non è
assoggettata all’attività concettuale dell’intelletto. La verità dell’arte è la liberazione della sensualità
mediante la sua riconciliazione con la ragione.
Se la “perfezione” della cognizione sensoriale è definita come bellezza, questa definizione continua
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a conservare la connessione intima con la soddisfazione istintiva. Ma l’origine sensuale è repressa e
la soddisfazione sta nella forma pura dell’oggetto. Come valore estetico, la verità non concettuale
dei sensi è sanzionata, e la libertà del principio della realtà è concessa al “libero gioco”
dell’immaginazione creativa.
Poiché è stata proprio la civiltà che ha “inferto questa ferita all’uomo moderno”, solo una nuova
forma di civiltà può guarirlo. La ferita è causata dal rapporto antagonistico tra le due dimensioni
polari dell’esistenza umana. Queste due dimensioni sono governate da un impulso fondamentale: l’
“impulso sessuale” e l’“impulso di forma”. Il primo è essenzialmente passivo, il secondo è attivo e
dominante.
La cultura è formata dalla combinazione e dall’azione reciproca di questi due impulsi.
VIII. La trasformazione della sessualità in Eros
L’instaurazione di un principio di realtà non repressivo in una società non pronta a questa libertà
porterebbe il caos e le barbarie. Diverso sarebbe se questo mutamento avvenisse quando la cultura è
sovvertita dopo che essa ha creare un’umanità e un mondo atti a essere liberi. Per verificare gli
effetti dell’avvento di un ordine non repressivo in una società sufficientemente matura Marcuse
decide di partire con il più “disordinato” degli istinti: l’istinto sessuale.
Un ordine non repressivo è possibile solo se gli istinti sessuali possono generare rapporti erotici
duraturi tra individui maturi.
Sotto il principio di prestazione, data la necessità di indirizzare le energie istintuali verso il lavoro,
la libido è limitata alo tempo libero e all’esecuzione del solo rapporto genitale. Per ottenere questo
risultato “tutte le forze della morale civile furono chiamate in campo contro l’uso del corpo come
puro oggetto, mezzo, strumento di piacere; questo uso divenne il privilegio di prostitute, degenerati
e pervertiti”. L’uomo doveva essere superiore ai propri istinti sessuali e la sessualità riceveva
dignità solo quando era trasformata in amore. Freud ha ripetutamente rilevato che le relazioni
interpersonali durature dalle quali dipende la civiltà, presuppongono un istinto sessuale e meta
inibita. L’amore e le relazioni durevoli e responsabili che esso richiede, si fondano su un’unione
della sessualità con l’“affetto”.
In un principio di realtà non repressivo questa situazione dovrebbe mutare sostanzialmente: il corpo
si risessualizzerebbe. Il mutamento della sessualità non si limita a una sua liberazione ma implica
anche una trasformazione radicale. Non si tratta di una semplice esplosione della sessualità, che
rischia di essere dannosa per la civiltà, ma di un’espansione: nuove zone del corpo e nuovi ambiti
della vita sarebbero investiti da quella componente erotica che prima era bandita.
Questa fase di trasformazione della sessualità in Eros, è chiamata autosublimazione della sessualità.
Questo termine significa che, sotto condizioni specifiche, la sessualità può creare rapporti umani di
alta civiltà, senza essere assoggettata a quell’organizzazione repressiva che la civiltà costituisce ha
imposto all’istinto. Attraverso l’autosublimazione diventa possibile creare un’intera civiltà in
armonia con ogni tipo di espressione della propria sessualità.
Non si può più parlare di sessualità poiché l’istinto non è più limitato al semplice atto sessuale, ma è
espanso in ogni momento della vita dell’individuo. Per questo motivo si utilizza anche un secondo
termine: Eros, che caratterizza un istinto biologico più ampio, piuttosto che un fine dilatato della
sessualità.
Ci troviamo di nuovo di fronte a quella sessualità perversa-polimorfa, una sessualità preistorica,
presente nell’uomo prima della nascita del principio di realtà repressivo. Questo tipo di sessualità
non viene più relegato nel passato, come qualcosa di remoto, ma viene tenuto in considerazione
come qualcosa di realizzabile nel presente, nella nuova società dominata dal principio del piacere.
Tuttavia questo processo della sessualità in Eros può avvenire solo se si determina come un
processo collettivo. Se il mutamento si realizza solo a livello individuale, “la riattivazione della
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libido narcisistica è culturalmente nevrotica”. La trasformazione deve essere un fenomeno sociale
unitario, altrimenti il mutamento singolare diventa dannoso per l’individuo, che viene
marginalizzato come diverso.
Nell’epoca dell’Eros il corpo diviene soggetto di autorealizzazione; per l’uomo “ il lavoro
socialmente utile rappresenta simultaneamente la soddisfazione palese di un bisogno individuale”.
Non c’è più distanza tra lavoro e piacere, prima poli opposti della vita dell’individuo; nella nuova
società non repressiva essi si identificano e il lavoro viene riassorbito nella sfera del piacere in
quanto espressione dell’istinto individuale. Il lavoro diviene libero gioco delle facoltà umane e in
quanto tale è soddisfacente in se stesso, senza servire ad altri scopi che non siano la soddisfazione di
un istinto. Questo significa che l’attività svolta durante il lavoro può anche rimanere la stessa che
veniva svolta sotto il principio di realtà, poiché la differenza tra gioco e lavoro è determinata dallo
scopo con cui lo si fa. Marcuse ammette possa esistere piacere nell’attività lavorativa alienata ma
questo piacere è dovuto o al pensiero di una ricompensa, oppure “esso è la soddisfazione di avere
una buona occupazione e di contribuire al funzionamento dell’apparato”. Questa analisi del piacere
derivante dal lavoro alienato potrebbe sembrare non tener in considerazione che certi lavori possano
essere piacevoli perché permettono di produrre oggetti in maniera tanto perfetta da essere
assimilabili ad opere d’arte; in questo caso il piacere sarebbe il piacere dell’artista che crea l’opera.
Questo processo di trasformazione della sessualità e del lavoro è possibile solo grazie al
superamento della penuria. Senza una riduzione almeno parziale del carico del lavoro, le fatiche
necessarie al sostentamento, richiederebbero una buona parte di energie istintuali anche in una
società non repressiva. In essa avremmo l’eliminazione solo della repressione addizionale dovuta a
un particolare tipo di dominio presente, ma quella relativa alla necessità di colmare la penuria
resterebbe identica. Grazie alla tecnologia e all’automazione invece, buona parte dei lavori
necessari sarebbero svolti da macchine e l’uomo avrebbe molte energie istintuali da concentrare
verso il proprio piacere. Per questa ragione è bene sottolineare l’importanza della tecnologia nella
realizzazione dell’utopia.
IX. Eros e Thanatos
Ottenuta questa trasformazione, la sessualità tende a farsi assorbire dall’Eros e ci si trova in una
nuova società, ordinata secondo il principio del piacere. In essa “la ragione repressiva cede il passo
a una nuova razionalità della soddisfazione”
Ora bisogna comprendere se, una volta eliminata la repressione derivante dal dominio, rimanga
qualche tipo di limitazione per l’Eros. Freud era dell’idea che il Super- Io rappresenta il principio
della realtà in modo non privo di ambiguità soprattutto quando questo principio è impersonato dal
padre che proibisce e punisce. In molti casi il Super- Io sembra un alleato segreto dell’Es, e difende
le richieste dell’Es contro l’Io e il mondo esterno. Le tracce di questo Super- Es si collegano alle
tracce di una realtà diversa e perduta. La concezione della realtà che predomina nell’opera di Freud
e che è condensata nel principio della realtà, è “legata al padre”. Essa considera l’Io e l’Es come
forze esterne e ostili, il cui potere si simbolizza nella minaccia di castrazione, diretta contro la
soddisfazione d’impulsi libidici rivolti alla madre. L’Io nella sua crescita, raggiunge la maturità
piegandosi davanti a questa forza ostile. Questa realtà è vissuta per la prima volta nel rapporto
libidico del bambino con la madre. In questa fase primaria del rapporto tra “pre-Io” e realtà, l’Eros
narcisistico e quello materno sembrano essere una cosa sola, e l’esperienza primaria della relatà e
l’esperienza di un’unione libidica. La fase narcisistica della pregenitalità individuale “rievoca” la
fase materna della storia della razza umana. Tutte e due costituiscono una realtà alla quale l’Io
reagisce con un atteggiamento di identificazione integrale con l’ambiente”. Ma la “concezione
materna” della realtà viene trasformata i
n qualcosa di negativo, di pauroso. L’impulso a
ristabilire la perduta unità narcisistico-materna viene interpretata come minaccia di venir inghiottiti
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dalla forza del grembo materno. Il padre ostile viene assolto da ogni accusa e diventa il salvatore
che punendo il desiderio d’incesto, protegge l’Io dal pericolo di annullarsi nella madre. Il principio
della realtà patriarcale domina sull’interpretazione psicoanalitica. È solo al di là del principio della
realtà che le immagini “materne” del Super-Io evocano promesse.
Nella morale intima e più profonda possiamo trovare un collegamento tra Eros e l’istinto di morte.
La morte è la definitiva negatività del tempo. Il tempo non ha potere sull’Es, regno originale del
principio del piacere. Ma l’Io è soggetto del tempo. La pura anticipazione di una fine inevitabile
presente in ogni istante, introduce un elemento repressivo in ogni rapporto libidico, e rende
doloroso ogni istinto di piacere. L’istinto di morte ha come obiettivo il Nirvana e, nel momento in
cui la vita riesce ad essere il più possibile senza tensioni, il Nirvana e la vita stessa diverrebbero
simili; in questo modo le tendenze distruttive di Thanatos sarebbero sempre minori poiché l’istinto
di morte troverebbe la propria soddisfazione nella vita.
“ La morte può diventare un segno di libertà. La necessità della morte non contraddice la possibilità
di una liberazione finale”.
CONCLUSIONI
In “Eros e Civiltà” possiamo vedere come Marcuse delinea alcune tematiche della sociologia della
famiglia. Innanzitutto possiamo notare come venga delineato il passaggio dalla famiglia patriarcale
(presente anticamente nella costruzione della storia della civiltà di Freud) alla famiglia monogamica
(propria della società contemporanea):
-famiglia patriarcale che, come suggerisce il nome stesso, vede nel padre (o patriarca) la funzione
di svolgere un ruolo di assoluto dominio imposto sugli altri membri.
- con la famiglia monogamica composta da padre, madre e figlio Marcuse delinea come con i suoi
obblighi imponibili al padre limita il monopolio che quest’ultimo aveva in precedenza.
Marcuse afferma poi come con la società capitalistica vi è un’abolizione dell’individuo da parte
della tecnica che si riflette nel declino della funzione sociale della famiglia: la famiglia un tempo
aveva il compito di allevare ed educare l’individuo e far interiorizzare le regole e i valori correnti,
ora invece l’individuo da atomo della specie diventa atomo della società, governato dal potere delle
istituzioni, dunque l’individuo non si rispecchia più nella famiglia.
Si arriva dunque al cambiamento del ruolo del padre e del ruolo della madre all’interno della
famiglia:
-ruolo del padre inizialmente visto come garante del dominio, l’uomo che possedeva le donne
desiderate e che con queste aveva procreato e mantenuto in vita i figli, monopolizza così il piacere
sottomettendo gli altri membri al suo potere. Istituisce così l’ordine della sessualità produttiva, egli
crea quell’ordine senza il quale il gruppo i dissolverebbe immediatamente. Con l’avvento delle
istituzioni e dunque con la società capitalistica, la funzione del padre cambia, perde la sua auorità e
il suo dominio all’interno della famiglia, in quanto si fonde con l’autorità costituita, cioè le
istituzioni, necessarie alla soddisfazione ordinata dei bisogni umani in scala sempre più vasta. Il
padre diventa un’autorità educatrice ed economica controllata dalla società corrente.
-ruolo della madre vista, nell’orda primitiva, come la donna desiderata, la moglie-amante del padre,
meta cui tendevano gli istinti sessuali, dove il figlio aveva trovato quella pace completa che è
assenza di bisogno e desiderio. Si giunse in seguito ad una scissione in madre e moglie, in cui
l’amore sensuale si trasforma in affettuosità (tenerezza).
Da qui si può ricordare una delle funzioni basi della famiglia, ossia la funzione affettiva, consistente
nel bisogno di attaccamento del bamibino con la madre (caregiver).Dunque si può affermare in
conclusione che la famiglia cambia in funzione della società in cui si trova
FAMIGLIA IN CIFRE
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1. Meno matrimoni e in età più avanzata
Nel 2008 sono stati celebrati 246.613 matrimoni (4 per ogni 1000 abitanti).
La diminuzione è in atto dal 1972, si tende a posticipare sempre di più la prima unione di
matrimonio, che è 33 anni per gli uomini e 30 per le donne.
Nel sud c'è un tasso di nuzialità più alto e l'età al matrimonio è più bassa.
Per quanto riguarda i secondi matrimoni sono molto elevati nel nord a differenza del sud, dove sono
più comuni matrimoni religiosi e coppie con comunione di beni.
2. Italia, paese e bassa fecondità
Le donne residenti in Italia nel 2008 hanno concepito 1,42 figli per donna, in crescita rispetto al
2003. Considerando singolarmente le regioni d'Italia ci sono alcune differenze, ad esempio in
Lombardia 1,5 figli per donna, Campania 1,44 figli, Sardegna 1,11 figli. L'età in cui si concepisce
un figlio è aumentata superando i 30 anni d'età per le donne e per i padri 35 anni. In aumento le
nascite naturali che nel 2008 raggiungono il 22,2%.
3.Aumentano matrimoni e nascite della popolazione immigrata.
I cittadini stranieri residenti in Italia nell'anno 2009 sono 4 milioni e 235 mila, i minori sono oltre
953 mila, raddoppiati per effetto delle nascite e ricongiungimenti famigliari.
Con l'aumento della popolazione straniera sono aumentati anche i matrimoni con un componente
straniero sono passati da 27 mila e 700 nel 2003 ai 37 mila nel 2008, fino a costituire il 15% dei
matrimoni celebrati nel nostro paese.
4.Aumenta l'instabilità matrimoniale
Le separazioni e i divorzi sono in crescita, nel 2008 le separazioni arrivano a 84.165 e i divorzi a
53.862.
L'età media di separazione per gli uomini è di circa 44 anni e per le donne di 41, per quanto
riguarda il divorzio per gli uomini è di circa 46 anni e per le donne 42.
Il 70,8% delle separazioni e 62,4% dei divorzi riguardano coppie con figli.
Fino all'anno 2005 l'affido esclusivo era per la madre, ma con la legge 54/2006 viene introdotto
l'affido congiunto. I minori in affido congiunto sono passati (su cento) da 11.9% al 78.8% e nel caso
dei divorzi dal 9.8% al 62.1%. Il 45.5% di donne separate vive in un nucleo monogenitoriale e il
53.3% è single. Al nord più probabilità di una nuova relazione invece il sud è più propenso ad una
vita in famiglia monogenitoriale.
5. Famiglie sempre più piccole
Forte calo di fecondità e aumento dell’invecchiamento e instabilità matrimoniale.
Le famiglie con uno o due componenti sono il 55.4% della popolazione, il 28.1 sono persone sole, il
27.3 ha 2 componenti. Il 20.8 ne ha 3, ne ha 4 il 17,8 e 5 il 5.9.
La metà delle persone sole sono anziani con più di 65 anni di età.
Le coppie con più figli sono più diffuse in sud, senza figli al centro nord, famiglie estese presenti in
alcune regioni del centro e nord-est.
6.La lenta transizione verso lo stato adulto dei giovani
I giovani rimangono a casa di più rispetto al passato. Tra 20 e 24 anni sono l'86.4%, tra 25 e 29 anni
il 59.4 e tra i 30 e 34 il 30.1%. Rimangono a casa più i maschi (62.8%) rispetto alle donne (47.2 %).
I giovani rimangono più tempo a casa per maggior investimento formativo che in passato per
problemi economici non era per tutti possibile, un'altra motivazione è anche che sono migliorati i
rapporti con i genitori, ora i figli possono mantenere la loro autonomia in casa.
7.Sempre meno figli nelle coppie con figli e nuclei monogenitori
Coppie con figli sono 9 milioni 588 mila di cui: quelle con un figlio convivente sono il 46.5%, e
con 3 e più sono il 10.5%
Per quanto riguarda le famiglie con minori sono 5 milioni e 930 mila .
I nuclei monoreattori sono in totale 2 milioni e 214 mila, con figli minori sono l'88.6% dei casi
composti da madri sole.
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8.Single non vedovi, mono genitori non vedovi, coppie non coniugate e famiglie ricostruite in
crescita
I single non vedovi sono 3 milioni 877 mila, i mono genitori non vedovi 1 milione 155 mila, le
coppie non coniugate 820 mila e le famiglie ricostituite 900 mila. Queste forme di famiglia sono in
aumento in conseguenza alla crescita di divorzi e separazioni.
Le coppie non coniugate con figli sono cresciute in quest'ultimi anni raggiungendo il 51%, tra
famiglie ricostituite il 59,2% ha figli, sono solo di un partner l'11.5%, invece i nati da questa nuova
unione il 39.7% e l'8,1% nell'unione si hanno sia figli propri che figli nati dall'unione stessa.
9.La famiglia che accoglie: affidi e adozioni
Nel 2007 sono stati disposti 2.253 affidamenti dal giudice tutelare e 574 dal tribunale dei minori,
sono stati disposti 1.095 affidamenti a comunità e alloggi.
Gli affidamenti preadottivi di minori nel 2007 sono stati 903, quelli relativi a minori stranieri sono
487.
Nel 2007 sono state concesse 1.815 adozioni, invece per adozioni straniere ci sono state 2.474, sono
state presentate 15.610 domande d'adozione, per i minori stranieri sono 6.867 e si è arrivati a 5.751
decreti di idoneità.
10.Famiglie con anziani sono di più di quelle con minori
Le famiglie con anziani con più di 65 anni sono il 36.5%, mentre quelle con minori sono il 28%. Le
famiglie con ultrasettantacinquenni raggiungono il 19.2%, quindi cresce la percentuale di anziani e
diminuisce quella dei minori, le famiglie con un anziano e un minore sono quasi inesistenti solo il
1.3%
11. Le famiglie con disabili oltre 2 milioni
Le famiglie con disabili sono 2 milioni e 365 mila, cioè il 10.3% del totale.
Il 41.8% delle famiglie con disabili è formato da persone sole o che vivono con altri disabili.
Nella maggior parte delle famiglie il 58.3, c'è una persona non disabile che può prendersi cura delle
persone con disabilità facenti parte della famiglia.
Quasi 1/3 delle famiglie con disabili dichiarano di aver bisogno dell'assistenza domiciliare di tipo
sanitario.
L'assistenza a domicilio a cui usufruiscono le famiglie con disabili è differenziato, oltre il 20% di
famiglie con disabili si avvale di servizi pubblici d'assistenza domiciliare. Mentre nel sud e nelle
isole la quota famiglie che usufruisce di questo servizio è del 16.8% e del 19.2%, oltre il 40% delle
famiglie con disabili nel sud e il 36.5% nelle isole dichiara di aver bisogno d'assistenza. La
domanda d'assistenza non soddisfatta è quindi molto più elevata al sud, dove sono anche più diffuse
le famiglie con disabili.
12.La violenza fisica o sessuale subita dalle donne è in molti casi opera del partner.
Il 14.3% delle donne da 16 ai 70 anni ha subito violenza sessuale o fisica da parte del partner nel
corso dei suoi anni, l'1.6% ha subito violenza sessuale prima dei 16 anni da un parente.
La violenza fisica risulta essere il tipo di violenza più frequente, su 482 mila donne vittime di
stupro, il 69.7% l'ha subito da parte del proprio partner. La violenza nella maggior parte dei casi è
grave, ma solo il 7.2 % delle vittime denuncia le violenze subite. Analizzandole si scopre che il 7.5
% denuncia violenze fisiche e quelle sessuali sono appena il 4.8%
13. La maggior parte delle famiglie ha casa in proprietà
La maggior parte delle famiglie residenti ha una casa di proprietà è il 74.3%.
Il 17.2 % è affittuario, mentre il restante 8.5 % gode di un abitazione a titolo gratuito o usufrutto.
Tra le famiglie proprietarie dell'abitazione il 15.9 % paga un mutuo, circa il 9% delle famiglie è
rimasto arretrato con le bollette, il 5.2 % ha un abitazione in cattive condizioni, il 10.1 % ha infissi
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danneggiati, il 17.1 % ha problemi di infiltrazione, l'8.4 ha scarsa luminosità e il 13% delle famiglie
un’abitazione piccola.
Le famiglie del sud hanno più problemi alle loro abitazioni, le famiglie che vivono in zone
inquinate è para al 21% e il 15.8 % in zone di criminalità.
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