Corso di Laurea magistrale
In Amministrazione finanza e controllo
Tesi di Laurea magistrale
Nullità dei contratti bancari
per difetto della forma scritta
Relatore
Prof. Marco Ticozzi
Laureando
Andrea Padovan
Matricola 837292
Anno accademico
2015/2016
Indice
Introduzione
5
Parte I: trattazione teorica
11
1. Nullità per difetto della forma scritta dei contratti
richiesta ai fini della validità
1.1
Profili generali della nullità contrattuale
11
1.2
Forma scritta dei contratti
16
1.3
Nullità per difetto della forma scritta dei contratti
19
2. Contratti bancari
2.1
Definizione di contratto bancario
20
2.2
Tipologie di contratti bancari
25
2.2.1 Contratti bancari tipici
28
2.2.2 Contratti bancari atipici derivanti da attività
accessorie e da altre attività finanziarie
34
2.2.3 Contratti occasionalmente bancari
36
2
3. Nullità per difetto della forma scritta dei contratti
bancari richiesta ai fini della validità
3.1
Origine del problema
37
3.2
Condizioni generali di validità dei contratti bancari
41
3.3
Forma scritta e contenuto dei contratti bancari in
funzione agli obblighi di trasparenza
44
Nullità per difetto della forma scritta dei contratti
bancari
49
3.4
Parte II: trattazione empiristica
56
Casi particolari di validità o di nullità dei contratti bancari
in assenza della forma scritta
1. Premessa
56
2. Sentenze sulla validità dei contratti bancari stipulati
secondo un’altra forma diversa dalla forma scritta
62
Sentenze sulla validità dei contratti bancari stipulati
secondo un’altra forma diversa dalla forma scritta
2.1
Premessa
62
Sentenza n. 20726 del 01/10/ 2014 della Corte di
cassazione
63
Sentenza n. 14470 del 09/07/2005 della Corte di
cassazione
66
3
3. Sentenze sulla validità dei contratti bancari in assenza
della sottoscrizione della banca
3.1
68
Premessa
68
Sentenza n. 4564 del 22/3/2012 della Corte di
cassazione
90
Sentenza n. 12711 del 5/6/2014 della Corte di
cassazione
92
Sentenza n. 5919 del 24/03/2016 della Corte di
Cassazione
93
Sentenza n. 7068 del 11/04/2016 della Corte di
cassazione
96
Sentenza n. 8395 del 27/04/2016 della Corte di
Cassazione
99
Sentenza n. 10711 del 24/05/2016 della Corte di
Cassazione
103
Sentenza n. 1377 del 15/06/2016 della Corte di
Appello di Venezia
105
Sentenza n. 712 del 24/03/2016 della Corte di appello
di Venezia
109
Sentenza n. 2396 del 04/08/2016 del Tribuna le di
Padova
111
Sentenza n. 17290 del 24/08/2016 della Corte di
Cassazione
113
Conclusioni
116
Bibliografia
119
4
Introduzione
Un argomento molto controverso e dibattuto negli ultimi anni, sia nella dottrina
che nella giurisprudenza, è quello relativo alla nullità dei contratti bancari per
mancanza del requisito della forma scritta, requisito richiesto ai fini della validità
degli stessi.
Nella prassi, da tempo, lo stesso tema è emerso anche in sede di contenzioso tra il
cliente e la banca contraente.
Si tratta di un tema complesso originato dalla natura stessa dei contratti bancari
che oltre a rientrare nei contratti di diritto comune sono interessati anche da
specifiche discipline.
Sebbene il Codice civile disciplini l’istituto della nullità del contratto in generale,
questo, con riferimento ai contratti bancari, non risulta sufficiente a risolvere tutte
le varie casistiche che nel tempo hanno dato origine a dibattiti in dottrina e a
pronunce in giurisprudenza a volte contrastanti.
I contratti bancari sono regolamentati da fonti legislative e da norme diverse: oltre
agli articoli del Codice civile e del Codice del Consumo, il legislatore ha previsto
nel tempo norme ad hoc per tutelare la parte debole del contratto attraverso le
disposizioni introdotte appositamente – in accoglimento di alcune direttive
comunitarie - con il D.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 T.U.B. (Testo Unico
Bancario), con il D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 T.U.F. (Testo Unico delle
Finanze) e con le norme attuative della Banca d’Italia.
Particolarmente interessante sono le norme contenute nel titolo VI del T.U.B.
rubricato, non a caso, “trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti
con i clienti”.
Norme volte a riequilibrare il rapporto asimmetrico che, nello specifico, si origina
tra un cliente-correntista e la banca stipulando un contratto, al fine di tutelare la
parte debole, cioè il cliente.
In riferimento alla disciplina della “nullità contrattuale per difetto della forma
scritta” - che da il titolo alla presente tesi - sono rilevanti le previsioni di cui
5
all’art. 117 del T.U.B. citato, dove è prevista l’obbligatorietà della forma scritta a
pena di nullità dello stesso contratto, con l’obbligo aggiuntivo di consegnarne una
copia al cliente.
Salvo poi, prevedere nello stesso articolo la possibilità da parte del CICR
(Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio) di poter consentire anche
altre forme valide per la stipulazione di alcune particolari tipologie di contratti
bancari.
Oltre all’art.23 del T.U.F che prevede un contenuto simile ma con specifico
riferimento ai contratti relativi ai servizi d’investimento e delle attività accessorie
stipulabili con la banca.
La nullità conseguente alla violazione di queste norme è definita una ‘nullità di
protezione’ poiché volta a mettere il cliente nella posizione di poter comprendere
le condizioni applicate nel contratto stipulato con la banca.
Da qui è chiara la posizione del legislatore che, in ossequio al rispetto delle
previsioni della trasparenza e al riequilibrio del rapporto contrattuale, persegue
l’obiettivo di ridurre i possibili contenziosi tra clienti e banca prescrivendo
l’obbligo di una certa forma per i contratti bancari: l’obbligo, appunto, della forma
scritta.
I contenziosi risultano ridotti per il fatto che la forma scritta consente di ottenere
dei relativi vantaggi poiché assolve tutta una serie di funzioni in ordine a garantire
maggiore trasparenza di informazioni scambiate tra banca e cliente relative a
titolo esemplificativo alle condizioni contrattuali, caratteristiche dei contraenti,
pronto riconoscimento dei soggetti che sottoscrivono il contratto, ecc..
Finalità che, naturalmente, in mancanza della forma scritta sarebbero difficili da
perseguire.
Ma tale requisito richiesto ai fini della validità del contratto (forma scritta “ad
substantiam”) non ha risolto, come si è riscontrato nel tempo, tutte le
problematiche derivanti da possibili contenziosi con la banca.
6
Uno dei problemi più dibattuti e fonte di controversie è appunto la modalità con la
quale viene rispettato il requisito della forma scritta.
Nella fattispecie si sono riscontrate nel tempo, in sede di contenzioso, diverse
cause, alcune delle quali saranno analizzate nella seconda parte di questa tesi,
nelle quali è risultato dubbio il rispetto della forma scritta.
Tuttavia, anche se l’obbligo della forma scritta “Ad substantiam” del contratto
bancario è disciplinata dagli art. 117 del T.U.B. e 23 del T.U.F., in ragione della
specificità di tale tipologia contrattuale, rimangono presenti alcune lacune in
riferimento al rispetto di tale adempimento.
Ad esempio ci si è chiesti se fosse valido un contratto bancario che seppur
stipulato verbalmente fosse legato ad un altro contratto per il raggiungimento
dello stesso interesse economico; se fosse rispettato il requisito della forma scritta
in assenza della sottoscrizione di una delle controparti, o nel caso in cui una delle
parti utilizzi una scrittura privata come forma di sottoscrizione, o addirittura il
funzionario della banca firmi apponendo sul contratto una semplice sigla; o
ancora se in mancanza della forma scritta la nullità possa essere comunque sanata
per comportamenti concludenti o attraverso dichiarazioni confessorie, o se fosse
possibile limitare la nullità di protezione solamente ad alcuni effetti del contratto
senza sfociare in un abuso del diritto esercitabile dal cliente, ecc…
Tali
dubbi,
non
trovando
una
specifica
disciplina
normativa,
sono
necessariamente risolti in ambito giurisprudenziale.
I giudici, infatti, attraverso i propri orientamenti espressi con l’emanazione di
sentenze a conclusione delle cause promosse dai contraenti suppliscono, al
momento, alle lacune create da una disciplina che per certi aspetti risulta essere
incompleta.
Si tratta però di interpretazioni personali dei singoli giudici che sono state
anch’esse fonte di contestazioni in ambito giurisprudenziale generando posizioni a
volte anche contrapposte sullo stesso argomento e/o in gradi diversi di giudizio
che hanno visto il susseguirsi di sentenze contrastanti e ricorsi della
7
giurisprudenza di merito anche alle Sezioni Unite in contrasto con i pareri della
Corte di Cassazione.
L’alternarsi
dei
vari
orientamenti
giurisprudenziali
ha
risentito
anche
dell’influenza dei mutamenti socio economici che hanno impattato sulle attività
svolte dalla banca e sulle tutele previste per proteggere il cliente.
Il tema in questione continua a essere molto attuale e merita sicuramente di essere
analizzato e sviluppato più nel dettaglio.
Ecco quindi che in questa tesi viene affrontato il tema della nullità per difetto
della forma scritta dei contratti bancari, attraverso l’analisi di diverse sentenze che
si sono pronunciate nel tempo.
La tesi si struttura in due parti: nella prima, l’argomento è analizzato in una
prospettiva teorica e descrittiva, mentre nella seconda parte il tema viene
affrontato secondo una prospettiva maggiormente di tipo empirico attraverso
l’analisi di alcune sentenze ritenute più significative che si sono espresse nel
merito della ‘nullità della forma scritta dei contratti bancari’.
La trattazione teorica relativa alla prima parte della tesi viene affrontata seguendo
più step.
Nei primi due capitoli, vista la complessità della materia che è tuttora in continua
evoluzione, l’intenzione è di contestualizzare l’argomento definendo i tratti
generali a livello teorico sia dei contratti bancari che della nullità per difetto della
forma scritta dei contratti.
In particolare nel primo capitolo relativo a questa prima parte saranno illustrate le
caratteristiche principali inerenti all’istituto della nullità per difetto della forma
scritta del contratto.
Il tutto cercando di analizzare in un primo momento separatamente l’istituto della
nullità contrattuale e l’istituto della forma scritta dei contratti, per poi analizzare e
8
comprendere meglio la disciplina nel suo complesso relativa, appunto, alla nullità
per difetto della forma scritta dei contratti.
Nel capitolo successivo sarà, invece, analizzata la disciplina dei contratti bancari
attraverso un inquadramento generale.
Saranno analizzate le varie fonti normative che nel tempo hanno disciplinato i
contratti bancari, partendo quindi dalle normative del Codice civile che regolano
in particolar modo i contratti derivanti dalle attività tipiche della banca (attività di
intermediazione del credito) e passando alle fonti normative che si sono
sviluppate nel tempo e che hanno ampliato la disciplina dei contratti bancari in
riferimento anche ad attività che non sono di competenza esclusiva della banca; in
particolare si farà riferimento alle normative contenute nel Decreto Legislativo
385 del 1993 (denominato Testo Unico Bancario), nel Decreto Legislativo 58 del
‘98 (denominato Testo Unico delle Finanze) e nelle norme attuative della Banca
d’Italia.
Di conseguenza, analizzate le fonti normative che disciplinano le diverse attività
tipiche e atipiche svolte dalla banca, dalle quali poi si svilupperà il contratto, verrà
svolta una breve descrizione delle principali categorie dei contratti bancari in
funzione dell’attività da cui derivano.
Successivamente a questo inquadramento generale in riferimento sia alla nullità
per difetto della forma scritta del contratto che alla disciplina dei contratti bancari,
l’analisi proseguirà entrando nel tema centrale della presente tesi trattando
appunto “la nullità per difetto della forma scritta dei contratti bancari”.
La parte finale della prima parte relativa alla trattazione teorica analizzerà quella
che è all’origine della disciplina di tale istituto, disciplina che, come vedremo, è
volta a tutelare, proteggere, soprattutto il cliente nei confronti del potere della
banca,
focalizzando
l’attenzione
quindi
sull’inevitabile
asimmetria
che
contraddistingue le due parti contraenti nei contratti bancari e quindi i meccanismi
posti dal legislatore al fine di ridurre tale sbilanciamento.
Dopodiché verranno analizzate le condizioni generali affinché un contratto
bancario sia considerato valido e quindi idoneo a produrre effetti giuridici
9
secondo quanto disposto sia dalle normative codicistiche sia dalla normativa
speciale a cui le banche fanno riferimento (T.U.B. e T.U.F.).
Di seguito verrà analizzata l’importanza della forma scritta richiesta “ad
substantiam” in relazione agli obblighi di trasparenza e di correttezza ai quali la
banca deve sottoporsi.
Infine viene descritto più precisamente l’istituto della nullità per difetto della
forma scritta dei contratti bancari qualificata come ‘nullità di protezione’ secondo
le previsioni di cui all’art. 36 del Codice del consumo e dall’art. 127 del Testo
unico bancario con riferimento specifico ai contratti stipulabili con la banca.
Terminata questa parte teorica, si entrerà nella seconda parte della tesi in cui
l’argomento della ‘nullità per difetto della forma scritta’ sarà trattato con
riferimento a dei casi concreti attraverso l’analisi di sentenze emesse da Tribunali
e della Cassazione che si sono espresse in merito.
Infine, il capitolo conclusivo è riservato ad alcune conclusioni e riflessioni tratte
durante lo svolgimento e lo studio del tema contenuto in questa tesi.
10
Parte I: trattazione teorica
1. Nullità dei contratti per difetto della forma scritta
richiesta ai fini della validità
In questo capitolo si indaga sulla nullità della forma scritta dei contratti definendo
separatamente i tratti generali dell’istituto della nullità contrattuale, secondo le
previsioni di cui all’art. 1418 e seguenti del Codice civile, e quelli dell’istituto
della forma scritta dei contratti con particolare riferimento a quella prevista ai fini
della validità del contratto (forma scritta “ad substantiam”).
Si arriverà poi d affrontare i due istituti in modo congiunto analizzando la nullità
per difetto della forma scritta dei contratti, che è il tema principale di questo
capitolo.
1.1 Profili generali della nullità contrattuale
La nullità è uno degli istituti che, assieme a quello dell’annullabilità, provoca
come effetto l’invalidità contrattuale.
L’invalidità è intesa come quell’insieme di circostanze per le quali il contratto non
può essere considerato idoneo a produrre effetti giuridici rilevanti.
Se un contratto è invalido, è dunque “ inefficace”, non è in grado di produrre
effetti.
Tuttavia questo non vale per il contrario poiché l’inefficacia può essere propria
anche di un contratto valido, basti pensare all’esempio di un’ipotesi di condizione
sospensiva.
Da questo deriva la distinzione tra l’istituto dell’annullabilità contrattuale e
l’istituto della nullità contrattuale.
La differenza tra i due istituti è che il contratto, qualora venga dichiarato nullo,
non può essere rettificato dalle parti in un momento successivo per convalidarlo,
cosa, che, invece, è possibile nel caso di contratto annullato.
11
Nella fattispecie la “nullità” è definita come quell’ipotesi d’invalidità del contratto
che ricorre quando si verifica una mancanza, un vizio strutturale grave del
contratto tale da renderlo inesistente.
In questa situazione qualsiasi pronuncia di nullità del giudice sarà una sentenza
meramente di natura dichiarativa poiché consiste in una semplice presa d’atto di
qualcosa che in realtà non esiste e che quindi non poteva e non può produrre
effetti sin dall’origine.
Da queste considerazioni si può affermare, inoltre, che l’azione di nullità è
un’azione imprescrittibile.
Inoltre, lo stesso art. 1421 del Codice civile dispone che l’azione di nullità può
essere esercitata da chiunque ne abbia interesse, quindi non necessariamente
soltanto dalle parti contraenti, e può anche essere dichiarata d’ufficio dal giudice
stesso. 1
Diversamente nei casi di “annullabilità” il contratto produce tutti gli effetti di un
contratto valido, che possono venir meno solo se viene richiesto l’annullamento.
Le ipotesi di annullabilità possono essere riscontrate a seguito di anomalie meno
gravi (es: vizi di volontà, errori, dolo e raggiri, negozi conclusi con persone
minorenni o incapaci di intendere, ecc).
L’annullabilità può essere richiesta solo dal soggetto interessato, non da terzi e
nemmeno dal giudice.
Ai fini della presente tesi, è necessario analizzare in particolare le situazioni che
determinano le ipotesi di nullità del contratto e che sono elencate all’art.1418 del
Codice civile:
-
Contrarietà a norme imperative;
-
Mancanza di uno dei requisiti di cui all’art. 1325 del Codice civile
(accordo delle parti, la causa del contratto, l’oggetto e la forma purché sia
espressamente espressa a pena di nullità);
1
-
Causa illecita;
-
Motivi illeciti;
Camardi C., (2010), “le istituzioni del diritto privato contemporaneo”, pag. 232 -233, Jovene
Editore, Napoli
12
-
Oggetto
del
contratto
impossibile,
illecito,
indeterminato
o
indeterminabile;
-
Contratto immeritevole di tutela.
Il terzo comma dello stesso articolo 1325 C.c. completa l’elenco facendo un rinvio
alle singole norme sparse nell’ordinamento nelle quali si dispone espressamente la
nullità del contratto.
Da precisare inoltre, secondo quanto disposto dall’art.1419 del Codice civile, che
se ad essere colpita da illiceità è una singola clausola si configura un’ipotesi di
nullità parziale secondo la quale ad essere dichiarata nulla è solamente la singola
clausola colpita da nullità e non l’intero contratto.
In tali ipotesi, però, le parti hanno la facoltà di estendere la nullità anche alla
restante parte del contratto se la conseguenza dell’alterazione del contratto dovuta
alla rimozione della clausola nulla porta come esito ad un contratto non più
finalizzato a raggiungere gli interessi che le parti intendevano raggiungere.
Detto più semplicemente il legislatore, in ossequio all’intenzione di conservare il
principio dell’autonomia privata, non avrà interesse a mantenere in vita un
contratto che alteri la volontà delle parti e che, di fatto, le tiene vincolate.
Per questo motivo è prevista la possibilità di estendere la nullità anche alla
restante parte del contratto (art.1419 1 Comma).
Diversamente, se le finalità dl contratto non risultano alterate dalla nullità
parziale, le parti devono comunque restare obbligate a continuare col rapporto
contrattuale anche se alterato.2
Abbiamo visto prima che convalidare un contratto nullo, al contrario di un
contratto annullato, è impossibile.
Tuttavia esistono delle eccezioni a tale regola in riferimento a talune fattispecie
contrattuali alle quali è riservata una tutela ulteriore rispetto a quella codicistica.
Di particolare interesse è sicuramente la previsione riservata alle cosiddette
“tipologie contrattuali del consumatore”, dove le controparti sono da un lato,
2
Camardi C., (2010), “le istituzioni del diritto privato contemporaneo”, pag. 232 -233, Jovene
Editore, Napoli
13
appunto, un generico cliente – consumatore e dall’altro un professionista, un
imprenditore, un istituto di credito, ecc.. che all’interno del rapporto contrattuale
rappresenta la parte più forte in quanto dispone di maggiori informazioni.
La tutela giuridica creata su sollecitazione del legislatore comunitario è rivolta
agli interessi di una delle parti contraenti, cioè di quella più debole.
Alla luce di ciò, l’istituto della nullità previsto per tali fattispecie avrà carattere
speciale rispetto alla mera disciplina codicistica proprio perché è prevista da
norme extracodicistiche che hanno origine sovranazionale e il cui obiettivo
principale è quello di regolare il mercato in funzione al perseguimento di obiettivi
di efficienza ed equità.
Tali norme interessano a titolo esemplificativo le seguenti materie: antitrust,
contratti
tra
professionisti
e
consumatori,
contratti
bancari,
contratti
dell’intermediazione finanziaria, subfornitura, le locazioni abitative, ecc…
Le ipotesi di nullità, previste da queste norme, non sono tanto in funzione degli
elementi intrinsechi del contratto relativi alla struttura o al contenuto, ma piuttosto
in funzione ad alcuni elementi estrinsechi, tra cui, ad esempio: le qualifiche del
professionista e del consumatore, l’assenza di trattativa sulla clausola vessatoria,
ecc…. 34
Tale tipo di nullità sarà poi ripresa anche nel proseguio della tesi in riferimento
alla nullità dei contratti bancari, in quanto essi rientrano appunto in questa
disciplina proprio in ragione del fatto che hanno la caratteristica di essere dei
contratti asimmetrici.
Questo tipo di tutela (che sarà approfondita al capitolo 3 di questa prima parte
teorica) a favore del consumatore è contenuta in un apposito codice, denominato
‘Codice del consumo’.
Con riferimento ai contratti, ed in particolare alla loro invalidità, sicuramente
fondamentale risulta essere l’art.36 di questo Codice.
3
4
Roppo V., (2011), “il contratto”, pag.705-707, Giuffrè Editore, Milano
Camardi C., (2010), “le istituzioni del diritto privato contemporaneo”, pag. 235, Jovene Editore,
Napoli
14
Articolo che prevede che eventuali clausole riconosciute come ‘vessatorie’,
concluse tra professionista e consumatore, devono essere dichiarate nulle ed
asportate, lasciando in vita la rimanente parte del contratto e questo senza
applicare le previsioni previste dei primi due commi dell’art.1419 del Codice
civile che erano state analizzate.
Altra particolarità, inerente sempre le clausole vessatorie, riguarda la legittimità
ad agire per esse.
A tal proposito, il terzo comma dello stesso art.36 del Codice del consumo
dispone che non può agire chiunque per chiedere la loro nullità ma può farlo solo
chi è a favore del consumatore contraente considerato parte debole.
Si parlerà, pertanto, di ‘nullità relativa’, particolare istituto della nullità, che come
anticipato, verrà affrontato e ripreso anche nei capitoli seguenti quando si parlerà
più specificatamente dei contratti bancari e della nullità per carenza della loro
forma scritta.5
5
Camardi C., (2010), “le istituzioni del diritto privato contemporaneo”, pag. 232 -233, Jovene
Editore, Napoli
15
1.2 Forma scritta dei contratti
La forma, assieme all’accordo tra le parti, all’oggetto e alla causa, rappresenta uno
degli elementi essenziali del contratto elencati all’art. 1325 del Codice civile la
cui assenza può determinare la nullità del contratto (art. 1418 Codice civile).
In ossequio all’autonomia negoziale riservata alle parti in sede di stipulazione del
contratto, la forma rappresenta qualsiasi atto che sia idoneo ad esprimere la
manifestazione di volontà e di consenso delle parti.
Ciò a prescindere se avviene oralmente o per iscritto, proprio perché la regola
fondamentale nell’ordinamento è quella della libertà della forma, in quanto è lo
stesso legislatore a lasciare libere le parti nelle modalità con le quali formalizzare
il contratto in modo tale da rendere riconoscibile a loro stessi l’accordo. 6
Tuttavia nel tempo si è assistito ad un incremento di norme che impongono il
rispetto di una forma determinata, da cui il termine ‘contratti formali’.
Basti pensare, a titolo meramente esemplificativo ai casi della donazione e ai casi
della compravendita di un immobile; ai fini della validità di tali fattispecie
contrattuali il legislatore richiede espressamente la forma scritta dell’atto pubblico
fatta davanti ad un notaio.
Da qui la forma scritta che viene richiesta dal legislatore può assumere due
diverse configurazioni: forma scritta “ad substantiam” e forma scritta “ad
probationem”.
La forma scritta del contratto risulta essere “ad substantiam” nel caso in cui il
requisito della forma scritta risulti essere un elemento necessario affinché il
contratto risulti essere valido.
In mancanza, il contratto risulta inidoneo a produrre effetti giuridici rilevanti.
6
Roppo V., (2011), “il contratto”, pag. 205-211, Giuffrè Editore, Milano
16
La forma scritta del contratto risulta, invece, essere “ad probationem” quando la
forma scritta viene richiesta dalle norme, ma in questo caso non ai fini della
validità del contratto ma solo allo scopo di renderne dimostrazione dell’esistenza
dello stesso.
In mancanza, le parti difficilmente riuscirebbero a dimostrare l’esistenza
dell’accordo.
Nel caso poi che il contraente abbia, senza sua colpa, perduto il documento che
forniva la prova dell’esistenza di tale accordo potrà chiedere l’intervento di
testimoni, secondo quanto disposto dall’art. 2725 del Codice civile.7
Qualora non si riesca a dimostrare questo è evidente che il contratto non potrà mai
avere ingresso nella dimensione giuridica.
I principali modelli di forma scritta sono costituiti dall’atto pubblico e dalla
scrittura privata.
L’atto pubblico è un atto scritto redatto da un pubblico ufficiale, il quale
formalizza la volontà delle parti in funzione alle norme prescritte dalla legge.
La scrittura privata, invece, è un documento sottoscritto dalle parti al cui interno
sono contenute le loro dichiarazioni, pertanto è un atto che fa piena prova se
riconosciuta dalla parte contro cui è prodotto.
Negli ultimi anni si è assistito ad un incremento da parte del legislatore delle
norme che richiedono la forma scritta “ad substantiam”.
Questo fenomeno è riconducibile nell’ambito di alcune fattispecie contrattuali
identificate non per l’oggetto del contratto ma in relazione alla qualità dei soggetti
coinvolti nel contratto.
Ci si riferisce soprattutto alle cosiddette “tipologie contrattuali del consumatore”,
e nel caso specifico, ai rapporti instaurati tra quest’ultimo e le banche (oltre a
diverse figure professionali come l’imprenditore, professionisti, istituti finanziari,
ecc..).
7
Galgano F., (2011), “il contratto” pag. 201-207, Dott. Antonio Milani, Cedam
17
E’ interessante notare quanto in realtà tali contratti non siano più visti solo da un
punto di vista meramente oggettivo, come avveniva normalmente per i contratti in
generale, e quanto ad emergere sia anche e soprattutto l’elemento soggettivo.
Questa nuova previsione per la quale è richiesta necessariamente la forma scritta
prende il nome di ‘neoformalismo’ ed ha lo scopo, appunto, di garantire la
trasparenza della transazione economica da cui si genera il contratto, al fine di
riequilibrare lo squilibrio informativo tra le controparti, e di conseguenza di
regolare lo stesso rapporto contrattuale posto in essere.
Per capire meglio l’ambito interessato a questa nuova maggiore tutela, basta
pensare al fatto che i contratti destinati ai consumatori non sono frutto di una vera
e propria trattativa bensì è come fossero unilateralmente predisposti da una sola
parte, la parte più forte del rapporto (il professionista, la banca, ecc.)
Quante volte ad esempio la banca affida ai propri consulenti il compito di
effettuare più regolazioni contrattuali per fare delle proposte alla massa dei
consumatori e che, il più delle volte, sono composte da una serie di clausole
complesse e difficili da comprendere dalla maggior parte dei consumatori.
La previsione dell’obbligo di contrattualizzare in forma scritta tali proposte serve
quindi ad evitare che tali regolamenti stilati ad hoc per le masse abbiano un
contenuto ambiguo o che le clausole siano formulate in modo da permettere alla
parte forte di ottenere degli indebiti vantaggi.
Più semplicemente, tale obbligo della forma scritta è funzionale per motivi di
trasparenza a livello informativo, per evitare che la parte forte del contratto,
nell’esempio citato la banca, abusi del proprio potere per ottenere dei guadagni
indebiti tenendo un comportamento scorretto nei confronti del proprio cliente
consumatore.8
8
Camardi C., (2010), “le istituzioni del diritto privato contemporaneo”, pag. 230 -231, Jovene
Editore, Napoli
18
1.3 Nullità per difetto della forma scritta dei contratti
Dopo l’analisi separata degli istituti della nullità contrattuale e della forma scritta
dei contratti, effettuata nei paragrafi precedenti, si può affermare che, qualora la
forma scritta sia richiesta
“ad substantiam”, cioè ai fini della validità del
contratto, in assenza di tale requisito il contratto risulterà essere nullo.
19
2. Contratti bancari
In questo capitolo si cercherà di introdurre il tema dei contratti bancari definendo i
tratti generali degli stessi.
In particolare, in funzione alle attività svolte dalla banca, si cercherà in una prima
parte di inquadrare a grandi linee le norme che disciplinano questi contratti per
passare poi ad un’illustrazione sintetica di alcune fattispecie contrattuali.
2.1 Definizione di contratto bancario
Il contratto bancario rientra all’interno della disciplina generale prevista nel diritto
privato relativa ai contratti.
Il contratto bancario è quindi un contratto giuridico disciplinato dalla legge e
definito dagli articoli 1321 e seguenti del Codice civile.
Nella fattispecie, in questi articoli, l’istituto del contratto, ivi compreso l’istituto
del contratto bancario, viene definito come quella situazione nella quale due o più
parti sottoscrivono un “accordo per costituire, per regolare o per estinguere tra
loro un rapporto giuridico di natura patrimoniale”, quindi che ha per oggetto una
transazione economica.9
Con questa definizione il legislatore ha voluto porre particolare enfasi sul fatto
che per “rapporto giuridico di natura patrimoniale” si intende un qualcosa che è
sancibile e controllato da normative vigenti.
Importante in questa definizione è anche il concetto di ‘regolare un rapporto
giuridico patrimoniale’.
Essa, infatti, fa riferimento ad una sorta di ‘autonomia negoziale’ che viene
riconosciuta alle parti al fine di determinare liberamente il contenuto sia dei
“contratti
tipici”,
quindi
tipologie
contrattuali
espressamente
previste
dall’ordinamento giuridico prontamente disciplinate da un Codice o da una legge
9
Art 1321 Codice civile
20
speciale10, sia dei “ contratti atipici”, cioè contratti, al contrario, in cui le parti
creano in funzione a proprie necessità di negoziazione delle tipologie che non
sono esplicitamente disciplinate dal diritto civile11.
Principio racchiuso nell’art. 1322 del Codice civile, il quale prevede anche i
vincoli che le parti devono rispettare nella determinazione autonoma della
tipologia contrattuale.12
Al primo comma dell’art.1322 C.c. si fa riferimento ai contratti tipici mentre al
secondo comma ai contratti atipici.
Il contenutodell’art.1322 C.c. è il seguente:
“Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti
imposti dalla legge.
Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi
una disciplina particolare [1323], purché siano diretti a realizzare interessi
meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico”13
Ma nello specifico, i contratti bancari come si collocano in relazione alla
disciplina del contratto in generale?
I contratti bancari fanno parte dei contratti in generale e in quanto tali sono
riconosciuti e disciplinati dall’ordinamento giuridico.
Storicamente una disciplina organica dei contratti bancari per la prima volta è
riscontrabile nel Codice civile del ’42 in cui negli articoli che vanno dal 1834 C.c.
al 1860 C.c. sono disciplinate le diverse tipologie contrattuali bancarie.
Tuttavia, per un motivo di natura meramente anacronistica, tale tipizzazione
fornita dagli articoli citati risulta oggi incompleta e troppo riduttiva rispetto
all’ampliamento delle attività bancarie.
L’evoluzione della realtà socio– economica nel tempo ha avuto infatti anche un
impatto su quella che storicamente era sempre stata considerata l’attività bancaria,
ampliandone di fatto la competenza anche su altri tipi di attività in funzione
10
Wikipedia contratti tipici
Wikipedia contratti atipici
12
Galgano F., (2011), “il contratto” pag. 23-25, Dott. Antonio Milani, Cedam
13
Art 1322 Codice civile
11
21
appunto a tali cambiamenti che hanno generato nuovi bisogni e quindi nuovi
clienti.
Di conseguenza, col passare degli anni, non sarebbe stato più possibile ridurre le
tipologie contrattuali alle sole definizioni di cui al Codice civile, proprio perché
incomplete.
Oltre alle attività esclusive esercitate dalle banche, normalmente relative alla
tradizionale attività di intermediazione del credito, vengono affiancate ad esse
anche tutta una serie di attività accessorie, tipicamente anche finanziarie, anche se
non di competenza esclusiva della stessa banca ed esercitabili per esempio anche
da altri intermediari finanziari.
La regolamentazione di tali nuove attività è stata introdotta attraverso il T.U.B.
“Testo unico bancario” (decreto legislativo 385 del ’93) e il T.U.F. “Testo unico
della finanza” (decreto legislativo 58 del ’98).
In particolare è nell’art.10 del T.U.B. che viene esplicitata questa previsione,
attraverso i suoi tre commi: 14
“1. La raccolta di risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito costituiscono
l'attività bancaria. Essa ha carattere d'impresa.
2. L'esercizio dell'attività bancaria è riservato alle banche.
3. Le banche esercitano, oltre all'attività bancaria, ogni altra attività finanziaria,
secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse o strumentali.
Sono salve le riserve di attività previste dalla legge”.15
Dalla lettura di questi tre commi si possono evincere particolari interessanti
relativi a ciò che si configura come attività bancaria e di conseguenza quali sono i
contratti bancari.
In particolare:
- Nel primo comma non si fa altro che riprendere quella che era la previsione
enunciata già nel Codice civile del ’42, secondo la quale vengono delimitate le
sole attività unicamente ed esclusivamente riservate alla banca, cioè tutte quelle
14
Urbani A,(2010) “ L’attività delle banche”, pag. 26-28 Cedam, Casa Editrice dott Antonio
Milani
15
Art 10 T.U.B.
22
attinenti con la tradizionale prospettiva di intermediazione svolta dalla stessa
banca.
Il termine ‘impresa’ indica la tradizionale funzione di intermediazione del credito
che è riservata alle banche.
Secondo quest’ottica i contratti bancari sono quei contratti attraverso i quali la
banca provvede
a raccogliere il risparmio fra il pubblico e ad effettuare
l’esercizio del credito, quindi contratti che hanno lo scopo o di raccogliere fondi
tra il pubblico ed esercitare il credito o di erogare credito utilizzando fondi
raccolti tra il pubblico, quindi ha una funzione di intermediazione tra chi dispone
di capitali che verranno destinati a nuovi investimenti o tra chi necessità di
capitali di cui non dispone per delle proprie necessità.
Queste due attività devono necessariamente essere collegate.
Dalla lettura di questo primo comma emerge la delimitazione dell’area di
competenza esclusiva delle banche.
Tuttavia non sono specificati quelli che sono i reali confini della loro operatività,
di conseguenza il legislatore, in funzione anche alla lettura dei commi seguenti,
permette di estendere successivamente i confini dell’attività bancaria anche ad
altre tipologie di attività che per loro natura non rientrano nell’area delimitata
come quella delle attività tipiche bancarie descritte in precedenza.
- Nel secondo comma il T.U.B. specifica che l’attività bancaria, così definita
precedentemente dal primo comma, è riservata alle banche.
- Nel terzo comma viene precisato che le banche, oltre ad esercitare le attività
bancarie che abbiamo detto essere di loro competenza esclusiva, possono
esercitare anche tutta una serie di altre tipologie di attività finanziarie e di attività
connesse e strumentali alle attività bancarie.
Ecco quindi, che tale decreto legislativo, come è già stato accennato, amplia l’area
delle attività bancarie tradizionali individuate precedentemente dalla disciplina
codicistica del ’42 tenendo conto quindi dell’impatto dell’evoluzione socio
23
economica che negli anni ha interessato i servizi offerti dalle banche.16
Da precisare poi che la visione tradizionale dei contratti bancari non teneva
inizialmente conto delle operazioni di finanziamento che avessero una durata
medio lunga,
non considerando, di conseguenza, quelli che sono i crediti
agevolati relativi ad operazioni particolari.
Il T.U.B. è intervenuto anche sotto questo aspetto prevedendo, attraverso l’art.38
anche tipologie contrattuali di questo tipo, ad esempio per quanto riguarda l’area
del
credito fondiario e delle opere pubbliche, agrario e peschereccio, delle
imprese, del pegno, ecc.. 17
Sempre a tale proposito, il T.U.F. aggiunge inoltre che le banche hanno la
competenza per poter effettuare servizi di investimento a favore del pubblico
fornendo servizi relativi alla negoziazione, al collocamento, alla gestione e alla
mediazione di strumenti finanziari.
Attualmente, come si deduce dall’analisi appena effettuata, la nozione di contratto
bancario è stata ampliata rispetto a quella ricavabile dal Codice civile, includendo
tipologie contrattuali che quindi non discendono più unicamente da una mera
attività di intermediazione relativa alla circolazione di denaro ma anche da altre
tipologie di attività finanziarie e di investimento, nonché tipi di attività connesse e
strumentali, ovviamente trattasi di tipologie di attività che non rientrano nell’area
dell’attività tipica bancaria.18
16
Cavalli G., Callegari M., (2008), “Lezioni sui contratti bancari”, pag. 9-13, Zanichelli Editore
S.p.a., Bologna
17
Urbani A,(2010) “ L’attività delle banche”, pag. 26 Cedam, Casa Editrice dott Antonio Milani
18
101professionisti.it, (2016), “I contratti bancari – La guida in bancario”, sito web:
http://www.101professionisti.it/guida/diritto-bancario/approfondimenti/i-contratti-bancari-304.aspx#article
24
2.2 Tipologie dei contratti bancari
A seguito delle nuove tipologie contrattuali introdotte con il T.U.B. e con il
T.U.F., attualmente, è quindi possibile affermare che la banca svolge tre diverse
funzioni:
- L’attività bancaria tipica, che consiste nel tradizionale ruolo di intermediazione
del credito, cioè raccolta del risparmio tra il pubblico e contestuale esercizio del
credito;
- L’attività della sola raccolta del risparmio tra il pubblico;
- La sola erogazione del credito.19
Si rende di conseguenza necessaria una triplice distinzione tra: attività o
operazioni tipiche, operazioni accessorie e operazioni occasionalmente bancarie.
Queste ultime rientrano in tipologie di attività che sono distinte dalle prime, cioè
da quelle tipiche e tradizionali attività di impresa di intermediazione del credito.
In funzione ad esse si fa riferimento a tutto ciò che viene definito dalla dottrina
come ‘parabancario’, quindi tutto ciò che non è strettamente correlato con
l’attività di intermediazione monetaria (ad esempio: alle attività finanziarie, alle
attività connesse o strumentali, a forme alternative di finanziamento come il
leasing, ecc...)20
Rientrano invece nella categoria delle attività bancarie tipiche i contratti bancari
espressamente disciplinati dal Codice civile e che riguardano le tradizionali
attività nelle quali la banca esercita la sua funzione di impresa di intermediazione
del credito attraverso operazioni sia attive che passive.
Attive nel caso in cui la banca impieghi la propria disponibilità di capitale
concedendo credito al cliente, quindi assumendo la veste di creditore; passive nel
caso in cui è la banca raccoglie denaro dal cliente per compiere determinate
operazioni, quindi assumendo la veste di debitore.
19
Lemme G., (2007), “Amministrazione e controllo nella società bancaria”, pag. 29 – 30, Giuffrè
Editore, Milano
20
Rete assicont, Pizza F., (2016), “lezione 13 // contratti: operatività bancaria e cause di
invalidità”, Assicont, sito web: https://vimeo.com/167858212
25
Pertanto, rientrano nell’annovero delle attività tipiche i contratti bancari elencati
nel Codice civile al “Libro IV, Titolo III, Capo XVII”, rubricato come ‘Dei
contratti bancari’ e con la previsione ulteriore prevista successivamente con
l’introduzione dell’art. 38 del T.U.B. che ha a sua volta ampliato la tipizzazione
inserendo anche altre fattispecie denominate ‘particolari operazioni di credito’. 21
Tra i contratti bancari tipici che sono espressamente disciplinati dal Codice civile
vi sono in ordine: il deposito bancario, l’apertura di credito e lo sconto bancario.
Discorso particolare è riservato ad alcune tipologie contrattuali che, pur essendo
delle fattispecie atipiche poiché non trovano una precisa collocazione all’interno
dell’elenco fornito dagli articoli del Codice civile, da un punto di vista meramente
di natura sociale, data la loro amplissima diffusione e utilizzo possono essere
considerati tipici sebbene non lo siano riconosciuti legalmente.
Il tutto, fermo restando che attualmente si ritengono comunque applicabili le
previsioni degli art 1852 e seguenti del Codice civile.
In particolare si fa riferimento a tutti quei contratti grazie ai quali è possibile
intervenire con i pagamenti, nella fattispecie: i conti correnti bancari, le
convenzioni di assegno e i crediti documentari.22-23
Le operazioni accessorie si definiscono tali, invece, poiché trattasi di attività nelle
quali le banche offrono alla clientela e al pubblico una serie di servizi appunto
accessori che non sono necessariamente riconducibili alla prima tipologia di
attività.
Tra questi espressamente disciplinati dal Codice civile sono da annoverare: il
deposito in titoli in amministrazione ed il servizio della cassetta di sicurezza.
Altri contratti bancari che non sono disciplinati dal Codice ma che comunque
rientrano nella categoria di attività accessorie sono: le operazioni di cambio di
21
Ferro-Luzzi P., (2005), “Lezioni di diritto bancario volume II: Parte speciale. I singoli contratti”,
pag. 31-32, Giappichelli Editore, Torino
22
Rete assicont, Pizza F., (2016), “lezione 13 // contratti: operatività bancaria e cause di
invalidità”, Assicont, sito web: https://vimeo.com/167858212
23
Naddeo M., “il sistema bancario italiano”, pag. 8, Pegaso – Università telematica
26
moneta, la gestione degli incassi dei titoli o di valute estere, i depositi di custodia
di titoli e valori, i depositi a custodia chiusi, ecc…
Infine sono da considerarsi contratti occasionalmente bancari tutti quei contratti
derivanti da operazioni con le quali la banca, a favore di qualunque soggetto,
impiega figure negoziali previste dall’ordinamento (ad esempio : il mutuo,
l’avallo, la fideiussione, l’accettazione bancaria, il mandato di credito, il riporto,
ecc… )
Fatta questa premessa, vediamo ora sinteticamente di delineare le caratteristiche
fondamentali dei principali contratti bancari nominati.
In particolare cercheremo di dare una definizione alle diverse tipologie
contrattuali più diffuse descrivendone gli elementi essenziali e le eventuali cause
di recesso.
Per quanto riguarda la trattazione della forma di questi contratti e, in particolare
con riferimento alle relative ipotesi di nullità della forma scritta, viene fatto il
rinvio al capitolo tre, relativo appunto alla ‘nullità per difetto della forma scritta
dei contratti bancari’.
27
2.2.1 I contratti bancari tipici
Assieme ai contratti bancari tipici (deposito bancario, l’apertura di credito e lo
sconto bancario) considereremo tali pure quelle figure contrattuali che, sebbene
legalmente non sono contratti bancari tipici lo sono da un punto di vista sociale, e
in particolare a quei contratti che forniscono un servizio di cassa quali: i conti
corrente bancari, le convenzioni di assegno e i crediti documentari.
Inoltre, vi sono le previsioni aggiuntive relative all’art.38 del T.U.B.
Per semplicità ci occuperemo solo delle tipologie ritenute più importanti e diffuse
quindi: il deposito bancario, l’apertura di credito, lo sconto bancario, il conto
corrente bancario e il credito fondiario.
Il deposito bancario
Secondo l’art. 1834 del Codice civile, il deposito bancario è quella tipologia
contrattuale mediante la quale il cliente versa una somma di denaro alla banca, la
quale ne ottiene la proprietà obbligandosi a sua volta a restituirgliela nella stessa
tipologia monetaria entro i termini stabiliti o su richiesta dello stesso rispettando il
periodo di preavviso stabilito consensualmente da loro o dagli usi.
Da tale definizione è evidente che si tratta di un contratto tipico poiché la banca
pone in atto un tipo di operazione passiva di intermediazione del credito,
assumendo il ruolo di debitore verso i clienti.
In questo caso il ruolo della banca è quello di raccogliere il risparmio tra il
pubblico e di investire le somme ricevute per erogare credito.
Normalmente il contratto di deposito bancario per adempiere alle sue principali
funzioni viene stipulato
in associazione
ad
un contratto di conto corrente
bancario.
Le finalità del depositante riguardano: la custodia del suo denaro (eliminando
eventuali rischi di furto o smarrimento che può avere un privato cittadino) e la
remunerazione (poiché la banca ricevendo il suo denaro ed ottenendo
conseguentemente la possibilità di impiegarlo per le proprie finalità s’impegna a
corrispondere al depositante degli interessi sulle somme ricevute).
28
A queste due finalità se ne aggiunge una terza: il depositante, attraverso
l’utilizzazione dei crediti che vanta verso la banca controparte potrà, di fatto,
avvalersi di un vero e proprio servizio di cassa.
In funzione alla combinazione delle funzioni appena descritte e in base alle
modalità con le quali si attua l’obbligo di restituzione, i depositi bancari possono
essere liberi (a vista) o vincolati.
Nel caso di depositi bancari liberi o a vista il depositante può chiedere in qualsiasi
momento la restituzione totale o parziale delle somme che aveva versato
precedentemente anche senza preavviso e, a fronte di questa illimitata
disponibilità da parte del cliente solitamente la banca corrisponde tassi d’interesse
bassi (spesso vanificati dalle spese di gestione del conto).
Poiché sono normalmente stipulati a tempo indeterminato consentono ad entrambi
i contraenti, previo il termine di preavviso stabilito contrattualmente, di esercitare
l’eventuale diritto di recesso.
Viceversa, nel caso di depositi bancari vincolati il depositante può chiedere la
restituzione totale o parziale delle somme che aveva versato precedentemente non
prima della scadenza pattuita.
A fronte di questa disponibilità che, diversamente dai depositi a vista, non è
illimitata, la banca corrisponderà dei tassi d’interesse più elevati. 24
Apertura di credito
L’apertura di credito è una tipologia contrattuale bancaria disciplinata dall’art.
1842 del Codice civile.
L’articolo definisce tale tipologia contrattuale esattamente come: “il contratto con
la quale la banca si obbliga a tenere a disposizione dell’altra parte una somma
di denaro per un determinato periodo di tempo o a tempo indeterminato”.25
Pertanto questa tipologia contrattuale tipica deriva da un’operazione di
intermediazione del credito posta dalla banca di tipo attivo, assumendo la veste di
creditore verso il cliente, in quanto, da una parte concede il proprio credito e
24
Cavalli G., Callegari M., (2008), “Lezioni sui contratti bancari”, pag. 113-119, Zanichelli
Editore S.p.a., Bologna
25
Art. 1842 Codice civile
29
dall’altra raccoglie il risparmio grazie al primo versamento del cliente da investire
in un momento successivo.
Da tale definizione si può trarre come conclusione che la finalità per il cliente
consiste non tanto nel godimento di una somma di denaro da parte del cliente
quanto piuttosto nella possibilità di disporre di una somma di denaro
limitatamente ad un importo pattuito che in quanto tale è predeterminato.
Di conseguenza la banca accredita sul conto del cliente tale somma che risulterà
essere per lui disponibile e quindi utilizzabile in funzione alle sue esigenze per
intero o per una parte del suo totale e in relazione alle modalità e alle tempistiche
concordate con la banca.
Si distingue, pertanto l’apertura di credito semplice dall’apertura di credito in
conto corrente.
La prima tipologia si manifesta nel caso in cui il cliente abbia la facoltà di
utilizzare la somma accreditata dalla banca solamente una volta anche se ciò
dovesse avvenire tramite prelevamenti parziali.
Diversamente, con l’apertura di credito in conto corrente il cliente ha la facoltà di
ripristinare l’importo accreditato dalla banca attraverso successivi versamenti.
La parte rimasta inutilizzata dal cliente e quindi ancora accreditata sul suo conto
continuerà ad essere di proprietà della banca ma sempre utilizzabile dal cliente.
Ne consegue che le operazioni di utilizzo e di eventuali rientri, nel caso delle
aperture in c/c, si verifichino mediante delle contestuali operazioni di addebito e
di accredito su tale conto.
Attraverso la stipulazione di questo contratto bancario il cliente avrà l’onere verso
la banca non solo di restituzione delle somme messegli a disposizione ma anche
del contestuale pagamento di interessi e commissioni.
Gli interessi saranno dovuti dal cliente solo sulle somme utilizzate e non
sull’intero credito concesso dalla banca.
In funzione alla garanzia fornita alla banca dal cliente l’apertura di credito si
definisce garantita, mentre, se non è assistita da questa, la banca ha la facoltà di
30
rivalersi sul patrimonio della controparte contrattuale a cui ha accreditato la
somma.26
Il diritto di recesso varia a seconda che il contratto di apertura di credito sia a
tempo determinato o sia a tempo indeterminato.
Nel primo caso, secondo l’art.1845 C.c., comma 1, è prevista la possibilità da
parte della banca di recedere dal contratto solo se sussiste una giusta causa, salvo
diversa disposizione.
Nel caso, invece, dell’apertura di credito a tempo indeterminato è prevista,
secondo lo stesso articolo, al 3 comma, la possibilità da parte di entrambe le parti,
in ogni momento, di esercitare il diritto di recesso mediante il preavviso verso la
controparte in funzione ai termini contrattuali, agli usi o, in mancanza, almeno
quindici giorni prima.27
Lo sconto bancario
La definizione del contratto relativo allo sconto bancario è ricavabile dall’art.
1858 del Codice civile.
Nella fattispecie, l’effetto dello sconto bancario si manifesta quando la banca
anticipa al cliente, sottraendogli la parte relativa agli interessi, una somma di
denaro relativo ad un credito salvo buon fine della stessa banca verso terzi che
non è ancora scaduto.
Di conseguenza, in relazione allo ‘sconto bancario’, diremo che la banca è la
‘scontante’ in quanto detrae gli interessi sull’importo prestato e il cliente è lo
‘scontatario’ in quanto subisce questa detrazione.
Il guadagno della banca sarà quindi rappresentato dalla differenza tra la somma
totale del credito meno il valore del credito anticipato al cliente che è scontato
degli interessi. 28
Tale fattispecie tipica di contratto bancario rientra in una tipologia di operazione
di intermediazione del credito posta dalla banca di tipo attivo.
26
Ferro-Luzzi P., (2005), “Lezioni di diritto bancario volume II: Parte speciale. I singoli contratti”,
pag. 32-43, Giappichelli Editore, Torino
27
Urbani A,(2010) “ L’attività delle banche”, pag. 133-136 Cedam, Casa Editrice dott Antonio
Milani
28
Ferro-Luzzi P., (2005), “Lezioni di diritto bancario volume II: Parte speciale. I singoli contratti”,
pag. 31-32, 56-57 Giappichelli Editore, Torino
31
La banca assume la veste di creditore verso il cliente, in quanto da una parte,
anticipando la somma di denaro al cliente concede il proprio credito a
quest’ultimo, e dall’altra parte sottraendo al cliente la parte relativa agli interessi,
di fatto, raccoglie risparmio da investire per le proprie finalità istituzionali.
Il conto corrente bancario
Come accennato in precedenza, il c/c bancario (detto anche conto corrente di
corrispondenza), sebbene non sia riconosciuto legalmente come contratto bancario
tipico, può rientrare in questa categoria dato che dal punto di vista sociale è
considerato lo stesso come tale.
Contrattualmente il conto corrente bancario si realizza tramite un accordo
mediante il quale la banca offre un determinato servizio di cassa effettuando
pagamenti e riscossioni per conto del cliente contraente.
Servizio che in sostanza si traduce nella possibilità da parte del cliente di emettere
assegni, fare bonifici, utilizzare bancomat, carte di credito, ecc…
Di conseguenza, questo contratto bancario presuppone l’esistenza di una
disponibilità liquida all’interno della banca utilizzabile dal cliente tramite un
ordine che può essere diretto o indiretto.
Tale contratto non è da confondersi con quello relativo al conto corrente
ordinario, dal quale si distingue per diversi aspetti.
Innanzitutto nel c/c ordinario i rapporti non necessariamente possono instaurarsi
solo tra banca e cliente ma anche ad esempio tra imprenditori o professionisti
legati da numerose relazioni d’affari.
Inoltre, il c/c ordinario permette di evitare la meccanicità delle operazioni di
pagamento e di riscossione continue come avviene in quello bancario consentendo
alle parti, invece, di annotare in un conto i crediti derivanti dalle rispettive rimesse
che resteranno quindi indisponibili ed inesigibili fino alla scadenza.
Alla data di scadenza, che normalmente coincide con un’annualità, si effettuano
solitamente i conti per valutare quale tra i due soggetti contraenti risulta alla fine
essere creditore del saldo, in sostanza si procede a calcolare la differenza attiva tra
le reciproche rimesse per capire chi è il creditore.
32
Fatte queste considerazioni si può affermare che nel c/c ordinario gli importi,
contrariamente a quanto avviene nel c/c bancario, restano indisponibili e
inesigibili fino alla relativa scadenza.29
Il credito fondiario
La disciplina del credito fondiario non è contenuta negli articoli del Codice civile,
bensì è contenuta all’interno del T.U.B. e precisamente all’art. 38 e assieme ad
altre tipologie contrattuali amplia l’area di delimitazione delle attività tipiche
bancarie inserendo pure le operazioni di credito denominate ‘speciali’.
Nello specifico il credito fondiario riguarda quella tipologia contrattuale, di sola
competenza della banca, con la quale vengono concessi dei finanziamenti a medio
e lungo termine che sono garantiti da ipoteca di primo grado su immobili
Tale prestito viene rapportato fino ad un massimo dell’80% del valore dei beni
ipotecati. 30
29
Rete assicont, Pizza F., (2016), “lezione 13 // contratti: operatività bancaria e cause di
invalidità”, Assicont, sito web: https://vimeo.com/167858212
30
Urbani A,(2010) “ L’attività delle banche”, pag. 220-221 Cedam, Casa Editrice dott Antonio
Milani
33
2.2.2 Contratti bancari atipici derivanti da attività accessorie e da altre attività
finanziarie
Come abbiamo già visto i contratti bancari derivanti da attività accessorie sono dei
contratti atipici poiché, appunto, non derivano da una tipologia di operazioni
funzionali all’intermediazione del credito che, viceversa, caratterizza i contratti
bancari tipici.
Inoltre sono attività che non rientrano nell’annovero delle operazioni di
competenza esclusiva delle banche poiché pure altri intermediari finanziari
abilitati le possono svolgere.
Si definiscono in tal modo poiché, appunto, derivano da operazioni che hanno lo
scopo di supportare, di essere accessorie alla prima tipologia.
Abbiamo anche detto che i principali tipi di contratti accessori sono: il deposito di
titoli in amministrazione, il servizio della cassetta di sicurezza, le operazioni di
cambio di moneta, la gestione degli incassi dei titoli o di valute estere, i depositi
di custodia di titoli e valori, i depositi a custodia chiusi, ecc…
Dato che le prime due tipologie contrattuali hanno una disciplina più completa e
organica, l’analisi, per semplicità, si limiterà a queste e, per quanto concerne i
contratti bancari che sorgono a seguito di attività finanziarie diverse da quelle
tipiche bancarie sarà analizzato quello del leasing.
Il deposito in titoli in amministrazione
Il deposito in titoli in amministrazione è un contratto bancario accessorio
disciplinato dall’art.1838 del Codice civile.
Tramite tale contratto un generico cliente privato affida alla banca controparte
l’onere sia della custodia che dell’amministrazione di strumenti finanziari da lui
acquisiti.
Di conseguenza la banca si fa carico di tutta una serie di oneri verso il cliente
relativi ad esempio: alla custodia degli strumenti, all’incasso di eventuali
34
dividendi o cedole, procedere ad eventuali accrediti per il rimborso, rendere i titoli
disponibili qualora il cliente li richieda.31
Il servizio della cassetta di sicurezza
Il servizio della cassetta di sicurezza è un contratto attraverso il quale la banca si
impegna a custodire in uno spazio ad hoc dei beni o dei valori datigli dal cliente
privato.32
Il leasing finanziario
Il leasing finanziario è una tipologia contrattuale atipica per le banche (anche se
socialmente può ritenersi tipica data la sua diffusione).
Attraverso essa l’intermediario finanziario, o banca, acquista determinati beni
come beni strumentali, macchinari, ecc , da fornitori terzi per cederli a sua volta a
un suo cliente utilizzatore che ne ha fatto richiesta.
In cambio l’utilizzatore si impegna a versare alla banca dei canoni periodici per
un tempo stabilito e predeterminato e riservandosi la facoltà alla scadenza del
contratto di restituirlo o di riscattare il bene con l’acquisto.33
31
Girino E., (2005), “Dizionario di finanza. Tecniche, strumenti, operatori” pag.210, Ipsoa
Girino E., (2005), “Dizionario di finanza. Tecniche, strumenti, operatori” pag. 675, Ipsoa
33
101professionisti.it, (2016), “I contratti bancari – La guida in bancario”, sito web:
32
http://www.101professionisti.it/guida/diritto-bancario/approfondimenti/i-contratti-bancari-304.aspx#article
35
2.2.3. I contratti occasionalmente bancari
Si definiscono contratti occasionalmente bancari quei contratti a cui la banca
ricorre in determinati casi e che riguardano determinate fattispecie previste e
disciplinate dall’ordinamento giuridico a favore di tutti i soggetti.
E’ possibile per questi contratti, pur non essendo propriamente bancari, apportare
in alcune circostanze delle variazioni riguardanti la relativa disciplina.
Le principali tipologie di contratti occasionalmente bancari sono: il mutuo,
l’avallo, la fideiussione, il riporto , l’accettazione cambiaria e il mandato di
credito.34
34
101professionisti.it, (2016), “I contratti bancari – La guida in bancario”, sito web:
http://www.101professionisti.it/guida/diritto-bancario/approfondimenti/i-contratti-bancari-304.aspx#article
36
3. Nullità per difetto della forma scritta dei contratti
bancari
3.1 Origine del problema
‘La nullità per difetto della forma scritta dei contratti bancari’ è un argomento la
cui complessità si è ampliata nel tempo ed è tutt’ora in continua evoluzione.
A tale proposito sono presenti numerose sentenze di vari giudici che si sono
espresse nel merito, il più delle volte in modo concorde e in altre invece con
sentenze contrarie, alternando di fatto l’orientamento della giurisprudenza su
questo tema nel corso del tempo.
Gran parte delle controversie che si concludono con una dichiarazione di nullità
del contrato bancario per difetto della forma scritta traggono origine dallo scarso
equilibrio informativo tra le parti contraenti.
Una sorta di asimmetria informativa a sfavore del cliente che rende necessaria una
maggiore tutela giuridica verso quest’ultimo.
In ogni caso, comunque, nel momento in cui ci si occupa della contrattualistica
dell’attività bancaria, è evidente che non è possibile prescindere dalle
fondamentali regole che generalmente permeano un qualsiasi rapporto
contrattuale, indipendentemente dalle diverse tipologie di contraenti, norme che
disciplinano lo sviluppo generale del contratto dalla fase delle trattative fino alla
fase dell’esecuzione.
Tra queste è sicuramente da annoverare come regola fondamentale per la
disciplina e lo sviluppo di un rapporto contrattuale, ivi compreso il rapporto
contrattuale bancario, il rispetto dell’obbligo di buona fede e di correttezza.
Principio che può essere interpretato secondo due diversi punti di vista: soggettivo
e oggettivo.
Dal punto di vista soggettivo inteso come “ignoranza” (nel senso di “non
conoscenza”) nel ledere il diritto o la condizione altrui, mentre dal punto di vista
oggettivo inteso come la tenuta di un comportamento rispettoso delle regole di
37
lealtà e di correttezza al fine di favorire l’adempimento della controparte quando
questo non comporti per se stessi un apprezzabile sacrificio.
Questa regola di correttezza e di buona fede permeata nei rapporti contrattuali in
realtà rappresenta un’emanazione del principio costituzionale racchiuso nell’art.2
della Costituzione relativo al “principio di solidarietà sociale”.
In quest’articolo, fondamentalmente, la Repubblica da una parte riconosce e
garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo individuo che nelle
formazioni sociali dove esprime la sua personalità e d’altra parte richiede allo
stesso l’adempimento di alcuni doveri anch’essi considerati inderogabili di
solidarietà dal punto di vista politico, economico e sociale.
In questo contesto, l’obbligo di correttezza e buona fede riguarda, naturalmente,
anche il rapporto contrattuale che vincola la banca con il cliente.
A titolo esemplificativo, la giurisprudenza ritiene sicuramente non conforme a
questo principio l’eventuale comportamento della banca che, sebbene esercitando
un suo diritto, lo esegua secondo modalità tali da abusare della posizione del
contraente debole.
Tutto questo approfittando, come già accennato in precedenza, dell’asimmetria
informativa che esiste tra le controparti, che ovviamente risulta a favore della
banca e a sfavore del cliente.
Naturalmente, per asimmetria informativa s’intende l’oggettiva posizione di
vantaggio in cui si trova un soggetto che dispone di conoscenze e di informazioni
più ampie rispetto alla sua controparte contrattuale.
La giurisprudenza sostiene che, in situazioni simili, se è considerato legittimo
esercitare un diritto, è anche vero che non se ne può abusare in funzione delle
maggiori conoscenze che si dispongono.35
L’evoluzione della normativa a tutela del cliente, in quanto contraente più debole
è conseguenza proprio di questa asimmetria.
35
Rete assicont, Pizza F., (2016), “lezione 13 // contratti: operatività bancaria e cause di
invalidità”, Assicont, sito web: https://vimeo.com/167858212
38
Negli ultimi decenni i diversi interventi di tipo legislativo e le varie pronunce di
tipo giurisprudenziale hanno percettibilmente mutato la disciplina della
responsabilità della banca nei confronti dei clienti.
Di conseguenza si è modificato il modo di operare della stessa.
L’evoluzione di questa normativa, anche grazie al recepimento di alcuni principi
comunitari pone oggi, rispetto a quanto non lo fosse già in passato il clienteconsumatore, in una condizione più favorevole permettendogli una maggiore
consapevolezza di quelli che sono i propri diritti contrattuali attraverso l’accesso
a molte più informazioni e
dati che possono essere reperiti pure via web
riguardanti il contratto posto in essere.
Allo stesso tempo il legislatore impone una serie di obblighi contrattuali che la
banca deve rispettare, soprattutto attraverso il recepimento che c’è stato delle
seguenti direttive comunitarie: la 87/102/Cee sulla trasparenza dei rapporti
contrattuali, la 90/88/Cee sul credito al consumo e la 93/13/Cee sulle clausole
abusive nei contratti con i consumatori.36
Inoltre, focalizzandoci sull’argomento principale che interessa lo sviluppo di
questa tesi, a tutela del contraente debole, sia con riferimento ai contratti bancari
che con riferimento ad altre tipologie contrattuali asimmetriche e ad eventuali
clausole vessatorie, è sorto il bisogno di introdurre una nuova tipologia di nullità
del contratto oltre a quelle storicamente previste dal Codice civile nell’art.1418: la
“nullità di protezione”.
Tale nullità è così definita in quanto si manifesta non tanto per le ragioni
contenute nella disciplina civilistica della nullità in generale relative alle
casistiche delle nullità virtuali, nullità strutturali e nullità testuali, quanto piuttosto
ai fini, di tutela di una delle parti.
Poiché è una forma di nullità diversa dalle altre contenute nel Codice civile per
quanto riguarda lo scopo che è quello di proteggere il cliente–consumatore, la
nullità di protezione viene disciplinata nell’art.36 del Codice del consumo.
36
Cipolla L. e Daminelli S., (2016), “L’ESPERTO RISPONDE - BANCHE: LE
CONTROVERSIE - Selezione di massime giurisprudenziali”, il Sole 24ore, pag. 3-4
39
Per quanto riguarda nello specifico i contratti bancari, la nullità di protezione, può
essere attuata attraverso le regole richiamate nell’art. 1325 del Codice civile, che
concedono al solo cliente contraente debole, e non anche alla banca, la possibilità
di rilevare la nullità del contratto stipulato per difetto della forma scritta. 37
Stessa disciplina è contenuta anche negli art. 127 T.U.B. e art 23 T.U.F.
37
Luzi A., (2016), “La nullità di protezione nei rapporti di consumo”, pag. 2-4, Studio Cataldi – il
diritto quotidiano
40
3.2 Condizioni generali di validità dei contratti bancari con
particolare riferimento alla forma
La forma è uno degli elementi essenziali tali da rendere un contratto valido.
Per capire meglio quest’aspetto e per poterlo analizzare più dettagliatamente, è
necessaria una breve premessa su quelli che sono gli elementi essenziali del
contratto bancario e su quale disciplina è necessario seguire.
Come qualsiasi altra tipologia contrattuale anche il contratto bancario per essere
considerato valido deve necessariamente soddisfare determinati requisiti.
Nello specifico, per individuare gli elementi essenziali che rendono il contratto
bancario valido bisogna far riferimento alla disciplina generale del contratto di cui
all’art. 1325 del Codice civile integrandola con le ulteriori previsioni di cui al
T.U.B. e al T.U.F.
Poiché le norme contenute nel T.U.B. e nel T.U.F. sono considerate, in funzione
della gerarchia delle fonti, come norme speciali rispetto a quelle del Codice civile,
invece, considerate regolari, in caso di contraddizione tra le due fonti, secondo il
criterio giurisprudenziale di ‘specialità’, sarà la norma speciale a prevalere su
quella regolare.
Per capire meglio questo concetto è necessario analizzare che cosa prevede
inizialmente la fonte normativa regolare contenuta nel Codice civile e, in
particolare nell’art.1325 C.c., per poi analizzare che cosa affermano le fonti
normative speciali.38
La fonte normativa regolare contenuta nel Codice civile di cui all’art.1325,
individua come elementi essenziali del contratto, tali da renderlo valido ed
efficace, i seguenti punti:
1) “L’accordo delle parti” abbiamo visto essere uno dei quattro requisiti
fondamentali del contratto bancario e del contratto in generale.
38
Capobianco E., (2016), “ I contratti bancari”, pag.29-33, Utet giuridica, Milano
41
Esso rappresenta l’incontro delle manifestazioni o dichiarazioni di volontà
delle controparti (Galgano, 2011).
Di conseguenza, il contratto potrà considerarsi concluso e perfezionato
solo se vi è completa coincidenza fra le dichiarazioni di volontà
provenienti da entrambe le parti.
Pertanto se l’accordo tra le parti non è completo ma è parziale, il contratto
non risulterà essere vincolante ancorché le parti abbiano in un apposito
documento segnato gli eventuali punti di convergenza.39
2) “La causa” rappresenta la ragione economica sociale per la quale viene
stipulato il contratto; in altre parole delinea lo scopo, l’obiettivo del
contratto.40
Ad esempio per il deposito bancario la causa è quella di raccogliere
risparmio tra il pubblico per poi erogare credito.
3) “L’oggetto” del contratto fa riferimento all’oggetto dell’obbligazione.
In altre parole, fa riferimento a tutto quell’insieme di beni o attribuzioni
giuridiche e patrimoniali che le parti contraenti hanno deciso di trasferire,
modificare, costituire o estinguere mediante il contratto posto in essere.
E’ pertanto necessario, ai fini della validità del contratto, che tale
contenuto sia possibile, lecito, determinato o quanto meno determinabile.41
4) “La forma” del contratto completa l’elenco dei quattro requisiti essenziali
ai fini della validità del contratto e, di fatto, rappresenta l’elemento
necessario con cui viene sancita la manifestazione di volontà delle parti
contraenti.
In funzione all’odierno sistema dei contratti, in linea generale, è prevista la
libertà della forma. Di conseguenza, i contratti possono essere taciti o
derivare da dichiarazioni espresse attraverso la stipulazione di contratti
scritti o anche orali.
39
Galgano F., (2011), “il contratto” pag. 121-123, Dott. Antonio Milani, Cedam,
Galgano F., (2011), “il contratto” pag. 149, Dott. Antonio Milani, Cedam
41
Zagrebelsky G., (2007), “1.Diritto civile”, pag.227, LE Monnier Scuola Mondadori, Milano
40
42
Ai fini della validità è sufficiente che la volontà delle parti sia manifesta a
prescindere dal modo.
Va tuttavia precisato però che in determinate circostanze, allo scopo di
perseguire determinati effetti attraverso il contratto è prescritta dal
legislatore una forma stabilita.
Tale forma prescritta a pena di nullità è definita come forma “ad
substantiam”, da non confondere con la cosiddetta forma “ad
probationem”, prevista, invece, non ai fini della validità del contratto
quanto piuttosto come mezzo di prova in caso di eventuali controversie.42
Abbiamo appena visto la disciplina generale relativa ai requisiti essenziali che
rendono un contratto valido e quindi non nullo.
Nel contesto bancario, abbiamo visto che è stata introdotta però anche una
normativa speciale contenuta nel T.U.B. e nel T.U.F. che regola e disciplina i
rapporti contrattuali intrattenuti tra banca e cliente.
A tal proposito, alla disciplina dell’ art. 1325 del Codice civile appena analizzata,
abbiamo accennato che, per il criterio di specialità, dovrà essere applicata la
norma speciale contenuta nel T.U.B. e T.U.F. in aggiunta o in sostituzione a
quella regolare.
A titolo esemplificativo sono contenute delle previsioni specifiche ed aggiuntive
rispetto alle norme codicistiche nell’art.117 del T.U.B.
In questo articolo è previsto, al primo comma, che la forma dei contratti bancari
deve essere scritta a pena di nullità ad eccezione, secondo il secondo comma, di
eventuali casistiche che derogano a tale regola stabilite dal C.I.C.R. (Comitato
Interministeriale per il Credito e il Risparmio)
Inoltre, al terzo comma è previsto l’obbligo per la banca di consegnare al cliente
contraente, su richiesta di quest’ultimo, una copia del contratto bancario prima
della sua sottoscrizione.43
42
43
Galgano F., (2011), “il contratto” pag. 191-204 , Dott. Antonio Milani, Cedam
Capobianco E., (2016), “ I contratti bancari”, pag.29-33, Utet giuridica, Milano
43
3.3 Forma scritta e contenuto dei contratti bancari in funzione agli
obblighi di trasparenza
In riferimento alla forma scritta dei contratti bancari sono sicuramente da
considerarsi di fondamentale rilievo le previsioni contenute nell’art. 117 T.U.B.
che recita in questo modo: “ I contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è
consegnato ai clienti. Nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto
è nullo”.44
Di conseguenza, si può affermare con certezza che la forma scritta dei contratti
bancari sia richiesta “ad substantiam”, cioè come requisito essenziale ai fini della
validità dell’efficacia dello stesso atto.
Sebbene questa sia la regola generale, va comunque precisato che lo stesso T.U.B.
consente al C.I.C.R. di individuare anche alcune tipologie contrattuali per le quali
sia prevista la forma libera.45
A tale proposito, il C.I.C.R., attraverso la delibera del 4/3/2003, ha stabilito che
per le operazioni e sevizi effettuati occasionalmente non sia prevista la
obbligatorietà della forma scritta qualora la somma della transazione sia inferiore
ai 5000€, previa però conferma che dev’essere fatta per iscritto.46
Dello stesso avviso sono anche la dottrina prevalente e la giurisprudenza di
legittimità (Cass, 9/7/2005 n.14470), ritenendo che sia ammessa la forma verbale
delle aperture di credito a condizione che tale tipologia contrattuale sia collegata a
sua volta da un contratto di conto corrente redatto per iscritto.47
Altro esempio è il c/c bancario (detto anche c/c di corrispondenza), per il quale il
C.I.C.R. consente la libertà della forma.
44
Art.117 T.U.B.
Corradin S., (2014), “il requisito della forma scritta dei contratti bancari”, (articolo), Iusletter,
sito web : http://iusletter.com/il-requisito-della-forma-scritta-nei-contratti-bancari/
46
Modica L., (2008), “Vincoli di forma e disciplina del contratto – dal negozio solenne al nuovo
formalismo, pag. 290, Giuffrè Editore, Milano
47
Urbani A,(2010) “ L’attività delle banche”, pag. 127 Cedam, Casa Editrice dott Antonio Milani
45
44
Solitamente il c/c bancario, svolgendo un servizio di cassa, è associato ad un altro
contratto come il deposito bancario o l’apertura di credito che, invece, sono redatti
per iscritto.
Essendo i due contratti collegati da un legame funzionale tale per cui la invalidità
dell’uno potrebbe incidere sull’altro e viceversa, una domanda potrebbe sorgere
spontanea: ‘Se, ad esempio, il contratto di apertura di credito prevede la forma
scritta a pena di nullità, nel caso il contratto di c/c bancario sia redatto secondo
un’altra forma, essendo quest’ultimo legato al primo ne potrebbe determinare la
sua nullità?’
A tale proposito la giurisprudenza ritiene che, sebbene i due contratti siano
collegati, è anche vero che ognuno continua a mantenere una propria autonomia
giuridica, tale per cui la mancanza della forma scritta del c/c bancario non avrà
effetto su una possibile nullità del contratto a cui è collegato (es. apertura di
credito), pur nel rispetto da parte di quest’ultimo della forma scritta.48
Salve queste ipotesi individuate dal CICR, di cui sono stati riportati alcuni esempi,
la regola generale resta quella contenuta nell’art.117 del T.U.B., secondo la quale
per i contratti bancari è richiesta la forma scritta a pena di nullità (forma ad
substantiam).
Ma l’argomento non si esaurisce qui.
Il legislatore ha previsto per le fattispecie contrattuali stipulate dalla banca un
ulteriore contenuto minimo obbligatorio redatto per iscritto al fine di rispettare
l’esigenza di trasparenza e di correttezza dell’operazione posta in essere.
All’interno del sito della Banca d’Italia è presente un elenco delle ulteriori
condizioni essenziali, rispetto a quelle già citate, affinché la forma del contratto
non sia nulla.
In particolare è previsto che la forma del contratto bancario contenga:
48
Rete assicont, Pizza F., (2016), “lezione 14 // contratti: operatività bancaria e cause di
invalidità”, Assicont, sito web: https://vimeo.com/168784496
45
-
L’indicazione e la misura del tasso d’interesse che viene applicato e di
ogni altra condizione e dei prezzi praticati in esso, inclusi per i contratti di
credito gli oneri di mora;
-
La periodicità di capitalizzazione, relativa cioè all’eventuale possibilità di
capitalizzazione degli interessi (tali clausole per avere effetto devono
essere specificatamente sottoscritte);
-
I costi che sono a carico del cliente contraente (ad esempio relativi
all’invio della documentazione informativa o alle commissioni bancarie);
-
Lo ‘jus variandi’, che deve essere espressamente contenuto in un’apposita
clausola (in questo caso vessatoria), istituto con il quale la banca si riserva
la possibilità di modificare in senso sfavorevole al cliente le condizioni, i
tassi e i prezzi previsti nel contratto, a condizione però che sussista un
giustificato motivo (come un peggioramento della condizione economica e
patrimoniale del cliente).
Ai fini della validità ed efficacia di tale clausola è necessaria che la stessa
sia espressamente prevista, pattuita e sottoscritta.
Oltre a questa elencazione tassativa, viene fatta un’ulteriore precisazione: le
clausole contrattuali sono da considerarsi nulle qualora sia fatto un rinvio agli usi
o vengano applicate condizioni più sfavorevoli al cliente di quelle pubblicizzate.
Questo sempre come meccanismo di tutela e di protezione del cliente ai fini del
rispetto della trasparenza, posto che il cliente, non essendo un operatore del
settore, potrebbe non comprendere perfettamente le conseguenze prodotte da tale
rinvio.49
49
Banca d’Italia , “La trasparenza delle condizioni contrattuali - Guida alla lettura delle
disposizioni in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari.
Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti”
sito web: https://www.bancaditalia.it/servizi-cittadino/cultura-finanziaria/informazioni-base/trasparenza-condizionicontrattuali/
46
La forma telematica può soddisfare il requisito della forma scritta, secondo quanto
disposto dall’art.20 ai commi 1-bis e 2 del d.lgs. n. 82 del 2005, ed è liberamente
valutabile in giudizio dove verranno verificate se le relative caratteristiche
risultano idonee a soddisfare rispettivamente la qualità, la sicurezza, l’integrità e
l’immodificabilità che contraddistinguono i contratti bancari.
Inoltre, deve essere apposta la firma elettronica qualificata o digitale secondo le
regole stabilite ex art.71 dello stesso decreto, affinché sia garantita
l’identificabilità dei contraenti.50
Esistono inoltre altri oneri informativi da rispettare da parte della banca, sempre in
ossequio al principio di correttezza e di trasparenza.
Trasparenza che, da come si è intuito, va intesa come quel meccanismo a favore
del cliente che gli consente di avere accesso a tutta una serie di informazioni
relative alle varie clausole del contratto tra le quali, ad esempio, le condizioni
economiche, permettendogli una corretta valutazione sulla convenienza
dell’operazione.
Per completezza, con riferimento agli obblighi informativi che la banca deve
rispettare circa le operazioni e i servizi offerti con le relative condizioni
economiche, devono essere utilizzati i seguenti strumenti:
-
“Foglio informativo” (per consentire al cliente di poter valutare
consapevolmente la banca che fa l’offerta migliore e il contratto migliore
per le sue esigenze).
Informazioni che la stessa Banca d’Italia obbliga le banche a rendere
pubbliche sia nei propri uffici e sportelli sia on line e che sono le seguenti:
i diritti del cliente, una guida sull’arbitro bancario e finanziario (l’A.B.F. è
un organismo che ha il compito di raccogliere i reclami dei clienti e di
decidere circa la loro fondatezza), un foglio informativo relativo ad ogni
operazione e servizio praticabile (in relazione alle informazioni sulla
banca e sui possibili rischi riscontrabili per ogni tipo di operazione), un
50
Banca d’Italia, “La trasparenza delle condizioni e dei servizi bancari e finanziari-correttezza
delle relazioni tra intermediari e clienti”, pag.21
47
elenco completo sulle condizioni economiche praticabili e le clausole per
il diritto di recesso, un foglio comparativo sui mutui).
-
‘Copia del contratto’ che il cliente ha diritto di richiedere in sede
precontrattuale (copia che ovviamente non è vincolante per le parti e non
comporta alcun onere per il cliente.)
-
‘Rendicontazione periodica’ per i contratti di durata (consiste nell’onere da
parte della banca di inviare al cliente rendiconti o documenti di sintesi che
riepiloghino le principali condizioni contrattuali praticate nel contratto ed
eventuali modifiche intercorse nel tempo).
-
‘Comunicazione gratuita di eventuali modifiche unilaterali’.
-
‘Documento di sintesi’ (posto solitamente nel frontespizio del contratto
che sintetizza le condizioni economiche pubblicizzate, condizioni che poi
nella pratica potranno essere solo migliorative, non peggiorative, contiene,
inoltre, il piano d’ammortamento per mutui a tasso fisso, nonché
l’indicazione dell’ISC, indicatore sintetico di costo, evidenziando le voci
di costo della complessiva operazione.)
Questa appena fatta è solo una sintesi per quanto riguarda gli obblighi di
trasparenza, è evidente che in funzione delle diverse tipologie di contratti bancari
sia indicato l’obbligo di fornire ulteriori informazioni al cliente, ad esempio per le
operazioni di finanziamento è previsto l’obbligo di indicare il tasso Tegm per
permette al cliente di tutelarsi e non rischiare di subire il fenomeno dell’usura, per
i cambi di valuta sono previsti ulteriori obblighi informativi, ecc..51-52
51
Biffis P., (2015), “Le operazioni e i servizi bancari” VII edizione, pag. 48-55, G.Giappichelli
Editore, Torino
52
Rete assicont, Pizza F., (2016), “lezione 14 // contratti: operatività bancaria e cause di
invalidità”, Assicont, sito web: https://vimeo.com/168784496
48
3.4 Nullità per difetto della forma scritta dei contratti bancari
Come accennato in precedenza, il T.U.B. è intervenuto a tutela del cliente con
specifica normativa.
In primis, l’art. 117 prevede, l’obbligatorietà, a pena di nullità del contratto
bancario posto in essere, della forma scritta (quindi forma “ad substantiam”) e che
una copia del suddetto contratto, comprensiva delle condizioni economiche
praticate, debba necessariamente essere consegnata al cliente e appositamente
sottoscritta.
La nullità, come abbiamo visto, può essere determinata anche da altri tipi di
situazioni, come le clausole che rinviano agli usi per la quantificazione dei tassi di
interesse e dei prezzi e delle condizioni che vengono praticate, o clausole che
prevedano uno di questi elementi maggiormente sfavorevoli per il cliente rispetto
a quelli che erano stati pubblicizzati nel foglio informativo e nel documento di
sintesi. 53
Oltre che all’osservanza di determinate forme di comunicazione da parte della
Banca verso il cliente, il legislatore ha voluto contrastare anche eventuali
comportamenti scorretti o abusivi a danno del cliente nei confronti del quale,
viceversa, deve essere tutelato.
Da tutto questo sono derivate le ulteriori previsioni di nullità ad ampliamento
della disciplina di nullità contenuta nel Codice civile.54
Ma precisamente qual è il meccanismo di tutela che l’istituto della nullità relativa
riserva al cliente?
In linea generale, con riferimento alle tipologie di contratti del consumatore (nei
quali rientrano certamente anche i contratti bancari) nella formulazione
contrattuale il cliente-consumatore deve essere particolarmente tutelato in quanto
parte debole.
53
Biffis P., (2015), “Le operazioni e i servizi bancari” VII edizione, pag. 58, G.Giappichelli
Editore, Torino
54
Semeghini D., (2010), “Forma ad substantiam ed exceptio doli nei servizi di investimento” ,
pag.112-113, Giuffrè Editore, Milano
49
Il decreto legislativo 6/9/2005 n.206 (cosiddetto “Codice del consumo”), è stato
introdotto proprio a tale scopo.
Esso consiste in un Testo Unico al cui interno è stata riunita l’intera normativa
nazionale che prevedeva forme di tutela a favore del cliente-consumatore.
Tale tutela è applicata attraverso l’istituto della nullità relativa, così definita
poiché può essere fatta valere soltanto dal cliente trattandosi di nullità prevista a
protezione ( ‘nullità di protezione’).
In questo contesto è sicuramente da analizzare il contenuto previsto all’art.36 del
Codice del consumo.
Tale articolo prevede l’applicabilità dell’istituto della nullità di protezione al fine
di rendere simmetrico il contratto quindi: in ragione di eventuali clausole
vessatorie presenti nel contratto, la nullità di quest’ultime non comportano la
nullità della restante parte del contratto.55
Sulla modalità di applicazione della nullità di protezione, lo stesso art. 36 citato, al
comma 3, recita espressamente:
“La nullità opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata
d'ufficio dal giudice”.56
Da questa affermazione è possibile trarre alcune conclusioni in merito:
la legittimità ad agire per chiedere la nullità è riservata al solo cliente e non anche
alla propria controparte che gode di una posizione di forza nel rapporto,
la
rilevabilità della nullità può avvenire anche d’ufficio, quindi da parte del giudice,
ma alla sola condizione che sia a favore del cliente.
Più semplicemente, si può affermare che la parte forte del contratto (che sia
l’imprenditore, il professionista, la banca, ecc.) qualora, una volta concluso il
contratto, si accorga di aver mal formulato parte del contratto o alcune clausole, di
fatto avvantaggiando il cliente a proprio danno, in ossequio alla regola appena
55
Guarente E. e Fino G., (2016), “La nullità contrattuale di protezione nel Codice del consumo”,
articolo, Il sole24ore
56
Art. 36 c.3 Codice del consumo
50
descritta, non potrà agire per far dichiarare la nullità in quanto tale legittimazione
è accettata solo se è a vantaggio del consumatore.57
L’applicazione di tale principio ai contratti bancari è possibile anche in virtù di
una norma ad hoc contenuta nell’art.127 del T.U.B. di cui al titolo VI del suddetto
testo, rubricato come “Trasparenza delle condizioni contrattuali”che prevede
quanto segue nei suoi primi due commi:
“1. Le disposizioni del presente titolo sono derogabili solo in senso più favorevole
al cliente.
2. Le nullità previste dal presente titolo possono essere fatte valere solo dal
cliente.”58
Dalla lettura di questi commi, si può rilevare, pertanto, che la nullità ad esempio
per carenza della forma scritta è qualificata come ‘nullità relativa’.
Di conseguenza la legittimazione a richiedere la nullità del contratto spetta al solo
cliente o rilevabile d’ufficio solo nell’ipotesi che sia a favore del cliente; il tutto a
protezione di quest’ultimo.59
Allo stesso modo l’art. 23 del T.U.F., con particolare riferimento ai servizi di
investimento prestati dalla banca a favore del pubblico, prevede anch’esso
l’istituto della nullità relativa (nullità di protezione) per alcuni contratti stipulati
con la banca.
Tale articolo, relativamente alla forma scritta del contratto stipulato con la banca,
dispone che il contratto relativo ai servizi di investimento e accessori è nullo se
non è redatto con la forma scritta (quindi forma “ad substantiam”) e, in tal caso,
tale nullità può essere fatta valere solo dal cliente.60
La ratio della nullità di protezione richiesta per la carenza della forma scritta del
contratto (“ad substantiam”) sopra citata è peraltro del tutto analoga a quella
57
Guarente E. e Fino G., (2016), “La nullità contrattuale di protezione nel Codice del consumo”,
articolo, Il sole24ore
58
Art.127 T.U.B.
59
Malucchi S., (2015), “Contratto bancario valido se siglato dal funzionario di banca”, Articolo,
Altalex
60
Art. 23 T.U.F.
51
prevista, come già accennato, a sanzionare con la nullità quelle clausole il cui
contenuto non è determinato o determinabile poiché ad esempio è previsto il
rinvio agli usi.
Le ipotesi di nullità relative ai contratti bancari che rientrano nei casi di nullità di
protezione, sono
anch’esse da ricercarsi all’interno del titolo VI del T.U.B.
rubricato come “trasparenza delle condizioni contrattuali nei rapporti con i
clienti”.
Tra le stesse è possibile fare una distinzione dividendole in due sottogruppi: le
nullità di protezione che producono la caducazione della singola clausola ritenuta
invalida lasciando valido il contratto e le nullità di protezione che comportano la
nullità dell’intero contratto bancario.
A titolo di completezza, si riportano sinteticamente alcuni esempi di cause di
nullità rientranti in queste due categorie.
Rientra nella prima categoria (casistiche che comportano la nullità della singola
clausola lasciando però in vita il contratto) :
- la clausola che prevede il rinvio agli usi;
- la clausola che contiene eventuali pattuizioni fatte dalla banca che prevedono
prezzi, tassi, condizioni economiche peggiorative rispetto a quelle pubblicizzate
nei fogli informativi a sfavore del cliente;
- la clausola in cui è prevista l’applicazione di una penale al verificarsi di
eventuali ipotesi di estinzione anticipata del contratto;
- clausole che prevedono particolari pattuizioni tali da ostacolare la portabilità del
finanziamento;
- clausole specificatamente contenute nei contratti di credito al consumo che
prevedono costi che non sono inclusi nel TAEG.
52
Rientrano invece nella seconda categoria (casistiche di nullità di protezione tali da
rendere nullo l’intero contratto bancario):
- esistenza di difformità in riferimento ad alcune fattispecie il cui contenuto tipico
viene disciplinato dalla Banca d’Italia
- Mancanza, in riferimento ai contratto di credito al consumo, dell’indicazione di
alcuni requisiti contrattuali (come, ad esempio: la tipologia, le parti del contratto,
l’importo del finanziamento, le modalità di prelievo e di rimborso, ecc…);
- mancanza della forma scritta.
In conclusione, la mancanza della forma scritta dei contratti bancari, di fatto,
comporta la nullità dello stesso contratto per intero.
Nullità che può essere richiesta solo dal cliente o rilevata d’ufficio a favore
sempre di quest’ultimo.
Inoltre, è previsto che le restituzioni previste in seguito al verificarsi di una di
queste cause di nullità di protezione per i contratti bancari avvengano
necessariamente in modo tale da non esporre il cliente consumatore ad un
eventuale pregiudizio finanziario rispetto a quanto pattuito contrattualmente.61
L’effetto della nullità riguarderà anche gli eventuali interessi ultralegali e le spese
addebitate al cliente (art.117 T.U.B.), gli ordini di investimento a lui sfavorevoli
nel caso dei contratti di investimento (art.23 T.U.F.).
Ma occupandoci della forma scritta del contratto bancario, ed in particolare
dell’obbligo prescritto a pena di nullità dagli art. 117 T.U.B. e art.23 del T.U.F.,
vedremo quali possono essere le casistiche che non soddisfano questo requisito
essenziale determinando la nullità dell’intero contratto bancario.
61
Fiorucci F., (2015), “trasparenza bancaria e le ipotesi di nullità”, articolo, Euroconference Legal
53
Innanzitutto quei contratti bancari che non rispettano i contenuti descritti nel
capitolo precedente ed inoltre alcune circostanze controverse che verranno
analizzate nel dettaglio nella seconda parte della tesi attraverso l’analisi di alcune
sentenze che si sono espresse in merito.
E’ necessario infatti sottolineare che in questa delicata materia, le norme
codicistiche, unitamente alle norme speciali del sistema bancario e del codice di
consumo, non sono ancora sufficienti a disciplinare l’intera materia. Molti casi
particolari e aspetti controversi sono stati risolti solo in giurisprudenza con
l’intervento di sentenze anche contrapposte, espressione di interpretazioni dei
giudici chiamati in causa.
Nello specifico, se è vero che si è ampiamente parlato del requisito della forma
scritta “ad substantiam” dei contratti bancari negli art. 117 T.U.B. e 23 T.U.F., è
anche vero che in riferimento allo stesso si è solo precisato l’obbligo, senza
prevedere nel dettaglio le varie casistiche.
Le peculiarità di queste, che verranno trattate in seguito attraverso l’analisi di
sentenze, rispondono a titolo esemplificativo e non esaustivo ad alcune delle
seguenti domande.
Con riferimento alla mancata sottoscrizione di una delle parti, come ci si deve
comportare?
Il contratto bancario in tal caso può essere comunque considerato valido, oppure è
in ogni caso è da considerarsi nullo?
Ancora, se un contratto bancario non redatto per iscritto viene ricollegato ad un
altro contratto bancario, viceversa redatto per iscritto, in virtù dello scopo
perseguito, è da considerarsi nullo oppure no?
La nullità di protezione prevista ex art. 127 T.U.B. è una nullità che il cliente ha
diritto ad eccepire per richiedere la nullità del contratto, ma per la sua totalità o
limitatamente ad alcuni effetti? E nel secondo caso potrebbe configurarsi un abuso
del proprio diritto?
54
La tesi prosegue dunque affrontando l’analisi di alcune delle più importanti
sentenze che si sono espresse su questi punti, evidenziando come nel tempo
l’orientamento su questi aspetti si sia modificato e talvolta radicalmente ribaltato,
creando dei veri e proprio contrasti di natura giurisprudenziale tra i vari giudici
nell’emanare le proprie sentenze.
55
Parte II: trattazione empiristica
Problematiche
e
casi
controversi
dovuti
alla
mancanza del rispetto della forma scritta “ad
substantiam” dei contratti bancari
1. Premessa
In questa parte l’attenzione sarà focalizzata sull’analisi di alcune sentenze che
hanno affrontato nel tempo particolari casi controversi sorti tra banca e clienti
circa le modalità con le quali è richiesto il requisito della forma scritta “ad
substantiam” dagli art. 117 T.U.B. e art. 23 T.U.F.
Requisito richiesto ai fini della validità ed efficacia giuridica dello stesso contratto
bancario, la cui carenza determina, quindi, la nullità dello stesso.
Prima di procedere nel dettaglio è bene fare una breve premessa riprendendo
alcuni concetti analizzati durante la trattazione teorica di questa tesi per
comprendere meglio l’origine di questo problema.
1) il mancato rispetto della forma scritta, qualora sia prevista dalla legge ai
fini della validità di un contratto, ne determina la nullità (al pari della
mancanza degli altri elementi fondamentali: accordo tra le parti, causa e
oggetto).(nullità del contratto in generale contenuta nel Codice civile
all’art. 1418.)
2) le norme speciali contenute nel T.U.B. e nel T.U.F. (prevalenti rispetto a
quelle codicistiche) prevedono una disciplina particolare da rispettare nella
redazione scritta
indicazione
delle
di tale contratto a pena di nullità (esempio: chiara
condizioni
economiche
praticate,
indicazione
dell’applicazione di eventuali ius variandi, ecc..), ( in mancanza
56
il
contratto è nullo per difetto della forma scritta richiesta “ ad substantiam”
ex art. 23 T.U.F. e art. 117 T.U.B.)
Saranno analizzate quindi in questa parte in maniera dettagliata le principali
controversie che possono sorgere tra cliente e banca.
Soprattutto in riferimento ai contratti d’investimento, (ma questo vale anche per
gli altri contratti bancari), oltre alle previsioni codicistiche appena ricordate, la
nullità può configurarsi anche per inosservanza di norme imperative (così definite
perché data la loro importanza non possono essere in alcun modo derogate dalle
parti) o appunto come accennato per mancanza di forma scritta richiesta ad
substantiam.
Partendo inizialmente dalla prima tipologia di contenzioso nei rapporti con la
banca si può dire che, tra queste norme imperative e quindi non derogabili dalle
parti, rientrano soprattutto le norme relative alla “trasparenza delle condizioni
contrattuali e dei rapporti con i clienti” contenute nel titolo VI del T.U.B. e
quelle relative alle cosiddette “norme di comportamento” di cui all’art. 21 del
T.U.F. che riguardano più specificatamente i contratti d’investimento.
Norme imperative che, da come si può intuire dalla loro denominazione, servono
a regolare il comportamento della banca nei confronti del cliente asservendo ad
una triplice funzione: natura informativa, compiere operazioni adeguate non
abusando della propria posizione di vantaggio dovuta all’asimmetria informativa
tra le controparti, evitare eventuali conflitti d’interesse.
I contenzioni derivanti dalla violazione di queste norme imperative, tuttavia,
secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato espresso da diverse
sentenze della Corte di Cassazione, non possono dare luogo ad ipotesi di nullità
contrattuale.
Essendo norme volte a regolare la condotta della banca, al limite, la violazione
delle stesse potrà configurare una responsabilità di natura precontrattuale e che
57
quindi potrà portare ad ipotesi di annullamento o di risoluzione del contratto con
eventuale risarcimento del danno ma mai ad un’ipotesi di nullità contrattuale.
Contenziosi che era giusto, per completezza, corretto accennare ma che, in
ragione di questa motivazione, non verranno di seguito approfonditi in questa tesi
.per lasciare spazio alle controversie derivanti dal mancato rispetto della
forma scritta dei contratti bancari richiesta ad substantiam ai sensi degli art.
117 T.U.B. e 23 T.U.F.
Tipologie di controversie con soluzioni certe
A non destare particolari problematiche in sede di giudizio sono le controversie
tra banca e clienti in cui quest’ultimi chiedono la nullità per difetto della forma
scritta ad substantiam (nel rispetto dell’istituto della nullità di protezione a loro
concesso) poiché nel contratto è assente l’indicazione in forma scritta di alcuni
elementi che formano il contenuto del contratto stesso che le norme prevedono
siano espressamente indicati per iscritto all’interno del contratto (esempio in
riferimento alle condizioni economiche praticate, ecc..)
Forma e contenuto di elementi quindi espressamente prescritti dalla legge o da
norme attuative (es. regolamenti Consob) la cui non indicazione fatta per iscritto
determina la nullità per difetto della forma scritta del contratto bancario.
Tale forma e contenuto è espressamente prevista per due ragioni:
1) Per il fatto che il contratto bancario è una sorta di contratto per adesione
nel quale è la banca a stabilire le diverse condizioni economiche praticate
e quindi a proporle al cliente che decide se sottoscriverle o meno, e il
cliente deve essere messo nella posizione di poter comprendere al meglio
tali condizioni al fine di fare una scelta consapevole.
2) Perché costituiscono anche un importante mezzo probatorio a vantaggio
del cliente per contestare alcune irregolarità da parte della banca nel caso
non rispetti alcune previsioni contenute per iscritto nel contratto, o per
58
agire per chiedere la nullità qualora manchi l’indicazione di qualche
elemento, la cui indicazione fatta per iscritto risulta obbligatoria.
Forma e contenuto, essendo regolamentate in modo abbastanza chiaro da
specifiche norme non generano dubbi da parte dei giudici nella regolazione di
eventuali controversie volte a dichiarare o meno la nullità del contratto bancario
per difetto della forma scritta richiesta ad substantiam.62
Tipologie di controversie con soluzioni divergenti
Ad aver destato e, come si vedrà, a destare tuttora, particolari problemi sono le
controversie sorte in riferimento all’azione di nullità per difetto della forma scritta
ad substantiam del contratto bancario sollevate dal cliente nei confronti della
banca, relative a fatti e circostanze che non sono espressamente disciplinati dalla
legge o da norme speciali e quindi lasciate alla mera interpretazione e giudizio
della giurisprudenza attraverso le varie sentenze dei giudici.
In particolare, si era analizzato durante la trattazione teorica di questo elaborato
che, sebbene sia esplicitamente espressa la previsione secondo la quale i contratti
bancari per essere considerati validi e quindi idonei a produrre effetti giuridici
debbano necessariamente essere redatti per iscritto, non sono state invece
esplicitamente regolamentate le modalità con le quali il rispetto di tale obbligo
debba essere assolto.
Ad esempio non si è detto niente in riferimento alla possibilità di stipulare un
contratto bancario anche oralmente se collegato da un forte legame vincolante ad
un altro contratto bancario redatto per iscritto; alla possibilità di stipulare un
contratto bancario anche in assenza della doppia sottoscrizione, ecc…
In mancanza di una specifica norma, i giudici si sono trovati nella necessità di
cercare di colmare queste lacune attraverso le proprie sentenze.
62
Sangiovanni V., “Mancata sottoscrizione e forma del contratto di intermediazione finanziaria”,
in Magistra, Banca e Finanza - www.magistra.it - ISSN: 2039-7410, 2011
59
Sentenze che, trattandosi di espressione di interpretazioni personali in riferimento
alle diverse norme e relative alle diverse situazioni di giudizio, sono state oggetto
di forti contestazioni da parte di altri giudici facendo in modo che l’orientamento
giurisprudenziale cambiasse diverse volte nel tempo.
A creare problemi nel mondo giuridico è stato ed è tuttora soprattutto il problema
legato all’obbligo o meno della doppia sottoscrizione del contratto bancario al fine
di rispettare la forma scritta richiesta ad substantiam.
Problema che ha causato diverse sentenze contrastanti tra loro ognuna che prende
posizioni diverse sull’argomento con tutta una serie di conseguenze rilevanti a
vantaggio o a svantaggio del cliente in relazione all’interpretazione del giudice
nella sentenza emessa.
A titolo esemplificativo, per far capire l’importanza e le conseguenze dei diversi
orientamenti giurisprudenziali che nel tempo si sono susseguiti nella stessa
tipologia di controversia, basta ricordare alcuni tra i principali effetti:
- Nei contratti bancari, in caso di nullità per difetto della forma scritta richiesta ad
substantiam ai sensi dell’art. 117 T.U.B., il cliente ha diritto a far valere l’azione
di nullità dell’intero contratto.
- Nel caso si tratti di contratti di investimento stipulati con la banca, in mancanza
del rispetto della forma scritta richiesta ad substantiam, ai sensi dell’art. 23
T.U.F., l’investitore ha diritto a far valere la nullità dell’intero contratto quadro
facendo quindi rendere inefficaci tutti gli atti attuativi contenuti in esso e relativi
alle singole operazioni di investimento che nella fattispecie si sono rivelate a lui
sfavorevoli (anche qui è dubbio se si possa configurare un’ipotesi di nullità
selettiva colpendo solo alcuni di questi atti oppure necessariamente tutti in quanto
sarebbe un abuso del diritto esercitato dal cliente);
In entrambi i casi il cliente avrà diritto ad ottenere la contestuale nullità degli
eventuali interessi ultralegali applicati, delle commissioni e delle spese che gli
60
erano stati addebitati durante il rapporto contrattuale ottenendone quindi la
relativa restituzione (secondo art.1284 Codice civile e art. 117 del T.U.B.).63
__________
Si prosegue ora entrando nel dettaglio delle singole controversie con particolare
riferimento alla seconda tipologia, cioè a quelle la cui risoluzione è lasciata alla
giurisprudenza.
In particolare i casi utilizzati ai fini del presente studio riguardano:
1) Sentenze che hanno ritenuto validi i contratti bancari stipulati con forme
diverse da quella scritta.
2) Sentenze emesse in merito all’obbligo o meno della doppia sottoscrizione
ai fini del rispetto della forma scritta ad substantiam del contratto bancario.
63
Leccese A., (2016), “Contratto bancario nullo se firmato solo dal cliente”, Altalex
61
2 Sentenze sulla validità dei contratti bancari
stipulati secondo un’altra forma diversa dalla forma
scritta
Premessa
Abbiamo visto che l’art.117 del Testo Unico Bancario e l’art. 23 del Testo Unico
delle Finanze prescrivono l’obbligo della forma scritta dei contratti bancari ai fini
della loro validità (forma ad substantiam).
Salvo però, in casi particolari, rimandare la competenza al Cicr di individuare
altre forme, diverse da quella scritta, affinché sia valido un contratto stipulato con
la banca.
Al di fuori di queste situazioni esiste invece tutta una serie di casistiche per le
quali è dubbio il rispetto del requisito della forma scritta.
In particolare può accadere che un contratto bancario non redatto per iscritto sia
collegato da un forte legame di interdipendenza (pur essendo essi strutturalmente
autonomi), poiché condividono un unico scopo, con un altro contratto bancario
che, invece, è stato redatto per iscritto.
In questo caso è interessante chiedersi se il primo contratto sia comunque da
considerarsi valido oppure no in virtù di tale legame funzionale.
La soluzione trovata dalla giurisprudenza si rinviene da più sentenze che
sembrano aver trovato una risposta affermativa.
In particolare, le due sentenze analizzate di seguito risultano particolarmente
significative.
62
Sentenza n. 20726 del 01/10/ 2014 della Corte di Cassazione
Una sentenza significativa che affronta il tema della forma scritta dei contratti
bancari è quella emanata dalla Suprema Corte n.20726 del 1/10/2014.
Il problema originario era quello di decidere se un contratto di conto corrente
privo di forma scritta, quindi apparentemente contrario da quanto disposto
dall’art. 117 del Testo unico bancario per cui è richiesta la forma scritta ad
substantiam,
fosse
da
considerarsi
comunque
valido
perché
collegato
funzionalmente da un contratto di apertura di credito il quale, invece, rispetta tale
requisito della forma scritta.
L’antecedente a tale sentenza deriva da un’opposizione compiuta dalla banca
contro l’ammissione al passivo di una società s.r.l. sua cliente.
In particolare la banca richiese che fosse ammesso un suo credito vantato su
questa società cliente derivante da un’apertura di credito effettuata e concessa con
atto pubblico da notaio e utilizzata in relazione ad un rapporto di conto corrente
separato.
La questione è stata posta in giudizio e nei diversi gradi ci sono state delle
conclusioni differenti.
Nei primi due gradi di giudizio i giudici rigettarono la richiesta di opposizione
formulata dalla banca.
In particolare giustificarono il rigetto facendo leva sul fatto che la banca in realtà
aveva dichiarato di non essere in possesso del contratto di conto corrente e che per
la validità di tale contratto è necessariamente richiesta la previsione di cui all’art.
117 del Testo unico bancario e cioè l’obbligo della forma scritta a pena di nullità.
Tuttavia, come evidenziato nella trattazione della prima parte della presente tesi la
dottrina prevalente e la giurisprudenza di legittimità ad un certo punto storico
hanno ritenuto del tutto valida la forma non scritta di determinate tipologie di
contratti bancari, a condizione che questi ultimi siano legati da un legame
funzionale ad un’altra tipologia contrattuale bancaria che rispetti però la forma
scritta ad substantiam.
63
A sostegno di tale posizione, anche lo stesso art.117 rimette per alcune fattispecie
contrattuali stipulabili con la banca la facoltà al Cicr di prevedere altre forme
diverse dalla forma scritta.
Ritornando alla nostra controversia, la banca, consapevole di tale orientamento
propose nuovamente ricorso all’ultimo grado di giudizio, in ragione del fatto che
tale contratto di conto bancario, poiché formalizzato nel 2001, dovesse di
conseguenza rientrare tra le previsioni di cui all’art. 3 della legge n.154/1992 e
delle disposizioni contenute nel decreto del ministro del tesoro del 24/4/1992 e
dalle istruzioni della Banca d’Italia, le quali, appunto, prevedevano la non
obbligatorietà della forma scritta ai fini della validità del contratto qualora esso
fosse legato da un altro contratto bancario per il quale fosse prevista la forma
scritta obbligatoria.
I giudici della Suprema Corte accolsero, invece, la richiesta proprio in ragione
delle motivazioni descritte.
Attraverso la sentenza pronunciata si giustificarono in questo modo: dicendo che,
sebbene l’utilizzo dell’apertura di credito avvenga attraverso un distinto contratto
di conto corrente, tale legame non è tale da costituire un unico contratto e quindi a
far perdere l’autonomia giuridica di entrambi.
Questo perché entrambi i contratti bancari continuano ad avere oggetti diversi:
l’apertura di credito ha per oggetto il fornire una disponibilità monetaria al cliente
e a divenire quindi un suo creditore; mentre il contratto di conto corrente ha per
oggetto l’offrire un servizio di cassa.
Di conseguenza, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato nel
tempo, tali contratti bancari, pur rimanendo strutturalmente autonomi, sono
comunque legati da un unico interesse economico tale da rendere legate le vicende
derivanti dagli oggetti dei due contratti.
Ecco quindi che, pur mantenendo ognuno una propria individualità dal punto di
vista giuridico, tale legame di interdipendenza delle varie vicende di entrambi i
contratti fanno si che le eventuali ipotesi di invalidità, inefficacia e risoluzione di
uno si ripercuotano anche sull’altro. (vedasi sentenze della cassazione: “n.18884
del 10/7/2008”, “n.14611 del 12/7/2005”, “n.8410 del 25/08/1998”).
64
In funzione di quest’ottica il contratto di apertura di credito non necessariamente
potrà essere dichiarato nullo in ragione del fatto che non vi sia stata la
dimostrazione che il contratto di conto corrente sia stato stipulato nella forma
scritta ad substantiam come prescritto.
Questo perché di fatto la causa del contratto di apertura di credito consiste nella
creazione di una disponibilità per il cliente correntista, il quale a sua volta potrà
usufruirne più volte, ricostituirla o non utilizzarla.
L’insorgenza del credito a favore della banca è ricollegato all’effettivo prelievo di
tale somma accreditata mediante il contratto di conto corrente a cui si collega il
primo.
Essendoci quindi questo collegamento tra i due contratti bancari, seppur
strutturalmente e giuridicamente autonomi, vi è un interesse economico condiviso
tale da far si che l’utilizzazione della somma giustifichi la validità dell’altro
contratto di conto corrente sebbene sprovvisto della forma scritta ad
substantiam.64
64
Corradin S., (2014), “Il requisito della forma scritta nei contratti bancari”, Iusletter sito web:
“http://iusletter.com/il-requisito-della-forma-scritta-nei-contratti-bancari/”
65
Sentenza n. 14470 del 09/07/2005 della Corte di cassazione
La causa ebbe origine da una citazione in giudizio contro Montepaschi S.p.a.
effettuata da una società S.p.a. sua cliente che era fallita.
In particolare, la richiesta di questa società cliente consisteva nell’azione
revocatoria delle rimesse di conto corrente effettuate, tra l’altro per un importo
consistente, sul conto corrente bancario nell’anno in cui essa non era stata ancora
dichiarata fallita.
Richiesta presentata in ragione del fatto che il contratto di apertura di credito al
quale si riferisce quello di conto corrente e di conseguenza le operazioni poste in
essere con esso, non rispettava il requisito della forma scritta richiesto ad
substantiam a norma degli art. 117 T.U.B. e 23 T.U.F.
Dal canto suo Montepaschi si difendeva dimostrando che l’assenza della forma
scritta del contratto di apertura di credito poteva essere supplita, in ragione di
quello che era l’orientamento giurisprudenziale dell’epoca, attraverso fatti
concludenti quali la dimostrazione di atti contabili come gli estratti conto delle
operazioni.
Nel primo grado di giudizio il giudice del Tribunale di Napoli accolse la richiesta
della società condannando quindi la banca a pagare le somme dovute più le
sanzioni al cliente.
La banca Montepaschi fece però ricorso in appello, ma il giudice non fece altro
che ribadire la sentenza di primo grado.
I giudici giustificarono tale decisione in quanto i fatti concludenti dimostrati dalla
banca in questo caso non erano sufficienti a dimostrare la manifestazione di
volontà delle parti, anche perché il contratto non era nemmeno stato sottoscritto
dal cliente non essendo in forma scritta.65
Con il ricorso successivo alla Corte di Cassazione si ottenne un risultato
differente.
La Corte ha sentenziato che qualora un contratto di apertura di credito risulti
collegato funzionalmente e disciplinato da un contratto di conto corrente redatto
65
Cass., 9 Luglio 2005, n. 14470
66
rispettando la forma scritta, risulta essere comunque valido sebbene sia stato
redatto seguendo una diversa forma.
Posizione presa poiché sebbene le norme sulla trasparenza bancaria e l’art.117 del
T.U.B. prescrivano l’obbligo della forma scritta ad substantiam, allo stesso tempo
demandano la facoltà al Cicr, per giustificati motivi tecnici, di individuare anche
altre forme diverse da quella scritta per poter stipulare determinati contratti
bancari.
Di conseguenza sono del tutto legittime le previsioni normative emanate dal Cicr
e dalla Banca d’Italia, proprio perché le disposizioni emanate servono a
completare e ad integrare la legge che, per questa circostanza contrattuale,
prevedono la non obbligatorietà della forma scritta ai fini della validità del
contratto di apertura di credito proprio perché esso è collegato da un forte legame
di interdipendenza col contratto di conto corrente, invece redatto per iscritto.
Quindi, pur essendo i due contratti strutturalmente autonomi, condividono un
unico scopo, un unico interesse economico tale da rendere legate le vicende
derivanti dagli oggetti dei due contratti.
67
3
Sentenze sulla validità dei contratti bancari in
assenza della sottoscrizione della banca
Premessa
Si è già più volte detto che gli art. 117 T.U.B. e art. 23 T.U.F. prevedono la forma
scritta ad substantiam dei contratti bancari, ma si è anche detto che all’interno di
questi articoli o di altre norme speciali non vi sono contenute alcune indicazioni
esplicite sulla modalità con le quali assolvere a tale principio.
In particolare ci si domanda se un’eventuale mancanza di sottoscrizione da parte
della banca possa configurare un’ipotesi di nullità per difetto della forma scritta
oppure no.
Lacune che, come si è detto, non essendo colmate da alcuna norma speciale
vengono in parte colmate dall’orientamento dei vari giudici in merito a cause che
affrontano questo tema.
Tale problema sorge soprattutto in virtù del fatto che non è chiaro quanto siano
similari i due istituti della “nullità generale” dei contratti (disciplinata dal Codice
civile) e della “nullità di protezione” (prevista specificatamente in questo caso per
regolare i rapporti contrattuali tra banca e cliente).
Nel primo caso si desume l’obbligo della doppia sottoscrizione per il rispetto della
forma scritta qualora sia richiesta ad substantiam ai fini meramente pubblicistici
poiché l’art. 1421 C.c. prevede che in assenza di questo requisito l’azione di
nullità è di tipo assoluto, può esser fatta valere da chiunque ne abbia interesse o
esser rilevata d’ufficio dal giudice. Quindi il requisito formale della doppia
sottoscrizione fa sì che il contratto sia valido e produca effetti giuridici.
Tuttavia, le norme speciali non prevedono niente in merito all’obbligo della
doppia sottoscrizione, al fine di rispettare il requisito della forma ad substantiam ,
proprio in ragione del fatto che la nullità di protezione prescritta per i rapporti con
68
la banca ha delle finalità differenti rispetto a quelle di natura pubblicistica della
disciplina del contratto in generale. Qui la finalità è di proteggere il cliente in
quanto trattasi di nullità relativa che solo il cliente ha diritto di invocare o il
giudice purché sia volta a favorire il cliente.
Secondo il “criterio di specialità”, a prevalere dovrebbero essere le norme speciali
contenute nel T.U.B. e nel T.U.F., ma poiché non è stato previsto niente in
riferimento all’eventuale obbligo della doppia sottoscrizione, tale principio non si
applica e in linea teorica dovrebbe applicarsi quello contenuto nella disciplina
regolare.
Ma questo non sempre risulta possibile perché, anche se si tratta sempre di nullità,
la funzione dei due istituti presenta delle differenze.
Se si ponesse sullo stesso piano i due istituti sarebbe corretto applicare le
previsioni del Codice civile e quindi prevedere l’obbligo della doppia
sottoscrizione per rispettare la forma scritta ad substantiam, mentre se non li si
pone sullo stesso piano tale obbligo viene meno.
Questa è una questione posta all’attenzione a seguito di una sentenza recente
emanata dalla Corte d’Appello di Venezia che, evidenziando tale mancanza
legislativa, ha sottolineato la difficoltà di risolvere giurisprudenzialmente tale
problematica.
Le contestazioni, in questi casi sorgerebbero appunto per mancanza di
sottoscrizione da parte della banca e non di entrambe le controparti.
Questo perché, se mancassero entrambe le sottoscrizioni è pacifico ritenere che il
contratto bancario sia da ritenersi nullo in quanto non manca l’eventuale rispetto
della forma scritta ad substantiam ma manca soprattutto la dimostrazione
dell’esistenza dell’accordo tra le parti (altro requisito richiesto ai fini della validità
contrattuale dal Codice civile).
In riferimento alla mancanza della sottoscrizione del contratto bancario da parte
della banca e del cliente si può citare tra le altre la sentenza n.1681ss del
18/02/2009 del Tribunale di Ancona.
69
Ma se la mancanza della sottoscrizione da parte di entrambe le parti appare risolta
in modo abbastanza chiaro dalla giurisprudenza, a destare particolari
problematiche da un punto di vista meramente interpretativo, per i motivi già
detti, risulta sicuramente essere il caso diverso di mancanza di sottoscrizione da
parte della sola banca nel contratto stipulato con il proprio cliente.
Orientamenti giurisprudenziali
Per capire meglio la natura del problema e le modalità con le quali si è cercato di
risolverlo è necessario fare un passo indietro partendo dall’inizio.
In ossequio con la previsione codicistica la giurisprudenza inizialmente ha
ritenuto che se in un contratto è richiesta la forma scritta ad substantiam, la forma
scritta dev’essere considerata come elemento costitutivo dello stesso, di
conseguenza anche gli elementi essenziali del contratto devono essere redatti per
iscritto quindi causa, oggetto, determinate pattuizioni e soprattutto l’accordo delle
parti al fine di dimostrare l’esistenza della volontà delle parti a concludere tale
contratto (Cass., 1 Marzo 1967, n.453 o Cass., 22 Maggio 1974, n. 1352, ecc…)
Di conseguenza l’accordo si conclude con la sottoscrizione appunto per iscritto
del documento, per soddisfare il requisito formale previsto obbligatoriamente
dall’art. 117 T.U.B. e art. 23 T.U.F., a tal proposito la sentenza n.1495 del 7
Giugno 1966 sottolinea testualmente: “in quanto sia estrinsecazione diretta della
volontà contrattuale”.
Ma già da questi orientamenti iniziali sono sorte alcune problematiche anche in
ragione del fatto che la disciplina dei contratti bancari contiene molte specificità
tali da renderla difficilmente del tutto comparabile con quella del contratto in
generale, basti pensare alla diversa funzione e azione di nullità prevista per i due
istituti.
Inoltre, come già fatto notare, attraverso l’analisi delle sentenze precedenti
(n.20726 e n.14470) in realtà, a determinate condizioni, un contratto bancario può
ritenersi comunque valido anche in assenza della sottoscrizione della banca.
70
Ci sono cioè degli aspetti, nella disciplina dei contratti bancari, tali, data la loro
specificità, da mettere quindi in discussione la previsione appena espressa
secondo la quale la doppia sottoscrizione per iscritto è un elemento da rispettare
tassativamente ai fini del rispetto della forma scritta richiesta ad substantiam.
In particolare ci si è interrogati nel tempo se l’accordo della banca potesse, ad
esempio, essere desunto anche da altri mezzi in modo tale da supplire a tale
mancanza e quindi evitare eventuali azioni di nullità per difetto della forma
scritta, oppure, al contrario, se il contratto bancario in assenza di tale
sottoscrizione sia comunque da ritenersi nullo.
A tal proposito si è riscontrato e si riscontra tuttora, un cambio frequente di quello
che è l’orientamento giurisprudenziale relativo a questo problema.
La giurisprudenza ha, infatti, a volte previsto la possibilità di sanare tale
mancanza e altre volte ha cambiato opinione non prevedendola più.
Parte della giurisprudenza, in particolare la Cassazione ritiene che questa
previsione sia possibile, a tal proposito la sentenza della Corte di Cassazione n.
3088 del 13 febbraio 2007 ha ritenuto che per rispettare il requisito della forma
scritta ad substantiam richiesta per i contratti bancari non è necessario che la
manifestazione di entrambi i consensi sia contenuto in un unico documento ma
tale accordo può ritenersi altresì perfezionato anche nel caso in cui le
sottoscrizioni siano presenti in documenti distinti purché il giudice accerti
l’esistenza del legame inscindibile tra i due contratti.66
Ma già in relazione a tale interpretazione sono sorte alcune problematiche che si
sono riscontrate in particolare con riferimento ai contratti d’investimento: contratti
bancari che per loro natura presentano alcune particolarità, in quanto, a differenza
di altri contratti bancari, essi danno seguito quasi sempre a delle singole
operazioni di compravendita di strumenti finanziari che sono quindi ad esso
collegati.
66
Sangiovanni V., “Mancata sottoscrizione e forma del contratto di intermediazione finanziaria”,
in Magistra, Banca e Finanza - www.magistra.it - ISSN: 2039-7410, 2011
71
Atti che, seppur autonomi, sono strettamente correlati tra loro dalla finalità
comune poiché i singoli ordini d’investimento comportano lo spostamento
finanziario previsto e disciplinato dal contratto quadro stesso.
A questo punto è lecito chiedersi se, per questi contratti la cui forma scritta ad
substantiam è richiesta ai sensi dell’art. 23 T.U.F., in base a questa
interpretazione, i singoli ordini di acquisto contenuti in un unico contratto quadro
di negoziazione qualora siano sottoscritti da entrambe le parti possono rendere il
contratto da cui discendono comunque valido ed efficace (sebbene in esso manchi
la sottoscrizione della banca) oppure no?
Domanda che sorge soprattutto in ragione del fatto che è possibile per
consuetudine che la banca ponga la propria sottoscrizione al contratto quadro
anche successivamente all’effettuazione del primo ordine di acquisto.
La posizione della giurisprudenza a sostegno della necessità della doppia
sottoscrizione dei singoli atti di acquisto per la validità del contratto quadro di
investimento è molto contestata e ritenuta ora per lo più inammissibile nonostante
tutte le motivazioni sopra descritte.
Nello specifico, l’orientamento giurisprudenziale ora prevalente ritiene, infatti,
che questi documenti (il contratto quadro di negoziazione da una parte e i singoli
atti negoziali di investimento dall’altra) siano documenti il cui contenuto è
talmente diverso da non permettere la dimostrazione dell’esistenza di uno scambio
di consensi tra le parti, anche in virtù del fatto che il singolo atto d’investimento
non può contenere al suo interno tutte le condizioni e modalità previste e
contenute appunto nel contratto quadro di negoziazione. (esempio vedasi sentenza
n. 152 del 12 Ottobre 2010 del Tribunale di Rimini).
Oltre al semplice fatto che è lecito ritenere tali ordini di investimento si degli atti
di natura negoziale, ma anche, per le ragioni appena dette in riferimento
all’autonomia rispetto al contratto quadro, sebbene siano in esso contenuti, non
possono configurarsi come dei veri e propri contratti da un punto di vista
meramente formale. (sentenza n. 7068 del 11/04/2016 della Corte di cassazione).
Di conseguenza, si sta consolidando l’orientamento giurisprudenziale che prevede
un formalismo più rigoroso da rispettare in riferimento alla redazione del contratto
72
quadro e un maggior grado di flessibilità, invece, per i singoli ordini di acquisto in
esso contenuti poiché non trattasi di veri contratti formali per i quali quindi non è
espressamente previsto l’obbligo della forma scritta anche per evitare eventuali
rallentamenti di operatività delle operazioni.
Ma se su questo punto l’orientamento giurisprudenziale è abbastanza concorde, lo
stesso non si può dire in relazione al caso contrario.
In particolare si è riscontrato nel tempo casi in cui la banca ha dato seguito ad
operazioni d’investimento redatti per iscritto ma in assenza di un contratto quadro
di negoziazione in cui vi fosse la sottoscrizione della banca con la conseguente
contestazione della nullità di esso per vizio della forma scritta ad substantiam (art.
23 T.U.F.).
Ci si è chiesti se in tal caso tale mancanza di sottoscrizione, che rende nullo quindi
il contratto quadro, rendesse nulli anche i successivi ordini di acquisto o se tali
ordini, poiché ognuno recanti la sottoscrizione della banca e rispettosi della forma
scritta, potessero supplire alla mancanza nel contratto quadro e quindi evitare la
sua nullità.
Anche qui alcuni giudici ritengono inammissibile tale previsione di supplire alla
mancata sottoscrizione da parte della banca nel contratto quadro attraverso la
sottoscrizione di questi atti negoziali strettamente correlati al primo, proprio
perché non sono dei veri e propri contratti e risultano essere autonomi rispetto al
primo non avendo lo stesso contenuto previsto per il contratto quadro (di
quest’orientamento è ad esempio la stessa sentenza n. 152 del 12 Ottobre 2010 del
Tribunale di Rimini).
Parte della dottrina, al contrario, non è totalmente d’accordo con questa
previsione.
Questo in ragione del fatto che la legge prevede che la forma scritta di un
contratto bancario per essere rispettata debba soprattutto rispettare un contenuto
minimo.
Dal momento che la legge non prevede questo contenuto minimo da rispettare
specificatamente per tali contratti d’investimento, che, viceversa, è previsto da un
73
mero regolamento Consob, non vi è un’ elencazione così troppo tassativa da
rispettare come, invece, avrebbe in riferimento alla stessa legge.
Queste considerazioni generano una corrente di pensiero che ritiene rispettata la
forma scritta ad substantiam del contratto quadro qualora un singolo atto di
negoziazione scritto abbia un contenuto talmente dettagliato da avere al suo
interno tutte le indicazioni che soddisfano il contenuto minimo previsto per il
contratto quadro stesso.
In altre parole, si sta dicendo che è possibile porre sullo stesso piano i singoli atti
negoziali di acquisto dei contratti nel caso in cui abbiano un contenuto talmente
dettagliato da renderli nella sostanza comparabili.
Con la conseguenza che la mancanza di sottoscrizione della banca nel contratto
quadro potrebbe essere supplita dalla sottoscrizione della stessa contenuta nel
singolo atto d’acquisto, evitando così per il primo l’azione di nullità. (Sangiovanni
V., 2011).
Tale versione, sebbene può essere condivisibile, non ha però avuto riscontro nella
giurisprudenza, per cui rimane valida la previsione analizzata precedentemente
secondo la quale la mancanza di sottoscrizione nel contratto quadro non può
essere supplita attraverso i singoli atti d’investimento redatti per iscritto e
sottoscritti dalla banca poiché trattasi di meri atti negoziali e non di contratti.
Nella prassi, del resto, è molto improbabile che un singolo ordine d’acquisto abbia
un contenuto così dettagliato da essere comparato ad un vero e proprio contratto,
spesso se è redatto per iscritto contiene le informazioni relative a quella singola
operazione e al limite alcune sintetizzate relative al contratto quadro ma non certo
in modo così approfondito.67
Rispondendo, invece, all’altra domanda relativa alle conseguenze che l’eventuale
nullità del contratto quadro d’investimento avrebbe potuto portare ai successivi
ordini di investimento il problema si presenta un po’ più articolato.
A tal proposito bisogna far riferimento ad una delle previsioni contenute tra i
regolamenti Consob riferite alla forma e contenuto da rispettare nei contratti
67
Sangiovanni V., “Mancata sottoscrizione e forma del contratto di intermediazione finanziaria”,
in Magistra, Banca e Finanza - www.magistra.it - ISSN: 2039-7410, 2011
74
d’investimento secondo la quale la mancanza di un contratto quadro di
negoziazione è tale da rendere del tutto illegittima l’attività della banca riferita
alle singole operazioni di acquisto contenute in esso.
“gli intermediari autorizzati non possono fornire i propri servizi se non sulla base
di un apposito contratto scritto” (art. 30, co 1, regolamento Consob n.
11522/1998).
Questa previsione, dalla quale si può dedurre che la nullità del contratto quadro
colpito da nullità rende nulli anche tutte le operazioni successive ad esso riferite,
ha destato altri dubbi nella giurisprudenza.
Essendo prevista la “nullità di protezione” a favore del cliente, risulta infatti lecito
domandarsi se, in ragione di essa, sia possibile limitare la nullità solo ad alcune di
queste operazioni d’investimento (perché considerate dal cliente svantaggiose ed
inique) lasciando in vita le restanti (perché invece considerate fruttuose) anche
dopo aver ottenuto dal giudice la dichiarazione di nullità del contratto quadro di
negoziazione a cui esse si riferiscono.
Al contrario, un’eventuale nullità che colpisse tutte le operazioni d’investimento,
pure quelle che si fossero rilevate fruttuose, non risulterebbe “di protezione” nei
confronti del cliente il quale si troverebbe invece nella condizione di dover
restituire anche i proventi di queste, contravvenendo quindi in parte a quello che è
lo scopo dell’istituto della nullità relativa (protezione della parte debole del
rapporto).
Questa ‘nullità selettiva’, nel tempo, è stata tuttavia considerata dalla
giurisprudenza come una sorta di abuso del diritto del cliente a esercitare il
proprio diritto previsto dall’istituto della nullità relativa.
Il cliente era già abbastanza tutelato in base a tutte le norme sulla trasparenza e sul
comportamento lecito a carico della banca e sulla possibilità di eccepire solamente
egli, e non anche la banca, l’azione di nullità del contratto.
Di conseguenza, un’eventuale azione di nullità selettiva che limitasse gli effetti
della nullità alle sole operazioni d’investimento ritenute svantaggiose dal cliente si
sarebbe configurata unicamente come un mero abuso dei propri diritti previsti
dalla legge da poter esercitare contro la banca.
75
La nullità del contratto quadro per vizio della forma scritta ad substantiam
avrebbe quindi reso nulli anche tutte le operazioni d’investimento in esso
contenuti a prescindere dal fatto che fossero stati vantaggiosi o svantaggiosi per il
cliente.
Posizione, questa, rimasta nel tempo immutata fino a che la Corte di Cassazione
nel 2016 cambiò il proprio orientamento attraverso alcune importanti sentenze (n.
8395 e n.8396) con le quali il giudice ritenne del tutto ammissibile la possibilità di
limitare l’azione di nullità solamente a singole operazioni valutate dal cliente
come svantaggiose lasciando quindi in vita quella da lui considerate fruttuose.
Pertanto la “nullità selettiva” non comporta un abuso del diritto in capo al cliente
in quanto risulta essere del tutto in linea con le finalità che l’istituto della “nullità
di protezione” si pone per proteggere appunto il cliente.68
Ma a questo punto la giurisprudenza si è interrogata se tutte queste previsioni
relative al formalismo contrattuale, ed in particolare tutti questi meccanismi di
tutela posti a favore del cliente, in realtà, anziché riequilibrare il rapporto
asimmetrico, presente nei contratti bancari, non lo avessero squilibrato
ulteriormente questa volta, però, a favore del cliente.
In sostanza: l’azione di nullità posta in essere dal cliente può rivelarsi in certe
circostanze come un mero comportamento opportunistico tale da configurare
quindi un abuso di quello che è il suo diritto?
A titolo esemplificativo: chiedere la restituzione delle varie commissioni, interessi
e spese corrisposti alla banca solo in un momento successivo, attraverso
l’esercizio della nullità di protezione, senza aver contestato il contratto per anni
(pur sapendo che esso era viziato) perché ad esempio solo in quel momento il
cliente riteneva che il rapporto non sarebbe stato più conveniente.
68
Sangiovanni V., “Mancata sottoscrizione e forma del contratto di intermediazione finanziaria”,
in Magistra, Banca e Finanza - www.magistra.it - ISSN: 2039-7410, 2011
76
O ancora: limitare la nullità ai soli ordini d’investimento ritenuti sfavorevoli
lasciando in vita i restanti, può ritenersi anche questo un comportamento
opportunistico ed abusivo del diritto del cliente.
E’ da sottolineare anche che la funzione dell’istituto della nullità di protezione
non dovrebbe essere quella di proteggere limitatamente lo specifico cliente, ma la
“figura del cliente” intesa nella eccezione di collettività, quindi volta a proteggere
un interesse di carattere generale e non specifico.
Ecco quindi che la giurisprudenza ha ritenuto opportuno porre anche dei
meccanismi a favore della banca allo scopo di consentire anche all’altra parte la
possibilità di difendersi da tali contestazioni ed evitare questo eventuale abuso
dell’azione di nullità di protezione che il cliente ha il diritto di eccepire.
In particolare si è consentito alla banca in sede di giudizio la possibilità di
produrre alcuni elementi con i quali contrastare l’azione di nullità per difetto della
forma scritta ad substantiam dovuta alla mancanza di sottoscrizione della banca
stessa.69
A tale proposito la giurisprudenza si era inizialmente domandata se la mancanza
di sottoscrizione da parte della banca potesse essere sanata, per evitare che il
contratto bancario fosse dichiarato nullo per carenza della forma scritta richiesta
ad substantiam.
Questo tramite eventuali proposizioni in giudizio da parte della stessa banca
attraverso eventuali desunzioni indirette tramite dichiarazioni di scienza o di
ricognizione, o in alternativa eventuali prove testimoniali, confessorie, per
presunzioni, per giuramento, ecc… al fine di dimostrare la manifestazione di
volontà da parte della banca di rispettare il rapporto contrattuale al momento della
sottoscrizione (momento in cui la banca aveva mancato di sottoscrivere il
contratto).
69
Ticozzi M., (2012), “Contratto con forma scritta”, in Diritto Civile
77
Il fondamento di tale orientamento trae origine da alcune previsioni sull’onere
della prova contenute all’interno del Codice civile che consentono, a determinate
condizioni, la possibilità di avvalersi di tali elementi per supplire al non rispetto
della forma scritta richiesta ad substantiam in riferimento alla disciplina dei
contratti in generale.
In particolare l’art. 2724 C.c. (richiamato dall’art.2728 C.c. co 2) prevede la
possibilità di avvalersi in sede di giudizio di prove testimoniali per tale scopo solo
nell’eventuale ipotesi che il contraente perda senza sua colpa l’atto che gli
avrebbe fornito la prova del contratto.
Condizione, quella della perdita del contratto, che permetterebbe in linea teorica
la possibilità di avvalersi anche di prove per presunzioni (art. 2729 C.c.),
giuramenti (art. 2739 C.c.), confessioni , ecc…
Ipotesi comunque risolta abbastanza pacificamente dalla giurisprudenza (ad
esempio attraverso anche le seguenti sentenze Cass. 2 gennaio 1997, n. 2; Cass. 7
giugno 1985, n. 3435).
Infatti, tali proposizioni sono contenute nella disciplina dell’onere della prova del
Codice civile e danno la possibilità di avvalersi di queste specifiche prove per
dimostrare in sede di giudizio l’esistenza del consenso da parte della parte non
firmataria ( sopperendo così alla sua mancanza di sottoscrizione e all’eventuale
ipotesi di nullità contrattuale per vizio di forma), solamente nel caso in cui questa
parte dimostri di aver smarrito senza sua colpa il documento che dava la
possibilità di provare il contratto (art. 2724 C.c. e seguenti).
Ma se questo vale in generale, nel contenzioso con la banca, risulta del tutto
impossibile si configuri un’ipotesi del genere poiché la controparte cliente per
citare la banca impugna il contratto consegnatoli dalla stessa. Al più si configura
solamente un’ipotesi, da parte della banca, di impossibilità di procurarsi la prova
del contratto, ma non un’ipotesi di accidentale smarrimento.
Di conseguenza, non potendosi trovare in tale situazione, la banca, per difendersi
in giudizio non potrà avvalersi di queste prove indirette appena citate.70
70
Leccese A., (2016), “Contratto bancario nullo se firmato solo dal cliente”, Altalex
78
Allo stesso tempo, in giudizio, proprio in ragione del fatto che gli art. 117 T.U.B.
e art. 23 T.U.F. non prevedono niente in riferimento ad un eventuale obbligo di
doppia sottoscrizione, alla banca è consentita la possibilità di avvalersi di alcuni
atti e documenti scritti con i quali sopperire alla sua mancanza di sottoscrizione ed
evitare quindi che il contratto sia dichiarato nullo per vizio di forma.
Dimostrazioni ammesse poiché volte ad accertare l’esistenza del consenso al
momento della sottoscrizione e quindi il rispetto dell’obbligo della forma scritta
ad substantiam .
Di conseguenza, alla dimostrazione di questi da parte della banca, non si
configurava più un’ipotesi di nullità per carenza della forma scritta del contratto
bancario.
Questa possibilità per la banca è di fondamentale importanza e ha permesso la
risoluzione di contenzioni espressi anche con importanti sentenze del 2012 (n.
4564 e n.12711) che di seguito verranno analizzate all’interno di questo elaborato.
Ma vediamo, in particolare di quali atti può avvalersi alternativamente la banca in
giudizio per difendersi secondo l’orientamento appena esaminato:
-
Che all’interno del contratto sottoscritto dal cliente (e dallo stesso prodotto
in giudizio) sia presente la seguente dicitura: “un esemplare del presente
contratto ci è stato da voi consegnato”
-
La produzione in giudizio da parte della banca di una copia del contratto
analoga a quella prodotta dai clienti;
-
L’esistenza di alcuni fatti concludenti posti in essere dalle parti tali da far
desumere l’esistenza della volontà delle parti ad impegnarsi nel rapporto
contrattuale contestato. Ciò può avvenire, ad esempio, attraverso la
produzione in giudizio di alcuni documenti scritti che provino appunto tali
fatti, come: ordini di acquisto (anche gli stessi atti di investimento
79
contenuti in un contratto quadro di negoziazione sebbene siano meri atti
negoziali e non contratti potevano ora assolvere a tale funzione), consegna
di estratti conto, ecc..
Elementi considerati idonei a supplire alla mancanza della sottoscrizione della
banca alla sola condizione che la parte che aveva sottoscritto il contratto non
avesse nel frattempo revocato il proprio consenso o fosse deceduta (esempio
sentenze: Cass 18.1.983 n. 469; Cass 5868/94; Cass 2826/00; Cass 9543/02 ; Cass
71
22223/06).
La possibilità di avvalersi in giudizio di tali atti , deriva alla banca (come si è visto
analizzando le sentenze nel capitolo precedente n. 207206 e n.14470 della Corte
di Cassazione), in conseguenza del fatto che il requisito della forma scritta ad
substantiam risulta soddisfatto anche qualora le sottoscrizioni delle parti
contrattuali siano contenute in documenti distinti a condizione che vi sia tra essi
un collegamento funzionale e inscindibile tale da dare evidenza inequivocabile
della formazione dell’accordo.
Dimostrazione che prescinde quindi dalla produzione di entrambi gli atti scritti in
sede di giudizio.72
L’art.1326 del Codice civile, inoltre, consente la possibilità di concludere un
contratto anche attraverso uno scambio di una proposta (in questo caso da parte
della banca) e di una accettazione (in questo caso da parte del cliente).
Il contratto si considera concluso anche attraverso lo scambio di due copie dello
stesso contratto ognuna delle quali sottoscritta da una delle parti.
Mezzo questo ritenuto quindi dalla legge idoneo a dimostrare l’esistenza reciproca
della volontà da parte dei contraenti di impegnarsi a rispettare il rapporto
contrattuale.
71
Bruno P., (2012), “La Cassazione si pronuncia in merito alla eccezione di nullità del cd
“contratto quadro”, Iusletter
72
Leccese A., (2016), “Contratto bancario nullo se firmato solo dal cliente”, Altalex
80
Ma se questo punto pare essere abbastanza chiaro, non pare esserlo altrettanto un
altro problema.
Si è detto, infatti, che ad esempio: le prove confessorie, le eventuali dichiarazioni
di ricognizioni, ecc.. non sono ammesse come prova per la banca perché rientranti
nella disciplina codicistica dell’onere della prova e quindi non utilizzabili in
giudizio dalla stessa in quanto l’obbligo della forma scritta del contratto e la
contestuale impugnazione in giudizio del contratto scritto da parte dei clienti
fanno si che non si possa configurare da parte della banca un’ipotesi per cui la
banca
abbia smarrito senza sua colpa l’atto che dimostri l’esistenza di tale
contratto; di conseguenza non può servirsi di tali prove.
Ci si chiede allora perché le dimostrazioni proposte in giudizio dalla banca appena
dette, considerate, invece, del tutto lecite al fine di supplire alla mancanza di
sottoscrizione del contratto da parte della banca (e quindi volte ad evitare
un’eventuale azione di nullità per difetto di forma scritta), perché non rientrino
anch’esse nella disciplina codicistica dell’onere della prova e conseguentemente,
in giudizio, non siano ritenute valide per le ragioni appena descritte.
A titolo esemplificativo, la dimostrazione da parte della banca dell’esistenza della
dicitura (all’interno del contratto proposto in giudizio da parte del cliente ):“un
esemplare del presente contratto ci è stato da voi consegnato", rappresenta in
realtà una prova confessoria posta a carico del cliente poiché l’ha sottoscritta.
In realtà l’orientamento giurisprudenziale prevalente non ritiene lecito far
rientrare tale fattispecie nella disciplina codicistica dell’onere delle prove e quindi
ritiene lecito da parte della banca avvalersi di tali elementi per supplire alla
propria mancanza di sottoscrizione.
La stessa Corte di Cassazione ha ritenuto, infatti, opportuno interdire il discorso
relativo alla prova confessoria (Cass. 2 Gennaio 1997, n.2 e Cass. 7 Giugno 1985,
n. 3435), prova che corrisponderebbe appunto nella presa d’atto da parte del
cliente della consegna dell’omologo documento contrattuale sottoscritto dalla
banca contenente la dicitura: “un esemplare del presente contratto ci è stato da
voi consegnato" e integrata da eventuali documenti che facciano desumere il
81
consenso di entrambe le parti ad impegnarsi nel contratto come estratti conto,
ordini di acquisto, ecc..
Tra le argomentazioni poste a favore di tale logica si è fatto notare che in realtà
tale tipo di confessione non è volto a dimostrare l’esistenza del rapporto
contrattuale (come lo sarebbero invece le normali prove disciplinate dal codice),
ma, serve invece a dimostrare che non è presente solamente la sottoscrizione del
cliente ma pure quella della banca.
In particolare, in ragione delle previsioni accennate di cui all’art. 1326 del Codice
civile (per le quali un contratto può ritenersi concluso anche attraverso uno
scambio di proposta ed accettazione contenuti in documenti distinti ognuno
sottoscritto da una delle parti), tale dichiarazione confessoria serve in realtà ad
accertare la reale esistenza della doppia sottoscrizione del contratto e non a
provare l’esistenza di tale rapporto.73
In questo caso, infatti, solo attraverso questi elementi scritti e documentati, la
banca poteva supplire alla mancanza della propria sottoscrizione nel contratto
bancario e quindi sanare quella che era l’ipotesi di nullità sollevata dalla propria
controparte per difetto della forma scritta ad substantiam.
Tali elementi, infatti, proprio perché considerati elementi sufficienti a supplire a
tale mancanza e quindi a dimostrare la volontà della banca di rispettare il contratto
che non aveva firmato, erano posti su un piano di equivalenza con la
sottoscrizione del rapporto contrattuale stesso
In quest’ottica era lecito considerare che, poiché la proposizione in giudizio aveva
il mero scopo di dimostrare l’esistenza della sottoscrizione, gli effetti giuridici del
contratto non si sarebbero mai potuti far decorrere “ex nunc”, cioè dalla
proposizione in giudizio dell’atto poiché non si trattava di un perfezionamento
dell’accordo bensì di un accertamento di quello che in realtà era stato l’accordo
originario.
73
Ticozzi M., (2012), “Contratto con forma scritta”, in Diritto Civile
82
Di conseguenza, risulta, secondo tale orientamento, lecito far decorrere gli effetti
giuridici del contratto “ex tunc”, cioè alla data in cui è stato stipulato il contratto e
quindi prima della data della proposizione degli atti in giudizio.
A tal proposito è interessante un commento della Corte di Cassazione espresso
con la sentenza n. 2707 del 1982 il cui contenuto viene qui riportato: “Con
riguardo al contratto soggetto a forma scritta ad substantiam, e contenuto in un
documento sottoscritto da uno soltanto dei contraenti, la produzione in giudizio
del documento medesimo, ad opera dell'altra parte, non determina la costituzione
del rapporto ex nunc, ma supplisce alla mancanza della sottoscrizione di detta
parte con effetti retroagenti al momento della stipulazione”.74
lo stesso orientamento giurisprudenziale, prevedeva inoltre che, in riferimento alla
nullità di protezione contenuta nell’art.127 del T.U.B.( articolo che altro non
stabilisce se non che l’azione di nullità possa essere fatta valere solo a vantaggio
del cliente ), tale azione, se accolta, dovesse colpire l’intero rapporto contrattuale
e, di conseguenza, non si potesse limitare la nullità solamente ad alcuni effetti e/o
operazioni, mantenendo in vita la restante parte; poiché considerato un mero
abuso di tale diritto.
Questo orientamento si consolidò nel tempo durando fino al 2016 quando la
stessa Corte di Cassazione intervenne con alcune sentenze importanti: la n.5919,
la n. 7068 la n.8395 (o 8396 che hanno contenuto del tutto analogo).
Con queste sentenze, la Corte di Cassazione, sorprendentemente, cambiò
radicalmente posizione .
In particolare, con la prima sentenza n. 5919 ha previsto che gli elementi per i
quali la banca poteva avvalersi in sede di contenzioso, al fine di sanare l’eventuale
ipotesi di nullità del contratto, non fossero più da considerarsi idonei a supplire la
mancanza della sottoscrizione della banca.
74
Tidona M., “La nullità del contratto bancario per difetto della forma scritta o per la produzione
in processo dell’esemplare in cui sia assente la sottoscrizione della banca”, in Magistra Banca e
Finanza - Tidona.com - ISSN: 2039-7410, 2014
83
Di conseguenza il contratto bancario, carente della sottoscrizione, si sarebbe
dovuto considerare in ogni caso nullo per difetto della forma scritta ad
substantiam, a prescindere dalla dimostrazione degli elementi che in passato
avrebbero potuto assolvere questo aspetto.
Cambio di orientamento che la Corte giustificò logicamente affermando che gli
elementi posti in giudizio per dimostrare l’esistenza dell’accordo debbano, data la
modalità del loro utilizzo in sede di giudizio, essere ricondotti non tanto alla
disciplina della verifica del requisito della forma ad substantiam quanto piuttosto
all’istituto che disciplina l’onere della prova (contenuta nel Codice civile agli art.
2724 e seguenti), analizzata precedentemente in riferimento all’inammissibilità
per questo tipo di contenzioso di prove testimoniali, confessorie, dichiarazioni di
scienza, presunzioni, ecc..
Di conseguenza, al pari di quanto detto con riferimento alle prove contenute in
questi articoli, le prove documentali (proposizione in giudizio da parte della banca
di un contratto analogo a quello proposto dai clienti, presenza della solita dicitura
all’interno del contratto bancario in mano dei clienti o dimostrazione di fatti
concludenti all’interno di documenti scritti come estratti conto), utilizzate per
supplire alla mancanza della propria sottoscrizione e quindi per evitare la
dichiarazione di nullità del contratto, risulterebbero ora lecite solamente se la
banca dimostrasse di aver smarrito senza sua colpa il documento che avrebbe
fornito la prova del contratto.
In altre parole si sta dicendo che questi elementi scritti che, secondo
l’orientamento precedente avrebbero potuto sanare la mancanza della forma
scritta, poiché costituiscono una forma di prova, sono a rigor di logica da far
rientrare all’interno della disciplina codicistica dell’onere della prova che era stata
analizzata precedentemente in riferimento alla non ammissibilità di dichiarazioni
di scienza desunte in via indiretta o di prove testimoniali, per presunzioni, per
confessioni o giuramenti, ecc..
S’era infatti detto che era impossibile avvalersi di esse da parte della banca poiché
la produzione in giudizio da parte dei clienti della copia del contratto faceva si che
non si potesse configurare in alcun modo un’ipotesi per la quale la banca avesse
84
smarrito senza sua colpa il contratto bancario, ma, al limite, un’ipotesi di non
possibilità di avvalersi della prova del contratto (ma non per smarrimento).
Conseguentemente anche tali elementi non risulterebbero più idonei a supplire la
carenza della forma scritta del contratto provando l’esistenza dell’accordo a
favore della banca.
A queste condizioni il contratto bancario viene dichiarato comunque nullo per
difetto della forma scritta ad substantiam.
A rafforzamento di tale interpretazione la Corte fa notare che la produzione in
giudizio degli elementi descritti da parte della banca per supplire alla propria
mancanza di sottoscrizione, costituendo delle prove, in realtà hanno una funzione
non solo di mero accertamento della stipulazione antecedente dell’accordo, bensì
di perfezionamento dello stesso.
Di conseguenza, a livello pratico, sarebbe scorretto far retroagire gli effetti
giuridici alla data antecedente al momento in cui avviene questo perfezionamento
contrattuale (decorrenza degli effetti ex tunc come era previsto con l’orientamento
precedente).
Sarebbe corretto, quindi, iniziare a far decorrere gli effetti giuridici solo ex nunc,
dal momento in cui l’accordo viene perfezionato e non prima, anche perché la
previsione ex tunc non opererebbe qualora la controparte sottoscrittrice avesse nel
mentre, prima della proposizione in giudizio dei documenti, revocato la propria
proposta o fosse deceduta.
Con la conseguenza quindi che, in riferimento ad esempio ad un eventuale
contratto quadro relativo a diversi ordini di investimento e di negoziazione titoli,
tali investimenti e titoli negoziati in data antecedente a quella in cui il contratto
viene perfezionato sarebbero considerati nulli e quindi da restituire.
Tuttavia, sebbene queste considerazioni siano giuridicamente corrette, è da far
notare che se venisse applicato tale principio che produce effetti con decorrenza
85
ex nunc, si configurerebbe un ipotesi di convalida di un contratto nullo per il
quale il Codice Civile, all’art. 1423 ne fa espresso divieto.
Ecco quindi che, secondo questo orientamento, la proposizione in giudizio di
questi elementi da parte della banca per supplire alla propria mancanza di
sottoscrizione risulta essere inammissibile.
Il contratto per queste ragioni viene dichiarato nullo per difetto della forma scritta
richiesta ad substantiam dovuto alla mancanza di sottoscrizione da parte della
banca contraente.75
La sentenza 8395, ribadì questo cambio di orientamento espresso con la sentenza
5919 e propose un ulteriore aspetto innovativo rispetto all’orientamento
giurisprudenziale passato.
La Corte, in riferimento all’azione di nullità di protezione, cambiò orientamento
stabilendo che in realtà la limitazione della nullità solamente ad alcuni effetti e/o
operazioni non configura un abuso del diritto del cliente, bensì assolve totalmente
alla finalità dell’istituto della nullità di protezione, cioè la tutela della parte debole
del contratto.
In questo modo il cliente può limitare la nullità alle sole operazioni risultate a lui
sfavorevoli lasciando in vita la restante parte del contratto quadro.
La questione è stata affrontata in riferimento ai contratti quadro d’investimento
ma non con riferimento agli altri contratti bancari (es. conto correnti, aperture di
credito, ecc..) il cui obbligo di forma scritta è richiesto dall’art. 117 T.U.B. e non
dall’art. 23 T.U.F.
In base alla previsione dell’utilizzo della nullità selettiva per gli atti di
negoziazione dei prodotti finanziari contenuti in un contratto quadro
d’investimento, a seguito del non rispetto della forma scritta ad substantiam ex
art. 23 T.U.F., ci si potrebbe anche chiedere se tale principio possa essere
75
Leccese A., (2016), “Contratto bancario nullo se firmato solo dal cliente”, Altalex
86
applicato anche per gli altri contratti bancari la cui nullità della forma scritta è
disciplinata dall’art. 117 T.U.B.
Ad esempio ci si potrebbe domandare se sia possibile ottenere la nullità solamente
di singole clausole ritenute sfavorevoli nei confronti del cliente di un contratto di
conto corrente lasciando in vita la restante parte di contratto e le altre clausole
risultanti a lui favorevoli, oppure no.
Anche a tal proposito sarà legittimo aspettarsi in futuro sentenze contrastanti e
dibattiti giurisprudenziali che i vari giudici dovranno affrontare, chiarendo meglio
questo nuovo orientamento.76
Questo cambio di orientamento, non è stato però recepito ed accolto in modo
univoco nel mondo giurisprudenziale
In particolare ci sono state alcune sentenze successive che, di fatto, hanno
dibattuto e contestato la nuova posizione.
Contestazioni che in alcuni casi sono sfociate addirittura al ricorso da parte di
alcuni giudici di un intervento da parte delle Sezioni Unite per tornare
all’orientamento precedente, come nel caso del giudice del Tribunale di Padova
con riferimento alla sentenza n. 2396 del 2016.77
Tali contestazioni risultano tuttavia giustificate dal fatto che il nuovo
orientamento introdotto inizialmente con la sentenza n. 5919 (sebbene
l’intenzione fosse stata quella di rendere tale disciplina più chiara facendo
rientrare gli elementi previsti dal precedente orientamento nella disciplina
dell’onere della prova e quindi non più utilizzabili in giudizio dalla banca per
supplire alla propria mancanza di sottoscrizione), ha risolto, sotto certi punti di
vista correttamente e logicamente alcune questioni lasciandone altre in sospeso.
In sostanza la Cassazione, sotto certi punti di vista, è giunta a delle conclusioni
saltando alcuni passaggi.
76
Vecchi V., (2016), “Contratti bancari “monofirma”, la Cassazione è a favore dei clienti”,
Articolo, Il denaro.it
77
Carbonara E., (2016), “Se sul contratto manca la firma della banca”, Rivista, La legge per tutti
87
Premesso questo, le varie sentenze dei giudici poste contro tale orientamento non
si pongono in realtà in modo del tutto contrario alle previsioni del nuovo
orientamento (riesumando quello contenuto ad esempio nella sentenza n. 4564 del
2012), bensì ritengono che tali nuove previsioni avrebbero dovuto essere
introdotte affrontando anche alcuni passaggi e questioni che, viceversa, il giudice
della Corte di Cassazione con la sentenza n. 5919 (e lo stesso quelle successive n.
7086, n. 8395 e n.8396) non ha affrontato.
Tra gli argomenti più importanti, come fa ad esempio notare il giudice della Corte
di Appello di Venezia con la sentenza n.1377 del 2016, non è mai stata ben
definita la differenza tra l’istituto della nullità generale del contratto contenuto
nella disciplina codicistica e quella, invece, contenuta nella disciplina speciale di
cui, in questo caso, al T.U.B. e al T.U.F. (ma prima ancora all’art. 36 del Codice
del consumo), con particolare riferimento alla “nullità di protezione”.
Se si facesse rientrare l’istituto della nullità prevista dai contratti bancari (nullità
di protezione) in quella dei contratti generali allora le previsioni contenute nel
nuovo orientamento a seguito dalla sentenza n. 5919 e seguenti sarebbero corrette,
viceversa se si tiene conto delle differenze sostanziali di tali due istituti di nullità
contenuti nelle due diverse discipline allora tali nuove previsioni andrebbero
rimesse in discussione rivalutando quindi anche le previsioni contenute
nell’orientamento precedente.
Queste considerazioni, in mancanza di una risoluzione legislativa, generano
tuttora contrasti giurisprudenziali e sentenze non univoche.
A tale proposito è emblematica la conclusione cui la Cassazione è giunta con la
sentenza n. 10331 del 2016 in cui testualmente viene detto che: “la
predisposizione del contratto ad opera dell’intermediario e la teorica delle c.d.
formalità di protezione possano indurre ad ulteriori riflessioni sul punto”.78
78
Corte d’appello di Venezia, 15 Giugno 2016, n. 1377
88
Ad oggi, per la risoluzione di tali controversie ci si affida al mero giudizio ed
interpretazione della norma da parte del giudice.
In quanto tali, trattandosi di interpretazioni soggettive, è facile siano origine di
forti dibattiti e contrasti in ambito giuridico.
Dopo questa panoramica sull’evolversi dell’orientamento giurisprudenziale dal
quale sono emerse le problematiche non ancora risolte e le diverse posizioni dei
giudici che hanno di volta in volta cambiato il proprio orientamento relativamente
a questa situazione controversa; analizzati quali sono stati i passaggi principali e
le motivazioni che hanno portato a considerare alcune previsioni rispetto alle altre,
si proseguirà ora con l’analisi nel dettaglio di alcune sentenze che, per i motivi e i
diversi orientamenti descritti, risultano di particolare interesse.
89
Sentenza n. 4564 del 22/3/2012 della Corte di cassazione
La causa originaria di tale sentenza deriva dalla contestazione posta da alcuni
correntisti contro la banca in merito alla validità di un contratto di conto corrente
stipulato con essa.
Nella fattispecie i correntisti contestavano l’inosservanza del requisito della forma
scritta del contratto per mancanza della sottoscrizione della banca.
Mancanza che, a loro dire, comporterebbe una dichiarazione unilaterale posta
unicamente da loro stessi e non anche dalla banca poiché non vi è appunto la
prova per iscritto dell’accordo.
Condizione tale, pertanto, idonea a configurare una possibile nullità per difetto
della forma scritta del contratto bancario.
I diversi gradi di giudizio, compreso l’ultimo della Suprema Corte, erano tutti
concordi, attraverso le loro sentenze, nel non accogliere la richiesta dei correntisti.
Nella sentenza in questione la Corte di Cassazione ha precisato che le prove
proposte in giudizio da parte della banca al fine di supplire alla mancanza della
propria sottoscrizione erano sufficienti, di conseguenza non si sarebbe configurata
alcuna ipotesi di nullità per difetto della forma scritta del contratto.
In particolare la banca aveva dimostrato in giudizio l’esistenza di documenti di
corrispondenza scambiati con il cliente e redatti per iscritto relativi ad ordini di
investimento ed estratti conto (quindi dimostrazione del consenso attraverso fatti
concludenti rappresentati da atti e documenti scritti) e, inoltre, aveva dimostrato
che nel contratto proposto in giudizio dai correntisti era contenuta la dicitura: “un
esemplare del presente contratto ci è stato da voi consegnato”.
Elementi idonei secondo l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato in
quei tempi a dimostrare l’esistenza del consenso delle due parti, supplendo così
alla mancanza di sottoscrizione da parte della banca.
Questo a condizione che, proseguiva il giudice richiamando questo orientamento,
la parte che ha sottoscritto non avesse nel frattempo revocato il proprio consenso
o fosse deceduta.
90
Oltre a queste motivazioni la banca, per fatti concludenti, era riuscita a dimostrare
che l’esecuzione del contratto era comunque avvenuta da entrambe le parti
riscontrando l’esistenza di ordini di investimento ed estratti conto. 79-80
Di conseguenza, in linea con quello che prevede questo orientamento
giurisprudenziale, gli effetti giuridici sono validi ex tunc, da quando cioè il cliente
aveva sottoscritto il contratto e quindi prima della proposizione in giudizio da
parte della banca degli atti scritti relativi agli ordini di investimento e agli estratto
conto e della dimostrazione che era presente nella copia del contratto bancario
proposto in giudizio dal cliente la dicitura “un esemplare del presente contratto ci
è stato da voi consegnato”.
79
Costa D., (2012), “scritta ad substantiam: è sufficiente una sola firma per la validità del
negozio?”, Ius in action
80
Bruno P., (2012), “La Cassazione si pronuncia in merito alla eccezione di nullità del cd
“contratto quadro”, Iusletter
91
Sentenza n. 12711 del 5/6/2014 della Corte di Cassazione
La sentenza n.12711 non ha fatto altro che ribadire quello che era l’orientamento
giurisprudenziale consolidato in quel periodo e quindi le previsioni già analizzate
con riferimento alla descrizione della sentenza precedente, la n. 4564.
In particolare ci si riferisce al fatto che la banca può supplire alla sua mancanza di
sottoscrizione e quindi evitare che il contratto bancario eventualmente contestato
per il non rispetto della forma scritta richiesta ad substantiam sia dichiarato nullo.
Le modalità per fare questo riguardano la produzione in giudizio da parte della
banca alternativamente:
 di una copia del contratto del tutto analoga a quella proposta in giudizio
dai clienti;
 della dimostrazione dell’esistenza della dicitura “un esemplare del
presente contratto ci è stato da voi consegnato” contenuta all’interno della
copia del contratto bancario proposto in giudizio dai clienti e quindi da
loro appositamente sottoscritto;
 della dimostrazione dell’esistenza di fatti concludenti provata attraverso
l’esistenza di atti e documenti redatti per iscritto quali estratti conto o
ordini di acquisto.
Tutti elementi che, abbiamo detto, salvo revoca del consenso della parte che ha
sottoscritto il contratto o di sua morte, risultano essere idonei a supplire alla
mancanza di sottoscrizione della banca poiché dimostrano l’esistenza del
consenso nell’impegnarsi nel rapporto contrattuale.
In particolare, con questa sentenza la Corte di cassazione ha precisato che
l’esistenza dell’accordo non viene perfezionato solamente attraverso la
produzione del contratto bancario da parte di chi non l’ha firmato ma è necessario
che tale produzione sia funzionale per dimostrare l’adempimento delle
obbligazioni da cui derivano.81
81
Romano G., (2016), “Cassazione, contratti bancari: nulli se firmati solo dal cliente”,
in Civile, Contratti, Salvis Juribus
92
Sentenza n. 5919 del 24/03/2016 della Corte di Cassazione
Questa sentenza è passata alla storia per aver contribuito a modificare quello che
era sempre stato in passato l’orientamento giurisprudenziale analizzato con le
precedenti sentenze.
In sostanza, le possibilità a favore della banca per evitare un eventuale nullità del
contratto bancario dimostrando che all’interno del contratto consegnato al cliente
è contenuta la dicitura “un esemplare del presente contratto ci è stato da voi
consegnato”, o proponendo in giudizio la copia analoga del contratto con il quale
i clienti hanno proposto ricorso, o la dimostrazione con fatti concludenti (es: atti
scritti come estratti conto, ecc.), non sono più ritenuti validi.
Di conseguenza, il contratto rimane nullo sebbene vi siano gli stessi requisiti che
in passato avrebbero potuto sanare la nullità del contratto.
Ora non risultano più essere dei requisiti sufficienti nel dimostrare l’effettiva
sottoscrizione della banca.
All’origine del contenzioso vi era un contratto bancario stipulato da una cliente
con la banca Intesa Sanpaolo S.p.a. in cui era contenuto l’ordine di acquisto di
alcune obbligazioni argentine.
Tra le altre cose, la cliente contestava la mancanza della sottoscrizione da parte
della banca (richiedendo pertanto la nullità dello stesso per difetto della forma
scritta richiesta ad substantiam a norma dell’art. 23 T.U.F.) in quanto mancava in
riferimento al contratto quadro di negoziazione.
La banca, in linea con quello che era l’orientamento giurisprudenziale ormai
consolidato nel tempo, aveva proposto in giudizio una copia analoga dello stesso
contratto e fatto notare che nel contratto proposto invece dall’investitrice fosse
contenuta la dicitura: “un esemplare del contratto ci è stato da voi consegnato”.
Elementi questi che, in base anche alle previsioni contenute nella sentenza n. 4564
del 2012, sarebbero state idonee a supplire alla propria mancanza di sottoscrizione
e quindi ad evitare che il contratto fosse dichiarato nullo per difetto della forma
scritta ad substantiam ex art. 23 T.U.F.
93
La Corte di Cassazione con questa sentenza, invece, prese una direzione opposta
e, di conseguenza, andò totalmente contro corrente rispetto a quello che era
l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato.
Essa infatti ha logicamente osservato che sebbene le sottoscrizioni delle parti
possono anche essere contenute nello stesso contratto ma in documenti distinti
(nei quali il secondo proposto nel ricorso dalla banca è necessariamente collegato
al primo proposto nel ricorso dai contraenti) in modo tale da rendere
inequivocabilmente ricavabile la manifestazione di volontà delle parti, è anche
vero che i requisiti descritti che servivano a sanare la nullità di fatto facevano
‘slittare’ la verifica del requisito della forma ad substantiam su quello che, invece,
è più propriamente il piano probatorio.
In altre parole si sta dicendo che la prova confessoria ( rappresentata appunto
dalla confessione posta in essere dal cliente attraverso la sottoscrizione della
dicitura “un esemplare del contratto ci è stato da voi consegnato”) non deve
essere più considerata da interdire, come diceva la sentenza n. 2 del 1997, e da
non far rientrare nella disciplina dell’onere della prova (in quanto aveva lo scopo
di dimostrare l’avvenuta manifestazione dei consensi al momento della
stipulazione) bensì è più corretto affermare che tale prova ha in realtà lo scopo di
perfezionare il contratto sanando la mancanza di sottoscrizione.
Di conseguenza, a trovare applicazione in questo caso saranno le norme che
disciplinano l’onere della prova contenute nel Codice civile, tra cui da segnalare
l’art.2724.
Secondo tali norme però la mancanza dell’atto può essere supplita solamente
attraverso la dimostrazione da parte di uno dei contraenti, la banca in primis, di
aver smarrito senza sua colpa il documento che gli avrebbe fornito la prova del
contratto.
Cosa però che risulta quasi impossibile possa accadere in questo tipo di giudizio
con le banche poiché il cliente contraente, facendo ricorso, presenta in giudizio la
copia del contratto che gli era stata consegnata dalla banca e la banca avvalendosi
dal canto suo degli elementi scritti citati di fatto dimostra di non aver smarrito
alcun contratto, elementi che non a caso contengono anche tutte le condizioni
economiche praticate.
94
La banca, dal canto suo, a maggior ragione, non potrà avvalersi anche per questi
motivi di eventuali azioni confessorie o prove testimoniali.82
A rafforzamento di tale tesi c’è un altro ragionamento da fare.
Se tale prova confessoria fosse considerata, in realtà, come un mezzo per
perfezionare l’accordo poiché è posta sullo stesso piano della sottoscrizione, e
non più per accertare l’avvenuto consenso al momento della data di stipulazione
(data antecedente), sarebbe teoricamente corretto far decorrere gli effetti del
contratto alla data dell’avvenuto perfezionamento di tale accordo, quindi dalla
proposizione in giudizio da parte della banca delle prove confessorie.
Di conseguenza la decorrenza degli effetti sarà ex nunc e non ex tunc.
Non è possibile, infatti, far retroagire gli effetti alla data antecedente in cui era
avvenuta la stipulazione, in quanto si considera che il contratto non era ancora
perfezionato.
Questo anche alla luce del fatto che qualora prima della proposizione in giudizio
di tale prova la controparte avesse revocato la propria proposta o fosse deceduta
tale meccanismo sarebbe venuto meno senza che gli eredi fossero vincolati (ex
art.1329 C.c.), quindi è corretto far decorrere gli effetti solo ex nunc.
Tuttavia si fa notare nella sentenza il fatto che, se venisse abbracciata tale tesi, si
configurerebbe un’ipotesi di convalida di un contratto nullo, ipotesi che è ritenuta
inammissibile dallo stesso art. 1423 C.c.
Da queste considerazione si può desumere che il nuovo orientamento espresso da
tale giudice sia quello di considerare comunque nullo per difetto della forma
scritta ad substantiam il contratto bancario in cui sia assente la sottoscrizione della
banca.83
82
Rete assicont, Pizza F., (2016), “lezione 15 // contratti: operatività bancaria e cause di
invalidità”, Assicont, sito web: https://vimeo.com/169524739
83
Cass., 24 Marzo 2016, n. 5919
95
Sentenza n. 7068 del 11/04/2016 della Corte di cassazione
La sentenza n.7068 riguarda la soluzione di una controversia posta in essere da
alcuni investitori nei confronti della propria banca i quali contestavano la nullità
per difetto della forma scritta poiché era assente la sottoscrizione della banca nel
contratto quadro che regola e disciplina gli ordini di acquisto e di investimento di
singoli prodotti finanziari.
L’eventuale dichiarazione di nullità del contratto quadro in assenza della forma
scritta ad substantiam produrrebbe come effetto l’invalidità degli ordini di
investimento conseguenti, in ossequio al principio contenuto nell’art. 1423 del
Codice civile secondo il quale è inammissibile convalidare un contratto dichiarato
nullo.
La causa in oggetto vedeva più in particolare, la proposizione in giudizio posta in
essere da un investitrice nei confronti della propria banca, la “Banca Passadore &
C. S.p.a.”, allo scopo di chiedere la nullità per vizio della forma scritta ad
substantiam dovuta all’assenza della sottoscrizione della stessa banca nel
contratto quadro con essa stipulato contenente diversi atti di sottoscrizione e di
acquisti di obbligazioni argentine per una somma totale di 24.903,71€.
La banca cercava di difendersi proponendo in giudizio copia analoga del contratto
sottoscritta in modo da colmare alla sua assenza di sottoscrizione.
Nel primo grado di giudizio il Tribunale di Genova diede ragione all’investitrice
dichiarando quindi il contratto nullo per vizio di forma e condannando quindi la
banca alla restituzione delle somme dovute.
Nel ricorso in appello proposto dalla banca il giudice diede, invece, ragione a
quest’ultima in ragione della proposizione in giudizio della copia del contratto
volto a supplire la mancanza di sottoscrizione della stessa, condannando quindi
l’investitrice a restituire alla banca le somme precedentemente ottenute dalla
stessa a causa della sentenza di primo grado.
96
Attraverso l’ulteriore ricorso, questa volta proposto dall’investitrice alla Corte di
Cassazione, il giudice diede nuovamente torto alla banca.
In particolare il giudice ritenne, in linea anche con quello che era il nuovo
orientamento giurisprudenziale citato con la sentenza precedente n. 5919, che il
contratto quadro se sottoscritto solamente dal cliente e non anche dal
rappresentante legale della banca era comunque da ritenersi nullo.
Nullità eccepita per difetto della forma scritta richiesta ad substantiam ai sensi
dell’art. 23 T.U.F. con impossibilità di evitarla attraverso gli elementi scritti e visti
in riferimento all’ordinamento precedente con le sentenze n. 4564 e n.12711
(proposizione di una copia del contratto analoga a quella proposta dal cliente da
parte della banca, presenza della dicitura nel contratto proposto in giudizio dal
cliente della dicitura “un esemplare del contratto ci è stato da voi consegnato”,
presenza di fatti concludenti documentati da atti scritti come estratti conto).
Questo perché, essendo elementi rientranti sul piano probatorio, a trovare
applicazione saranno le norme che disciplinano l’onere della prova contenute nel
Codice civile, tra cui da segnalare l’art.2724.
Di conseguenza, la mancanza del rispetto della forma scritta potrebbe essere
supplita solamente attraverso la dimostrazione da parte della banca di aver
smarrito senza sua colpa il documento che gli avrebbe fornito la prova del
contratto.
Cosa che in tale contesto si è detto essere impossibile.
Allo stesso modo, per le stesse ragioni, non è possibile nemmeno avvalersi di
eventuali azioni confessorie o prove testimoniali.
Di conseguenza, attraverso queste argomentazioni, il giudice ritenne che il
contratto fosse in ogni caso da ritenere nullo.
Inoltre è stato posto rilievo a come, in realtà, attraverso la stipulazione del
contratto
quadro
(contratto
di
negoziazione)
i
singoli
ordini
relativi
all’investimento e all’acquisto dei bond argentini rappresentino si dei veri e propri
atti negoziali ma, da un punto di vista meramente formale, essi non possono
97
configurarsi come dei veri contratti, anche in ragione del fatto che gli stessi
risultano essere autonomi rispetto al proprio contratto quadro che li contiene.
Inoltre, la produzione in giudizio da parte della banca della copia del contratto
quadro, se fosse stata ritenuta idonea ad evitare l’azione di nullità per difetto della
forma scritta ad substantiam, essendo considerata una modalità per perfezionare
l’accordo (e non tanto per accertare l’esistenza dell’accordo al momento di stipula
del contratto come riteneva il vecchio orientamento), essa non avrebbe potuto
rendere validi tali ordini ex tunc, cioè alla data di stipulazione della negoziazione
antecedente a quella della proposizione in giudizio.
Quindi, in altre parole, rendere validi retroattivamente i singoli ordini e operazioni
di acquisto non è più possibile proprio per questa ragione, di conseguenza gli
effetti giuridici dei singoli atti ricorrerebbero ex nunc dalla proposizione in
giudizio del contratto quadro da parte della banca e, di conseguenza, l’investitrice
avrebbe dovuto restituire alla banca le somme impiegate prima di tale data per
l’acquisto di tali bond argentini, poiché antecedenti alla data in cui avviene il
perfezionamento dell’accordo.
Infatti, far decorrere gli effetti ex tunc (prima della data di proposizione del
contratto in giudizio da parte della banca), configurerebbe una violazione dell’art.
1413 del Codice civile secondo il quale è espressamente vietata la convalida di un
contratto nullo.
Quindi, in ogni caso, questo contratto è da ritenersi nullo completamente
comprese le singole operazioni di negoziazione in esso contenute.
Ricordando inoltre che, qualora l’altra parte abbia revocato il proprio consenso o
sia deceduta, questo comporterebbe l’automatica estinzione della proposta non
coinvolgendo quindi gli eredi.84
84
Cass, 27 Aprile 2016, n. 7068
98
Sentenza n. 8395 del 27/04/2016 della Corte di Cassazione
Questo cambio di orientamento giurisprudenziale viene, inoltre, ribadito anche
con la sentenza n.8395 dello stesso anno formulata dalla Corte di Cassazione.
In questo caso venne ribadito come la mancanza della sottoscrizione della banca,
tale da non far rispettare il requisito della forma scritta richiesta ad substantiam,
non potesse essere più supplita per vie indirette attraverso diciture del tipo
“Prendiamo atto che una copia del presente contratto ci viene rilasciata
debitamente sottoscritta da soggetti abilitati a rappresentarvi”.
Anche per questo caso la Corte fece notare che a trovare applicazione saranno le
norme che disciplinano l’onere della prove di cui al Codice civile, secondo le
quali l’unico modo per poter supplire all’assenza della sottoscrizione della banca
e, quindi, alla mancanza della forma scritta del contratto bancario, è la
dimostrazione da parte della banca di aver smarrito senza sua colpa il documento
che gli avrebbe fornito la prova del contratto.
Di conseguenza la nullità per carenza della forma scritta del contratto bancario
non potrà più essere sanata attraverso i requisiti che erano previsti prima della
sentenza 5919 del 24/3/2016 e che erano stati analizzati con la sentenza 4564 del
2012.
Ma non è tutto. La Corte di Cassazione, attraverso questa sentenza, andò oltre al
cambiamento dell’orientamento giurisprudenziale andando a tutelare ancora
maggiormente il cliente scontrandosi, di fatto, anche con altre sentenze che si
erano espresse in modo contrario.
In particolare con tale sentenza, la Corte di Cassazione ha previsto che non
necessariamente la nullità del contratto bancario per mancanza della forma scritta
debba comportare la nullità del rapporto giuridico per intero come era finora stato
previsto.
In ragione della volontà da parte del legislatore di riequilibrare il più possibile tale
rapporto asimmetrico presente nei contratti bancari, attraverso appositi
meccanismi di tutela volti a tale fine, ha previsto la facoltà da parte del cliente non
solo di poter eccepire una nullità di protezione, come abbiamo visto prima, ma
anche di poter eccepire un altro tipo di nullità: la nullità selettiva.
99
Grazie a questo meccanismo è prevista la facoltà, appunto, di non dichiarare nullo
tutto il contratto ma di dichiarare nulli solo l’esecuzione di alcuni effetti che si
sono rivelati a svantaggiosi al cliente, lasciando in vita la restante parte. 85
Entrando nel merito della causa, la controversia era stata originata dall’accusa
posta in essere da due investitori nei confronti della Banca di Credito Cooperativo
di Casalgrasso e Sant’Albano Stura.
I clienti lamentavano il fatto che nel contratto quadro stipulato con essa,
contenente più contratti attuativi relativi all’ordine di acquisto di diverse
obbligazioni e prodotti finanziari argentini per un importo consistente, la banca
non avesse rispettato alcuni requisiti formali come l’indicazione dei rischi e la
mancanza della sua sottoscrizione all’interno dello stesso contratto.
Nel primo grado di giudizio il giudice diede ragione ai clienti investitori
condannando la banca.
In Appello, su ricorso della Banca, il giudice diede, invece, ragione alla banca
stabilendo che il contratto fosse valido.
I giudici si giustificarono in riferimento alla mancanza della forma scritta
riprendendo quello che era l’orientamento giurisprudenziale antecedente alla
sentenza 5919 del 2016 poiché la banca aveva prodotto una copia del contratto e,
all’interno della copia proposta dai clienti da loro sottoscritta, era presente la
dicitura “ prendiamo atto che un esemplare del presente contratto ci viene
rilasciato debitamente sottoscritto dai soggetti abilitati a rappresentarvi”.
Di conseguenza, il contratto si desume perfezionato dallo scambio di
corrispondenza tra le controparti.
Stabilendo, come tra l’altro era sempre stato previsto, che tale nullità debba
necessariamente colpire l’intero rapporto non consentendo pertanto la possibilità
agli investitori di limitare solamente ad alcuni di questi ordini di investimento
l’azione di nullità.
85
Leccese A., (2016), “Contratto bancario firmato solo dal cliente? La Cassazione precisa: è
nullità selettiva”, Altalex
100
Il ricorso in Cassazione proposto a loro volta dagli investitori produsse degli
effetti discostanti dal giudizio dei giudici in appello, e per certi aspetti
‘sorprendenti’ nel mondo giuridico.
Innanzitutto, come anticipato in linea con il nuovo orientamento giurisprudenziale
ricavabile dalla sentenza della stessa Corte n.5919, in assenza della sottoscrizione
di una delle parti, la nullità per difetto della forma scritta non può essere sanata
per via indiretta (per esempio attraverso la proposizione in giudizio da parte della
banca della copia del contratto, o della presenza nel contratto proposto e
sottoscritto dagli investitori la dicitura “Prendiamo atto che una copia del
presente contratto ci viene rilasciata debitamente sottoscritta da soggetti abilitati
a rappresentarvi”).
Questo perché la verifica del rispetto del requisito della forma scritta ad
substantiam rientra sul piano dell’onere della prova in relazione alle previsioni
contenute nel Codice civile nell’art. 2724, come già descritto in riferimento alla
precedente sentenza 5919 dello stesso anno.
L’aspetto però più innovativo di questa sentenza è l’introduzione di questo nuovo
meccanismo posto a tutela del cliente definito come ‘nullità selettiva’.
Nella fattispecie, gli investitori lamentavano la nullità solo per alcuni di questi atti
attuativi contenuti nel contratto quadro stipulato con la banca, proprio perché
consideravano a loro dannose solo alcune delle operazioni concordate con la
banca, mentre per le restanti non vi era alcuna contestazione ma anzi vi era la
volontà di proseguire con il rapporto.
Tuttavia la Corte d’appello, rispettando quello che era l’ormai consolidato
orientamento giurisprudenziale, non permise di limitare l’azione di nullità ai soli
contratti attuativi riferiti alle operazioni che gli investitori consideravano dannose
per sé stessi, in quanto sarebbe stato un mero abuso del diritto a loro riservatogli.
Diversamente, la Corte di Cassazione si scontrò contro tale decisione definendo,
viceversa, legittima questa previsione poiché del tutto in linea con quello che è
101
l’obiettivo che l’istituto della nullità di protezione intende perseguire e, cioè,
quello di proteggere il cliente (parte contraente debole del rapporto).
Di conseguenza la nuova tipologia di nullità definita come ‘nullità selettiva’ non è
da considerarsi come un esercizio abusivo del diritto dei clienti in quanto
rientrante nell’istituto tipico della nullità di protezione.
In virtù di questo ragionamento la Corte concesse agli investitori di rendere nulli i
soli atti negoziali contestati che avrebbero causato danno, lasciando pertanto in
vita la restante parte degli atti contenuti nel contratto quadro stipulato con la
banca.86
86
Cass., 27 Aprile 2016, n. 8395
102
Sentenza n. 10711 del 24/05/2016 della Corte di Cassazione
Particolarmente interessante risulta poi essere l’analisi della sentenza n.10711 del
2016 formulata dal giudice della Corte di Cassazione poiché consiste in una sorta
di non recepimento o ritorno alle origini dell’orientamento da parte della
giurisprudenza.
Nella fattispecie, non accogliendo il giudice il cambio di rotta analizzato in
riferimento all’analisi delle sentenze precedenti n.5919, n. 7068 e n. 8395 si è
ritornati a quello che era il vecchio orientamento per il quale era possibile, a
determinate condizioni, rendere valido ed efficacia un contratto bancario anche in
assenza della sottoscrizione da parte della banca.
La causa è stata originata dalla proposizione in giudizio effettuata da due coniugi
clienti della banca intesa Sanpaolo nei confronti di quest’ultima chiedendo la
nullità per difetto della forma scritta ad substantiam (prevista ex art. 23 T.U.F.) di
un contratto quadro di negoziazione relativo all’acquisto e alla sottoscrizione di
diverse obbligazioni argentine poiché era assente la sottoscrizione della banca.
Intesa Sanpaolo cercò di difendersi da tale azioni proponendo in giudizio la copia
del contratto quadro di negoziazione
del tutto analogo a quello prodotto in
giudizio dai clienti investitori i quali l’avevano sottoscritto.
La Corte, riprendendo quello che era l’orientamento giurisprudenziale precedente
alla sentenza n. 5919 e alle altre due analizzate, a cui decide quindi di fare
riferimento (anche in ragione del fatto che non vi è alcuna norma speciale che
preveda l’obbligo della doppia sottoscrizione per rispettare l’obbligo della forma
scritta ad substantiam di tale contratto) prevede in questa sentenza testualmente
che:
“Sussistendo controversia, la prova dell’esistenza del contratto richiede
necessariamente la produzione in giudizio della relativa o delle relative
scritture (Cass. N. 26174 del 2009). Al contrario, la stipulazione non può essere
desunta, in via indiretta, da dichiarazioni di contenuto differente (ad es. di
scienza, di ricognizione, ecc). Né potrebbero all'evidenza, sopperire prove
103
testimoniali, per presunzioni, il giuramento o la confessione (tra le altre al
riguardo Cass. N. 2 del 1997).
Precisando inoltre che:
“alla mancata sottoscrizione di una scrittura privata, può sopperirsi con la
produzione in giudizio del documento stesso da parte del contraente non
firmatario che se ne intende avvalere”
Di conseguenza, esattamente come era stato analizzato ad esempio con la sentenza
n. 4564 del 2012, tale proposizione in giudizio da parte della banca avrebbe
accertato l’esistenza del consenso di questa al momento della stipulazione del
contratto con i clienti.
Dimostrazione tale quindi da rendere del tutto valido ed efficace il contratto
bancario sebbene non vi sia stata la sottoscrizione della banca al momento della
sua stipulazione.
104
Sentenza n. 1377 del 15/06/2016 della Corte di Appello di Venezia
La sentenza n. 1377 del 15 Giugno 2016 della Corte di Appello di Venezia risulta
essere interessante poiché in qualche modo contrasta con quello che è stato il
nuovo orientamento giurisprudenziale introdotto dalla Corte di Cassazione con le
sentenze analizzate n. 5919, n. 8395, n. 8396 e n. 7068.
La sentenza in particolare era volta a regolare un contenzioso sorto tra un
investitore nei confronti della propria banca “Banca Mediolanum S.p.a.” che
chiedeva contemporaneamente:
 la nullità per difetto della forma scritta del contratto quadro di
negoziazione ( relativo all’acquisto di diverse obbligazioni della Cirio) in
quanto era assente la sottoscrizione della stessa banca in tale contratto

la nullità dei singoli atti di acquisto delle obbligazioni in quanto avvenute
fuori sede telefonicamente e quindi in violazione con quanto disposto
dall’art. 30 T.U.F.
In merito al secondo problema, non analizzandolo in maniera approfondita poiché
non trattasi di nullità per difetto della forma scritta, il giudice ha respinto tale
richiesta sia nel primo che nel secondo grado di giudizio poiché vi era
dimostrazione dell’esistenza della registrazione telefonica relativa al primo ordine
di acquisto tale da far desumere che in realtà la decisione non fosse frutto di una
mera sollecitazione proveniente dal promotore finanziario della banca nei suoi
confronti, come solitamente viene desunto per gli acquisti effettuati fuori sede,
bensì tale decisione fosse stata presa autonomamente.
Mezzo questo, quindi, considerato del tutto idoneo a non configurare un’ ipotesi
di acquisto ‘fuori sede’ disciplinato dall’art. 30 T.U.F.
Inoltre a sostegno di tali premesse si è fatto notare in giudizio anche quello che è
il profilo soggettivo dell’investitore.
L’investitore possedeva infatti la qualifica di promotore finanziario della stessa
banca, di conseguenza era lecito desumere che i suoi ordini di acquisto fossero
105
frutto di una propria e autonoma decisione date le sue competenze professionali
(lo stesso secondo comma alla lettera a) dell’art. 30 T.U.F. prevede che :
“………..2. Non costituisce offerta fuori sede: a) l'offerta effettuata nei confronti
di clienti professionali, come individuati ai sensi dell'articolo 6, commi 2quinquies e 2-sexies;…..” di conseguenza il giudice ritenne del tutto prive di
fondamento la richiesta dell’investitore di chiedere la nullità delle singole
operazioni di acquisto delle obbligazioni Cirio perché avvenute a suo dire ‘fuori
sede’.
E’ invece in merito al primo problema, quello relativo alla richiesta di nullità per
difetto della forma scritta ad substantiam ex art. 23 T.U.F. (per mancanza della
sottoscrizione della banca) del contratto quadro di negoziazione, che il discorso si
fa un po’ più articolato.
Anche se le sentenze in riferimento al cambio di orientamento giurisprudenziale n.
5919 e seguenti analizzate precedentemente, non consentivano più di supplire alla
mancanza di sottoscrizione attraverso i documenti scritti (permessi invece ad
esempio dalla sentenza n. 4564 in riferimento al precedente orientamento), la
banca decise comunque di produrre in giudizio una copia del contratto quadro
dalla stessa sottoscritto.
Il giudice della Corte di Appello di Venezia, nel risolvere tale controversia, prese
sicuramente atto di quello che è stato il cambio di orientamento giurisprudenziale
avvenuto con le più volte citate sentenze 5919, 8395, 7068, ecc..
Ma, in aggiunta, riprende anche una massima giurisprudenziale contenuta nella
sentenza n. 10331 della Cassazione sempre del 2016 in cui il relativo giudice,
tenuto in considerazione che l’argomento dell’obbligo della doppia sottoscrizione
non è espressamente previsto dalla legge speciale contenuta nel T.U.B. e nel
T.U.F. aveva ritenuto opportuno rivedere il nuovo orientamento introdotto.
In particolare notava, testualmente, come: “la predisposizione del contratto ad
opera dell’intermediario e la teorica delle c.d. formalità di protezione possano
indurre ad ulteriori riflessioni sul punto”.
106
In altre parole il giudice della Corte di Appello riprendendo questa massima
ritiene opportuno non ‘riesumare’ quelle che erano le previsioni contenute nella
sentenza n. 4564 della Cassazione accantonando definitivamente il nuovo
orientamento espresso dalla sentenza n. 5919 della stessa corte con la quale si è
posta in contrasto con esse.
Afferma in particolare che tale cambiamento avvenuto con quest’ultima sentenza
è stato troppo radicale e per certi versi discutibile poiché non sono state
opportunamente chiarite le specificità della nullità di protezione disciplinata dagli
articoli del T.U.B. e T.U.F. con quello che è l’istituto della nullità contrattuale
generale contenuta nella disciplina codicistica.
Di conseguenza non essendoci stato questo chiarimento nel nuovo orientamento è
corretto che il giudizio di tale istituto sia rimesso alla mera discrezione del
giudice.
Da una parte, l’art. 1421 del Codice civile prevede che l’eventuale obbligo della
forma scritta ad substantiam richiesta per un determinato tipo di contratto debba
essere rispettata a pena di nullità e che il consenso delle parti per tali ragioni
debba essere espresso anch’esso per iscritto per il rispetto di questa previsione.
Di conseguenza l’esigenza fondamentale di tale norme è meramente di natura
pubblicistica poiché volta ad ottenere ingresso nella dimensione giuridica e tutela
dallo stesso ordinamento.
Dall’altra parte, invece, non si può dire lo stesso in riferimento all’istituto di
nullità previsto per i contratti bancari.
In questo caso la finalità non è tanto di natura pubblicistica quanto piuttosto quella
di proteggere la parte debole del contratto considerato originato da un rapporto
asimmetrico con la banca, al fine quindi di riequilibrare le posizioni.
Questo anche in virtù del fatto, fa notare il giudice, che se il cliente non agisse per
far valere la nullità del contratto (diritto a lui esclusivamente riservato) il contratto
andrebbe comunque avanti, rimarrebbe comunque in vita e continuerebbe a
produrre i suoi effetti poiché il cliente non esercitando il suo diritto è come se
107
ritenesse che tali effetti non pregiudichino la sua situazione ma che magari fossero
comunque fruttuosi.
Tutto questo anche nel caso di assenza di sottoscrizione da parte della banca e
quindi nel caso non fosse rispettato il requisito formale contenuto nella disciplina
codicistica.
Pertanto attraverso tali argomentazioni il giudice di Venezia non ha condiviso
l’orientamento espresso dalla sentenza n. 5919 della Cassazione ritenendo quindi
valido anche un contratto bancario pure in assenza della sottoscrizione della
banca, proprio perché l’istituto della nullità di protezione ha lo scopo di assolvere
a tutt’altra funzione rispetto a quella della nullità disciplinata dal Codice civile in
riferimento ai contratti in generale.
Quindi, non esistendo ragioni e nemmeno obblighi di seguire il cosiddetto
principio dello “stare decisis”,
il giudice riprende le previsioni di cui alla
sentenza n. 4564 della Cassazione ritenendo che la produzione in giudizio del
contratto quadro d’investimento da parte della banca sia elemento sufficiente per
considerare l’esistenza dell’accordo della stessa al momento della stipulazione del
contratto.
Quindi la domanda di nullità per difetto della forma scritta ad substantiam chiesta
dall’investitore cliente della banca è stata rigettata.
108
Sentenza n. 712 del 24/03/2016 della Corte di appello di Venezia
Sentenza del tutto simile a quella analizzata precedentemente (la n. 1377) è
sicuramente la n. 712 del 24/03/2016 emessa sempre dalla Corte di Appello di
Venezia ma di qualche mese prima, cioè datata 24 Marzo del 2016.
Anche in questa sentenza, in linea con le ragioni poste in essere successivamente
dal giudice che ha risolto la causa con la sentenza n. 1377, il giudice di merito si
contrappone con il cambio radicale dell’orientamento giurisprudenziale avvenuto
inizialmente con la sentenza n. 5919 della Corte di Cassazione.
In particolare, anche qui venne contestato il fatto che nelle nuove previsioni non
fosse stato specificatamente chiarito la differenza tra l’istituto della nullità dei
contratti in generale con quella relativa alla nullità di protezione prevista
specificatamente per i contratti bancari.
La causa era stata originata dall’impugnazione da parte dei correntisti clienti della
banca della sentenza di primo grado che aveva condannato gli stessi al rigetto
delle loro domande e al pagamento in solido delle spese di lite in favore della
banca.
In particolare si era richiesta la nullità della forma scritta ad substantiam richiesta
all’art. 117 T.U.B. di un contratto di conto corrente, di corrispondenza in quanto
era assente la sottoscrizione della banca.
Di conseguenza si richiedeva anche, come effetto di tale azione, le restituzione
delle somme ad essa versate relative a interessi il cui tasso era ultralegale,
commissioni di massimo scoperto e interessi anatocistici, in quanto mancava la
sottoscrizione della banca.
La banca per difendersi produsse in giudizio gli elementi documentali considerati
idonei dal precedente orientamento per evitare tale azione di nullità.
La Corte di Appello di Venezia quindi, in contrasto con quanto disposto dalla
sentenza n. 5919 della Corte di Cassazione, respinse le richieste dei correntisti
109
dando ragione alla banca, ritenendo che il contratto bancario anche in assenza
della sottoscrizione della banca potesse ritenersi comunque valido.
Questo esattamente per le ragioni analizzate in merito con la sentenza precedente.
L’istituto della nullità di protezione (nullità relativa) previsto dall’art. 127 T.U.B.
assolve ad una funzione differente rispetto a quella della nullità generale (nullità
assoluta) prevista dall’art. 1421 del Codice civile.
Qui la funzione non è di natura pubblicistica bensì di protezione, protezione a
favore del cliente considerata parte debole del contratto.
Finalità quest’ultima che non prescinde dalla sottoscrizione o meno del contratto
da parte della banca.
110
Sentenza n. 2396 del 04/08/2016 del Tribuna le di Padova
Controversa fu poi la sentenza n.2396 del 4 Agosto 2016 del Tribunale di Padova,
con la quale il giudice di merito andò contro corrente con quello che era il nuovo
orientamento intrapreso dalla Corte di Cassazione definito con le sentenze
precedenti 5919 e 8395.
In particolare il giudice ribadì quello che era l’orientamento giurisprudenziale
antecedente a queste due sentenze secondo il quale il contratto sarebbe comunque
da considerarsi valido sebbene non sia stata apportata la sottoscrizione della
banca, in ragione della dimostrazione in giudizio da parte di essa degli elementi
descritti in precedenza.
Il giudice giustificò questo ritorno alle origini per il mero fatto che né l’art. 117
T.U.B. né l’art. 23 T.U.F. prevedano niente di specifico in riferimento alla
mancanza di sottoscrizione di una delle controparti tali da configurare un
eventuale ipotesi di nullità per carenza della forma scritta del contratto bancario;
vi è solo la previsione che il contratto debba essere redatto per iscritto ai fini della
sua validità, ma niente a proposito della sottoscrizione.
Adducendo a tali motivazioni il giudice si scontrò con il cambio di rotta intrapreso
dalla Corte di Cassazione chiedendo addirittura un intervento diretto alle Sezioni
Unite affinché ci fosse un riallineamento su questo punto tornando a quello che
era l’orientamento giurisprudenziale precedente. 87
Nella fattispecie la controversia vedeva la “Trasporti e spedizioni S.r.l. in
liquidazioni” citare in giudizio la propria Banca per l’applicazione di interessi
ultralegali e pratiche anatocistiche contenute in contratti non sottoscritti dalla
banca e che non erano stati redatti per iscritto.
Per queste motivazioni la società chiese in giudizio che il contratto bancario fosse
dichiarato nullo.
87
Carbonara E., (2016), “Se sul contratto manca la firma della banca”, Rivista, La legge per tutti
111
Il giudice di merito, tuttavia, rigettò questa domanda in quanto la banca aveva
depositato in giudizio atti e documenti che accertavano le transazioni economiche
sottostanti al contratto contestato in cui erano espressamente redatti per iscritto i
tassi e le condizioni economiche previste e contestate dalla società.
Di conseguenza, riprendendo appunto quello che era l’orientamento originario
della Cassazione, questi elementi risultavano sufficienti a supplire alla mancanza
della sottoscrizione della banca e, di conseguenza, a non far dichiarare nullo il
contratto per carenza della forma scritta richiesta ad substantiam.
Scontro contro le recenti sentenze 5919 e 8395 della Corte di Cassazione che
testualmente il giudice di merito giustificò nel seguente modo all’interno della
propria sentenza:
“Tali decisioni della Suprema Corte rappresentano un revirement rispetto al
consolidato orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. Sez. 1
n. 4564 ud. 01/03/2012 confermata da Cass. Sez. 6-1 n. 17740 ud. 16/06/2015)
che non appare condivisibile, sicché si attenderà l’intervento delle Sezioni Unite a
composizione del contrasto creato dalla prima sezione, perché non tiene conto
da un lato del fatto che nessuna norma richiede la sottoscrizione contestuale, né
temporale né materiale, poiché l’art. 117 T.U.B. richiede solo che il contratto,
con le sue condizioni, siano pattuite per iscritto”.88
88
Trib. Padova, 4 agosto 2016, n. 2396.
112
Sentenza n. 17290 del 24/08/2016 della Corte di cassazione
In accordo con il contrasto espresso dal giudice del Tribunale di Padova con la
sentenza appena analizzata (la n.2396) contro il cambio di orientamento
giurisprudenziale introdotto con le sentenze n.5919 e n.8395 è anche il giudice
della Cassazione il quale, con la sentenza n.17290 del 24 Agosto 2016, risolve una
causa considerando valide l’analisi condotta in riferimento all’altra sentenza dal
giudice di Padova e quindi contrastando il cambio di orientamento avvenuto
attraverso le sentenze n.5919 e n.8395 dalla stessa Corte di Cassazione.
Sinteticamente, la Corte di Cassazione, riprendendo il vecchio orientamento,
afferma ora che la mancanza della sottoscrizione della banca, tale da far emergere
un ipotesi di nullità del contratto per difetto della forma scritta ad substantiam,
possa essere supplita dagli elementi che l’orientamento giurisprudenziale
prevedeva pima delle sentenze 5919 e 8395 quali: la produzione in giudizio da
parte della banca della copia del contratto sottoscritta anche dai clienti indicante
l’apposita dicitura “un esemplare del presente contratto ci è stato da voi
consegnato”; o per mezzo della dimostrazione della sussistenza di fatti
concludenti attraverso la produzione in giudizio di atti scritti come estratto conti,
ecc…
Nel caso in questione la carenza della sottoscrizione viene sanata dalla
dimostrazione da parte della banca dell’esistenza di fatti concludenti intrattenuti
con il proprio cliente attraverso la produzione in giudizio di appositi atti scritti
scambiati tra le due parti tali da dimostrare la proposta da parte della banca e la
contestuale accettazione da parte del cliente e, di conseguenza il consenso da parte
di entrambi di rispettare il rapporto contrattuale.
Questo rispecchiava pienamente l’orientamento antecedente ed analizzato in
questa tesi parlando delle sentenze della stessa Corte di Cassazione n. 4564 e n.
12711.
Inoltre, tale posizione, rispecchiava anche le previsioni contenute nell’art. 117
T.U.B. e nell’art. 23 T.U.F. che prevedono solamente il rispetto del requisito della
forma scritta ad substantiam per i contratti bancari senza però prevedere
113
specificatamente tutte le modalità per il suo rispetto e, in particolare, in relazione
all’eventuale obbligo di sottoscrizione di entrambe le controparti.
Il giudice, in ragione di tale lacuna normativa (lacuna, tra l’altro, non integrata
con alcuna altra norma speciale) ha ritenuto che
la mancanza della doppia
sottoscrizione dello stesso contratto non può comportare il non rispetto del
requisito della forma scritta ad substantiam.
Ecco quindi che tale sentenza, assieme alla precedente analizzata, rappresenta un
passo indietro rispetto a quello che poteva sembrare essere un nuovo cambio di
rotta.89
La causa vede il ricorso in giudizio fatto da alcuni investitori contro la banca
Fideuram S.p.a. i quali contestavano la nullità per difetto della forma scritta di un
contratto bancario stipulato con essa poiché era assente la sottoscrizione della
Banca, essendo stato firmato da un soggetto che non era qualificato legalmente
come rappresentante della stessa.
Sia nel primo grado di giudizio che in appello il giudice del Tribunale di Reggio
Emilia diede ragione alla banca.
La banca si difese producendo in giudizio la copia del contratto bancario analoga
a quella consegnata ai clienti che, a loro volta, avevano prodotto in giudizio.
In accordo con quello che era l’orientamento giurisprudenziale, i giudici diedero
ragione alla banca proprio perché tale elemento era considerato un requisito
sufficiente a supplire la mancanza di sottoscrizione e quindi evitare l’azione di
nullità per difetto della forma scritta ad substantiam.
A questo punto con l’ulteriore ricorso fatto in Cassazione dagli investitori nel
2016, con tutta probabilità, ci si sarebbe aspettato che il giudice con la sua
sentenza seguisse a sua volta il cambio di orientamento avvenuto con le sentenze
89
Caturano W., (2016), “CONTRATTI BANCARI: validamente conclusi con lo scambio di atti
unilaterali”, in Ex Parte Creditoris – www.expartecreditoris.it – ISSN: 2385-1376, 2016
114
n. 5919 e n. 8395 (secondo le quali l’elemento proposto nei primi due gradi di
giudizio dalla banca non sarebbe più stato idoneo a supplire alla mancanza di
sottoscrizione in quanto rientrante nella disciplina codicistica dell’onere della
prova, con la possibilità quindi di avvalersi di tale elemento solo nella impossibile
ipotesi di smarrimento del contratto senza colpa della banca, contratto che però in
ogni caso i clienti investitori e la banca avevano proposto in giudizio), per cui il
contratto andrebbe dichiarato nullo.
Invece no!
La Corte spiazzò tutti emettendo la propria sentenza n.17290, di fatto dando
ragione alla banca in relazione a quanto era previsto con l’orientamento
giurisprudenziale precedente.
La Corte fece notare che la proposizione in giudizio da parte della banca della
copia analoga del contratto sottoscritta o quella proposta e sottoscritta dai clienti
e indicante la solita dicitura (a sua volta contenuta nel contratto di mandato con il
quale la banca aveva incaricato il proprio funzionario a sottoscriverlo) risultava
essere sufficiente a supplire alla mancanza di sottoscrizione da parte della banca e
quindi ad evitare la nullità per difetto della forma scritta.
Questo proprio perché, si è giustificato il giudice, non esiste alcuna norma che
integri le lacune viste in riferimento agli art. 117 T.U.B. e art. 23 T.U.F. relative
all’eventuale obbligo o al non obbligo della doppia sottoscrizione.
Per queste motivazioni non sono state ritenute valide le motivazioni espresse,
invece, dai giudici con le sentenze n. 5919, n.8395 e n. 7068. 90
90
Cass., 24 Agosto 2016, n. 17290
115
Conclusioni
Durante lo studio del tema affrontato in questa tesi ed in particolare dopo aver
analizzato le diverse sentenze e l’alternarsi degli orientamenti giurisprudenziali
con i quali si è tentato nel tempo di affrontare i casi controversi, è difficile non
chiudere il presente studio con alcune riflessioni in merito.
In particolare si è visto come la giurisprudenza abbia di fatto tentato di risolvere
una problematica che non è stata prontamente risolta, e quindi disciplinata, dalla
legge in riferimento ad alcune modalità con le quali rispettare la forma scritta
richiesta ad substantiam dagli art. 117 T.U.B. e art. 23 T.U.F.
Non è stata trovata ancora una soluzione al problema se fosse necessaria o meno
l’obbligo della sottoscrizione della banca e del cliente per rispettare tale forma, si
è cercato di definire la differenza o la comparabilità dell’istituto della nullità
previsto in riferimento a tale disciplina rispetto a quella definita dal Codice civile
per i contratti in generale, si è cercato di definire il campo d’azione dell’istituto
della nullità di protezione a favore del cliente e di limitare eventuali abusi o meno,
ecc..
Tutte problematiche risolte nelle relative sentenze ma con riferimento alla mera
interpretazione del giudice per la singola causa.
Interpretazioni dei giudici che, come si è visto possono essere diverse in base alla
personale interpretazione della norma e delle forme di tutela specifiche riservate
dal legislatore a favore del cliente.
Si è visto che ogni giudice ponendo alla base delle proprie argomentazioni delle
tesi più che fondate e valide è giunto a delle conclusioni diverse o a favore della
banca o a favore del cliente in merito sul come debba essere rispettata tale forma
scritta ad substantiam e all’eventuale dichiarazione di nullità del contratto
soprattutto in assenza della sottoscrizione della banca.
116
Conclusioni divergenti che nel tempo si è visto hanno portato a cambi radicali di
orientamento nella giurisprudenza, cambi che tuttora continuano a sussistere e che
probabilmente continueranno a generarsi anche nell’immediato futuro.
Questa situazione chiaramente crea incertezza all’interno dell’ordinamento
giuridico in riferimento alla regolazione di eventuali controversie aventi per
oggetto tale tema.
Controversie che, data la loro natura, sono sicuramente molto frequenti in campo
giuridico.
I rapporti con le banche coinvolgono ormai praticamente la situazione di ogni
individuo.
Di fatto, chiunque, per compiere qualsivoglia tipo di operazione che abbia ad
oggetto una transazione di tipo economico si rivolge all’ausilio della banca
stipulando con essa diversi tipi di contratti in ragione della natura e dell’oggetto
dell’operazione.
Di conseguenza è frequente che sorgano contestazioni in riferimento ai rapporti
tra banca e cliente.
Questo anche in riferimento all’obbligo o non obbligo di apporre la doppia
sottoscrizione (una del cliente e l’altra della banca) per iscritto nel contratto
bancario al fine di rispettare il requisito della forma scritta ad substantiam
prescritto dalla legge.
Naturalmente, il fatto che la giurisprudenza non sia arrivata ad una soluzione
condivisa e ad un unico orientamento per la regolazione del rapporto in
riferimento a tale problematica genera confusione.
In particolare qualora venisse eccepita da parte del cliente l’azione di nullità che
contesti appunto la carenza della forma scritta ad substantiam relativa
all’eventuale mancanza di sottoscrizione da parte della banca, l’esito risulta essere
del tutto incerto.
Né la banca né il cliente hanno la ben che minima certezza ora di quale possa
essere l’esito della sentenza: se il giudice dia ragione alla banca prevedendo che il
117
contratto bancario possa ritenersi valido anche in assenza di sua sottoscrizione
oppure no.
Decisione che può anche avere delle conseguenze rilevanti in relazione alla
restituzione delle somme da parte del cliente o della banca e di eventuali
risarcimenti e spese processuali.
C’è da dire, in difesa della giurisprudenza, che per ogni cambio di orientamento
sono state poste delle premesse del tutto fondate e condivisibili.
E’ pertanto forse opportuno ritenere che ad intervenire per risolvere tale en pass
debba essere il legislatore.
E’ necessario che qui sia la legge, in particolare quella speciale contenuta nel
T.U.B., nel T.U.F. e anche nel Codice del consumo, che chiarisca in modo
definitivo tali problematiche che di fatto hanno creato e continuano a creare
sempre più incertezza nel mondo giuridico, il tutto con riflessi negativi nei
confronti dei singoli individui.
Considerata la materia bancaria già di per sé una materia difficile da comprendere
non essendo tutti degli operatori del settore, creare ancora più dubbi di fatto risulta
essere deleterio anche in ragione della funzione del diritto di dover facilitare i
rapporti socio economici che intercorrono tra i vari soggetti.
E’ opportuno pertanto, a mio avviso, per queste ragioni, uno specifico intervento
legislativo volto a definire in modo preciso questa situazione e non solo per
ridurre i contenziosi ma soprattutto a tutela di entrambe le parti contrattuali non
più nell’ambito di orientamenti transitori e a volte contrastanti bensì nell’ambito
della sola “certezza del diritto”.
118
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Art. 1842 Codice civile
122
Art. 1845 Codice civile
Art. 1858 Codice civile
Art. 1842 Codice civile
Art. 2725 Codice civile
Codice del consumo
Art. 36 Codice del consumo
Costituzione
Art. 2 Costituzione
Decreto legislativo n.82 del 2005
Art.20 c. 1-bis e 2 .
Regolamenti Consob
art. 30, co 1, n. 11522/1998
Testo unico bancario
Art. 10 T.U.B.
Art. 38 T.U.B.
Art. 115 T.U.B.
Art. 117 T.U.B.
Art. 127 T.U.B.
Testo unico delle finanze
Art. 23 T.U.F.
Art. 30 T.U.F.
Giurisprudenza
Cass., 1982 n. 2707
Cass 18.1.983 n. 469; Cass 5868/94; Cass 2826/00; Cass 9543/02 ; Cass
22223/06
123
Cass. 2 Gennaio 1997, n.2
Cass., 9 Luglio 2005, n. 14470
Cass., 13 Febbraio 2007, n. 3088
Cass. N. 26174 del 2009
Trib. Ancona, 18 Febbraio 2009, n. 1681ss
Trib. Rimini, 12 Ottobre 2010, n.152
Cass., 22 Marzo 2012, n. 4564
Cass., 5 Giugno 2014, n.12711
Cass., 1 Ottobre 2014, n.20276
Cass., 24 Marzo 2016, n. 5919
Corte d’appello di Venezia, 24 Marzo 2016, n. 712
Cass., 11 Aprile 2016, n. 7068
Cass., 27 Aprile 2016, n. 8395
Cass., 24 maggio 2016, n. 10711
Corte d’appello di Venezia, 15 Giugno 2016, n. 1377
Trib. Padova, 4 agosto 2016, n. 2396
Cass., 24 Agosto 2016, n. 17290
Cass., 2016 n. 10331
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