Quando sei felice bevi per festeggiare, quando sei triste bevi per

annuncio pubblicitario
NUNC EST BIBENDUM (ET EDENDUM)
“Quando sei felice bevi per festeggiare, quando sei triste bevi per dimenticare, quando non hai
nulla per essere triste o essere felice, bevi per far accadere qualcosa!”. Charles Bukowski forse
non avrebbe scritto le sue opere se non avesse fatto un uso abituale di alcool. Egli si estraniava
dal mondo ritrovandosi in un’atmosfera baudelairiana per addolcire l’asprezza della vita (vissuta e
di carta). Il vino come strumento per annientarsi, metafora della privazione, talvolta temporanea,
della propria lucidità e personalità. D’altro canto, invece, il cibo sinonimo di pienezza, quando
l’uomo colma i vuoti della propria esistenza, “… il cibo che si schiaccia dolcemente tra lingua e
palato, sfiora le tonsille, penetra nell’esofago accogliente e infine si depone nello stomaco che ride
di folle contentezza.” (G. Flaubert) Il binomio vino-cibo rappresenta una sintesi perfetta
dell’esistenza umana: nessuno può farne a meno. Esso costituisce un fil rouge che ha attraversato
i secoli, dai banchetti allestiti nelle antiche domus romanae ai nostri moderni wine bar dove si può
sorseggiare un calice di vino, stuzzicando l’appetito dopo una giornata lavorativa. Oltre ad essere
fonti primarie per l’uomo, il cibo ed il vino sono protagonisti della storia. I banchetti erano al centro
della vita romana. Ingenti quantità di cibo di alta qualità aspettavano di essere gustati dagli ospiti
che i domini accoglievano nel triclinium: sdraiati su fastosi cuscini essi consumavano il pranzo che
costituiva più un rito che una necessità e che durava dal pomeriggio sino a notte fonda.
L’importanza che il vino rivestiva nelle epoche antiche la deduciamo da Bacco per i Romani,
Dioniso per i Greci: egli era il dio del vino, della vendemmia. Il vino come alimento di ogni uomo, di
ogni Dio ed di ogni grande filosofo. Persino Platone lo elogiava così: “Il vino, il rimedio contro i
malumori della vecchiaia'' mentre Alceo scriveva ''Il figlio di Zeus e Semele diede agli uomini il vino
per dimenticare i dolori''. Dal mondo pagano il vino finisce per essere al centro anche della vita
religiosa, del culto eucaristico, citato nelle Sacre Scritture e utilizzato in ogni cerimonia religiosa
come simbolo del sangue di Cristo. Secondo la Bibbia, infatti, è stato Dio stesso a fare dono
all'uomo del vino: ''Bevi il tuo vino con cuore lieto'', detto nel Qoelet. Di forte e denso significato la
metafora del pane e del vino, quali corpo e sangue di Gesù Cristo. Religioni in contrasto per secoli,
culti agli antipodi, paganesimo e cristianesimo che si incontrano grazie ad un calice di vino rosso,
sia che esso rappresenti il santo Graal sia che passi fra le mani delle Baccanti. Il vino ed il cibo
hanno sempre tra loro avuto un rapporto inscindibile, l’uno ha sempre accompagnato l’altro. Si
possono scorgere tracce significative dei nostri “protagonisti” sia nella storia che nella letteratura.
“Se il popolo ha fame e non ha pane, che mangi brioches!”. In questa frase emblematica, e
criticabile, si riflettono le opposte condizioni di vita in cui la società francese viveva nel Settecento:
essa era spaccata in due metà, come le metà di una mela. C’era la parte della mela lucida, rossa,
saporita e l’altra marcia, dal colore indistinto e dall’ odore nauseante. Il popolo, il terzo stato,
animava le strade di Parigi con grida e gesti di ordinaria follia per superare le estreme condizioni di
miseria in cui viveva. Ciò comportava un grande ossimoro: la plebe non poteva permettersi il pane
ma si inebriava, ubriacandosi, per dimenticare le fatiche di ogni giorno. Un legame indissolubile fra
il cibo ed il vino si riscontra soprattutto nella quotidianità, quando per ogni alimento viene servito un
vino diverso. L’importanza del vino e del cibo durerà in eterno, avendo il potere di unire persone e
creare rapporti. Basti pensare a quante cene ogni uomo consuma con i propri amici o a quanti
amori sono nati da un semplice “ Posso invitarti a cena?!”.
Luisa Lovato
Scarica