C credo: sulla strada del successo Come affrontare e curare l’epatite C insieme al proprio medico www.regionemarche.it 2 La grande sfida In Italia quasi un milione e mezzo di persone è portatore del virus dell’epatite C, con un andamento variabile nelle diverse aree geografiche del Paese. Si va da un 2-3 per cento al Nord, all’8 per cento al Centro, a un 12-16 per cento al Sud. La prevalenza dell’infezione è correlata fortemente all’età: raggiunge punte elevate (oltre il 30 per cento) nella popolazione anziana di alcune regioni del Sud, mentre è molto bassa (0,4 per cento) tra i bambini e gli adolescenti. Nelle Marche, secondo le stime disponibili, sono attualmente 13.000 le persone che hanno contratto l’infezione e quindi sono state contagiate dal virus. Quando il sistema immunitario dell’organismo si “accorge” dell’entrata del virus nel corpo, si attiva per contrastarne lo sviluppo. In alcuni casi questa reazione è sufficiente a debellare l’infezione e il virus scompare dal sangue. Ma, più spesso, è solo l’inizio dell’infezione vera e propria, che si mantiene nel tempo. Per fortuna, rispetto ad alcuni anni fa, oggi la scienza medica offre terapie che permettono in molti casi di dominare l’infezione e addirittura di eliminare il virus dal sangue. Si tratta di cure che vanno selezionate caso per caso, sono spesso lunghe e possono dare effetti indesiderati. Ma vanno seguite con grande attenzione, sulla base di quanto prescritto dallo specialista, perché l’aderenza alla cura è fondamentale per avere la meglio sul virus. E vincere la grande sfida. 3 IL MONDO DELL’ EPATITE C PARTE PRIMA Il laboratorio 4 naturale All’interno del nostro organismo c’è un laboratorio che lavora notte e giorno, senza che nemmeno ce ne rendiamo conto. E’ capace di svolgere quasi 500 reazioni chimiche diverse, fondamentali per il benessere dell’organismo. Questo originale laboratorio, di cui davvero non possiamo fare a meno, si chiama fegato. essere nocivo per il corpo, si trattano i grassi dei cibi, si produce la bile, si sintetizzando gli enzimi necessari per il metabolismo. In più il fegato fa da contenitore naturale per molte vitamine, come la A e la D, per cui non abbiamo bisogno di ingerirne continuamente con i cibi. Infine, a esso si deve un fondamentale contributo al mantenimento del livello Al suo interno si ripuliscono le sostan- del glucosio nel sangue, cioè della glize assimilate da quello che potrebbe cemia. La spugna del sangue Il fegato è l’organo più grande del corpo. Pesa poco meno di un chilo e mezzo e si trova nella parte destra dell’addome, in alto. E’ formato da quasi 300 miliardi di cellule specializzate, chiamate cellule epatiche, riunite tra loro in piccole strutture operative. Queste unità del fegato hanno la caratteristica di avere una vena centrale nella loro parte più interna, da cui si dipartono una serie di minuscoli capillari che portano il sangue alle cellule epatiche, dove avvengono le reazioni chimiche. Infatti, grazie a questi microscopici condotti, il sangue cede al fegato le sostanze da trattare, per poi ricuperarle e portarle all’organismo. Il pericolo cirrosi Purtroppo il fegato può anche cambiare la sua struttura. Fino a diventare una sorta di grande cicatrice, in cui il tessuto di riparazione, che non è in grado di svolgere le sue normali funzioni metaboliche, sostituisce progressivamente le cellule sane. Questa trasformazione molto pericolosa avviene nella cirrosi, una delle più temibili malattie epatiche, che quando si diffonde può anche diventare causa di insufficienza epatica e di morte. La cirrosi epatica è la conseguenza finale di tutte le malattie epatiche croniche che possono essere causate da virus (dell’epatite B e dell’epatite C), dall’abuso di alcol, da accumulo di sostanze come il ferro e il rame, da malattie autoimmuni, e infine dall’accumulo di grassi nel fegato. La cirrosi rappresenta quindi una temibile complicanza delle malattie epatiche perché può portare ad insufficienza epatica o al cancro del fegato, e causare la morte del paziente. Epatite C La causa è un virus a RNA, che ha un diametro di 30-60 nanometri. Sembra che il virus possa resistere senza molti problemi nell’ambiente e occorrono almeno 20 minuti a 120 gradi per ucciderlo. L’infezione si contrae normalmente per contatto diretto con sangue proveniente da un portatore. A rischio attualmente sono l’uso promiscuo di rasoi, spazzolini da denti, forbici e orecchini, così come lo scambio di siringhe e i tatuaggi e piercing effettuati in ambienti non sicuri. Il virus si può trasmettere, seppure non di frequente, anche durante il rapporto sessuale. Non esiste un vaccino protettivo, per cui occorre evitare i contatti diretti con sangue e l’uso di oggetti potenzialmente lesivi già impiegati da altri. Per i partner di persone positive conviene usare anche precauzioni, come il profilattico, durante i rapporti sessuali. Il piccolo grande laboratorio, quindi, è una specie di spugna del sangue, visto che al suo interno si concentrano grandissime quantità del prezioso liquido. Basti pensare che, su un totale di circa cinque litri di sangue presenti nell’organismo umano, quasi un quarto si trova nel fegato quando siamo a riposo. 5 L’attacco DEL VIRUS C Il virus ha la forma di una sfera: al suo interno sono contenuti i geni che, appena la capsula virale si apre per replicarsi all’interno della cellula del fegato, determinano lo sviluppo di nuovi virus. Per reagire all’iniziale replicazione virale, il sistema difensivo del corpo, una volta individuato l’estraneo, si attiva per attaccarlo. Prende così il via l’infezione. L’ATTACCO DEL VIRUS C Più o meno il 15 per cento delle circa 30mila persone che ogni anno la contraggono guarisce spontaneamente. Nell’altro 85 per cento il virus cronicizza e inizia la lotta contro l’epatite C, che si sviluppa quindi in due fasi ben distinte. 6 Infezione acuta Infezione cronica Dura mediamente sei mesi e spesso il virus non dà alcun segno della sua presenza, pur essendo già in grado di danneggiare il fegato. In questo lasso di tempo alcune persone riescono a eliminare completamente il virus. Come detto, tuttavia, nella maggior parte degli individui il virus permane nel fegato e l’infezione si mantiene nel tempo. Il virus, attraverso un processo di infiammazione cronica, può indurre un progressivo danno al fegato che tende a peggiorare con il tempo, pur in presenza di transaminasi normali. Alcune persone possono avere sintomi generici di malessere, come stanchezza o dolori muscolari, mentre altre non hanno alcun disturbo. Nel frattempo il virus può dar luogo all’aumento dei valori di specifiche sostanze nel sangue (enzimi epatici chiamati transaminasi) e induce la trasformazione del tessuto normale in cicatrici (fibrosi). Il fegato non riesce a lavorare normalmente e nel tempo, pur se con ampie variazioni da persona a persona, la situazione peggiora. LA STRADA VERSO PARTE seconda IL SUCCESSO Interferone pegilato Occorre però cominciare la cura e soprattutto convincersi che vincere l’infezione è possibile, ma per ottenere questo risultato occorre portare avanti il trattamento prescritto per tutto il periodo indicato dal medico. L’interferone è una sostanza normalmente prodotta dall’organismo, che viene attivata dal corpo in risposta a un’infezione perché favorisce l’azione delle difese immunitarie. L’interferone pegilato è una particolare forma di interferone che permette di aumentare la durata d’azione dell’interferone stesso, aumentando le possibilità di eliminare il virus. Oggi la terapia antivirale è molto efficace, ma non si può ancora conoscere in anticipo chi risponderà al meglio alle cure. Il trattamento si basa sull’associazione di due principi attivi l’interferone pegilato e la ribavirina che può essere modellata in base alle necessità del paziente dallo specialista. Ribavirina C Questo medicinale agisce direttamente sul virus, ed è quindi un antivirale. Da solo, tuttavia, non è in grado di distruggere completamente i virus presenti nell’organismo e per questo ha bisogno dell’incremento dell’azione difensiva dell’organismo stimolata dall’interferone pegilato. Con questo farmaco la ribavirina ha infatti un’attività sinergica, cioè ne aumenta gli effetti. così si cura l’ EPATITE L’epatite C cronica è oggi una malattia curabile. 7 PRONTO A PARTIRE? Prima del via così si cura l’ EPATITE C elevate quantità di alcolici o, ancora, in chi già è colpito da una forma grave di Le analisi di laboratorio hanno confer- cirrosi. Una volta chiariti questi aspetti e valutata l’opportunità di iniziare la cura, mato la diagnosi. la sartoria può finalmente cominciare a disegnare la cura ideale, ottimale per il Sei affetto da epatite C. Ma non è il caso di abbattersi troppo. tuo caso. E’ il momento: 8 Bisogna reagire, ed è il momento di iniziare la terapia per vincere la lotta contro il virus. Lo specialista, e il medico di medicina generale con lui, che ti ha preso in cura deve però ancora fare qualche passaggio, prima di cominciare. Perché deve predisporre il trattamento su misura per te, proprio come fa un sarto. Avrete un lungo colloquio, in cui ti verranno spiegati i passaggi che ti aspettano, e dovrai arrivare a condividere passo passo quanto indicato per il trattamento. E’ necessario approfondire le informazioni relative alle tue abitudini e soprattutto dovrai sottoporti ad alcuni esami preliminari, che permettono di escludere eventuali malattie che non consentono di iniziare il trattamento. Per esempio, la terapia con interferone pegilato e ribavirina non è indicata in chi è molto anziano, in chi soffre di malattie a carico della tiroide, del cuore o del sistema immunitario, in chi fa regolarmente uso di droghe o consuma la lotta contro il virus prende il via Un esame importante Si chiama biopsia del fegato Prevede il prelievo di una minima quantità di tessuto dell’organo che deve poi essere attentamente valutato dai medici. L’esame non crea particolari problemi e viene effettuato inserendo un piccolo ago nell’addome, mentre l’ecografia guida il medico per il prelievo. Poche ore in day hospital sono normalmente sufficienti per la completa esecuzione del test. CHE VIRUS SARà? Genotipo 1 È particolarmente frequente nel nostro continente e nell’America del Nord. Oggi quasi sette pazienti su dieci in queste aree sono infettati dal virus di genotipo 1. Per eliminarlo sono necessarie 48 settimane di cura. Genotipo 2-3 Si potrebbe definire il virus africano, visto che i casi di infezione legati a questa variante si concentrano nel Continente nero e in Medio oriente. Anche in questo caso il trattamento va prolungato per 48 settimane. Genotipo 5 e 6 Sono molto rari. Il trattamento richiede una cura prolungata, come nel caso dei genotipi 1 e 4. Ricordati! Per prevedere gli effetti della terapia non conta solo il genotipo virale: oltre alle caratteristiche genetiche del virus che si è sviluppato nel tuo fegato, lo specialista deve tenere presente la carica virale, ovvero la quantità di virus presenti all’interno dell’organismo e anche l’età. In genere nei giovani si ottiene un risultato migliore. C Si tratta di virus più deboli e quindi la terapia in genere non si prolunga oltre le 24 settimane. Questi genotipi sono rilevati in un’elevata percentuale di pazienti in Europa e nell’America del Nord. Genotipo 4 così si cura l’ EPATITE Esistono sei varianti principali di virus dell’epatite C. Si chiamano genotipi e l’esame che permette di scoprirli viene definito genotipizzazione. Questo test andrebbe effettuato prima di iniziare la terapia, perché conoscere le caratteristiche del virus consente di programmare al meglio le cure. In base al genotipo virale, infatti, occorre prevedere un trattamento più o meno prolungato. Ecco, in sintesi, le caratteristiche delle varianti virali. 9 C siamo E’ arrivato il momento così si cura l’ EPATITE C Il tuo viaggio contro il virus comincia 10 Ed è ovvio che tu ti senta preoccupato. Quando si prende una strada, all’inizio tutto sembra difficile. Si guardano le distanze e si ci sente lontani dalla meta. Ma poi ci si accorge che passo dopo passo, l’obiettivo appare sempre più vicino. L’importante è iniziare bene, seguire le indicazioni dello specialista e del medico di medicina generale, che combattono il virus con il paziente, e soprattutto rispettare le indicazioni terapeutiche che da loro provengono. Questo è davvero importante. L’aderenza al trattamento, che pure può avere effetti collaterali, è un fattore importante per raggiungere l’obiettivo, che si chiama risposta virale sostenuta (SVR), ovvero la non rilevazione persistente e definitiva del virus nel sangue. Sappi che più o meno la metà delle persone infettate dal virus di genotipo 1 – quello più difficile da battere – riesce a vincere. Insieme ai loro medici. Alleanza per l’Aderenza Lo specialista e il tuo medico di medicina generale sono i migliori alleati nella lotta contro il virus C dell’epatite. Ma devi seguire i loro consigli, tenendoti in costante contatto con loro e ponendo loro i dubbi che si possono presentare lungo il percorso. Non dimenticare mai quanto è importante la parola “aderenza” alle terapie. È un termine che spesso viene sostituito con la parola inglese “compliance”, ma il significato non cambia. Quando i medici decidono che occorre iniziare il trattamento, è fondamentale che le cure vengono assunte con precisione certosina, nei giorni e nelle ore indicate. Così facendo, aumentano le possibilità di eliminare completamente il virus. Settimana 4 La risposta virologica rapida La risposta ottenuta dopo un mese di terapia è un parametro di recente acquisizione e ritenuto importante per capire se il trattamento sarà efficace. In questo breve periodo di cura si può già vedere un calo della popolazione virale, per l’azione dell’interferone che stimola la risposta difensiva dell’organismo. Hai preso regolarmente entrambi i farmaci prescritti nelle posologie indicate in questo periodo? prima tappa data SI 11 Settimana 12 Quanto è la carica virale? Il virus C non è più rilevabile nel sangue oppure la sua concentrazione si è ridotta almeno del 99 per cento? SI seconda tappa data Stai andando avanti al meglio. Puoi proseguire con la terapia sperando nella risposta virologica sostenuta. NO Il medico valuterà attentamente e potrà riconsiderare e/o sospendere la terapia. 12 Settimana 48 La risposta a fine trattamento Ora le cure sono davvero finite. Ma i dubbi rimangono, soprattutto se si pensa al futuro. Molti si chiedono se il virus, non più bloccato dall’azione dei farmaci, potrebbe ricomparire. Purtroppo dovrai apsettare sei mesi per conoscere l’esito della terapia. Se però dopo questo intervallo il virus non sarà più rilevabile, avrai raggiunto terza tappa data la risposta virologica sostenuta 13 Settimana 72 LA CURA è FINITA IL TRAGUARDO La risposta virologica sostenuta così si cura l’ EPATITE C Il trattamento è sospeso da sei mesi, ed è il momento di trarre le conclusioni definitive. Aver raggiunto una risposta virologica sostenuta è un traguardo importantissimo da non sottovalutare. Non è una garanzia al cento per cento che il virus non sarà mai più individuabile nel sangue, ma in genere accade solo raramente che si presentino ricadute. Ora occorre solo rimanere sotto controllo, ma si può vivere serenamente. Il viaggio contro la malattia è terminato. Quanto è la carica virale? Come stai a sei mesi dalla sospensione delle cure? Se la carica virale è ancora non rilevabile sei mesi dopo la conclusione della terapia, l’infezione si può considerare debellata salvo rarissime eccezioni. Nei sei mesi che seguono la sospensione delle cure, si assiste di solito anche alla completa scomparsa degli effetti collaterali presenti in corso di terapia. E se la cura non dovesse funzionare? Circa la metà dei pazienti infettati dal virus dell’epatite C non risponde al primo ciclo di cure. Si tratta di una percentuale complessiva che tiene conto sia delle persone che non reagiscono al trattamento, sia di quelle che, dopo un apparente successo iniziale, vanno incontro a recidiva. Vi possono essere diversi fattori che hanno ostacolato la guarigione e l’ efficacia della terapia. Questi fattori possono essere accertati dal tuo medico per valutare l’ opportunità di un secondo trattamento. AL CENTRO DI UNA GRANDE La terapia dell’epatite C è impegnativa. Spesso, però, si rischia di incorrere in errori o in difficoltà a seguire la terapia solo in base a pregiudizi, o magari a cedere solo per quello che si sente dire. E’ un grave errore. Si rischia di vanificare quanto di buono si è fatto fino a quel momento. Non è perciò giusto comportarsi così, anche perché la lotta contro il virus va vinta. Allora, meglio conoscere la realtà scientifica per affrontare al meglio gli effetti collaterali della cura. Un piccolo prezzo che si deve pagare per ottenere una grande vittoria per la salute futura. Ricordati La stragrande maggioranza dei pazienti che seguono un trattamento in cui è previsto l’impiego di interferone possono continuare a fare la loro vita di ogni giorno. E’ vero che a volte ci si sente leggermente più stanchi, ma sono momenti che si possono dominare. E’ importante in ogni modo cercare di inserire le iniezioni di interferone nel fine settimana, così da poter recuperare prima di iniziare la settimana lavorativa. E non bisogna dimenticare che nei giorni in cui ci si sente particolarmente giù, si possono sfruttare le opportunità offerte dalla legge Legge 104/92 (permessi retribuiti). INFORMATI PER VINCERE Sia per il paziente che deve seguirla passo passo, sia per il medico specialista che deve valutare i progressi delle cure. E anche il medico di medicina generale è importante in questo percorso, perché spesso è chiamato a dare risposte su piccoli problemi di salute che possono intervenire durante il trattamento. In corso di terapia possono quindi sorgere molti dubbi e si possono manifestare effetti collaterali, che a volte possono spingere ad abbandonare la cura o a non seguirla con la necessaria regolarità. PARTE TERZA ALLEANZA 15 HAI L’INFLUENZA? A volte, soprattutto nelle ore che seguono la somministrazione dell’interferone pegilato, ti puoi sentire come se un altro virus fosse entrato nell’organismo: quello dell’influenza. In genere i normali antipiretici ti permettono di controllare la febbre e gli altri problemi, ma se la temperatura non scende e la tosse si accompagna a difficoltà di respiro, parlane con il medico. Non è una cosa strana, e capita a molti pazienti in trattamento. Gli esperti la chiamano INFORMATI PER VINCERE sindrome simil-influenzale. 16 Compare soprattutto all’inizio del trattamento. Poi, dopo le prime settimane di cura, il corpo si abitua alla terapia in corso e i disturbi si attenuano progressivamente. I sintomi che possono presentarsi sono quelli classici dell’infezione invernale. Ti può capitare di avere qualche linea di febbre, di sentirti stanco, di avere mal di testa. Non raramente compaiono anche dolori ai muscoli e alle articolazioni. Infine può accadere che si faccia viva anche una fastidiosa tosse. Insomma: ti puoi sentire come quando ti sei beccato l’influenza. Ricordati Organizzati per assumere l’interferone pegilato la sera prima di andare a letto. Eventuali disturbi si manifesteranno soprattutto mentre dormi. Bevi molto e soprattutto segui una dieta equilibrata, rispettando il ritmo dei pasti. Tieni sempre a disposizione un antipiretico, per abbassare la febbre. Pensa positivo. TI SENTI STANCO? Molte persone che seguono il trattamento contro l’epatite C si sentono stanche e affaticate. Debolezza e senso di stanchezza non sono per nulla strani, ma rappresentano uno degli effetti collaterali più comuni legati alla terapia. a passare a un più rilassante jogging leggero. Per contrastarli al meglio, nel caso si presentassero, bisogna prima di tutto informare il proprio medico di medicina generale della cura in corso e mantenerlo sempre aggiornato su quanto sta avvenendo. Ricordati Impara a concederti alcune pause di riposo nel corso della giornata per recuperare. Uno degli errori più comuni che si fa è quello di mutare le proprie abitudini. Ci sono persone che hanno sempre fatto una regolare attività fisica, ma di colpo abbandonano questa sana consuetudine proprio perché si sentono stanche. Dormi almeno otto ore per notte. Se soffri di insonnia fatti aiutare dal medico. Attenzione anche a non fare l’errore opposto: meglio consumare energie piuttosto che rimanere a lungo a letto. E’ un errore Certo non bisogna fare gli eroi, ma è altrettanto sbagliato lasciare da parte il movimento. Non assumerti compiti e responsabilità che poi non puoi portare avanti. Non è il momento di chiedere troppo all’organismo. Bisogna solo avere il buon senso di adattarlo alle proprie condizioni: per esempio, chi era abituato a correre ad alto ritmo ogni sera, farà meglio Continua a fare la tua vita di ogni giorno, senza rinunciare all’attività fisica. Solo misurala correttamente. E chi va in palestra o in piscina farà bene a ridurre l’intensità del carico, adattando lo schema di allenamento alle proprie condizioni. INFORMATI PER VINCERE 17 CI VOGLIONO LIQUIDI Spesso non ci si pensa, ma per chi segue un trattamento contro l’epatite C è fondamentale anche nutrire il proprio corpo di liquidi. INFORMATI PER VINCERE Le ricerche scientifiche dimostrano, infatti, che l’idratazione dell’organismo rappresenta un elemento chiave per star bene e per controllare meglio gli eventuali fastidi legati alla cura. 18 Per esempio, se il corpo è sufficientemente idratato, si regge meglio qualche linea di febbre, si sopporta adeguatamente il mal di testa, si combatte la disidratazione della pelle e ci si sente meno affaticati. Non temete di bere troppo: acqua e bevande fresche e dissetanti vi faranno sentire comunque meglio e potranno offrirvi anche un supporto calorico se non riuscite a mangiare come vorreste. Tenete solo presente che non si può bere di tutto. L’alcol danneggia il fegato e quindi è sempre controindicato per chiunque soffra di patologie epatiche, epatite C compresa. Inoltre, in questo specifico caso, l’effetto stesso della terapia può essere influenzato negativamente dall’assunzione di alcolici, quindi è davvero meglio evitare. Ricordati Ogni giorno è importante bere almeno otto-dieci bicchieri d’acqua. Porta sempre con te una bottiglia d’acqua. Se ti piacciono, consuma senza problemi anche succhi di frutta o bevande ricche di elettroliti per compensare le perdite dovute all’attività fisica. HAI POCO APPETITO! A volte può capitarti di avere nausea Non preoccuparti, può essere un effetto collaterale delle terapie. Così come, nei primi mesi di trattamento, è del tutto normale perdere qualche chilo. Fondamentale è che tu cerchi di incorporare energie con gli alimenti, perché proprio in questa fase è essenziale che il corpo disponga di tutto quanto è necessario per le sue funzioni. Pensa quindi a migliorare la tua dieta, con il tuo medico di medicina generale, soprattutto se hai perso più di due chili. Dovrai sempre informare il medico se con la nausea si manifestano anche vomito e diarrea, che ti fanno perdere liquidi e sali minerali. Oltre a consigliarti farmaci efficaci contro queste condizioni, il medico potrà darti preziosi consigli per un’alimentazione più intelligente. OCCHIO ALLA PELLE! Può capitare che la terapia peggiori le condizioni della pelle, soprattutto se già prima soffrivi di malattie come l’eczema o la psoriasi. Ma basta poco, davvero poco, per conservare una cute liscia e idratata e combattere il prurito che a volte fa seguito alla disidratazione. Devi ricordare che il trattamento dell’epatite C può portare a irritazione cutanea e favorire la comparsa di arrossamenti con prurito. Ma questi piccoli problemi possono essere affrontati con ottimi risultati: devi parlarne con il tuo medico che ti saprà dare i consigli più giusti. E potrà indirizzarti da un dermatologo quando l’irritazione è particolarmente grave. Dal tuo punto di vista, devi mantenere la pelle idratata. Per questo devi bere molto durante la giornata. E’ importante anche che l’iniezione del farmaco non sia praticata sempre nello stesso punto, per ridurre il rischio di reazioni. INFORMATI PER VINCERE Ma puoi comunque affrontare queste situazioni e dominarle, anche quando i piatti che hai sempre preferito sembrano assumere un gusto diverso: pure questa situazione è legata alla terapia, quindi non preoccuparti. Da parte tua, è importante evitare pasti veloci e molto pesanti da digerire, come quelli dei fast food, e non ingerire calorie “vuote” come quelle fornite caramelle e dolcetti. 19 E NON DIMENTICARE... La terapia con interferone può dare effetti indesiderati? INFORMATI PER VINCERE SI 20 Molti pazienti vanno incontro a effetti collaterali, perché in pratica l’interferone può creare uno stato simile a quello che si prova quando si ha qualche linea di febbre. Ovviamente questo non succede a tutti e anche l’intensità dei disturbi varia molto da una persona all’altra. E’ importante sapere che questi effetti però esistono, parlarne con lo specialista e il medico di medicina generale e imparare a gestirli al meglio. Sapendo che l’età, la presenza di altre malattie che incidono sullo stato generale e comunque l’approccio psicologico alla cura sono fondamentali nel determinare la risposta dell’organismo al trattamento. L’interferone rende depressi e fa cadere i capelli? Nel primo caso la risposta non può essere univoca. Ci sono persone particolarmente sensibili, che sono già predisposte ad avere un umore cupo e possono risentire più di altre dell’influenza dell’interferone sul sistema nervoso centrale e sulla psiche. In ogni caso, al termine della cura tutto ritorna alla normalità. E’ del tutto falsa, invece, la credenza per cui chi segue la terapia vedrà cadere i capelli. Il trattamento non provoca danni al bulbo pilifero e anche se i capelli possono assottigliarsi e rompersi, la situazione migliora appena finita la cura. NOTE 21 22 NOTE NOTE 23 Iniziativa realizzata con il contributo educazionale di Shering Plough