Adolescenti e consumo. Atteggiamenti, orientamenti, valori
I modelli di consumo dei giovani
tra responsabilità e deresponsabilizzazione
RIASSUNTO DELL’INDAGINE
Egidio Riva
Dipartimento di Sociologia Università Cattolica
del Sacro Cuore di Milano
La
ricerca
presenta
un
carattere
prevalentemente esplorativo, poiché è tra le
prime a battere la pista di indagine del
consumo degli adolescenti. In quanto tale,
accanto all’intrinseca finalità
conoscitiva, essa si pone
l’obiettivo di aprire la strada ad
ulteriori percorsi di studio, che
approfondiscano con più dovizia
di particolari alcune delle
questioni su cui essa ha
contribuito a gettare luce.
Orbene, quali sono i principali
spunti conoscitivi e di riflessione
sui quali l’indagine della Caritas
invita a procedere? A mio parere
se ne possono rintracciare
almeno due, che chiamano in
causa per un verso i ragazzi e i
loro modelli valoriali e culturali e
per un altro verso le figure
educative, in primis, ma non
solo, i genitori. In quanto ai ragazzi e alle
ragazze del campione in esame, le domande
formulate
consentono
innanzitutto
di
tratteggiarne un profilo
piuttosto chiaro e definito, non solo in merito
all’argomento specifico dei consumi. In
effetti, dalla disamina delle informazioni
raccolte dalla sezione del questionario
inerente ciò cui più viene attribuita
importanza nella vita, si colgono adolescenti
abbastanza ripiegati sulla cerchia sociale più
intima – quella costituita da genitori e amici o
fidanzati/e – e meno propensi all’attribuire
alla relazione con l’altro, inteso come colui
con il quale non esiste un “naturale” legame
affettivo e di conoscenza reciproca, una
dimensione
morale,
di
attenzione
e
responsabilità. Il tutto con la conseguenza
che diventa alquanto difficoltoso porre in
essere una condotta innervata
dall’impegno sociale. Questi
elementi, di individualismo e
tendenziale chiusura, che per
certi versi sono tipici dell’età
adolescenziale, vengono ad
ogni modo accentuati dal
confronto con i riferimenti
culturali oggi prevalenti. Ne
scaturisce un quadro in cui i
valori e gli obiettivi di
autorealizzazione – intesa
però come grado di successo
conseguito – e soprattutto la
volontà di godersi la vita si
associano a un evidente
appiattimento
verso
il
presente, a un sostanziale
restringimento
dell’orizzonte di progettualità e di azione. Di
questi tratti si trova traccia visibile nelle
scelte e nei modelli di consumo, laddove si
coglie con chiarezza che gli elementi
maggiormente determinanti
sembrano essere la disponibilità di spesa più
che i rapporti educativi, la condizione sociale
più che il tipo di scuola o l’indirizzo di studi
frequentati. Quello che ne consegue è un
consumo a due volti, peraltro tra di loro
strettamente connessi, quasi fossero due
facce di una stessa medaglia. Da un lato vi è
un consumo sostanzialmente edonistico,
tipico di quanti hanno più soldi a disposizione
per le proprie spese personali, generalmente
in ragione dell’origine sociale. Un consumo
che diventa l’occasione per togliersi degli
sfizi; per divertirsi; per acquistare prodotti
esteticamente apprezzabili, ricercati, alla
moda e che pertanto si vorrebbe fosse
un’esperienza quanto più duratura
possibile, talvolta anche a costo di spendere
più di quello che ci si può permettere.
Dall’altro lato vi è un consumo più parco e
consapevole, che tuttavia sembra esserlo non
per scelta o per convinzione, ma per
necessità. Una sorta, quindi, di consumo
forzatamente consapevole,
determinato non dalle intenzioni e dalla
volontà ma da possibilità di spesa
sicuramente più basse e che si traduce in una
maggiore attenzione al risparmio nonché alle
necessità, più che al piacere.
Sulla scorta di queste considerazioni pare
dunque di poter concludere che il valore,
simbolico e soprattutto materiale, assegnato
al denaro e ai consumi sembra prodursi nel
rapporto diretto con il denaro stesso e con la
conseguenze possibilità di accedere, in
misura variabile,
ai beni disponibili sul mercato, in un percorso
di crescita e maturazione personale in cui la
consapevolezza delle proprie scelte e della
loro valenza pare costruirsi primariamente
attraverso l’esperienza diretta, dunque con
poche mediazioni di carattere educativo. Ciò
chiama
indubbiamente in causa il rapporto con le
persone di riferimento esperito dai ragazzi e
l’impatto che questo esercita sulle loro scelte,
di consumo ma anche, più in generale, di
vita. In merito alle figure educative e al loro
ruolo di indirizzo dei consumi giovanili sembra
porsi
in
evidenza
una
tendenziale
responsabilizzazione nei confronti dei ragazzi,
ben comprovata da un controllo
che non si può certo definire serrato sul
modo in cui i soldi a disposizione vengono
impiegati. Come visto, infatti, meno di un
quarto degli intervistati dichiara di avere dei
genitori che verificano sempre le spese
effettuate; più spesso questa funzione di
controllo è occasionale e per una quota
discreta del campione non viene mai
esercitata, come se appunto padri e madri
riconoscessero ai figli un cospicuo margine di
autonomia. In aggiunta, un altro elemento
che colpisce è che i genitori non sembrano
fornire su base continuativa indicazioni sui
criteri da adottare – come spendere il denaro
e quali prodotti acquistare – quasi che tale
aspetto non entrasse, o perlomeno non fosse
percepito dai ragazzi come presente, nel
rapporto educativo quotidiano con i genitori e
tantomeno con le altre figure educative, il cui
rilievo pare decisamente trascurabile. E ciò si
accentua al crescere delle somme in possesso
dei ragazzi e tra quanti dichiarano di svolgere
una qualche attività lavorativa, rendendosi
dunque anche economicamente indipendenti
dai familiari. Questo suggerisce che a fianco
della responsabilizzazione dei figli potrebbero
dunque rintracciarsi
tra i genitori (ma più in generale tra le figure
educative)
segni
di
una
deresponsabilizzazione nei riguardi dei propri
compiti educativi in materia di consumo; una
deresponsabilizzazione che incide, è questo è
evidente, sui comportamenti rilevati, dando
talvolta vita nei giovani a fenomeni di
deresponsabilizzazione del consumo, di cui
l’esempio più chiaro è dato dal fatto che più
di un maschio su dieci rivela di spendere i
soldi
principalmente
in
consumazioni
alcooliche. Per contro,
laddove il controllo e il consiglio dei genitori
diventa più abituale, e al di là della minore o
maggiore disponibilità di spesa, i modelli di
consumo si fanno maggiormente misurati e,
soprattutto,
consapevoli.
Si
tratta,
nell’insieme, di tracce di dinamiche sociali che
l’indagine sugli studenti monzesi coglie e che
allo stesso tempo invita ad approfondire,
vista la rilevanza che assumono. Di qui
l’auspicio che si trovino occasioni ulteriori, di
ricerca e di dibattito, per procedere
ulteriormente nella loro conoscenza.