Terzo arco temp. L`eccezione Brasiliana

TERZO ARCO TEMPORALE
L’ECCEZIONE BRASILIANA
L’indipendenza
A proposito del processo d’indipendenza del Brasile si parla di eccezionalità, dal momento
che esso avviene con dinamiche completamente diverse rispetto a quelle indicate per le colonie
spagnole.
Nel 1807, mentre le truppe napoleoniche invadono il territorio portoghese (1807), Joäo VI
(1767-1826), scortato dalla flotta inglese, riesce a fuggire con tutta la corte a Rio de Janeiro, che
diviene ufficialmente la capitale dell’intero impero lusitano.
Nel periodo compreso tra il 1808 e il 1821, mentre le colonie spagnole sono attraversate da
tensioni e lotte, il Brasile vive un periodo di grande prosperità e stabilità politico-istituzionale.
Tale stabilità è all’origine dell’afflusso dei capitali inglesi, fondamentale nel determinare una
forte crescita economica del Brasile. In questo anni, infatti, Rio de Janeiro è la prima città
latinoamericana ad acquistare il profilo di una vera e propria capitale moderna.
Il distacco del Brasile dalla madrepatria avviene parallelamente a quello ispanoamericano,
ma, al contrario di questo, in modo graduale e pacifico. Nonostante il Congresso di Vienna
ristabilisca in Europa la situazione antecedente le invasioni francesi, la prosperità brasiliana
spinge il sovrano a non ritornare in Portogallo, almeno fino al 1821, quando lo scoppio della
rivoluzione liberale portoghese lo costringe a rientrare a Lisbona. Prima di partire egli cede i suoi
poteri al figlio Pedro, che nomina reggente.
Le pressioni dell’élite brasiliana, assolutamente determinata a non rinunciare
all’autonomia di cui di fatto il Brasile gode dal 1808, e a non cedere alle pretese del parlamento
portoghese, che mira a ripristinare l’antico ordine coloniale, unitamente al rafforzarsi delle spinte
repubblicane, spingono Pedro I ad adottare una soluzione radicale: per evitare lo scoppio d un
conflitto, egli dichiara nell’ottobre 1821, in accordo con la corona portoghese, l’indipendenza
del Brasile, proclamandosi Imperatore. In questo modo, la dinastia dei Braganza riesce a
conservare il potere in Brasile, che di conseguenza eredita le strutture del regime precedente.
L’indipendenza non ha conseguenze di rilievo sul piano sociale ed economico, lasciando intatto
il sistema basato sul latifondo e sulla schiavitù, e su una società fortemente stratificata.
L’eccezionalità dell’indipendenza brasiliana risiede, dunque, essenzialmente in tre
elementi:

la forte continuità con il regime precedente. La casa di Braganza continua a detenere
il potere, con Joao VI in Portogallo e il figlio Pedro in Brasile, che eredita le strutture
economico-sociali preesistenti;

il Brasile è l’unico paese dell’America Latina ad adottare la forma imperiale, almeno
fino al 1889, anno in cui verrà proclamata la Repubblica;

la stabilità politica che si registra in questo periodo permette agli inglesi di realizzare
i primi investimenti (diversamente da quanto accade nelle ex colonie spagnole), che sono
all’origine di una forte crescita economica, basata essenzialmente sull’esportazione del
caffè.
Il liberalismo brasiliano
Come il resto dei paesi latinoamericani, che vivono il passaggio da un’identità imperiale a
un’identità nazionale, il Brasile si trova in questo periodo a doversi confrontare con il problema
relativo all’assetto istituzionale da dare al paese.
Nonostante le province brasiliane dichiarino la propria fedeltà all’Imperatore, le spinte
emancipazioniste e repubblicane che iniziano a manifestarsi, specialmente nelle province del
nord (dove in particolare le élites creole hanno consolidato il proprio potere) spingono Pedro I a
convocare un’assemblea costituente per rispondere alle esigenze liberali manifestate da alcuni
settori delle élites. Nel 1823 viene elaborato un progetto di costituzione, a carattere federale, che
limita fortemente il potere imperiale; Pedro I scioglie l’assemblea ed affida ad una commissione
ristretta di sua fiducia il compito di redigere una nuova costituzione.
La nuova Costituzione, che reggerà l’Impero fino alla sua caduta, nel 1889, prevede una
forte concentrazione del potere nelle mani dell’Imperatore, che gode del diritto di nomina e
revoca dei ministri, oltre che dei governatori provinciali e regionali, ed ha il potere di sciogliere
il parlamento in qualsiasi momento senza alcun limite.
L’emanazione della costituzione non pone comunque fine al dibattito tra federalisti e
costituzionalisti relativamente ai poteri e alle autonomie delle varie province ed alle competenze
che si intende assegnare al potere centrale; le diverse posizioni sono, in realtà, strettamente
collegate agli interessi economici delle varie regioni.
La garanzia di stabilità politica di cui si fa portatore l’Imperatore, non impedisce dunque
il delinearsi di conflitti di natura locale, legati a regionalismi e particolarismi. Protagonisti di
queste lotte regionali sono i Coroneles, figure forti a livello locale, in conflitto tra loro per poter
emergere ed imporre i propri interessi al livello del governo centrale. Questa conflittualità è
legata alle forti differenziazioni di carattere economico esistenti tra le aree del paese, con un
nord-est produttore di canna da zucchero e cotone
settori in crisi a causa della concorrenza
schiacciante dell’area caraibica e della diminuzione della domanda di questi prodotti sul mercato
internazionale - e le aree di Minas Gerais e di São Paolo produttrici di materie prime e di caffè,
principale prodotto di esportazione brasiliano, la cui produzione registra una forte crescita.
Inoltre, ai conflitti regionali si mescolano gli scontri tra il partito liberale e il partito
conservatore, che anche qui, come in tutti gli altri stati latinoamericani, sono espressione di
ristrette élites detentrici del potere economico e politico nelle varie regioni dell’Impero.
Un altro tema su cui verte il dibattito è quello della secolarizzazione dello stato, connesso
al problema della confisca delle proprietà della Chiesa e dell’abolizione del Patronato. All’interno
del partito liberale, favorevole in linea di massima ad una totale laicizzazione dello stato, sono
individuabili posizioni diverse, a seconda della durezza della politica di espropriazione che si
vuole adottare nei confronti della proprietà ecclesiastica. La questione della secolarizzazione
verrà risolta negli anni ’80 del XIX secolo, con la proclamazione della separazione totale tra
Chiesa e Stato.
Dunque, la stabilità politico-istituzionale non esclude, all’interno del paese, la presenza di
una serie di problemi, tensioni, conflitti, simili a quelli degli altri paesi dell’America Latina, che
sono in realtà gli stessi problemi con cui tutto l’occidente si confronta; l’ottocento è il secolo della
costruzione delle identità nazionali, in Europa, negli Stati Uniti e nell’America latina, costruzione
difficile e tormentata ovunque.
In Brasile, il carattere accentratore della costituzione e le tendenze autoritarie del sovrano
contribuiscono ad una diminuzione della sua popolarità tra le élites, soprattutto in seguito alla
firma del trattato con l’Inghilterra che sancisce l’abolizione della schiavitù. Nonostante il trattato
sia di fatto, e con il consenso dello stesso sovrano, poco rispettato, la politica commericale
inglese crea problemi ai produttori di zucchero e cotone del nord, che ancora utilizzano il sistema
schiavistico, e vedono in Pedro I il responsabile della crisi attraversata da quei settori.
La notizia della rivoluzione del luglio del 1830 in Francia provoca festeggiamenti e
dimostrazioni violente in diverse città brasiliane guidate dagli exaltados (liberali radicali), che
chiedono la proclamazione di una repubblica federale. Di fronte a questa situazione, Pedro I è
costretto ad abdicare in favore del figlio di appena 5 anni; la reggenza viene affidata
provvisoriamente ad un comitato composto da tre esponenti moderati del partito liberale,
incaricato di governare fino al raggiungimento della maggiore età di Pedro II.
L’approvazione da parte del parlamento dell’Atto Addizionale del 1834, che amplia
l’autonomia delle province, dotandole di assemblee legislative con ampi poteri, è il frutto di un
progetto di riforma costituzionale avviato dal nuovo governo al fine di placare il forte sentimento
federalista diffuso nel paese.
Finita la reggenza, Pedro II, pur intenzionato a contenere il liberalismo, porta avanti una
politica di concessioni alternate ai liberali ed ai conservatori, che riesce a garantire un periodo
di relativa stabilità. Questa situazione cambierà con l’approvazione della legge sulla libertà dei
figli degli schiavi (1871), che aprirà una crisi istituzionale che si concluderà soltanto 18 anni
dopo, con la proclamazione della Repubblica.
La crisi della schiavitù e la nascita della repubblica
Come si è visto, i passi in direzione dell’abolizione totale della schiavitù, compiuti soprattutto
a causa della forte pressione dell’Inghilterra, è all’origine di un periodo di forte instabilità in Brasile.
Il tradizionale scontro tra la grande proprietà terriera del nord-est, che continua, nonostante le
limitazioni imposte, a basarsi sul regime schiavista, e l’élite terriera del sud dedita alla produzione
del caffè e all’allevamento, abolizionista, acquista un diverso significato con la nascita di un
movimento repubblicano che acquista potere rapidamente soprattutto nelle regioni meridionali. La
forte polemica verso il mantenimento del sistema schiavistico condotta dalla grande proprietà terriera
del sud e dai ceti urbani, infatti, è associata alla critica all’Imperatore, che mantiene la sua posizione
ambigua sul tema della schiavitù. Così, il movimento abolizionista si salda al nascente movimento
repubblicano.
In questa situazione l’Imperatore decreta l’abolizione totale della schiavitù (1888), ma ciò gli
fa perdere l’appoggio dei grandi proprietari del nord che vedevano in lui la garanzia del mantenimento
del sistema schiavistico, e che in parte si schierano a sostegno della causa repubblicana. Il
rafforzamento del partito repubblicano porta nel 1889 alla deposizione dell’Imperatore e alla
proclamazione della nascita della Repubblica, istituzionalizzata nel 1891.
Così come l’indipendenza, dunque, anche il passaggio dalla monarchia alla repubblica è guidato
dall’alto, gestito dall’élite, e avviene in maniera sostanzialmente pacifica, senza incontrare forti
resistenze. La nuova costituzione, frutto di un compromesso tra i vari settori dell’élites, sancisce un
sistema federalista, che dota i singoli stati di ampi poteri di autogoverno.