osservazioni e conoscenze formali

OSSERVAZIONI E CONOSCENZE FORMALI
APPUNTI DEL 12 NOV 2009
Due studentesse stanno compiendo esperienze con una molla. Vogliono accertare che le sue
oscillazioni costituiscano un moto armonico, e tentano di capire come dimostrarlo esprimendolo
formalmente.
Procedono per tentativi, muovendo ora dalla formula del moto armonico, cercando di risalire da
questa a quanto osservano; ora da quello che osservano, con l’intento di fissare quali aspetti
corrispondono ai simboli della formula da ricavare dalle osservazioni stesse o vanno comunque
considerati e tradotti in variabili da utilizzare per ricostruire quest’ultima.
È evidente (e scontato) che sanno già che si tratta di un moto armonico: vale a dire che non sono
nella condizione psicologica di un’osservazione completamente ignara di un fenomeno totalmente
ignoto da individuare e riguardo al quale farsi un’idea ex–nihilo di che cosa può rappresentare e di
come esprimerlo formalmente.
Qui si impongono alcune considerazioni:
1) praticamente, mai nessuna osservazione riguarda contenuti totalmente grezzi accostati senza
alcuna idea precostituita (si ha sempre qualche idea, più o meno vaga, di che cosa può essere
quello che si osserva, del tipo di fenomeni che normalmente si presentano nelle diverse
circostanze, dei concetti e dei termini — parole o simboli matematici — che servono a
descriverli; e si hanno, comunque, delle abitudini mentali relative a come si pensa e a come si
svolgono le operazioni logiche). Variano la disponibilità di tale materiale mentale, la sua
corrispondenza più o meno diretta e specifica all’osservato, il suo carattere più o meno preciso e
formale: ma qualche riferimento e qualche modo di pensare precostituito intervengono sempre;
2) il modo di agire delle due studentesse segue la corretta complementarità tra procedere
dall’informale al formale e procedere dal formale all’informale: rispetta, cioè, il necessario
rapporto tra rappresentazione (in specifico le formule) e i fenomeni rappresentati (le
osservazioni selezionate come pertinenti ed essenziali). Le difficoltà sorgono dal fatto che lo
fanno in maniera intuitiva, senza riuscire a prendere piena coscienza del valore della procedura,
fino a poterla controllare e guidare sistematicamente.
3) Le cose si possono “sapere” a diversi livelli di comprensione, di dettaglio e di dominio
concettuale: dall’averne delle idee in misura maggiore o minore vaghe e incomplete, non ben
correlate reciprocamente, scarsamente consapevoli e controllabili sul piano riflessivo; all’averne
delle idee precise, esaustive (entro gli ambiti pertinenti), rigorosamente formalizzate e quindi
organicamente sistematiche e controllabili. Riguardo tanto alle nozioni teoriche quanto ai
fenomeni empirici, è solo a quest’ultimo livello che si riescono a compiere delle analisi
sistematiche, organiche, consapevoli e complete; e, completarmente, a raggiungerne delle
visioni sintetiche di corrispondente organicità, sistematicità, consapevolezza e completezza
(tutti termini che si implicano a vicenda).
A qualunque livello inferiore di conoscenza, inevitabilmente non si riescono a individuare gli
aspetti necessari alla comprensione: complementarmente, il ruolo svolto dai singoli simboli e
termini delle equazioni e le loro relazioni reciproche; i significati, nel quadro complessivo, delle
singole osservazioni compiute e aspetti individuati (o che si crede di avere individuati), le loro
reciproche relazioni e le loro corrispondenze con il formalismo teorico e matematico.
Mentre una visione completamente ingenua prescinde da qualunque formula e da qualunque
riferimento fisico preventivo, uno studente universitario di matematica inevitabilmente introduce
nel suo approccio il richiamo a formalismi matematici e a nozioni fisiche più o meno dominate, ma
che, in ogni caso, se da un lato possono servirgli, dall’altro possono impedirgli una visione delle
situazioni priva di inclinazioni e tendenze mentali pregiudiziali. Queste ultime possono costituire
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degli ostacoli ad accorgersi degli aspetti che andrebbero notati e dei modi di guardare che
andrebbero assunti.
Il risultato è una più o meno accentuata, ma sostanziale, casualità (o, comunque, brancolamento
caratterizzato da disorganicità, incertezza e incompletezza) delle osservazioni empiriche e dei
richiami ai formalismi. Riguardo a entrambi si è via via attratti da elementi che non si sanno
collegare con gli altri pertinenti. Si tende a seguire percorsi mentali che non si riescono a portare a
termine, e si oscilla sia dall’uno all’altro sia dal formalismo alle osservazioni empiriche, e
viceversa, con ritorni e riprese, in genere ripetitivi, che non conducono a quadri d’insieme ben
strutturati e che danno la sensazione di vicoli ciechi.
Nel caso in esame, credendo di aver constatato questa situazione, propongo alle due studentesse di
provare a compiere un esame metodico tanto delle nozioni formali che pensano di dominare (o che,
comunque, conoscono e ritengono pertinenti, anche solo quali possibili riferimenti teorici) quanto
degli aspetti notati sul piano empirico. Suggerisco di farne un elenco che comprenda anche le
lacune e gli ostacoli alla comprensione che notano su entrambi i piani, nel tentativo di raggiungere
una visione precisa dei riferimenti posseduti per procedere e dei vuoti rispetto al quadro organico
coincidente con l’obiettivo dell’interpretazione soddisfacente e della comprensione piena che si
vuole raggiungere.
Ci accordiamo che nella prossima seduta di laboratorio proveremo insieme questa strategia.
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