Artiterapie ed handicap
Elisabetta Ronco
Premessa
Parlando d'arti terapie ed handicap, viene spontaneo domandarsi quali funzioni esse
abbiano all’interno di un lavoro di sviluppo della personalità dell’individuo. Un'attenta
osservazione, permette, a chi opera attraverso le arti terapie, di domandarsi
all’interno di quale struttura socioterapeutica possano meglio funzionare e quale
tipologia di handicap è più adatta alle specifiche arti terapie. Con il termine handicap
s'intende un disagio, condizione sfavorevole nei confronti d'altri e in particolare una
menomazione fisica o mentale che crea delle problematiche sociali e individuali.
Con il termine arti terapie, s'intende l’utilizzo delle professioni artistiche e delle loro
qualità espressive e comunicative nel campo del recupero delle potenzialità
individuali, nei limiti imposti dal disagio o dalla malattia. Le arti come la pittura, il
teatro e la musica sono quelle più diffuse in una situazione di handicap; la pittura è
utilizzata per lo sviluppo della creatività visuale e tattile e per l’organizzazione dello
spazio, il teatro per l’espressione mimica e le regole di base della comunicazione, la
musica per lo sviluppo di un’attenzione uditiva, per espressione non verbale e lo
sviluppo di una creatività sonora, per il recupero di ritmi biologici e tempi individuali e
collettivi. All’interno del capitolo tratteremo in particolare della musica.
Le arti terapie e gli handicap s'incontrano all’interno di strutture sociali come la
scuola e i CST, rispondendo in modo differente alle varie esigenze di carattere
sociopatico e psichiatrico, offrendo possibilità d'uscita, a situazioni patologiche grazie
anche ai legami che esse hanno con la sfera psico- affettiva dell’uomo.
Le arti terapie agiscono sui vari aspetti dell’handicap, sia sulla menomazione di
partenza, sia sullo svantaggio sociale e personale che ne deriva. Nel primo caso si
tratta di recuperare anche parzialmente le varie funzioni che possono essere
compromesse in base alla tipologia. Ad esempio nel teatro il recupero del
coordinamento motorio e della capacità di mantenere il contatto oculare. Nel
secondo caso si tratta di favorirne un’integrazione sociale attraverso la produzione di
oggetti e spettacoli che permettano di valorizzare anche al di fuori del contesto
terapeutico, le capacità espressive dei pazienti. In questo caso l’uso dello strumento
artistico, presente in tutte le culture da secoli, è ufficialmente riconosciuto come
positivo e importante, per cui favorisce l’accesso dei pazienti ad una comunicazione
sociale altrimenti impensabile. Il proliferare di mostre, spettacoli, concerti in questo
senso non è solo l’esibizione della diversità, ma anche una ricerca di valorizzazione
di questa diversità.
Musicoterapia
L’esperienza presentata è un lavoro di musicoterapia; in questo contesto non mi
soffermerò sull’utilizzo psicoterapeutico (Benenzon 1982 e Lecourt 1980), ma
sull’approccio tecnico musicale, che è quello più utilizzato nel campo dell’handicap.
I musicisti in genere s'avvicinano alla terapia includendo nei loro studi elementi di
pedagogia e psicologia musicale avendo come punto di riferimento le esperienze di
Juliette Alvin (1966) in Gran Bretagna, di Paul Nordoff e Clive Robbins negli Stati
Uniti. In questo tipo d'esperienza l’utilizzo del mondo sonoro è un tramite per
contrattare il mondo interiore dell’altro, che viene per tanto a scoprire le sue
potenzialità, onde poter attuare i necessari cambiamenti.
In quest'esperienza il soggetto è parte attiva della terapia e il musicoterapeuta lavora
insieme con lui, vagliando le conoscenze musicali, le esperienze emotive ed
espressive, sforzandosi di collaborare alla realizzazione del potenziale del soggetto
all’interno dei limiti imposti dalla sua indisposizione o malattia. Partendo da questo
presupposto la musica diviene “improvvisazione clinica” dove il soggetto, attraverso
un linguaggio musicale variabile, che si sviluppa attimo dopo attimo, vive
un'esperienza a livello emozionale tale da essere in grado di trasferirla nella
dimensione
quotidiana.
I
principi
base
di
questa
linea
sono
l’utilizzo
dell’improvvisazione clinica, l’uso del pianoforte, l’uso degli strumenti musicali a
corde, a percussione ed a fiato; dialogo sonoro e concezione dell’uomo secondo il
pensiero della psicologica umanistica essenziale.
I metodi descritti non sono nient’altro che il punto di partenza di visioni ben più ampie
e differenti che gruppi di ricercatori portano ancora tuttora avanti.
All’interno delle arti terapie la musicoterapia è un linguaggio che comunica attraverso
l’arte di commuovere; nella musica corpo e suono costituiscono un insieme
inscindibile, essi si provocano costantemente. Lo stesso corpo ha ritmi propri, in ogni
persona c’è la tendenza a creare movimenti in determinate unità di tempo, che sono
il risultato di un'organizzazione interna. Il tempo diviene così una notazione
soggettiva, legata ad un proprio vissuto che si sviluppa con una concezione sua di
tempo e spazio.
A che tipo d'utenza è rivolta la musicoterapia? Che funzione ha? Due domande
fondamentali per comprendere il significato del termine che alla lettera significa:
“Intervento di carattere terapeutico o riabilitativo che utilizza la musica finalizzandola
alla stimolazione e allo sviluppo della motricità, del linguaggio e d'altre funzioni” (Il
grande dizionario Garzanti).La musicoterapia utilizza come base di lavoro la musica,
opera sulla creatività, sull'assunzione di stimoli ritmico-melodici, sull’esprimere,
attraverso un linguaggio non verbale in grado di lavorare sulle relazioni interpersonali
e sulla socializzazione. La musicoterapia per i suoi effetti psicofisici può essere
utilizzata su un'utenza molto differente, come mezzo di recupero funzionale; essa dà
la possibilità di lavorare su varie forme di patologia proprio per la sua capacità di
parlare attraverso il tutto e il nulla, d'essere un’espressione dell’essere umano che
non ha limiti socioculturali.
Le aree che sono interessate comprendono i disturbi motori, i disturbi del linguaggio,
i disturbi affettivi, i traumi ed i problemi psichici. Gli interventi in un'area così vasta si
possono raggruppare in due indirizzi: uno clinico terapeutico, l’altro psicopedagogico;
mentre nel primo la musica e il suono offrono, attraverso le loro possibilità creative e
comunicative che toccano la sfera psicoaffettiva dell’uomo, una possibilità d'uscita
da
situazioni
patologiche,
nell’altro
diviene
un
mezzo
di
rieducazione,
socializzazione, di sviluppo delle potenzialità espressive dell’individuo e di un mezzo
di comunicazione di disagi e di emozioni.
Spesso si parla di musicoterapia ricettiva o attiva, nella mia esperienza io non pongo
il limite di quale tipo di tecnica utilizzare, preferisco alla suddivisione in settori una
visione complessiva del linguaggio che tenga presente i suoi molteplici aspetti e
opportunità, utilizzando così il mezzo più idoneo alla situazione che si presenta.
Con il termine musicoterapia ricettiva, chiamata anche passiva, s'intende
quell’approccio metodologico basato sull’ascolto di una musica creata da un
compositore, e scelta appositamente per il soggetto dal terapeuta. Questo lavoro,
favorisce nell’individuo l’insorgere d'effetti regressivi e l’apertura di canali di
comunicazione a livello psichico, il fluire di reazioni affettive, la rieducazione
emozionale, la conciliazione con la realtà, l’attenuazione dell’aggressività, il recupero
di ritmi biologici attraverso uno stadio d'ascolto passivo.
La musicoterapia ricettiva, può permettere il rilassamento e la distensione
provocando così un abbassamento del livello di vigilanza che dà come reazione
fisiologica una decontrazione muscolare e un rallentamento della velocità pulsativa.
Un approccio terapeutico di questo tipo in genere prevede che siano eseguiti dei test
che devono ricercare la conoscenza della personalità del cliente per poter scegliere
un rimedio musicale personalizzato.
Con musicoterapia attiva s'intende un lavoro, dove il cliente crea la musica con
ausilio di strumenti musicali semplici messi a sua disposizione e con suoni e rumori
emessi da lui stesso. Ha come concetto basilare il creare una comunicazione, è il
metodo più usato con i bambini dove l’educazione al ritmo è indispensabile alla sua
evoluzione.
Il dialogo e la comunicazione sono stimolati attraverso il suono che permette
all’individuo d'esprimersi, di dialogare con gli altri all’interno di un gruppo.
Il metodo Orff e il metodo Willems sono due metodi, da cui parte il concetto d'utilizzo
della musica in forma attiva. Karl Orff (1895-1982) compositore di Monaco di
Baviera, attraverso una raccolta di suggerimenti, d'esempi e d'esercizi, fa in modo
che l’individuo sviluppi il senso ritmico, impari ad esprimersi musicalmente,
improvvisi ritmi e suoni propri, giungendo così all’esecuzione di brani ritmicimelodici. Elemento base d'ogni costruzione musicale, sono indissolubilmente il ritmo
e la melodia.
Questi due elementi, nel suo metodo, sono affrontati attraverso tutti gli aspetti
possibili che vanno dalla espressione corporea, all’espressione vocale con le sue
molteplici
possibilità
(sillabazione,
recitazione,
declamato
melodico,
canto),
all’espressione strumentale ritmica e melodica. Edgar Willems (1976) pedagogista
svizzero nella sua opera “l’Orecchio musicale” parla di un’audizione triplice,
audizione mentale, audizione affettiva e audizione sensoriale, che non devono
essere separate. L’attività uditiva parla un linguaggio interiore, quindi è necessario
che la musica sia considerata in funzione dell’uomo e quindi bisogna stabilire i
rapporti tra gli elementi fondamentali dell’essere umano. Secondo il grande
pedagogista la musica non s’impara, ma in realtà si tratta di scoprirla in noi stessi e
di farla apparire nel bambino. Un'allieva di Willems, Liliana Azinala, ha applicato le
teorie del grande pedagogista alle sue ricerche presso il centro dei dislessici del
boulevard Raspail a Parigi, dimostrando il loro funzionamento attraverso tecniche
musicoterapeutiche adeguate. Il metodo comprende esercizi individuali e di gruppo,
che combinano l’esecuzione di ritmi e strutture musicali mimati, insieme con altre
forme di rieducazione psicomotoria insistendo sul collegamento tra armonia ritmo e
vita affettiva, attraverso il supporto dei cinque sensi.
Il suono che avvolge l’uomo nelle sue manifestazioni interiori ed esteriori, che
influenza ogni forma di vita, possiede una gamma di frequenze, alcune delle quali
non percettibili dal nostro orecchio, ma che hanno effetto benefico o nocivo. La
penetrazione del suono, spesso diviene automatica senza che noi ne siamo
coscienti, questo accade mentre mangiamo e quando cerchiamo di parlare; negli
intervalli dei film e al teatro, nelle affollate sale d'attesa degli aeroporti, la musica vive
intorno a noi costantemente e i momenti di silenzio sono sempre più rari. Nella
musicoterapia la musica è quello che fa da linguaggio portante del lavoro all’interno
di un lavoro individuale o di gruppo. La musica è il prodotto del comportamento di un
gruppo d'uomini, è suono umanamente organizzato ed ad un certo livello d'analisi,
ogni comportamento musicale e strutturato in conformità a processi biologici,
psicologici, sociologici, oppure musicali. Ogni cultura e ogni uomo ha un suo ritmo,
una sua esperienza cosciente che è ordinata in cicli, le stagioni, la crescita fisica, gli
avvicendamenti politici, e altri ancora sono quegli aspetti periodici cui è attribuito un
significato ritmico-temporale. Possiamo affermare che mentre esiste una vita reale,
all’interno di un tempo reale, la musica ha come qualità essenziale quella di
possedere un universo di tipo virtuale che gli permette di poter recuperare e
comunicare con essa. Lavorare con il suono non significa lavorare solo con la
musica, ma anche con le molteplicità delle forme artistiche che sono collegate; la
difficoltà della musicoterapia è la sua transdisciplinarietà che è nella sua natura.
Essa non può essere una disciplina singola, isolata, con dei limiti ben definiti e
immutabili; ma invece ha dei contatti con varie discipline: psicologia della musica,
sociologia della musica, etnomusicologia, estetica, biologia della musica, acustica o
psicoacustica, esecuzione e composizione musicale, arte, danza, teatro ecc.
Pertanto chi opera con tale tecnica dovrebbe essere una persona con esperienze
poliedriche, che gli permettano di operare in situazioni differenti con strumenti
adeguati. Proprio perché la musica non è composta da una materia solida visibile ai
nostri occhi, è più difficile utilizzarla. Essendo un effetto puramente acustico che
stimola il nostro fisico, la nostra mente e la nostra affettività, rende necessaria una
capacità di adattamento e un ottima capacità uditiva nel cogliere i più piccoli
cambiamenti. Il musicoterapeuta è colui che nell’operare tiene sempre presente che
nulla è immutabile ed è in grado in qualsiasi momento di rispondere alle esigenze
immediate, guidando chi gli è affidato nel suo percorso di recupero delle funzionalità.
Contesti di lavoro con l’handicap
I contesti di lavoro con l’handicap possono avere carattere socioeducativo o
sociosanitario, ognuno possiede una sua funzionalità sia sociale sia riabilitativa.
La metodologia da me adottata ed elaborata parte dall’utilizzo della musica in modo
attivo, attraverso percorsi differenziati e organizzati tenendo conto del contesto dove
si opera, delle esigenze e delle potenzialità dell’individuo o del gruppo. La struttura
con cui si lavora di volta in volta muta: la durata, la tipologia del lavoro, gli strumenti
tecnici utilizzati, sono volutamente definiti dopo un’attenta valutazione del contesto
socioculturale ed affettivo in cui si opera e di una anamnesi del soggetto da parte
della struttura.
Gli obiettivi della tecnica adottata sono il recupero di funzionalità differenti in base
alle patologie. La realizzazione del lavoro possiede una tipologia differente, che
nasce dal considerare a chi si rivolge, all’età dell’utenza, al tipo di lavoro richiesto e
tiene presente su quale area dell’handicap deve andare a lavorare, vagliandone le
priorità. Lavorando su bambini con handicap, all’interno di una struttura scolastica,
dove all'interno di una classe essi sono una minoranza, si è utilizzato un approccio
misto, che comprende tecniche di ascolto, di comunicazione e contatto sonoro e
gestuale, di motricità, di utilizzo di strumenti musicali, di rielaborazione ritmicamelodica, di espressività musicale, di utilizzo di un linguaggio verbale, di percezione
sensoriale e di utilizzo di riproduzione grafiche. Lo scopo in questo caso è lo sviluppo
o la riacquisizione di capacità comunicative, favorire la percezione del sé, lo sviluppo
delle potenzialità di ascolto e di concentrazione, la manifestazione dei propri bisogni
e sentimenti, l’elaborazione dei propri tempi e ritmi fisici e interiori, sviluppando un
dialogo con gli altri. Spesso l'anamnesi che è data quando si lavora con un bambino
con handicap inserito in una classe, contiene in genere problematiche che toccano la
sfera comunicativa, relazionale sia orizzontale sia verticale e sociale.
Gli incontri di musicoterapia in questa situazione richiedono un ambiente senza
banchi e cattedra, molte volte dove non esiste un aula disponibile e i bambini stessi
svuotano l’aula, creando così loro stessi l’ambiente di lavoro. La durata dell’incontro
per un gruppo di bambini è in genere di una ora, in un incontro individuale la durata
viene stabilita dopo aver preso visione del grado e della durata dell’attenzione, delle
capacità di concentrazione e dello stile di comunicazione del soggetto. Il materiale
utilizzato varia da incontro a incontro durante il percorso, mantenendo delle costanti
che sono la sua adattabilità alle esigenze espressive e comunicative del bambino,
per produrre una reazione sulla percezione sensoriale, stimolare le potenzialità dei
soggetti e dare la possibilità di lavorare su archetipi ritmici e melodici dei soggetti
attraverso una dinamica di gioco. Tenendo in considerazione questi presupposti, si
può iniziare un incontro con dei semplici materiali come un registratore, della musica,
dei fogli e delle matite; mentre in altri si potrà avere utilizzo di strumenti didattici o
strumenti improvvisati, di tessuti, di fili ecc. Regola base presente in ogni incontro
sono l’approccio iniziale e la chiusura, che devono nel primo caso dare la possibilità
al bambino di esprimere il vissuto con cui è arrivato all’incontro, nel modo più
consono a lui e nel secondo caso, di avere la possibilità di comprendere ed
elaborare il concetto di distacco. Le variabili sono create dall’andamento del gruppo
e del singolo e dalle dinamiche che vengono a crearsi attraverso l’espressione
musicale.
Il lavoro svolto all’interno dei due momenti fissi, nella sua struttura contiene delle
costanti che sono: la scoperta, la riacquisione di ritmo-melodia corporea e interiore,
l’elaborazione affettiva e la trasposizione in una comunicazione bipolare.
Quando lavoro in una classe di una scuola elementare, all’interno del gruppo viene
compresa la maestra che opera in quel momento con gli alunni e il conduttore entra
nel gioco con loro, ma mantenendo la sua attenzione sull’andamento dell’incontro e
sulle dinamiche relazionali che si manifestano. Dopo alcune sedute di analisi delle
dinamiche esistenti, della loro capacità acustico-motorie, vengono delineate le tappe
da percorrere e l’obbiettivo da raggiungere.
La tipologia di lavoro qui esposta viene utilizzata in un contesto scolastico
elementare, sia del primo che del secondo ciclo, mantenendo inalterata la struttura
della classe e dove è necessario con momenti individualizzati mirati al recupero di
determinate funzionalità.
Questo vuole essere solo una esplicazione di una tipologia esecutiva e applicativa
della visuale musicoterapeutica.
La differenza sostanziale di un incontro di musicoterapia eseguito in una struttura
educativa o in una struttura sanitaria è dato dalla diversa composizione dei gruppi,
nel primo caso in genere esistono situazioni di handicap inserite in un contesto
sociale e educativo con caratteristiche differenti, in genere non esiste omogeneità e
richiede pertanto un lavoro che possieda un largo spettro d'azione. La ricchezza e la
varietà della componente umana che esiste in un contesto simile, permette in genere
di poter operare ed elaborare problematiche che investono differenti aree, grazie alla
relazione sociale e affettiva già esistente tra gli individui. Nel secondo caso, quello di
una struttura socio sanitaria, in genere esiste un omogeneità di gruppo che viene
costituito appositamente, permettendo un lavoro più selettivo e mirato a determinate
situazioni che rivestono caratteristiche legate a difficoltà neurologico-linguistiche,
psichiche e sociobiologiche.
Caso clinico
Il caso clinico di cui parleremo è un bambino di otto anni inserito all’interno di una
scuola elementare di provincia, in un contesto socioculturale omogeneo e
affettivamente molto ricco. La richiesta era di elaborare una metodologia che
entrasse in un contesto di recupero della comunicazione a qualsiasi livello, tenendo
conto che la scuola non possedeva un’anamnesi del caso completa, le uniche
informazioni un suo possesso erano che il bambino probabilmente aveva delle
lesioni nelle aree cerebrolinguistiche e cerebromotorie.
Venne allora presa visione del lavoro svolto all’interno della classe con le maestre di
sostegno e del suo comportamento sociale, stabilendo così una prassi di lavoro che
prevedeva due incontri alla settimana di 30 minuti l’uno che rispondevano alle
esigenze di attenzione del bambino. Gli incontri erano strutturati in una dimensione
di piccolo nucleo che coinvolgeva il bambino il terapista e la maestra di sostegno, in
uno spazio appositamente preparato per lui con materiale idoneo e che aveva come
obbiettivo quello di un ampliamento del nucleo fino a coinvolgere tutta la classe. Si è
svolto un primo incontro per scoprire la forma più idonea per entrare in contato con
lui, si è analizzato il suo livello verbale, un insieme di suoni che hanno la
caratteristica di somigliare ai suoni gutturali, al gorgogliare e ai primi suoni vocalici
(non esiste la vocale U) di un bambino di tre mesi. Si è analizzato il contatto con il
suo corpo e quello degli altri e si è osservato che è ridotto al minimo, il suoi
movimenti sono lenti e disturbati, la sua attenzione durava pochi minuti e l’unica
cosa che destava il suo interesse erano una serie di canzoncine infantili. Il lavoro è
stato elaborato in modo di utilizzare la musica sia come recupero espressivo, sia
come recupero motorio. Il materiale utilizzato nelle sedute è stato: la voce, un
registratore con relativi cd, alcuni strumenti musicali (tamburo, triangolo, flauto e
violino) e materiale vario (colori, fogli, carte personalizzate, scatoloni, ecc...) di facile
utilizzo.
Nei primi due mesi il lavoro si svolgeva esclusivamente all’interno del piccolo nucleo
dove si notava un’evoluzione verso una comunicazione minima con sé e con gli altri.
Questa comunicazione avveniva attraverso un dialogo strumentale di carattere
relazionale, basata sull’imitazione e invenzione come risposta a uno stimolo con ritmi
biologici all’interno della sua struttura e su una stimolazione al contatto con sé e gli
altri attraverso il movimento sulla musica, dove il piccolo paziente portava
l’attenzione per qualche minuto sul suo movimento e poi su quello degli altri. Al
termine di questo primo momento è stato programmato un incontro in un nucleo più
allargato dove erano coinvolti i compagni e dove lui era coinvolto in prima persona.
In questa fase si è potuto osservare un miglioramento delle sue capacità di
concentrazione e relazione all’interno del gruppo, iniziava ad esistere, con il
sostegno della terapeuta, una capacità di dare ordini sonori e di osservarne
l’esecuzione, di dare un ritmo strumentale a comando in determinati momenti. Il
percorso, incominciato come una struttura che intendeva creare un contatto con le
aree motoria, linguistica, sensoriale e comunicativa, procedeva con un mese di
lavoro all’interno del nucleo piccolo, dove da una fase di contatto si è passati a una
fase di dialogo minimo. Attraverso un linguaggio non verbale, il gesto sonoro veniva
utilizzato per il dialogo con il bambino e la parola era utilizzata soltanto nei momenti
in cui era assolutamente indispensabile. Ad una prima osservazione quello che si
notava subito era un graduale passaggio all’utilizzo del gesto dialogante in forma più
appropriata, ma ad una più accurata analisi si è rilevata una maggior decontrazione
muscolare, un utilizzo della respirazione addominale, una concentrazione superiore
sia in qualità che in durata e un recupero di movimenti più indipendenti e coordinati.
Da questo momento in poi il lavoro alternerà momenti con incontri che utilizzano il
piccolo nucleo a momenti con tutta la sua classe e il momento collettivo avrà uno
spazio temporale superiore.
Al termine dell’anno scolastico il bambino presenta alcuni miglioramenti, sia nelle
dinamiche relazionali, che in quelle comportamentali e in quelle corporee. A livello
relazionale presenta attenzione alle persone e cerca un dialogo essenziale,
interagisce con gli altri e nella sua emissione di suoni egli ha aggiunto la “mm” e dà
inflessioni differenti alle vocali. A livello comportamentale egli autonomamente
esegue delle cellule ritmiche, anche all’interno di canzoni, interagisce con gli oggetti
presenti e esegue da solo dei comandi sonori. A livello corporale si alza da terra
puntando i piedi con minore difficoltà, muove a ritmo di musica con maggior
coordinazione e riesce a eseguire alcuni passi senza sostegno.
Il lavoro è stato interrotto per la chiusura dell’anno scolastico, un nuovo ciclo di
musicoterapia potrà essere avviato con l’inizio del nuovo anno scolastico, gli obiettivi
che verranno stabiliti terranno conto di come il bambino si presenterà all’apertura
dell’anno scolastico e di come il periodo estivo abbia influito sul mantenimento del
livello motorio, linguistico e relazionale ottenuto.