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Friuli-Venezia Giulia
TRACCE STORICHE
La Preistoria
Tracce scarse e tardive La presenza del-
l’uomo in Friuli-Venezia Giulia è attestata a
partire dalla fase fnale dell’ultima glaciazione, quindi in un’epoca collocabile intorno a 1015 000 anni a.C.
Le zone in cui più frequentemente si sono rinvenuti bulini, asce e punte di frecce sono il Carso, la valle del Natisone e il comprensorio di Udine. Particolarmente interessante risulta poi il
ritrovamento delle tracce di un accampamento
estivo di cacciatori paleolitici sul Piancavallo,
sulle alture che formano la porzione friulana del
Bosco del Cansiglio.
F Lamina votiva in
bronzo, raffigurante un
guerriero, conservata
presso il Museo
Nazionale Atestino di
Este. La lamina
proviene da un
santuario dedicato alla
dea Reitia, una delle
divinità degli antichi
Veneti, di cui alla fine
dell’Ottocento si sono
ritrovati i resti nei pressi
di Este.
La lenta affermazione dell’agricoltura e dei
metalli L’agricoltura si afermò con lentezza,
ostacolata dal tardivo ritiro dei ghiacci; le prime
testimonianze sono emerse soprattutto nel bacino del Tagliamento e, in generale, nella provincia di Pordenone. La difusione della tecnica
di lavorazione dei metalli fu invece rallentata
dalla loro scarsa disponibilità nella regione,
tanto che solamente per la provincia di Udine si
può parlare di una qualche frequenza di insediamenti dell’età del bronzo.
Il momento di svolta della Preistoria friulana è
rappresentato dalla comparsa, quasi al termine
di quella stessa età del bronzo (1500 a.C. ca), di
un numero crescente di castellieri, vale a dire di
villaggi fortifcati, che occupavano un’area compresa tra le province di Udine e di Trieste, fno all’Istria. La caratteristica collocazione di tali abitati sulla sommità delle alture, più facilmente
difendibili, non impedì che molti di essi sorgessero anche nella pianura, dove le mura di protezione erano sostituite da terrapieni.
L’età antica
La spartizione della regione fra Veneti e Istri
Il periodo protostorico è caratterizzato dalla spartizione della regione tra i Veneti, a ovest (il loro
centro piu signifcativo appare Ateste, oggi Este), e
gli Istri, a est, che andavano progressivamente
acquisendo il controllo sulla navigazione nell’Adriatico settentrionale. A partire dal 450 a.C. i
Galli, provenienti da ovest, cominciarono a esercitare una forte pressione sulla regione, soprat-
tutto a danno dei Veneti, mentre il loro infusso sugli Istri, stanziati nella zona orientale, fu assai più
marginale.
La conquista romana Roma s’interessò alla
regione a partire dalla fne del III secolo a.C.: già
nel 181 a.C. essa compì una mossa fondamentale verso la colonizzazione dell’intera area, fondando, lungo quella che allora era la costa, la colonia di Aquileia. Partendo da questa base, che
divenne sempre più importante e popolosa, la
conquista fu rapida e portò alla sconftta degli
Istri (177 a.C.) e alla progressiva sottomissione
dei Gallo-Veneti (115 a.C.).
Secondo il loro costume, i Romani procedettero
alla realizzazione di una razionale rete viaria,
stabilendo proprio ad Aquileia il nodo a cui far
capo per le comunicazioni terrestri e marittime
dell’intera Italia nord-orientale. Nel corso della seconda metà del I secolo a.C. furono realizzate l’ambiziosa Via Postumia che, attraversando diagonalmente tutta l’Italia del nord, arrivava
accampamento estivo
si tratta di una pratica diffusa
nel Paleolitico, attestata
anche altrove, di sfruttamento
temporaneo, a scopi quasi
esclusivamente venatori, di
località irraggiungibili durante
il resto dell’anno per
insormontabili ostacoli
climatici e perciò costituenti
delle naturali “riserve di
caccia”. In genere, il campo
era costituito da una o più
capanne e da un focolare di
ampie dimensioni che serviva
anche per affumicare le carni
da trasportare poi in pianura,
come riserva alimentare per
l’inverno.
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Friuli-Venezia Giulia
Il Medioevo
La minaccia delle invasioni barbariche
G La fondazione della
colonia di Aquileia in un
rilievo del II secolo d.C.
H Particolare del
mosaico pavimentale
della basilica di Aquileia,
databile al IV secolo d.C.
fno a Genova; la via Iulia Augusta, che valicava
le Alpi al passo di Monte Croce Carnico e consentiva i collegamenti con l’Europa centrale; la
via Annia, che costituiva il percorso terrestre
più diretto verso Roma, quando non si volesse o
non si potesse (nel caso, per esempio, di forti
contingenti militari) navigare nell’Adriatico; la
via Gemina che risaliva la bassa valle dell’Isonzo
e quella del Vipacco, inoltrandosi poi verso l’interno dell’attuale Slovenia. Augusto, ripartendo
l’Italia in regioni amministrative, assegnò il Friuli-Venezia Giulia alla Regio X Venetia et Histria.
La capitale fu naturalmente Aquileia, che visse
un lungo periodo di straordinaria attività e di
ricchezza materiale e culturale. Altre città erano intanto sorte: Forum Iulii (l’attuale Cividale
del Friuli) che avrebbe poi imposto il suo nome
all’intera regione; Forum Iulium Carnicum (oggi
Zuglio) lungo la via Iulia Augusta; l’allora modesto borgo di Tergeste che sarebbe diventata, secoli dopo, Trieste.
Quando la compagine dell’Impero incominciò a
mostrare la sua debolezza e le inquiete popolazioni germaniche dell’est diedero avvio al loro
inarrestabile spostamento verso occidente, la collocazione del Friuli-Venezia Giulia nell’estrema
porzione orientale d’Italia lo espose, più di altre regioni, alle conseguenze delle invasioni barbariche.
La relativa facilità con cui potevano essere superate le Alpi in questo settore accresceva la minaccia che pendeva sulla regione. Per provare a contenere questa spinta o, almeno, per deviarla verso
i territori a nord delle Alpi, fu istituita una sorta di
cordone di castra (cittadelle fortifcate) che
avrebbero dovuto formare una barriera difensiva.
Sorsero, in questo modo, Cormones (oggi Cormons), Ibligo (Invillino), Osopus (Osoppo), Reunia
(Ragogna) e Aidussina. Tutto ciò tuttavia fu vano
e, a partire dai primissimi anni del V secolo, si riversarono in Friuli i popoli che avrebbero decretato la fne dell’Impero romano d’Occidente: i Visigoti nel 401 e nel 408; gli Unni nel 452 (Attila
espugnò la stessa Aquileia); gli Ostrogoti nel 489.
Ostrogoti, Bizantini, Longobardi Sotto il do-
minio degli Ostrogoti, prima del loro capo Teodorico e poi dei suoi successori, si ebbe fnalmente un breve periodo di pace; esso tuttavia
costituì il preludio al bagno di sangue della guerra gotico-bizantina.
Nel 568, poi, si afacciarono ai confni orientali
della regione i Longobardi di Alboino: conquistata Cividale, essi dominarono la regione per
circa duecento anni, trasformandola in un ducato che aveva in quella città la sua capitale. I
Longobardi seppero instaurare un rapporto relativamente pacifco con la popolazione e la regione esercitò, nel contesto della dominazione
longobarda, un ruolo tutt’altro che marginale
tanto che due duchi locali, Ratchis e Astolfo, salirono sul trono reale di Pavia. I rapporti con il
patriarca cattolico di Aquileia, pessimi all’inizio, migliorarono con il tempo, tanto che il vescovo lasciò Grado, dove si era ritirato per sfuggire all’invasione, e fssò la sua sede nella stessa
Cividale, mentre le lagune costiere e Grado restavano in mano ai Bizantini.
Il Sacro Romano Impero: la marca del Friuli
Pur pressati dagli Slavi e impegnati dalle incursioni degli Avari, i Longobardi mantennero la loro signoria sul Friuli fno al 788, quando l’intero
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Friuli-Venezia Giulia
Regno d’Italia passò sotto il controllo di Carlo
Magno. Dopo la costituzione del Sacro Romano
Impero la regione fu riorganizzata con la fondazione della marca del Friuli, scaturita dall’unione di questo territorio all’Istria, fno a formare
una salda compagine che avrebbe dovuto difendere i confni orientali dell’Impero, mentre andava delineandosi il processo socio-economico che
avrebbe generato il feudalesimo.
Un lungo periodo di prosperità economica Nel corso del IX e del X secolo sorsero pro-
gressivamente nuove forze: Venezia stava lentamente distaccandosi da Bisanzio e andava
prendendo coscienza della propria forza espansiva; gli imperatori di Germania avevano ottenuto, attraverso la spartizione dell’Impero
franco, tutta la terraferma friulana, mentre il
ruolo dei vescovi locali andava oltre l’ambito
religioso per assumerne uno sempre più dichiaratamente politico.
A partire dal 1077 il patriarcato di Aquileia ottenne ampie autonomie dall’imperatore Enrico
IV; iniziava così un lungo periodo di crescente
prosperità che sarebbe stato caratterizzato dall’impetuoso sviluppo dei commerci e del credito.
Aumentava, nel contempo, l’importanza delle
città: per prima si sviluppò Gorizia, poi Udine e
Pordenone. In particolare, i conti di Gorizia attuarono una politica di espansione che li portò a
possedere terre e centri abitati in Istria, nel Carso, nella pianura fno a Latisana, in Carinzia, in
Tirolo. Al culmine della loro potenza, essi arrivarono allo scontro con i patriarchi di Aquileia. La
loro sorte fu tuttavia segnata, a partire dal XIV secolo, dal contemporaneo crescere del potere veneziano, a sud, e di quello asburgico, a nord.
PERCORSO ARCHEOLOGICO
E ARTISTICO
Scarsissimi reperti preistorici A eccezione di
quanto conservato nei musei, oggi in Friuli non
è visibile quasi nessuna traccia degli insediamenti preistorici: dei castellieri di pianura resta
appena qualche imperfezione del terreno, impercettibile alla vista del visitatore non specializzato, e ben poco è rimasto di quelli che sorgevano sui colli. Una parziale eccezione è costituita
dal castelliere di Santa Barbara, a pochi chilometri da Muggia, dove sono rintracciabili i resti dell’originaria fortifcazione.
I resti romani I resti romani sono invece ben
più imponenti: a Aquileia si trovano vasti impianti portuali, alcune ville con ricchi pavimenti a mosaico e il foro del I secolo d.C.
A Trieste (la romana Tergeste) rimangono il piccolo, ma ben conservato, arco di Riccardo (la
curiosa denominazione deriverebbe da cardo,
nome latino di una delle due vie assiali delle città romane: cardo, appunto, e decumano), del 33
a.C., il teatro del II secolo d.C. e la basilica del foro. A Zuglio, sulla strada per il passo di Monte
Croce Carnico, si trova il notevole foro.
G Rilievo della facciata
dell’altare del duca
Ratchis, raffigurante una
Maiestas Domini.
Il rilievo è conservato
presso il Museo
cristiano del duomo
di Cividale.
L’architettura paleocristiana e longobarda
Il periodo paleocristiano è molto ben rappresentato in Friuli, soprattutto nelle località più vicine al mare. A Grado è signifcativo il battistero
(seconda metà del V secolo), a pianta ottagonale,
con la bella pavimentazione musiva del secolo
successivo; sempre a Grado la parte più antica
della basilica di Sant’Eufemia mostra una pavimentazione musiva del VI secolo e un ambone
del Mille, posto su colonne romane. Ad Aquileia,
nella navata sinistra della basilica, vi è il Santo Sepolcro, a pianta circolare e risalente all’XI secolo.
A Trieste, infne, appartengono all’epoca paleocristiana due edifci: la parte sinistra di San Giusto, che corrisponde alla preesistente chiesa di
Santa Maria Assunta, del Mille; la basilica di via
Madonna del Mare, della fne del IV secolo.
Pregevole monumento longobardo è, a Cividale, l’oratorio di Santa Maria in Valle (chiamato il “Tempietto longobardo”) che presenta,
sotto una volta a botte, afreschi in stile bizantino, stalli (sedili in legno del coro) gotici del Trecento e una serie di stucchi dell’VIII secolo, tra
cui le sei fgure delle cosiddette “Sante”.
ambone
nelle chiese paleocristiane
e romaniche, particolare
tribuna, rialzata rispetto al
livello del suolo e collocata
nell’abside e/o di fianco
all’altare, che serviva alla
lettura dei testi sacri. Era
spesso decorata con figure
a bassorilievo, ispirate non
di rado alle controversie
dottrinali del periodo: tale
decorazione costituiva
l’occasione per affermare
i principi fondamentali della
fede, in periodi in cui le
eresie, per esempio quella
ariana, provocavano ampi
dibattiti sulla Trinità e sulla
vera natura di Cristo.
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H Il “Tempietto
longobardo” di Cividale
del Friuli, decorato con
stucchi dell’VIII secolo.
E La basilica di
Aquileia, edificata
all’inizio dell’XI secolo.
La facciata è collegata
per mezzo di un portico
a quanto resta del
battistero del V secolo e
alla chiesa dei pagani
del IX secolo.
E Il duomo di
Gemona, eretto in
forme romanico-gotiche
tra il XII e il XIV secolo e
ricostruito dopo il
terribile sisma che colpì
il Friuli nel 1976.
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Il romanico L’epoca romanica ha il suo capolavoro nella basilica di Aquileia, di fondazione
più antica (le stratifcazioni, che partono dal IV
secolo e giungono al XIV, si appoggiano su resti
di un’abitazione e di magazzini di epoca romana), ma ampliata tra il 1021 e il 1031.
Il breve periodo in cui fu realizzata l’ultima ristrutturazione (sotto il patriarca Poppone) assicurò all’edifcio un’eccezionale omogeneità stilistica che è ancora oggi avvertibile e che lo pone in
delicato equilibrio tra la crescente autonomia dai
modelli bizantini che si andava sperimentando
a Venezia in quel periodo (le decorazioni di San
Marco si collocano intorno all’anno 1063) e le infuenze dell’arte nord-occidentale, che si stava
sviluppando in ormai piena indipendenza in Germania, in Francia e in Catalogna. Il principale
motivo di attrazione della basilica è tuttavia costituito dai pavimenti musivi risalenti al IV secolo, di straordinaria ampiezza: si tratta della più
vasta superfcie decorata a mosaico d’Europa. La
cripta è del IX secolo e conserva afreschi romanici del 1180, nei quali è ormai evidente l’infuenza preponderante della pittura veneziana. Le arcate che sorreggono il tetto, invece, dichiarano,
con la loro ogiva caratteristica, l’epoca gotica della loro realizzazione (seconda metà del XIV secolo) in seguito ai danni ingenti subiti dalla basilica nel corso del terremoto del 1348.
La facciata romanica, a capanna, della basilica
di San Giusto a Trieste contiene un pregevole
rosone di stile gotico. La chiesa si è formata in
maniera insolita: nel corso del Trecento sono
state unite, nel senso della lunghezza, due precedenti costruzioni (la chiesa di Santa Maria
Assunta, dell’XI secolo, e un più antico sacello di
San Giusto, del IX secolo), saldando il tutto, al
fondo della navata centrale, con una grande abside. Le due absidi laterali contengono un mosaico del XIII secolo (quella destra) e una pregiata Madonna tra gli arcangeli Michele e
Gabriele del Mille (quella sinistra).
La grande abbazia di Santa Maria in Sylvis, nei
pressi di Sesto al Reghena, fu fondata nell’VIII
secolo dai benedettini, su invito dei duchi longobardi del Friuli e benefciò, in seguito, di crescenti donazioni da parte di Carlo Magno, Lotario e Berengario. Essa svolse la funzione di punto
di contatto tra la cultura classica, che proveniva dall’Adriatico, e quella germanica, che premeva da nord per afermarsi in Friuli. La struttura originaria delle costruzioni e dei decori
dell’abbazia subì, a partire dal Mille, una serie di
successivi interventi che progressivamente mutarono il volto dell’edifcio, anche sotto la spinta
della rovinosa incursione degli Ungari alla fne
del X secolo: oggi, dopo il restauro del 1981, la basilica appare in forme romanico-bizantine, con
un atrio a tre navate, e decorata di importanti affreschi (in particolare il San Michele dell’XI secolo, ma si osservino anche quelli del retrofaccia
della basilica, attribuiti alla scuola di Giotto). Un
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Friuli-Venezia Giulia
ulteriore cenno merita la cripta che ospita l’urna
di Sant’Anastasia, opera dell’VIII secolo.
A Udine è romanico l’interno della chiesa di
Santa Maria di Castello, con afreschi del XIII secolo nelle absidi.
Il romanico gotico e il gotico veneziano
Gemona, pur devastata dal terremoto del 1976,
presenta un duomo di forme romanico-gotiche,
frutto di una prima edifcazione, avvenuta anteriormente al 1190, e di una successiva ristruttu-
razione del 1337. La facciata è caratterizzata da
un rosone gotico, da un portale del 1290 e, soprattutto, da una colossale statua di San Cristoforo, alta sette metri e datata al 1332. A Coccau,
nei pressi di Tarvisio, in una piccola chiesa del
XIII secolo sono da pochi anni nuovamente visibili afreschi del Due e Trecento.
Il particolare gotico veneziano è visibile a Udine nel palazzo del Comune, detto anche “Loggia del Lionello”: si tratta tuttavia di uno stile che
rimanda ormai al XV secolo.
Con Google Earth® - Friuli.kmz
MUSEI DI EPOCA ROMANA
Aquileia (UD)
Museo Archeologico Nazionale
Espone i reperti degli ampi scavi locali: oggetti della vita quotidiana, busti funerari, mosaici e rilievi figurativi.
http://www.museoarcheo-aquileia.it/
MUSEI DI EPOCA MEDIEVALE
Via Gemina - Piazza Capitolo: porto fluviale (via Sacra); viale di cipressi alternati a grandi capitelli e a frammenti architettonici, che
ripercorre lo sviluppo delle banchine dell’antico porto fluviale sul
fiume Natissa, poi interrato.
Via XXIV Maggio: sepolcreto romano; resti di tombe familiari che risalgono, nel loro complesso, dal I al IV secolo d.C.
http://www.turismofvg.it/it-IT/citta_arte/archeologia/
area_archeologica_aquileia.html
Bagnoli (TS)
Località Val Rosandra: acquedotto romano della Val Rosandra.
http://www.trieste.com/citta/itinerari/valrosandra.html
Aquileia (UD)
Duino Aurisina (TS)
Museo Paleocristiano e annesso scavo
Presenta il pavimento musivo di una vicina basilica cristiana del V
secolo, oltre ad altri mosaici ed epigrafi di chiese coeve o precedenti.
http://www.museoarcheo-aquileia.it/
Località San Giovanni di Duino: edificio romano (Parco dell’acquedotto Randaccio).
http://www.beniculturali.gov.it/luoghi/
dettaglio.asp?nd=lc,ri&idluogo=400/8/dip
Cividale del Friuli (UD)
Pordenone
Museo Archeologico Nazionale (Palazzo Pretorio)
Accanto a collezioni lapidarie e musive di epoca romana, ha il suo
maggior motivo d’interesse nell’amplissima dotazione di materiale
longobardo che copre un arco di tempo che va dal V all’VIII secolo: si tratta di armi, gioielli, utensili, corredi di tombe, fibule, in una
tale quantità e varietà, da costituire il principale punto di riferimento
per lo studio della civiltà di quel popolo.
http://www.cividale.com/citta/museo.asp
Via Vittorio Veneto, area archeologica di Torre: resti di una villa romana, tra cui parti di affreschi di un periodo stimato tra il I secolo
a.C. e il I d.C.
http://www.pordenonewithlove.it/index.php//Articoli/
Area-Archeologica-di-Torre
Museo Cristiano
Vi si accede dalla navata destra del duomo. Espone l’ara di Ratchis, dell’VIII secolo, altare adorno di raffigurazioni che rappresentano il
Trionfo di Cristo e l’Epifania; una cattedra patriarcale in marmo del
IX secolo; frammenti di affreschi provenienti dal “Tempietto longobardo”.
http://www.cividale.net/citta/monumenti-e-luoghi-di-interesse/
duomo-e-museo-cristiano/
AREE ARCHEOLOGICHE
APERTE AL PUBBLICO
Aquileia (UD)
Via G. Augusta: foro romano; numerose colonne originariamente collocate sul portico del lato orientale.
Ronchi dei Legionari (GO)
Via Raparoni: villa rustica romana.
http://www.beniculturali.gov.it/luoghi/
dettaglio.asp?nd=lc,ri&idluogo=400/10/dip
Trieste
Borgo San Sergio, via Donaggio, 17, acquedotto romano e Antiquarium.
Via del Teatro: teatro romano.
http://www.museifriuliveneziagiulia.it/scheda_museo.html?id=58
Zuglio (UD)
Foro romano: resti delle terme, della basilica e di alcune costruzioni
accessorie.
http://www.comune.zuglio.ud.it/altofriuli/zuglio/
home.nsf/AuxNamedElements/
89D53579228AA137C1257018004686E5?OpenDocument
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Emilia-Romagna
TRACCE STORICHE
Le civiltà preistoriche
stazione
il termine indica una zona di
insediamento umano in
epoca preistorica.
H La “Venere di
Chiozza”, conservata
presso i Musei Civici
di reggio Emilia.
Si tratta di una delle
testimonianze più
notevoli dell’arte
preistorica emiliana,
databile al tardo
Neolitico.
Gli insediamenti di epoca paleolitica Le
basse pendici degli Appennini ospitarono i primi insediamenti paleolitici della regione grazie
alla loro posizione, sufcientemente al riparo dai
pericoli derivanti dall’esondazione dei fumi della pianura e non abbastanza elevata per incorrere nei rigori delle ultime glaciazioni.
Al Paleolitico inferiore risalgono insediamenti rinvenuti in numerose aree con queste caratteristiche: nel Modenese, sul monte Poggiolo, sull’altopiano del Ghiardo, vicino a Reggio Emilia, in una
stazione compresa tra le località di Cavriago e
Quattro Castella, sui terrazzi fuviali prossimi a
Calicella di Arola e tra Lesignano e Santa Maria del
Piano nel Parmense; tutti questi insediamenti testimoniano la presenza dell’Homo erectus.
Al Paleolitico superiore è invece attribuita la statuetta conosciuta come “Venere di Savignano” (Modena), considerata la più antica manifestazione artistica rinvenuta in Emilia.
Il Mesolitico: nascono l’agricoltura, l’allevamento e la ceramica Con il netto miglio-
ramento delle condizioni climatiche avvenuto
nel corso del Mesolitico (X-VI millennio a.C.), la
penetrazione umana negli Appennini raggiunse
i colli e le praterie in quota: nel Reggiano sono
state rinvenute tracce di accampamenti montani estivi di cacciatori. Negli insediamenti di
partenza, come per esempio quelli parmensi di
Arola, Torrechiara, Ghiare di Badia, Langhirano
e Monte di Santa Maria, si andavano intanto
sperimentando l’allevamento e l’agricoltura,
mentre le lavorazioni della pietra passavano dalla scheggiatura alla levigatura e si iniziavano a
produrre le prime ceramiche.
Il Neolitico Il Neolitico portò in Emilia la co-
siddetta cultura del Vaso a bocca quadrata
(V millennio a.C.) e poi la cultura di ChasseyLagozza (V-IV millennio a.C.), le cui tracce sono state rinvenute lungo il fiume Panaro (Modena), a Langhirano, Lesignano e Torrechiara
(Parma), a Lugo di Romagna (Ravenna), nelle
campagne di Campegine, Rivaltella e soprattutto a Chiozza (Reggio Emilia), dove venne
ritrovata la “Venere di Chiozza”, una statuetta
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di soggetto femminile probabilmente connessa con il culto della fertilità.
L’età antica
La colonizzazione della pianura e la civiltà
villanoviana Con la difusione della cultura terramaricola (XVI-metà XII secolo a.C.), che portò
allo sfruttamento agricolo della pianura, anche
se venivano mantenuti numerosi insediamenti
nelle tradizionali aree collinari e appenniniche, la
regione entrava nell’età del bronzo ed esplorava
l’uso della ruota, del cavallo, del carro, della rotazione delle colture e dell’allevamento di bovini e
suini, della metallurgia e della ceramica.
L’area bolognese ospitò, nel IX e nell’VIII secolo
a.C., insediamenti della civiltà villanoviana, che
prende il nome proprio da una necropoli prossima
al capoluogo, Villanova, e che può essere considerata la continuazione della civiltà delle terremare.
Essa era probabilmente collegata alla grande corrente culturale del centro Europa e dell’area danubiana, detta “dei campi di urne” poiché ricorreva all’incinerazione dei morti e all’uso di urne in
terracotta per la raccolta delle loro ceneri, che
venivano poi calate in appositi pozzetti. Essa è
considerata la progenitrice della civiltà etrusca
e intrattenne rapporti commerciali con i Greci, di
cui apprezzava la ceramica colorata e l’orefceria.
La dominazione etrusca e la calata dei Celti
L’espansione etrusca valicò le montagne dell’Appennino, che ne frenavano il moto verso
nord, alla fne del VI secolo a.C. Il processo di
penetrazione fu molto rapido: dapprima furono
fondati i centri di Misa (Marzabotto) e di Felsina (l’attuale Bologna) sulle colline che dominavano la pianura; poi una rapida avanzata portò,
nello stesso secolo, alla fondazione di un attivissimo emporio commerciale a Spina, su uno
cultura terramaricola
le “terremare” sono resti di villaggi agricoli preistorici risalenti
alla media e tarda età del bronzo (1600-1200 a.C.), così
denominati da “terra mara” (o “terra marna”), monticelli di
terreno ricco di sostanze organiche, cocci di vasi e ossa di
animali, che i contadini dell’Ottocento sfruttavano come
deposito di fertilizzante e che solo in seguito si scoprirono
essere siti archeologici di grande importanza. Lo sfruttamento
ottocentesco di questi siti li ha purtroppo fortemente
danneggiati, rendendo più difficile il lavoro di ricostruzione
storica degli archeologi.