C credo:
sulla strada del
successo
Come affrontare e curare
l’epatite
C
insieme al proprio medico
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2
La grande
sfida
In Italia quasi un milione e mezzo di persone è portatore del virus dell’epatite C,
con un andamento variabile nelle diverse aree geografiche del Paese.
Si va da un 2-3 per cento al Nord, all’8 per cento al Centro, a un 12-16 per cento
al Sud.
La prevalenza dell’infezione è correlata fortemente all’età: raggiunge punte elevate (oltre il 30 per cento) nella popolazione anziana di alcune regioni del Sud,
mentre è molto bassa (0,4 per cento) tra i bambini e gli adolescenti.
Nelle Marche, secondo le stime disponibili, sono attualmente 13.000 le
persone che hanno contratto l’infezione e quindi sono state contagiate dal virus.
Quando il sistema immunitario dell’organismo si “accorge” dell’entrata del virus
nel corpo, si attiva per contrastarne lo sviluppo.
In alcuni casi questa reazione è sufficiente a debellare l’infezione e il virus scompare dal sangue.
Ma, più spesso, è solo l’inizio dell’infezione vera e propria, che si mantiene nel
tempo.
Per fortuna, rispetto ad alcuni anni fa, oggi la scienza medica offre terapie che
permettono in molti casi di dominare l’infezione e addirittura di eliminare il virus
dal sangue.
Si tratta di cure che vanno selezionate caso per caso, sono spesso lunghe e
possono dare effetti indesiderati.
Ma vanno seguite con grande attenzione, sulla base di quanto prescritto dallo
specialista, perché l’aderenza alla cura è fondamentale per avere la meglio sul
virus.
E vincere la grande sfida.
3
IL MONDO DELL’ EPATITE
C
PARTE PRIMA
Il laboratorio
4
naturale
All’interno del nostro organismo c’è un
laboratorio che lavora notte e giorno, senza che nemmeno ce ne rendiamo
conto.
E’ capace di svolgere quasi 500 reazioni chimiche diverse, fondamentali per il
benessere dell’organismo.
Questo originale laboratorio, di cui
davvero non possiamo fare a meno, si
chiama fegato.
essere nocivo per il corpo, si trattano
i grassi dei cibi, si produce la bile, si
sintetizzando gli enzimi necessari per il
metabolismo.
In più il fegato fa da contenitore naturale per molte vitamine, come la A e la D,
per cui non abbiamo bisogno di ingerirne continuamente con i cibi.
Infine, a esso si deve un fondamentale
contributo al mantenimento del livello
Al suo interno si ripuliscono le sostan- del glucosio nel sangue, cioè della glize assimilate da quello che potrebbe cemia.
La spugna del sangue
Il fegato è l’organo più grande del corpo. Pesa poco meno di un chilo e mezzo
e si trova nella parte destra dell’addome, in alto.
E’ formato da quasi 300 miliardi di cellule specializzate, chiamate cellule epatiche, riunite tra loro in piccole strutture operative. Queste
unità del fegato hanno la caratteristica di avere una vena centrale nella loro parte
più interna, da cui si dipartono
una serie di minuscoli capillari
che portano il sangue alle cellule epatiche, dove avvengono
le reazioni chimiche. Infatti, grazie a
questi microscopici condotti, il sangue cede
al fegato le sostanze da trattare, per poi
ricuperarle e portarle all’organismo.
Il pericolo
cirrosi
Purtroppo il fegato può anche cambiare la sua struttura. Fino a diventare una
sorta di grande cicatrice, in cui il tessuto di riparazione, che non è in grado
di svolgere le sue normali funzioni metaboliche, sostituisce progressivamente
le cellule sane.
Questa trasformazione molto pericolosa
avviene nella cirrosi, una delle più temibili malattie epatiche, che quando si
diffonde può anche diventare causa di
insufficienza epatica e di morte.
La cirrosi epatica è la conseguenza
finale di tutte le malattie epatiche croniche che possono essere causate da
virus (dell’epatite B e dell’epatite
C), dall’abuso di alcol, da accumulo
di sostanze come il ferro e il rame, da
malattie autoimmuni, e infine dall’accumulo di grassi nel fegato. La cirrosi
rappresenta quindi una temibile complicanza delle malattie epatiche perché
può portare ad insufficienza epatica o
al cancro del fegato, e causare la morte
del paziente.
Epatite C
La causa è un virus a RNA, che ha un
diametro di 30-60 nanometri. Sembra
che il virus possa resistere senza molti problemi nell’ambiente e occorrono
almeno 20 minuti a 120 gradi per ucciderlo. L’infezione si contrae normalmente per contatto diretto con sangue
proveniente da un portatore. A rischio
attualmente sono l’uso promiscuo di
rasoi, spazzolini da denti, forbici e
orecchini, così come lo scambio di siringhe e i tatuaggi e piercing effettuati
in ambienti non sicuri. Il virus si può
trasmettere, seppure non di frequente,
anche durante il rapporto sessuale. Non
esiste un vaccino protettivo, per cui occorre evitare i contatti diretti con sangue
e l’uso di oggetti potenzialmente lesivi
già impiegati da altri. Per i partner di
persone positive conviene usare anche
precauzioni, come il profilattico, durante i rapporti sessuali.
Il piccolo grande laboratorio, quindi, è una specie di spugna del sangue, visto
che al suo interno si concentrano grandissime quantità del prezioso liquido.
Basti pensare che, su un totale di circa cinque litri di sangue presenti nell’organismo umano, quasi un quarto si trova nel fegato quando siamo a riposo.
5
L’attacco
DEL VIRUS
C
Il virus ha la forma di una sfera: al suo interno sono contenuti i geni che, appena la
capsula virale si apre per replicarsi all’interno della cellula del fegato, determinano
lo sviluppo di nuovi virus. Per reagire all’iniziale replicazione virale, il sistema
difensivo del corpo, una volta individuato l’estraneo, si attiva per attaccarlo.
Prende così il via l’infezione.
L’ATTACCO DEL VIRUS
C
Più o meno il 15 per cento delle circa 30mila persone che ogni anno la contraggono guarisce spontaneamente. Nell’altro 85 per cento il virus cronicizza e inizia la
lotta contro l’epatite C, che si sviluppa quindi in due fasi ben distinte.
6
Infezione acuta
Infezione cronica
Dura mediamente sei mesi e spesso
il virus non dà alcun segno della sua
presenza, pur essendo già in grado di
danneggiare il fegato. In questo lasso di tempo alcune persone riescono
a eliminare completamente il virus.
Come detto, tuttavia, nella maggior
parte degli individui il virus permane
nel fegato e l’infezione si mantiene
nel tempo.
Il virus, attraverso un processo di
infiammazione cronica, può indurre
un progressivo danno al fegato che
tende a peggiorare con il tempo, pur
in presenza di transaminasi normali.
Alcune persone possono avere sintomi generici di malessere, come
stanchezza o dolori muscolari, mentre altre non hanno alcun disturbo.
Nel frattempo il virus può dar luogo
all’aumento dei valori di specifiche
sostanze nel sangue (enzimi epatici
chiamati transaminasi) e induce la
trasformazione del tessuto normale in cicatrici (fibrosi). Il fegato non
riesce a lavorare normalmente e nel
tempo, pur se con ampie variazioni
da persona a persona, la situazione
peggiora.
LA STRADA VERSO
PARTE seconda
IL SUCCESSO
Interferone pegilato
Occorre però cominciare la cura e
soprattutto convincersi che vincere
l’infezione è possibile, ma per ottenere questo risultato occorre portare
avanti il trattamento prescritto per
tutto il periodo indicato dal medico.
L’interferone è una sostanza normalmente prodotta dall’organismo, che
viene attivata dal corpo in risposta a
un’infezione perché favorisce l’azione
delle difese immunitarie. L’interferone pegilato è una particolare forma di
interferone che permette di aumentare la durata d’azione dell’interferone
stesso, aumentando le possibilità di
eliminare il virus.
Oggi la terapia antivirale è molto
efficace, ma non si può ancora conoscere in anticipo chi risponderà al
meglio alle cure.
Il trattamento si basa sull’associazione di due principi attivi
l’interferone pegilato
e la ribavirina
che può essere modellata in base
alle necessità del paziente dallo specialista.
Ribavirina
C
Questo medicinale agisce direttamente sul virus, ed è quindi un antivirale. Da solo, tuttavia, non è in
grado di distruggere completamente
i virus presenti nell’organismo e per
questo ha bisogno dell’incremento
dell’azione difensiva dell’organismo
stimolata dall’interferone pegilato.
Con questo farmaco la ribavirina ha
infatti un’attività sinergica, cioè ne
aumenta gli effetti.
così si cura l’ EPATITE
L’epatite C cronica è oggi una
malattia curabile.
7
PRONTO A
PARTIRE?
Prima del via
così si cura l’ EPATITE
C
elevate quantità di alcolici o, ancora, in
chi già è colpito da una forma grave di
Le analisi di laboratorio hanno confer- cirrosi. Una volta chiariti questi aspetti e
valutata l’opportunità di iniziare la cura,
mato la diagnosi.
la sartoria può finalmente cominciare a
disegnare la cura ideale, ottimale per il
Sei affetto da epatite C.
Ma non è il caso di abbattersi troppo. tuo caso. E’ il momento:
8
Bisogna reagire, ed è il momento
di iniziare la terapia per vincere la lotta
contro il virus.
Lo specialista, e il medico di medicina
generale con lui, che ti ha preso in cura
deve però ancora fare qualche passaggio, prima di cominciare. Perché deve
predisporre il trattamento su misura per
te, proprio come fa un sarto.
Avrete un lungo colloquio, in cui ti verranno spiegati i passaggi che ti aspettano, e dovrai arrivare a condividere
passo passo quanto indicato per il trattamento. E’ necessario approfondire le
informazioni relative alle tue abitudini
e soprattutto dovrai sottoporti ad alcuni
esami preliminari, che permettono di
escludere eventuali malattie che non
consentono di iniziare il trattamento.
Per esempio, la terapia con interferone pegilato e ribavirina non è indicata
in chi è molto anziano, in chi soffre di
malattie a carico della tiroide, del cuore o del sistema immunitario, in chi fa
regolarmente uso di droghe o consuma
la lotta contro
il virus prende il via
Un esame
importante
Si chiama biopsia del fegato Prevede il prelievo di una
minima quantità di tessuto
dell’organo che deve poi essere attentamente valutato
dai medici. L’esame non crea
particolari problemi e viene
effettuato inserendo un piccolo ago nell’addome, mentre
l’ecografia guida il medico
per il prelievo. Poche ore in
day hospital sono normalmente sufficienti per la completa esecuzione del test.
CHE VIRUS
SARà?
Genotipo 1
È particolarmente frequente nel nostro continente e nell’America del
Nord. Oggi quasi sette pazienti su
dieci in queste aree sono infettati dal
virus di genotipo 1. Per eliminarlo sono necessarie 48 settimane di
cura.
Genotipo 2-3
Si potrebbe definire il virus africano,
visto che i casi di infezione legati a
questa variante si concentrano nel
Continente nero e in Medio oriente.
Anche in questo caso il trattamento
va prolungato per 48 settimane.
Genotipo 5 e 6
Sono molto rari. Il trattamento richiede una cura prolungata, come
nel caso dei genotipi 1 e 4.
Ricordati!
Per prevedere gli effetti della terapia
non conta solo il genotipo virale:
oltre alle caratteristiche genetiche
del virus che si è sviluppato nel tuo
fegato, lo specialista deve tenere
presente la carica virale, ovvero la
quantità di virus presenti all’interno
dell’organismo e anche l’età. In genere nei giovani si ottiene un risultato migliore.
C
Si tratta di virus più deboli e quindi
la terapia in genere non si prolunga
oltre le 24 settimane. Questi genotipi
sono rilevati in un’elevata percentuale di pazienti in Europa e nell’America del Nord.
Genotipo 4
così si cura l’ EPATITE
Esistono sei varianti principali di
virus dell’epatite C. Si chiamano
genotipi e l’esame che permette di
scoprirli viene definito genotipizzazione. Questo test andrebbe effettuato prima di iniziare la terapia, perché
conoscere le caratteristiche del virus
consente di programmare al meglio
le cure. In base al genotipo virale,
infatti, occorre prevedere un trattamento più o meno prolungato. Ecco,
in sintesi, le caratteristiche delle varianti virali.
9
C siamo
E’ arrivato il momento
così si cura l’ EPATITE
C
Il tuo viaggio contro il virus
comincia
10
Ed è ovvio che tu ti senta preoccupato.
Quando si prende una strada, all’inizio
tutto sembra difficile. Si guardano le distanze e si ci sente lontani dalla meta.
Ma poi ci si accorge che passo dopo
passo, l’obiettivo appare sempre più
vicino.
L’importante è iniziare bene, seguire le
indicazioni dello specialista e del medico di medicina generale, che combattono il virus con il paziente, e soprattutto
rispettare le indicazioni terapeutiche
che da loro provengono.
Questo è davvero importante.
L’aderenza al trattamento, che pure può
avere effetti collaterali, è un fattore importante per raggiungere l’obiettivo,
che si chiama risposta virale sostenuta
(SVR), ovvero la non rilevazione persistente e definitiva del virus nel sangue.
Sappi che più o meno la metà delle persone infettate dal virus di genotipo 1
– quello più difficile da battere – riesce
a vincere. Insieme ai loro medici.
Alleanza
per l’Aderenza
Lo specialista e il tuo medico di medicina generale sono i migliori alleati
nella lotta contro il virus C dell’epatite. Ma devi seguire i loro consigli, tenendoti in costante contatto con loro
e ponendo loro i dubbi che si possono presentare lungo il percorso. Non
dimenticare mai quanto è importante
la parola “aderenza” alle terapie. È un
termine che spesso viene sostituito
con la parola inglese “compliance”,
ma il significato non cambia. Quando
i medici decidono che occorre iniziare il trattamento, è fondamentale che
le cure vengono assunte con precisione certosina, nei giorni e nelle ore
indicate. Così facendo, aumentano
le possibilità di eliminare completamente il virus.
Settimana 4
La risposta virologica rapida
La risposta ottenuta dopo un mese di
terapia è un parametro di recente acquisizione e ritenuto importante per
capire se il trattamento sarà efficace.
In questo breve periodo di cura si
può già vedere un calo della popolazione virale, per l’azione dell’interferone che stimola la risposta difensiva
dell’organismo.
Hai preso regolarmente entrambi i farmaci prescritti
nelle posologie indicate in
questo periodo?
prima tappa
data
SI
11
Settimana 12
Quanto è la carica virale?
Il virus C non è più rilevabile
nel sangue oppure la sua concentrazione si è ridotta almeno del 99 per cento?
SI
seconda tappa
data
Stai andando avanti al meglio. Puoi
proseguire con la terapia sperando
nella risposta virologica sostenuta.
NO
Il medico valuterà attentamente e potrà riconsiderare e/o sospendere la
terapia.
12
Settimana 48
La risposta
a fine trattamento
Ora le cure sono davvero finite. Ma
i dubbi rimangono, soprattutto se si
pensa al futuro.
Molti si chiedono se il virus, non più
bloccato dall’azione dei farmaci, potrebbe ricomparire.
Purtroppo dovrai apsettare sei mesi
per conoscere l’esito della terapia.
Se però dopo questo intervallo il
virus non sarà più rilevabile, avrai
raggiunto
terza tappa
data
la risposta
virologica
sostenuta
13
Settimana 72
LA CURA è FINITA
IL TRAGUARDO
La risposta virologica
sostenuta
così si cura l’ EPATITE
C
Il trattamento è sospeso da sei mesi,
ed è il momento di trarre le conclusioni definitive.
Aver raggiunto una risposta virologica sostenuta è un traguardo importantissimo da non sottovalutare. Non
è una garanzia al cento per cento che
il virus non sarà mai più individuabile nel sangue, ma in genere accade
solo raramente che si presentino ricadute.
Ora occorre solo rimanere sotto controllo, ma si può vivere serenamente.
Il viaggio contro la malattia è terminato.
Quanto è la carica virale?
Come stai a sei mesi dalla sospensione delle cure?
Se la carica virale è ancora non rilevabile sei mesi dopo la conclusione
della terapia, l’infezione si può considerare debellata salvo rarissime
eccezioni.
Nei sei mesi che seguono la sospensione delle cure, si assiste di solito
anche alla completa scomparsa degli
effetti collaterali presenti in corso di
terapia.
E se la cura
non dovesse
funzionare?
Circa la metà dei pazienti infettati dal virus dell’epatite
C non risponde al primo ciclo di cure. Si tratta di una
percentuale complessiva che
tiene conto sia delle persone
che non reagiscono al trattamento, sia di quelle che, dopo
un apparente successo iniziale, vanno incontro a recidiva.
Vi possono essere diversi fattori che hanno ostacolato la
guarigione e l’ efficacia della
terapia. Questi fattori possono essere accertati dal tuo
medico per valutare l’ opportunità di un secondo trattamento.
AL CENTRO DI UNA GRANDE
La terapia dell’epatite C
è impegnativa.
Spesso, però, si rischia di incorrere
in errori o in difficoltà a seguire la
terapia solo in base a pregiudizi, o
magari a cedere solo per quello che
si sente dire.
E’ un grave errore.
Si rischia di vanificare quanto di
buono si è fatto fino a quel momento. Non è perciò giusto comportarsi
così, anche perché la lotta contro il
virus va vinta.
Allora, meglio conoscere la realtà
scientifica per affrontare al meglio gli
effetti collaterali della cura.
Un piccolo prezzo che si deve pagare
per ottenere una grande vittoria per la
salute futura.
Ricordati
La stragrande maggioranza dei pazienti che seguono un trattamento in
cui è previsto l’impiego di interferone
possono continuare a fare la loro vita
di ogni giorno.
E’ vero che a volte ci si sente leggermente più stanchi, ma sono momenti
che si possono dominare.
E’ importante in ogni modo cercare
di inserire le iniezioni di interferone nel fine settimana, così da poter
recuperare prima di iniziare la settimana lavorativa. E non bisogna
dimenticare che nei giorni in cui ci
si sente particolarmente giù, si possono sfruttare le opportunità offerte
dalla legge Legge 104/92 (permessi
retribuiti).
INFORMATI PER VINCERE
Sia per il paziente che deve seguirla
passo passo, sia per il medico specialista che deve valutare i progressi delle cure. E anche il medico di
medicina generale è importante in
questo percorso, perché spesso è
chiamato a dare risposte su piccoli
problemi di salute che possono intervenire durante il trattamento. In
corso di terapia possono quindi sorgere molti dubbi e si possono manifestare effetti collaterali, che a volte
possono spingere ad abbandonare la
cura o a non seguirla con la necessaria regolarità.
PARTE TERZA
ALLEANZA
15
HAI L’INFLUENZA?
A volte, soprattutto nelle ore che seguono la somministrazione dell’interferone
pegilato, ti puoi sentire come se un altro virus fosse entrato nell’organismo:
quello dell’influenza.
In genere i normali antipiretici ti permettono di controllare la febbre e gli altri problemi, ma se la temperatura non
scende e la tosse si accompagna a difficoltà di respiro, parlane con il medico.
Non è una cosa strana, e capita a molti
pazienti in trattamento.
Gli esperti la chiamano
INFORMATI PER VINCERE
sindrome simil-influenzale.
16
Compare soprattutto all’inizio del trattamento. Poi, dopo le prime settimane
di cura, il corpo si abitua alla terapia in
corso e i disturbi si attenuano progressivamente.
I sintomi che possono presentarsi sono
quelli classici dell’infezione invernale.
Ti può capitare di avere qualche linea di
febbre, di sentirti stanco, di avere mal
di testa.
Non raramente compaiono anche dolori ai muscoli e alle articolazioni. Infine
può accadere che si faccia viva anche
una fastidiosa tosse.
Insomma:
ti puoi sentire come quando ti
sei beccato l’influenza.
Ricordati
Organizzati per assumere
l’interferone pegilato la sera
prima di andare a letto. Eventuali disturbi si manifesteranno soprattutto mentre
dormi.
Bevi molto e soprattutto segui una dieta equilibrata, rispettando il ritmo dei pasti.
Tieni sempre a disposizione un
antipiretico, per abbassare
la febbre.
Pensa positivo.
TI SENTI
STANCO?
Molte persone che seguono il trattamento contro l’epatite C si sentono
stanche e affaticate.
Debolezza e senso di stanchezza non
sono per nulla strani, ma rappresentano uno degli effetti collaterali più
comuni legati alla terapia.
a passare a un più rilassante jogging
leggero.
Per contrastarli al meglio, nel caso
si presentassero, bisogna prima di
tutto informare il proprio medico di
medicina generale della cura in corso e mantenerlo sempre aggiornato
su quanto sta avvenendo.
Ricordati
Impara a concederti alcune
pause di riposo nel corso della giornata per recuperare.
Uno degli errori più comuni che si fa
è quello di mutare le proprie abitudini. Ci sono persone che hanno sempre fatto una regolare attività fisica,
ma di colpo abbandonano questa
sana consuetudine proprio perché si
sentono stanche.
Dormi almeno otto ore per
notte. Se soffri di insonnia
fatti aiutare dal medico. Attenzione anche a non fare
l’errore opposto: meglio consumare energie piuttosto che
rimanere a lungo a letto.
E’ un errore
Certo non bisogna fare gli eroi, ma è
altrettanto sbagliato lasciare da parte
il movimento.
Non assumerti compiti e responsabilità che poi non
puoi portare avanti. Non è il
momento di chiedere troppo
all’organismo.
Bisogna solo avere il buon senso di
adattarlo alle proprie condizioni: per
esempio, chi era abituato a correre
ad alto ritmo ogni sera, farà meglio
Continua a fare la tua vita di
ogni giorno, senza rinunciare
all’attività fisica. Solo misurala correttamente.
E chi va in palestra o in piscina farà
bene a ridurre l’intensità del carico,
adattando lo schema di allenamento
alle proprie condizioni.
INFORMATI PER VINCERE
17
CI VOGLIONO
LIQUIDI
Spesso non ci si pensa, ma per chi
segue un trattamento contro l’epatite C è fondamentale anche nutrire il
proprio corpo di liquidi.
INFORMATI PER VINCERE
Le ricerche scientifiche dimostrano,
infatti, che l’idratazione dell’organismo rappresenta un elemento chiave
per star bene e per controllare meglio
gli eventuali fastidi legati alla cura.
18
Per esempio, se il corpo è sufficientemente idratato, si regge meglio
qualche linea di febbre, si sopporta adeguatamente il mal di testa, si
combatte la disidratazione della pelle
e ci si sente meno affaticati.
Non temete di bere troppo: acqua e
bevande fresche e dissetanti vi faranno sentire comunque meglio e
potranno offrirvi anche un supporto
calorico se non riuscite a mangiare
come vorreste.
Tenete solo presente che non si può
bere di tutto.
L’alcol danneggia il fegato
e quindi è sempre controindicato per
chiunque soffra di patologie epatiche, epatite C compresa.
Inoltre, in questo specifico caso, l’effetto stesso della terapia può essere
influenzato negativamente dall’assunzione di alcolici, quindi è davvero
meglio evitare.
Ricordati
Ogni giorno è importante bere
almeno otto-dieci bicchieri
d’acqua.
Porta sempre con te una bottiglia d’acqua.
Se ti piacciono, consuma senza problemi anche succhi di
frutta o bevande ricche di
elettroliti per compensare
le perdite dovute all’attività
fisica.
HAI POCO
APPETITO!
A volte può capitarti
di avere nausea
Non preoccuparti, può essere un effetto
collaterale delle terapie. Così come, nei
primi mesi di trattamento, è del tutto
normale perdere qualche chilo.
Fondamentale è che tu cerchi di incorporare energie con gli alimenti, perché
proprio in questa fase è essenziale che
il corpo disponga di tutto quanto è necessario per le sue funzioni.
Pensa quindi a migliorare la tua dieta,
con il tuo medico di medicina generale, soprattutto se hai perso più di due
chili.
Dovrai sempre informare
il medico
se con la nausea si manifestano anche
vomito e diarrea, che ti fanno perdere liquidi e sali minerali. Oltre a consigliarti
farmaci efficaci contro queste condizioni, il medico potrà darti preziosi consigli per un’alimentazione più intelligente.
OCCHIO ALLA PELLE!
Può capitare che la terapia peggiori
le condizioni della pelle, soprattutto
se già prima soffrivi di malattie come
l’eczema o la psoriasi. Ma basta
poco, davvero poco, per conservare
una cute liscia e idratata e combattere il prurito che a volte fa seguito
alla disidratazione. Devi ricordare
che il trattamento dell’epatite C può
portare a irritazione cutanea e favorire la comparsa di arrossamenti con
prurito. Ma questi piccoli problemi
possono essere affrontati con ottimi risultati: devi parlarne con il tuo
medico che ti saprà dare i consigli
più giusti. E potrà indirizzarti da un
dermatologo quando l’irritazione è
particolarmente grave. Dal tuo punto
di vista, devi mantenere la pelle idratata. Per questo devi bere molto durante la giornata. E’ importante anche
che l’iniezione del farmaco non sia
praticata sempre nello stesso punto,
per ridurre il rischio di reazioni.
INFORMATI PER VINCERE
Ma puoi comunque affrontare queste
situazioni e dominarle, anche quando
i piatti che hai sempre preferito sembrano assumere un gusto diverso: pure
questa situazione è legata alla terapia,
quindi non preoccuparti.
Da parte tua, è importante evitare pasti
veloci e molto pesanti da digerire, come
quelli dei fast food, e non ingerire calorie “vuote” come quelle fornite caramelle e dolcetti.
19
E NON
DIMENTICARE...
La terapia con interferone
può dare effetti indesiderati?
INFORMATI PER VINCERE
SI
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Molti pazienti vanno incontro a effetti
collaterali, perché in pratica l’interferone può creare uno stato simile
a quello che si prova quando si ha
qualche linea di febbre. Ovviamente
questo non succede a tutti e anche
l’intensità dei disturbi varia molto da
una persona all’altra.
E’ importante sapere che questi effetti
però esistono, parlarne con lo specialista e il medico di medicina generale e imparare a gestirli al meglio.
Sapendo che l’età, la presenza di altre malattie che incidono sullo stato
generale e comunque l’approccio
psicologico alla cura sono fondamentali nel determinare la risposta
dell’organismo al trattamento.
L’interferone rende depressi e
fa cadere i capelli?
Nel primo caso la risposta non può
essere univoca. Ci sono persone
particolarmente sensibili, che sono
già predisposte ad avere un umore cupo e possono risentire più di
altre dell’influenza dell’interferone
sul sistema nervoso centrale e sulla
psiche. In ogni caso, al termine della
cura tutto ritorna alla normalità.
E’ del tutto falsa, invece, la credenza per cui chi segue la terapia
vedrà cadere i capelli. Il trattamento
non provoca danni al bulbo pilifero
e anche se i capelli possono assottigliarsi e rompersi, la situazione migliora appena finita la cura.
NOTE
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NOTE
NOTE
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Iniziativa realizzata con il contributo
educazionale di Shering Plough