CONVEGNO DI ARCE 12 settembre 2014 I Beni culturali ivi compresi quelli di interesse religioso: profili di rilevanza notarile relativi alla individuazione dei beni ed alle regole di circolazione, clausole negoziali Claudia Alessandrelli Notaio in Santeramo in Colle C u l t u r a l i CONTENUTI DELLA RELAZIONE •Corretta individuazione e qualificazione del bene culturale: analisi di alcune fattispecie di rilevanza notarile, quali quella dei beni di vetustà infrasettantennale non ancora vincolati ma in relazione ai quali sia stato avviato il procedimento di istituzione del vincolo, del particolare architettonico, del vincolo indiretto, dei terreni e del sottosuolo. •Regole della circolazione e mancata osservanza delle formalità necessarie per l’alienazione del bene culturale e successivo trasferimento. •Tipologia di clausole negoziali e relativi adempimenti. • Beni culturali di interesse religioso di titolarità degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. B e n i • • C u l t u r a l i B e n i PERCORSO METODOLOGICO In questa indagine, al fine di analizzare sul piano della teoria e della prassi le problematiche relative alla individuazione dei beni culturali, ed alla mancata osservanza delle formalità prescritte per il trasferimento degli stessi e le conseguenze sull’atto di ritrasferimento, oltre che l’approccio operativo che di volta in volta deve assumere il notaio al fine di stipulare un atto valido ed efficace, si intende seguire lo stesso approccio metodologico adottato dal Legislatore nel Codice dei beni culturali e paesaggistici teso a distinguere i beni sotto il profilo della titolarità sia per la individuazione dei beni che per le regole di circolazione (da un lato beni appartenenti allo Stato, Regioni, enti pubblici territoriali, soggetti pubblici, persone giuridiche private senza scopo di lucro, ivi compresi enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, e dall’altro soggetti privati e persone giuridiche private con scopo di lucro). QUANDO UN BENE PUO’ ESSERE RITENUTO BENE CULTURALE? Quali criteri di classificazione sono contenuti nel Codice dei beni Culturali e del Paesaggio per una corretta individuazione della fisionomia del bene culturale? Art. 2 Beni culturali e paesaggistici Beni mobili ed immobili Vincolo intrinseco ed implicito C u l t u r a l i B e n i Innanzitutto è opportuno comprendere se nel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio di cui al DL n. 42 del 22/1/2004 (in seguito definito più brevemente “Codice”) siano contenuti dei criteri che agevolino tale individuazione. L’ art. 2 del Codice statuisce: “Il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici. Sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà. Sono beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati all’art. 134, costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalle legge o in base alla legge. I beni del patrimonio culturale di appartenenza pubblica sono destinati alla fruizione della collettività, compatibilmente con le esigenze di uso istituzionale e sempre che non vi ostino ragioni di tutela.” Il merito di tale norma è di aver ricondotto ad unità il concetto di patrimonio culturale. C u l t u r a l i B e n i In relazione alla distinzione tra beni culturali e beni paesaggistici volendo offrire un criterio “oggettivo” e non solo normativo di qualificazione è opportuno precisare che mentre i beni culturali suppongono l’espressione di un’attività creativa umana, quelli paesaggistici attengono al “bello di natura” che si contrappone al “bello d’arte”. I BENI CULTURALI SONO TUTTE LE COSE CHE TESTIMONIANO LA CIVILTA’ UMANA E QUINDI PRODOTTE DALL’UOMO. La distinzione non è meramente teorica, in quanto esclusivamente alla circolazione dei beni culturali e non di quelli paesaggistici si applicano alcune limitazioni legali (autorizzazione, denuncia, prelazione). C u l t u r a l i B e n i Passando all’esame dei beni culturali si precisa che il primo criterio seguito dal Legislatore per la classificazione di tali beni, in linea con la disciplina già vigente, è quello relativo alla titolarità dei beni a seconda che appartengano allo Stato, Regioni, enti pubblici territoriali, soggetti pubblici, persone giuridiche private senza scopo di lucro, ivi compresi enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, o a soggetti privati e persone giuridiche private con scopo di lucro. La differenza fondamentale consiste nella circostanza in base alla quale mentre per i beni di proprietà pubblica o appartenenti a persone giuridiche private senza scopo di lucro vi è una presunzione di culturalità del bene che può sfociare, al termine del procedimento di verifica ex art. 12, nell’accertamento positivo e definitivo dell’interesse storico, artistico, archeologico o etnoantropologico ovvero in un esito negativo, per i beni dei soggetti privati o di persone giuridiche con scopo di lucro è necessaria la dichiarazione di culturalità ex art. 13 che viene notificata e trascritta. C u l t u r a l i B e n i E’ opportuno precisare, inoltre, che i beni di cui al primo comma dell’art. 10 (beni mobili ed immobili appartenenti allo Stato, alle Regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente o istituto pubblico o a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico archeologico o etnoantropologico) che siano opera di autore non più vivente o la cui esecuzione sia superiore a 50 anni per i beni mobili e a 70 anni per i beni immobili sono provvisoriamente inalienabili ai sensi del secondo comma dell’art. 54 fin tanto che non venga conclusa la procedura di verifica ai sensi dell’art. 12. Ci si è chiesti se per i beni per i quali prima dell’entrata in vigore del Codice sia stato emanato un provvedimento che si è pronunciato sulla culturalità, si renda comunque necessario attivare la procedura di verifica ex art. 12 (non prevista nel precedente Testo Unico del 99 né nella Legge 1089/39). La risposta è negativa in quanto nel Codice non sono mutati i presupposti in base ai quali l’Amministrazione deve individuare un bene come culturale o meno, elementi, tra l’altro, non espressamente previsti in quanto viene attribuita all’Amministrazione ampia discrezionalità in materia. Per quanto concerne i beni dei soggetti privati o di persone giuridiche con scopo di lucro, invece, il quarto comma dell’art. 14 prescrive che la comunicazione dell’avvio del procedimento teso alla dichiarazione di culturalità ai sensi dell’art. 13, comporta l’applicazione in via cautelare “delle disposizioni previste dal Capo II, dalla Sezione I del capo III e dalla Sezione I del Capo IV del presente titolo”. C u l t u r a l i B e n i Al fine della corretta individuazione dei beni culturali, ulteriore criterio di classificazione che è dato rinvenire nel Codice è quello in base al quale nella categoria dei beni culturali rientrano non solo gli oggetti d’arte ma tutti i manufatti che hanno un valore storico, quali ad es.: libri, documenti, strumenti scientifici, strumenti musicali ecc.. C u l t u r a l i B e n i Altro criterio di classificazione contenuto nel Codice è tra: Beni materiali: beni aventi una forma fisica e definita, qua li ad es.: sculture, quadri, libri ecc.. Beni immateriali: beni che non hanno una forma fisica, stabile ma si manifestano solo nel momento in cui avvengono, come ad es.: feste di paese, rappresentazioni popolari, riti religiosi. Tale concetto è stato inserito con l’introduzione dell’art. 7 bis (che ha recepito le Convenzioni del l’Unesco del 2003 e 2005), posto che il Codice è caratterizzato da una impostazione basata fondamentalmente sulla materialità dei beni. C u l t u r a l i B e n i Un’ulteriore distinzione rinvenibile nel Codice è quella tra: Beni mobili: oggetti e manufatti che possono essere spostati da un luogo ad un altro, quali ad es.: sculture, quadri, libri ecc.. Beni immobili: manufatti che non possono essere spostati dal luogo in cui sono sorti, quali ad es.: edifici, opere architettoniche, arredi urbani ecc.. C u l t u r a l i B e n i Tra i “beni immobili” rientrano anche le aree archeologiche e i beni paesaggistici. I beni paesaggistici sono tutti quei siti che hanno un particolare valore storico ed estetico e sono memoria e identità di un luogo, quali ad es.: vulcani, coste, parchi naturali, fiumi. C u l t u r a l i B e n i Oltre ai beni caratterizzati da un interesse 'qualificato' (artt. 10 – 11 del Codice per i beni “culturali” e art. 134 per i beni “paesaggistici”), ai sensi del secondo comma dell’art. 2 sono beni culturali: “le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà “ (art. 2). In base a tale disposizione secondo la Cassaz. Penale bene “culturale” è anche quello “reale”, protetto in virtù del suo “intrinseco” valore, indipendentemente dal previo riconoscimento formale effettuato da parte delle Autorità competenti, teso ad accertare la sussistenza dell’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico in base ai procedimenti di cui agli artt. 12 e 13 del Codice. C u l t u r a l i B e n i Mentre la Cassaz. Penale ha elaborato un orientamento relativo alla “culturalità virtuale” (cfr. sent. Cass. Pen., 8 giugno 2005, n. 21400 e Cass. Pen., 8 marzo 2011, n. 8988 relativa, quest’ultima, alla sottrazione della statuetta lignea di S. Antonio Abate), orientamento che si rivela alquanto pericoloso per le conseguenze connesse all’applicazione degli artt. 164 e 173 del Codice, la dottrina, basandosi sul dato letterale e sulla Relazione al Codice, sostiene, invece, che esclusivamente la legge può individuare “altri” beni culturali o che tale individuazione possa avvenire esclusivamente “in base alla legge”. C u l t u r a l i B e n i In ogni caso poiché il citato orientamento penale on può esse non può essere ignorato, ogni qual volta sia ipotizzabile presumibile l’esistenza di un intrinseco valore to storico artistico del bene è opportuna l’adozione da parte del notaio di un clausola del tipo:“Le parti dichiarano che il fabbricato/il terreno sito in ….alla via/contrada….non presenta alcuno dei requisiti richiesti dal d.lgs. 22 gennaio 2004 n.42 per potersi classificare quale “bene culturale” e che in relazione ad esso non è stato mai formalizzato con esiti positivi alcun procedimento di verifica dell’interesse culturale ex art.12, non è stata pronunciata alcuna dichiarazione dell’interesse culturale ex art. 13 né è stato comunicato l’avvio del relativo procedimento, non presenta alcun particolare interesse storico-artistico-archeologico, né rappresenta un immobile da considerarsi testimonianza avente valore di civiltà, in tal modo individuato dalla legge o in base alla legge ai sensi dell’art.2 del detto decreto”. Quali criteri può utilizzare il notaio per una corretta individuazione del bene in ipotesi anche non previste nel Codice dei beni Culturali e del Paesaggio e quali clausole negoziali può adottare? Si analizzano alcune particolari ipotesi che si possono presentare all’operatore giuridico. Terreni e sottosuolo Beni con particolare vincolato Vincolo indiretto B e n i C u l t u r a l i BENI IMMOBILI DI VETUSTÀ INFRASETTANTENNALE •Il comma 5 dell’ art. 10 esclude dall’ ambito applicativo del Titolo I della Parte II le cose indicate al comma 1 prodotte dall'opera di autori viventi o eseguite in epoca non superiore al cinquantennio, se beni mobili, o al settantennio, se immobili. In relazione a tali beni non va effettuata neanche la “verifica” ex art. 12 primo comma. Sono escluse dall’ ambito applicativo del Titolo I della Parte II anche le cose indicate al comma 3 lett. a) ed e), che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre 50 anni. • Diversa è l’ipotesi in cui ci sia un collegamento con la “storia”, ovvero il bene presenta un particolare interesse a causa del riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, o se costituisce una testimonianza dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose ai sensi della lettera d) del comma 3 dell’art. 10. In tal caso può essere espressamente formulata la dichiarazione dell'interesse culturale ex art.13, e nelle more si verifica l’ avvio del procedimento di vincolo con applicazione da subito e in funzione “cautelare” delle disposizioni portanti limitazioni alla circolazione dei beni culturali (autorizzazione , denuncia, non prelazione) senza attendere la conclusione del procedimento amministrativo di dichiarazione di culturalità. B e n i C u l t u r a l i Di In tal caso è opportuna l’adozione da parte del notaio di un clausola contenente la dichiarazione del venditore attestante che sino al momento della stipula, essa non abbia ricevuto alcuna comunicazione di avvio del procedimento amministrativo per la dichiarazione dell’interesse culturale ex artt. 13 e 14 del Codice n. 42/2004. Ovviamente al notaio rogante non potrà essere imputata alcuna responsabilità in ordine alla veridicità della dichiarazione né potrà ritenersi sussistente a suo carico un onere di verificarne l’attendibilità. E’ interessante notare co me il requisito della vetustà di 70 anni (in sostituzio ne di quello precedente di 50 anni) introdotto dalla Legge 106 del 2011 abbia la funzione di creare un congruo periodo di sedimentazione dei valori storici ed artistici. C u l t u r a l i B e n i BENI RECANTI SOLO UN PARTICOLARE SOGGETTO A VINCOLO CULTURALE Nel caso di un “particolare architettonico” soggetto esso solo a vincolo artistico e/o archeologico (come nell’ipotesi della facciata o del portale vincolati facenti parte di un palazzo non soggetto a vincolo) è discusso se, qualora si proceda all’alienazione dell’intero immobile, sia applicabile la disciplina relativa alla limitazione della circolazione ed in particolare se sia esercitabile il diritto di prelazione da parte dello Stato. E’ ovvio che in tale fattispecie non è possibile l’esercizio della prelazione in quanto non sarebbe attuabile la funzione di conservazione del bene non potendo il particolare essere separato dall’intero, né si può pretendere che lo Stato sia costretto ad acquistare l’intero immobile non vincolato. In tal senso si è espressa nella nota del 20 ottobre 2004 la Direzione Generale per i beni architettonici e paesaggistici. C u l t u r a l i B e n i Tuttavia poiché è nota una sentenza della sezione tributaria della Cassazione del 2006 che ha affermato un principio di “immedesimazione strutturale” tra un portale e il fabbricato al fine di concedere le agevolazioni fiscali per la cessione dell'intero immobile di cui il portale è parte, è opportuno che il notaio in un atto di trasferimento avente ad oggetto un immobile recante esclusivamente un particolare architettonico vincolato (sul quale magari competono diritti di comproprietà condominiale) inserisca una clausola con cui la parte alienante dichiari e garantisca, richiamando espressamente la citata Nota del Ministero per i Beni e le Attività Culturali del 20 ottobre 2004, che il particolare presenta una accessorietà marginale strutturale e funzionale rispetto al fabbricato di cui è porzione, e che risulta inseparabile dal tutto, rendendosi diversamente impossibile l’ottimale protezione e conservazione del medesimo. C u l t u r a l i B e n i RILEVANZA DEL VINCOLO INDIRETTO Diversa da quella del particolare architettonico è l’ipotesi del vincolo indiretto disciplinato dagli artt. 45 e segg. del Codice. In particolare l’art. 45 recita:”Il Ministero ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro”. Il contenuto del vincolo (il cui provvedimento viene notificato al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo, e trascritto) è costituito dalle prescrizioni di ordine edilizio del Ministero, che costituiscono limiti legali alla proprietà senza rendere il bene sul quale sono apposte “bene culturale”, e, conseguentemente, senza renderlo assoggettabile alla relativa disciplina circolatoria. Il bene soggetto a vincolo indiretto è teso ad avvantaggiare un bene culturale che sta nelle vicinanze, ma poiché il tito lare del primo subisce delle limitazioni ha diritto ad un indennizzo secondo un recente orientamento. C u l t u r a l i B e n i In altri termini le prescrizioni relative al vincolo indiretto non riguardano mai aspetti negoziali relativi a limitazioni nel trasferimento del bene (obbligo di denuncia, prelazione) ma esclusivamente aspetti di ordine edilizio che siano suscettibili di danneggiare il bene culturale ubicato nelle vicinanze. Può accadere, per esempio, che l’acquirente di un immobile sito in prossimità di un pregevole monumento, nel momento in cui chiede un titolo edilizio per effettuare dei lavori sul bene, apprende che non può modificarne la sagoma o il colore perché soggetto al rispetto dei coni visuali del monumento posto nelle vicinanze, né che può mutarne l’uso da residenziale in ricettivo. Questo è un profilo rilevante che deve emergere a livello notarile: l’acquirente deve essere edotto, attraverso l’adozione di apposita clausola, dell’ eventuale esistenza della notifica e/o trascrizione di un vincolo indiretto, o della comunicazione dell’ avvio del relativo procedimento, al fine di non vanificare una sua eventuale aspettativa di ricavare, per esempio, un ristorante da una villa piuttosto che una residenza d’epoca o appartamenti di lusso. C u l t u r a l i B e n i IRRILEVANZA DEL TRASFORMATI TERRENO NUDO E DEL SOTTOSUOLO NON •Il comma 5 dell’ art. 10 esclude dall’ ambito applicativo del Titolo I della Parte II le cose indicate al comma 1 prodotte dall'opera di autori viventi o eseguite in epoca non superiore al cinquantennio, se beni mobili, o al settantennio, se immobili. In relazione a tali beni non va effettuata neanche la “verifica” ex art. 12 primo comma. Sono escluse dall’ ambito applicativo del Titolo I della Parte II anche le cose indicate al comma 3 lett. a) ed e), che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre 50 anni. • Diversa è l’ipotesi in cui ci sia un collegamento con la “storia”, ovvero il bene presenta un particolare interesse a causa del riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, o se costituisce una testimonianza dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose ai sensi della lettera d) del comma 3 dell’art. 10. In tal caso poichè il bene può presentare un interesse qualificato (come nell’ipotesi dell’ermo colle che ha ispirato il Leopardi) può essere espressamente formulata la dichiarazione dell'interesse culturale ex art.13, e nelle more si verifica l’ avvio del procedimento di vincolo con applicazione da subito e in funzione “cautelare” delle disposizioni portanti limitazioni alla circolazione dei beni culturali (autorizzazione, denuncia, non prelazione) senza attendere la conclusione del procedimento amministrativo di dichia razione di culturalità. Ipotesi analoga si verifica quando il terreno è ricompreso in un parco o è inserito nell’ambi to di un più ampio intervento edilizio di interesse cuturale. C u l t u r a l i B e n i A proposito di terreni dichiarati di interesse culturale ai sensi dell’art. 13 del Codice, ho stipulato un atto di vendita il cui oggetto era costituito da terreni sui quali era stato apposto il vincolo culturale regolarmente notificato e trascritto, oltre che emergente dal certificato di destinazione urbanistica, e da terreni non vincolati; in particolare su di un terreno il vincolo era stato apposto solo parzialmente. In quell’occasione ho ritenuto opportuno, di intesa con le Parti, impostare l’atto anziché come “vendita in blocco” con indicazione di un unico corrispettivo (ipotesi espressamente prevista nel secondo comma dell’art. 60), come vendita di beni separati, indicando per ciascun bene il relativo prezzo a misura e prevedendo la rinuncia alla facoltà di recesso da parte dell’acquirente. In tal modo sia nell’ipotesi di prelazione esercitata esclusivamente sul bene vincolato parzialmente sia nell’ipotesi di prelazione esercitata in parte rispetto a tutti i beni vincolati, il contratto avrebbe mantenuto salvi i propri effetti nei confronti delle Parti sulla residua porzione dei terreni non oggetto di esercizio di prelazione. C u l t u r a l i B e n i Anche la presenza di reperti archeologici non implica di per sé la natura culturale del bene, come precisato nella nota del 30 giugno 2004 dell’Ufficio legislativo del Ministero per i beni e le attività culturali ed ambientali. In tale fattispecie è previsto l’ obbligo di denuncia dei reperti a carico dello scopritore ai sensi dell’art. 91 del Codice, o qualora gli stessi non siano facilmente asportabili, viene disciplinato un procedimento espropriativo ai sensi dell’art. 95 del medesimo Codice. Tuttavia, secondo la citata nota, non è escluso che in aree notoriamente considerate di interesse storico artistico di titolarità di enti pubblici o di persone giuridiche private senza scopo di lucro, in assenza di un formale procedimento teso alla dichiarazione di culturalità, si renda opportuno “chiedere da parte del soggetto titolare la verifica di quelle aree agricole che possono considerarsi “cose” ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. 12”. C u l t u r a l i B e n i Questa è la ragione per cui specialmente nell’ipotesi di trasferimento di terreni di proprietà pubblica o di persone giuridiche private senza scopo di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, al fine di evidenziare la irrilevanza dell’area o del sottosuolo sotto il profilo culturale, si consiglia da parte del notaio l’adozione di una clausola con cui la parte alienante dichiari e garantisca che: “sul terreno oggetto di alienazione non risulta alcuna circostanza od opera riconducibile all'attività umana che abbia attribuito al terreno o al sottosuolo, direttamente o indirettamente, in tutto o in parte la natura di “cosa”, nel senso di “entità alla cui realizzazione o alla cui conformazione abbia contribuito l'uomo”. C u l t u r a l i B e n i REGOLE DI CIRCOLAZIONE DEI BENI CULTURALI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA MANCATA OSSERVANZA DELLE FORMALITA’ NECESSARIE ED AL RITRASFERIMENTO. Una delle difficoltà maggiori che si pone per l’operatore del diritto, specie per i beni di titolarità dei privati, è quella relativa alle modalità spesso “poco trasparenti” di costituzione del vincolo (che nasce da un decreto ministeriale soggetto a notifica e trascrizione). Si verifica che specie i vincoli più risalenti nel tempo non sono stati trascritti per cui non sono conoscibili dai terzi pur se sono agli stessi opponibili. Difatti ai fini dell’applicazione della disciplina, secondo l’orientamento preferibile, rileva esclusivamente la dichiarazione di culturalità ex art. 13, a prescindere dall’avvenuta notifica o trascrizione. Conseguentemente, può accadere che un atto di trasferimento pur avendo ad oggetto un bene vincolato possa non essere stato denunciato alle competenti Autorità creando una lacuna sugli effetti del trasferimento e, conseguentemente, sul successivo ritrasferimento. Si inizia l’indagine dall’analisi delle formalità previste per i beni di proprietà pubblica o di persone giuridiche private senza scopo di lucro. B e n i C u l t u r a l i AUTORIZZAZIONE Per i beni di titolarità dello Stato, delle Regioni, degli altri enti pubblici territoriali, dei soggetti pubblici, delle persone giuridiche private senza scopo di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, fatta eccezione per i beni demaniali elencati al primo comma dell’art. 54 per i quali è stata sancita l’assoluta e definitiva inalienabilità, e per quelli di cui al secondo comma del medesimo articolo (beni in attesa dell’esito finale della verifica ex art. 12) per i quali è stata prevista la provvisoria inalienabilità, gli artt. 55 e segg. prevedono, innanzitutto, la necessità della preventiva autorizzazione per il compimento di negozi aventi ad oggetto beni culturali, quali l’alienazione, la costituzione di pegno e di ipoteca, la permuta. L’autorizzazione è preventiva e specifica ed è caratterizzata da adeguate garanzie relative alla tutela, valorizzazione e pubblica fruibilità del bene. In altri termini l’Amministrazione deve essere posta nella condizione di valutare se il compimento di un determinato atto avente ad oggetto il bene culturale possa compromettere la conservazione e la fruibilità del medesimo. Difatti la richiesta di autorizzazione deve essere corredata dall’indicazione della destinazione in uso e dei programmi conservativi. D’altro canto il notaio, in seguito alle modifiche apportate al Codice dal D.lgs. 62/2008, ha l’ obbligo di riportare le prescrizioni e le condizioni contenute nell'autorizzazione di cui all'articolo 55 del Codice che costituiscono obbligazione ex art. 1456 c.c. ed oggetto di clausola risolutiva espressa. Tali condizioni e prescrizioni sono altresì trascritte. Il notaio ha, inoltre, l’ obbligo di riportare in atto e di trascrivere le prescrizioni e le condizioni contenute nell'autorizzazione di cui all'articolo 56 del Codice, che però non costituiscono obbligazione ex art. 1456 c.c. né oggetto di clausola risolutiva espressa. B e n i C u l t u r a l i AUTORIZZAZIONE: ANALISI DI ALCUNI CASI PARTICOLARI 1)Nell’ipotesi di autorizzazione rilasciata per l’alienazione di più fabbricati ci si chiede se l’atto di trasferimento possa riguardare solo alcuni di questi fabbricati, e se la stessa autorizzazione possa essere utilizzata per concludere i successivi atti di trasferimento. La risposta è affermativa in quanto l’Amministrazione ha già valutato che il trasferimento dei fabbricati non reca pregiudizio all’integrità del patrimonio culturale. Ci si chiede, inoltre, se quella autorizzazione rilasciata per l’alienazione possa valere anche per un negozio di costituzione di ipoteca. La risposta è negativa, in quanto nel rilasciare l’autorizzazione l’Amministrazione, sulla base del programma degli interventi indicati dal proprietario, ha effettuato una valutazione dell’incidenza dell’atto di alienazione sulla conservazione ed integrità del bene, atto di alienazione che è atto diverso dalla costituzione di ipoteca. 2) Nell’ipotesi di autorizzazione rilasciata per la costituzione di ipoteca, ci si chiede se deve essere richiesta un’ ulteriore autorizzazione per costituire una nuova ipoteca previa cancellazione di quella precedente. La stessa Soprintendenza interrogata sul punto ha fornito risposta negativa in quanto in sede di rilascio di autorizzazione per la prima ipoteca è stata compiuta la valutazione relativamente al peso che graverebbe sul bene culturale a prescindere dal credito, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, che l’ipoteca deve garantire. 3) Per l’ipotesi di donazione dell’usufrutto alla moglie e della nuda proprietà ai figli di una collezione archeologica dichiarata di eccezionale interesse artistico, storico ed archeologico ai sensi della Legge 1089/39, la Soprintendenza, da me interpellata per un parere prima della stipula dell’atto, ha rilasciato l’autorizzazione, posto che l’art. 21 c. 1 lett. c) del Codice prevede che sia soggetto ad autorizzazione ministeriale lo smembramento di collezioni, serie e raccolte. B e n i C u l t u r a l i OBBLIGO DI DENUNCIA Relativamente agli atti che trasferiscono in tutto o in parte, a qualsiasi titolo, la proprietà o, limitatamente ai beni mobili, la detenzione di beni culturali sia di soggetti pubblici e di persone giuridiche private senza scopo di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, sia di soggetti privati e di persone giuridiche private con scopo di lucro, il Legislatore richiede nell’art. 59 l’obbligo di denuncia. La denuncia, da un lato, ha lo scopo di informare l’Amministrazione sulle vicende circolatorie del bene e sui mutamenti di titolarità, e dall’altro, qualora ne sussistano le condizioni, di far esercitare il diritto di prelazione. Elementi fondamentali che la denuncia deve contenere e la mancanza dei quali determina la irregolarità della stessa sono: •L’ indicazione delle parti e dei loro rappresentanti legali, oltre che del loro domicilio in Italia •L’ indicazione del bene e della sua ubicazione •L ‘indicazione della natura del negozio che deve essere posto in essere e delle sue condizioni. Conseguentemente, si verifica irregolarità della denuncia nell’ipotesi in cui la stessa venga omessa, sia tardiva, sia incompleta e/o errata nel senso che viene omesso o è errato e/o incompleto uno dei suoi elementi, o è errata l’individuazione dell’Autorità cui notificare l’atto. Una questione molto interessante è quella relativa alla possibilità per il notaio di sottoscrivere la denuncia sulla base di una delega espressamente conferita dalla parte alienante e dalla parte acquirente contenuta nell’atto. Si osserva che una novità del Codice rispetto al precedente Testo Unico è rappresentata dalla sottoscrizione della denuncia di entrambe le Parti che è richiesta affinchè entrambe siano edotte dei vincoli esistenti sulla cosa ed assumano entrambe la responsabilità di ottemperare alle relative prescrizioni.Si ritiene possibile che il notaio sottoscriva la denuncia in nome e per conto delle parti sulla base di un’espressa delega contenuta in atto, sebbene si segnala l’orientamento di alcune Soprintendenze teso ad equiparare la sottoscrizione della denuncia da parte del notaio all’ipotesi di mancata sottoscrizione da parte dei contraenti. B e n i C u l t u r a l i DIRITTO DI PRELAZIONE • Gli articoli 60, 61 e 62 del Codice disciplinano il diritto di prelazione. Ai sensi del primo comma dell’art. 60 il diritto di prelazione può essere esercitato • dall’Autorità amministrativa sui beni culturali “alienati a titolo oneroso o conferiti in società “. Il successivo comma precisa che il diritto opera anche nel caso di vendita in blocco, ovvero di alienazione senza previsione di corrispettivo o in caso di permuta. Il 4 comma estende l’applicazione ai casi in cui il bene venga dato a qualsiasi titolo in pagamento. Tale prelazione è una prelazione legale sui generis rispetto alle altre prelazioni legali. Difatti il requisito della “par condicio” che costituisce un elemento essenziale delle prelazioni legali è quasi del tutto assente in questo tipo di prelazione, in quanto a quest’ultima sono sottesi degli interessi pubblicistici di rango costituzionale (cfr. art. 9 della Costituzione) tesi alla conservazione e valorizzazione del patrimonio artistico e culturale. Ciò comporta tre conseguenze fondamentali: -la denuntiatio è effettuata dopo la stipula dell’atto che resta sospeso nelle more, e non precedentemente; - l’ambito applicativo della fattispecie sotto il profilo della tipologia dei negozi è molto più ampio; -non è necessario alcun diritto di riscatto in quanto la tutela della prelazione dello Stato opera ex ante. C u l t u r a l i B e n i Relativamente alla prelazione non è questa la sede per esaminare l’oggetto del trasferimento quanto alla tipologia dei diritti e l’ambito negoziale applicativo. Ipotesi interessanti ai fini dell’applicazione del diritto di prelazione che possono presentarsi sono relative, per esempio, all’atto di divisione, all’atto di rettifica, all’atto di assegnazione ai soci in sede di liquidazione. L’art. 61 impone un termine di sessanta giorni dalla ricezione della denuntiatio per l’esercizio della prelazione. Al fine del decorso del termine per l’esercizio della prelazione rileva la ricezione della denuncia effettuata alla Soprintendenza del luogo in cui si trova il bene ai sensi dell’art. 59 (le Soprintendenze sono organi periferici dell’Amministrazione e dipendono dalla competente direzione generale), e non la ulteriore ricezione della denuncia da parte dei potenziali enti prelazionari (Regione ed altri enti pubblici territoriali nel cui ambito si trova il bene) secondo il procedimento disciplinato dall’art. 62 (in senso contrario Cass. , 22 febbraio 2008, n. 4629). In pendenza di tale termine l’efficacia dell’atto è sospesa ad una condicio iuris. Sebbene il 4 comma indichi tale condizione come “esercizio della prelazione”, si preferisce attribuire alla stessa contenuto negativo come “mancato esercizio della prelazione”. La condizione deve essere esplicitata nell’atto di trasferimento e sottoposta a trascrizione. Alla scadenza del termine di sessanta giorni è prassi stipulare un atto ricognitivo dell’avveramento della condizione (preferibilmente bilaterale) al fine di consentire la cancellazione della trascrizione della condizione ai sensi dell’art. 2668 c.c.. C u l t u r a l i B e n i In pendenza della condizione è vietato trasferire il possesso del bene (la violazione di tale divieto è sanzionata penalmente ai sensi dell’art.173 del Codice). Una questione particolarmente interessante a livello notarile riguarda la possibilità per le Parti, dopo aver effettuato la denuncia di cui all’art. 59, di risolvere per mutuo dissenso il contratto avente ad oggetto l’alienazione del bene culturale, vanificando in tal modo il diritto di prelazione spettante all’Amministrazione. E’ accaduto che a seguito della denuncia di una atto di compravendita di un bene culturale effettuata alla Soprintendenza, e per il tramite di quest’ultima alla Regione, Provincia e Comune, quest’ultimo apprezzando l’immobile e disponendo di risorse patrimoniali, abbia manifestato la propria volontà di esercitare la prelazione e, conseguentemente, abbia convocato il Consiglio Comunale per l’adozione della relativa delibera. Le parti nella mattinata del giorno in cui era stato convocato il Consiglio si recavano dal notaio per sciogliere l’atto di compravendita per mutuo dissenso. Il Consiglio Comunale nel pomeriggio procedeva ugualmente deliberando l’esercizio della prelazione, ritenendo che la vendita di un bene vincolato contenesse un patto a favore del terzo e che prima della scadenza del termine le Parti non potessero tornare nella disponibilità del bene. La parte venditrice è insorta chiedendo dapprima al TAR e poi al Consiglio di Stato l’annullamento della delibera. Il Consiglio di Stato ha statuito, in linea con un recente orientamento sostenuto dalla giurisprudenza amministrativa, che è possibile che i privati sciolgano il contratto stipulato nelle more dell’esercizio della prelazione. B e n i C u l t u r a l i LA MANCATA OSSERVANZA DELLE FORMALITÀ PRESCRITTE Può accadere che un contratto di trasferimento non venga assoggettato alle formalità innanzi indicate nel senso che non venga richiesta l’autorizzazione, ovvero venga omessa la denuncia per negligenza, errore nella individuazione dell’Amministrazione destinataria, ovvero nell’ipotesi di denuncia tardiva o incompleta. Ai sensi del primo comma dell’art. 164: ”Le alienazioni, le convenzioni e gli atti giuridici in genere, compiuti contro i divieti stabiliti dalle disposizioni del Titolo I della Parte seconda, o senza l'osservanza delle condizioni e modalità da esse prescritte, sono nulli”.Tuttavia il secondo comma del medesimo articolo ammette la possibilità per il Ministero di esercitare la prelazione ai sensi dell'articolo 61, comma 2 sulla base di una denuncia tardiva. Nell’ipotesi in cui non venga effettuata neanche la denuncia tardiva il trasferimento del bene risulta viziato, salvo stabilire se trattasi di nullità assoluta, nullità relativa eccepibile esclusivamente da parte dello Stato o di inopponibilità nei confronti dello Stato. L’orientamento preferibile è per quest’ultima soluzione, in quanto si eccepisce alla tesi della nullità relativa che tale vizio deve essere espressamente previsto dal Legislatore (come nel caso della legge 122/2005), e che comunque è anomalo che nella fattispecie la nullità verrebbe eccepita da parte di un terzo rispetto all’atto quale lo Stato. C u l t u r a l i B e n i L’alienazione di beni di soggetti pubblici o di persone giuridiche private senza scopo di lucro senza autorizzazione e l’omessa denuncia alla Soprintendenza ai sensi dell’art. 59 costituiscono fattispecie penalmente rilevanti ai sensi dell’art. 173. In caso di mancata osservanza delle formalità si pone il delicato problema del successivo ritrasferimento del bene di interesse storico-artistico. La Legge prevede che il notaio dovrà richiedere che vengano espletati gli adempimenti tardivi come stabilito dal combinato disposto degli articoli 164 secondo comma e 61 secondo comma. Parimenti si ritiene che in caso di mancata autorizzazione sia possibile richiederla successivamente. A proposito della denuncia tardiva si pongono alcune questioni relative: - al soggetto legittimato a notificare la denuncia tardiva - al prezzo in virtù del quale esercitare la prelazione - ai termini di conclusione della procedura. Tali questioni assumono una rilevanza differente a seconda che l’inosservanza delle formalità riguardi il titolo di provenienza immediatamente precedente o più titoli di provenienza. C u l t u r a l i B e n i •In relazione all’individuazione del soggetto legittimato ad effettuare la denuncia tardiva, si ritiene corretto che tale legittimazione spetti all’originario dante causa dell’attuale alienante, sebbene tale soggetto possa risultare irreperibile o si rifiuti di prestare collaborazione. In tal caso la denuncia potrebbe essere effettuata dall’attuale alienante. Più complicata è l’ipotesi in cui la mancata osservanza delle formalità riguardi più titoli di provenienza, in quanto in tal caso (specie nell’ipotesi di decesso delle originarie parti contraenti) si troverebbe a notificare un soggetto terzo rispetto alle originarie parti contraenti effettive destinatarie degli effetti di un eventuale esercizio della prelazione •In relazione alla questione relativa al prezzo in virtù del quale esercitare la prelazione, si ritiene che sia iniquo nei confronti sia dell’attuale alienante che dell’attuale acquirente che lo Stato eserciti il diritto al prezzo indicato nell’originario atto. Una soluzione potrebbe essere quella di rivalutare detto prezzo. Soluzione preferibile consiste nell’applicazione analogica del 2 e 3 comma dell’art. 60 innescando il medesimo procedimento previsto per l’ipotesi di mancata indicazione del corrispettivo. •Sull’ultima questione relativa ai termini di conclusione della procedura nell’ipotesi in cui la mancata osservanza delle formalità riguardi più titoli di provenienza, è stato sostenuto che devono essere effettuate tante singole denunce quanti sono i titoli viziati, salvo stabilire se notificarle contestualmente o attendere la decorrenza per ciascuna notifica,ovvero effettuare la denuncia solo per l’ultimo titolo di provenienza. C u l t u r a l i B e n i I BENI DI INTERESSE RELIGIOSO DI TITOLARITA’ DEGLI ENTI ECCLESIASTICI CIVILMENTE RICONOSCIUTI Si osserva innanzitutto che il D. lgl. 62/2008 modificando gli articoli 10 e 56 del Codice ha risolto definitivamente la questione se relativamente alla disciplina dei beni culturali gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti rientrassero nel primo comma dell’art. 10 del Codice (ossia tra le persone giuridiche senza scopo di lucro) o nel terzo comma (ossia tra le persone fisiche e le persone giuridiche con scopo di lucro). Il legislatore ha equiparato gli enti ecclesiastici alle persone giuridiche prive di scopo di lucro in quanto spesso i beni di interesse artistico o storico vengono donati o sono acquistati da enti di questo tipo e quindi appare opportuna una tutela più incisiva analoga a quella prevista per i beni appartenenti agli enti pubblici. In relazione alla circolazione come è noto, i beni cd. ecclesiastici sono sottoposti sia alle norme di diritto comune, e sia, a ragione della loro natura, assoggettati alla disciplina speciale di diritto canonico. In particolare, riguardo l’alienazione dei beni che costituiscono patrimonio stabile degli enti ecclesiastici il canone 1291 codex juris canonici prevede la necessità di una licenza - ossia di un’autorizzazione - rilasciata per iscritto da parte dell’autorità ecclesiastica competente qualora il loro valore superi la somma minima determinata dalla Conferenza Episcopale Italiana. C u l t u r a l i B e n i Dal 1° gennaio 2000 secondo la delibera CEI del 27 marzo 1999, n. 20 la somma minima e massima per determinare le competenze di cui al can. 1292, parte prima del codice di diritto canonico è rispettivamente di duecentocinquantamila euro e di un milione di euro”. Quanto all’autorità competente al rilascio della licentia: 1. per le persone soggette al Vescovo diocesano (ad esempio Capitoli, Parrocchie, Chiese, Seminari, Associazioni pubbliche di fedeli, Istituti per il sostentamento del clero, Fondazioni di culto) è richiesta la licenza del Vescovo diocesano con il consenso del Consiglio per gli affari economici, del Collegio dei consultori e di coloro che abbiano un interesse giuridicamente tutelato sul bene; 2. per le persone giuridiche non soggette al Vescovo diocesano (ad esempio Associazioni e Fondazioni erette dalla Santa Sede o dalla CEI, nonché Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica) l’autorità competente a concedere la licentia è determinata dai propri statuti; 3. se l’alienazione ha ad oggetto beni il cui valore eccede la somma massima stabilita dalla delibera CEI, oppure ha ad oggetto ex voto donati alla Chiesa, o preziosi di valore artistico, è inoltre richiesta la licentia della Santa Sede. Infine, qualora il bene che si intende alienare appartiene all’ente diocesi o ad un'altra persona giuridica amministrata dal Vescovo diocesano non è richiesta alcuna licenza (salvo che il valore del bene superi la somma massima stabilità dalla delibera CEI ) ma il Vescovo deve ottenere il consenso del Consiglio per gli affari economici, del Collegio dei consultori nonché di coloro che abbiano un interesse giuridicamente tutelato sul bene. C u l t u r a l i B e n i La questione più problematica attiene alla corretta interpretazione del secondo paragrafo del canone 1292 che prescrive la licenza della Santa Sede qualora oggetto di trasferimento sia una ”res pretiosa artis vel historiae causa” ossia “letteralmente” quando oggetto di trasferimento sia una cosa di interesse artistico o storico. L’interrogativo che si pone è il seguente: nell’ipotesi di un bene di proprietà di un ente ecclesiastico, laddove questo sia culturale per lo Stato italiano (e quindi in caso di trasferimento troverà applicazione la relativa disciplina di cui al codice dei beni culturali) dovrà essere richiesta tout court la licenza della Santa Sede oppure questa ultima dovrà essere richiesta solo qualora quel bene culturale rivesta anche un interesse storico artistico in base all’ordinamento della Chiesa? Il problema è comprendere se il concetto ”res pretiosa artis vel historiae causa” debba essere interpretato alla luce dell’ Ordinamento dello Stato italiano o del diritto canonico. In altri termini nell’ipotesi di vendita di una Chiesa di proprietà di una parrocchia, non più destinata al pubblico culto, sottoposta al vincolo storico ed artistico, ed il cui valore è al di sotto di 30.000,00 mila euro, fermo restando le autorizzazioni richieste in base alla legge italiana e al codice di diritto canonico, deve essere richiesta anche la licenza della Santa Sede? In tale ipotesi si preferisce ritenere che l'ultima decisione sulla possibilità di alienare un bene culturale ecclesiastico competerebbe al Dicastero, al quale sia stato richiesto di autorizzarne l'alienazione, con l'obbligo per il Dicastero di interpellare la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa . Ringrazio per l’attenzione sperando di aver raggiunto l’ obiettivo di avere evidenziato i profili di rilevanza notarile relativi alla individuazione dei beni culturali ed alle regole di circolazione, al fine di superare criticità ed esitazioni che emergono per determinati beni e nell’ipotesi di mancata osservanza delle formalità. La tematica dei beni culturali interessa particolarmente il notaio per la rilevanza anche quantitativa e per la diffusa distribuzione geografica del patrimonio storico-artistico nel nostro Paese. Il terreno è particolarmente “minato” se è vero che vi sono tuttora soggetti che hanno velleità simili a quelle di Totò che voleva vendere la Fontana di Trevi; recente è la notizia di un personaggio che aveva pubblicato un annuncio su ebay per vendere la fontana dell’antico seggio di Teggiano… Tuttavia sulla “scrivania” del notaio teoria e prassi troveranno sempre una sintesi ed equilibrio necessari ad una efficiente e sicura circolazione dei beni e dei diritti, specie di quelli che sono testimonianza di una cultura che affonda le sue radici nel tempo e la cui tutela è costituzionalmente garantita.