rassegna stampa del 30/04/2016

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1 Tutto inizia con un questionario della Bbc. Che
diventa un quiz di massa: sei élite o precariato ?Ne viene
fuori un patrimonio di dati. E una società a sette strati
Frotte di capi azienda, e
neanche un addetto alle pulizie. La prima notizia della più
grande indagine sulle classi
sociali mai compiuta è che
hanno risposto alla chiamata
soprattutto gli abitanti dei
piani alti. La seconda è che il
gioco appassiona, e tanto. Lo
racconta Mike Savage, il sociologo-antropologo inglese
che ha ideato e diretto il progetto contando sul potente
supporto tecnico (e mediatico) della televisione pubblica
inglese. «Quando la Bbc ci ha
convinto ad aiutarli a disegnare la loro indagine sul web,
davvero non avevamo idea
dell'interesse che avrebbe ge-
nerato. Chi mai poteva preoccuparsi di dedicare venti minuti del suo tempo a rispondere a una batteria di oscure domande sui propri interessi, attività nel tempo libero, gusti
culturali, reti sociali e situazione economica?».
Risposta: 161.000 persone
in poche settimane, solo nel
primo round del questionario.
Quantità poi raddoppiata con
la seconda puntata dell'indagine, giustamente (data l'ampiezza) battezzata Great British Class Survey. Quando poi,
sulla base di quei risultati - che
già in sé davano un dataset tra i
più ampi mai avuti a disposizione da uno studioso, da indagini di questo tipo - il team di
Savage con il supporto tecnico
della Bbc ha elaborato il "class
calculator", gli esiti sono stati
ancora più sorprendenti: sette
milioni di persone sono entrate
nel sito per calcolare esattamente qual è la propria posizione sociale.
Tutti a teatro
Ai ricercatori del gruppo di
Savage (London School of Economics) sono state riferite scenette strane: gruppi di pendolari sui treni che confrontavano i rispettivi risultati al gioco
delle classi; e finanche simulazioni scolastiche, nelle quali
gli studenti replicavano in aula gli schemi su cui avevano
sudato i sociologi ispirati nella costruzione della propria
indagine dal pensiero di Pierre Bourdieu. Un altro aneddoto racconta che nella prima
settimana del sondaggione
Segnalazioni
web le vendite dei biglietti del
teatro a Londra sono schizzate in alto del 191%: essendo la
frequentazione dei teatri uno
degli elementi che andava a
misurare il "capitale culturale", che insieme a quello delle
relazioni sociali e (ovviamente) al background economico
era preso a criterio di misura
per riscrivere le nuove classi
sociali del XXI secolo.
Cosa era successo? Gli inglesi sono impazziti per le classi?
Casi editoriali come il bestseller mondiale di Thomas Piketty e la sua megastoria delle diseguaglianze, episodi politici
come gli strani socialisti rimbalzati sulla scena politica anglosassone, o anche successi
più pop come DowntonAbbey,
serie tv ad alto concentrato di
questioni di classe, avevano già
fatto capire che lamateria scalda, eccome.
Provando a distanziarsi dal
sorprendente exploit della
propria ricerca, Savage medita che «simbolicamente, la
classe è un parafulmine delle
ansie provocate dalla discrepanza tra la nostra condizio-
ne economica e le nostre
aspettative». Così scrive il sociologo, nel libro da poco
uscito che, a due anni di distanza dalla kermesse online,
tira le fila di quella ricerca. Il
volume, Social Class in the
21st Century (Penguin books
2015), ha un titolo speculare
a quello del best seller di Piketty (Il capitale nel 21mo secolo, Bompiani 2014), e volutamente: sappiamo che le diseguaglianze nella nostra
parte di mondo sono aumentate, quel che vorremmo capire è come questo allargarsi
della forbice tra ricchi e poveri ha cambiato e riscritto la
gerarchia sociale.
Savage e i suoi usano la me-
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ga -indagine fatta con Bbc per
tracciare questa mappa, e arrivano a dividere il nuovo panorama sociale in sette classi.
Dunque, dimenticate il piccolo mondo antico nel quale
c'era un'alta società, un ceto
medio e poi la classe operaia:
nella nuova classificazione,
quel che somiglia di più al
passato è l'élite, e lo strato inferiore che adesso viene chiamato "precariato"; nel mezzo
c'è un mondo dai contorni
sfumati e - questi sì - un po'
ansiogeni.
Anche perché, come si è detto in Italia per l'inflazione
(quando c'era), c'è una differenza tra la classe "percepita" e
quella reale, e tutto il gioco tira
in ballo aspetti e aspettative
che vanno ben oltre il dato meramente economico.
I campioni del campione
Un primo indizio di questa
complicazione c'è già nella fisionomia dei rispondenti, e in
quell'assenza, citata all'inizio,
dei lavoratori delle pulizie.
Non c'è nessuno che tira a lucido la casa perfetta in cui tutti
vorremmo abitare? Falso, ovviamente. Così come è falso
pensare che 4 inglesi su 100
fanno i Ceo, gli amministratori
delegati di una qualche società: eppure le risposte al sondaggio ori line diedero questo
risultato, con i Ceo sovrarappresentati di almeno 20 volte,
una generale iper-presenza
degli esperti (professionisti,
scienziati, ricercatori, giornalisti), e una sparuta pattuglia
di servizi basici. Per non parlare di etnie e geografie: presentissimi bianchi e londinesi,
sottostimati i non bianchi, assenti Irlanda del Nord e Scozia. Dunque, il campione della
"Great Britain Class Survey"
(Gbcs) non è rappresentativo,
male sue stesse distorsioni sono significative. Ovviamente
vanno corrette, e questo avviene integrando i dati del campione con quelli di altre indagini e dei censimenti: che ci
permettono per esempio di dire che l'élite, la classe al top che
nel campione Gbcs pesava per
Segnalazioni
il 22%, è in realtà il 6% della
popolazione.
Ma allo stesso tempo la survey consente di entrare nelle
caratteristiche di ciascuna
classe, in particolare grazie al
set di domande fatte nella ricerca, che vanno a valutare
non solo il "capitale economico" (reddito e ricchezza) ma
anche i gusti, gli interessi e le
attività culturali, nonché la rete di relazioni sociali, familiari
e associative di sostegno.
È qui l'interesse principale e la fonte del maggior rimescolamento - della ricerca. Per fare un esempio: se un nullatenente vince 1 milione di sterline allalotteria, non è che lo troviamo dal giorno dopo nell'élite. In altre parole: «La classe
sociale è collegata alla diseguaglianza. Ma non tutte le diseguaglianze economiche sono
una questione di classe». Pesa
«il bagaglio storico dei vantaggi accumulati nel tempo».
E allora eccole, le sette classi
del XXI secolo, in ordine decrescente negli inferi sociali: l'élite, poi una classe media spaccata in due (tra quella tradizionale e consolidata, e quella "tecnica" arrivano al 31% della popolazione), i nuovi lavoratori benestanti (15%), la classe operaia tradizionale (14%), i nuovi
lavoratori del terziario (19%), il
precariato (15%).
L'élite non coincide con l'ormai famoso "top 1%", quelli
che stanno sul gradino più alto
nella scala della ricchezza e del
reddito: a fare lo status ci sono
anche, oltre a soldi case e patrimoni, lo score dei contatti sociali e il capitale intellettuale,
sia tradizionale che emergente. Ne consegue che all'élite così definita appartiene il 6%
della popolazione britannica,
reddito medio annuo di
89.000 sterline, risparmi a
142.000 e valore della casa sulle 325.000 sterline; assai concentrata a Londra, con età media di 57 anni e una percentuale di minoranze etniche al suo
interno del 4%. Al polo opposto, il "precariato" (definizione
preferita a quella di underclass), che pesa per il 15% della
popolazione, con reddito annuo di 8.000 sterline, patri-
monio prossimo allo zero,
punteggi bassi in tutti gli altri
campi (tranne che nel capitale
culturale emergente, nel quale
sta un po' sopra la vecchia classe operaia). Età media: 50 anni. I giovani invece stanno soprattutto nella classe emergente nei servizi. Età media 32
anni, sono quasi un quinto dellapopolazione.
I nuovi lavoratori del terziario sono economicamente e
come status al di sotto nei nuovi professionisti balzati in alto
della net economy (che piuttosto si trovano nella classe media tecnica e nei nuovi lavoratori benestanti), guadagnano
pochino ma comunque più
della classe operaia tradizionale (21.000 sterline l'anno,
contro 13.000), non hanno case né patrimoni ma hanno un
alto capitale di relazioni sociali
e il più alto punteggio di tutti in
"capitale culturale emergente". Mentre i nuovi lavoratori
"benestanti" e la classe media
tecnica hanno molti più soldi
che non contatti e libri.
Emergenti ma sfigati
Insomma, se la classe non è
acqua non è neanche così trasparente e limpida, quando
andiamo a mettere dentro tutti i markers, non solo quelli
economici. Pure, dal puzzle
delle classi sociali del XXI secolo emerge qualcosa di chiaro: la polarizzazione tra élite
stratosferica e precariato infimo; lo spargimento della vecchia classe media in tanti rivoli, in su e (di più) in giù; e l'emersione di una nuova categoria: giovani colti ben connessi
tra loro e abbastanza poveri.
Sembra di vedere qualcosa di
familiare? «Non è una novità
neanche per il mondo anglosassone, lalaureatache va afare la commessa», commenta il
sociologo Antonio Schizzerotto, uno dei maggiori studiosi
della composizione e dei movimenti delle classi sociali in Ita-
lia. Che però preferisce un ancoraggio maggiore - come da
scuola tradizionale - a ciò che
definisce strutturalmente una
classe: l'economia, il lavoro
che fai. Le altre variabili, quelle culturali e relazionali che caratterizzano il lavoro di Savage, vengono dopo, dice Schizzerotto. «Quello che è successo è che, in molti Paesi tra i
quali il nostro, il settore che si è
espanso di più è quello dei servizi non manuali abasso livello
di qualificazione». E magari
quei lavori sono stati occupati
da persone con una istruzione
superiore al necessario. Con
una catalogazione diversa,
quella tradizionale che va dagli imprenditori e liberi professionisti ai lavoratori manuali non qualificati, anche il
risultato della ricerca di Schizzerotto per l'Italia accende un
faro su quelli che qui si chiamano "impiegati esecutivi e lavoratori non manuali del terziario": unica classe cresciuta,
nel passaggio dalla generazione nata nel '54-'59 a quella nata dal '70 all'85. Nel primo
gruppo, erano circa il15%, nel
secondo sono quasi il 19%. Un
effetto della mancata crescita
del sistema economico: «Solo
le fila del proletariato dei servizi si stanno ingrossando».
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