Capitolo 1. Il Disturbo Bipolare

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Ringraziamenti alla
Prof.ssa Carratelli ed al
Dott. Ferrara per aver
contribuito
all’elaborazione di
questo progetto di
ricerca.
Ringraziamenti al
Servizio di Psicoterapia
della II Divisione del
Dipartimento di Scienze
Neurologiche
Psichiatriche e
Riabilitative dell’ Eta’
Evolutiva (Primario:
Profssa Carratelli,
Responsabile Dott.ssa
Lanza),
al SMI di Reggio
Calabria (Responsabile:
dott.ssa Campolo),
al SMI di Viterbo
(Responsabile:
dott.Marcelli).
Ringrazio la dott.ssa
Colafrancesco e la
dott.ssa Reali per l’aiuto
prestato.
Grazie ai genitori e ai
giovani pazienti.
1
Ad Alice, perché nella sua vita
non smetta mai di
RICERCARE....
2
INDICE
Introduzione
pag.5
Capitolo 1: Il disturbo bipolare
pag.7
 Definizione del disturbo
pag.7
 La storia
pag.10
 Il disturbo bipolare
in età evolutiva
pag.12
 Le controversie e la
Severe Mood Disregulation
Capitolo 2: La genetica e la neurobiologia: alla ricerca di un causa
pag.20
pag.23
 La familiarità nel Disturbo
bipolare
pag.29
 E´ possible individuare il
rischio precoce di Disturbo
Bipolare?
3
pag.31
Capitolo 3: Uno studio longitudinale in un gruppo a rischio
pag.34
 Ipotesi
pag.34
 Metodologia
pag.34
 Analisi
dei dati
 Risultati
pag.35
pag.35
Conclusioni
pag.45
Appendice
pag.46
Bibliografia
pag.71
4
Introduzione
Lo studio della bipolarità nei bambini e negli adolescenti, sul piano fenotipico, in un’ottica di
percorsi evolutivi e di continuità/discontinuità nel tempo, va collocato sullo sfondo di una nuova
concettualizzazione del disturbo in età adulta, descritto attualmente in termini di spettro bipolare.
All’interno di questo nuovo orientamento, soprattutto nei paesi anglosassoni, si è assistito ad una
vera moda clinico-mediatica, a frequenti dibattiti sull’appropriatezza dei criteri DSM IV per
classificare il disturbo bipolare età evolutiva e alla stesura di Linee Guida per la diagnosi e il
trattamento dei Disturbi Bipolari nei bambini e negli adolescenti (Kowatch.R. et al, 2005). In Italia
il DB è stato a lungo trascurato anche nella formazione degli specialisti per l’età evolutiva e tuttora
è sicuramente meno diagnosticato rispetto agli Stati Uniti.
Attualmente, l’età di esordio, più che un aspetto fenomenologico atipico, è considerato un
marcatore fenotipico di un disturbo affettivo, che permette di identificare sottogruppi clinici del
disturbo (Leboyer et al., 2005).
Per il momento siamo certi che molti adulti bipolari sono consapevoli che la loro malattia è iniziata
negli anni dell’adolescenza, ma non è stata riconosciuta (né trattata) subito come tale. Due ricerche
retrospettive attualmente in corso negli USA sostengono che una percentuale di adulti bipolari
variabile tra il 15 e il 28% colloca l’esordio del disturbo prima dei 13 anni.
Siamo inoltre certi che molti bambini e ragazzi presentano una instabilità dell’umore e del
comportamento che è causa di un disadattamento importante. Questi bambini e adolescenti non
rispondono in modo soddisfacente alle terapie utilizzate per disturbi più noti che si presentano in
modo simile e rappresentano un problema molto serio per i loro contesti sociali (famiglia, scuola).
Probabilmente, secondo alcuni autori certamente, alcuni di loro soffrono di una variante legata
all’età del DB. Molto spesso tra i loro familiari si riscontra il disturbo espresso nella forma classica.
A testimonianza di un inizio precoce della sintomatologia anche biografie di artisti noti.
Lord Byron, raccontando se stesso a 10 anni: “Sotto tutti gli altri aspetti, non ero affatto diverso
dagli altri bambini, né alto né basso, né tardo né intelligente, insomma della mia età, ma piuttosto
vivace, fuorchè nei miei eccessi di malumore, e allora diventavo sempre un demonio…una volta mi
strapparono un coltello che avevo afferrato dalla tavola e che avevo rivolto contro il mio petto”.
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Robert Schumann, all’età di 18 anni: “Le mie sinfonie sarebbero giunte all’opera 100, se solo le
avessi annotate…A volte sono così pieno di musica e così traboccante di melodia che mi sembra
semplicemente impossibile buttare giù qualcosa sulla pagina”
Samuel Taylor Coleridge si descrisse come un bambino “perseguitato dagli spettri…un sognatore
irritabile, sregolatamente appassionato” con un amore smisurato per “il Grande e il Tutto”.
L’elenco potrebbe proseguire fino ai contemporanei: Charlie Parker, Cole Porter, Jimi Hendrix fino
al Kurt Cobain che campeggia sulle t-shirt di adolescenti di tutto il mondo.
Come per altri quadri clinici che ci interrogano sul rapporto di continuità/discontinuità dei disturbi
mentali, ci troviamo verosimilmente in una fase di transizione in cui da una parte si focalizza
l’attenzione sui diversi percorsi del disturbo e dall’altra si ipotizzano sottotipi “age related” a volte
difficili da verificare. In attesa di studi attendibili di follow up.
In quest’ottica critica il nostro tentativo, in uno studio clinico longitudinale, di seguire nel tempo
minori tra 9 e 14 anni nati in una famiglia definibile a rischio per Disturbo Bipolare, per
un’accertata familiarità per Disturbo dell’Umore. Figli di un destino già scritto, apparentemente
ineluttabile.
Riferimenti alle biografie di artisti noti da Jamison K.R., Toccato dal fuoco.
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Capitolo 1. Il Disturbo Bipolare
Definizione del disturbo
Il Disturbo Bipolare (DB) è un disturbo dell’umore, caratterizzato dalla “presenza di Episodi
Maniacali, Episodi Misti, Episodi Ipomaniacali, solitamente accompagnati dalla presenza di Episodi
Depressivi Maggiori” (vedi Appendice).
Si definisce umore la tonalità di base, il colorito affettivo che condiziona la nostra esistenza; si
caratterizza per essere indipendente dal singolo stimolo che proviene dalla realtà esterna (”mi sono
svegliato di umore nero”) e costituisce lo sfondo sul quale si dipingono, momento dopo momento,
le situazioni esistenziali; influenza l’atteggiamento che l’individuo assume verso l’altro e verso il
mondo, l’interpretazione dei processi percettivi, il modo di pensare, di riflettere su stessi e di
ricordare.
L’umore si può modificare lungo un continuum di tonalità ai cui estremi possiamo immaginare
l’umore depresso e quello maniacale.
Ognuno di noi durante la giornata presenta variazioni del proprio umore; per poter parlare di
disturbo dell’umore è necessario osservare un’alterazione dello stesso che alteri il funzionamento
fisico (modificazioni dei livelli di energia, dei ritmi circadiani, delle funzioni vegetative ecc.),
cognitivo (modificazione del pensiero) e sociale dell’individuo, in modo pervasivo e per un periodo
definito di tempo.
Proprio per la fluidità e la normale mutevolezza che caratterizza lo stato dell’umore, il criterio
temporale, la presenza di un’alterazione significativa di cui riconosciamo l’inizio e la fine (ovvero
un episodio di alterazione dell’umore) rappresenta la base per la diagnosi del disturbo nel DSM IV e
negli altri sistemi di classificazione (come vedremo, per bambini e adolescenti questo criterio non è
utile in modo assoluto).
Secondo il DSM IV per la diagnosi di patologia bipolare durante la fanciullezza e in adolescenza
devono essere soddisfatti gli stessi criteri richiesti per l’età adulta e descritti in appendice.
Il DB I colpisce circa lo 0,8% della popolazione adulta ed il DB II circa lo 0.5% nell’arco della vita.
Il primo colpisce in modo analogo maschi e femmine, il secondo è più frequente tra le donne. Non
sono state rilevate differenze significative tra i gruppi etnici.
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La distinzione dei Disturbi dell’umore nelle categorie cliniche descritte nel DSMIV non è
attualmente ritenuta sufficiente a descrivere l'intera gamma di manifestazioni cliniche della
patologia affettiva, che spesso si esprime attraverso fenomeni apparentemente minori, di cui è poco
noto il significato clinico, come l'ipertimia, le forme maniacali atipiche e quadri temperamentali e di
personalità diversi, rispetto ai quali è difficile tracciare una netta linea di demarcazione tra
normalità e patologia.
Ipertimia: modalità cronica di elevamento dell’umore, per cui gli
ipertimici appaiono espansivi, dinamici, allegri, ottimisti ed hanno
un notevole senso del benessere, una ridotta necessità di sonno, un
minore appetito, una maggiore energia e creatività.
Forme maniacali atipiche: sintomi maniacali che per espressione
(distraibilità, disforia, ansia, ipersessualità, impulsività, irritabilità)
e durata (inferiore ai 4 giorni) non rientrano nelle categorie del
DSMIV.
Complessa la definizione di DB NAS, che appare vaga nel DSMIV, tanto da essere “interpretata” in
modo differente nei diversi studi.
Riportiamo di seguito una sintesi della definizione di DBNAS negli ultimi studi di letteratura (da
Correl CU., 2007).
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Passaggi molto rapidi tra sintomi maniacali
DSMIV
e sintomi depressivi che soddisfano i criteri
di soglia ma non di durata
Episodi ipomaniacali ricorrenti senza depressione intercorrente
Episodi di umore disfunzionale, non indotti (spontanei),
Findling et
che non soddisfano pienamente i criteri
al. (2005)
per qualunque altro disturbo dell’umore
Periodo distinto di umore espanso e elevato
Lewinsohn
in modo persistente, o di umore irritabile
et
> o =1 criterio B DSMIV per mania
(2000)
Umore espanso o elevato più 2 criteri B mania DSMIV,
Birmaher
o umore irritabile più 3 criteri B mania DSMIV
et
Criterio B mania DSMIV, in un contesto di (o aggravato da)
(2006);
umore espanso/euforico/irritabile
Axelson et
Durata > o = 4 ore al giorno
al. (2006)
al
al.
Durata lifetime > o = 4 giorni
Si associa ad un cambiamento nel funzionamento
Tale ricchezza fenomenica riguarda tanto l'età adulta quanto l'età evolutiva ed ha favorito, negli
ultimi anni, l'ipotesi dell'esistenza di uno spettro bipolare, un continuum che oscilla fra umore
normale e disturbo vero e proprio, aprendo la strada a nuovi filoni di ricerca e a studi di popolazione
da cui risultano nuovi dati di prevalenza. Applicando il concetto di spettro la prevalenza dei DB può
raggiungere il 5%.
Quali le comorbidità nei DB?
I DB si associano quasi sempre ad altri quadri psicopatologici. Nel National Comorbidity Study
(Kessler, 1997), almeno un disturbo in comorbidità veniva riportato in tutti i soggetti bipolari,
precedendo l’esordio nel 59% dei casi: depressione, ansia, abuso di sostanze, disturbi alimentari e
disturbi di personalità.
Numerose le evidenze sulla comorbidità tra DBI e Disturbi d’ansia (McElroy SL et al 2001).
Lo studio STEP-BD indica che il 52,8% di pazienti sperimentano lifetime almeno un disturbo
d’ansia ed il 34,2% ha una comorbidità con i disturbi d’ansia (Simon NM et al. 2004). La
9
comorbidità ha effetti sul decorso ella malattia, in quanto associata a minori periodi di benessere,
rischio di ricadute più frequenti, bassa qualità di vita, maggior rischi di suicidio e di uso di sostanze.
In uno studio su pazienti BPI adulti è stata descritta la possibile individuazione di tre diversi
sottotipi specifici della bipolarità, in relazione alla sintomatologia ansioso-depressiva (Fagiolini A.
et al 2007):

un sottotipo caratterizzato dalla presenza di sintomi dello spettro depressivo, maniacale,
panisco-agarofobico e ossessivo-compulsivo;

un secondo sottotipo caratterizzato da sintomi dello spettro maniacale e depressivo, in
assenza di sintomi dello spettro ansioso;

un terzo caratterizzato da un limitato numero di sintomi sia dello spettro ansioso che depressivo.
Il decorso del Disturbo Bipolare I si caratterizza per un lungo periodo di malattia contrassegnato da
numerosi episodi di ricadute e remissioni e nelle fasi avanzate della malattia il tempo che intercorre
tra un episodio e l’altro si riduce; la maggior parte dei pazienti presenta sia episodi maniacali che
depressivi ma nel 10-20% dei casi si hanno solo episodi maniacali.
Per quel che riguarda la prognosi a lungo termine, è stato evidenziato che in seguito alla terapia solo
il 15% dei soggetti affetti vive una condizione soddisfacente, il 45% ha recidive multiple, il 30% ha
un controllo solo parziale dei sintomi e il 10% ha disturbi cronici.
Il Disturbo Bipolare II ha un andamento più stabile della sintomatologia con una scarsa evolutività
del quadro clinico nel tempo.
La storia
Riferimenti al concetto moderno di DB sono presenti in una quantità di fonti risalenti all’antica
Grecia: i medici della Grecia classica descrivevano la melanconia (depressione è un termine più
recente) come il risultato dell’interazione tra la bile (uno dei quattro fluidi corporei) e il cervello.
“I greci la chiamano mania perché produce grande angoscia (dal greco ania); o anche perché c’è un
eccessivo rilassamento dell’anima o della mente (la parola greca per indicare essere “rilassato” o
“sciolto” è manos); o perché la malattia investe il paziente (la parola greca è lymaenein); o perché il
paziente è desideroso di vivere in solitudine (da monusthae); o perché investe il corpo ed il soggetto
non riesce a liberarsene (la parola greca che indice “persistenza” è monia); o perché il paziente è
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forte ed instancabile (dal greco hypomeneticos)”1. Scriveva così un medico dell’antica Roma,
Celius Aurelianus, membro della Scuola Metodista, nel suo libro “La malattia acuta”, indicando i
numerosi significati attribuibili al termine mania. Il legame tra melanconia e mania venne descritto
nel II secolo da Areteo di Cappadocia, che scrisse: “.. ora mi appare chiaro che la melanconia non è
che inizio e parte della mania”. Gli antichi vedevano la melanconia e la mania come malattie della
ragione più che come disturbi dell’affettività, come stati cronici “senza febbre cerebrale”; spesso, il
termine “mania” raggruppava diversi stati di eccitamento psichico. Tracce del concetto di mania si
ritrovano in realtà in testi ancora più antichi, che risalgono a 3000- 4000 anni fa: nella Bibbia, in
testi indiani e provenienti dal popolo Vuh della cultura Maya, in fonti dell’antico Egitto. Numerosi
significati sono stati attribuiti al termine mania nell’era classica, da quello di stato di rabbia
(maenomenos) di cui è preda Aiace nell’Iliade, a quello di stato di follia, unica condizione in cui,
secondo la credenza popolare, ai tempi di Socrate e Platone, sacerdoti e poeti potevano comunicare
con gli dei.
La nascita della concezione moderna di malattia bipolare, dell’alternanza tra stati maniacali e
depressivi non è tuttavia databile prima della metà del XIX secolo: Falret, a Parigi presso l’ospedale
“La Salpetriere”, descrisse la “follia circolare”; un altro allievo psichiatra della stessa scuola
prestigiosa, Baillarger, propose quasi contemporaneamente la definizione di “follia a doppia
forma”, in cui la fase eccitata veniva vista come una “reazione” alla precedente fase depressiva,
senza intervalli “razionali” tra un periodo e l’altro (naturalmente, sorse un problema di
primogenitura della scoperta clinica tra i due brillanti studenti: l’Accademia Medica risolse la
questione conferendo un’onorificenza a entrambi, ma solo nel 1894).
Erano però maturi i tempi per una sistematizzazione rigorosa della questione: la dobbiamo ad Emil
Kraepelin, la figura di maggior spicco nella fondazione della psichiatria come la intendiamo ancora
oggi. Alla fine del XIX secolo si affermò l’approccio di Kraepelin che fissava e separava con un
taglio netto le due grandi “psicosi endogene”: la “dementia praecox” (l’odierna schizofrenia) e,
appunto, la malattia maniaco-depressiva, concetto che unificava tutte le forme fino ad allora
descritte di disturbo dell’affettività, includendovi melanconia, mania, ipomania, depressione e
temperamenti affettivi. Il concetto di mania, alla fine dell’ottocento, si avvicina a quello attuale di
disturbo dell’umore, caratterizzato da esaltazione euforica ed accelerazione dell’ideazione e
dell’attività motoria.
1
In “Bipolarity from ancient to modern times: conception, birth and rebirth”, J of Affective Disorders, 2001.
11
Ma il bambino e l’adolescente erano riconosciuti come potenziali vittime del disturbo? Kraepelin, in
effetti, riportò la possibilità che la malattia maniaco-depressiva si manifestasse in età evolutiva,
descrivendo anche alcuni casi. Si era tuttavia in un’epoca in cui una psicopatologia dell’infanzia e
dell’adolescenza stentava ad affermarsi: lentamente, si stava passando ad una concezione in cui il
bambino dal punto di vista scientifico non fosse solo un “adulto in miniatura”, ma i casi clinici sia
pure descritti dal grande Kraepelin restavano confinati nell’aneddotica medica. Su questa linea, per
i successivi settant’anni si consolidò l’idea che la malattia maniaco-depressiva fosse una
malattiadell’adulto, raramente riscontrabile nell’adolescente come forma ad “esordio precoce”.
Il Disturbo bipolare in età evolutiva
Come già sottolineato in precedenza, il riconoscimento di una mania in età evolutiva è un fenomeno
relativamente recente, in quanto storicamente considerata una forma atipica dei disturbi affettivi per
l'età di inizio.
Fino agli anni ’80 testi di psicopatologia, soprattutto quelli che si occupavano di infanzia ed
adolescenza, contenevano un capitolo sulla depressione, ma dicevano poco o nulla sulla mania.
Questo stato di cose si modificò con l'introduzione del litio nei quadri maniacali o con l’avvento dei
criteri del DSM III per classificare i sottotipi del disturbo affettivo.
Eppure, già negli anni '50 Campbell sottolineava che oscillazioni dell'umore che non raggiungono,
però, il grado di intensità di una psicosi sono presenti con discreta frequenza al di sotto dei 15 anni,
spesso associate a sintomi di tipo nevrotico o psicopatico (ansia, fobia, disturbi del "contegno").
Nel 1960 Stutte indicava l'esistenza di disforie periodiche, in genere molto brevi, che si presentano
come malumore, capricciosità, difficoltà scolare, associate a disturbi ossessivi, ad aggressività in età
prepuberale e puberale.
Attualmente si ritiene che i DB ad insorgenza precoce (EO) abbiano un decorso più severo, più
sintomi psicotici e maggiore comorbidità; siano più frequenti nelle donne, abbiano maggiore
ciclicità rapida, maggiore ideazione suicidaria, si associno a Disturbi di Personalità e Disturbi
Alimentari (Suominen K., 2007). Il BD I più frequente negli uomini, il DB II nelle donne.
L’età media di insorgenza aveva indotto alcuni autori a proporre dei sottogruppi per età di
insorgenza: 17 anni-27anni-46 anni (Leboyer M., 2005), proponendo per ognuno la presenza di
vulnerabilità genetica. E´stata ritrovata la tendenza verso un loading genetico nel gruppo ad
12
insorgenza precoce, associato a maggiore familiarità di primo grado, anche se le differenze con i
controlli non sono significative.
Una più forte influenza genetica nel DB EO rispetto al DB adulto e´supportata da analisi di linkage
(Mick E.,2007).
L’età precoce di insorgenza della malattia e una maggiore familiarità per malattia bipolare si
associano non solo con il DBI e II ma anche con forme più lievi che il DSMIV classifica come
DBNAS e la letteratura attuale inserisce nel concetto di spettro. Alcuni autori ipotizzano di
eliminare la distinzione tra DBI e II e NAS ed introdurre lieve, moderato e severo, basando la
definizione su variabili cliniche multiple, includenti frequenza e durata degli episodi,
comportamenti suicidari e livello psicosociale di funzionamento. L’ipomania di 1-3 giorni in
un’ottica categoriale potrebbe essere un DBII al limite o DBIII.
Riguardo all’adolescenza le controversie principali riguardano le stime di prevalenza e le principali
manifestazioni del disturbo, in stretta relazione le une alle altre. Infatti, i dati di prevalenza
dipendono dai problemi diagnostici e si modificano (aumenta la prevalenza) se si parla di spettro
bipolare. Dati classici di prevalenza sono compresi in adolescenza tra l’0,6 e l’1% (Lewinsohn
1995), fino al 5% se si parla di spettro.
“L’adolescenza è un momento privilegiato di scompenso per il 30% dei pazienti che soffrono di
disturbi bipolari” (Goodwin e Jamison, 1990).
In studi su campioni clinici di adulti con DB questi pazienti collocano l’inizio della sintomatologia
prima dei vent’anni in una percentuale che varia dal 20 al 40%. L’Epidemiological Catchment Area
Study ha riportato un’età media di esordio del DB di 21 anni. Quando gli studi sull’età di esordio
sono stratificati in intervalli di 5 anni il picco di età di insorgenza dei primi sintomi cade tra i 15 e i
19 anni. L’adolescenza è considerata il periodo a maggior rischio di esordio per la depressione
maggiore e per il disturbo bipolare.
L’altra controversia riguarda gli aspetti sintomatologici.
Sebbene, infatti, gli aspetti di base del disturbo affettivo siano comuni in adolescenza ed in età
adulta (livello di energia, umore, etc), le manifestazioni principali di tale disturbo talvolta variano
con l'età, come variabili di sviluppo.
La questione maniacalità/sintomi psicotici continua ad essere irrisolta. Per anni, infatti, da diversi
studi è emerso che disturbi schizoaffettivi e psicosi atipiche rappresentavano solo forme piuttosto
gravi di disturbo bipolare. Ecco che un numero sostanziale di adolescenti diagnosticati inizialmente
come schizofrenici venivano a distanza considerati affetti da altre patologie, tra cui i DB e i disturbi
di personalità. In adolescenti schizofrenici è inoltre possibile riconoscere un quadro clinico misto,
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anomalie dello sviluppo, instabilità umorale e sintomi psicotici subclinici. L’overlap tra sintomi di
schizofrenia e disturbi affettivi psicotici, è stato considerato significativo soprattutto all’insorgenza.
Molti adolescenti che presentavano una sintomatologia delirante ed allucinatoria non erano
schizofrenici, né inquadrabili nell’area delle psicosi.
Attualmente oggetto di discussione è la frequenza di sintomi psicotici negli adolescenti bipolari.
Studi retrospettivi documentano, infatti, percentuali più elevate, in adolescenza, di sintomi psicotici,
rispetto agli adulti, mentre un solo studio prospettico suggerisce il contrario (McElroy, 1997, 2001).
Clinicamente le allucinazioni sono generalmente transitorie e quasi sempre scarsamente elaborate; il
delirio è nella maggior parte dei casi strettamene in rapporto con il tono dell’umore, a cui sembrano
adeguarsi anche i contenuti. Gli spunti persecutori sono meno presenti rispetto agli esordi
schizofrenici, anche se sono frequenti idee di riferimento dotate di notevole risonanza affettiva. Tra
i sintomi maniacali dominano l’irritabilità, la labilità d’umore, la facilità di contatto e l’estrema
distraibiltà. Negli adolescenti bipolari il quadro clinico è, inoltre, caratterizzato dall’associazione di
elementi maniacali e depressivi, da una ciclicità rapida, da gravi modificazioni del comportamento,
comorbidità con i disturbi di Personalità e l’uso di sostanze.
Esiste nello stesso tempo una fascia di adolescenti che presenta un quadro clinico di ipomaniacalità
o stato misto, con minore compromissione del funzionamento, ma che appare comunque poco
gestibile dall’ambiente. Sono adolescenti che non soddisfano i criteri diagnostici per Disturbo
Bipolare previsti dal DSM IV, soprattutto per una non definita episodicità del quadro (che ha un
andamento cronico) e per le oscillazioni umorali continue.
Una parte di questi adolescenti presenta in associazione sintomi indicativi di un Disturbo d’ansia
generalizzata ed una storia clinica di tratti ansioso depressivi, riconoscibili già in età scolare. Un
secondo gruppo di adolescenti presenta una sintomatologia ipomaniacale o mista associata ad un
Disturbo della Condotta.
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DISTURBI BIPOLARI IN ADOLESCENZA
SOTTOTIPI CLINICI
Disturbo Bipolare ad insorgenza precoce: 15- Episodio maniacale o misto: DBI
17 anni.
Episodio ipomaniacale: DBII
Episodio maniacale: DBI (raro)
Disturbo Bipolare I e II ad insorgenza molto
precoce: 12-15 anni, con durata dell’episodio Stato Misto: DBI
variabile.
Ipomaniacalità ansiosa: DBII
e Disturbo
d’Ansia Generalizzato
Ipomaniacalità disforica: DBII, Disturbo
della Condotta e ADHD
Ulteriore elemento di discussione è il rapporto tra episodio depressivo in adolescenza ed evoluzione
bipolare. Da un recente studio sui figli adolescenti di genitori bipolari è emerso che i sintomi
depressivi precedevano quelli maniacali, in media, di cinque anni (Hillegers M. HJ, 2005). Il
disturbo unipolare sembra evolvere in DB prevalentemente in pazienti con una vulnerabilità
temperamentale (temperamento ciclotimico), che appare correlato anche ad una maggiore frequenza
di ideazione suicidarla (Kochman et al 2005). Anche la questione delle manifestazioni depressive in
adolescenza è controversa. La “depressione bipolare” negli adolescenti è stata chiamata “il lato
oscuro della bipolarità”. Il musicista Hector Berlioz nelle sue “Memorie” parlò dei due tipi di
melanconia di cui soffrì fin dall’adolescenza: una melanconia attiva, “tumultuosa”, anche creativa,
beffarda, ironica; e un altro tipo di melanconia, abulica, vuota di sentimenti (“…uno spleen
taciturno e cupo, non esige che l’inazione, la solitudine e il sonno”). Con le parole della nosografia
moderna, diremmo che Berlioz descrisse nel primo caso uno “stato misto”, mentre la seconda
immagine fotografa quella che è più chiaramente una “depressione bipolare” e che spesso fa seguito
agli esordi maniacali in adolescenza. Uno stato in cui prevale il rallentamento psicomotorio,
l’apatia, il ritiro dalle relazioni amicali; spesso questi adolescenti non esprimono sentimenti di
tristezza o di fallimento (come avviene invece nelle depressioni “unipolari”), ma quando riescono a
parlarne, si soffermano su sensazioni di vuoto, di appiattimento della vita emotiva quasi privo di
pensieri. Almeno apparentemente; in questi stati si nasconde comunque il grande pericolo dell’idea
della propria fine.
15
La diagnosi di mania pediatrica ha generato una controversia ancora maggiore in termini di
prevalenza e di validità come categoria diagnostica, a causa di pregiudizi clinici contro una diagnosi
di mania prepuberale, di una bassa frequenza rispetto ad altre patologie psichiatriche nella stessa
fascia di età e di una atipicità sintomatologica. A tutt’oggi non ci sono dati certi sulla prevalenza del
disturbo (0,9-5%).
Esisterebbe, infatti, un’apparente discontinuità della modalità di presentazione della malattia in età
pediatrica ed in età adulta, che contribuirebbe, più di ogni altro fattore, a definire la mania in età
pediatrica più che rara, come per anni si è ritenuto, difficile da diagnosticare, come sottolineato
negli ultimi ventanni (Geller e Luby, 1997, etc).
Storicamente, nel 1920 Kraepelin affermava che in 4 di 903 pazienti maniaco depressivi
l’insorgenza dei sintomi avveniva prima dei 10 anni. Nel 1978 Loranger e Levine in uno studio
retrospettivo su 200 pazienti adulti bipolari ritrovarono che i primi sintomi erano insorti tra 5 e 9
anni in un paziente (0.5%).
Uno studio analogo condotto da Goodwin e Jamison nel 1998 indicò un esordio dei sintomi prima
dei 10 anni nello 0.3% dei soggetti maniaco depressivi.
Da una parte tali studi confermavano l’ipotesi di una mania ad insorgenza nella fanciullezza, ma,
dall’altra, ne indicavano la rarità.
Negli anni ’60, Anthony e Scott riconobbero poco comune la mania in età infantile in quanto
riscontrarono che solo il 5% di casi in età pediatrica soddisfaceva i criteri per il disturbo bipolare,
con il rischio di sottostimarne la reale prevalenza. Mentre per il Disturbo depressivo maggiore nei
manuali psichiatrici sono state accettate le variazioni legate allo sviluppo, ciò non è avvenuto per la
mania, per la cui diagnosi, nel DSM IV, devono essere rispettati gli stessi criteri degli adulti.
Ma negli ultimi anni la mania in età pediatrica è stata rivalutata (Geller et al 1994) e l’immagine del
bambino maniacale ha assunto caratteristiche proprie rispetto a quella dell’adulto, delineata
attraverso sintomi considerati atipici: irritabilità, severa, persistente e spesso violenta, “tempeste
affettive”, agitazione psicomotoria, pianto frequente, scarsa capacità a tollerare le frustrazioni,
esplosività “temperamentale” che si manifesta in condotte eteroaggressive nei confronti dei pari, dei
genitori, degli insegnanti, crisi di rabbia accompagnate da momenti di tristezza e sensi di colpa e
frequentemente stati umorali misti; euforia e grandiosità caratterizzano bambini bipolari di età
superiore ai 9 anni (vedi tabella).
Mentre nell’adulto l’elevazione del tono dell’umore è l’aspetto fondamentale della mania, tale da
costituire un cambiamento del funzionamento sociale visibile dal soggetto affetto e da chi lo
16
circonda, nel bambino l’aspetto caratterizzante la fase maniacale è la forte irritabilità, che pur
essendo un sintomo molto sensibile non può essere considerato specifico del disturbo, essendo
presente in maniera evidente in diverse patologie psichiatriche dell’età pediatrica. Alla irritabilità
del bambino maniacale, che può manifestarsi con “tempeste affettive” o scoppi d’ira, rivolti verso
bambini, adulti, familiari ed insegnanti, si aggiungono iperattività, “autostima ipertrofica e
grandiosità”; quando la mania diviene grave possono manifestarsi deliri, allucinazioni ed
iperattività frenetica.
L’irritabilità secondo la Leibenluft trova una sua base patofisiologica come risposta estrema fisica
alle frustrazioni e agli stimoli emozionali negativi. A differenza dell’età adulta, in età pediatrica il
disturbo si presenta più frequentemente con “stati misti”, periodi di sovrapposizione tra mania,
ipomania e depressione, e con “cicli rapidi”, rappresentati dal verificarsi di almeno 4 episodi l’anno;
si possono associare: diminuzione del bisogno del sonno ed aumentata ricerca del piacere.
Un’altra caratteristica della mania in età pediatrica è il decorso descritto cronico, continuo ed a
ciclicità mista, mentre si presenta episodico ed acuto negli adulti bipolari.
Ulteriore confusione diagnostica deriva dalla sovrapposizione sintomatica con altri quadri clinici
dell’età evolutiva e dalla frequente comorbidità: disturbi dirompenti del comportamento (disturbo
della condotta, disturbo oppositivo provocatorio, ADHD) e disturbi d’ansia. La grandiosità, la fuga
delle idee, il diminuito bisogno di sonno, l'ipersessualità, e l'aumentata attività rivolta verso un
obiettivo differenzia la mania infantile dall'ADHD, con cui ha invece in comune l’iperverbalità, la
distraibilità e l’iperattività motoria. Ma evidentemente questi criteri differenziali possono non
essere sufficienti o sufficientemente chiari con gli strumenti a nostra disposizione: da studi
sistematici risulta che in una percentuale compresa tra il 60 ed il 90% di bambini maniacali si
riscontra una ADHD. Si è osservato che l’età di insorgenza della mania può essere la variabile di
sviluppo critica che identifica una forma più grave del disturbo stesso, fortemente in comorbidità
con l’ADHD. Infatti, su popolazioni di adolescenti ed adulti si è rilevata un’età di insorgenza più
precoce del disturbo bipolare nei soggetti con storia di ADHD nella fanciullezza.
Anche il tasso medio di comorbidità tra mania e Disturbo della Condotta risulterebbe elevato;
secondo alcuni ricercatori si aggirerebbe intorno al 70%. I bambini bipolari, infatti, spesso sono
bugiardi, aggressivi, giocano con il pericolo (dare fuoco, rubare) e corrono il rischio di essere
“segnalati” dai genitori dei compagni di classe o degli amici.
E’ evidente che non disponendo di strumenti diagnostici del tutto affidabili si possa verificare anche
il caso opposto: che venga, cioè, diagnosticato come DB un bambino che è in realtà solo
marcatamente iperattivo e distraibile (si tratta di un errore meno comune alle nostre latitudini, visto
17
che il DB resta sottodiagnosticato). In fine, bisogna considerare anche l’ipotesi che tra ADHD e DB
esista un rapporto complesso che ancora non conosciamo bene, per esempio che un problema faccia
seguito all’altro condividendo alcuni aspetti “nucleari” (l’impulsività) con una forte componente
ereditaria ma un’espressività molto variabile nelle diverse fasi dello sviluppo.
La comorbidità con i Disturbi d'ansia indica un quadro psicopatologico più complesso e forse più
grave; dai dati sulla bipolarità in età adulta emerge che la associazione di DB ed attacchi di panico
(è riportata una prevalenza di attacchi di panico del 21% in soggetti con disturbo bipolare,
soprattutto di I tipo) si associa ad un'insorgenza più precoce (17 anni) e ad una sintomatologia più
grave (alti livelli di depressione, ideazione suicidaria, maggiore resistenza al trattamento).
Negli adolescenti BP è descritta una prevalenza di Disurbo d’Ansia del 33%; in adolescenti con DB
sottosoglia la percentuale è del 29,3%. In adolescenti con sintomatologia maniacale la percentuale è
circa del 50%. In bipolari prepuberi la percentuale è del 22,6%, se subsindromici del 45,2%, in
prescolari con DBI del 70%, negli scolari del 76%. La comorbidità ansia-mania descritta è una
comorbidità ansiosa multipla (Disturbo ossessivo-compulsivo, fobia sociale e disturbo da panico).
Appare un po’ paradossale la copresenza nello stesso paziente di sintomi così apparentemente
opposti: la paura di parlare in pubblico, il senso di inferiorità si accompagnano a sensazioni di
grandiosità e a logorrea. Probabilmente i sintomi ansiosi attraversano la fase depressiva e
persistono durante la fase maniacale, come a rappresentare il nucleo depressivo del paziente BP.
La complessità clinica descritta ha spinto i ricercatori a definire ulteriormente dei sottogruppi
fenotipici del Disturbo bipolare in età evolutiva e negli ultimi anni si è assistito ad un proliferare di
clusters sintomatologici individuati secondo criteri diversi (età, decorso, sintomi prevalenti etc).
A tal proposito citiamo la classificazione descritta nel 2003 dal gruppo di Leibenluft, che ha
segnalato tre possibili tipologie di Disturbo Bipolare in età evolutiva:
• Fenotipo narrow: episodi ipomaniacali (DSMIV)
• Fenotipo intermedio: ipomania NAS (durata 1-3 giorni), ipomania irritabile(durata
episodica), ipomania irritabile NAS (durata:1-3 giorni)
• Fenotipo broad: aumentata reattività alle frustrazioni e agli eventi negativi, iperarousal
cronico, cronicità, tristezza o rabbia, comorbidità. Hp: evoluzione verso l’ipomania.
Riportiamo Appendice le definizioni dei sintomi bipolari in età evolutiva, distinte in alterazioni
dell’umore, psicomotorie, cognitive e neurovegetative. Di seguito una tabella riassuntiva.
18
SINTOMI BIPOLARI NEI BAMBINI

Irritabilità: severa, persistente e spesso violenta;

umore espansivo;

estrema tristezza o perdita di interesse nei giochi;

pensieri di morte;

“tempeste affettive” (rapidi cambiamenti di umore che durano da poche ore a pochi giorni);

agitazione, iperattività, distraibilità;

scarsa capacità a tollerare le frustrazioni;

diminuzione del bisogno di sonno o, al contrario, eccessivo bisogno di sonno;

ansia di separazione (paura a dormire da solo, a rimanere da solo in casa);

appetito aumentato nei confronti di farinacei e dolci;

pianto frequente;

aumentato interesse in progetti ed attività;

impulsività, accelerazione del pensiero, logorrea;

esplosività “temperamentale” che si manifesta in condotte eteroaggressive nei confronti dei pari, dei
genitori, degli insegnanti e/o in comportamenti pericolosi (es. tentare di scendere da una macchina
in corsa, oppure saltare da un banco all’altro etc.);

maggiore ed inappropriato interesse per la sessualità;

grandiosità, estrema ed incongrua fiducia nelle proprie capacità (es.capacità di volare)

crisi di rabbia accompagnate da momenti di tristezza e sensi di colpa;

disturbi del pensiero e allucinazioni (più rari);

euforia (nei bambini di età superiore ai 9 anni).
19
Le controversie e la Severe Mood Disregulation
Le controversie principali a proposito della diagnosi di DB ad insorgenza precoce riguardano la
presenza o meno di episodi definiti, la durata dell’episodio quando è riconoscibile, la presenza di
sintomi specifici (variabili di sviluppo) necessari per fare diagnosi, il significato stesso di alcuni dei
sintomi (ovvero: comportamenti che nell’adulto e anche nell’adolescente hanno un significato
indiscutibilmente patologico, nel bambino potrebbero avere un valore del tutto diverso).
E’ molto raro poter riscontrare nei bambini con DB una vera episodicità, simile a quella dell’adulto;
molto più spesso la diagnosi deve essere presa in considerazione di fronte a quadri di instabilità
umorale e comportamentale cronici, con sbalzi di umore nel corso della stessa giornata e con una
sintomatologia descritta “atipica”.
Il bambino bipolare può sembrare irritabile, iperattivo e distraibile. Può presentare scatti di ira e
comportamenti aggressivi, in genere in seguito ad eventi frustranti (rimprovero, votazione scadente,
litigio con un fratello o con un compagno, rifiuto di fronte ad una richiesta, a un “no”).
Gli insegnanti descrivono questi bambini come adeguati e riflessivi nel rapporto uno a uno ed
ingestibili in gruppo. Sono espansivi, a volte volgari nel linguaggio e nei gesti (frequenti i contenuti
sessuali) e sempre grandiosi (descrivono i loro superpoteri e possono mettersi in situazioni di
pericolo; generano in chi si occupa di loro rabbia, preoccupazione e stato di allerta). Nello stesso
tempo possono riferire pensieri di morte (voler morire).”.
Il genitore è sconcertato di fronte agli sbalzi umorali (“Un attimo è dolcissimo, poi
improvvisamente si arrabbia ed esplode”). Sono bambini che hanno difficoltà nelle situazioni di
gruppo, soprattutto se competitive (sport, associazioni) e tendono a cambiare sport o attività dopo
pochi mesi, spesso in seguito alla segnalazione del loro comportamento (“E’ andato bene per i primi
giorni, poi ci hanno chiamato” riferiscono frequentemente i genitori).
Nello stesso tempo possono essere simpatici e creativi.
La variabilità sintomatologica ha indotto molti clinici ad effettuare diagnosi di Disturbo Bipolare
Non Altrimenti Specificato, dinanzi a quadri clinici che non soddisfacevano del tutto i criteri
previsti per fare diagnosi. Così come per i BP adulti, i DBNAS per l’età evolutiva sono divenuti un
grosso pentolone, dai limiti poco definiti.
Pertanto nel 2006 è stato coniato un nuovo cluster clinico, probabilmente destinato ad accogliere
numerosi bambini nei prossimi anni: Severe Mood Disregulation, caratterizzata da umore
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anormale di base ( irritabilità cronica ed estrema, rabbia e/o tristezza, evidente agli altri e presente
per la maggior parte del tempo), accompagnatö da sintomi di iperarousal (almeno tre dei seguenti
sintomi: insonnia, stanchezza fisica, distraibilità, pensieri veloci o fuga delle idee, logorrea,
invadenza, e maggiore reattività a stimoli emotivi negativi) ed aumentata reattività agli stimoli
emozionali negativi almeno 3 volte a settimana; i sintomi possono iniziare prima dei 12 anni,
persistere per almeno un anno (senza alcun periodo libero da sintomi che superi i due mesi) e
causano danneggiamento nel funzionamento in almeno due aree (casa, scuola, pari). Attualmente
l’SMD viene spesso utilizzata invece di fenotipo broad del DB, ma non è ancora chiaro quanto
l’SMD costituisca un fenotipo di DB o sia un quadro clinico a sé stante.
Sicuramente è una condizione clinica che si ritrova frequentemente, per la quale si stima una
prevalenza attorno al 3%, superiore a quella descritta per la depressione ed il Disturbo bipolare nei
bambini. Bambini con SMD incontrano i criteri per diverse diagnosi del DSMIV Asse I,
principalmente Disturbi del comportamento, Disturbo d’ansia e Disturbo Depressivo; di
quest’ultimo sembra essere precursore. Non è però ancora chiaro il rapporto tra SMD e Disturbo
Bipolare.
In età di giovani adulti, soggetti con SMD sviluppano un Disturbo Depressivo con maggiore
frequenza rispetto ai controlli.
Potrebbe l’SMD essere una presentazione della depressione?Quale il significato della scarsa
percentuale di SMD che evolvono in DB? Potrebbero essere bipolari che sperimentano la fase
depressiva del DB? Potrebbero incontrare i criteri per il DB più in là negli anni?Importante capire
le differenze per l´intervento farmacologico.
Ulteriore dibattito deriva dalla comprensione del rapporto tra bipolarità in età evolutiva e bipolarità
adulta: i risultati non sono omogenei. Uno studio di follow up a 4 anni sottolinea una sostanziale
stabilità della diagnosi tra età pediatrica ed adolescenza (Geller, 2004). Risultati non omogenei da
studi prospettici su minori con DB NAS subsindromico: nell’Oregon, in un campione di adolescenti
di 16 anni rivalutati dopo 4 anni, solo il 2% sviluppò un DB, mentre il 40,9% soddisfava i criteri per
Disturbo Depressivo Maggiore (Lewinsohn PM, 2000). Nello studio di Birmaher et al. (2006)
condotto su minori di 12 anni con DB NAS rivalutati dopo due anni, il 30% era evoluto verso un
DBI e DBII; gli autori sottolineano come molti pazienti non soddisfavano a distanza i criteri per
DBI e DBII a causa dei criteri di durata, come ad indicare che tali soggetti potevano ritrovarsi in
una fase prodromica tardiva. Il DSM IV non cattura la ciclicità ultradiana tipica dei giovani BP:
Sono sicuramente necessari ulteriori studi.
21
Infine, all’interno delle controversie, ci si chiede quanto gli strumenti diagnostici utilizzati possano
essere del tutto “a misura della mente” di un bambino. Bisogna tenere sempre presente che la
diagnosi di un episodio “affettivo” in un bambino richiede non solo che il bambino “provi” il
sintomo (ad esempio, uno stato di eccitazione diffuso e abnorme), ma che sia anche in grado di
parlarne. La capacità del bambino di riflettere su pensieri, emozioni appartenenti al proprio mondo
interno si sviluppa gradualmente e costringe il clinico a fare affidamento su quanto riportato
dall’adulto: il quale può non avere alcun accesso ad alcuni sintomi (ad es., l’accelerazione dei
pensieri) oppure può avere una visione distorta dei comportamenti del bambino per diversi fattori
(non ultimi, quelli attinenti gli stessi stati mentali in gioco nell’adulto stesso).
22
Capitolo 2. La genetica e la neurobiologia: alla ricerca di una causa
Il DB è una malattia complessa derivante dall’interazione di una suscettibilità genetica ancora da
determinare, con determinanti biologiche, psicologiche e sociali. Enorme è, infatti, la complessità
dei meccanismi che sottendono le manifestazioni psicopatologiche e non solo neurochimici e
genetici. Diversi fattori operano insieme attraverso una gerarchia di predisposizioni.
La vulnerabilità genetica può essere, infatti, una predisposizione alle anomalie biochimiche solo
sotto l’azione di alcuni meccanismi psicologici; queste anomalie biochimiche possono costituire
una predisposizione a disturbi psicologici solo in presenza di un determinato pattern di
socializzazione. Esistono, quindi, fattori permissivi che costituiscono la predisposizione e cause
efficienti che la realizzano. Inoltre, fattori di vulnerabilità possono variare nel tempo, anche come
cause permissive ed efficienti e, con lo sviluppo, l’organizzazione dei diversi sistemi biologici e
psicologici e l’integrazione tra questi, può introdurre fattori protettivi rispetto alla manifestazione di
un disturbo.
Il possibile ruolo della componente ereditaria è suggerito dall’osservazione che in famiglie in cui
esistono casi di depressione negli ascendenti (genitori, nonni), la depressione generalmente è
presente anche nei collaterali (zii, fratelli, cugini) e nei discendenti. Ciò è particolarmente evidente
per le forme bipolari.
Inoltre, la frequenza delle forme affettive nei genitori biologici dei bambini adottati che avevano in
seguito manifestato una sindrome depressiva o maniaco depressiva, è superiore a quella osservata
nei genitori adottivi, con un’incidenza di suicidi da 6 a 10 volte maggiore.
Ed ancora, i gemelli omozigoti allevati separatamente hanno una concordanza che va dal 40 al 60%
simile a quella dei gemelli allevati insieme.
Le ricerche genetiche molecolari hanno rafforzato l’idea di dover ricercare un’alterazione genetica
come fattore patogenetico nei disturbi dell’umore, anche se la modalità di trasmissione non può
essere inquadrata in un modello mendeliano a gene singolo. La percentuale di ereditarietà del DB si
muove tra il 40% nel caso della definizione narrow al 97% considerando il concetto di spettro. Studi
sul genotipo indicano il possibile ruolo di alcune regioni geniche: 6q16-q22, 12 q23-q24, 9p22-p21,
10q21-q22, 14q24-q32, 13q32-q34 e 22q11-q22 e del cromosoma 18. Geni candidati sono il COMT
(catecol-O metiltransferasi), il BDNF (fattore neurotropico), il DAT1 (trasportatore della
dopamina), il gene CLOCK (umano circadiano) e il GSK 3-beta (glicogeno-sintetasi chinasi 3 beta),
l’SLC6A4, allele 66 val del BDNF associato al BP pediatrico. Il DAT (trasportatore della
23
dopamina) gioca un ruolo centrale nella regolazione della neurotrasmissione dopaminergica
attraverso il reuptake della dopamina sinaptica, Il gene DAT (SLC6A3 localizzato sul cromosoma
5) è un gene candidato per parecchi disturbi psichiatrici. Il DAT è espresso selettivamente in tutti i
neuroni dopaminergici, inclusi quelli che originano nella sostanza nigra e nel tegmento ventrale,
con proiezioni neuronali allo striato, al nucleo accumbens, alla corteccia prefrontale ed
all’ipotalamo. Effetti fisiologici sulla variazione nell’espressione DAT è stata dimostrata nei topi
associata a manifestazioni fenotipiche, includenti iperattività, deficit senso motori e cognitivi e
disregolazione del sonno. Analisi di linkage hanno evidenziato che l’SLC6A3 è associato
all’ADHD, pertanto la comorbidità ADHD BP potrebbe rappresentare un sottotipo familiare
distinto. La regione 3 dell’SLC6A3 può essere un locus di suscettibilità per il DB, correlata al
trasporto della dopamina (in modelli animali si è visto che una riduzione o l’interruzione della
funzione di trasportatore per la dopamina porta ad un diminuito tono dopaminergico, iperattività e
deficit nel comportamento inibitorio).
A sostegno dell’ipotesi genetica gli studi sulla familiarità, che descriveremo più in dettaglio in
seguito. In sintesi, gli offspring dei pazienti BP manifestano livelli più elevati di psicopatologia
rispetto ai controlli. Rispetto al trattamento è stata ritrovata una maggiore efficacia del VPA nei figli
BP con doppia familiarità (loading genetico multiplo?).
La vulnerabilità genetica è, quindi, probabilmente legata all’azione potenziale di un unico gene
implicato nei fenomeni di neurotrasmissione o a quella di più geni capaci di interagire tra loro ma
anche con l’ambiente. Negli anni ’90 l’osservazione di De Paulo e Mc Innis che, in presenza di
familiarità per DB, l’età di insorgenza del DB era più precoce (9-13 anni), aveva suggerito che
questo potesse essere legato all’anticipazione genetica, fenomeno conosciuto in diversi disturbi
neurologici (es, corea di Hungtinton), che si riferisce ad un aumento della severità della malattia o
ad una diminuzione dell’età di esordio nelle successive generazioni. Studi in proposito sui bipolari
hanno portato a risultati diversi.
Più elementi, quindi, epidemiologici, clinici, genetici e terapeutici depongono per un’eterogeneità
genetica e fenotipica della malattia: esiste, infatti, una certa discordanza tra i gemelli monozigoti;
non tutti i soggetti con storia familiare positiva sviluppano la malattia; sono stati ritrovati diversi
linkages e la risposta al litio è molto variabile. Devono, quindi, esistere fattori addizionali, non
genetici, che influenzano l’espressione delle sindromi affettive.
Inoltre, la trasmissione delle informazioni genetiche non è sistematica né completa; solo una piccola
parte del genoma viene trascritto. Le nostre esperienze, infatti, possono influenzare in maniera
diretta la trascrizione, e quindi le modalità con cui i geni vengono espressi attraverso la sintesi
24
proteica. Per quanto riguarda lo sviluppo del sistema nervoso, ciò vuol dire che, sui processi che
portano allo sviluppo dei circuiti neuronali, le esperienze esercitano un effetto diretto, inducendo la
formazione di nuove connessioni sinaptiche, modificando quelle preesistenti o favorendone
l’eliminazione.
Gli effetti d interazione tra fattori genetici e fattori di rischio conosciuti potrebbero nella patologia
bipolare aiutarci a comprendere il meccanismo sottostante il momento di insorgenza della malattia e
le fasi di ricorrenza.
Sia negli adulti che negli adolescenti con disturbo unipolare è nota l’associazione tra l’insorgenza
dell’episodio depressivo maggiore ed eventi di vita non desiderabili.
Nei bambini e negli adolescenti fattori che possono contribuire all’insorgenza di un disturbi
affettivo sono: eventi di perdita e di separazione da figure significative, maltrattamenti ed abusi,
traslochi o cambiamenti importanti nei contesti di vita, malattie fisiche, fallimenti scolastici,
fallimenti amorosi (in adolescenza), uso di sostanze che destabilizzano l’umore: alcool, sostanze
d’abuso (compresi cannabinoidi), farmaci (compresi gli antidepressivi).
Un altro fattore di rischio descritto per i disturbi affettivi è il temperamento: si ipotizza che specifici
profili temperamentali o tratti possano predisporre al disturbo bipolare, anche attraverso un’
esposizione progressiva ad eventi di vita stressanti. Temperamento come marcatore di vulnerabilità?
In tal senso, studi su offspring di genitori bipolari, evidenziano un’associazione tra emozionalità
(dimensione del temperamento) e presenza di patologia psichiatrica, in particolare disturbi
dell’umore. Ciò che non è chiaro è se un’elevata emozionalità sia realmente un tratto
temperamentale o possa costituire una variante subsindromica del disturbo. L’alta emozionalità è un
precursore o una conseguenza della psicopatologia? (Duffy et al, 2007)
Oltre alla vulnerabilità genetica, un ruolo rilevante nel disturbo bipolare assumono le modificazioni
neurotrasmettitoriali.
Le prime indicazioni sui rapporti tra neurotrasmettitori e disturbi dell’affettività sono scaturite dalla
psicofarmacologia clinica: la reserpina, che determina una deplezione neuronale di monoamine, si
associa in molti casi a depressione; farmaci ad azione antidepressiva (IMAO e triciclici)
incrementano stabilmente i livelli di catecolamine e/o di serotonina; le amine simpaticomimetiche,
che inducono la liberazione di catecolamine, si accompagnano ad una transitoria eccitazione
psichica. Secondo la teoria dualistica di Bruno ed Himwic la patologia affettiva è dovuta
all’alterazione del rapporto serotonina-catecolamine cerebrali: uno spostamento dell’equilibrio a
favore della serotonina, con riduzione della noradrenalina, indurrebbe una sintomatologia
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depressiva; al contrario, un deficit di serotonina con un aumento dei livelli di noradrenalina
corrisponderebbe al quadro maniacale.
Con il tempo si è visto che l’ipotesi aminergica non è in grado di spiegare una serie di osservazioni
cliniche: il tempo di latenza prima dell’inizio della risposta clinica agli antidepressivi triciclici e agli
IMAO si contrappone alla immediatezza della loro azione di blocco dei sistemi di riassunzione della
serotonina; ed ancora in alcuni pazienti l’inizio della malattia si associa ad un aumento dei livelli di
norepinefrina nel liquor e nel plasma.
Certamente molte discrepanze possono essere risolte tenendo presente che l’azione degli
antidepressivi si esercita anche su processi diversi da quelli dell’accumulo e della riassunzione dei
neurotrasmettitori: per esempio essi inducono un aumento, ritardato ma di lunga durata, della
sensibilità dei recettori per la serotonina ed una diminuzione della sensibilità degli autorecettori beta
adrenergici che normalmente inibiscono la liberazione delle catecolamine. Nello stesso tempo un
trattamento a lungo termine esalta l’attività dei recettori alfa uno. Sicuramente, quindi, l’ipotesi
aminergica da sola non è sufficiente a spiegare la patologia affettiva, per cui ci si è orientati verso
un’ipotesi di multifattorialità neurotrasmettitoriale, che potesse aiutare a comprendere i dati
contradditori.
Negli anni, quindi, diversi neurotrasmettitori sono stati considerati fattori patogenetici importanti,
dai metaboliti anomali delle catecolamine ai peptidi endogeni come le endorfine, fino ad arrivare
alle ipotesi più recenti ed allo studio del ruolo della dopamina.
E’ infatti accertato che le emozioni basilari (perdute nella depressione, iperintense nella mania)
sono sotto il controllo del sistema dopaminergico mesolimbico.
La dopamina ha un ruolo cruciale nel controllo del desiderio, delle motivazioni ad agire e del
piacere (i neuroni dopaminergici originano nell’area ventrotegmentale ed innervano il nucleus
accumbens, in cui vi è anche dopamina). La dopamina è implicata come mediatore nelle aree del
funzionamento psichico legate al rapporto dell’individuo con l’ambiente ed alla risonanza emotiva
soggettiva di tale rapporto (curiosità, esplorazione dell’ambiente, adattamento alle variazioni,
ricerca di esperienze gratificanti). Ciò non esclude, ovviamente, la possibilità di un’interazione tra
la dopamina ed altri neurotrasmettitori.
Attualmente, infatti, si è concordi nel ritenere, alla base dello stato di attivazione maniacale, una
patogenesi multifattoriale, in cui i diversi sistemi neurotrasmettitoriali agiscono in interdipendenza
funzionale. Probabilmente, i diversi neurotrasmettitori hanno un ruolo nella patogenesi delle diverse
componenti cliniche della depressione e della mania. L’ipertono funzionale dopaminergico e
noradrenergico (su cui agiscono rispettivamente i farmaci antipsicotici ed i beta bloccanti)
26
sarebbero entrambi alla base dell’innalzamento dell’umore: il sistema noradrenergico sarebbe
responsabile principalmente delle alterazioni cognitive e della vigilanza, quello dopaminergico
dell’iperattività e della particolare modalità di relazione con l’ambiente; l’ipotono serotoninergico
indurrebbe il disturbo del sonno, dell’alimentazione e l’aumento delle libido. In tale interdipendenza
interverrebbe anche un ipotono gabaergico (sul quale possono risultare utili le benzodiazepine).
Nel cervello adolescente esiste uno “sbilanciamento” fisiologico nell’equilibrio tra i diversi
neurotrasmettitori, con una relativa iperattività dopaminergica: la conseguenza è che negli
adolescenti il sistema che spinge ad agire e promuove l’iniziativa è prevalente rispetto ai sistemi che
frenano o inibiscono (sistemi GABAergico e serotoninergico).
I dati della psicofarmacologia indicano, inoltre, l’efficacia dei farmaci antiepilettici; ciò fa
ipotizzare, alla base delle alterazioni comportamentali ed affettive dei pazienti bipolari, un
meccanismo di kindling.
Nel 1958 Alfonso de Florida e Dalgado formularono l’ipotesi del kindling in ambito epilettologico,
ipotesi poi approfondita e definita neurofisiologicamente da Goddard nel 1969: brevi impulsi
elettrici, ad alta frequenza ma sottosoglia, sensibilizzerebbero allo stimolo i neuroni a livello
limbico e corticale inducendo l’insorgenza di una scarica epilettiforme. Negli anni seguenti tale
fenomeno è stato importato nel contesto psichiatrico ed utilizzato per spiegare il disturbo bipolare:
l’alternanza ciclica di episodi di alterato tono dell’umore può facilitare lo sviluppo di episodi
successivi. Lo stesso fenomeno potrebbe spiegare i fenomeni di passaggio all’atto osservabili tanto
nei disturbi del controllo degli impulsi quanto nel craving tossicomanico (Malcolm et al. 2000).
Sulla base di tale ipotesi si fonda l’impiego degli AED (antiepilettici), pur rimanendo poco chiaro il
reale meccanismo d’azione. Probabilmente esistono vari meccanismi associati tra loro: a livello
della mambrana cellulare gli AED esercitano la loro azione sui canali ionici del Na, del K e del Ca;
tendono, inoltre, ad inibire la neurotrasmissione eccitatoria del glutammato, in particolare
riducendone il rilascio; ed ancora inibiscono l’anidrasi carbonica, inducono una modulazione
negativa dei canali del calcio ed inibiscono la fosfochinasi C che interagisce sul sistema dei secondi
messaggeri.
Non sorprende quindi l’attuale tendenza della ricerca verso lo sviluppo di farmaci che agiscano sui
secondi messaggeri, tenendo anche presente che i sali di litio, efficaci nelle forme maniacali,
bloccano l’inositolo 1 fosfatasi, che determina l’accumulo dell’IP3 (inibitolo trifosfato), attivo sul
metabolismo del calcio. L’inibizione di questo enzima probabilmente riduce la capacità di risposta
dei neuroni che hanno come recettori per i neurotrasmettitori quelli accoppiati all’IP3.
Le possibilità sono quindi varie ed altrettante le combinazioni tra loro .
27
Ciò che non è del tutto noto è cosa induca tali alterazioni biochimiche: un’origine genetica, una
risposta allo stress, ad un eventuale trauma affettivo o a condizioni ambientali, né chiaro quante
esse siano e come interagiscano tra loro.
Quali le aree cerebrali coinvolte nella patologia bipolare?
Le strutture interessate sono l’amigdala, la corteccia prefrontale e i circuiti che interessano queste
due aree. Gli ultimi studi di neurobiologia indicano un’ iperattivazione dell’amigdala nei bambini
bipolari, che non sembra però essere specifica, in quanto presente anche nei soggetti ansiosi e con
disturbo di personalità; un ridotto volume dell’amigdala nei bambini bipolari, mentre negli adulti
può essere ridotto, uguale o aumentato. Tali differenze potrebbero essere dovute al ruolo dei
farmaci, alla durata della malattia o alla ricorrenza degli episodi. Negli adulti bipolari sono state
ritrovate anche differenze quantitative: minore sostanza grigia con minore densità neuronale e gliale
a livello della corteccia prefrontale; nei BP EO anomalie nella sostanza bianca; studi di
spettroscopia (valutazione dei marcatori neuronali), hanno evidenziato una rilevante diminuzione
della densità dell’ N-acetil aspartato, marcatore dell’integrità neuronale, nella corteccia prefrontale
dorso laterale e a volte nell’ippocampo negli adulti, moderata nei giovani adulti e tardi adolescenti
bipolari e mediamente diminuita o immodificata in bambini e adolescenti. E’ stata ritrovata una
correlazione negativa tra durata media della malattia e dose di marcatore, indicando che le
differenze neurobiologiche in pazienti bipolari dipendono dall’età: la densità neuronale prefrontale
è intatta nei bambini bipolari ma gradualmente diminuisce con l’aumento della durata della
malattia, come se tra le fasce di età ci fosse un progressivo processo neurodegenerativo. Eppure la
neuro degenerazione potrebbe essere correlata ai farmaci, all’uso di sostanze o alla ricorrenza degli
episodi, ma potrebbe avere anche un significato evolutivo.
E’ oggi noto, infatti, che mentre le strutture sottocorticali completano la loro maturazione strutturale
e funzionale prima della pubertà, la maturazione della VPFC dipende da cambiamenti che
avvengono durante l’adolescenza. Mentre il volume della sostanza bianca del lobo frontale aumenta
in modo continuo fino all’età adulta, la sostanza grigia del lobo aumenta durante l’infanzia e la
preadolescenza, per poi diminuire nel corso dell’adolescenza. La regione dorsolateraleprefrontale
(DLPFC) è quella che matura (perde sostanza) più tardi (20 anni). Che cosa indirizzi il pruning non
è ancora chiaro; forse sopravvivono le connessioni più utilizzate mentre muoiono quelle non usate,
a sottolineare il ruolo delle attività svolte nell’infanzia e nell’adolescenza nella struttura del
cervello.
Studi funzionali supportano l’ipotesi della progressione, riportando una sottoattivazione delle
strutture prefrontali (dorso laterale, mediale e ventrale) negli adulti bipolari. Studi analoghi nei
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bambini bipolari indicano un’iperattivazione delle strutture prefrontali. Nasce così il modello del
funzionamento anomalo limbico-prefrontale nei bipolari: durante le fasi iniziali della malattia
l’integrità neuronale della corteccia prefrontale è preservata ed iperattivata durante i cambiamenti
umorali per regolare l’iperattivazione limbica; dopo fasi prolungate di malattia (o semplicemente
per modifiche evolutive) e successiva neuro degenerazione prefrontale, l’attivazione prefrontale
diminuisce rispetto ad un’iperattività limbica continua.
E’ noto che tra sei mesi ed un anno di età, “periodo chiave per la regolazione futura degli stati
affettivi”, a livello dell’area prefrontale si osserva un aumento della liberazione di dopamina.
Pertanto, si deduce che l’esposizione a fattori stressanti anche precoci possa predisporre a un
successivo malfunzionamento di questa area del cervello.
La familiarità
Scriveva Byron: “Ultimamente mia madre si è comportata con me in un modo tanto eccentrico…
Ha un carattere così instabile, e, quando è infiammato, così furioso, che temo di incontrarla…lei
piomba in un attacco di frenesia… Il suo metodo è così violento, così capriccioso, che non lo
sopporterebbe neanche la pazienza di Giobbe”2.
Numerosi studi sottolineano l’elevata vulnerabilità a sviluppare disturbi dell’umore ed altri disturbi
psichiatrici nei figli di pazienti bipolari. Studi sugli offspring di genitori BP indicano un elevato
rischio di sviluppare bipolarità così come Disturbi d’ansia, MDD e ADHD (Lapalme et al 1997,
Chang et al 2000, etc.).
In una meta analisi Lapalme et al, nel 1997 analizzarono 17 studi di offspring di genitori BP
condotti tra il 1979 e il 2003, e riportarono una diagnosi asse I DSM IV nel 52%, includendo un
27% con disturbo affettivo, paragonata al 29% (8,3% affettivo) nel campione di controllo. Gli
offspring BP hanno 2,7 volte maggiore probabilità di sviluppare un disturbo psichiatrico, e 4 volte
di più di sviluppare un disturbo affettivo rispetto ai controlli
Nel 2000 Chang et al in uno studio su 60 bambini con almeno un genitore bipolare trovarono che
nel 15% vi era un Disturbo Depressivo maggiore o distimia, nel 15% BP o ciclotimia e nel 28%
ADHD.
2
Henry James, “The art of fiction” in Portial Portrait, Haskell, New York, 1968.
29
Reichart et al nel 2004, in uno studio su 132 adolescenti e giovani adulti offspring di genitori
bipolari ritrovarono un disturbo psichiatrico lifetime nel 49% del campione. Nessuno di questi due
studi includeva un gruppo di controllo. Nel 2005 Henin et al indicarono i disturbi dirompenti del
comportamento, i disturbi d’ansia e la depressione precoce marcatori di rischio per un successivo
disturbo bipolare in un campione ad alto rischio. Quest’ultimo studio comprendeva anche un gruppo
di controllo, costituito però da soggetti con familiarità per altri disturbi psichiatrici.
Singh et al nel 2007 hanno svolto uno studio su 37 bambini ed adolescenti (8-17), con almeno un
genitore con DBI, in assenza di familiarità per Disturbi Psichiatrici Asse I paragonati ad un gruppo
di controllo .
Il gruppo OBP presentava alte percentuali di qualunque diagnosi DSMIV Asse I (78% vs 24%); il
73% soddisfaceva i criteri subsindromici per almeno una diagnosi Asse I vs 24%, il 24% per
sintomi subsindromici ADHD vs 3,4%, senza però alcuna significatività per i sintomi
subsindromici.
Presentavano alte percentuali di Disturbi affettivi (distimia, MDD, BDI, BDII, ciclotimia e BD
NAS, senza differenze significative). Non differenze statisticamente significative nelle percentuali
di Disturbi d’ansia, mentre percentuali elevate e statisticamente significative sono state ritrovate
per ADHD, DC e DOP.
I disturbi del comportamento potrebbero essere prodromici per lo sviluppo di un disturbo
dell’umore in figli di genitori con DB.
Come è evidente da questa breve rassegna, se da una parte è confermato il maggior rischio
psicopatologico per i minori con familiarità per disturbo dell’umore, diversi sono i limiti che si
riscontrano negli studi di offspring: frequente assenza di un gruppo di controllo, presenza nello
stesso gruppo di genitori unipolari e bipolari, diagnosi senza interviste strutturate o semistrutturate,
non attribuzione di livelli di severità dei sintomi.
Un dato comune è l’indicazione a descrivere, nei prossimi studi su campioni a rischio, oltre a gruppi
sindromici anche gruppi subsindromici, che presentano un grado intermedio di sintomatologia
maniacale, al fine di valutare possibili costellazioni sintomatologiche, che potrebbero costituire dei
fenotipi a rischio o prodromici.
30
E´possibile individuare il rischio precoce di DB?
La complessità e le controversie descritte ci invitano a riflettere sulla possibilità di individuare
criteri che ci permettano di selezionare i criteri di rischio di disturbo bipolare.
La bipolarità ad insorgenza precoce è definita più severa, più resistente al trattamento, più
compromettente sul piano del funzionamento, si associa a maggiori percentuali di comorbidità
psichiatrica, inclusa ADHD, DOP, DC, Disturbi D’Ansia e abuso di sostanze. Sarebbe opportuno
identificare la fase prodromica, intendendo per prodromo la fase dei primi cambiamenti dinamici
nel comportamento e nello stato mentale, che si colloca temporalmente tra le anomalie premorbose
stabili ed il primo episodio sindromico del disturbo. Ci sono segni e sintomi specifici che precedono
il primo episodio di maniacalità? Come è possibile identificare individui ad alto rischio per BPD?
A tale proposito numerosi i tentativi.
Seguendo l´approccio genetico che abbiamo descritto in precedenza, è evidente che la strategia
genotipica non contribuisce ad un’identificazione precoce del rischio, in quanto è limitata
dall’eterogenicità del DB.
Secondo un approccio endofenotipico, numerosi sono i possibili endofenotipi ricercati nei BP:
anomalie nella struttura e nelle funzione cerebrale (già descritti), soglia sensoriale, architettura del
sonno, ritmo circadiano, funzionamento neuro cognitivo, tratti caratteriali e temperamentali.
Inconcludenti gli studi neurochimici, mentre quelli neuro cognitivi hanno indicato un deficit nel
funzionamento esecutivo negli adolescenti a rischio familiare che sviluppano un DB.
Altri candidati endofenotipici sono i tratti temperamentali e di personalità, precedentemente
accennati; nei BP rispetto ai controlli ritrovata ipertimia, ricerca di novità, ciclotimia e disinibizione
comportamentale (Hirshfeld-Becker DR., 2006).
Nonostante i numerosi endofenotipi ritrovati tale approccio da solo non appare sufficientemente
robusto ne´specifico a definire il rischio di malattia.
Un terzo approccio e´quello clinico, utilizzato non con il fine di identificare individui a rischio per
DB, ma per selezionare campioni omogenei. Ciò è probabilmente dovuto alla complessità del
disturbo ed alle caratteristiche cliniche (durata degli episodi maniacali, definizione di mania etc) che
rende poco valido il sistema diagnostico di classificazione. Nonostante tali difficoltà l’approccio
clinico ha permesso di identificare fenotipi in relazione all’età di insorgenza, allo stato del primo
episodio, alle caratteristiche fenomenologiche (euforia, psicosi, ciclicità rapida etc.) o risposta al
trattamento. E’ stato possibile identificare clinicamente fenotipi che precedono la mania che
includono:
31
o fenotipi con sintomi dello spettro bipolare e tratti subsindromici (tardivamente
prodromici);
o fenotipi con sintomi attenuati o sottosoglia (precocemente prodromici);
o fenotipi caratterizzati da depressione unipolare:
o fenotipi caratterizzati da disturbi in comorbidità con i DB;
o fenotipi Subsindromici: ciclotimia, DB NAS, Disturbi dell’Umore NAS o disturbi
dello spettro depressivo.
La ricchezza fenomenica non facilita l´individuazione di chiari e assoluti fattori di rischio.
Pensiamo alla complessità dei DBNAS.
Studi su giovani in età prepubere ad alto rischio familiare per bipolarità hanno definito predittori per
DB NAS “cambiamenti rapidi nell’umore da felice a triste” e “irritabilità durante i periodi di umore
espanso”, coniando il termine di ciclotassia.
Sebbene pochi siano gli studi sui sintomi prodromici che precedono il primo episodio maniacale, i
risultati suggeriscono che i pazienti sperimentano una varietà di sintomi prodromici: umore
depresso o hopelesness (dal 33% al 53%), mania/iperattività (32%-47%), discontrollo (dal 9 al
38%), diminuito bisogno di sonno (24%) e variazioni umorali (13%), crisi di pianto (26%) ed
ipersensibilità (24%); psicosi ed idee suicidarie dopo i 9 anni (5-104-105)
Tutti questi studi hanno limitazioni metodologiche, correlate al tempo che intercorre tra i sintomi e
l’intervista. Un recente studio su minori con esordio maniacale, ha identificato con un scala
strutturata i prodromi: la sintomatologia prodromica consiste in una psicopatologia generale non
specifica e mista (ridotto funzionamento scolastico 65%, labilità umorale 58%, crisi di rabbia 48%,
isolamento sociale 44%, ansia 42%) ed attenuati sintomi dello spettro maniacale (irritabilità 61%,
aumentata energia/iperattività: 50%, agitazione psicomotoria 48%.
Studi prospettici sono necessari per ottenere maggiori informazioni sulla specificità e sul potere
predittivo di sintomi individuali e sulla costellazione di sintomi.
Inoltre, come abbiamo visto, la depressione unipolare è la prima manifestazione del DB in
preadolescenza ed in adolescenza nel 50% dei pazienti (Perlis RH, 2005). Durante gli episodi
depressivi di bambini ed adulti BP sono stati ritrovati irritabilità e rabbia, ma non è chiaro se tale
combinazione di sintomi rappresenti un fattore di rischio per i DB. Nella depressione unipolare
ricorrente sono stati ritrovati sintomi dello spettro maniacale dal 50 al 70%. Quali le differenze
cliniche e biologiche tra le depressioni unipolari e quelle bipolari?
Un ruolo in un approccio clinico spetta anche alla comorbiditä. Tra i disturbi più comuni in
comorbidità e che precedono la diagnosi di DB, depressione, disturbo d’ansia, uso di sostanza e nei
32
giovani ADHD, DOP e DC. In gruppi ad alto rischio ansia, ADHD e disturbi del Comportamento
sono indicatori clinici precoci di una bipolarità impending (Henin A, 2005). Come abbiamo visto in
precedenza, l´ADHD è stata indicata come marcatore di rischio o espressione sintomatologica
alternativa di un sottogruppo familiare di DB.
Sebbene molte comorbidità precedano o accompagnino l’insorgenza del DB, non è chiaro se queste
siano condizioni biologicamente separate, marcatori di rischio antecedenti determinate
biologicamente, espressione della malattia prodromica, artefatti di overlapping e di sistemi di
classificazione imperfetti, o sottotipi bipolari (Valenca et al., 2005).
E´opportuno studiare le condizioni comorbose come gruppo a rischio per il DB? Non tutti questi
pazienti svilupperanno DB. Quali?
L’approccio multimodale per identificare i fattori di rischio è il più promettente: è necessario
identificare diversi sottotipi bipolari con traiettorie individuali biologiche e cliniche ed aiutare a
differenziare tra condizioni premorbose e pseudopremorbose che possano essere manifestazioni
della malattia bipolare stessa. Nei bambini e negli adolescenti è opportuno fornire attenzione
all’influenza dello sviluppo sulla presentazione dei sintomi, in particolare sulla regolazione delle
emozioni e sulla specificità dell’espressione prodromica ed endofenotipica della malattia. Oltre
all’effetto dello stato puberale!
Da Correll C.U.,2007
 Esistono nel DB prodromi che hanno una durata sufficiente per un’identificazione precoce?
 Ci sono sintomi prodromici o cluster di sintomi che hanno un sufficiente valore predittivo?
 Ci sono differenze di sviluppo nell’espressione di sintomi BP non rilevanti, prodromici,
subsindromici e sindromici?
 Quali sono gli strumenti più efficaci per l’identificazione dei prodromi?
 Le costellazioni sintomatologiche prodromiche differiscono significativamente in relazione a
variabili demografiche o di malattia?
 Ci sono vie efficaci per differenziare tra fattori di rischio, comorbidità, sintomi/sindromi del
DB?
 C’è un tempo cut-off in cui sintomi e segni prodromici cronici o persistenti perdono il loro
potere predittivo?
 In che modo le procedure di identificazione precoce possono essere trasferite dai setting di
ricerca alla pratica clinica?
33
Capitolo 3: uno studio longitudinale in un gruppo a rischio
STUDIO CLINICO
Ipotesi: un obiettivo dello studio è quantificare la familiarità di primo o secondo grado per Disturbi
dell’Umore in un campione clinico di minori con disturbi psicopatologici di età compresa tra 9 e 14
anni. Ci si propone inoltre, di valutare le caratteristiche cliniche dei minori in esame e descrivere
eventuali correlazioni tra tipologia di Disturbo dell’Umore per cui è presente familiarità e quadro
clinico psicopatologico. In tale ottica, un altro obiettivo è verificare l’evoluzione clinica a distanza
ed accertare nel tempo la presenza di una continuità-discontinuità fenotipica tra il quadro bipolare in
età pediatrica ed il disturbo bipolare in età adolescenziale (ed eventualmente giovane adulta).
A tale fine lo studio prevede un’analisi longitudinale (controllo dei minori selezionati-campione a
rischio- ogni anno per tre anni) per valutare l’evoluzione clinica. Riporteremo i risultati del primo
controllo (12-18 mesi).
Nel corso della ricerca è stata messa a punto un’intervista semistrutturata, specifica per il DB in
età evolutiva, che è però stata somministrata soltanto ad una parte del campione con familiarità
per Disturbi dell’Umore (n:15, zona di provenienza: Roma). La stessa intervista è stata
somministrata a 15 bambini della stessa fascia di età ed afferenti allo stesso Ambulatorio, che però
non presentavano familiarità. L’intervista ed il risultato del confronto tra i gruppi sono riportati in
Appendice.
Metodologie: lo screening per accertare la familiarità è stato effettuato su 70 coppie di genitori, che
hanno condotto in consultazione i propri figli di età compresa tra 9 e 14 anni presso un Ambulatorio
di Neuropsichiatria Infantile territoriale (Roma e provincia, Viterbo, Reggio Calabria) tra gennaio
2005 e giugno 2005, attraverso la somministrazione di un’intervista clinica (Family HistoryEpidemiology-FHE), specifica per la familiarità psichiatrica. L’intervista è stata somministrata ad
ogni genitore individualmente da operatori che non conoscevano il minore né il motivo della
consultazione. I minori per i quali è stata rilevata familiarità di primo o secondo grado per Disturbi
dell’Umore sono stati sottoposti ad una batteria diagnostica:
34

K-Sads (PL): intervista psichiatrica strutturata, che per ogni categoria del DSM IV prevede
una scala di valori da 0 a 3 (0: nessuna informazione, 1: sintomo assente, 2: sottosoglia, 3:
soglia;); è stato scelto un cut-off di 3 per la diagnosi clinica; i punteggi sottosoglia sono stati
segnalati e descritti come tratti clinici;

Child Depression Inventory (CDI): questionario di autovalutazione, composto da 27 items
con 3 possibilità alternative di risposta; ogni risposta si situa su una scala che va da 0 a 2
punti nella direzione di una gravità crescente della sintomatologia; il punteggio totale può
variare da 0 a 54; valori limiti 16-18, valori patologici maggiori di 19.
I genitori hanno compilato la Mania Rating Scale (MRS), intervista clinica costituita da 11 items,
per ognuno dei quali è prevista l’attribuzione di un punteggio crescente per gravità e variabile a
seconda degli items; il punteggio totale può variare da 1 a 61. La MRS si utilizza per monitorare
(attraverso la variazione del punteggio) l’andamento del quadro maniacale del minore nel tempo.
Sono stati esclusi dallo studio minori con Ritardo Mentale e/o patologie neurologiche.
Al tempo t1 (12-18 mesi da to) è stata analizzata l’evoluzione clinica dei minori, con la stessa
batteria diagnostica. Al t1 è stata considerata una variabile descrittiva in più: presenza/assenza di
terapia.
Analisi dei dati: l’analisi dei dati pervenuti è stata effettuata su 70 coppie di genitori, descritte
attraverso le seguenti variabili: età media, conviventi/separati, presenza/assenza di familiarità per
Disturbo dell’Umore monopolare o bipolare e per Disturbo d’ansia.
Le variabili considerate per il sottocampione (minori) sono: età, sesso, motivo principale della
segnalazione (disturbo internalizzante o esternalizzante), diagnosi emersa alla K-Sads (valori
soglia), punteggio ottenuto alla CDI ed alla MRS. E’stata inoltre analizzata la presenza/assenza di
cambiamenti d’umore repentini, di irritabilità e la presenza/assenza di tratti clinici (valori
sottosoglia) alla K-Sads differenziati in tratti ansiosi, tratti depressivi, tratti di iperattività, tratti di
disattenzione, tratti di impulsività. E’ stata effettuata diagnosi di Disturbo Bipolare in età evolutiva
secondo i criteri previsti dalla Linee Guida (Kowatch 2005).
Risultati: l’11% dei genitori sono separati. L’età media per le madri è di 37 anni, per i padri di 43.
Il motivo di segnalazione per i figli condotti in consultazione è un “disturbo” internalizzante nel
62% dei casi ed un “disturbo”esternalizzante nel 38% dei casi
35
70%
60%
50%
40%
Dist.Int.
30%
Dist.Est.
20%
10%
0%
Dist.Int.
Dist.Est.
Il campione dei minori è costituito dall’80.5% dei casi da maschi, dal 19,5% da femmine.
100.00%
80.00%
Maschi
60.00%
Femmine
40.00%
20.00%
0.00%
Maschi
Femmine
Il 66.6% è nato tra il 1995 e il 1997 ed il 33,3% tra il 1992 ed il 1994.
1995-1997 1992-1994
66,6%
33,3%
E’stata ritrovata familiarità per Disturbo dell’Umore nel 75% dei casi: familiarità per Disturbo
dell’Umore nel ramo materno nel 68% ed in quello paterno nel 32%. Nel ramo materno la
familiarità nel 73,6% è per Disturbo dell’Umore monopolare, per DBI nel 15,7% e per DBII nel
10,5%; nel ramo paterno per Disturbo dell’Umore monopolare nel 33,3%, per DBI nel 33,3% e per
36
DBII nel 33,3%. Familiarità per Disturbo d’Ansia si ritrova nel 41,6% delle madri e nell’8,3% dei
padri.
Familiarità DU
32%
M
P
68%
Fam DU ramo paterno
DBII
33,30%
DBI
33,30%
DU monopolare
33,30%
0,00%
5,00%
10,00% 15,00% 20,00% 25,00% 30,00% 35,00%
Fam DU ramo materno
DBII 10,50%
DBI
DU monopolare
15,70%
73,60%
0,00% 10,00 20,00 30,00 40,00 50,00 60,00 70,00 80,00
%
%
%
%
%
%
%
%
Dei 38 bambini con familiarità per Disturbo dell’Umore i dati riguardano 36 minori (2 drop out) al
t0 e 35 bambini al t1 (1 drop out al controllo).
Le diagnosi cliniche sono state raggruppate nelle seguenti categorie: Disturbi d’ansia (Disturbo
d’ansia generalizzata-DAG, Disturbo d’ansia di separazione, Disturbo Ossessivo Compulsivo37
DOC), Disturbi Dirompenti del Comportamento (ADHD, Disturbo Oppositivo Provocatorio-DOP,
Disturbo della Condotta-DC), Depressione, Disturbo Bipolare dell’età evolutiva, Enuresi/Encopresi
se presenti come uniche categorie diagnostiche.
Risultati al To:
 al 32% dei minori non è stato possibile assegnare una diagnosi secondo i criteri del DSMIV
(valori sottosoglia alla K-Sads); nel 32% si riscontra diagnosi di Disturbo d’ansia, nel 32%
di Disturbo Dirompente del Comportamento, nel 13% di Disturbo Bipolare secondo i criteri
previsti per l’età evolutiva, nel 12% di Depressione, nel 4% di Enuresi.
Enuresi
Depressione
DB e.e.
Dist.Comp.
Disturbo d'Ansia
Assenza di diagnosi
0%
10%
20%
30%
40%
 Sono presenti piccole percentuali di diagnosi miste, che riguardano il DB ed il Disturbo del
Comportamento (2,4%) ed il Disturbo d’ansia e la Depressione (2,4%). I tratti clinici sono
stati rilevati in percentuali comprese tra il 32 ed il 52%. Il punteggio medio attenuto alla
CDI è uguale a 13, alla MRS uguale a 8.8.
 E’ stata effettuata l’analisi delle correlazioni tra tutte le diverse variabili, attraverso il calcolo
del coefficiente r phi nel caso in cui le variabili fossero su scale nominali e del coefficiente
r punto-biseriale nel caso in cui una variabile fosse categoriale e dicotomica e l’altra
misurata su scale a intervalli o rapporti equivalenti3. E’ stato calcolato il chi quadro per la
3 Il coefficiente di correlazione r ottenuto assume tutti i valori compresi tra -1 e +1.
I risultati sono da interpretare con il seguente significato:
r = +1
38
tra le due variabili esiste una concordanza positiva lineare perfetta. Al crescere di una variabile x il corrispondente
verifica delle ipotesi. Le diagnosi non sono state accorpate. E’ emersa una tendenza alla
relazione positiva statisticamente significativa (r:0,4; p<0.05) tra familiarità per Disturbo
dell’Umore (forma monopolare) e la presenza nei bambini di tratti depressivi, familiarità per
Disturbo dell’Umore (DBII) e diagnosi nei bambini di Enuresi e di Encopresi, familiarità per
Disturbo dell’Umore (DBII) e presenza di tratti di disattenzione nei bambini; è stata
ritrovata una tendenza alla relazione negativa statisticamente significativa (r:-0,4, p<0,05)
tra familiarità per Disturbo dell’Umore (DBII) e presenza di tratti depressivi nei bambini ed
una relazione positiva molto elevata statisticamente significativa (r:0,6; p<0,05) tra
punteggio alla MRS e la presenza di cambiamenti di umore nei bambini.
FAMILIARITA’GENITORI SINTOMI T0 (relazione positiva)
Depressione
Tratti Depressivi
DBII
Enuresi/Encopresi/Disattenzione
FAMILIARITA’ SINTOMI T0 (relazione negativa)
Tratti Depressivi
DBII
Risultati T1:

il Disturbo d’ansia è stato ritrovato nel 33,33% dei minori controllati, il Disturbo
Dirompente del Comportamento nel 20,8% dei casi, la Depressione nel 16,6%, l’Enuresi
valore della variabile y cresce in quantità costante.
r compreso fra +1 e 0.5
indica una relazione positiva molto elevata.
r compreso fra 0.50 e 0.20
indica una tendenza alla relazione positiva.
r compreso fra 0.20 e -0.20
indica totale assenza di relazione o trascurabile tendenza alla relazione positiva o negativa
r compreso fra -0.20 e -0.50
indica una tendenza alla relazione negativa.
r compreso fra -0.50 e -1
indica una relazione negativa abbastanza elevata o molto elevata.
r = -1
tra le due variabili esiste una concordanza negativa lineare perfetta. Al crescere di una variabile x il corrispondente
valore y descresce in quantità costante.
39
nel 4,1%, il DB in età evolutiva nell’8,3%, Assenza di diagnosi nel 37,5%. Calcolata la
significatività delle variazioni tra t0 e t1 (chi quadro), essa è emersa per i Disturbi d’Ansia
(t:3,43; p<0,05), per i Disturbi del Comportamento (t:9,27; p<0,05) e per l’Assenza di
Diagnosi (t:5,01; p<0,05).
Disturbi
Disturbi
d’Ansia
Comportamento
Depressione Enuresi DB
Assenza di
e.e.
diagnosi
T0 32%
32%
12%
4%
12%
32%
T1 33%
20,8%
16,6%
4,1%
8,3%
37,5%
40%
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%

t0
t1
Quale l’evoluzione dei Disturbi del Comportamento? In percentuale non significativamente
differente si osserva stabilità, assenza di sintomatologia conclamata con persistenza dei tratti
esternalizzanti ed evoluzione verso lo spettro ansioso depressivo. Evoluzione analoga per i
40
casi di Disturbo Bipolare in età evolutiva: stabilità della diagnosi, assenza di diagnosi,
evoluzione verso la depressione.
Disturbi del Comportamento
Disturbo BP età evolutiva
Assenza di diagnosi
(guarigione?tratti?)
(
Stabilità delle diagnosi
Evoluzione verso lo spettro ansiosodepressivo

L’analisi delle correlazioni significative tra tipo di familiarità e diagnosi al t1 indica una
relazione positiva molto elevata tra Familiarità Padre per Disturbo dell’Umore monopolare e
Diagnosi di Enuresi (r:0,55; t:-2,21; p<0,05), una relazione positiva molto elevata tra
Familiarità Padre per Disturbo dell’Umore Monopolare con diagnosi di Disturbo Bipolare
dell’Età Evolutiva (r:0,79; t:3,10; p<0,05); una tendenza alla relazione positiva tra
Familiarità Genitori per Disturbo dell’Umore Monopolare e tratti di impulsività (r: 0,45; t: 2,21; p<0,05); una tendenza alla relazione positiva tra Familiarità Genitori per Disturbo
dell’Umore Monopolare e Cambiamenti d’Umore (r: 0,54; t: 2,38; p<0,05); una relazione
positiva molto elevata tra familiarità padre per Disturbo Bipolare e diagnosi ADHD (r:0,55,
t: 3,07; p<0,05); tendenza alla relazione positiva tra familiarità madre Disturbo Bipolare II
ed Encopresi (r:0,45; t: 3,10; p<0,05); relazione positiva molto elevata tra familiarità
genitori Disturbo Bipolare II ed Encopresi (r:0,58; t: 3,40; p<0,05).
FAMILIARITA’
SINTOMI T1 (relazione positiva)
Depressione Padre Enuresi/DBe.e.
41
DB Padre
ADHD
DB Genitori
Encopresi

Dall’analisi delle correlazioni tra Diagnosi e Presenza/Assenza Terapia è emerso:

r di correlazione: -0.21 indica la presenza di una tendenza alla relazione negativa tra la
presenza della terapia e la diagnosi alla K Sads di DOP.

r di correlazione: 0.40 indica la presenza di una tendenza alla relazione positiva tra la
presenza della terapia e la diagnosi alla K Sads di Enuresi.

r di correlazione: -0.25 indica la presenza di una tendenza alla relazione negativa tra la
presenza della terapia e la diagnosi alla K Sads di Depressione.

r di correlazione: -0.33 indica una tendenza alla relazione negativa tra la presenza di terapia
e la presenza di tratti d’impulsività.

r di correlazione: 0.37 indica una tendenza alla relazione negativa tra la presenza di terapia
e la presenza di tratti d’irritabilità.
Tutte le correlazioni con la variabile presenza/assenza della terapia non risultano essere
statisticamente significative per p< 0.05.

Il punteggio alla CDI al t1: 13,67; alla MRS: 22,67. La correlazioni tra i punteggi delle
singole scale al t0 e al t1 indica una relazione positiva (a punteggi alti in to corrispondono
punteggi alti in t1,) ad indicare stabilità nel tempo.
Discussione: i risultati ottenuti sostengono i dati di letteratura secondo cui la familiarità per
Disturbo dell’Umore in un campione clinico di minori con tratti/disturbo psicopatologico è in
percentuale superiore al 50%.
Sottolineano l’importanza della sintomatologia ansiosa nel campione a rischio, presente in
percentuale maggiore rispetto agli altri disturbi e significativamente stabile tra a t0 e t1.
Quale il ruolo dell’ansia?
L’ansia nel nostro campione rappresenta un segnale che deve essere valutato a distanza.
L’ansia potrebbe costituire un anello di snodo per i disturbi dell’umore
Può l’ansia costituire un marcatore clinico premorboso di un Disturbo dell’Umore in età
evolutiva?
Può l’ansia-precursore essere correlata ad una specifica tipologia di Disturbo dell’Umore?
Può l’adolescenza considerarsi il momento evolutivo di passaggio dall’ansia alla depressione e ad
un eventuale Disturbo Bipolare? Se sì, perché?
42
Si potrebbero delineare dei percorsi specifici del Disturbo dell’Umore in adolescenza, passando
attraverso una sintomatologia ansiosa in età precoce?
Inoltre, la significativa riduzione dei Disturbi del Comportamento tra t0 e t1 e l’elevata
percentuale di sintomi sottosoglia invitano a riflettere sul significato di quelli descritti in letteratura
come quadri subsindromici del DB e sul rapporto tra sintomi di disregolazione e DB.
o Potrebbero alcuni quadri clinici al t0 (Disturbi del Comportamento) essere esempi di SMD
a t1e non costituire una categoria fenotipica bipolare?
o Potrebbero alcune diagnosi di Disturbo del comportamento e di DB in età evolutiva essere
diagnosi di passaggio o di attesa verso quadri clinici più definiti (Disturbi d’Ansia e
Disturbi dell’Umore)?
o Potrebbe il comportamento (e i relativi disturbi) essere un epifenomeno reattivo o fasico?
o Potrebbero esserci stati errori diagnostici? Come sostenuto da alti autori (Levi, 2008),
molti disturbi diagnosticati come Disturbi del Comportamento Dirompente sono in realtà
Disturbi Depressivi non diagnosticati. La diagnosi non corretta potrebbe anche essere
legata ad una depressione in cui l’affetto prevalente riconosciuto dal bambino è
l’irritabilità e non la tristezza, non sempre associata alla sintomatologia depressiva
conclamata. Pertanto difficile da diagnosticare con gli attuali strumenti diagnostici.
o Qualora la sintomatologia esternalizzante al t0 costituisse una depressione atipica,
l’evoluzione nel tempo attesa (t1-t2-t3etc.) potrebbe essere verso l’episodio depressivo.
Ma prodromico di un futuro Disturbo Bipolare?
E’ necessario proseguire i controlli nel tempo, in quanto la bipolarità nel nostro
campione dopo 12-18 mesi potrebbe non ancora essere comparsa: in un campione a
rischio si può ipotizzare un orologio biologico?Quando? In relazione a cosa?
o Infine, la sintomatologia esternalizzante diagnosticata al t0 potrebbe costituire una
sintomatologia maniacale sottosoglia (forme soft o DB NAS)? Potremmo attenderci
una fasicità della sintomatologia?
I dati che emergono dalle correlazioni tra familiarità e disturbo, al momento, non supportano il dato
di letteratura su una relazione positiva significativa tra familiarità per bipolarità e disturbo bipolare
in età evolutiva. Appaiono infatti correlazioni aspecifiche, forse per la scarsa numerosità del
campione. Interessante per eventuale discussione sul significato clinico la correlazione positiva
significativa tra familiarità paterna per Disturbo Bipolare ed ADHD nei bambini e quella negativa
tra familiarità paterna per Disturbo Bipolare e Tratti Depressivi.
43
Limiti dello studio:
44

assenza di un gruppo di confronto senza familiarità;

assenza di un gruppo di controllo normale;

scarsa numerosità del campione e scarsa omogeneità;

familiarità per Disturbi dell’Umore e non soltanto per DB.
CONCLUSIONI
I dati ottenuti devono spingere ad ulteriori ricerche al fine di meglio comprendere il significato
dell’ansia nei bambini e negli adolescenti a rischio per disturbo bipolare e per meglio definire i
quadri esternalizzanti in età evolutiva.
Studi longitudinali e periodici controlli nel nostro campione indicheranno se l’ansia è predittiva di
un’evoluzione verso il DB ed in tal caso verso quale tipologia.
Ansia come indicatore di gravità?
Rispetto alla rilevante percentuale di quadri subsindromici che appaiono organizzarsi attorno
all’SMD, ci si chiede quanto tale costellazione non costituisca una combinazione del tutto
aspecifica, che probabilmente nel tempo si organizzerà sottoforma di un quadro clinico più definito,
non necessariamente di DB. In tal caso ci si potrebbe accorgere che sintomi specifici per la
bipolarità insorgono più in là nel tempo, o, al contrario, che la disregolazione non è in alcun modo
correlata con i fenotipi della bipolarità.
La significativa percentuale di assenza di diagnosi, in aumento da t0 e t1, deve anche invitarci a
riflettere sulla evolutività di alcuni quadri clinici tra la pubertà e l’adolescenza, anche in un
campione a rischio. Alla luce delle recenti conoscenze sullo sviluppo cerebrale dell’adolescente,
come clinici siamo invitati a considerare l’ipotesi che la disregolazione emotiva possa costituire un
dimensione fase specifica (in fieri e quindi mutabile), che non necessariamente si organizza attorno
ad una psicopatologia franca. Un’organizzazione probabile è quella dei Disturbi di Personalità del
cluster B (Levi, 2008, relazione citata).
Studi longitudinali sono pertanto necessari, al fine di stabilire l’opportunità di un intervento precoce
ed in tal caso decidere quale possa essere di maggiore efficacia.
45
Appendice
Un episodio depressivo è caratterizzato dalla presenza contemporanea di 5 o più dei seguenti
sintomi per 2 settimane4:

umore depresso per la maggior parte del giorno (es. senso di vuoto e/o tristezza). Nei
bambini e negli adolescenti l’umore può essere irritabile;

anedonia (diminuzione di interesse e piacere per quasi tutte le attività giornaliere);

modifica del peso corporeo (diminuzione o aumento dell’appetito);

disturbi del sonno (eccessivo o ridotto bisogno di sonno);

agitazione o rallentamento psicomotorio, visibile agli altri;

mancanza di energia o senso di faticabilità;

eccessivi sentimenti di colpa ed autosvalutazione;

scarsa concentrazione ed indecisione;

ricorrenti pensieri di morte (paura di morire, ideazione suicidaria).
Tale stato non è secondario ad un evento luttuoso.
Un episodio maniacale è, al contrario, caratterizzato da un umore persistentemente elevato,
espansivo o irritabile per almeno una settimana e dalla presenza contemporanea di tre o più dei
seguenti sintomi:

grandiosità ed aumentata autostima (auto-attribuzione di capacità mentali e poteri);

diminuito bisogno di sonno;

logorrea (aumentata loquacità, spinta continua a parlare);

accelerazione ideica (i pensieri si succedono rapidamente);

distraibilità (stimoli esterni interferiscono continuamente con l’attenzione del soggetto);

aumento di interesse per attività finalizzate o agitazione psicomotoria;

coinvolgimento eccessivo in attività ludiche potenzialmente pericolose (eccessive spese,
investimenti fallimentari, ipersessualità).
Possono essere presenti sintomi psicotici.
4
Uno dei sintomi è l’umore depresso o l’anedonia.
46
L’episodio misto è caratterizzato dalla presenza contemporanea dei sintomi dell’episodio maniacale
e depressivo, per almeno una settimana.
In tutti e tre i quadri clinici i sintomi inducono disagio e non dipendono né dall’assunzione di
sostanze né da condizioni mediche.
L’episodio ipomaniacale è caratterizzato dagli stessi sintomi dell’episodio maniacale, ma il
periodo di umore elevato ha una durata di almeno 4 giorni e la gravità non è tale da compromettere
in modo marcato il funzionamento quotidiano.
Un Disturbo Depressivo Maggiore è caratterizzato da uno o più Episodi Depressivi, senza storia di
Episodi Maniacali Ipomaniacali o Misti.
I Disturbi Bipolari, invece, includono tutti i Disturbi dell’umore in cui si sono presentati uno o più
episodi maniacali o ipomaniacali (spesso naturalmente anche uno o più episodi depressivi: questa
alternanza resta il nucleo centrale della malattia così come è stata descritta per secoli) e sono stati
distinti in:

Disturbo Bipolare tipo I (DB I), caratterizzato da uno o più Episodi Maniacali o Misti,
solitamente alternati ad Episodi Depressivi Maggiori;

Disturbo Bipolare tipo II (DB II), caratterizzato da uno o più Episodi Depressivi Maggiori,
e da almeno un Episodio Ipomaniacale;

Disturbo Ciclotimico, caratterizzato dall’alternarsi pressoché continuativo, per almeno due
anni (per i bambini, un anno), di periodi ipomaniacali e di periodi di depressione.
47
DEFINIZIONI
(ALTERAZIONI DELL’UMORE)
IRRITABILITA’, caratterizzata da un comportamento “nervoso, smanioso”; se l’irritabilità è
severa, persistente può essere espressa da una facile inclinazione alla litigiosità, capricciosità e
scarsa tolleranza alla frustrazione.
TEMPESTE AFFETTIVE, caratterizzate da perdita di controllo, particolarmente intenso,
distruttivo ma transitorio; può associarsi a condotte etero-aggrassive nei confronti dei pari, dei
genitori, degli insegnanti e/o comportamenti pericolosi.
EUFORIA/UMORE ESPANSO: caratterizzata da inappropriati sentimenti (senso di benessere,
con esaltata vivacità), incostanza nel fare le cose e spesso accompagnata dalla negazione dei
problemi o della malattia; più frequente e riconoscibile nei bambini di età superiore a 9 anni; si
nota anche comportamento gioioso che si associa con estrema facilità a riso, eccessivo ricorso
ai doppi sensi verbali e iper-gestualità.
DISFORIA/CICLI RAPIDI/LABILITA’ EMOTIVA, caratterizzata da emozioni diverse che tendono
ad alternarsi e/o a sovrapporsi come riso e pianto, gioia e rabbia, estroversione e ostilità.
48
(ALTERAZIONE PSICOMOTORIA)
AGITAZIONE/ IPERATTIVITÀ, da un’accelerazione verbale, ideitica e fisica con eccessivo
coinvolgimento in progetti e attività, ma con scarsa riconoscimento del pericolo; si caratterizza
anche per un comportamento invadente e un iper-coinvolgimento nelle relazioni sociali.
IMPULSIVITÀ, caratterizzata da comportamento disinibito e istintivo, con difficoltà a cogliere il
senso del limite, “agire senza riflettere”.
AGGRESSIVITÀ, caratterizzato da rabbia eccessiva, ovvero scoppi d’ira immotivata o condotte
che causano danno a persone o cose.
LOGORREA, caratterizzata da frenesia nel parlare, con uso di un linguaggio che può diventare
incomprensibile per le rapide associazioni di significati tali da rendere difficile cogliere il senso
e la finalità del discorso.
FUGA DELLE IDEE/DISTRAIBILITA’, caratterizzata da processi mentali accelerati con la
tendenza a muoversi rapidamente da un pensiero all’altro, sollecitati dagli stimoli esterni.
49
(ALTERAZIONI COGNITIVE)
GRANDIOSITÀ/ELEVATA AUTOSTIMA: caratterizzata da elevata e incongrua fiducia nelle
proprie capacità, senso di onnipotenza per cui il soggetto si sente in un certo senso superiore
(crede di avere talenti eccezionali così come di essere eccezionalmente forte); scarsa capacità
d’insight ( auto-giudizio sulla propria condizione patologica ). Nelle condizioni più gravi della
malattia sono possibili deliri.
ECCESSIVO INTERESSE IN ATTIVITA’ SPECIFICHE: caratterizzato da ripetuto e insistente
coinvolgimento in particolari attività.
(ALTERAZIONI NEUROVEGETATIVE)
IPER-SESSUALITÀ: caratterizzata da inappropriato interesse per i discorsi a contenuto
sessuale, con un significativo aumento del coinvolgimento nei comportamenti sessualizzati.
ALTERAZIONI DEL SONNO: caratterizzate da sensazione soggettiva di minor bisogno di sonno
(anche dopo giorni d’insonnia il soggetto si sente “pieno di energie”) o, al contrario, sperimenta
un eccessivo bisogno di sonno.
ALTERAZIONI DELL’ APPETITO: caratterizzate da disinteresse per il cibo fino a quadri similanoressici che portano spesso a una significativa perdita di peso; o, al contrario, si nota un
aumentato appetito particolarmente nei confronti dei farinacei e dolci.
ASPETTI DEPRESSIVI, caratterizzati da abbassamento del tono dell’umore che si manifesta come
abulia, anedonia, pensieri sulla morte o di autoaggressione, ecc..
50
Check-List
L’Intervista Diagnostica Semi-Strutturata per la Bipolarità è stata costruita sulla base dei
sintomi descritti in letteratura specifici per il disturbo.
Sono stati individuati 15 Items, e per ognuno sono state formulata una o più domande,
elaborando un questionario di 26 domande.
Check-List
▫ ITEM 1: Irritabilità
▫ ITEM 2: Tempeste Affettive/ Scarsa Tolleranza alle Frustrazioni
▫ ITEM 3: Euforia/ Umore Espanso
▫ ITEM 4: Disforia/ Cicli Rapidi / Labilità Emotiva
▫ ITEM 5: Agitazione/ Iperattività
▫ ITEM 6: Impulsività
▫ ITEM 7: Aggressività
▫ ITEM 8: Logorrea
▫ ITEM 9: Fuga delle Idee/ Distraibilità
▫ ITEM 10: Grandiosità/ Elevata Autostima
▫ ITEM 11: Interesse Eccessivo in Attività Specifiche
▫ ITEM 12: Aumentato Interesse per la Sessualità
▫ ITEM 13: Alterazioni del Sonno
▫ ITEM 14: Alterazioni dell’Appetito
▫ ITEM 15: Aspetti Depressivi
51
QUESTIONARIO
(Alterazioni dell’Umore)
□ ITEM N°1: IRRITABILITA’
1) Ti capita di sentirti irritabile/smanioso senza sapere perché? Ti capita di innervosirti
per piccole sciocchezze? Ti è mai successo in queste occasioni di perdere il controllo
e diventare aggressivo con gesti e/o parole in famiglia, con gli amici o con gli
insegnanti?
0 1 2 3
(Mi fai qualche esempio?)
……………………………………………………………………………………………………………….
□ ITEM N°2: TEMPESTE AFFETTIVE
2) Ti capita di arrabbiarti molto se l’altro non fa quello che tu vuoi?
0 1 2 3
3) Ti capita di non riuscire a controllarti se qualcuno ti dice no? Piangere, innervosirti
perché non riesci ad accettare un no?
0 1 2 3
(Mi fai qualche esempio?)
……………………………………………………………….............................................................................
52
□ ITEM N°3: EUFORIA/ UMORE ESPANSO
4) Ti è mai capitato di provare una sensazione intensa e improvvisa di contentezza o un
senso di benessere in situazioni del tutto normali e senza alcun motivo? Ti sei mai
sentito “super felice”, come se potessi fare tutto quello che ti va? Ti è mai successo di
essere molto allegro a una festa o in classe mentre tutti sembrano essere meno
divertiti di te?
0 1 2 3
5) Ti è successo in periodi di tempo definiti di ridere facilmente alla più piccola banalità
o di dire delle cose sciocche e senza senso? Ti è capitato di fare troppo il “buffone” o
di dire o fare cose eccessive o strampalate di cui poi ti sei pentito o fatto sentire in
imbarazzo?
0 1 2 3
(Mi fai un esempio?)
……………………………………………………………………………………………………………..
□ ITEM N°4: DISFORIA/ CICLI RAPIDI/LABILITÀ EMOTIVA
6) Ti è mai successo di essere allegro e spensierato e poi un attimo dopo triste per
nulla? Ti è mai capitato di essere contento o normale e di sentirti “giù”subito dopo?
Di esserti “emozionato troppo” di fronte a fatti/situazioni che non ti riguardano
direttamente (film, notizie alla TV ecc.)?
0 1 2 3
(Quanto ti dura?)
53
(Alterazioni psicomotorie)
□ ITEM N°5: AGITAZIONE/IPERATTIVITÀ
7) Ti capita di non riuscire a stare fermo sulla sedia per il tempo necessario a eseguire
un compito in classe e/o a casa e sentire il bisogno di alzarti continuamente?
0 1 2 3
8) Ti capita di agitare continuamente le mani o le gambe mentre parli e non riuscire a
controllarle?
0 1 2 3
9) Ti è mai successo di cominciare a fare una cosa ma non terminarla e passare subito a
una successiva?
0 1 2 3
10) Ti capita di volere fare più cose insieme?
0 1 2 3
□ ITEM N°6: IMPULSIVITÀ
11) Ti capita di agire senza pensare?
0 1 2 3
12) Ti è mai successo di voler fare una cosa pur sapendo che è pericolosa?
0 1 2 3
54
□ ITEM N°7: AGGRESSIVITA’
13)
Ti capita di diventare aggressivo in modo sproporzionato verso persone o cose
causando delle conseguenze o dei danni?
0 1 2 3
(Mi fai qualche esempio?)
………………………………………………………………………................................................................
□ ITEM N°8: LOGORREA
14)
Ti capita di parlare troppo, velocemente o ininterrottamente, al punto che
gli altri te lo facciano notare?
0 1 2 3
□ ITEM N°9: FUGA DELLE IDEE/DISTRAIBILITA’
15)
Ti capita, a volte, di avere dei pensieri nella testa che corrono velocemente e che
non riesci a fermare? Di passare da un pensiero all’altro troppo rapidamente?
0 1 2 3
(Mi puoi fare un esempio?)
………………………………………………………………………................................................................
55
(Alterazioni cognitive)
□ ITEM N°10: GRANDIOSITÀ/ ELEVATA AUTOSTIMA
16) Ti è mai capitato di credere di poter fare delle cose che gli altri non sanno fare? Hai
mai creduto di avere dei super poteri? Di avere un enorme successo, come un
personaggio famoso? Hai mai creduto di poter modificare una situazione che
nessuno riusciva a risolvere con il tuo intervento?
0 1 2 3
(Mi fai un esempio?)
………………………………………………………………………................................................................
□ ITEM N°11: INTERESSE ECCESIVO IN ATTIVITA’ SPECIFICHE
17) Ti capita di entrare in fissa in alcuni periodi per qualcosa in particolare, da non
riuscire a fare a meno di pensarci o di farla (ad esempio un gioco, un argomento..)?
0 1 2 3
(Mi fai un esempio?)
……………………………………………………………………..................................................................
(Alterazioni neurovegetative)
□ ITEM N°12: AUMENTATO INTERESSE PER LA SESSUALITÀ
1) Ti capita di avere a volte maggiore interesse dei tuoi amici per il sesso, come un
pensiero fisso, tanto da usare un linguaggio e fare gesti che gli adulti non approvano
e che giudicano volgari o per i quali ti rimproverano?
56
0 1 2 3
□ ITEM N°13: ALTERAZIONI DEL SONNO
18)Ti capita di rimanere sveglio fino a tardi perché ti senti energico e hai voglia di fare
tante cose? Senti di avere meno bisogno di dormire?
0 1 2 3
□ ITEM N°14: ALTERAZIONI DELL’APPETITO
19) Ti succede di avere a volte tanta fame e divorare il cibo, soprattutto pizza o dolci,
non riuscendoti a controllare?
0 1 2 3
20) Ti capita in alcuni periodi di non voler mangiare e di non aver interesse per il cibo,
nemmeno per i tuoi piatti preferiti?
0 1 2 3
□ ITEM N°15: ASPETTI DEPRESSIVI
21) Ti capita di sentirti improvvisamente triste e avere voglia di piangere, senza un
motivo?
0 1 2 3
22) Ti capita in alcuni periodi di non avere voglia di fare le cose che normalmente ti
piacciono?
0
1 2 3
23) Ti capita, per esempio, di perdere interesse per i tuoi giochi o per le tue attività
preferite?
57
01 2 3
24) Ti capita di avere pensieri sulla morte? Ha i mai pensato di farti del male e/o di voler
morire?
0 1 2 3
(Mi fai un esempio?)
………………………………………………………………………………………………………………...
25) Ti capita di avere cosi tanto sonno da non riuscire a svegliarti la mattina, anche se
hai già dormito abbastanza?
0
1 2 3
26) Ti capita di avere paura di dormire da solo o di rimanere solo in casa?
0 1 2 3
Nello Studio pilota tale check list è stata somministrata ai 15 bambini con familiarità per Disturbo
dell’Umore (al t1) afferenti c/o l’Ambulatorio dell’Università di Roma e a 15 bambini omogenei per
età ed afferenti allo stesso Ambulatorio, in assenza di familiarità (gruppo controllo).
Lo Scopo dello Studio è verificare la presenza/assenza dei sintomi descritti per la mania in età prepuberale, descriverne l’intensità e se esistono delle correlazioni significative tra i diversi sintomi, in
una popolazione a rischio rispetto a un campione clinico di pari età non a rischio. Il fine è di
individuare se esiste una differenza significativa tra i due gruppi per quel che concerne la
sintomatologia clinica, potenzialmente interpretabile come espressione di un Disturbo Bipolare
presente sottosoglia o come fattore di rischio per il Disturbo Bipolare in età evolutiva.
I risultati di tale studio sono in via di pubblicazione (Palombi P., Tafuro M., Ferrara M., Carratelli
J.) Pertanto riportiamo in sintesi i risultati che ci appaiono attinenti alla discussione precedente.
Risultati
58
80
60
ITEM I
40
ITEM II
20
ITEM III
ITEM IV
0
FAMILIARITA’
NON
FAMILIARITA’
FIGURA 1
80
60
ITEM V
ITEM VI
40
ITEM VII
ITEM VIII
20
ITEM IX
0
FAMILIARITA’
NON
FAMILIARITA’
FIGURA 2
59
80
70
60
50
40
ITEM X
30
ITEM XI
20
10
0
FAMILIARITA’
NON
FAMILIAIRTA’
FIGURA 3
100
80
60
ITEM XII
ITEM XIII
40
ITEM XIV
20
ITEM XV
0
FAMILIARITA’
NON
FAMILIARITA’
FIGURA 4
60
Le percentuali della positività agli items per i due campioni a confronto sono riportate nella
seguente tabella
ITEM
FAMILIARITA’
SENZA
χ²
FAMILIARITA’
Item1
66.7%
66.7%
1
Item2
80%
60%
0.426
Item3
66.7%
6.7%
0.002
Item4
73.3%
6.7%
0.001
Item5
73.3%
20%
0.010
Item6
46.7%
13.3%
0.111
Item7
53.3%
66.7%
0.709
Item8
20%
20%
1
Item9
60%
6.7%
0.007
Item10
46.7%
13.3%
1.11
Item11
40%
6.7%
0.001
Item12
6.7%
6.7%
1
Item13
33.3%
6.7%
1.17
Item14
46.7%
26.7%
0.44
Item15
93.3%
80%
0.59
Nota_Il valore del χ² (Chi-Quadrato) è significativo quando < 0.05.
INOLTRE, NELLA POPOLAZIONE A RISCHIO (FAMILIARITÀ PER DISTURBO
BIPOLARE O ALTRO DISTURBO DELL’UMORE) È STATA RISCONTRATA UNA
“PRESENZA” STATISTICAMENTE SIGNIFICATIVA (VALORE DI Χ² < 0.05) DEGLI
61
ITEM 3, 4, 5, 9 E 11, OSSIA DEI SINTOMI, RISPETTIVAMENTE, EUFORIA/
UMORE
ESPANSO,
DISFORIA/LABILITÀ
EMOTIVA,
AGITAZIONE
PSICOMOTORIA/IPERATTIVITÀ, FUGA DELLE IDEE/ DISTRAIBILITÀ E
INTERESSE ECCESSIVO IN ATTIVITÀ SPECIFICHE, SECONDO IL CALCOLO
DEL COEFFICIENTE DI PEARSON Χ².
FAMILIARITA’
SENZA
FAMILIARITA’
χ²
66.7%
6.7%
0.002
66.7%
6.7%
0.001
73.3%
20%
0.010
60%
6.7%
0.007
73.3%
6.7%
0.001
ITEM 3
EUFORIA
ITEM 4
DISFORIA
ITEM 5
AGITAZIONE/IPERATTIVITA’
ITEM 9
FUGA DELLE IDEE
ITEM 11
INTERESSE ECCESSIVO IN
ATTIVITA’SPECIFICHE
62
80
70
60
50
fam
40
non fam
30
20
10
0
0
1
2
3
4
5
6
FIGURA 5_PRESENZA DI ITEM STATISTICAMENTE SIGNIFICATIVA
ASSOCIAZIONE TRA ITEMS
Infine è stata valutata l’associazione tra Item attraverso la Correlazione Di Spearman (valore
di s < 0.05).
ITEM
ASSOCIAZIONE TRA ITEM
FAMILIARITA’
1
Item 2 ( ρ = 856; s = 0.000; N = 15)
SENZA FAMILIARITA’
Item 2 ( ρ = 657; s = 0.008; N = 15 )
Item 4 ( ρ = 0.665; s = 0.007; N = 15 ) Item 7 ( ρ = 0.741; s = 0.002; N = 15 )
Item 6 ( ρ = 0.704; s = 0.003; N = 15 )
Item 7 ( ρ = 0.802; s = 0.000; N = 15 )
63
2
Item 1 ( ρ = 856; s = 0.000; N = 15)
Item 1 ( ρ = 657; s = 0.008; N = 15 )
Item 4 ( ρ = 0.603; s = 0.017; N = 15 ) Item 7 ( ρ = 0.562; s = 0.029; N = 15 )
Item 6 ( ρ = 0.541; s = 0.037; N = 15 )
Item 7 ( ρ = 0.783; s = 0.001; N = 15 )
3
Item 13 ( ρ = 0.530; s = 0.042; N = 15 Item 4 ( ρ = 1; s = 0.000; N = 15 )
)
Item 8 ( ρ = 0.531; s = 0.042; N = 15 )
Item 9 ( ρ = 1; s = 0.000; N = 15 )
Item 10 ( ρ = 0.681; s = 0.005; N = 15 )
4
Item 1 ( ρ = 0.665; s = 0.007; N = 15 ) Item 3 ( ρ = 1; s = 0.000; N = 15 )
Item 2 ( ρ = 0.603; s = 0.017; N = 15 ) Item 8 ( ρ = 531; s = 0.042; N = 15 )
Item 6 ( ρ = 0.598; s = 0.019; N = 15 )
Item 10 ( ρ = 0.681; s = 0.005; N = 15 )
5
Item 9 ( ρ = 0.671; s = 0.006; N = 15 ) -
6
Item 1 ( ρ = 0.704; s = 0.003; N = 15 ) Item 11 ( ρ = 0.732; s = 0.002; N = 15 )
Item 2 ( ρ = 0.541; s = 0.037; N = 15 ) Item 13 ( ρ = 0.732; s = 0.002; N = 15 )
Item 4 ( ρ = 0.598; s = 0.019; N = 15 )
Item 7 ( ρ = 0.697; s = 0.004; N = 15 )
7
Item 1 ( ρ = 0.802; s = 0.000; N = 15 ) Item 1 ( ρ = 0.741; s = 0.002; N = 15 )
Item 2 ( ρ = 0.783; s = 0.001; N = 15 ) Item 2 ( ρ = 0.562; s = 0.029; N = 15 )
Item 6 ( ρ = 0.697; s = 0.004; N = 15 )
8
-
Item 3 ( ρ = 0.531; s = 0.042; N = 15 )
Item 4 ( ρ = 531; s = 0.042; N = 15 )
Item 9 ( ρ = 0.531; s = 0.042; N = 15 )
9
64
Item 5 ( ρ = 671; s = 0.006; N = 15)
Item 3 ( ρ = 1; s = 0.000; N = 15 )
Item 4 ( ρ = 1; s = 0.000; N = 15 )
Item 8 ( ρ = 0.531; s = 0.042; N = 15 )
Item 10 ( ρ = 681; s = 0.005; N = 15 )
10
Item 11 ( ρ = 721; s = 0.002 )
Item 3 ( ρ = 681; s = 0.005; N = 15 )
Item 4 ( ρ = 681; s = 0.005; N = 15 )
Item 9 ( ρ = 681; s = 0.005; N = 15 )
11
Item 10 ( ρ = 721; s = 0.002 )
Item 6 ( ρ = 732; s = 0.002; N = 15 )
Item 13 ( ρ = 1; s = 0.000; N = 15 )
12
-
-
13
Item 3 ( ρ = 530; s = 0.042; N = 15)
Item 6 ( ρ = 732; s = 0.002; N = 15 )
Item 11 ( ρ = 1; s = 0.000; N = 15 )
14
Item 15 (ρ = 789; s = 0.000; N = 15 )
-
15
Item 14 (ρ = 789; s = 0.000; N = 15)
-
*Didascalia_ Nella tabella vengono riportate le associazioni, statisticamente significative, tra
l’Item preso in esame e ciascun altro Item, risultato a esso correlato secondo il Test di
Spearman: “ρ” (Rho) indica il Coefficiente di Correlazione; “s”, inferiore 0.05, indica la
Significatività del Coefficiente di Correlazione: tanto più il Coefficiente di Correlazione è vicino
a 1, tanto maggiore è la significatività statistica della correlazione degli Item.
Si è visto che vi è una correlazione statisticamente significativa tra le positività all’Item 1 ossia
l’irritabilità con gli Item 2, 3, 4, 6 e 7 rispettivamente le Tempeste Affettive, Euforia/Umore
Espanso, Disforia/Labilità Emotiva, Agitazione Psicomotoria, Impulsività e Aggressività nei
soggetti del campione a rischio con anamnesi positiva per familiarità per Disturbo Dell’
Umore.
65
Mentre nel campione di controllo, senza anamnesi positiva per familiarità per Disturbo Dell’
Umore, lo stesso Item 1, ossia l’Irritabilità è correlato significativamente con gli Item 2 e 7,
rispettivamente le Tempeste Affettive e l’Aggressività.
L’Item 2, Tempeste Affettive, come già notato, è correlato oltre che con l’Item 1 anche con gli
Item 4, 6 e 7, rispettivamente Disforia, Impulsività e Aggressività nei soggetti del campione a
rischio con anamnesi positiva per familiarità per Disturbo Dell’ Umore. Nei casi controllo
l’Item 2 è correlato in modo statisticamente significativo oltre all’Item 1 anche all’Item 7, o
Aggressività.
L’Item 3 o Euforia/Umore Espanso è correlato all’Item 13, o alterazioni del sonno, nel
campione a rischio, mentre nei casi senza familiarità per Disturbo dell’Umore esso è correlato
con gli Item 3, 8, 9 e 10 ossia rispettivamente Disforia, Logorrea, Fuga delle Idee e Grandiosità.
Nel campione a rischio l’Item 4, o Disforia, è correlato in modo statisticamente significativo
agli Item 1, o Irritabilità, 2, o Tempeste Affettive e all’Item 6, o Impulsività. A differenza di ciò
nel campione di soggetti non a rischio tale Item è correlato con gli Item 3, Disforia, 9, Fuga
delle Idee e 10, Grandiosità.
L’Item 5, o Agitazione/Iperattività, è correlato solo con l’Item 9 o Fuga delle Idee/Distraibilità
nel campione a rischio mentre nei casi controllo non trova alcuna associazione.
Nel gruppo con Familiarità per Disturbo dell’Umore l’Item 6, o Impulsività, è correlato in
modo statisticamente significativo con gli Item 1, 2, 4 e 6, rispettivamente con Irritabilità,
Tempeste Affettive, Disforia e Aggressività; nel gruppo di controllo esso è correlato con gli
Item 11, Aumentato interesse in attività e il 13, Alterazioni del Sonno.
66
L’Item 7, o Aggressività, è correlato agli Item 1, 2 e 6 ossia Irritabilità, Tempeste Affettive e
Impulsività nei casi a rischio, mentre nei casi controllo esso è correlato solo ai primi due,
Irritabilità e Tempeste Affettive.
L’Item 8, o Logorrea, è correlato agli Item 3, 4 e 9, ossia Euforia, Disforia e Logorrea solo nei
casi controllo
L’Item 9, Fuga delle Idee, è correlato all’Item 5 o Agitazione/Iperattività nei soggetti con
Familiarità per Disturbo dell’Umore, mentre nei casi non a rischio esso è correlato agli Item 3,
4, 8 e 10, ossia Euforia, Disforia, Logorrea e Grandiosità.
Nei casi a rischio l’Item 10 o Grandiosità/Elevata autostima, è correlato in modo
statisticamente significativo all’Item 11, e viceversa, mentre nei casi controllo esso è correlato
agli Item 3, 4 e 9 rispettivamente Grandiosità, Disforia e Fuga delle Idee/Distraibilità.
L’Item 11, o Aumentato interesse in attività ha correlazione solo con l’Item 10 nei casi a
rischio, mentre nei casi controllo oltre alla correlazione con Item 10, mostra associazione
significativa con l’Item 6, o Impulsività. L’Item 12, o aumentato interesse per la sessualità, non
trova correlazione. L’Item 13, o Alterazioni del Sonno, è correlato all’Item 3, o Euforia nei
soggetti con familiarità per Disturbo dell’Umore, mentre nei soggetti non a rischio esso è
correlato agli Item 6, o Impulsività e 11, o Interesse Eccessivo in Attività Specifiche.
Gli Item 14 e 15, ossia Alterazioni dell’Appetito e Aspetti Depressivi rispettivamente, sono
correlati in modo statisticamente significativo tra loro nei casi a rischio, mentre nei casi senza
familiarità per Disturbo dell’Umore non trovano correlazione.
67
La
correlazione
nel
campione
a
rischio
degli
Item
5
e
9,
rispettivamente
Agitazione/Iperattività e Fuga delle Idee, è statisticamente significativa rispetto al
campione di controllo.
80
70
60
50
Familiarità
40
Senza Familiairtà
30
20
10
0
Item V
Item IX
FIGURA 6_ CORRELAZIONE SIGNIFICATIVA TRA ITEM 5 E 9
DISCUSSIONE
L’Intervista Diagnostica Semistrutturata ha permesso di ritrovare differenze significative
riguardo alla presenza/assenza di sintomi specifici per la diagnosi di patologia bipolare in età
evolutiva, e alle correlazioni tra loro, in due campioni clinici (presenza di sintomi
psicopatologici internalizzanti o esternalizzanti) diversi per presenza/assenza di familiarità
per Disturbo dell’Umore.
68
I risultati ottenuti indicano che nei minori con familiarità per Disturbo dell’Umore si può
riscontrare un quadro clinico caratterizzato da
Euforia/ Umore Espanso (Item 3),
Disforia/Labilità Emotiva (Item 4), Agitazione Psicomotoria/Iperattività (Item 5), Fuga
delle Idee/ Distraibilità (Item 9) e Interesse Eccessivo in Attività Specifiche (Item 11) in
percentuale maggiore e con una differenza statisticamente significativa rispetto ai minori
senza familiarità.
Considerando i limiti dello studio (scarsa numerosità del campione clinico, intervista non
validata), possiamo effettuare delle ipotesi sul significato clinico dei risultati ottenuti.

Una prima ipotesi è che sia stata individuata una forma di maniacalità simile a quella
adulta, in quanto l’associazione sintomatologica sembra corrispondere ai criteri
previsti nel DSMIV per l’episodio maniacale, per cui all’Umore Espanso si sommano la
Fuga delle Idee, la Distraibilità e l’Agitazione psicomotoria.
Tale associazione appare confermare l’ipotesi della Leibenluft, riguardo all’esistenza in età
evolutiva di un fenotipo di bipolarità simile a quello adulto (fenotipo narrow).
Potremmo ipotizzare che la Disforia/Labilità Emotiva e l’Interesse Eccessivo in Attività
Specifiche costituiscano i sintomi specifici dell’età.
La Grandiosità e il Diminuito Bisogno di Sonno si riscontrano in percentuale maggiore nel
gruppo a rischio (rispettivamente 46.7% e 33.3%) rispetto a quello di controllo, mentre la
Logorrea si ritrova in percentuale uguale nei due gruppi.

Una seconda ipotesi potrebbe considerare tale associazione aspecifica, non
necessariamente ascrivibile al quadro della bipolarità.
Sono necessari studi di follow up al fine di comprendere l’evoluzione di tale sintomatologia.
69
Dai dati sulle correlazioni statisticamente significative tra Items sembra emergere quanto
segue:

presenza di correlazioni attese tra i sintomi di maniacalità nel gruppo a rischio:
Euforia/Umore
Espanso
(Item
3)
e
Alterazioni
del
Sonno
(Item
13);
Agitazione/Iperattività (Item 5) e Fuga delle Idee/Distraibilità (Item 9); Grandiosità
(Item 10) e Interesse Eccessivo in attività specifiche (Item 11); Agitazione/Iperattività
(Item 5) e Fuga delle Idee/Distraibilità (Item 9);

nei campioni in esame non sono state ritrovate altre correlazioni attese per la diagnosi
di patologia bipolare in età evolutiva: non si ritrovano in percentuali significative i
sintomi depressivi, i sintomi ansiosi, il diminuito bisogno di sonno e la grandiosità.

La presenza di correlazioni statisticamente significative tra sintomi che possono in
linea teorica essere ricondotti al quadro clinico della “disregolazione emotiva grave”
(SMD), descritto recentemente da E.Leibenluft e che rappresenta un costrutto
interessante e condivisibile.
La presenza di correlazioni statisticamente significative comuni ai due gruppi potrebbe essere
ascrivibile alla scarsa numerosità del campione o a un’assenza di specificità di tali sintomi.
In entrambi i gruppi correlazioni statisticamente significative si ritrovano tra Irritabilità
(Item 1), Tempeste Affettive (Item 2) e Aggressività (Item 7); nel gruppo a Rischio tali
sintomi sono correlati anche a Euforia/Umore Espanso (Item 3), Disforia/Labilità Emotiva
(Item 4), Agitazione/Iperattività (Item 5), Impulsività (Item 6).
Qualora ciò non si potesse attribuire alla scarsa numerosità del campione, potremmo
ipotizzare che i sintomi che descrivono la disregolazione emotiva, siano in realtà aspecifici,
70
possano appartenere a quadri clinici diversi e non essere esclusivamente correlati alla
familiarità per Disturbo dell’Umore.
LIMITI
I limiti dello studio condotto sono:
► Il Numero ristretto dei soggetti di entrambi i campioni sottoposti all’intervista semistrutturata
►La Scala di Valutazione Psicopatologica utilizzata nello studio non è standardizzata.
71
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