Quark Prima Pagina Harriet, una tartaruga gigante delle Galapagos, ha compiuto 175 anni. Si crede sia stata catturata e studiata da Charles Darwin nel 1835. Q L’evoluzione non è un ingegnere ma un bricoleur Non c’è nessun “disegno intelligente” alla base dello sviluppo della vita Alcuni anni fa il paleontologo Stephen J. Gould, brillante divulgatore e infaticabile provocatore, accusò i biologi di ragionare troppo spesso come il dottor Pangloss di Voltaire. Pangloss, precettore devoto del giovane Candide, crede nella suprema provvidenza e giustifica qualsiasi fenomeno della natura e della storia, buono o cattivo che sia, attraverso l’imponderabile saggezza divina. Terremoti, devastazioni, incendi: tutto ha un senso, tutto serve a qualcosa. Il naso serve per poggiare gli occhiali, il mento per far crescere la barba. Cosa non torna in questo ragionamento? Che l’evoluzione non funziona così. ■ Certo, gli adattamenti che osserviamo in natura sono talvolta così ingegnosi da farci sospettare che siano prodotti da un’intelligenza superiore. Eppure sono figli di un processo completamente naturale, che chiamiamo selezione e che fu scoperto da Charles Darwin un secolo e mezzo fa. Ora, notava Gould, se guardiamo più da vicino come gli esseri viventi raggiungono questi adattamenti vediamo che spesso sono il frutto di rimaneggiamenti, di riutilizzi opportunisti, di compromessi provvisori con i vincoli del momento. Non sono quasi mai il meglio possibile. Anche gli esseri umani sono pieni di caratteri detti “vestigiali”, antiche reminiscenze evolutive oggi dismesse a causa di nuovi adattamenti, ma ancora piuttosto fastidiose (chi soffre di mal di schiena, di appendicite o si è appena fatto togliere il dente del giudizio ne sa qualcosa). ■ La selezione quindi non opera sempre come un ingegnere che ottimizza i suoi ingranaggi, pezzo per pezzo, ma come un bricoleur che riorganizza il materiale disponibile. Darwin lo aveva capito bene: la natura è ridondante, flessibile e converte le funzioni di una struttura anche più volte (un processo che oggi gli evoluzionisti chiamano exaptation). Il risultato è che l’adattamento è sempre relativo a un contesto, è incompiuto e un po’ imperfetto, ma qui sta proprio il fascino della storia. Se esistesse un progettista, sarebbe davvero un gran pasticcione. ■ Stupisce davvero che questo bellissimo messaggio della scienza dell’evoluzione sia ancora oggi accolto con tanta ostilità, come se fosse una minaccia alla dignità umana. Vediamo tornare alla ribalta vecchie anticaglie filosofiche come quella del “progetto intelligente”, un revival nostalgico del dottor Pangloss. Sentiamo risuonare argomenti ottocenteschi: come si sono formati gli organi più perfetti come l’occhio? Come può emergere la complessità in natura? Come possiamo essere solo figli del caso? Per avere qualche risposta, certo non definitiva ma almeno scientificamente provata, basterebbe sfogliare un buon manuale sull’evoluzione o, appunto, uno dei tanti bei libri di Gould. Il segreto dell’evoluzione è avere una continua sorgente di diversità, dare tempo alla selezione naturale perché faccia il suo corso, mettere in conto una molteplicità di altri fattori (come le derive genetiche e le migrazioni) e non aspettarsi troppa perfezione né troppa prevedibilità nel risultato. Ecco allora che non avrete più bisogno di altri ingredienti né di “progetti”. Secondo Gould questo è un messaggio di libertà e di responsabilità al contempo, perché libera la fede e la filosofia dall’impegno di cercare prove scientifiche che non esistono. Anche noi siamo figli di questa avventura intrigante, che ha ancora molti lati nascosti e tiene in serbo chissà quali sorprese. Non dovremmo avere paura di essere discesi da una storia così bella. Telmo Pievani Docente di Filosofia della Scienza presso la Facoltà di Scienze della Formazione, Università di Milano Bicocca. (60) QUARK 5