EUROPA DELLE GRANDI POTENZE
Le potenze europee emergenti dopo il Congresso di Vienna erano Austria, Russia, Prussia,
Francia e Inghilterra. Dopo gli stravolgimenti del ’48 non era cambiato quasi nulla e tra il
1859 fino agli anni ’70 ci furono diversi conflitti internazionali.
Molti paesi, infatti, lottarono per raggiungere l’egemonia in Europa, alcuni molto forti
(Inghilterra e Prussia) e altri più deboli (Austria).
In generale, nell’800, tutta l’Europa subì una trasformazione economica e adottò metodi di
governo rappresentativi
FRANCIA
Uno stato che era diventato egemone in Europa era stata la Francia. Napoleone III aveva
fatto una guerra all’Austria e temeva l’ascesa della Prussia.
Furono fatte alcune riforme liberali: estensione dei diritti civili e della cittadinanza.
Luigi Napoleone Bonaparte creò il modello politico del bonapartismo: modello politico
autoritario e assoluto inserito in una cornice democratica (mediante l’utilizzo dei plebisciti).
Infatti, Napoleone III cercava il consenso popolare e legittimava il suo assolutismo con i
plebisciti. Infatti il suo governo era fondato, in realtà, sulle armi e poi era stato legittimato
dal consenso popolare tramite i plebisciti. Egli costituì, dunque, un regime autoritario
ammantato di democrazia, costruendo delle “fabbriche del consenso” influenzando i
luoghi di cultura.
Napoleone III, inoltre, verteva verso il centralismo. Aveva una fitta rete di burocrati che
uniformavano il sistema economico e politico; volle agevolare il ceto medio (i borghesi) e
volle mantenere il conservatorismo sociale (riforme per i borghesi, cultura moderata,
sostegno della Chiesa francese). Inoltre, finanziò le banche, la Borsa e la costruzione di
molte infrastrutture.
Napoleone III, tra le altre cose, si era presentato come un leader pacifista ma in realtà, era
solo una linea formale perché intendeva compiere una politica imperialista (manifestata
durante la guerra di Crimea). I russi, infatti volevano prendere la Crimea, in modo da
ingigantire il loro predominio nella via di comunicazione verso l’oriente e Inghilterra e
Francia si opposero fermamente. Questa guerra finì nel 1855 con la sconfitta dei russi.
Inghilterra e Francia, infatti, preferivano i turchi anziché i russi perché erano più aperti e
inclini ai commerci. Questa guerra, però, portò allo sgretolamento dell’Impero turco.
Nacquero, infatti, ducati che si resero indipendenti (Moldavia, Serbia, Valacchia). Alla fine di
questa guerra la Francia aveva un ruolo importante e non si aggiudicò nessun territorio ma
aveva comunque un ruolo di prestigio e poteva dirigere i lavori del congresso di pace,
tessendo varie relazione (ad esempio con il Piemonte in funzione antiaustriaca).
AUSTRIA
L’Austria era già subentrata dopo la guerra dei Trent’anni e divenne una potenza
internazionale. Dopo due secoli era diventata molto forte, molto estesa, economicamente
florida. Tuttavia, il non svecchiamento delle istituzioni la aveva portata ad un’inesorabile
declino. Quali erano le ragioni?
-Un sistema politico vecchio: l’assolutismo monarchico non era più efficace; nemmeno il
centralismo lo era perché non riusciva a controllare tutte le regioni del territorio. Infatti, i
territori erano privi di autonomia locale e questo non dava spazio a tutte le differenti etnie
presenti nello Stato.
-Un sistema economico vecchio: non c’era un ceto medio borghese emergente perché
padroneggiavano i ceti nobiliari che non erano protagonisti dello sviluppo economico
(mentre il ceto nobiliare prussiano, gli Junker, aveva favorito un avanzamento economico)
PRUSSIA
La Prussia era cresciuta a causa degli Junker (sebbene privi di privilegi feudali) che erano
intraprendenti. C'era anche un ceto borghese attivo. In realtà c’era un fenomeno
particolare di coesistenza del conservatorismo sociale forte (erano anni di censura rigida,
c’era il dominio di certe idee e convinzioni nobiliari) e dello sviluppo economico (perché i
governanti non ostacolavano il ceto borghese urbano e loro stessi erano protagonisti di
tale sviluppo).
Furono fatte molte implementazioni alle infrastrutture. Ci fu una politica di
alfabetizzazione. In Prussia, nacque anche la cultura romantica (a Jena) e idealista.
I protagonisti di questo periodo furono Guglielmo I Hohenzollern e Otto von Bismark.
Bismark era uno Junker e in origine era un sostenitore dell’alleanza tra l’Austria e la Prussia
e pensava che l’Austria dovesse comandare un’alleanza tedesca. Così, prima riformò
l’esercito (con la leva obbligatoria) e poi fece iniziative diplomatiche per favorire la causa
nazionale. Quando passò a sostenere la causa nazionale, Bismark volle sottrarre territori
all’Austria.
Scatenò, dunque, la guerra austro-prussiana (1866) che comportò l’annessione di alcuni
ducati austriaci. Per far ciò cercò alleanze con l’Italia (che voleva il Veneto). Bismark, però,
volle prima assicurarsi la neutralità della Francia affinché non fosse attaccata dalla stessa.
La guerra durò solo 3 settimane e si concluse con la sconfitta dell’Austria.
Essa perse il Veneto e la sua autorevolezza a livello internazionale nella confederazione
germanica: gli austriaci non potevano più essere i mediatori delle vicende politiche
europee. Inoltre, dopo la guerra emerse una compagine politica autonoma: l’Ungheria e
l’Impero (che già era diviso tra Austria e Ungheria) aveva anche divisioni etniche interne.
La Prussia iniziò la costruzione del grande Reich.
Bismark condusse anche iniziative contro la Francia per togliergli alcuni territori: Alsazia e
Lorena e volle trovare un modo per trascinare la Francia in guerra. Questo avvenne
lasciando un comunicato in cui si diceva che Guglielmo I aveva espulso un ambasciatore
francese.
GUERRA FRANCO-COMUNE, LA COMUNE DI PARIGI E L’UNIFICAZIONE TEDESCA
Il 19 luglio 1870 la Francia dichiarò guerra alla Prussia (guerra franco-prussiana) che, però,
si era preparata per tempo. L’esercito prussiano giunse fino a Parigi e la Francia chiese
l’armistizio. Parigi non accettò questa scelta e si ribellò sia per la cessione dell’armistizio,
sia per la perdita dell’Alsazia e della Lorena, sia per la presenza dei tedeschi in territorio
francese. Nacque un sentimento di revanscismo, di vendetta. Dal 1871 iniziò una crisi
interna per la Francia, dovuta sia al governo di Napoleone, sia per la sua sconfitta. Parigi
insorse contro Napoleone e il governo. La Comune di Parigi si proclamò “comune
indipendente” dal resto della Francia e il Parlamento regolare fu costretto a spostarsi a
Bordeaux. La Comune fece un’esperienza di autogoverno nelle mani dei socialisti, degli
anarchici e dei democratici. Si distinsero fra tutti, in particolare, proudhoniani e
blanquiniani. C’era, quindi, un governo regolare a Bordeaux e la Comune a Parigi.
Si adottò un modello economico socialista; venne abolita la Chiesa, vennero confiscate le
imprese private, si posero i presupposti di un nuovo ordine sociale (simboleggiato dalla
bandiera rossa).
Nel 1875 con l’esercito, il governo di Bordeaux tornò a Parigi e soppresse la Comune. Per
fra questo, l’esercito fece una grandissima strage. La Francia si proclamò nuovamente
Repubblica per la terza volta. Il potere legislativo fu affidato ad una sola camera a suffragio
universale maschile. SI consolidò il parlamentarismo, la democraticità e la laicità.
Quest’ultima, tuttavia, era avversata dalla Chiesa francese e dagli intellettuali.
La guerra franco-prussiana, ebbe come conseguenza l’unificazione della Germania,
proclamata II Reich (1871).
La Germania nacque come uno stato confederale in cui ogni stato aveva il proprio
Parlamento e le proprie istituzioni. I tedeschi vedevano che non si poteva creare uno stato
unitario per le differenze tra i Land, altrimenti si sarebbero originati troppi problemi (come
avvenne effettivamente in Italia).
C’era già stata precedentemente la Zollverein, la lega doganale. Quindi, l’unità tedesca era
stata voluta per avere forza militare ed economica. Si predilesse il decentramento
amministrativo anziché il centralismo.
La Germania, tuttavia, nacque come monarchia costituzionale parlamentare. Essa, infatti,
lasciò il re ma lo “democraticitizzò”. Il primo ministro (cancelliere) era colui che faceva le
grandi scelte a livello confederale (mentre le singole scelte pertenevano agli stati membri
della confederazione). C’era un Parlamento confederale (Reichstag) e un consiglio federale
nominato dai governi locali (Wunnerstag).
Il primo cancelliere della Germania unita fu Bismark, che governò per 20 anni e diede un
grande impulso allo sviluppo economico. Bismark era un conservatore ma nonostante
questo portò avanti un processo di modernizzazione economica e di Welfare. Bismark,
inoltre, si rendeva conto che le riforme sociali erano necessarie per fermare i movimenti
socialisti che, nel frattempo, avevano fondato l’Espede (partito socialista tedesco). Bismark
fece queste riforme anche per controllare il Parlamento, cercando di attuare una politica
che avesse l’appoggio dello stesso (nella logica del do ut des).
Il territorio tedesco aveva una fazione protestante e una cattolica. Quest’ultima fece un
partito moderato (Zentrum). Bismark, tuttavia, volle “germanizzare” tutti i territori prussiani
e temeva che il Zentrum cattolico potesse causare delle smanie separatiste. Temeva infatti i
separatisti, e non i moderati. Tentò di condurre una battaglia culturale ai cattolici: diede
meno valore ai centri di potere cattolici ecc..; si affermò, così, la cultura tedesca che aveva
l’obiettivo di creare un’identità nazionale.
Con questo, però, Bismark non voleva rendere la Germania uno stato confessionale ma,
anzi, lo voleva laico. Non voleva né prediligere il protestantesimo, né reprimere il
movimento cattolico. Questa Kultur Kampf, però, non ebbe gli esiti sperati.
Bismark iniziò una politica internazionale all’insegna del predominio tedesco in Europa
(Weltpolitik). Gli antagonisti della Germania erano soprattutto l’Inghilterra e la Francia.
Bismark partecipò anche alla Conferenza di Berlino (1886), in cui spartì il mondo (e in
particolare l’Africa) con le altre potenze europee.
INGHILTERRA
A partire dal 1837 l’Inghilterra fu caratterizzata dalla figura della regina Vittoria (18371900). In questo periodo, si manifestò una grande stabilità politica ed economica.
L’Inghilterra era una monarchia costituzionale parlamentare ed era diventata ampiamente
stabile dagli Hannover in poi. Sotto la regina Vittoria, prevalse la forza liberale. Tuttavia, dal
momento che non c’era necessità di alcuna trasformazione politica, i liberali si
concentrarono prevalentemente sull’economia. L’Inghilterra aveva visto la Rivoluzione
industriale, la nascita dell’economia di mercato, dell’agricoltura capitalista ecc…
Questa economia di mercato si rafforzò sempre di più ad opera dei governatori liberali che
implementarono lo sviluppo economico. Si favorivano gli interessi del ceto medio-alto.
Furono attuate molte riforme sociali: modifica del sistema scolastico, del sistema elettorale
(con il voto segreto), furono fatte leggi di salute pubblica, case per gli operai, sussidi ai
poveri (Welfare). Nacquero, infatti, le prime leghe di mutuo soccorso.
Nel 1867 si emanò la Reform Act, che aumentò il corpo elettorale fino a 1 milione di
cittadini (anche se la Prussia lo aveva già a suffragio universale maschile) e nel 1884
aumentò ancora (grazie a Glaston).
Inoltre, furono consolidati i possedimenti in India. Nel ‘700 gli inglesi si erano sostituiti ai
Mogul come esattori e alla fine li rimpiazzarono completamente: alla fine dell’800 tutta
l’India era inglese. Gli inglesi, però, erano interessati anche all’espansione in Medio Oriente,
consapevoli della decadenza dell’Impero ottomano, e per questo parteciparono alla guerra
di Crimea.
Infine, un’altra questione espansionistica riguardante l’Inghilterra era l’Irlanda. Essa era
dominata da Londra e caratterizzata da latifondisti inglesi che non investivano nei campi.
Aveva rese scarse ed una economia povera. C’era un ceto fondiario inglese protestante,
detestato dalla popolazione inglese cattolica, povera. Nell’800 nacque il desiderio di
indipendenza, costantemente soffocato. Questo portò gli Irlandesi a compiere atti
terroristici. Il primo ministro inglese presentò al Parlamento nel 1886 la Home Rule,
attraverso la quale voleva concedere agli irlandesi un margine di libertà più ampio in
campo amministrativo. Questa proposta non trovò il favore dei Lords. Persa questa
battaglia, riuscì soltanto a sottrarre certe materie politiche alla camera dei Lords.
RUSSIA
Era un grande paese, molto esteso ma che non aveva introdotto alcun sistema di
modernizzazione, di sviluppo. C’era un divario sociale notevole, un ceto aristocratico
sedentario. Agli inizi dell’800 non c’erano state alcune trasformazioni politiche.
Nel 1855 lo zar Alessandro aveva tentato di varare alcune riforme perché si rendeva conto
che la Russia non teneva il passo con l’Europa. Aveva tentato di rinnovare l’esercito, e nel
1861 abolì la servitù della gleba. Nonostante questo, le riforme erano ancora troppo
deboli. In Russia non c’era un parlamento, non c’era un sistema di rappresentanza, non
c’erano partiti.
STATI UNITI D’AMERICA
Gli USA erano un paese giovane, ben affermato e più modernizzato dell’Europa stessa.
L’agricoltura era molto fiorente grazie alla grande disponibilità, alle introduzioni tecniche e
alla manodopera schiavile. Il Nord-Est era fortemente industrializzato e stava iniziando a
portare avanti una strategia di commercio internazionale.
Gli USA si espansero in Ovest fino al Pacifico, a danno degli indios.
Nella seconda metà dell’800 ci furono molte riforme sociali e ambientali e molte attenzioni
verso l’ecologia.
GIAPPONE
Il Giappone si modernizzò e iniziò ad entrare in relazione con le altre potenze. Sotto
l’impero dello shogun il Giappone si era isolato, mentre si aprì sul panorama internazionale
nell’800, con l’ascesa di una classe dirigente innovativa e imprenditoriale che rinnovò
l’economia e mutò il sistema feudale in un sistema circoscrizionale. Si sancì l’uguaglianza
giuridica, si creò un esercito nazionale, si riformò la scuola e si implementò l’industria.
Si ebbe un piano di evoluzione tecnologico e tecnico parallelamente alla conservazione dei
valori tradizionale.
Tale rivoluzione fu imposta dall’alto, dai ceti dirigenti.
C’era comunque un divario tra ceto dirigente e popolazione.