le americhe: il prossimo soft-landing, una necessi

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GLI SCENARI ECONOMICI
LE AMERICHE: IL PROSSIMO SOFT-LANDING, UNA NECESSITA’ PER FAR CONTINUARE “IL MIRACOLO” AMERICANO
Gli Stati Uniti
Pil Usa
% trimestrali
% tendenziali
Media annua
Q4 1998
Q1 1999
Q2 1999
Q3 1999
Q4 1999
Q1 2000
Q2 2000
Q3 2000
Q4 2000
1,5
4,3
3,9
1,1
4,0
0,4
3,9
1,2
4,1
0,7
3,3
3,8
0,3
2,7
0,7
3,0
1,0
2,8
1,1
3,2
2,9
Si chiuderà in modo lento ma naturale il divario tra le due più grandi economie? Oppure dobbiamo attenderci di vedere nei prezzi degli asset finanziari gli effetti di una politica monetaria più incisiva del previsto per
rallentare la domanda e bloccare spinte inflazionistiche? O saranno dollaro e Treasury ad accollarsi le sorti
del continuo peggioramento del deficit commerciale americano? E dove finirebbe Wall Street in questo
caso? Ora che anche l’Europa sembra essersi ripresa tanto da meritare il primo rialzo dei tassi ufficiali,
manca solo il Giappone all’appello della crescita stabile e credibile, poi il cerchio si potrà chiudere se gli
americani decideranno di risparmiare di più, investendo meno e accettando più disoccupati. Oggi, più di tre
mesi fa, siamo convinti che lo scenario vincente, soprattutto per le politiche monetarie più che per i governi,
sia quello della convergenza della crescita verso livelli “di equilibrio”, o potenziali. L’elemento più pericoloso
che si è concretizzato negli ultimi mesi è il rapido aumento delle aspettative di inflazione che porterebbe a
uno scenario di hard-landing. Del resto il lento deterioramento della borsa americana, benvenuto da chi è
convinto dell’effetto-ricchezza, è il segnale che l’esuberanza nei numeri della crescita è meno gradita sui
mercati ora che anche i prezzi hanno iniziato ad accelerare.
Wall Street inizia a risentire della crescita, ora che si potrebbe aggiungere all’inflazione
Per questo abbiamo ancora cercato di trovare motivazioni utili a definire un aggiustamento endogeno della
crescita statunitense che minimizza il grado di intervento della politica monetaria e quindi gli effetti sull’output
reale. In questa direzione l’elemento chiave rimangono le dinamiche salariali, a nostro parere le uniche oggi
in grado di incidere significativamente sulle prospettive dei tassi di interesse.
Del resto, i dati disponibili sul terzo trimestre hanno mostrato un’economia ancora particolarmente forte,
quasi a sottolineare l’ambiguità del dato precedente che ha visto un incremento congiunturale del Pil di solo
0,4%. I consumi privati sono rimasti molto dinamici, le imprese hanno continuato a investire in impianti e
attrezzature ad alta produttività e il rallentamento nel ciclo delle scorte, che ha moderato il secondo trimestre, ha ripreso forza.
Domanda forte anche
nel terzo trimestre
Abbiamo già visto nel numero precedente che l’evoluzione del mercato finanziario ha condizionato particolarmente la spesa per consumi e che la stessa Federal Reserve ha stimato un contributo di circa l’1% alla
crescita del GDP negli ultimi tre anni, dovuto al progressivo innalzamento della confidence e delle disponibilità finanziarie. Dopo un trimestre in cui la domanda finale ha ulteriormente accelerato, occorre valutare
alcuni elementi di fondo in modo quantitativo. Negli ultimi due cicli economici la spesa per i consumi ha
E’ la solita forza
dei consumi
7
GLI SCENARI ECONOMICI
sempre risposto alla dinamica del reddito disponibile, a quella dei tassi di interesse e della disoccupazione.
Nella seconda parte del ciclo corrente è intervenuto un fattore “esogeno” alla spesa, comunemente indicato
come ”effetto-ricchezza”, che già nel precedente numero avevamo individuato come responsabile dell’esuberanza dei consumi. Dalla considerazione di questi fattori sono risultati due elementi particolarmente
interessanti.
La “leva finanziaria”
ha giocato un ruolo
determinante,
soprattutto
nell’ultimo semestre
Innanzitutto, da questo insieme di dati esogeni ci si sarebbe attesi un rallentamento nella spesa per consumi
già durante il secondo trimestre, nonostante i massimi di Wall Street e l’ottimismo di fondo tra i consumatori
americani. Questo fenomeno avrebbe dovuto trovare origine nel progressivo rallentamento nella crescita del
reddito disponibile (+0,6% t/t a giugno e +0,9% t/t a marzo) più che dall’effetto restrittivo dei tassi di
interesse che, tra l’altro, operano con lag temporali sulle scelte dei consumatori. L’ottimismo diffuso sulle
prospettive reali e finanziarie dell’economia conferma la presenza di una sorta di overshooting nei consumi
attraverso il quale si è pienamente manifestato l’effetto dell’alto grado di indebitamento di un sistema in cui
la percezione del rischio era drasticamente scesa. Oltre alla particolarità di un tasso di risparmio negativo,
un buon indicatore congiunturale di questo fenomeno é il rapporto tra credito al consumo e reddito disponibile che si è mantenuto ai massimi storici da inizio ‘99.
Indebitamento delle famiglie ai massimi storici
L’ “effetto Wall Street”
è comunque
significativo, se si
guarda al medio
periodo
Un secondo aspetto riguarda l’effetto della continua crescita di Wall Street, sulla cui affidabilità previsiva si
è molto dibattuto anche nella recente letteratura della Federal Reserve. I risultati ottenuti all’interno del
nostro campione confermano che la ricchezza e le aspettative generate dalle brillanti performance della
borsa hanno giocato un ruolo comunque importante negli ultimi anni, soprattutto in presenza di forze
esterne deflattive. Volendo quantificare gli effetti complessivi abbiamo stimato che se non vi fosse stato
alcun cash flow originato in Borsa durante il ‘98, la voce relativa ai consumi privati avrebbe chiuso l’anno con
una crescita del 4,5% sul ‘97 contro il 4,9% effettivo, circa 0,4 punti percentuali in meno anche sul Pil (dal
3,9% al 3,5%). Se ripetiamo la simulazione dal primo trimestre del ‘96, arriviamo al “numero di Greenspan”1:
1% di crescita del GDP in meno sul triennio ‘96-‘98.
1
8
“That propensity to spend, in turn, has been spurred by the rise in equity and home prices, which our analysis
suggests can account for at least one percentage point of GDP growth over the past three years. “ A.
Greenspan’s Testimony on Monetary Policy - June ‘99
GLI SCENARI ECONOMICI
Consumi: quanto più deboli senza le azioni?
Ancora oggi per poter ipotizzare un soft-landing dell’economia americana durante il 2000 è necessario un
rallentamento della crescita dei consumi che ormai difficilmente chiuderanno il ‘99 sotto al 5%. Per i prossimi
trimestri le nostre ipotesi di fondo riguardano necessariamente l’evolversi di più fattori economici, tra loro
tradizionalmente correlati. In particolare:
· un passo più incerto delle quotazioni di borsa rispetto ai massimi di agosto. Wall Street è scesa ad oggi del
9% da quei livelli, ma riporta un guadagno superiore al 10% da inizio anno. Non sono necessari particolari
ribassi del mercato, é sufficiente il ritorno su un trend lineare di crescita che modifichi il valore corrente
della ricchezza netta detenuta dalle famiglie direttamente in azioni o attraverso strumenti di risparmio
(circa un terzo del totale). Nel modello della Federal Reserve, ad esempio, un dollaro in più di ricchezza
finanziaria dovuta alla borsa aumenta la spesa delle famiglie di 2-3 cents: nel ‘98 Wall Street è salita del
25% e di oltre il 100% dal ‘66;
· l’effetto restrittivo dei tassi di interesse. Secondo elemento di pressione sul gap positivo della spesa
rispetto al proprio trend: il risultato di tassi di interesse in risalita e borsa cedente lo si sta vedendo sugli
indicatori di “confidence”;
· la dinamica del reddito disponibile. Dopo aver isolato gli effetti della causa “finanziaria” sulla spesa per
consumi, il reddito sta qui a rappresentare la sua componente salariale, circa il 50% delle disponibilità
lorde. Con la disoccupazione che ha continuamente sorpreso fino ad arrivare al 4,2% è più complesso fare
delle ipotesi sul futuro di questa variabile, tuttavia il rallentamento che in alcuni settori a nostro giudizio è
già iniziato dovrebbe moderare anche le prospettive di utilizzo della forza lavoro con un effetto lento ma
restrittivo sul reddito atteso. Un evento particolarmente avverso a questo scenario, semmai, riguarda il
persistere di aspettative di inflazione sensibilmente superiore alla media del ciclo, legata presumibilmente a shock derivanti dai mercati delle materie prime, che potrebbero incidere negativamente sulla dinamica attesa dei salari nominali, facendoli aumentare.
Attendiamoci quindi un rallentamento della spesa con un punto di minimo del profilo tendenziale nel terzo
trimestre 2000.
Quali premesse per
assistere al
rallentamento dei
consumi?
La previsione della spesa per investimenti è rimasta sostanzialmente invariata nel bilancio del biennio ‘992000: il ritardo nella risposta dei settori interest-sensitive alle condizioni finanziarie ci ha portato inevitabilmente ad aumentare la previsione del secondo semestre.
Per gli investimenti residenziali rimaniamo convinti che il risultato del rialzo dei tassi sui mutui sia già
iniziato, ma che si potrà osservare più sensibilmente tra il quarto trimestre e l’inizio del prossimo anno.
Tuttavia, considerando anche gli ultimi dati, dovremo attenderci un modesto ridimensionamento dei valori,
molto più simile al periodo di correzione del ‘95 e del ‘97 che alle vere e proprie contrazioni che hanno
caratterizzato i cicli precedenti; il livello non particolarmente alto dei tassi di interesse, i surplus finanziari
generati negli ultimi anni anche da fattori esterni e l’elevato effetto di sostituzione tra le fonti di finanziamento, sottolineano la possibilità che la sensibilità ai tassi sia diminuita e che il livello di equilibrio si sia
innalzato nell’ultimo ciclo. Abbiamo comunque stimato che il settore, pur in modo limitato, contribuirà
negativamente alla crescita del 2000 e già nel trimestre appena conclusosi ha riportato il primo segnale di
Meno intenso del
previsto, ma parte del
rallentamento è già
iniziato nel terzo
trimestre
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GLI SCENARI ECONOMICI
stabilizzazione (-1,6% t/t) dopo quasi due anni ininterrotti di risultati positivi .
Sarà un rallentamento simile a precedenti fasi del ciclo
Ancora più debole il ridimensionamento degli investimenti fissi che risentiranno in modo marginale del più
alto costo del finanziamento, mentre continueranno a crescere a tassi sostenuti gli investimenti in Information
Tecnology. Sia a fine ’99 che nel secondo semestre 2000, parte del recupero sarà determinato dalla ricostituzione delle scorte il cui ciclo è oggi ai minimi.
Non aspettiamoci
molte novità sul fronte
del deficit nel 2000
Il secondo trimestre ha nuovamente sottolineato la forza delle importazioni rispetto alla domanda estera con
il risultato di portare il deficit commerciale a livelli storicamente molto alti. Abbiamo stimato che sul finire
del ‘99 e nella prima parte del 2000 il deficit potrà migliorare grazie a due fattori: 1) i volumi di esportazioni
inizieranno a riprendersi soprattutto nell’ultimo trimestre dell’anno grazie alla materializzazione della ripresa europea e giapponese: la “direzione” dell’export Usa sta già mostrando un’ottima risposta da parte
dell’Asia “non-Japan”, verso la quale i volumi di export erano decisamente scesi; 2) le importazioni rallenteranno il loro passo con il risultato di dimezzare il tasso di crescita nel 2000 a causa della minor forza della
domanda interna. Tuttavia l’effetto sarà transitorio e il profilo dello scambio con l’estero riporterà il deficit su
livelli minimi il prossimo anno, continuando a esercitare pressioni sul deficit corrente. Una “normale” svalutazione del dollaro (come è nelle esogene dello scenario) non potrà esercitare particolari benefici sul saldo
con l’estero, soprattutto nel breve periodo.
Export in ripresa già a breve
Il ritorno di tensioni sui
prezzi: un pericolo
reale per il core-rate?
10
Gli ultimi dati sull’inflazione e gli effetti evidenti della corsa dei prezzi del petrolio portano necessariamente
a riconsiderare la possibilità di un’inversione decisa anche della componente core dell’indice dei prezzi al
consumo, rimasta stabilmente lungo un trend di discesa per tutto il ‘99. Dalla recessione del ‘91 il core-rate
ha perso tre punti percentuali, accompagnato fino alla fine del ‘92 da un rallentamento pronunciato anche
del costo del lavoro. Qual è un sentiero verosimile per l’indice e quali fattori potrebbero rivelarsi più incisivi
GLI SCENARI ECONOMICI
nei prossimi mesi? Riteniamo probabile che anche la discesa dell’inflazione core si interromperà nei prossimi mesi risentendo di alcune tensioni già presenti su altri indicatori dei prezzi senza tuttavia compromettere
il profilo di lungo periodo che rimarrà moderato. Nell’analisi è necessario distinguere tra elementi ciclici e
strutturali.
L’accelerazione della produttività ha contribuito a far decelerare i prezzi
Vi sono nell’economia americana elementi strutturali che stanno tracciando il progressivo e duraturo ridimensionamento dei prezzi dei beni prodotti anche in presenza di tensioni sul fronte dell’economia reale. Alla
base vi sono fattori demografici (rallentamento della crescita della forza lavoro e utilizzo di più capitale) e
tecnologici (l’utilizzo diffuso dell’Information Technology) che hanno portato a una maggiore efficienza dei
fattori della produzione e a un maggior grado di concorrenza sui mercati. Tutto ciò è culminato in uno shock
che ha permesso, attraverso un miglior utilizzo dei fattori della produzione, una crescita potenziale più alta
per l’economia Usa. In sostanza si è avuto un particolare miglioramento della produttività di entrambi i
fattori. Quest’ultima ha infatti mostrato un trend crescente dagli anni Ottanta che è andato rafforzandosi
negli ultimi anni in coincidenza con l’accelerazione della spesa per investimenti e per Information Technology:
in questi anni i prezzi al consumo (componente core) hanno continuato a rallentare nonostante la forza del
ciclo economico e la stabilizzazione nella crescita delle retribuzioni.
La produttività come
elemento strutturale?
Il trend della produttività accelera con gli investimenti in InformationTechnology
Tuttavia vi è più di un elemento che induce a riflettere sul trend del core-index nei prossimi trimestri.
Innanzitutto, difficilmente la produttività manterrà il trend di accelerazione: quindi poiché, come vuole la
regola, la produttività tende a rallentare con il maturare del ciclo economico sottostante anticipandolo,
rimaniamo scettici sull’effettiva possibilità che, con un rallentamento in vista, la produttività del lavoro possa
tenere il passo degli aumenti dei costi senza disallineamenti nei trimestri più vicini e, con ogni probabilità,
Tensioni cicliche
spingono in alto
il core index
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GLI SCENARI ECONOMICI
solo il ritorno a tassi di crescita dell’economia più vicini al potenziale (stimati nell’ultimo semestre del 2000)
permetterà un maggior assorbimento dei costi attraverso i margini di profitto.
Dobbiamo attenderci una debolezza ciclica della produttività
Qualche effetto anche
lungo la pipeline
Nello stesso tempo, materie prime, tasso di cambio e, tra le componenti endogene, la difficoltà a tenere il
passo della domanda che è emersa anche negli ultimi dati N.a.p.m. stanno contemporaneamente ponendo
pressioni lungo la pipeline dei prezzi senza aver ancora raggiunto il dato core di quelli al consumo.
Poiché nelle premesse al nostro scenario non vediamo pressioni per una particolare svalutazione del dollaro
o una nuova impennata dei prezzi dei prodotti energetici, la reflazione dei prezzi all’import esaurirà la sua
spinta più forte sul CPI con il prossimo trimestre. Vi sono invece due incognite all’orizzonte. Esiste la concreta
possibilità che nel breve si possa assistere al trasferimento di parte della pressione riscontrata sui prezzi alla
produzione, molto forte all’inizio del ‘99 e poi mantenutasi intorno al 4% su base annua negli ultimi due
trimestri. Questo trasferimento avviene solitamente con ritardo e oggi risulta dare contributi meno importanti. In realtà, gli unici costi in grado di incidere sensibilmente nell’orizzonte della nostra previsione (IV
trimestre 2000) sono quelli legati alle retribuzioni.
Qualora la crescita della produttività tenda a stabilizzarsi o a rallentare, il futuro del CPI verrà giocato sul
fronte del costo del lavoro che prevediamo in leggero rallentamento nella seconda parte del 2000, anche
come conseguenza dell’andamento complessivo dell’economia.
Con il ritorno verso la crescita potenziale vedremo una moderazione anche dei salari
Tuttavia, poiché parte dell’attuale aumento dei salari non ha ancora terminato di esercitare pressione sui
margini, abbiamo tracciato un profilo di moderata ripresa in termini tendenziali nella componente core dei
prezzi al consumo, con un picco di crescita congiunturale nei primi tre mesi del prossimo anno. Raccomandiamo piuttosto di considerare il protrarsi di tensioni sul costo del lavoro nel prossimo semestre come possibile
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GLI SCENARI ECONOMICI
“fattore deviante” per lo scenario 2000, proprio a causa degli effetti di trascinamento che sono tipici del
comportamento vischioso dei prezzi. Ci limitiamo per il momento a innalzare la previsione del CPI complessivo a 2,7% dal precedente 2,5% per il 2000 e a ipotizzare implicitamente un restringimento dello spread con
il dato core.
Ci attendiamo una moderata ripresa anche dell’indice core
La nostra impressione, dunque, è che vi siano ancora spazi per allungare ulteriormente il “miracolo americano”, anche se fattori esogeni al ciclo reale hanno premuto troppo sull’acceleratore della spesa. Di conseguenza, il raffreddamento della domanda è un obiettivo ancora a portata di mano senza alterare il percorso della
politica monetaria più di quanto non sia già nei prezzi degli asset finanziari. Questi ultimi, e la loro recente
debolezza, stanno giocando un ruolo importante, ma non fondamentale: l’inflazione, al netto degli “incidenti” di breve periodo, rimarrà ben impostata finché il mercato del lavoro risponderà velocemente alle diverse
condizioni economiche che si presenteranno a breve.
In questo contesto la Federal Reserve non ha nessun vantaggio a frenare ulteriormente la domanda almeno
fino a quando non le sarà impedito, per altre vie, di contenere l’inflazione: il prezzo di salari più alti oggi sarà
un profilo di crescita molto più incerto e volatile domani, con il rischio che il miracolo si fermi.
Siamo ancora
in tempo?
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GLI SCENARI ECONOMICI
L’area latino americana
Lo scenario macroeconomico relativo ai paesi emergenti dell’area latino-americana, risulta variegato. Il titolo
di “performance peggiore” spetta senza dubbi all’Argentina, che risulta penalizzata e negativamente influenzata dal sistema a cambio fisso. Dalla parte opposta della classifica troviamo invece il Brasile, che ha
superato le precedenti attese mostrando un ciclo molto più reattivo.
La performance peggiore è quella dell’Argentina
Brasile
Lentamente fuori dalla
crisi grazie al recupero
di competitività sul
mercato estero
14
Var. % a/a
1997
1998
1999P
2000P
Pil
Inflazione
3,0
4,8
0,5
-1,8
-1,0
8,0
2,8
6,0
In Brasile la svalutazione del real ha permesso di allentare la pressione competitiva cui era sottoposta la sua
economia, inoltre, è tornata a salire la fiducia degli investitori e di conseguenza l’afflusso di capitali che
hanno portato l’economia brasiliana sulla strada della stabilizzazione. Il dato sul Pil del secondo trimestre ’99
ha fatto registrare un incremento pari allo 0,9% t/t e una caduta rispetto allo stesso periodo del ‘98 pari allo
0,8%. Sebbene sia possibile parlare di “crescita lieve”, il percorso che ha intrapreso il Brasile negli ultimi
trimestri sembra proprio essere quello di un’economia che, pur con alcune difficoltà, sta uscendo da un
periodo di crisi evidenziando segnali positivi sul lato della crescita economica.
Le previsioni per l’anno in corso, considerando quanto detto sopra, sono meno pessimistiche rispetto al
trimestre precedente: il tasso di crescita del Pil chiuderà con segno negativo, ma limitatamente all’1%;
mentre per l’anno 2000 è prevista una variazione positiva pari al 2,8%.
Nel breve comunque, la crescita degli investimenti sarà limitata dai tassi di interesse reali che resteranno
ancora alti, frenando così lo sviluppo della domanda interna. Il recupero pieno è previsto solo a partire dal
2000, quando i tassi di interesse saranno più bassi e quando maggiori certezze sul fronte del lavoro permetteranno un buon miglioramento anche per i consumi privati (circa -2,0% nel ’99 e +2,5% nel 2000). Si rivela
fattore importante e decisivo ai fini della crescita il miglioramento della competitività di prezzo sul mercato
estero, frutto della svalutazione di quasi il 70% del real.
Per quanto riguarda l’inflazione, l’aumento degli ultimi mesi è risultato abbastanza contenuto (3,1% e 4,8%
nei mesi di agosto e settembre rispettivamente) e questo ci porta a pensare a un dato medio per il ’99 pari
all’8%. Per il 2000 l’inflazione dovrebbe rispettare il target del 6,0% proposto dalla Banca Centrale.
Nell’ultimo incontro di settembre, inoltre, il Selic (tasso di riferimento della politica monetaria) è stato
abbassato al 19,0% (taglio di 50 bp) a conferma della diminuzione delle pressioni inflazionistiche a partire
dai mesi estivi.
GLI SCENARI ECONOMICI
Argentina
Var. % a/a
1997
1998
1999P
2000P
Pil
Inflazione
8,4
0,3
4,3
0,7
-4,5
-1,0
1,7
0,3
Lo scenario per l’Argentina è decisamente diverso. Nel secondo trimestre dell’anno, il tasso di caduta
tendenziale del Pil argentino si è ulteriormente accentuato, passando da un -3,0% nel primo trimestre a un
-4,9% nel secondo. A causare un tale risultato sono stati soprattutto i vistosi cali degli investimenti e dei
consumi privati che nel ’99 chiuderanno con un tasso di crescita negativo intorno al 9,0% e al 3,0% rispettivamente. A fronte di queste previsioni, per l’anno in corso avremo una diminuzione del Pil rispetto all’anno
precedente pari al 4,5%. Solo nel 2000 si potrà parlare di tassi di crescita positivi e il valore medio annuo sarà
di poco al di sotto del 2,0% grazie al recupero della domanda interna.
La competitività delle esportazioni argentine sui mercati esteri è notevolmente ridotta a causa del legame
del “peso” con il dollaro e della svalutazione del real. Sul fronte inflazionistico i valori degli ultimi mesi, a
partire da marzo, sono tutti con segno negativo, a causa della situazione economica stagnante e l’anno si
chiuderà con un tasso di inflazione media intorno al -1,0%. Il periodo di deflazione finirà solo nel 2000, anno
in cui prevediamo una variazione leggermente positiva (+0,3%) sulla spinta della crescita economica.
Scenario negativo per
la crescita economica
dell’Argentina
Messico
Var. % a/a
1997
1998
1999P
2000P
Pil
Inflazione
7,0
15,7
4,6
18,6
2,8
13,5
3,0
10,0
Per quanto riguarda il Messico l’economia è stata supportata dalla robusta attività industriale e la crescita
complessiva per il ’99 è prevista intorno al 2,8%, leggermente superiore nell’anno successivo.
Dall’estero un aiuto all’economia messicana
Sono a nostro parere infondate le voci secondo le quali nel 2000 il Messico ricadrà nella stessa situazione del
‘94 quando, dopo le elezioni presidenziali si ritrovò in piena recessione e costretto a una svalutazione.
Attualmente il deficit delle partite correnti in percentuale sul Pil è pari al 2,8%, molto più basso rispetto al ’94
e l’ammontare dei debiti di breve periodo non è certo uguale a quello del periodo di crisi finanziaria. Inoltre
l’economia messicana è molto legata a quella degli Stati Uniti ma, considerato il parziale rallentamento che
prevediamo per quest’ultima, non dovrebbero esserci particolari ripercussioni sull’economia messicana.
L’inflazione per il ’99 sarà pari al 13,5 %, per poi scendere ulteriormente l’anno prossimo al 10,0%.
Non esiste la possibilità
di recessione.
Migliora il saldo delle
partite correnti...
... e si allontana
l’ipotesi di recessione
15
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