A.A. 2016/2017 Filosofia politica e interculturalità Prof.ssa Fiammetta Ricci Vorrei partire da un approccio chiarificatore sulla disciplina e sul portato concettuale ed epistemlogico contenuto nel suo nome FILOSOFIA/POLITICA/INTERCULTURALITA’ (CULTURA) Multiculturalismo - transculturalità- interculturalità in una prospettiva filosofica Il termine “cultura” si profila più che come dato come un problema. Nei dibattiti del primo novecento il lemma è stato affrontato in ambito eminentemente antropologico, sociologico e filosofico. Le indagini antropologiche, partendo da un primo approccio che attraverso le cosiddette “culture altre” cerca invarianti secondo approcci essenzialmente olistici e sistemici, sono passate ad un approccio di tipo interpretativo che, criticando la possibilità di individuare l’essenza di una cultura data, procede per connessioni tra elementi di significazione fino a sviluppare una concezione “testuale” della cultura (E. Tylor, C. Geertz, J. Clifford). In sociologia M. Weber compendia con la sua ricerca una intera stagione di studi sociologici sulla questione delle “patologie della modernità” indotte dai fenomeni di crescente industrializzazione e urbanizzazione 1 e individua la cultura come la dimensione specifica che determina, nei suoi intrecci con l’agire economico, le tipologie dell’ordine sociale e delle sue rappresentazioni. Per questa via la comparatistica weberiana giunge a collocare i luoghi della cultura nel più comprensivo orizzonte storico-filosofico delle “civiltà”. FILOSOFIA La filosofia è l'attitudine, la tendenza a porsi le domande fondamentali della vita. Infatti secondo Platone e Aristotele all'origine della filosofia vi è lo stupore, la meraviglia: stupore e meraviglia dell'uomo che si interroga sul mondo e sulla vita . I filosofi "spesso esaminano credenze che la maggior parte di noi dà generalmente per scontate. Si preoccupano di questioni legate a ciò che si potrebbe genericamente chiamare `il significato della vita': questioni riguardanti la religione, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, la politica, la natura del mondo esterno, la mente, la scienza, l'arte e numerosi altri argomenti. La maggior parte delle persone, per esempio, vive la propria vita senza interrogarsi sulle proprie convinzioni più fondamentali, come il fatto che uccidere sia sbagliato . 2 Ma perché è sbagliato? Ed è sbagliato in tutte le circostanze? E in ogni caso, che cosa significa `sbagliato' ? Queste sono domande filosofiche" . "Tali questioni non sono interessanti solo per i filosofi , ma nascono naturalmente dalla condizione umana , e molte persone che non hanno mai aperto un libro di filosofia riflettono spontaneamente su di esse" . . Il termine greco `filo-sofia', che etimologicamente significa , viene usato , sembra , per la prima volta da Pitagora per indicare due cose : - -l'aspirazione alla conoscenza -la ricerca disinteressata. L'aspirazione alla conoscenza in quanto la sofia (cioè il possesso completo della verità) appartiene solo agli dei, mentre gli uomini sono solo filo-sofi , possono aspirare alla conoscenza , avvicinarsi all'infinito alla verità, coltivare un amore della sapienza mai del tutto appagato . Per spiegare la definizione della filosofia come ricerca disinteressata, Pitagora ricorre ad una metafora : paragona la vita umana alle feste di Olimpia, dove alcuni partecipano alle gare, altri fanno affari, altri si vogliono solo divertire e infine alcuni ci vanno solo per osservare ciò che accade : 3 questi ultimi sono i filosofi. (Nel mondo antico, in base all'ideale dell'otium (o scholé), l'inutilità pratica della filosofia è considerata come un fatto positivo, mentre ai giorni nostri prevale una valutazione negativa) Riassumendo, la filosofia è un prodotto del pensiero, un'attività intellettuale che: 1) ha COME CONTENUTO il significato globale della vita, la totalità della realtà (a differenza delle scienze particolari che si limitano a spiegare parti o settori della realtà); 2) ha COME SCOPO la conoscenza pura e disinteressata; 3) adotta COME METODO l'indagine razionale usando argomenti logici (a differenza di arte e religione che prediligono altri metodi come l'intuizione, l'immaginazione , la suggestione , ...) La filosofia si pone come impostazione unitaria della conoscenza, e come discussione dei suoi limiti e delle sue possibilità. Da essa in passato sono scaturite le singole scienze. La filosofia ha ceduto ad esse la trattazione tecnica dei vari argomenti, ma non la trattazione filosofica, ossia l’esame critico ed unitario delle conoscenze, che rappresenta in definitiva il nucleo centrale della cultura. 4 La filosofia mantiene il suo senso anche dopo il trionfo delle scienze particolari poiché esse fanno domande sulla parte e non sul “tutto”… FILOSOFIA POLITICA La filosofia politica è lo studio dei concetti, dei fondamenti e dei modelli dell'attività politica. Essa può occuparsi della costruzione di teorie normative di società, della riflessione sui significati dell'agire politico, o del rapporto tra politica e altri ambiti della vita. Questa disciplina si occupa, soprattutto, della politica intesa come l'insieme di mezzi che permettono di ottenere gli effetti voluti: così si esprimeva Aristotele, il quale, nel suo trattato Politica, oltre a definire le funzioni dello Stato e le sue forme di governo, formula ipotesi per realizzare il buon governo della città. Uno dei problemi fondamentali della filosofia politica è il rapporto tra l'agire politico e l'agire morale. Secondo alcuni l'azione umana riconosciuta moralmente giusta non corrisponde necessariamente ad un'azione politicamente valida e viceversa. A questa posizione tuttavia si oppone l'oggettività della posizione platonica: poiché la politica è l'applicazione del bene comune al fine di rimuovere tutti gli ostacoli che si frappongono tra l'individuo e la sua completa realizzazione, allora non è possibile pensare a una 5 politica giusta che non faccia il bene, e qualsiasi altro intendimento è una machiavellica realpolitik che ha come fine il dominio e non il Bene. INTERCULTURA Intercultura è un neologismo di origine inglese e spagnola. In Italia viene impiegato in ambito scientifico già negli anni Sessanta. Il termine si afferma inizialmente come aggettivo in ambito pedagogico e scolastico, nella forma educazione interculturale. Tuttavia l'intercultura o l'interculturalità hanno trovato un impiego in parte autonomo nell'ambito del dibattito filosofico e teologico, oltre che più di recente nelle scienze sociali. Se in inglese si usa parlare di interculturality (a cui corrisponde l'italiano interculturalità) o di intercultural (aggettivo, ad esempio nel concetto di intercultural competence), non trova impiego il termine interculture. In concorrenza con intercultura in inglese viene preferito in molti casi l'aggettivo cross-culture, proveniente dagli studi postcoloniali. Molto difficile e sottile è invece la distinzione tra interculturalismo (dall'inglese interculturalism) e intercultura/interculturalità: 6 si potrebbe dire che, se l'interculturalismo è, sulla falsariga del multiculturalismo e come evidenzia il suffisso ismo, il pensiero o la dottrina che studia e propugna la rilevanza degli scambi culturali, l'interculturalità allude a una dimensione di pratiche e di esperienze, anche ma non solamente di ordine intellettuale. Già nel 1940, l'antropologo cubano Fernando Ortiz Fernández (1881-1969), in Contrapunteo cubano del tabaco y el azúcar, aveva però introdotto il concetto di transculturación e di transculturalismo, che va nel senso di una teoria interculturale. L'affermazione in Europa del concetto, limitatamente all'ambito scolastico e associativo, risale agli anni Settanta (la Federazione Europea per l'Apprendimento Interculturale o EFIL - European Federation for Intercultural Learning - prende questo nome nel 7 1975) come campo di riflessione pedagogica e di intervento volti ad affrontare temi e problemi emersi dall'eterogeneità linguistica e culturale che si affermavano in maniera sempre più rilevante nelle scuole sia in seguito alle molte iniziative europee per gli scambi internazionali degli studenti ed in seguito soprattutto nei paesi interessati dal fenomeno dell'immigrazione. Progressivamente è andata però affermandosi una definizione di educazione interculturale non tanto a partire dai bisogni specifici degli allievi figli degli immigrati, ma da un'interpretazione di intercultura in senso molto più ampio e non solamente pedagogico. In Italia si tende ad associare il termine intercultura a una serie di approcci pedagogici, di misure sociali e amministrative o di comportamenti e attitudini legati alla gestione del fenomeno migratorio, nell'orizzonte di una risoluzione pacifica dei conflitti. In realtà sempre più la questione interculturale sta svincolandosi da tale problematica: la pluralità essendo fattore di articolazione non tra le culture, ma interno alla cultura, quella interculturale tende a diventare una riflessione su tale elemento plurimo e stratificato della cultura oggi, in cui l'accento non va sulla fissità identitaria corrispondente alla cultura ma sul suo elemento performativo e inventivo. 8 Tra le polemiche che più hanno animato il dibattito sulla differenza culturale in ambito di politiche sociali, dell'eguaglianza e di battaglie per la tutela e affermazione della differenza vi è quello sviluppatosi in ambito nordamericano (in particolare canadese), in rapporto alla preferibilità di un approccio interculturale piuttosto che multiculturalista. Per altri versi, la riflessione filosofica del Novecento si sviluppa, da una parte, nella progressiva opera di critica e decostruzione della tradizione del pensiero occidentale – dalla razionalità universale, all’identità del soggetto e della storia (J. Derrida, L. Irigaray), e dall’altra, attraverso una crescente focalizzazione sulla dimensione linguistica, traducendo le questioni culturali in dinamiche sociali e politiche intese come pratiche discorsive e comunicative (M. Foucault, J. Habermas). E’ proprio questa “svolta linguistica” che produce un periodo di latenza del termine “cultura”, dissolta nei processi sistemici di produzione, governo e controllo delle soggettività. 9 Oggi il termine, CULTURA, in un contesto storico globale radicalmente mutato rispetto agli standard della modernità, conosce una nuova fortuna. Diventa infatti lo strumento che si presta a misurare fenomeni sociopolitici su scale di ampiezza diversa. “Insieme deterritorializzato di stili di comportamento”, “macchina che produce identità e differenza”, la cultura è quell’ordine eterogeneo, transindividuale eppure soggettivante che, rispondendo a rinnovate esigenze di singolarità e di partecipazione, crea le condizioni di conflitti e mediazioni entro uno spazio condiviso. 10 I recenti studi postcoloniali e, in precedenza e diversamente i “cultural studies” degli anni Sessanta, rimettono in questione i fenomeni generati dal confronto tra diverse culture. Multiculturalismo è dunque il termine che definisce come un dato di fatto la convivenza nell’epoca della globalizzazione. In un medesimo spazio pubblico – non più definibile in termini di continuità territoriale, bensì attraverso rinnovati strumenti giuridici e simbolici – convivono soggetti individuati da diverse provenienze e tradizioni linguistiche, religiose, etiche. Le politiche multiculturali rendono conto di questa situazione inedita, attraverso il riconoscimento della pluralità, la riduzione delle dinamiche di marginalizzazione e il sostegno alla riproduzione delle singole tradizioni. Tuttavia, in una prospettiva multiculturale, 11 non si prevede la costruzione politica e simbolica di interazioni tra la cultura ospite – talora definita “cultura normativa” – e le culture portate dai nuovi soggetti. L’interculturalità, per parte sua, si delinea come un progetto teorico e politico che insiste invece proprio su tale insieme di questioni: dall’interazione allo scambio, dal riconoscimento alla non assimilazione delle differenze in una cultura unica. L’orizzonte teorico e disciplinare ma anche il campo di analisi dei fenomeni contemporanei viene così ampliato, dato che l’analisi non verte solo sulle dinamiche interne a un unico spazio sociale, ma richiede l’elaborazione di un nuovo impianto teorico per individuare le relazioni tra culture, tra soggetti singoli e collettivi, differenti per storia, credenze, tradizioni, costumi, lingue – si pensi alle differenti tradizioni occidentali, a quelle del Vicino, Medio ed Estremo Oriente, dell’Africa e dell’America Latina. Si tratta cioè di entrare nel merito di differenti pratiche di immaginazione e costruzione della dimensione pubblica e soggettiva - utilizzando strumenti come il 12 decentramento, la traduzione, la negoziazione – in uno spazio condiviso e proprio per questo contingente e rimodellabile a seconda delle dinamiche politiche, economiche, sociali, soggettive di un determinato momento storico. Rispetto al progetto interculturale la filosofia si presenta come un pensiero critico, interrogante e creativo che mette in questione i concetti della nostra tradizione e la loro forza d’inerzia interpretativa, quella che per inclusioni ed esclusioni disegna il campo del pensabile e del valutabile. umano, comunità, religione, sacro, diritti, valori, universalismo e contesto... Questa istanza filosofica viene qui declinata nel verso di un’archeologia del presente, di un’indagine sulla genealogia e l’attualità delle mediazioni terminologiche, dei discorsi e dei loro singoli elementi concettuali, che ci orientano nell’analisi dei fenomeni contemporanei – 13 identità, differenza, differenze, individuo, essere, ecc. Punti di interesse filosofico in una prospettiva interculturale sono a) le genealogie delle singole produzioni culturali, la loro dimensione storica positiva e la temporalità legata al singolo campo disciplinare (ad es.: i diritti umani oggi riportano in auge, in ambito giuridico e politico internazionale, l’idea di genere umano. Quale la genealogia dei lemmi legati alla nozione di “natura umana” nel pensiero politico, etico e, oggi, giuridico e scientifico?). b) l’uso dei singoli termini, che strutturano il discorso pubblico sui fenomeni contemporanei. Questo approccio dispiega ulteriormente lo stretto rapporto che il pensiero filosofico intrattiene con il linguaggio, la comunicazione e, oggi, con la traduzione tra lingue e contesti. b) Infine, in piena assonanza con le esigenze di un’indagine interculturale, la riflessione filosofica contemporanea, avendo rinunciato alla pretesa 14 moderna di essere scienza prima, si genera a partire da un terreno eterogeneo: non più pensiero che riproduce se stesso, bensì discorso che si alimenta in modo programmatico degli eventi e dell’interlocuzione con altre discipline ed altri approcci – dall’antropologia delle società contemporanee, alla sociologia, dagli studi politici a quelli giuridici, da quelli linguistici e letterari all’urbanistica e all’architettura. Lavorando lungo le linee di confine tra discipline diverse, l’indagine filosofica è in grado di percepire i sintomi di crisi e i segnali di trasformazione degli statuti epistemologici e di promuovere la mobilità del sapere critico che, nell’epoca globale, si costruisce attraverso transiti, traduzioni e ibridazioni tra diversi ambiti del sapere, un tempo disciplinarmente separati. In conclusione, la necessità della Trasformazione Interculturale della Filosofia segue la necessità contestuale dell'inversione antropologica che richiede di riporsi la domanda sull'essere umano e sul suo modo di comprendere il Reale. L'inversione antropologica è una necessità contestuale poiché a sua volta scaturisce dalla necessità di sopravvivenza acutizzata dalla prospettiva della Globalizzazione che sta sfinendo l'umanità. 15 Così: «L'Interculturalità vuole essere innanzitutto il modo in cui la gente pratica l'umanità e diventa pratica in umanizzazione, cioè cresce in umanità» La filosofia interculturale propugna un «nuovo umanesimo» che carica di un senso maggiorato tutto ciò che è, e avverte che per l'essere umano è giunto «il tempo della muta»: egli deve cambiare pelle seguendo il corso del tempo (la necessità del nostro tempo) altrimenti non sopravviverà. MULTICULTURALISMO vs INTERCULTURALITA’? Il modello multiculturale riconosce che ci sono varie culture, però si ferma a questa constatazione cercando di organizzare gli spazi in una sorta di convivenza più o meno pacifica e tollerante all’interno della cornice geografica in cui è situata una molteplicità di culture. 16 La transculturalità, invece, è un progetto che parte dal presupposto (ideologico) della fine delle culture tradizionali. Secondo questo presupposto sono, soprattutto, i giovani a vivere questo status di “transculturalità”, perché passano da una cultura a un’altra, non hanno un’identità culturale propria e sono un prodotto “ibrido” in quanto assimilano aspetti di differenti culture. Questi giovani sono considerati soggetti “pluri-identitari”. A differenza del multiculturalismo e del transculturalismo, per il modello interculturale ci sono identità culturali con riferimenti più o meno stabili, non diciamo proprio fissi, ma di una certa stabilità identitaria, come ad esempio le lingue .. 17 18