The Lab’s Quarterly Il Trimestrale del Laboratorio 2015 / n. 4 / ottobre-dicembre Laboratorio di Ricerca Sociale Dipartimento di Scienze Politiche Università di Pisa Direttore: Massimo Ampola Comitato scientifico Paolo Bagnoli Roberto Faenza Mauro Grassi Elena Gremigni Franco Martorana Antonio Thiery Comitato editoriale: Luca Corchia (segretario) Gerardo Pastore Marco Chiuppesi Contatti: [email protected] Gli articoli della rivista sono sottoposti a un doppio processo di peer-review. Le informazioni per i collaboratori sono disponibili sul sito della rivista. ISSN 2035-5548 © Laboratorio di Ricerca Sociale Dipartimento di Scienze Politiche Università di Pisa Laboratorio di Ricerca Sociale Dipartimento di Scienze Politiche Università di Pisa “The Lab’s Quarterly” è una rivista che risponde alla necessità degli studiosi del Laboratorio di Ricerca sociale dell’Università di Pisa di contribuire all’indagine teorica ed empirica e di divulgarne i risultati presso la comunità scientifica e il più vasto pubblico degli interessati. I campi di studio riguardano le riflessioni epistemologiche sullo statuto conoscitivo delle scienze sociali, le procedure logiche comuni a ogni forma di sapere e quelle specifiche del sapere scientifico, le tecniche di rilevazione e di analisi dei dati, l’indagine sulle condizioni di genesi e di utilizzo della conoscenza e le teorie sociologiche sulle formazioni sociali contemporanee, approfondendo la riproduzione materiale e simbolica del mondo della vita: lo studio degli individui, dei gruppi sociali, delle tradizioni culturali, dei processi economici e politici. Un contributo significativo è offerto dagli studenti del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa e di altri atenei, le cui tesi di laurea e di dottorato costituiscono un materiale prezioso che restituiamo alla conoscenza. Il direttore Massimo Ampola The Lab’s Quarterly Il Trimestrale del Laboratorio 2015 / n. 4 / ottobre-dicembre STRUTTURE E TRASFORMAZIONI SOCIALI Alessandro La Monica Pensare le classi sociali. Elementi di sociologia bourdieusiana 7 Roberta Salsi Il concetto di habitus nella sociologia francese contemporanea 25 PROCESSI CULTURALI E COMUNICATIVI Luca Corchia La figura della madre nei romanzi di Moravia e nelle trasposizioni cinematografiche. La madre autoritaria de La Noia tra Moravia e Damiano Damiani Laboratorio di Ricerca Sociale Dipartimento di Scienze Politiche Università di Pisa 37 STRUTTURE E TRASFORMAZIONI SOCIALI PENSARE LE CLASSI SOCIALI. Elementi di sociologia bourdieusiana di Alessandro La Monica Indice Introduzione 1. Da «dato strutturale« a «posta in gioco»: le due «tendenze» dell’analisi di classe in Bourdieu 2. Uno spazio tridimensionale Conclusioni Riferimenti bibliografici 8 8 9 16 17 INTRODUZIONE Ogni lavoro sociologico che abbia come oggetto lo studio delle classi sociali dovrebbe tener presente, onde evitare fraintendimenti e incomprensioni reciproche, l’intrinseca polisemicità del concetto di classe. Numerosi studiosi hanno rilevato i differenti intenti teorici, le innumerevoli sfumature concettuali e le diversificate applicazioni metodologiche che sono riferibili a questa nozione1. Inoltre, il carattere doppiamente politico ad essa connesso ha reso arduo l’utilizzo di questo concetto per coloro che miravano prima di ogni cosa alla validità scientifica della loro analisi. In primo luogo, la funzione storica che la filosofia politica marxiana e neomarxiana ha riservato all’appartenenza di classe si è caratterizzata come la prima difficoltà e il primo vantaggio connesso all’uso di questa nozione. Da un lato, come già sollevato a suo tempo da Raymond Aron, la difficoltà di scindere chiaramente il lato politico e il lato scientifico della sociologia di Marx è da sempre stato un ostacolo per il sociologo che intendeva utilizzare le categorie dell’analisi di Marx e, allo stesso tempo, ambiva alla neutralità assertiva nella descrizione oggettiva della società2. Dall’altro, la profondità d’analisi marxiana e la radicale messa in discussione dell’economia politica classica e dell’ideologia borghese non può che essere considerata come «una tappa decisiva del processo di smitologizzazione della storia»3, un tesoro intellettuale che costituisce un riferimento obbligato e imprescindibile per qualsiasi tipo di studioso della società. In secondo luogo, gli aspetti politico-normativi connessi all’analisi di classe della filosofia politica marxiana sembrano essere presenti, seppur in modo rovesciato dal punto di vista politico, in un filone interpretativo che si è sviluppato durante gli anni Novanta. Sorto sullo sfondo teorico della sociologia postmoderna, della «modernità liquida» di Bauman e del «processo di individualizzazione» di Beck, numerosi studiosi hanno mosso le più radicali critiche alla valenza euristica e descrittiva dell’analisi di classe in sociologia. Questi studi, come sostengono Louis Chauvel e Franz 1 Tra alcuni autorevoli contributi che mettono in risalto la polisemicità della nozione di classe si veda J.-M. Chapoulie, L’étrange carrière de la notion de classe sociale dans la tradition de Chicago en sociologie, «European Journal of Sociology», 41, 2000, pp. 53-70; R. Crompton (1993), Classi sociali e stratificazione, Bologna, Il Mulino, 1999; R. Crompton, J. Scott, Introduction: the state of class analysis, «The Sociological Review», 47, 2, 2000, pp. 1-15; E. O. Wright, Classes, London, Verso, 1985. 2 R. Aron (1964), La lotta di classe, Torino, Edizioni di comunità, 1982. 3 K. Lenk (1972), Marx e la sociologia della conoscenza, Bologna, Il Mulino, 1975, p. 203. Alessandro La Monica 9 Schulteis, dietro l’apparente neutralità del discorso scientifico e seppur con accenti diversi, hanno annunciato la fine del pensiero di classe, la riduzione progressiva delle disuguaglianze e il connesso imborghesimento della classe operaia (o meglio il termine borghese era più propriamente sostituito con accezioni più soft quali moyennisation, gruppi in ascesa sociale, ecc.), facendo generalmente riferimento dal punto di vista teorico alle tesi del postmoderno e, dal punto di vista empirico, alle maggiori possibilità di ascesa sociale e alla relativa diminuzione delle disuguaglianze della seconda metà del Novecento4. Nello stesso tempo, le trasformazioni strutturali e culturali che hanno fatto seguito alla globalizzazione hanno contribuito a definire nuove priorità sia nella percezione comune che nell’analisi scientifica, o meglio a dare maggior peso rispetto al passato ad altre dimensioni della disuguaglianza: su tutte, finalmente, il vigore e l’attenzione nuova alle questioni legate alla disuguaglianza di genere. Inoltre, le gigantesche migrazioni di massa di fine secolo e i tentativi di convivenza di popoli con storie e tradizioni differenti all’interno di uno stesso territorio hanno radicalizzato in Europa quei problemi sociali che negli Stati Uniti erano, e sono, tipici sin dalla fine dell’Ottocento. L’emersione dell’identità di genere da un lato, e della dimensione etnica dall’altro, ingiustamente poste in secondo piano nella sociologia del secondo dopoguerra, hanno progressivamente, e incidentalmente, contribuito ad offuscare, in parallelo alle trasformazioni strutturali e del mercato del lavoro, il pensiero di classe5. I lavori di sociologia delle classi sociali possono essere distinti per sommi capi in tre rami: un filone neomarxiano, uno neoweberiano e, soprattutto, un terzo filone non chiaramente etichettabile caratterizzato da tentativi di sintesi delle due tradizioni di ricerca classiche e da un mix di altri approcci, oltre che di elementi d’analisi appartenenti ad altre discipline. Costruita «con e contro» Marx6, con numerosi riferimenti a Weber e al filone neoweberiano, al cui interno possono essere trovati alcuni tentativi di integrazione di approcci ed elementi di analisi di altre discipline, l’analisi di classe di Pierre Bourdieu sembra appartenere a questo terzo insieme7. La studio del sistema scolastico presente in La 4 L. Chauvel, F. Schultheis, Le sens d’une dénégation : L’oubli des classes sociales en Allemagne et en France, «Mouvements», XXVI, 2, 2003, pp. 17-26. 5 R. Crompton (1993), Classi sociali e stratificazione, Bologna, Il Mulino, 1999. 6 P. Bourdieu, P., Choses dites, Paris, Éditions de Minuit, 1987. 7 Per un lavoro analitico attento a cogliere il peso della dimensione di classe nella sociologia di Bourdieu si veda in particolare il capitolo secondo del seguente testo. E. Susca, Pierre Bourdieu: il lavoro della conoscenza, Milano, FrancoAngeli, 2011. 10 The Lab’s Quarterly, 4, 2015 Réproduction8, la rigorosa analisi di classe e del mercato dei consumi presente in La Distinction9, da cui deriva la tesi della corrispondenza tra appartenenza di classe, posizione sociale e gusti sociali costruiti, costituiscono da tempo dei “nuovi classici” del pensiero sociologico. L’originalità, la raffinatezza metodologica e analitica del suo sistema di concetti, l’approccio multidisciplinare e multicausale si sono rivelati un insieme di caratteristiche che, accomunate in un unico sistema di pensiero, sembrano aver affascinato il grande pubblico internazionale vista l’enorme diffusione delle sue opere negli ultimi venti anni.10 Per quanto riguarda il rinnovo degli studi sull’analisi di classe avvenuto negli ultimi decenni – in particolare in Inghilterra, e con qualche debole tentativo in Francia –, è possibile notare che molti di questi contributi non hanno potuto fare a meno di riferirsi ai lavori di Bourdieu, riprendendone le categorie d’analisi, gli intenti teorici e, in parte, i metodi utilizzati. Questa tendenza sembra denotare il fatto che, oggi, ridare nuovo vigore alla dimensione di classe non sembra possibile senza fare riferimento, in modo scrupoloso ma allo stesso tempo in termini critici, al contributo di Pierre Bourdieu. In questo lavoro metteremo in rilievo alcuni elementi dell’analisi di classe di Bourdieu in modo da sottolineare la loro fecondità teorica e le possibilità per un loro riutilizzo. L’intento è quello di chiarire, rievocandone la complessità, alcune questioni concettuali alla base del suo sistema di pensiero. Nella prima parte, facendo particolare riferimento ad un recente articolo di Wacquant, mostreremo alcuni slittamenti teorici all’interno della produzione intellettuale di Bourdieu a 8 P. Bourdieu (1970), La riproduzione. Sistemi di insegnamento e ordine culturale, Rimini-Firenze, Guaraldi, 1972. 9 P. Bourdieu (1979), La distinzione. Critica sociale del gusto, Bologna, Il Mulino, 2001. 10 Per quanto riguarda il ranking della Distinzione, Sallaz e Zavisca (2007), in un lavoro incentrato sull’impatto di Bourdieu sulla sociologia americana, hanno descritto la sempre maggiore centralità dei suoi testi e del suo sistema di pensiero negli Stati Uniti. Per un’analisi dei lavori di Bourdieu maggiormente citati si veda il volume curato da Philip Gorski (2013, pp. 4-8). Il successo progressivo e costante del lavoro di Bourdieu si è rivelato anche in Gran Bretagna, Halsey (2004, p 173) mostra che Bourdieu è, al momento, il secondo sociologo più citato nelle tre maggiori riviste scientifiche a partire dal 2000, mentre era solo top ten durante gli anni Novanta. Cfr. A. H. Halsey, A History of Sociology in Britain, Oxford, Oxford University Press. 2004; Gorski P. (a cura di), Introduction, in Gorski P. (a cura di), Bourdieu and Historical Analysis, Durham and London, Duke University Press, 2013; Gorski P., Introduction. Bourdieu as a theorist of change, in Bourdieu and Historical Analysis, (a cura di) Gorski P., Durham and London, Duke University Press, 2013; J.-J. Sallaz, J. Zavisca, Bourdieu in America, 1980–2004, «Annual Review Sociology», 33, 2007, pp. 2141. Alessandro La Monica 11 seconda del periodo di produzione dei suoi lavori. Nella seconda parte descriveremo i tre piani di analisi che permettono la costruzione dello spazio sociale. Infine, nelle conclusioni, specificheremo il carattere probabilistico alla base della nozione di classe concepita da Bourdieu. 1. DA «DATO STRUTTURALE» A «POSTA IN GIOCO»: LE DUE «TENDENZE» DELL’ANALISI DI CLASSE IN BOURDIEU L’agire di classe costituisce un elemento centrale della teoria sociale di Pierre Bourdieu. La centralità di questa dimensione d’analisi si trova formulata in molti dei suoi testi degli anni Sessanta e Settanta ma soprattutto all’interno di La distinction, la sua opera più famosa e uno dei testi più citati nella sociologia mondiale11. Occorre rilevare da subito che mentre la descrizione scolastica di Pierre Bourdieu tende a porre l’attenzione soprattutto sulla classica triade bourdieusiana habitus, campo, capitale ignorando, o tralasciando colpevolmente la profondità epistemologica, e analitica, della riflessione di Bourdieu sull’appartenenza di classe, numerosi scholars riconoscono il valore di tale elemento della sociologia bourdieusiana senza separarlo, ovviamente, dall’intero sistema teorico di cui fa parte. Tra questi in particolare Rogers Brubaker, riprendendo peraltro una frase presente in La distinzione12, ha addirittura riconosciuto, probabilmente in modo troppo radicale, che la classe sociale costituisce un «concetto esplicativo universale» all’interno del sistema teorico bourdieusiano13. Inoltre, con diverse e infinite sfumature, troviamo all’interno della sterminata produzione scientifica sul sociologo francese numerosi utilizzi e revisioni della sua riflessione sulle classi, lo sviluppo di veri e propri filoni interpretativi ad essa associati, e la fusione di questa riflessione teorica con metodologie nuove che permettono molteplici applicazioni pratiche su oggetti di studio totalmente diversificati14. 11 P. Coulangeon, J. Duval, Introduction, in P. Coulangeon, J. Duval (a cura di), The Routledge Companion to Bourdieu’s Distinction, New York, Routledge, 2015. 12 P. Bourdieu (1979), La distinzione, cit., p. 119. 13 R. Brubaker, Rethinking Classical Theory: The Sociological Vision of Pierre Bourdieu, «Theory and Society», 14, 1985, p. 762. 14 Tra i numerosi lavori sociologici che adoperano in principal modo la teoria delle classi di Bourdieu ci limitiamo a citare soltanto alcuni tra i contributi maggiormente significativi. W. Atkinson, Class, Individualization, and Late Modernity: In Search of the Reflexive Worker, Houndmills, Palgrave Macmillan, 2011; L. Chauvel (1998), Le destin des générations. Strucure sociale et cohortes en France du XX siècle aux années 2010, Paris, Puf, 2011; Savage M., Warde A., Devine F., Capitals, assets, and resources: some critical issues, «The British Journal of Sociology», LVI, 1, 2005, pp. 31-47. 12 The Lab’s Quarterly, 4, 2015 Un recente articolo di Loïc Wacquant fornisce una sistematizzazione e un’importante chiave di lettura sia per quanto riguarda un’interpretazione generale della sociologia di Bourdieu, sia per uno studio sistematico della nozione ‘classe sociale’ all’interno della teoria sociale del sociologo francese, mostrando la presenza di almeno due «tendenze» a seconda del periodo di pubblicazione dei suoi scritti. «Un pensatore o un ricercatore sono come una nave da crociera: ci mettono un tempo infinitamente lungo per fare una virata»15 dichiarò Bourdieu durante un’intervista facendo riferimento a Foucault. Wacquant riprende questa metafora della nave da crociera per mostrare la direzione e il momento della virata all’interno della teoria di Bourdieu e da ciò derivare due «tendenze» nella sua produzione scientifica. Nella prima la classe è stata studiata sul piano «empirico» lungo tutto il corso della vita dell’autore: la classe contadina durante i primi lavori degli anni Sessanta sul celibato, gli studenti appartenenti a diverse classi all’interno del campo della riproduzione scolastica negli anni Settanta, sino alle analisi degli anni Novanta del ruolo dello Stato e delle forze sovranazionali in grado di «plasmare la classe dal di fuori e da sopra». All’interno di questa prima «tendenza» le differenze si riscontrano soltanto in ciò che concerne l’oggetto di studio, non sul tipo di analisi utilizzata. Lo spostamento di oggetto degli anni Novanta, prosegue Wacquant, dalla classe all’interesse per lo Stato e per una nozione relazionale come quella di campo del potere, sembrano essere l’effetto di uno spostamento d’interesse di Bourdieu che si è compiuto sul piano «analitico» all’inizio degli anni Ottanta. Infatti, all’interno di questa seconda «tendenza», il punto di svolta, la famoso virata, sembra essere il 1982, data della pubblicazione del testo Ce que parler veut dire16. Se fino al 1979, data di pubblicazione di La Distinction, la classe costituiva «un dato strutturale», attraverso il quale Bourdieu cercava di «tracciare i suoi differenti impatti e le sue varie manifestazioni in sfere diverse (ad esempio quella del consumo ordinario, dell’estetica, della politica)», nel saggio francofortese del 1984 Espace social et genèse des “classes” il sociologo francese sembra aver «ormai ricavato tutte le possibili implicazioni delle analisi svolte in Ce que parler veut dire» preferendo focalizzare l’attenzione non più sulla classe ma sul potere costitutivo dei sistemi simbolici che, grazie alla loro relativa 15 P. Bourdieu, Á contre-pente. Entretien avec Pierre Bourdieu et Philippe Mangeot, Vacarme, 14, 2001. 16 P. Bourdieu (1982), La parola e il potere, Napoli, Guida, 1988. Molti dei saggi raccolti in questo libro sono usciti nel 1981, si può presumere quindi che la svolta cominci già dal 1980 e si compia integralmente con la pubblicazione di questo testo. Alessandro La Monica 13 autonomia, divengono in grado di «plasmare la realtà plasmando le rappresentazioni condivise del mondo». In altre parole, mentre l’esistenza della dimensione di classe sembrava costituire un assunto non totalmente problematizzato da Bourdieu almeno fino alle fine degli anni Settanta, dagli anni Ottanta l’autore sposta l’accento sul fatto che il concetto di classe deve essere problematizzato in quanto «risultato di battaglie simboliche multi-situate volte ad imporre la classe appunto come “principio dominante della visione e divisione sociale” oltre e contro altre possibili basi di determinazione sociale e di formazione di identità collettive». Ed ecco quindi fiorire da quel periodo due tipi di studi: il primo, composto da una serie di articoli e convegni in cui Bourdieu rettifica alcune tesi emerse nelle sue precedenti analisi di classe, in modo da rafforzare le basi epistemologiche del suo lavoro; il secondo, caratterizzato da opere come La misère du monde e La domination masculine, nelle quali l’attenzione si sposta su dimensioni d’analisi quali l’etnia, la religione, il genere – «principi ortogonali» rispetto alla classe. L’intenzione alla base di questi lavori sembra muovere dalla volontà di Bourdieu di problematizzare la lettura mono-causale dei fenomeni sociali costruita esclusivamente sull’appartenenza di classe, oltre che tutte le concezioni che fanno della classe un aggregato reale in grado di produrre un effetto di mobilitazione politica17. Inoltre, i mutamenti strutturali e sociali che hanno cominciato lentamente a produrre effetti durante gli anni Ottanta hanno posto innumerevoli problemi all’assunto della corrispondenza tra strutture e disposizioni18. Questo aspetto, definito anche come «complicità ontologica tra strutture e habitus» non sarà risolto, almeno parzialmente, fino alla fine degli anni Ottanta quando Bourdieu attribuirà allo Stato il compito di garante e riproduttore dell’accordo tra strutture e disposizioni, vale a dire la fondamentale funzione durkheimiana di produttore del «conformismo morale» ma soprattutto del «conformismo logico»19. Sarà 17 L. Wacquant, Potere simbolico e costituzione dei gruppi, «Polis», XXVI, 3, 2012, pp. 391-392. 18 Lo stesso Wacquant riconosce l’esistenza di elementi problematici in questo assunto. Cfr. L. Wacquant, De l’idéologie à la violence symbolique: culture, classe et conscience chez Marx et Bourdieu, «Actuel Marx», 20, 2, 1996, pp. 65-82. 19 «Generalizzando l’ipotesi durkheimiana secondo cui le “forme di classificazione” che i “primitivi” applicano al mondo sono il prodotto dell’incorporazione delle strutture dei gruppi nei quali sono inseriti, si può supporre che, nelle società differenziate, lo Stato sia in grado di imporre e di inculcare in modo universale, alla scala di una certa area d’influenza territoriale, strutture cognitive e valutative identiche o simili, dando così origine a un “conformismo logico” e a un “conformismo morale” (…), a un accordo sul senso del mondo che è tacito, immediato e anteriore a ogni riflessione». P. Bourdieu (1994), Ragioni pratiche, 14 The Lab’s Quarterly, 4, 2015 infine lo stesso Bourdieu, alla fine degli anni Novanta, a riconoscere all’interno di un passaggio chiave che l’intuizione fondamentale della corrispondenza tra strutture e habitus stava cominciando a presentare un carattere problematico: «Sono ormai finiti quegli universi in cui la coincidenza quasi perfetta delle tendenze oggettive e delle attese faceva dell’esperienza del mondo una serie continua di anticipazioni confermate. La mancanza di un avvenire, riservata sinora ai “dannati della terra”, è un’esperienza sempre più diffusa, se non modale»20. Questa ricostruzione, e in particolare le considerazioni di Wacquant non hanno la funzione di annunciare la presenza di alcuni slittamenti teorici nei testi di Bourdieu, elemento che lo stesso Wacquant ha ritenuto eccessivamente complesso, quanto piuttosto rendere palesi certe caratteristiche riguardanti la produzione scientifica di Bourdieu come accorgimento a cui fare riferimento, almeno in modo implicito, nel pensare la riflessione di Bourdieu sulle classi, e non solo. 2. UNO SPAZIO TRIDIMENSIONALE L’approccio di Bourdieu allo studio delle classi sociali mostra in modo emblematico il carattere propriamente relazionale, multicausale e processuale della sua sociologia21. Le nozioni di spazio sociale, campo, habitus di classe, volume globale e struttura del capitale sono elementi interconnessi di un sistema teorico che mira a cogliere l’insieme dei molteplici determinismi alla base delle azioni, le pratiche sociali, poste in essere dall’agente sociale. È concependole non all’interno di un vuoto sociale, ma all’opposto all’interno di uno spazio totale, lo spazio sociale, strutturato in molteplici mondi sociali «relativamente autonomi»22 gli uni dagli altri, i campi, che le pratiche degli agenti sociali possono essere colte e interpretate come pratiche significative, «stili di vita distinti e distintivi»23. Ed è soltanto alla fine di questa ricostruzione che le classi sociali possono essere ricostruite, «ritagliate», come «porzioni di spazio sociale» che presentano un livello elevato di omogeneità: infatti Bologna, Il Mulino, 2009, pp. 111-112. 20 P. Bourdieu (1997), Meditazioni pascaliane, Feltrinelli, Milano, 1998, pp. 245-246. 21 Per quanto riguarda la prospettiva relazionale di Bourdieu occorre mettere in rilievo che «ciò che rende originale e rivoluzionario il suo apporto è il modo in cui riesce ad applicare l’impianto relazionale al disegno di un’economia generale delle pratiche» che ha il compito di superare le classiche antinomie del pensiero sociologico. G. Paolucci, Introduzione a Bourdieu, Roma-Bari, Laterza, 2011, p. 61. 22 P. Bourdieu, Choses dites, cit., p. 106. 23 P. Bourdieu, La distinzione. Critica sociale del gusto, cit., p 103. Alessandro La Monica 15 «costruire lo spazio sociale [...] significa darsi nello stesso tempo la possibilità di costruire delle classi teoriche il più possibile omogenee dal punto di vista dei due determinanti principali delle pratiche»24. Da ciò deriva un’obiezione classica. Le pratiche di classe, in quanto pratiche reali, si trovano già nel mondo sociale, hanno già un significato e sono già percepite dagli agenti come connesse ad una classe di pratiche. Quindi dato che gli agenti si trovano già nel mondo sociale e hanno esperienza dei significati di questo mondo, delle sue classificazioni, e sono in grado, grazie all’habitus, di classificare le proprie e le altrui pratiche, a cosa servirebbe il lavoro del sociologo? Si ridurrebbe soltanto ad una più accurata descrizione delle classificazioni esistenti nel mondo sociale? Ritorna qui il dilemma epistemologico sempre presente in ogni lavoro sociologico inerente il rapporto problematico tra classificazione scientifica e categorizzazione pratica, tra nominalismo e realismo. La risposta che si trova nella «sociologia riflessiva» di Bourdieu è senza dubbio complessa e fa leva sull’articolata concezione epistemologica che sottende il suo sistema di pensiero. La vigilanza epistemologica di Bourdieu, in estrema sintesi, si realizza attraverso la messa in discussione della posizione dell’osservatore, «oggettivazione del soggetto oggettivante»25, mediante l’inserimento del punto di osservazione del sociologo nello spazio di posizioni che egli cerca di oggettivare e, nello stesso tempo, attraverso l’oggettivazione dei suoi strumenti d’analisi. Tutto ciò costituisce una prima risposta a questo dilemma. In secondo luogo, com’è evidente, la classificazione operata dall’agente sociale è sempre una classificazione parziale. Pur avendo la classificazione pratica, rispetto alla classificazione astratta del sociologo, un grado di significatività maggiore, in quanto formatasi nella pratica sulla base dell’esperienza delle condizioni, dei condizionamenti e dei significati percepiti in base alle diverse prese di posizione in gioco, essa costituisce pur sempre una classificazione parziale in quanto posizionata spazialmente. Deve quindi essere reinserita nell’analisi, o meglio nello spazio oggettivato delle posizioni, tenendo conto che tale verità costituisce una sorta di verità parziale in quanto posizionata spazialmente, un punto di vista sul mondo che deve essere oggettivato. Da sempre contro tutte le forme di separazioni disciplinari Bourdieu si schiera contro il duplice modello scientifico di analisi delle classi, nominalismo versus realismo, collegandolo alla classica distinzione tra oggettivismo e 24 P. Bourdieu, Ragioni pratiche, cit., p. 22. Cfr. P. Bourdieu, Choses dites, cit., pp. 112-116; P. Bourdieu, L’objectivation participante, «Actes de la recherche en sciences sociales», 150, 2003, pp. 43-57. 25 16 The Lab’s Quarterly, 4, 2015 soggettivismo. Da un lato i nominalisti – «il relativismo nominalista»,26 vale a dire coloro che «non vogliono vedere nelle classi sociali altro che concetti euristici o categorie statistiche arbitrariamente imposte dal ricercatore», concepito quest’ultimo come creatore della «discontinuità in una realtà continua»27 – tendono ad essere fatti coincidere da Bourdieu con un approccio oggettivista, per il fatto di identificare «le classi (anche solo per dimostrarne l’inesistenza per absurdum) con dei gruppi discreti, semplici popolazioni numerabili e separate da confini oggettivamente inscritti nella realtà»28. Dall’altro i realisti, identificati con i soggettivisti – «il realismo dell’intelligibile»29 –, riducono «l’“ordine sociale” ad una sorta di classificazione collettiva ottenuta dall’aggregazione delle classificazioni individuali», e fondano così l’esistenza delle classi nell’esperienza dei soggetti30. Proseguendo nell’analisi Bourdieu sostiene che queste due prospettive, questi due «modi d’esistenza», possono essere integrati in una teoria dell’habitus e dello spazio sociale per il fatto che entrambe si concentrano su oggettività che, pur essendo di diverso tipo, sono necessarie per una comprensione adeguata della realtà sociale: le classi esistono «nell’oggettività del primo ordine», nelle distribuzioni delle proprietà materiali misurate dal ricercatore, e «nell’oggettività del secondo ordine», nelle «classificazioni» e nelle «rappresentazioni conflittuali che sono prodotte dagli agenti sulla base di una conoscenza pratica delle distribuzioni così come esse si manifestano negli stili di vita»31. La «condizione di classe» costituisce una sorta di primo momento dell’analisi. Posizionato nello spazio sociale sulla base del proprio volume di capitale e della propria struttura del capitale, l’agente sociale è sottoposto – tendenzialmente – ad una classe di condizioni di esistenza associata alla posizione occupata e alla storia della traiettoria sociale che lo ha condotto a questa posizione nello spazio sociale32. È la storia dei 26 P. Bourdieu, Espace social et genèse de “classes”, «Actes de la recherche en sciences sociales», 52-53, 1984, p. 4. 27 P. Bourdieu, Capitale simbolico e classi sociali, «Polis», XXVI, 3, 2012, p. 403. 28 Ivi, 404. 29 P. Bourdieu, Espace social et genèse de “classes”, cit., p. 4. 30 P. Bourdieu, Capitale simbolico e classi sociali, cit., pp. 403-404. 31 Ivi, p. 408. Su questo argomento si veda anche E. Weininger, Pierre Bourdieu, on social class and symbolic violence, in E. O. Wright (a cura di), Approaches to Class Analysis, Cambridge, Cambridge University Press, 2005, pp. 163-164. 32 È evidente che i casi di declino o di ascesa sociale siano un’eccezione all’enunciazione generica che ho appena formulato, e quindi si possa o si debba individuare una diversa classe di appartenenza all’inizio e alla fine della traiettoria di un individuo. Per un approfondimento della teoria delle forme di capitale in Bourdieu si veda M. Santoro, «Con Marx, senza Marx». Sul capitale di Bourdieu, in G. Paolucci (a cura di), Bourdieu dopo Bourdieu, Alessandro La Monica 17 determinismi associati a tale posizione sociale, la storia delle libertà, delle privazioni, dei successi e dei fallimenti legati alla propria traiettoria sociale (che è una traiettoria di posizioni sociali) a fungere da primo tratto nella formazione dell’identità sociale dell’agente. Dunque non è a partire soltanto dalla vicinanza tra posizioni sociali (che sono punti nello spazio) che è possibile ritagliare delle classi in senso sincronico ma è, allo stesso tempo, necessario riconoscere la possibilità della differenza di percorso nonostante la vicinanza (spaziale). L’esistenza di «traiettorie tipiche»33 connesse a determinate classi di condizioni di esistenza permette a Bourdieu di evitare il problema dell’allacciamento del diacronico con il sincronico, ma tale argomento non può che fondarsi sull’esistenza di un contesto strutturale stabile su cui possono essere riscontrate in modo frequente traiettorie sociali simili. Si può arrivare così ad una prima sintesi: è «tutta la struttura del sistema delle condizioni, che si realizza nell’esperienza di una condizione»34, a costituire l’habitus di classe di un agente sociale, «forma incorporata della condizione di classe e dei condizionamenti ad essa imposti»35. Condizionamenti che, contro ogni approccio monocausale, derivano da una combinazione strutturale di fattori che non si riduce soltanto alle diverse forme del capitale: «la condizione economica e sociale, quale la si coglie attraverso la professione, impone a tutte le proprietà di età o di sesso la loro forma specifica, di modo che quella che si manifesta nelle correlazioni tra l’età o il sesso e le varie pratiche è in realtà l’efficacia di tutta la struttura dei fattori connessi alla posizione nello spazio sociale»36. Dopo aver costruito in un primo momento strutturale lo «spazio delle posizioni» sulla base della condizione di classe, Bourdieu attraverso la nozione «posizione di classe» passa alla seconda fase dell’analisi nella quale emerge in modo chiaro il carattere relazionale del mondo sociale. «Ogni condizione viene definita in modo inscindibile dalle sue caratteristiche intrinseche e dalle caratteristiche relazionali che derivano dalla sua posizione nel sistema delle condizioni che è anche un sistema di differenze, di posizioni differenziali, cioè da tutto ciò che la distingue da tutto il resto che essa non è ed in particolare da tutto ciò con cui essa è in Torino, UTET, 2010. 33 P. Bourdieu, La distinzione. Critica sociale del gusto, cit., p. 112. 34 Ivi, p. 175. Per una critica all’idea per cui sia «tutta«»» la storia della nostra traiettoria a condizionare il nostro processo di costruzione dell’identità e tutte le scelte più o meno rilevanti si veda B. Lahire, L’Homme pluriel. Les ressorts de l’action, Paris, Nathan, 1998. 35 P. Bourdieu, La distinzione. Critica sociale del gusto, cit., p. 103. 36 Ivi, p. 107. The Lab’s Quarterly, 4, 2015 18 contrasto: l’identità sociale si definisce e si afferma nella differenza»37. All’interno di questo estratto si trovano alcuni passaggi fondamentali: la condizione sociale di un individuo deriva sia dal possesso relativo di risorse materiali e simboliche (i capitali), sia «dalle caratteristiche relazionali che derivano dalla sua posizione»38. Vi è dunque un aumento della complessità che attraversa la nozione stessa di condizione sociale: le proprietà che specificano le condizioni sociali a cui è sottoposto un individuo e che incidono sulla sua traiettoria non sono soltanto proprietà materiali ma si caratterizzano anche in modo relazionale, nel loro rapporto con tutto il resto. La collocazione nello spazio è dunque sia un’esperienza di condizione, sia una relazione con altre posizioni (da cui scaturiscono atteggiamenti di chiusura, di ripugnanza, di imitazione, di distinzione) e con gli stili di vita specifici connessi a tali posizioni39. È attraverso questo processo di identificazione per contrapposizione che per Bourdieu, sulla scorta di de Saussure e Benveniste, si genera l’identità connessa alla posizione: «l’identità sociale si definisce e si afferma nella differenza».40 Allo stesso modo si possono costruire quelle determinazioni che permettono di studiare il processo di costruzione dell’identità di classe, in quanto doppio prodotto sia della storia delle condizioni sociali associate ad un insieme più o meno omogeneo di posizioni, sia della relazione tra classi di posizioni attraverso pratiche distinte e distintive. Infine, terzo momento dell’analisi, dopo aver costruito lo spazio delle posizioni e lo spazio delle prese di posizione connesse ad una classe e ai condizionamenti che la determinano, o meglio la co-determinano, occorre focalizzarsi sull’habitus: la «formula generatrice» delle pratiche e, in particolar modo, delle maniere con cui vengono messe in opera le pratiche connesse alla posizione occupata. Infatti «la maniera di utilizzare beni simbolici […] rappresenta uno dei contrassegni privilegiati della “classe”»41. Come scrive chiaramente Bourdieu: 37 Ivi, p. 175. Ibidem. 39 Occorre ricordare che, contro ogni concezione soggettivista, la ricerca della distinzione non si caratterizza per Bourdieu attraverso un’intenzione cosciente: infatti tutte le «scelte» sono «automaticamente associate ad una posizione distinta e, quindi, corredate di un valore di distinzione. E questo indipendentemente da qualsiasi intento di distinzione». Ivi, p. 253. 40 Ivi, p. 175. 41 Ivi, p. 64. 38 Alessandro La Monica 19 Per costruire in modo compiuto lo spazio degli stili di vita, al cui interno si definiscono i consumi culturali, bisognerebbe definire, per ogni classe e frazione di classe, cioè per ogni singola configurazione del capitale, la formula generatrice dell’habitus, che traduce in uno stile di vita particolare i vincoli e le possibilità proprie di quella determinata classe di condizioni di esistenza (relativamente omogenee), e poi determinare in che modo si specifichino gli atteggiamenti dell’habitus […] realizzando una o l’altra delle possibilità stilistiche che si offrono in ogni singolo campo42. Riepilogando, quello di Bourdieu è uno spazio tridimensionale. Occorre immaginare, come suggerisce l’autore, di sovrapporre tre diversi piani d’analisi come avviene nella sovrapposizione di fogli trasparenti: a) lo «spazio delle condizioni sociali», caratterizzato dalla «distribuzione sincronica e diacronica delle dimensioni e della struttura dei diversi tipi di capitale»; b) lo «spazio degli stili di vita», dato dalla «distribuzione delle pratiche e delle proprietà costitutive dello stile di vita» in cui si manifestano le condizioni di vita; c) lo «spazio teorico degli habitus», le «formule generatrici» alla base dello stile di vita43. È a partire dunque da una mappa tridimensionale delle condizioni, degli stili di vita e degli habitus connessi alle diverse posizioni sociali che è possibile costruire una visione generale, per certi versi totalizzante, del mondo sociale al cui interno sono strutturati i molteplici campi. Ed è entro di essi che assumono significato le pratiche degli agenti, si definiscono i valori dei capitali, si instaurano le barriere sociali, si diversificano le possibilità di conquista delle differenti poste in gioco e si realizzano quelle battaglie simboliche per la definizione stessa della posta in gioco. Del resto, la stessa possibilità di interpretare il mondo sociale in termini di classe (così come, all’opposto, dichiarare la fine del pensiero di classe) costituisce un esempio emblematico e rivelatore della storicità alla base delle lotte per le definizioni delle poste in gioco legittime, in questo caso le lotte per la definizione e interpretazione legittima del mondo sociale: «in teoria e soprattutto nella realtà, […] l’esistenza delle classi è la posta di una lotta»44. 42 Ivi, pp. 217-218. Ivi, p. 130. 44 P. Bourdieu (1994), Ragioni pratiche, cit., p. 24. 43 20 The Lab’s Quarterly, 4, 2015 CONCLUSIONI Tale ricostruzione delle «tendenze» delle produzione scientifica e dei momenti d’analisi della sociologia di Bourdieu ha avuto la funzione di specificare il suo approccio e indicare alcuni elementi utili per poter operare una costruzione teorica delle classi sociali45. Oggettività delle condizioni, relazionalità delle posizioni, spazialità del mondo sociale, temporalità delle traiettorie costituiscono gli elementi con cui è possibile, per Bourdieu, indagare il mondo sociale di concerto con il celebre arsenale teorico costituito da habitus, campo, capitale e classe sociale. La tridimensionalità dello spazio sociale permette di cogliere le oggettività di «primo» e di «secondo ordine»46 alla base delle rappresentazioni, e degli stili di vita, associati ad una posizione sociale. Posizioni che sono connesse, a sua volta, a classi di condizioni di esistenza simili e a pratiche e stili di vita – «distinti e distintivi», «di classe» – che acquistano significato in funzione della logica del campo all’interno del quale si realizzano. Non bisogna dimenticare però che le «classi sociali non esistono» e che Bourdieu non è tanto un teorico delle classi sociali quanto un teorico dello spazio sociale: Le classi sociali non esistono […]. Esiste uno spazio sociale, uno spazio di differenze, in cui le classi in qualche modo esistono allo stato virtuale, tratteggiate, non come dato ma come qualcosa che deve essere fatto47. Le classi sono dei «costrutti analitici, ma ben fondati nella realtà (cum fundamento in re)», in quanto gli agenti che occupano posizioni vicine nello spazio sociale sono soggetti a condizioni e condizionamenti simili: «di conseguenza vi è grande probabilità che essi abbiano disposizioni e interessi simili», che adottino pratiche simili e che abbiano habitus somiglianti, nella misura abbiano anche traiettorie similari48. In conclusione, è su un assunto probabilistico che si fonda la costruzione oggettiva delle classi di Bourdieu ed è seguendo questa 45 Nella nostra esposizione manca la fase ultima della sua riflessione sociologica sulle classi sociali, vale a dire la parziale revisione sviluppatasi a partire dagli anni Ottanta. Meritando una riflessione epistemologica e teorica più ampia e che includa tale fase in una discussione articolata sulla teoria delle classi sociali in Bourdieu, rimando ad un contributo successivo tale riflessione dato che sarebbe di difficile inclusione con quanto detto sinora. 46 P. Bourdieu, Capitale simbolico e classi sociali, cit., p. 408. 47 P. Bourdieu (1994), Ragioni pratiche, cit., p. 25. 48 P. Bourdieu, What Makes a Social Class? On The Theoretical and Practical Existence of Groups, «Berkeley Journal of Sociology», 32, 1987, pp. 4-5. Alessandro La Monica 21 formula teorica che egli evita di incorrere nelle forme positiviste di causalismo: le classi teoriche che io costruisco sono (…) predisposte a diventare classi nel senso marxiano del termine. (…) Questo non vuol dire che la vicinanza nello spazio sociale generi automaticamente l’unità: essa definisce una potenzialità oggettiva di unità, (…) una classe probabile49. Questo percorso di ricostruzione della riflessione sociologica di Pierre Bourdieu sulle classi sociali ha avuto l’intento di focalizzare l’attenzione sulla complessità e originalità che sta a fondamento del suo sistema di pensiero. Si ritiene, da ultimo, che la sociologia delle classi sociali non si sia esaurita negli anni Ottanta e Novanta, ma che in un’epoca di incremento sempre più marcato delle disuguaglianze la dimensione di classe possa di nuovo trovare la sua utilità come categoria interpretativa, assieme ad altre, per studiare i fenomeni sociali. Ciò non significa annunciare l’ennesimo ritorno delle classi sociali, sperando di riscuotere ammirazione nel fascino che la storia, la filosofia e la politica hanno riservato a questa nozione o di ricevere i benefici insiti nell’«effetto teoria» e negli annunci a valenza pseudo-scientifica. Piuttosto ci riteniamo soddisfatti nella misura in cui questo piccolo contributo possa permettere di rievocare la fecondità teorica degli studi di Bourdieu sulle classi e le potenzialità d’analisi di un sistema teorico epistemologicamente fondato, multicausale, relazionale, genetico e non determinista, che ambisce a fungere da quadro interpretativo, e esplicativo, dei fenomeni sociali; cosa quanto mai rara ed esclusiva dei vecchi, e nuovi, classici del pensiero sociologico. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Aron R. (1964), La lotta di classe, Torino, Edizioni di comunità, 1982. Atkinson W. (2011), Class, Individualization, and Late Modernity: In Search of the Reflexive Worker, Houndmills, Palgrave Macmillan. Bourdieu P. (1970), La riproduzione. Sistemi di insegnamento e ordine culturale, Rimini-Firenze, Guaraldi, 1972. Bourdieu P. (1979), La distinzione. Critica sociale del gusto, Bologna, Il Mulino, 2001. Bourdieu P. (1982), La parola e il potere, Napoli, Guida, 1988. 49 P. 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