Corso di Laurea magistrale In Amministrazione finanza e controllo Tesi di Laurea magistrale Nullità dei contratti bancari per difetto della forma scritta Relatore Prof. Marco Ticozzi Laureando Andrea Padovan Matricola 837292 Anno accademico 2015/2016 Indice Introduzione 5 Parte I: trattazione teorica 11 1. Nullità per difetto della forma scritta dei contratti richiesta ai fini della validità 1.1 Profili generali della nullità contrattuale 11 1.2 Forma scritta dei contratti 16 1.3 Nullità per difetto della forma scritta dei contratti 19 2. Contratti bancari 2.1 Definizione di contratto bancario 20 2.2 Tipologie di contratti bancari 25 2.2.1 Contratti bancari tipici 28 2.2.2 Contratti bancari atipici derivanti da attività accessorie e da altre attività finanziarie 34 2.2.3 Contratti occasionalmente bancari 36 2 3. Nullità per difetto della forma scritta dei contratti bancari richiesta ai fini della validità 3.1 Origine del problema 37 3.2 Condizioni generali di validità dei contratti bancari 41 3.3 Forma scritta e contenuto dei contratti bancari in funzione agli obblighi di trasparenza 44 Nullità per difetto della forma scritta dei contratti bancari 49 3.4 Parte II: trattazione empiristica 56 Casi particolari di validità o di nullità dei contratti bancari in assenza della forma scritta 1. Premessa 56 2. Sentenze sulla validità dei contratti bancari stipulati secondo un’altra forma diversa dalla forma scritta 62 Sentenze sulla validità dei contratti bancari stipulati secondo un’altra forma diversa dalla forma scritta 2.1 Premessa 62 Sentenza n. 20726 del 01/10/ 2014 della Corte di cassazione 63 Sentenza n. 14470 del 09/07/2005 della Corte di cassazione 66 3 3. Sentenze sulla validità dei contratti bancari in assenza della sottoscrizione della banca 3.1 68 Premessa 68 Sentenza n. 4564 del 22/3/2012 della Corte di cassazione 90 Sentenza n. 12711 del 5/6/2014 della Corte di cassazione 92 Sentenza n. 5919 del 24/03/2016 della Corte di Cassazione 93 Sentenza n. 7068 del 11/04/2016 della Corte di cassazione 96 Sentenza n. 8395 del 27/04/2016 della Corte di Cassazione 99 Sentenza n. 10711 del 24/05/2016 della Corte di Cassazione 103 Sentenza n. 1377 del 15/06/2016 della Corte di Appello di Venezia 105 Sentenza n. 712 del 24/03/2016 della Corte di appello di Venezia 109 Sentenza n. 2396 del 04/08/2016 del Tribuna le di Padova 111 Sentenza n. 17290 del 24/08/2016 della Corte di Cassazione 113 Conclusioni 116 Bibliografia 119 4 Introduzione Un argomento molto controverso e dibattuto negli ultimi anni, sia nella dottrina che nella giurisprudenza, è quello relativo alla nullità dei contratti bancari per mancanza del requisito della forma scritta, requisito richiesto ai fini della validità degli stessi. Nella prassi, da tempo, lo stesso tema è emerso anche in sede di contenzioso tra il cliente e la banca contraente. Si tratta di un tema complesso originato dalla natura stessa dei contratti bancari che oltre a rientrare nei contratti di diritto comune sono interessati anche da specifiche discipline. Sebbene il Codice civile disciplini l’istituto della nullità del contratto in generale, questo, con riferimento ai contratti bancari, non risulta sufficiente a risolvere tutte le varie casistiche che nel tempo hanno dato origine a dibattiti in dottrina e a pronunce in giurisprudenza a volte contrastanti. I contratti bancari sono regolamentati da fonti legislative e da norme diverse: oltre agli articoli del Codice civile e del Codice del Consumo, il legislatore ha previsto nel tempo norme ad hoc per tutelare la parte debole del contratto attraverso le disposizioni introdotte appositamente – in accoglimento di alcune direttive comunitarie - con il D.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 T.U.B. (Testo Unico Bancario), con il D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 T.U.F. (Testo Unico delle Finanze) e con le norme attuative della Banca d’Italia. Particolarmente interessante sono le norme contenute nel titolo VI del T.U.B. rubricato, non a caso, “trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti”. Norme volte a riequilibrare il rapporto asimmetrico che, nello specifico, si origina tra un cliente-correntista e la banca stipulando un contratto, al fine di tutelare la parte debole, cioè il cliente. In riferimento alla disciplina della “nullità contrattuale per difetto della forma scritta” - che da il titolo alla presente tesi - sono rilevanti le previsioni di cui 5 all’art. 117 del T.U.B. citato, dove è prevista l’obbligatorietà della forma scritta a pena di nullità dello stesso contratto, con l’obbligo aggiuntivo di consegnarne una copia al cliente. Salvo poi, prevedere nello stesso articolo la possibilità da parte del CICR (Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio) di poter consentire anche altre forme valide per la stipulazione di alcune particolari tipologie di contratti bancari. Oltre all’art.23 del T.U.F che prevede un contenuto simile ma con specifico riferimento ai contratti relativi ai servizi d’investimento e delle attività accessorie stipulabili con la banca. La nullità conseguente alla violazione di queste norme è definita una ‘nullità di protezione’ poiché volta a mettere il cliente nella posizione di poter comprendere le condizioni applicate nel contratto stipulato con la banca. Da qui è chiara la posizione del legislatore che, in ossequio al rispetto delle previsioni della trasparenza e al riequilibrio del rapporto contrattuale, persegue l’obiettivo di ridurre i possibili contenziosi tra clienti e banca prescrivendo l’obbligo di una certa forma per i contratti bancari: l’obbligo, appunto, della forma scritta. I contenziosi risultano ridotti per il fatto che la forma scritta consente di ottenere dei relativi vantaggi poiché assolve tutta una serie di funzioni in ordine a garantire maggiore trasparenza di informazioni scambiate tra banca e cliente relative a titolo esemplificativo alle condizioni contrattuali, caratteristiche dei contraenti, pronto riconoscimento dei soggetti che sottoscrivono il contratto, ecc.. Finalità che, naturalmente, in mancanza della forma scritta sarebbero difficili da perseguire. Ma tale requisito richiesto ai fini della validità del contratto (forma scritta “ad substantiam”) non ha risolto, come si è riscontrato nel tempo, tutte le problematiche derivanti da possibili contenziosi con la banca. 6 Uno dei problemi più dibattuti e fonte di controversie è appunto la modalità con la quale viene rispettato il requisito della forma scritta. Nella fattispecie si sono riscontrate nel tempo, in sede di contenzioso, diverse cause, alcune delle quali saranno analizzate nella seconda parte di questa tesi, nelle quali è risultato dubbio il rispetto della forma scritta. Tuttavia, anche se l’obbligo della forma scritta “Ad substantiam” del contratto bancario è disciplinata dagli art. 117 del T.U.B. e 23 del T.U.F., in ragione della specificità di tale tipologia contrattuale, rimangono presenti alcune lacune in riferimento al rispetto di tale adempimento. Ad esempio ci si è chiesti se fosse valido un contratto bancario che seppur stipulato verbalmente fosse legato ad un altro contratto per il raggiungimento dello stesso interesse economico; se fosse rispettato il requisito della forma scritta in assenza della sottoscrizione di una delle controparti, o nel caso in cui una delle parti utilizzi una scrittura privata come forma di sottoscrizione, o addirittura il funzionario della banca firmi apponendo sul contratto una semplice sigla; o ancora se in mancanza della forma scritta la nullità possa essere comunque sanata per comportamenti concludenti o attraverso dichiarazioni confessorie, o se fosse possibile limitare la nullità di protezione solamente ad alcuni effetti del contratto senza sfociare in un abuso del diritto esercitabile dal cliente, ecc… Tali dubbi, non trovando una specifica disciplina normativa, sono necessariamente risolti in ambito giurisprudenziale. I giudici, infatti, attraverso i propri orientamenti espressi con l’emanazione di sentenze a conclusione delle cause promosse dai contraenti suppliscono, al momento, alle lacune create da una disciplina che per certi aspetti risulta essere incompleta. Si tratta però di interpretazioni personali dei singoli giudici che sono state anch’esse fonte di contestazioni in ambito giurisprudenziale generando posizioni a volte anche contrapposte sullo stesso argomento e/o in gradi diversi di giudizio che hanno visto il susseguirsi di sentenze contrastanti e ricorsi della 7 giurisprudenza di merito anche alle Sezioni Unite in contrasto con i pareri della Corte di Cassazione. L’alternarsi dei vari orientamenti giurisprudenziali ha risentito anche dell’influenza dei mutamenti socio economici che hanno impattato sulle attività svolte dalla banca e sulle tutele previste per proteggere il cliente. Il tema in questione continua a essere molto attuale e merita sicuramente di essere analizzato e sviluppato più nel dettaglio. Ecco quindi che in questa tesi viene affrontato il tema della nullità per difetto della forma scritta dei contratti bancari, attraverso l’analisi di diverse sentenze che si sono pronunciate nel tempo. La tesi si struttura in due parti: nella prima, l’argomento è analizzato in una prospettiva teorica e descrittiva, mentre nella seconda parte il tema viene affrontato secondo una prospettiva maggiormente di tipo empirico attraverso l’analisi di alcune sentenze ritenute più significative che si sono espresse nel merito della ‘nullità della forma scritta dei contratti bancari’. La trattazione teorica relativa alla prima parte della tesi viene affrontata seguendo più step. Nei primi due capitoli, vista la complessità della materia che è tuttora in continua evoluzione, l’intenzione è di contestualizzare l’argomento definendo i tratti generali a livello teorico sia dei contratti bancari che della nullità per difetto della forma scritta dei contratti. In particolare nel primo capitolo relativo a questa prima parte saranno illustrate le caratteristiche principali inerenti all’istituto della nullità per difetto della forma scritta del contratto. Il tutto cercando di analizzare in un primo momento separatamente l’istituto della nullità contrattuale e l’istituto della forma scritta dei contratti, per poi analizzare e 8 comprendere meglio la disciplina nel suo complesso relativa, appunto, alla nullità per difetto della forma scritta dei contratti. Nel capitolo successivo sarà, invece, analizzata la disciplina dei contratti bancari attraverso un inquadramento generale. Saranno analizzate le varie fonti normative che nel tempo hanno disciplinato i contratti bancari, partendo quindi dalle normative del Codice civile che regolano in particolar modo i contratti derivanti dalle attività tipiche della banca (attività di intermediazione del credito) e passando alle fonti normative che si sono sviluppate nel tempo e che hanno ampliato la disciplina dei contratti bancari in riferimento anche ad attività che non sono di competenza esclusiva della banca; in particolare si farà riferimento alle normative contenute nel Decreto Legislativo 385 del 1993 (denominato Testo Unico Bancario), nel Decreto Legislativo 58 del ‘98 (denominato Testo Unico delle Finanze) e nelle norme attuative della Banca d’Italia. Di conseguenza, analizzate le fonti normative che disciplinano le diverse attività tipiche e atipiche svolte dalla banca, dalle quali poi si svilupperà il contratto, verrà svolta una breve descrizione delle principali categorie dei contratti bancari in funzione dell’attività da cui derivano. Successivamente a questo inquadramento generale in riferimento sia alla nullità per difetto della forma scritta del contratto che alla disciplina dei contratti bancari, l’analisi proseguirà entrando nel tema centrale della presente tesi trattando appunto “la nullità per difetto della forma scritta dei contratti bancari”. La parte finale della prima parte relativa alla trattazione teorica analizzerà quella che è all’origine della disciplina di tale istituto, disciplina che, come vedremo, è volta a tutelare, proteggere, soprattutto il cliente nei confronti del potere della banca, focalizzando l’attenzione quindi sull’inevitabile asimmetria che contraddistingue le due parti contraenti nei contratti bancari e quindi i meccanismi posti dal legislatore al fine di ridurre tale sbilanciamento. Dopodiché verranno analizzate le condizioni generali affinché un contratto bancario sia considerato valido e quindi idoneo a produrre effetti giuridici 9 secondo quanto disposto sia dalle normative codicistiche sia dalla normativa speciale a cui le banche fanno riferimento (T.U.B. e T.U.F.). Di seguito verrà analizzata l’importanza della forma scritta richiesta “ad substantiam” in relazione agli obblighi di trasparenza e di correttezza ai quali la banca deve sottoporsi. Infine viene descritto più precisamente l’istituto della nullità per difetto della forma scritta dei contratti bancari qualificata come ‘nullità di protezione’ secondo le previsioni di cui all’art. 36 del Codice del consumo e dall’art. 127 del Testo unico bancario con riferimento specifico ai contratti stipulabili con la banca. Terminata questa parte teorica, si entrerà nella seconda parte della tesi in cui l’argomento della ‘nullità per difetto della forma scritta’ sarà trattato con riferimento a dei casi concreti attraverso l’analisi di sentenze emesse da Tribunali e della Cassazione che si sono espresse in merito. Infine, il capitolo conclusivo è riservato ad alcune conclusioni e riflessioni tratte durante lo svolgimento e lo studio del tema contenuto in questa tesi. 10 Parte I: trattazione teorica 1. Nullità dei contratti per difetto della forma scritta richiesta ai fini della validità In questo capitolo si indaga sulla nullità della forma scritta dei contratti definendo separatamente i tratti generali dell’istituto della nullità contrattuale, secondo le previsioni di cui all’art. 1418 e seguenti del Codice civile, e quelli dell’istituto della forma scritta dei contratti con particolare riferimento a quella prevista ai fini della validità del contratto (forma scritta “ad substantiam”). Si arriverà poi d affrontare i due istituti in modo congiunto analizzando la nullità per difetto della forma scritta dei contratti, che è il tema principale di questo capitolo. 1.1 Profili generali della nullità contrattuale La nullità è uno degli istituti che, assieme a quello dell’annullabilità, provoca come effetto l’invalidità contrattuale. L’invalidità è intesa come quell’insieme di circostanze per le quali il contratto non può essere considerato idoneo a produrre effetti giuridici rilevanti. Se un contratto è invalido, è dunque “ inefficace”, non è in grado di produrre effetti. Tuttavia questo non vale per il contrario poiché l’inefficacia può essere propria anche di un contratto valido, basti pensare all’esempio di un’ipotesi di condizione sospensiva. Da questo deriva la distinzione tra l’istituto dell’annullabilità contrattuale e l’istituto della nullità contrattuale. La differenza tra i due istituti è che il contratto, qualora venga dichiarato nullo, non può essere rettificato dalle parti in un momento successivo per convalidarlo, cosa, che, invece, è possibile nel caso di contratto annullato. 11 Nella fattispecie la “nullità” è definita come quell’ipotesi d’invalidità del contratto che ricorre quando si verifica una mancanza, un vizio strutturale grave del contratto tale da renderlo inesistente. In questa situazione qualsiasi pronuncia di nullità del giudice sarà una sentenza meramente di natura dichiarativa poiché consiste in una semplice presa d’atto di qualcosa che in realtà non esiste e che quindi non poteva e non può produrre effetti sin dall’origine. Da queste considerazioni si può affermare, inoltre, che l’azione di nullità è un’azione imprescrittibile. Inoltre, lo stesso art. 1421 del Codice civile dispone che l’azione di nullità può essere esercitata da chiunque ne abbia interesse, quindi non necessariamente soltanto dalle parti contraenti, e può anche essere dichiarata d’ufficio dal giudice stesso. 1 Diversamente nei casi di “annullabilità” il contratto produce tutti gli effetti di un contratto valido, che possono venir meno solo se viene richiesto l’annullamento. Le ipotesi di annullabilità possono essere riscontrate a seguito di anomalie meno gravi (es: vizi di volontà, errori, dolo e raggiri, negozi conclusi con persone minorenni o incapaci di intendere, ecc). L’annullabilità può essere richiesta solo dal soggetto interessato, non da terzi e nemmeno dal giudice. Ai fini della presente tesi, è necessario analizzare in particolare le situazioni che determinano le ipotesi di nullità del contratto e che sono elencate all’art.1418 del Codice civile: - Contrarietà a norme imperative; - Mancanza di uno dei requisiti di cui all’art. 1325 del Codice civile (accordo delle parti, la causa del contratto, l’oggetto e la forma purché sia espressamente espressa a pena di nullità); 1 - Causa illecita; - Motivi illeciti; Camardi C., (2010), “le istituzioni del diritto privato contemporaneo”, pag. 232 -233, Jovene Editore, Napoli 12 - Oggetto del contratto impossibile, illecito, indeterminato o indeterminabile; - Contratto immeritevole di tutela. Il terzo comma dello stesso articolo 1325 C.c. completa l’elenco facendo un rinvio alle singole norme sparse nell’ordinamento nelle quali si dispone espressamente la nullità del contratto. Da precisare inoltre, secondo quanto disposto dall’art.1419 del Codice civile, che se ad essere colpita da illiceità è una singola clausola si configura un’ipotesi di nullità parziale secondo la quale ad essere dichiarata nulla è solamente la singola clausola colpita da nullità e non l’intero contratto. In tali ipotesi, però, le parti hanno la facoltà di estendere la nullità anche alla restante parte del contratto se la conseguenza dell’alterazione del contratto dovuta alla rimozione della clausola nulla porta come esito ad un contratto non più finalizzato a raggiungere gli interessi che le parti intendevano raggiungere. Detto più semplicemente il legislatore, in ossequio all’intenzione di conservare il principio dell’autonomia privata, non avrà interesse a mantenere in vita un contratto che alteri la volontà delle parti e che, di fatto, le tiene vincolate. Per questo motivo è prevista la possibilità di estendere la nullità anche alla restante parte del contratto (art.1419 1 Comma). Diversamente, se le finalità dl contratto non risultano alterate dalla nullità parziale, le parti devono comunque restare obbligate a continuare col rapporto contrattuale anche se alterato.2 Abbiamo visto prima che convalidare un contratto nullo, al contrario di un contratto annullato, è impossibile. Tuttavia esistono delle eccezioni a tale regola in riferimento a talune fattispecie contrattuali alle quali è riservata una tutela ulteriore rispetto a quella codicistica. Di particolare interesse è sicuramente la previsione riservata alle cosiddette “tipologie contrattuali del consumatore”, dove le controparti sono da un lato, 2 Camardi C., (2010), “le istituzioni del diritto privato contemporaneo”, pag. 232 -233, Jovene Editore, Napoli 13 appunto, un generico cliente – consumatore e dall’altro un professionista, un imprenditore, un istituto di credito, ecc.. che all’interno del rapporto contrattuale rappresenta la parte più forte in quanto dispone di maggiori informazioni. La tutela giuridica creata su sollecitazione del legislatore comunitario è rivolta agli interessi di una delle parti contraenti, cioè di quella più debole. Alla luce di ciò, l’istituto della nullità previsto per tali fattispecie avrà carattere speciale rispetto alla mera disciplina codicistica proprio perché è prevista da norme extracodicistiche che hanno origine sovranazionale e il cui obiettivo principale è quello di regolare il mercato in funzione al perseguimento di obiettivi di efficienza ed equità. Tali norme interessano a titolo esemplificativo le seguenti materie: antitrust, contratti tra professionisti e consumatori, contratti bancari, contratti dell’intermediazione finanziaria, subfornitura, le locazioni abitative, ecc… Le ipotesi di nullità, previste da queste norme, non sono tanto in funzione degli elementi intrinsechi del contratto relativi alla struttura o al contenuto, ma piuttosto in funzione ad alcuni elementi estrinsechi, tra cui, ad esempio: le qualifiche del professionista e del consumatore, l’assenza di trattativa sulla clausola vessatoria, ecc…. 34 Tale tipo di nullità sarà poi ripresa anche nel proseguio della tesi in riferimento alla nullità dei contratti bancari, in quanto essi rientrano appunto in questa disciplina proprio in ragione del fatto che hanno la caratteristica di essere dei contratti asimmetrici. Questo tipo di tutela (che sarà approfondita al capitolo 3 di questa prima parte teorica) a favore del consumatore è contenuta in un apposito codice, denominato ‘Codice del consumo’. Con riferimento ai contratti, ed in particolare alla loro invalidità, sicuramente fondamentale risulta essere l’art.36 di questo Codice. 3 4 Roppo V., (2011), “il contratto”, pag.705-707, Giuffrè Editore, Milano Camardi C., (2010), “le istituzioni del diritto privato contemporaneo”, pag. 235, Jovene Editore, Napoli 14 Articolo che prevede che eventuali clausole riconosciute come ‘vessatorie’, concluse tra professionista e consumatore, devono essere dichiarate nulle ed asportate, lasciando in vita la rimanente parte del contratto e questo senza applicare le previsioni previste dei primi due commi dell’art.1419 del Codice civile che erano state analizzate. Altra particolarità, inerente sempre le clausole vessatorie, riguarda la legittimità ad agire per esse. A tal proposito, il terzo comma dello stesso art.36 del Codice del consumo dispone che non può agire chiunque per chiedere la loro nullità ma può farlo solo chi è a favore del consumatore contraente considerato parte debole. Si parlerà, pertanto, di ‘nullità relativa’, particolare istituto della nullità, che come anticipato, verrà affrontato e ripreso anche nei capitoli seguenti quando si parlerà più specificatamente dei contratti bancari e della nullità per carenza della loro forma scritta.5 5 Camardi C., (2010), “le istituzioni del diritto privato contemporaneo”, pag. 232 -233, Jovene Editore, Napoli 15 1.2 Forma scritta dei contratti La forma, assieme all’accordo tra le parti, all’oggetto e alla causa, rappresenta uno degli elementi essenziali del contratto elencati all’art. 1325 del Codice civile la cui assenza può determinare la nullità del contratto (art. 1418 Codice civile). In ossequio all’autonomia negoziale riservata alle parti in sede di stipulazione del contratto, la forma rappresenta qualsiasi atto che sia idoneo ad esprimere la manifestazione di volontà e di consenso delle parti. Ciò a prescindere se avviene oralmente o per iscritto, proprio perché la regola fondamentale nell’ordinamento è quella della libertà della forma, in quanto è lo stesso legislatore a lasciare libere le parti nelle modalità con le quali formalizzare il contratto in modo tale da rendere riconoscibile a loro stessi l’accordo. 6 Tuttavia nel tempo si è assistito ad un incremento di norme che impongono il rispetto di una forma determinata, da cui il termine ‘contratti formali’. Basti pensare, a titolo meramente esemplificativo ai casi della donazione e ai casi della compravendita di un immobile; ai fini della validità di tali fattispecie contrattuali il legislatore richiede espressamente la forma scritta dell’atto pubblico fatta davanti ad un notaio. Da qui la forma scritta che viene richiesta dal legislatore può assumere due diverse configurazioni: forma scritta “ad substantiam” e forma scritta “ad probationem”. La forma scritta del contratto risulta essere “ad substantiam” nel caso in cui il requisito della forma scritta risulti essere un elemento necessario affinché il contratto risulti essere valido. In mancanza, il contratto risulta inidoneo a produrre effetti giuridici rilevanti. 6 Roppo V., (2011), “il contratto”, pag. 205-211, Giuffrè Editore, Milano 16 La forma scritta del contratto risulta, invece, essere “ad probationem” quando la forma scritta viene richiesta dalle norme, ma in questo caso non ai fini della validità del contratto ma solo allo scopo di renderne dimostrazione dell’esistenza dello stesso. In mancanza, le parti difficilmente riuscirebbero a dimostrare l’esistenza dell’accordo. Nel caso poi che il contraente abbia, senza sua colpa, perduto il documento che forniva la prova dell’esistenza di tale accordo potrà chiedere l’intervento di testimoni, secondo quanto disposto dall’art. 2725 del Codice civile.7 Qualora non si riesca a dimostrare questo è evidente che il contratto non potrà mai avere ingresso nella dimensione giuridica. I principali modelli di forma scritta sono costituiti dall’atto pubblico e dalla scrittura privata. L’atto pubblico è un atto scritto redatto da un pubblico ufficiale, il quale formalizza la volontà delle parti in funzione alle norme prescritte dalla legge. La scrittura privata, invece, è un documento sottoscritto dalle parti al cui interno sono contenute le loro dichiarazioni, pertanto è un atto che fa piena prova se riconosciuta dalla parte contro cui è prodotto. Negli ultimi anni si è assistito ad un incremento da parte del legislatore delle norme che richiedono la forma scritta “ad substantiam”. Questo fenomeno è riconducibile nell’ambito di alcune fattispecie contrattuali identificate non per l’oggetto del contratto ma in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti nel contratto. Ci si riferisce soprattutto alle cosiddette “tipologie contrattuali del consumatore”, e nel caso specifico, ai rapporti instaurati tra quest’ultimo e le banche (oltre a diverse figure professionali come l’imprenditore, professionisti, istituti finanziari, ecc..). 7 Galgano F., (2011), “il contratto” pag. 201-207, Dott. Antonio Milani, Cedam 17 E’ interessante notare quanto in realtà tali contratti non siano più visti solo da un punto di vista meramente oggettivo, come avveniva normalmente per i contratti in generale, e quanto ad emergere sia anche e soprattutto l’elemento soggettivo. Questa nuova previsione per la quale è richiesta necessariamente la forma scritta prende il nome di ‘neoformalismo’ ed ha lo scopo, appunto, di garantire la trasparenza della transazione economica da cui si genera il contratto, al fine di riequilibrare lo squilibrio informativo tra le controparti, e di conseguenza di regolare lo stesso rapporto contrattuale posto in essere. Per capire meglio l’ambito interessato a questa nuova maggiore tutela, basta pensare al fatto che i contratti destinati ai consumatori non sono frutto di una vera e propria trattativa bensì è come fossero unilateralmente predisposti da una sola parte, la parte più forte del rapporto (il professionista, la banca, ecc.) Quante volte ad esempio la banca affida ai propri consulenti il compito di effettuare più regolazioni contrattuali per fare delle proposte alla massa dei consumatori e che, il più delle volte, sono composte da una serie di clausole complesse e difficili da comprendere dalla maggior parte dei consumatori. La previsione dell’obbligo di contrattualizzare in forma scritta tali proposte serve quindi ad evitare che tali regolamenti stilati ad hoc per le masse abbiano un contenuto ambiguo o che le clausole siano formulate in modo da permettere alla parte forte di ottenere degli indebiti vantaggi. Più semplicemente, tale obbligo della forma scritta è funzionale per motivi di trasparenza a livello informativo, per evitare che la parte forte del contratto, nell’esempio citato la banca, abusi del proprio potere per ottenere dei guadagni indebiti tenendo un comportamento scorretto nei confronti del proprio cliente consumatore.8 8 Camardi C., (2010), “le istituzioni del diritto privato contemporaneo”, pag. 230 -231, Jovene Editore, Napoli 18 1.3 Nullità per difetto della forma scritta dei contratti Dopo l’analisi separata degli istituti della nullità contrattuale e della forma scritta dei contratti, effettuata nei paragrafi precedenti, si può affermare che, qualora la forma scritta sia richiesta “ad substantiam”, cioè ai fini della validità del contratto, in assenza di tale requisito il contratto risulterà essere nullo. 19 2. Contratti bancari In questo capitolo si cercherà di introdurre il tema dei contratti bancari definendo i tratti generali degli stessi. In particolare, in funzione alle attività svolte dalla banca, si cercherà in una prima parte di inquadrare a grandi linee le norme che disciplinano questi contratti per passare poi ad un’illustrazione sintetica di alcune fattispecie contrattuali. 2.1 Definizione di contratto bancario Il contratto bancario rientra all’interno della disciplina generale prevista nel diritto privato relativa ai contratti. Il contratto bancario è quindi un contratto giuridico disciplinato dalla legge e definito dagli articoli 1321 e seguenti del Codice civile. Nella fattispecie, in questi articoli, l’istituto del contratto, ivi compreso l’istituto del contratto bancario, viene definito come quella situazione nella quale due o più parti sottoscrivono un “accordo per costituire, per regolare o per estinguere tra loro un rapporto giuridico di natura patrimoniale”, quindi che ha per oggetto una transazione economica.9 Con questa definizione il legislatore ha voluto porre particolare enfasi sul fatto che per “rapporto giuridico di natura patrimoniale” si intende un qualcosa che è sancibile e controllato da normative vigenti. Importante in questa definizione è anche il concetto di ‘regolare un rapporto giuridico patrimoniale’. Essa, infatti, fa riferimento ad una sorta di ‘autonomia negoziale’ che viene riconosciuta alle parti al fine di determinare liberamente il contenuto sia dei “contratti tipici”, quindi tipologie contrattuali espressamente previste dall’ordinamento giuridico prontamente disciplinate da un Codice o da una legge 9 Art 1321 Codice civile 20 speciale10, sia dei “ contratti atipici”, cioè contratti, al contrario, in cui le parti creano in funzione a proprie necessità di negoziazione delle tipologie che non sono esplicitamente disciplinate dal diritto civile11. Principio racchiuso nell’art. 1322 del Codice civile, il quale prevede anche i vincoli che le parti devono rispettare nella determinazione autonoma della tipologia contrattuale.12 Al primo comma dell’art.1322 C.c. si fa riferimento ai contratti tipici mentre al secondo comma ai contratti atipici. Il contenutodell’art.1322 C.c. è il seguente: “Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare [1323], purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico”13 Ma nello specifico, i contratti bancari come si collocano in relazione alla disciplina del contratto in generale? I contratti bancari fanno parte dei contratti in generale e in quanto tali sono riconosciuti e disciplinati dall’ordinamento giuridico. Storicamente una disciplina organica dei contratti bancari per la prima volta è riscontrabile nel Codice civile del ’42 in cui negli articoli che vanno dal 1834 C.c. al 1860 C.c. sono disciplinate le diverse tipologie contrattuali bancarie. Tuttavia, per un motivo di natura meramente anacronistica, tale tipizzazione fornita dagli articoli citati risulta oggi incompleta e troppo riduttiva rispetto all’ampliamento delle attività bancarie. L’evoluzione della realtà socio– economica nel tempo ha avuto infatti anche un impatto su quella che storicamente era sempre stata considerata l’attività bancaria, ampliandone di fatto la competenza anche su altri tipi di attività in funzione 10 Wikipedia contratti tipici Wikipedia contratti atipici 12 Galgano F., (2011), “il contratto” pag. 23-25, Dott. Antonio Milani, Cedam 13 Art 1322 Codice civile 11 21 appunto a tali cambiamenti che hanno generato nuovi bisogni e quindi nuovi clienti. Di conseguenza, col passare degli anni, non sarebbe stato più possibile ridurre le tipologie contrattuali alle sole definizioni di cui al Codice civile, proprio perché incomplete. Oltre alle attività esclusive esercitate dalle banche, normalmente relative alla tradizionale attività di intermediazione del credito, vengono affiancate ad esse anche tutta una serie di attività accessorie, tipicamente anche finanziarie, anche se non di competenza esclusiva della stessa banca ed esercitabili per esempio anche da altri intermediari finanziari. La regolamentazione di tali nuove attività è stata introdotta attraverso il T.U.B. “Testo unico bancario” (decreto legislativo 385 del ’93) e il T.U.F. “Testo unico della finanza” (decreto legislativo 58 del ’98). In particolare è nell’art.10 del T.U.B. che viene esplicitata questa previsione, attraverso i suoi tre commi: 14 “1. La raccolta di risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito costituiscono l'attività bancaria. Essa ha carattere d'impresa. 2. L'esercizio dell'attività bancaria è riservato alle banche. 3. Le banche esercitano, oltre all'attività bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse o strumentali. Sono salve le riserve di attività previste dalla legge”.15 Dalla lettura di questi tre commi si possono evincere particolari interessanti relativi a ciò che si configura come attività bancaria e di conseguenza quali sono i contratti bancari. In particolare: - Nel primo comma non si fa altro che riprendere quella che era la previsione enunciata già nel Codice civile del ’42, secondo la quale vengono delimitate le sole attività unicamente ed esclusivamente riservate alla banca, cioè tutte quelle 14 Urbani A,(2010) “ L’attività delle banche”, pag. 26-28 Cedam, Casa Editrice dott Antonio Milani 15 Art 10 T.U.B. 22 attinenti con la tradizionale prospettiva di intermediazione svolta dalla stessa banca. Il termine ‘impresa’ indica la tradizionale funzione di intermediazione del credito che è riservata alle banche. Secondo quest’ottica i contratti bancari sono quei contratti attraverso i quali la banca provvede a raccogliere il risparmio fra il pubblico e ad effettuare l’esercizio del credito, quindi contratti che hanno lo scopo o di raccogliere fondi tra il pubblico ed esercitare il credito o di erogare credito utilizzando fondi raccolti tra il pubblico, quindi ha una funzione di intermediazione tra chi dispone di capitali che verranno destinati a nuovi investimenti o tra chi necessità di capitali di cui non dispone per delle proprie necessità. Queste due attività devono necessariamente essere collegate. Dalla lettura di questo primo comma emerge la delimitazione dell’area di competenza esclusiva delle banche. Tuttavia non sono specificati quelli che sono i reali confini della loro operatività, di conseguenza il legislatore, in funzione anche alla lettura dei commi seguenti, permette di estendere successivamente i confini dell’attività bancaria anche ad altre tipologie di attività che per loro natura non rientrano nell’area delimitata come quella delle attività tipiche bancarie descritte in precedenza. - Nel secondo comma il T.U.B. specifica che l’attività bancaria, così definita precedentemente dal primo comma, è riservata alle banche. - Nel terzo comma viene precisato che le banche, oltre ad esercitare le attività bancarie che abbiamo detto essere di loro competenza esclusiva, possono esercitare anche tutta una serie di altre tipologie di attività finanziarie e di attività connesse e strumentali alle attività bancarie. Ecco quindi, che tale decreto legislativo, come è già stato accennato, amplia l’area delle attività bancarie tradizionali individuate precedentemente dalla disciplina codicistica del ’42 tenendo conto quindi dell’impatto dell’evoluzione socio 23 economica che negli anni ha interessato i servizi offerti dalle banche.16 Da precisare poi che la visione tradizionale dei contratti bancari non teneva inizialmente conto delle operazioni di finanziamento che avessero una durata medio lunga, non considerando, di conseguenza, quelli che sono i crediti agevolati relativi ad operazioni particolari. Il T.U.B. è intervenuto anche sotto questo aspetto prevedendo, attraverso l’art.38 anche tipologie contrattuali di questo tipo, ad esempio per quanto riguarda l’area del credito fondiario e delle opere pubbliche, agrario e peschereccio, delle imprese, del pegno, ecc.. 17 Sempre a tale proposito, il T.U.F. aggiunge inoltre che le banche hanno la competenza per poter effettuare servizi di investimento a favore del pubblico fornendo servizi relativi alla negoziazione, al collocamento, alla gestione e alla mediazione di strumenti finanziari. Attualmente, come si deduce dall’analisi appena effettuata, la nozione di contratto bancario è stata ampliata rispetto a quella ricavabile dal Codice civile, includendo tipologie contrattuali che quindi non discendono più unicamente da una mera attività di intermediazione relativa alla circolazione di denaro ma anche da altre tipologie di attività finanziarie e di investimento, nonché tipi di attività connesse e strumentali, ovviamente trattasi di tipologie di attività che non rientrano nell’area dell’attività tipica bancaria.18 16 Cavalli G., Callegari M., (2008), “Lezioni sui contratti bancari”, pag. 9-13, Zanichelli Editore S.p.a., Bologna 17 Urbani A,(2010) “ L’attività delle banche”, pag. 26 Cedam, Casa Editrice dott Antonio Milani 18 101professionisti.it, (2016), “I contratti bancari – La guida in bancario”, sito web: http://www.101professionisti.it/guida/diritto-bancario/approfondimenti/i-contratti-bancari-304.aspx#article 24 2.2 Tipologie dei contratti bancari A seguito delle nuove tipologie contrattuali introdotte con il T.U.B. e con il T.U.F., attualmente, è quindi possibile affermare che la banca svolge tre diverse funzioni: - L’attività bancaria tipica, che consiste nel tradizionale ruolo di intermediazione del credito, cioè raccolta del risparmio tra il pubblico e contestuale esercizio del credito; - L’attività della sola raccolta del risparmio tra il pubblico; - La sola erogazione del credito.19 Si rende di conseguenza necessaria una triplice distinzione tra: attività o operazioni tipiche, operazioni accessorie e operazioni occasionalmente bancarie. Queste ultime rientrano in tipologie di attività che sono distinte dalle prime, cioè da quelle tipiche e tradizionali attività di impresa di intermediazione del credito. In funzione ad esse si fa riferimento a tutto ciò che viene definito dalla dottrina come ‘parabancario’, quindi tutto ciò che non è strettamente correlato con l’attività di intermediazione monetaria (ad esempio: alle attività finanziarie, alle attività connesse o strumentali, a forme alternative di finanziamento come il leasing, ecc...)20 Rientrano invece nella categoria delle attività bancarie tipiche i contratti bancari espressamente disciplinati dal Codice civile e che riguardano le tradizionali attività nelle quali la banca esercita la sua funzione di impresa di intermediazione del credito attraverso operazioni sia attive che passive. Attive nel caso in cui la banca impieghi la propria disponibilità di capitale concedendo credito al cliente, quindi assumendo la veste di creditore; passive nel caso in cui è la banca raccoglie denaro dal cliente per compiere determinate operazioni, quindi assumendo la veste di debitore. 19 Lemme G., (2007), “Amministrazione e controllo nella società bancaria”, pag. 29 – 30, Giuffrè Editore, Milano 20 Rete assicont, Pizza F., (2016), “lezione 13 // contratti: operatività bancaria e cause di invalidità”, Assicont, sito web: https://vimeo.com/167858212 25 Pertanto, rientrano nell’annovero delle attività tipiche i contratti bancari elencati nel Codice civile al “Libro IV, Titolo III, Capo XVII”, rubricato come ‘Dei contratti bancari’ e con la previsione ulteriore prevista successivamente con l’introduzione dell’art. 38 del T.U.B. che ha a sua volta ampliato la tipizzazione inserendo anche altre fattispecie denominate ‘particolari operazioni di credito’. 21 Tra i contratti bancari tipici che sono espressamente disciplinati dal Codice civile vi sono in ordine: il deposito bancario, l’apertura di credito e lo sconto bancario. Discorso particolare è riservato ad alcune tipologie contrattuali che, pur essendo delle fattispecie atipiche poiché non trovano una precisa collocazione all’interno dell’elenco fornito dagli articoli del Codice civile, da un punto di vista meramente di natura sociale, data la loro amplissima diffusione e utilizzo possono essere considerati tipici sebbene non lo siano riconosciuti legalmente. Il tutto, fermo restando che attualmente si ritengono comunque applicabili le previsioni degli art 1852 e seguenti del Codice civile. In particolare si fa riferimento a tutti quei contratti grazie ai quali è possibile intervenire con i pagamenti, nella fattispecie: i conti correnti bancari, le convenzioni di assegno e i crediti documentari.22-23 Le operazioni accessorie si definiscono tali, invece, poiché trattasi di attività nelle quali le banche offrono alla clientela e al pubblico una serie di servizi appunto accessori che non sono necessariamente riconducibili alla prima tipologia di attività. Tra questi espressamente disciplinati dal Codice civile sono da annoverare: il deposito in titoli in amministrazione ed il servizio della cassetta di sicurezza. Altri contratti bancari che non sono disciplinati dal Codice ma che comunque rientrano nella categoria di attività accessorie sono: le operazioni di cambio di 21 Ferro-Luzzi P., (2005), “Lezioni di diritto bancario volume II: Parte speciale. I singoli contratti”, pag. 31-32, Giappichelli Editore, Torino 22 Rete assicont, Pizza F., (2016), “lezione 13 // contratti: operatività bancaria e cause di invalidità”, Assicont, sito web: https://vimeo.com/167858212 23 Naddeo M., “il sistema bancario italiano”, pag. 8, Pegaso – Università telematica 26 moneta, la gestione degli incassi dei titoli o di valute estere, i depositi di custodia di titoli e valori, i depositi a custodia chiusi, ecc… Infine sono da considerarsi contratti occasionalmente bancari tutti quei contratti derivanti da operazioni con le quali la banca, a favore di qualunque soggetto, impiega figure negoziali previste dall’ordinamento (ad esempio : il mutuo, l’avallo, la fideiussione, l’accettazione bancaria, il mandato di credito, il riporto, ecc… ) Fatta questa premessa, vediamo ora sinteticamente di delineare le caratteristiche fondamentali dei principali contratti bancari nominati. In particolare cercheremo di dare una definizione alle diverse tipologie contrattuali più diffuse descrivendone gli elementi essenziali e le eventuali cause di recesso. Per quanto riguarda la trattazione della forma di questi contratti e, in particolare con riferimento alle relative ipotesi di nullità della forma scritta, viene fatto il rinvio al capitolo tre, relativo appunto alla ‘nullità per difetto della forma scritta dei contratti bancari’. 27 2.2.1 I contratti bancari tipici Assieme ai contratti bancari tipici (deposito bancario, l’apertura di credito e lo sconto bancario) considereremo tali pure quelle figure contrattuali che, sebbene legalmente non sono contratti bancari tipici lo sono da un punto di vista sociale, e in particolare a quei contratti che forniscono un servizio di cassa quali: i conti corrente bancari, le convenzioni di assegno e i crediti documentari. Inoltre, vi sono le previsioni aggiuntive relative all’art.38 del T.U.B. Per semplicità ci occuperemo solo delle tipologie ritenute più importanti e diffuse quindi: il deposito bancario, l’apertura di credito, lo sconto bancario, il conto corrente bancario e il credito fondiario. Il deposito bancario Secondo l’art. 1834 del Codice civile, il deposito bancario è quella tipologia contrattuale mediante la quale il cliente versa una somma di denaro alla banca, la quale ne ottiene la proprietà obbligandosi a sua volta a restituirgliela nella stessa tipologia monetaria entro i termini stabiliti o su richiesta dello stesso rispettando il periodo di preavviso stabilito consensualmente da loro o dagli usi. Da tale definizione è evidente che si tratta di un contratto tipico poiché la banca pone in atto un tipo di operazione passiva di intermediazione del credito, assumendo il ruolo di debitore verso i clienti. In questo caso il ruolo della banca è quello di raccogliere il risparmio tra il pubblico e di investire le somme ricevute per erogare credito. Normalmente il contratto di deposito bancario per adempiere alle sue principali funzioni viene stipulato in associazione ad un contratto di conto corrente bancario. Le finalità del depositante riguardano: la custodia del suo denaro (eliminando eventuali rischi di furto o smarrimento che può avere un privato cittadino) e la remunerazione (poiché la banca ricevendo il suo denaro ed ottenendo conseguentemente la possibilità di impiegarlo per le proprie finalità s’impegna a corrispondere al depositante degli interessi sulle somme ricevute). 28 A queste due finalità se ne aggiunge una terza: il depositante, attraverso l’utilizzazione dei crediti che vanta verso la banca controparte potrà, di fatto, avvalersi di un vero e proprio servizio di cassa. In funzione alla combinazione delle funzioni appena descritte e in base alle modalità con le quali si attua l’obbligo di restituzione, i depositi bancari possono essere liberi (a vista) o vincolati. Nel caso di depositi bancari liberi o a vista il depositante può chiedere in qualsiasi momento la restituzione totale o parziale delle somme che aveva versato precedentemente anche senza preavviso e, a fronte di questa illimitata disponibilità da parte del cliente solitamente la banca corrisponde tassi d’interesse bassi (spesso vanificati dalle spese di gestione del conto). Poiché sono normalmente stipulati a tempo indeterminato consentono ad entrambi i contraenti, previo il termine di preavviso stabilito contrattualmente, di esercitare l’eventuale diritto di recesso. Viceversa, nel caso di depositi bancari vincolati il depositante può chiedere la restituzione totale o parziale delle somme che aveva versato precedentemente non prima della scadenza pattuita. A fronte di questa disponibilità che, diversamente dai depositi a vista, non è illimitata, la banca corrisponderà dei tassi d’interesse più elevati. 24 Apertura di credito L’apertura di credito è una tipologia contrattuale bancaria disciplinata dall’art. 1842 del Codice civile. L’articolo definisce tale tipologia contrattuale esattamente come: “il contratto con la quale la banca si obbliga a tenere a disposizione dell’altra parte una somma di denaro per un determinato periodo di tempo o a tempo indeterminato”.25 Pertanto questa tipologia contrattuale tipica deriva da un’operazione di intermediazione del credito posta dalla banca di tipo attivo, assumendo la veste di creditore verso il cliente, in quanto, da una parte concede il proprio credito e 24 Cavalli G., Callegari M., (2008), “Lezioni sui contratti bancari”, pag. 113-119, Zanichelli Editore S.p.a., Bologna 25 Art. 1842 Codice civile 29 dall’altra raccoglie il risparmio grazie al primo versamento del cliente da investire in un momento successivo. Da tale definizione si può trarre come conclusione che la finalità per il cliente consiste non tanto nel godimento di una somma di denaro da parte del cliente quanto piuttosto nella possibilità di disporre di una somma di denaro limitatamente ad un importo pattuito che in quanto tale è predeterminato. Di conseguenza la banca accredita sul conto del cliente tale somma che risulterà essere per lui disponibile e quindi utilizzabile in funzione alle sue esigenze per intero o per una parte del suo totale e in relazione alle modalità e alle tempistiche concordate con la banca. Si distingue, pertanto l’apertura di credito semplice dall’apertura di credito in conto corrente. La prima tipologia si manifesta nel caso in cui il cliente abbia la facoltà di utilizzare la somma accreditata dalla banca solamente una volta anche se ciò dovesse avvenire tramite prelevamenti parziali. Diversamente, con l’apertura di credito in conto corrente il cliente ha la facoltà di ripristinare l’importo accreditato dalla banca attraverso successivi versamenti. La parte rimasta inutilizzata dal cliente e quindi ancora accreditata sul suo conto continuerà ad essere di proprietà della banca ma sempre utilizzabile dal cliente. Ne consegue che le operazioni di utilizzo e di eventuali rientri, nel caso delle aperture in c/c, si verifichino mediante delle contestuali operazioni di addebito e di accredito su tale conto. Attraverso la stipulazione di questo contratto bancario il cliente avrà l’onere verso la banca non solo di restituzione delle somme messegli a disposizione ma anche del contestuale pagamento di interessi e commissioni. Gli interessi saranno dovuti dal cliente solo sulle somme utilizzate e non sull’intero credito concesso dalla banca. In funzione alla garanzia fornita alla banca dal cliente l’apertura di credito si definisce garantita, mentre, se non è assistita da questa, la banca ha la facoltà di 30 rivalersi sul patrimonio della controparte contrattuale a cui ha accreditato la somma.26 Il diritto di recesso varia a seconda che il contratto di apertura di credito sia a tempo determinato o sia a tempo indeterminato. Nel primo caso, secondo l’art.1845 C.c., comma 1, è prevista la possibilità da parte della banca di recedere dal contratto solo se sussiste una giusta causa, salvo diversa disposizione. Nel caso, invece, dell’apertura di credito a tempo indeterminato è prevista, secondo lo stesso articolo, al 3 comma, la possibilità da parte di entrambe le parti, in ogni momento, di esercitare il diritto di recesso mediante il preavviso verso la controparte in funzione ai termini contrattuali, agli usi o, in mancanza, almeno quindici giorni prima.27 Lo sconto bancario La definizione del contratto relativo allo sconto bancario è ricavabile dall’art. 1858 del Codice civile. Nella fattispecie, l’effetto dello sconto bancario si manifesta quando la banca anticipa al cliente, sottraendogli la parte relativa agli interessi, una somma di denaro relativo ad un credito salvo buon fine della stessa banca verso terzi che non è ancora scaduto. Di conseguenza, in relazione allo ‘sconto bancario’, diremo che la banca è la ‘scontante’ in quanto detrae gli interessi sull’importo prestato e il cliente è lo ‘scontatario’ in quanto subisce questa detrazione. Il guadagno della banca sarà quindi rappresentato dalla differenza tra la somma totale del credito meno il valore del credito anticipato al cliente che è scontato degli interessi. 28 Tale fattispecie tipica di contratto bancario rientra in una tipologia di operazione di intermediazione del credito posta dalla banca di tipo attivo. 26 Ferro-Luzzi P., (2005), “Lezioni di diritto bancario volume II: Parte speciale. I singoli contratti”, pag. 32-43, Giappichelli Editore, Torino 27 Urbani A,(2010) “ L’attività delle banche”, pag. 133-136 Cedam, Casa Editrice dott Antonio Milani 28 Ferro-Luzzi P., (2005), “Lezioni di diritto bancario volume II: Parte speciale. I singoli contratti”, pag. 31-32, 56-57 Giappichelli Editore, Torino 31 La banca assume la veste di creditore verso il cliente, in quanto da una parte, anticipando la somma di denaro al cliente concede il proprio credito a quest’ultimo, e dall’altra parte sottraendo al cliente la parte relativa agli interessi, di fatto, raccoglie risparmio da investire per le proprie finalità istituzionali. Il conto corrente bancario Come accennato in precedenza, il c/c bancario (detto anche conto corrente di corrispondenza), sebbene non sia riconosciuto legalmente come contratto bancario tipico, può rientrare in questa categoria dato che dal punto di vista sociale è considerato lo stesso come tale. Contrattualmente il conto corrente bancario si realizza tramite un accordo mediante il quale la banca offre un determinato servizio di cassa effettuando pagamenti e riscossioni per conto del cliente contraente. Servizio che in sostanza si traduce nella possibilità da parte del cliente di emettere assegni, fare bonifici, utilizzare bancomat, carte di credito, ecc… Di conseguenza, questo contratto bancario presuppone l’esistenza di una disponibilità liquida all’interno della banca utilizzabile dal cliente tramite un ordine che può essere diretto o indiretto. Tale contratto non è da confondersi con quello relativo al conto corrente ordinario, dal quale si distingue per diversi aspetti. Innanzitutto nel c/c ordinario i rapporti non necessariamente possono instaurarsi solo tra banca e cliente ma anche ad esempio tra imprenditori o professionisti legati da numerose relazioni d’affari. Inoltre, il c/c ordinario permette di evitare la meccanicità delle operazioni di pagamento e di riscossione continue come avviene in quello bancario consentendo alle parti, invece, di annotare in un conto i crediti derivanti dalle rispettive rimesse che resteranno quindi indisponibili ed inesigibili fino alla scadenza. Alla data di scadenza, che normalmente coincide con un’annualità, si effettuano solitamente i conti per valutare quale tra i due soggetti contraenti risulta alla fine essere creditore del saldo, in sostanza si procede a calcolare la differenza attiva tra le reciproche rimesse per capire chi è il creditore. 32 Fatte queste considerazioni si può affermare che nel c/c ordinario gli importi, contrariamente a quanto avviene nel c/c bancario, restano indisponibili e inesigibili fino alla relativa scadenza.29 Il credito fondiario La disciplina del credito fondiario non è contenuta negli articoli del Codice civile, bensì è contenuta all’interno del T.U.B. e precisamente all’art. 38 e assieme ad altre tipologie contrattuali amplia l’area di delimitazione delle attività tipiche bancarie inserendo pure le operazioni di credito denominate ‘speciali’. Nello specifico il credito fondiario riguarda quella tipologia contrattuale, di sola competenza della banca, con la quale vengono concessi dei finanziamenti a medio e lungo termine che sono garantiti da ipoteca di primo grado su immobili Tale prestito viene rapportato fino ad un massimo dell’80% del valore dei beni ipotecati. 30 29 Rete assicont, Pizza F., (2016), “lezione 13 // contratti: operatività bancaria e cause di invalidità”, Assicont, sito web: https://vimeo.com/167858212 30 Urbani A,(2010) “ L’attività delle banche”, pag. 220-221 Cedam, Casa Editrice dott Antonio Milani 33 2.2.2 Contratti bancari atipici derivanti da attività accessorie e da altre attività finanziarie Come abbiamo già visto i contratti bancari derivanti da attività accessorie sono dei contratti atipici poiché, appunto, non derivano da una tipologia di operazioni funzionali all’intermediazione del credito che, viceversa, caratterizza i contratti bancari tipici. Inoltre sono attività che non rientrano nell’annovero delle operazioni di competenza esclusiva delle banche poiché pure altri intermediari finanziari abilitati le possono svolgere. Si definiscono in tal modo poiché, appunto, derivano da operazioni che hanno lo scopo di supportare, di essere accessorie alla prima tipologia. Abbiamo anche detto che i principali tipi di contratti accessori sono: il deposito di titoli in amministrazione, il servizio della cassetta di sicurezza, le operazioni di cambio di moneta, la gestione degli incassi dei titoli o di valute estere, i depositi di custodia di titoli e valori, i depositi a custodia chiusi, ecc… Dato che le prime due tipologie contrattuali hanno una disciplina più completa e organica, l’analisi, per semplicità, si limiterà a queste e, per quanto concerne i contratti bancari che sorgono a seguito di attività finanziarie diverse da quelle tipiche bancarie sarà analizzato quello del leasing. Il deposito in titoli in amministrazione Il deposito in titoli in amministrazione è un contratto bancario accessorio disciplinato dall’art.1838 del Codice civile. Tramite tale contratto un generico cliente privato affida alla banca controparte l’onere sia della custodia che dell’amministrazione di strumenti finanziari da lui acquisiti. Di conseguenza la banca si fa carico di tutta una serie di oneri verso il cliente relativi ad esempio: alla custodia degli strumenti, all’incasso di eventuali 34 dividendi o cedole, procedere ad eventuali accrediti per il rimborso, rendere i titoli disponibili qualora il cliente li richieda.31 Il servizio della cassetta di sicurezza Il servizio della cassetta di sicurezza è un contratto attraverso il quale la banca si impegna a custodire in uno spazio ad hoc dei beni o dei valori datigli dal cliente privato.32 Il leasing finanziario Il leasing finanziario è una tipologia contrattuale atipica per le banche (anche se socialmente può ritenersi tipica data la sua diffusione). Attraverso essa l’intermediario finanziario, o banca, acquista determinati beni come beni strumentali, macchinari, ecc , da fornitori terzi per cederli a sua volta a un suo cliente utilizzatore che ne ha fatto richiesta. In cambio l’utilizzatore si impegna a versare alla banca dei canoni periodici per un tempo stabilito e predeterminato e riservandosi la facoltà alla scadenza del contratto di restituirlo o di riscattare il bene con l’acquisto.33 31 Girino E., (2005), “Dizionario di finanza. Tecniche, strumenti, operatori” pag.210, Ipsoa Girino E., (2005), “Dizionario di finanza. Tecniche, strumenti, operatori” pag. 675, Ipsoa 33 101professionisti.it, (2016), “I contratti bancari – La guida in bancario”, sito web: 32 http://www.101professionisti.it/guida/diritto-bancario/approfondimenti/i-contratti-bancari-304.aspx#article 35 2.2.3. I contratti occasionalmente bancari Si definiscono contratti occasionalmente bancari quei contratti a cui la banca ricorre in determinati casi e che riguardano determinate fattispecie previste e disciplinate dall’ordinamento giuridico a favore di tutti i soggetti. E’ possibile per questi contratti, pur non essendo propriamente bancari, apportare in alcune circostanze delle variazioni riguardanti la relativa disciplina. Le principali tipologie di contratti occasionalmente bancari sono: il mutuo, l’avallo, la fideiussione, il riporto , l’accettazione cambiaria e il mandato di credito.34 34 101professionisti.it, (2016), “I contratti bancari – La guida in bancario”, sito web: http://www.101professionisti.it/guida/diritto-bancario/approfondimenti/i-contratti-bancari-304.aspx#article 36 3. Nullità per difetto della forma scritta dei contratti bancari 3.1 Origine del problema ‘La nullità per difetto della forma scritta dei contratti bancari’ è un argomento la cui complessità si è ampliata nel tempo ed è tutt’ora in continua evoluzione. A tale proposito sono presenti numerose sentenze di vari giudici che si sono espresse nel merito, il più delle volte in modo concorde e in altre invece con sentenze contrarie, alternando di fatto l’orientamento della giurisprudenza su questo tema nel corso del tempo. Gran parte delle controversie che si concludono con una dichiarazione di nullità del contrato bancario per difetto della forma scritta traggono origine dallo scarso equilibrio informativo tra le parti contraenti. Una sorta di asimmetria informativa a sfavore del cliente che rende necessaria una maggiore tutela giuridica verso quest’ultimo. In ogni caso, comunque, nel momento in cui ci si occupa della contrattualistica dell’attività bancaria, è evidente che non è possibile prescindere dalle fondamentali regole che generalmente permeano un qualsiasi rapporto contrattuale, indipendentemente dalle diverse tipologie di contraenti, norme che disciplinano lo sviluppo generale del contratto dalla fase delle trattative fino alla fase dell’esecuzione. Tra queste è sicuramente da annoverare come regola fondamentale per la disciplina e lo sviluppo di un rapporto contrattuale, ivi compreso il rapporto contrattuale bancario, il rispetto dell’obbligo di buona fede e di correttezza. Principio che può essere interpretato secondo due diversi punti di vista: soggettivo e oggettivo. Dal punto di vista soggettivo inteso come “ignoranza” (nel senso di “non conoscenza”) nel ledere il diritto o la condizione altrui, mentre dal punto di vista oggettivo inteso come la tenuta di un comportamento rispettoso delle regole di 37 lealtà e di correttezza al fine di favorire l’adempimento della controparte quando questo non comporti per se stessi un apprezzabile sacrificio. Questa regola di correttezza e di buona fede permeata nei rapporti contrattuali in realtà rappresenta un’emanazione del principio costituzionale racchiuso nell’art.2 della Costituzione relativo al “principio di solidarietà sociale”. In quest’articolo, fondamentalmente, la Repubblica da una parte riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo individuo che nelle formazioni sociali dove esprime la sua personalità e d’altra parte richiede allo stesso l’adempimento di alcuni doveri anch’essi considerati inderogabili di solidarietà dal punto di vista politico, economico e sociale. In questo contesto, l’obbligo di correttezza e buona fede riguarda, naturalmente, anche il rapporto contrattuale che vincola la banca con il cliente. A titolo esemplificativo, la giurisprudenza ritiene sicuramente non conforme a questo principio l’eventuale comportamento della banca che, sebbene esercitando un suo diritto, lo esegua secondo modalità tali da abusare della posizione del contraente debole. Tutto questo approfittando, come già accennato in precedenza, dell’asimmetria informativa che esiste tra le controparti, che ovviamente risulta a favore della banca e a sfavore del cliente. Naturalmente, per asimmetria informativa s’intende l’oggettiva posizione di vantaggio in cui si trova un soggetto che dispone di conoscenze e di informazioni più ampie rispetto alla sua controparte contrattuale. La giurisprudenza sostiene che, in situazioni simili, se è considerato legittimo esercitare un diritto, è anche vero che non se ne può abusare in funzione delle maggiori conoscenze che si dispongono.35 L’evoluzione della normativa a tutela del cliente, in quanto contraente più debole è conseguenza proprio di questa asimmetria. 35 Rete assicont, Pizza F., (2016), “lezione 13 // contratti: operatività bancaria e cause di invalidità”, Assicont, sito web: https://vimeo.com/167858212 38 Negli ultimi decenni i diversi interventi di tipo legislativo e le varie pronunce di tipo giurisprudenziale hanno percettibilmente mutato la disciplina della responsabilità della banca nei confronti dei clienti. Di conseguenza si è modificato il modo di operare della stessa. L’evoluzione di questa normativa, anche grazie al recepimento di alcuni principi comunitari pone oggi, rispetto a quanto non lo fosse già in passato il clienteconsumatore, in una condizione più favorevole permettendogli una maggiore consapevolezza di quelli che sono i propri diritti contrattuali attraverso l’accesso a molte più informazioni e dati che possono essere reperiti pure via web riguardanti il contratto posto in essere. Allo stesso tempo il legislatore impone una serie di obblighi contrattuali che la banca deve rispettare, soprattutto attraverso il recepimento che c’è stato delle seguenti direttive comunitarie: la 87/102/Cee sulla trasparenza dei rapporti contrattuali, la 90/88/Cee sul credito al consumo e la 93/13/Cee sulle clausole abusive nei contratti con i consumatori.36 Inoltre, focalizzandoci sull’argomento principale che interessa lo sviluppo di questa tesi, a tutela del contraente debole, sia con riferimento ai contratti bancari che con riferimento ad altre tipologie contrattuali asimmetriche e ad eventuali clausole vessatorie, è sorto il bisogno di introdurre una nuova tipologia di nullità del contratto oltre a quelle storicamente previste dal Codice civile nell’art.1418: la “nullità di protezione”. Tale nullità è così definita in quanto si manifesta non tanto per le ragioni contenute nella disciplina civilistica della nullità in generale relative alle casistiche delle nullità virtuali, nullità strutturali e nullità testuali, quanto piuttosto ai fini, di tutela di una delle parti. Poiché è una forma di nullità diversa dalle altre contenute nel Codice civile per quanto riguarda lo scopo che è quello di proteggere il cliente–consumatore, la nullità di protezione viene disciplinata nell’art.36 del Codice del consumo. 36 Cipolla L. e Daminelli S., (2016), “L’ESPERTO RISPONDE - BANCHE: LE CONTROVERSIE - Selezione di massime giurisprudenziali”, il Sole 24ore, pag. 3-4 39 Per quanto riguarda nello specifico i contratti bancari, la nullità di protezione, può essere attuata attraverso le regole richiamate nell’art. 1325 del Codice civile, che concedono al solo cliente contraente debole, e non anche alla banca, la possibilità di rilevare la nullità del contratto stipulato per difetto della forma scritta. 37 Stessa disciplina è contenuta anche negli art. 127 T.U.B. e art 23 T.U.F. 37 Luzi A., (2016), “La nullità di protezione nei rapporti di consumo”, pag. 2-4, Studio Cataldi – il diritto quotidiano 40 3.2 Condizioni generali di validità dei contratti bancari con particolare riferimento alla forma La forma è uno degli elementi essenziali tali da rendere un contratto valido. Per capire meglio quest’aspetto e per poterlo analizzare più dettagliatamente, è necessaria una breve premessa su quelli che sono gli elementi essenziali del contratto bancario e su quale disciplina è necessario seguire. Come qualsiasi altra tipologia contrattuale anche il contratto bancario per essere considerato valido deve necessariamente soddisfare determinati requisiti. Nello specifico, per individuare gli elementi essenziali che rendono il contratto bancario valido bisogna far riferimento alla disciplina generale del contratto di cui all’art. 1325 del Codice civile integrandola con le ulteriori previsioni di cui al T.U.B. e al T.U.F. Poiché le norme contenute nel T.U.B. e nel T.U.F. sono considerate, in funzione della gerarchia delle fonti, come norme speciali rispetto a quelle del Codice civile, invece, considerate regolari, in caso di contraddizione tra le due fonti, secondo il criterio giurisprudenziale di ‘specialità’, sarà la norma speciale a prevalere su quella regolare. Per capire meglio questo concetto è necessario analizzare che cosa prevede inizialmente la fonte normativa regolare contenuta nel Codice civile e, in particolare nell’art.1325 C.c., per poi analizzare che cosa affermano le fonti normative speciali.38 La fonte normativa regolare contenuta nel Codice civile di cui all’art.1325, individua come elementi essenziali del contratto, tali da renderlo valido ed efficace, i seguenti punti: 1) “L’accordo delle parti” abbiamo visto essere uno dei quattro requisiti fondamentali del contratto bancario e del contratto in generale. 38 Capobianco E., (2016), “ I contratti bancari”, pag.29-33, Utet giuridica, Milano 41 Esso rappresenta l’incontro delle manifestazioni o dichiarazioni di volontà delle controparti (Galgano, 2011). Di conseguenza, il contratto potrà considerarsi concluso e perfezionato solo se vi è completa coincidenza fra le dichiarazioni di volontà provenienti da entrambe le parti. Pertanto se l’accordo tra le parti non è completo ma è parziale, il contratto non risulterà essere vincolante ancorché le parti abbiano in un apposito documento segnato gli eventuali punti di convergenza.39 2) “La causa” rappresenta la ragione economica sociale per la quale viene stipulato il contratto; in altre parole delinea lo scopo, l’obiettivo del contratto.40 Ad esempio per il deposito bancario la causa è quella di raccogliere risparmio tra il pubblico per poi erogare credito. 3) “L’oggetto” del contratto fa riferimento all’oggetto dell’obbligazione. In altre parole, fa riferimento a tutto quell’insieme di beni o attribuzioni giuridiche e patrimoniali che le parti contraenti hanno deciso di trasferire, modificare, costituire o estinguere mediante il contratto posto in essere. E’ pertanto necessario, ai fini della validità del contratto, che tale contenuto sia possibile, lecito, determinato o quanto meno determinabile.41 4) “La forma” del contratto completa l’elenco dei quattro requisiti essenziali ai fini della validità del contratto e, di fatto, rappresenta l’elemento necessario con cui viene sancita la manifestazione di volontà delle parti contraenti. In funzione all’odierno sistema dei contratti, in linea generale, è prevista la libertà della forma. Di conseguenza, i contratti possono essere taciti o derivare da dichiarazioni espresse attraverso la stipulazione di contratti scritti o anche orali. 39 Galgano F., (2011), “il contratto” pag. 121-123, Dott. Antonio Milani, Cedam, Galgano F., (2011), “il contratto” pag. 149, Dott. Antonio Milani, Cedam 41 Zagrebelsky G., (2007), “1.Diritto civile”, pag.227, LE Monnier Scuola Mondadori, Milano 40 42 Ai fini della validità è sufficiente che la volontà delle parti sia manifesta a prescindere dal modo. Va tuttavia precisato però che in determinate circostanze, allo scopo di perseguire determinati effetti attraverso il contratto è prescritta dal legislatore una forma stabilita. Tale forma prescritta a pena di nullità è definita come forma “ad substantiam”, da non confondere con la cosiddetta forma “ad probationem”, prevista, invece, non ai fini della validità del contratto quanto piuttosto come mezzo di prova in caso di eventuali controversie.42 Abbiamo appena visto la disciplina generale relativa ai requisiti essenziali che rendono un contratto valido e quindi non nullo. Nel contesto bancario, abbiamo visto che è stata introdotta però anche una normativa speciale contenuta nel T.U.B. e nel T.U.F. che regola e disciplina i rapporti contrattuali intrattenuti tra banca e cliente. A tal proposito, alla disciplina dell’ art. 1325 del Codice civile appena analizzata, abbiamo accennato che, per il criterio di specialità, dovrà essere applicata la norma speciale contenuta nel T.U.B. e T.U.F. in aggiunta o in sostituzione a quella regolare. A titolo esemplificativo sono contenute delle previsioni specifiche ed aggiuntive rispetto alle norme codicistiche nell’art.117 del T.U.B. In questo articolo è previsto, al primo comma, che la forma dei contratti bancari deve essere scritta a pena di nullità ad eccezione, secondo il secondo comma, di eventuali casistiche che derogano a tale regola stabilite dal C.I.C.R. (Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio) Inoltre, al terzo comma è previsto l’obbligo per la banca di consegnare al cliente contraente, su richiesta di quest’ultimo, una copia del contratto bancario prima della sua sottoscrizione.43 42 43 Galgano F., (2011), “il contratto” pag. 191-204 , Dott. Antonio Milani, Cedam Capobianco E., (2016), “ I contratti bancari”, pag.29-33, Utet giuridica, Milano 43 3.3 Forma scritta e contenuto dei contratti bancari in funzione agli obblighi di trasparenza In riferimento alla forma scritta dei contratti bancari sono sicuramente da considerarsi di fondamentale rilievo le previsioni contenute nell’art. 117 T.U.B. che recita in questo modo: “ I contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. Nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo”.44 Di conseguenza, si può affermare con certezza che la forma scritta dei contratti bancari sia richiesta “ad substantiam”, cioè come requisito essenziale ai fini della validità dell’efficacia dello stesso atto. Sebbene questa sia la regola generale, va comunque precisato che lo stesso T.U.B. consente al C.I.C.R. di individuare anche alcune tipologie contrattuali per le quali sia prevista la forma libera.45 A tale proposito, il C.I.C.R., attraverso la delibera del 4/3/2003, ha stabilito che per le operazioni e sevizi effettuati occasionalmente non sia prevista la obbligatorietà della forma scritta qualora la somma della transazione sia inferiore ai 5000€, previa però conferma che dev’essere fatta per iscritto.46 Dello stesso avviso sono anche la dottrina prevalente e la giurisprudenza di legittimità (Cass, 9/7/2005 n.14470), ritenendo che sia ammessa la forma verbale delle aperture di credito a condizione che tale tipologia contrattuale sia collegata a sua volta da un contratto di conto corrente redatto per iscritto.47 Altro esempio è il c/c bancario (detto anche c/c di corrispondenza), per il quale il C.I.C.R. consente la libertà della forma. 44 Art.117 T.U.B. Corradin S., (2014), “il requisito della forma scritta dei contratti bancari”, (articolo), Iusletter, sito web : http://iusletter.com/il-requisito-della-forma-scritta-nei-contratti-bancari/ 46 Modica L., (2008), “Vincoli di forma e disciplina del contratto – dal negozio solenne al nuovo formalismo, pag. 290, Giuffrè Editore, Milano 47 Urbani A,(2010) “ L’attività delle banche”, pag. 127 Cedam, Casa Editrice dott Antonio Milani 45 44 Solitamente il c/c bancario, svolgendo un servizio di cassa, è associato ad un altro contratto come il deposito bancario o l’apertura di credito che, invece, sono redatti per iscritto. Essendo i due contratti collegati da un legame funzionale tale per cui la invalidità dell’uno potrebbe incidere sull’altro e viceversa, una domanda potrebbe sorgere spontanea: ‘Se, ad esempio, il contratto di apertura di credito prevede la forma scritta a pena di nullità, nel caso il contratto di c/c bancario sia redatto secondo un’altra forma, essendo quest’ultimo legato al primo ne potrebbe determinare la sua nullità?’ A tale proposito la giurisprudenza ritiene che, sebbene i due contratti siano collegati, è anche vero che ognuno continua a mantenere una propria autonomia giuridica, tale per cui la mancanza della forma scritta del c/c bancario non avrà effetto su una possibile nullità del contratto a cui è collegato (es. apertura di credito), pur nel rispetto da parte di quest’ultimo della forma scritta.48 Salve queste ipotesi individuate dal CICR, di cui sono stati riportati alcuni esempi, la regola generale resta quella contenuta nell’art.117 del T.U.B., secondo la quale per i contratti bancari è richiesta la forma scritta a pena di nullità (forma ad substantiam). Ma l’argomento non si esaurisce qui. Il legislatore ha previsto per le fattispecie contrattuali stipulate dalla banca un ulteriore contenuto minimo obbligatorio redatto per iscritto al fine di rispettare l’esigenza di trasparenza e di correttezza dell’operazione posta in essere. All’interno del sito della Banca d’Italia è presente un elenco delle ulteriori condizioni essenziali, rispetto a quelle già citate, affinché la forma del contratto non sia nulla. In particolare è previsto che la forma del contratto bancario contenga: 48 Rete assicont, Pizza F., (2016), “lezione 14 // contratti: operatività bancaria e cause di invalidità”, Assicont, sito web: https://vimeo.com/168784496 45 - L’indicazione e la misura del tasso d’interesse che viene applicato e di ogni altra condizione e dei prezzi praticati in esso, inclusi per i contratti di credito gli oneri di mora; - La periodicità di capitalizzazione, relativa cioè all’eventuale possibilità di capitalizzazione degli interessi (tali clausole per avere effetto devono essere specificatamente sottoscritte); - I costi che sono a carico del cliente contraente (ad esempio relativi all’invio della documentazione informativa o alle commissioni bancarie); - Lo ‘jus variandi’, che deve essere espressamente contenuto in un’apposita clausola (in questo caso vessatoria), istituto con il quale la banca si riserva la possibilità di modificare in senso sfavorevole al cliente le condizioni, i tassi e i prezzi previsti nel contratto, a condizione però che sussista un giustificato motivo (come un peggioramento della condizione economica e patrimoniale del cliente). Ai fini della validità ed efficacia di tale clausola è necessaria che la stessa sia espressamente prevista, pattuita e sottoscritta. Oltre a questa elencazione tassativa, viene fatta un’ulteriore precisazione: le clausole contrattuali sono da considerarsi nulle qualora sia fatto un rinvio agli usi o vengano applicate condizioni più sfavorevoli al cliente di quelle pubblicizzate. Questo sempre come meccanismo di tutela e di protezione del cliente ai fini del rispetto della trasparenza, posto che il cliente, non essendo un operatore del settore, potrebbe non comprendere perfettamente le conseguenze prodotte da tale rinvio.49 49 Banca d’Italia , “La trasparenza delle condizioni contrattuali - Guida alla lettura delle disposizioni in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti” sito web: https://www.bancaditalia.it/servizi-cittadino/cultura-finanziaria/informazioni-base/trasparenza-condizionicontrattuali/ 46 La forma telematica può soddisfare il requisito della forma scritta, secondo quanto disposto dall’art.20 ai commi 1-bis e 2 del d.lgs. n. 82 del 2005, ed è liberamente valutabile in giudizio dove verranno verificate se le relative caratteristiche risultano idonee a soddisfare rispettivamente la qualità, la sicurezza, l’integrità e l’immodificabilità che contraddistinguono i contratti bancari. Inoltre, deve essere apposta la firma elettronica qualificata o digitale secondo le regole stabilite ex art.71 dello stesso decreto, affinché sia garantita l’identificabilità dei contraenti.50 Esistono inoltre altri oneri informativi da rispettare da parte della banca, sempre in ossequio al principio di correttezza e di trasparenza. Trasparenza che, da come si è intuito, va intesa come quel meccanismo a favore del cliente che gli consente di avere accesso a tutta una serie di informazioni relative alle varie clausole del contratto tra le quali, ad esempio, le condizioni economiche, permettendogli una corretta valutazione sulla convenienza dell’operazione. Per completezza, con riferimento agli obblighi informativi che la banca deve rispettare circa le operazioni e i servizi offerti con le relative condizioni economiche, devono essere utilizzati i seguenti strumenti: - “Foglio informativo” (per consentire al cliente di poter valutare consapevolmente la banca che fa l’offerta migliore e il contratto migliore per le sue esigenze). Informazioni che la stessa Banca d’Italia obbliga le banche a rendere pubbliche sia nei propri uffici e sportelli sia on line e che sono le seguenti: i diritti del cliente, una guida sull’arbitro bancario e finanziario (l’A.B.F. è un organismo che ha il compito di raccogliere i reclami dei clienti e di decidere circa la loro fondatezza), un foglio informativo relativo ad ogni operazione e servizio praticabile (in relazione alle informazioni sulla banca e sui possibili rischi riscontrabili per ogni tipo di operazione), un 50 Banca d’Italia, “La trasparenza delle condizioni e dei servizi bancari e finanziari-correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti”, pag.21 47 elenco completo sulle condizioni economiche praticabili e le clausole per il diritto di recesso, un foglio comparativo sui mutui). - ‘Copia del contratto’ che il cliente ha diritto di richiedere in sede precontrattuale (copia che ovviamente non è vincolante per le parti e non comporta alcun onere per il cliente.) - ‘Rendicontazione periodica’ per i contratti di durata (consiste nell’onere da parte della banca di inviare al cliente rendiconti o documenti di sintesi che riepiloghino le principali condizioni contrattuali praticate nel contratto ed eventuali modifiche intercorse nel tempo). - ‘Comunicazione gratuita di eventuali modifiche unilaterali’. - ‘Documento di sintesi’ (posto solitamente nel frontespizio del contratto che sintetizza le condizioni economiche pubblicizzate, condizioni che poi nella pratica potranno essere solo migliorative, non peggiorative, contiene, inoltre, il piano d’ammortamento per mutui a tasso fisso, nonché l’indicazione dell’ISC, indicatore sintetico di costo, evidenziando le voci di costo della complessiva operazione.) Questa appena fatta è solo una sintesi per quanto riguarda gli obblighi di trasparenza, è evidente che in funzione delle diverse tipologie di contratti bancari sia indicato l’obbligo di fornire ulteriori informazioni al cliente, ad esempio per le operazioni di finanziamento è previsto l’obbligo di indicare il tasso Tegm per permette al cliente di tutelarsi e non rischiare di subire il fenomeno dell’usura, per i cambi di valuta sono previsti ulteriori obblighi informativi, ecc..51-52 51 Biffis P., (2015), “Le operazioni e i servizi bancari” VII edizione, pag. 48-55, G.Giappichelli Editore, Torino 52 Rete assicont, Pizza F., (2016), “lezione 14 // contratti: operatività bancaria e cause di invalidità”, Assicont, sito web: https://vimeo.com/168784496 48 3.4 Nullità per difetto della forma scritta dei contratti bancari Come accennato in precedenza, il T.U.B. è intervenuto a tutela del cliente con specifica normativa. In primis, l’art. 117 prevede, l’obbligatorietà, a pena di nullità del contratto bancario posto in essere, della forma scritta (quindi forma “ad substantiam”) e che una copia del suddetto contratto, comprensiva delle condizioni economiche praticate, debba necessariamente essere consegnata al cliente e appositamente sottoscritta. La nullità, come abbiamo visto, può essere determinata anche da altri tipi di situazioni, come le clausole che rinviano agli usi per la quantificazione dei tassi di interesse e dei prezzi e delle condizioni che vengono praticate, o clausole che prevedano uno di questi elementi maggiormente sfavorevoli per il cliente rispetto a quelli che erano stati pubblicizzati nel foglio informativo e nel documento di sintesi. 53 Oltre che all’osservanza di determinate forme di comunicazione da parte della Banca verso il cliente, il legislatore ha voluto contrastare anche eventuali comportamenti scorretti o abusivi a danno del cliente nei confronti del quale, viceversa, deve essere tutelato. Da tutto questo sono derivate le ulteriori previsioni di nullità ad ampliamento della disciplina di nullità contenuta nel Codice civile.54 Ma precisamente qual è il meccanismo di tutela che l’istituto della nullità relativa riserva al cliente? In linea generale, con riferimento alle tipologie di contratti del consumatore (nei quali rientrano certamente anche i contratti bancari) nella formulazione contrattuale il cliente-consumatore deve essere particolarmente tutelato in quanto parte debole. 53 Biffis P., (2015), “Le operazioni e i servizi bancari” VII edizione, pag. 58, G.Giappichelli Editore, Torino 54 Semeghini D., (2010), “Forma ad substantiam ed exceptio doli nei servizi di investimento” , pag.112-113, Giuffrè Editore, Milano 49 Il decreto legislativo 6/9/2005 n.206 (cosiddetto “Codice del consumo”), è stato introdotto proprio a tale scopo. Esso consiste in un Testo Unico al cui interno è stata riunita l’intera normativa nazionale che prevedeva forme di tutela a favore del cliente-consumatore. Tale tutela è applicata attraverso l’istituto della nullità relativa, così definita poiché può essere fatta valere soltanto dal cliente trattandosi di nullità prevista a protezione ( ‘nullità di protezione’). In questo contesto è sicuramente da analizzare il contenuto previsto all’art.36 del Codice del consumo. Tale articolo prevede l’applicabilità dell’istituto della nullità di protezione al fine di rendere simmetrico il contratto quindi: in ragione di eventuali clausole vessatorie presenti nel contratto, la nullità di quest’ultime non comportano la nullità della restante parte del contratto.55 Sulla modalità di applicazione della nullità di protezione, lo stesso art. 36 citato, al comma 3, recita espressamente: “La nullità opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d'ufficio dal giudice”.56 Da questa affermazione è possibile trarre alcune conclusioni in merito: la legittimità ad agire per chiedere la nullità è riservata al solo cliente e non anche alla propria controparte che gode di una posizione di forza nel rapporto, la rilevabilità della nullità può avvenire anche d’ufficio, quindi da parte del giudice, ma alla sola condizione che sia a favore del cliente. Più semplicemente, si può affermare che la parte forte del contratto (che sia l’imprenditore, il professionista, la banca, ecc.) qualora, una volta concluso il contratto, si accorga di aver mal formulato parte del contratto o alcune clausole, di fatto avvantaggiando il cliente a proprio danno, in ossequio alla regola appena 55 Guarente E. e Fino G., (2016), “La nullità contrattuale di protezione nel Codice del consumo”, articolo, Il sole24ore 56 Art. 36 c.3 Codice del consumo 50 descritta, non potrà agire per far dichiarare la nullità in quanto tale legittimazione è accettata solo se è a vantaggio del consumatore.57 L’applicazione di tale principio ai contratti bancari è possibile anche in virtù di una norma ad hoc contenuta nell’art.127 del T.U.B. di cui al titolo VI del suddetto testo, rubricato come “Trasparenza delle condizioni contrattuali”che prevede quanto segue nei suoi primi due commi: “1. Le disposizioni del presente titolo sono derogabili solo in senso più favorevole al cliente. 2. Le nullità previste dal presente titolo possono essere fatte valere solo dal cliente.”58 Dalla lettura di questi commi, si può rilevare, pertanto, che la nullità ad esempio per carenza della forma scritta è qualificata come ‘nullità relativa’. Di conseguenza la legittimazione a richiedere la nullità del contratto spetta al solo cliente o rilevabile d’ufficio solo nell’ipotesi che sia a favore del cliente; il tutto a protezione di quest’ultimo.59 Allo stesso modo l’art. 23 del T.U.F., con particolare riferimento ai servizi di investimento prestati dalla banca a favore del pubblico, prevede anch’esso l’istituto della nullità relativa (nullità di protezione) per alcuni contratti stipulati con la banca. Tale articolo, relativamente alla forma scritta del contratto stipulato con la banca, dispone che il contratto relativo ai servizi di investimento e accessori è nullo se non è redatto con la forma scritta (quindi forma “ad substantiam”) e, in tal caso, tale nullità può essere fatta valere solo dal cliente.60 La ratio della nullità di protezione richiesta per la carenza della forma scritta del contratto (“ad substantiam”) sopra citata è peraltro del tutto analoga a quella 57 Guarente E. e Fino G., (2016), “La nullità contrattuale di protezione nel Codice del consumo”, articolo, Il sole24ore 58 Art.127 T.U.B. 59 Malucchi S., (2015), “Contratto bancario valido se siglato dal funzionario di banca”, Articolo, Altalex 60 Art. 23 T.U.F. 51 prevista, come già accennato, a sanzionare con la nullità quelle clausole il cui contenuto non è determinato o determinabile poiché ad esempio è previsto il rinvio agli usi. Le ipotesi di nullità relative ai contratti bancari che rientrano nei casi di nullità di protezione, sono anch’esse da ricercarsi all’interno del titolo VI del T.U.B. rubricato come “trasparenza delle condizioni contrattuali nei rapporti con i clienti”. Tra le stesse è possibile fare una distinzione dividendole in due sottogruppi: le nullità di protezione che producono la caducazione della singola clausola ritenuta invalida lasciando valido il contratto e le nullità di protezione che comportano la nullità dell’intero contratto bancario. A titolo di completezza, si riportano sinteticamente alcuni esempi di cause di nullità rientranti in queste due categorie. Rientra nella prima categoria (casistiche che comportano la nullità della singola clausola lasciando però in vita il contratto) : - la clausola che prevede il rinvio agli usi; - la clausola che contiene eventuali pattuizioni fatte dalla banca che prevedono prezzi, tassi, condizioni economiche peggiorative rispetto a quelle pubblicizzate nei fogli informativi a sfavore del cliente; - la clausola in cui è prevista l’applicazione di una penale al verificarsi di eventuali ipotesi di estinzione anticipata del contratto; - clausole che prevedono particolari pattuizioni tali da ostacolare la portabilità del finanziamento; - clausole specificatamente contenute nei contratti di credito al consumo che prevedono costi che non sono inclusi nel TAEG. 52 Rientrano invece nella seconda categoria (casistiche di nullità di protezione tali da rendere nullo l’intero contratto bancario): - esistenza di difformità in riferimento ad alcune fattispecie il cui contenuto tipico viene disciplinato dalla Banca d’Italia - Mancanza, in riferimento ai contratto di credito al consumo, dell’indicazione di alcuni requisiti contrattuali (come, ad esempio: la tipologia, le parti del contratto, l’importo del finanziamento, le modalità di prelievo e di rimborso, ecc…); - mancanza della forma scritta. In conclusione, la mancanza della forma scritta dei contratti bancari, di fatto, comporta la nullità dello stesso contratto per intero. Nullità che può essere richiesta solo dal cliente o rilevata d’ufficio a favore sempre di quest’ultimo. Inoltre, è previsto che le restituzioni previste in seguito al verificarsi di una di queste cause di nullità di protezione per i contratti bancari avvengano necessariamente in modo tale da non esporre il cliente consumatore ad un eventuale pregiudizio finanziario rispetto a quanto pattuito contrattualmente.61 L’effetto della nullità riguarderà anche gli eventuali interessi ultralegali e le spese addebitate al cliente (art.117 T.U.B.), gli ordini di investimento a lui sfavorevoli nel caso dei contratti di investimento (art.23 T.U.F.). Ma occupandoci della forma scritta del contratto bancario, ed in particolare dell’obbligo prescritto a pena di nullità dagli art. 117 T.U.B. e art.23 del T.U.F., vedremo quali possono essere le casistiche che non soddisfano questo requisito essenziale determinando la nullità dell’intero contratto bancario. 61 Fiorucci F., (2015), “trasparenza bancaria e le ipotesi di nullità”, articolo, Euroconference Legal 53 Innanzitutto quei contratti bancari che non rispettano i contenuti descritti nel capitolo precedente ed inoltre alcune circostanze controverse che verranno analizzate nel dettaglio nella seconda parte della tesi attraverso l’analisi di alcune sentenze che si sono espresse in merito. E’ necessario infatti sottolineare che in questa delicata materia, le norme codicistiche, unitamente alle norme speciali del sistema bancario e del codice di consumo, non sono ancora sufficienti a disciplinare l’intera materia. Molti casi particolari e aspetti controversi sono stati risolti solo in giurisprudenza con l’intervento di sentenze anche contrapposte, espressione di interpretazioni dei giudici chiamati in causa. Nello specifico, se è vero che si è ampiamente parlato del requisito della forma scritta “ad substantiam” dei contratti bancari negli art. 117 T.U.B. e 23 T.U.F., è anche vero che in riferimento allo stesso si è solo precisato l’obbligo, senza prevedere nel dettaglio le varie casistiche. Le peculiarità di queste, che verranno trattate in seguito attraverso l’analisi di sentenze, rispondono a titolo esemplificativo e non esaustivo ad alcune delle seguenti domande. Con riferimento alla mancata sottoscrizione di una delle parti, come ci si deve comportare? Il contratto bancario in tal caso può essere comunque considerato valido, oppure è in ogni caso è da considerarsi nullo? Ancora, se un contratto bancario non redatto per iscritto viene ricollegato ad un altro contratto bancario, viceversa redatto per iscritto, in virtù dello scopo perseguito, è da considerarsi nullo oppure no? La nullità di protezione prevista ex art. 127 T.U.B. è una nullità che il cliente ha diritto ad eccepire per richiedere la nullità del contratto, ma per la sua totalità o limitatamente ad alcuni effetti? E nel secondo caso potrebbe configurarsi un abuso del proprio diritto? 54 La tesi prosegue dunque affrontando l’analisi di alcune delle più importanti sentenze che si sono espresse su questi punti, evidenziando come nel tempo l’orientamento su questi aspetti si sia modificato e talvolta radicalmente ribaltato, creando dei veri e proprio contrasti di natura giurisprudenziale tra i vari giudici nell’emanare le proprie sentenze. 55 Parte II: trattazione empiristica Problematiche e casi controversi dovuti alla mancanza del rispetto della forma scritta “ad substantiam” dei contratti bancari 1. Premessa In questa parte l’attenzione sarà focalizzata sull’analisi di alcune sentenze che hanno affrontato nel tempo particolari casi controversi sorti tra banca e clienti circa le modalità con le quali è richiesto il requisito della forma scritta “ad substantiam” dagli art. 117 T.U.B. e art. 23 T.U.F. Requisito richiesto ai fini della validità ed efficacia giuridica dello stesso contratto bancario, la cui carenza determina, quindi, la nullità dello stesso. Prima di procedere nel dettaglio è bene fare una breve premessa riprendendo alcuni concetti analizzati durante la trattazione teorica di questa tesi per comprendere meglio l’origine di questo problema. 1) il mancato rispetto della forma scritta, qualora sia prevista dalla legge ai fini della validità di un contratto, ne determina la nullità (al pari della mancanza degli altri elementi fondamentali: accordo tra le parti, causa e oggetto).(nullità del contratto in generale contenuta nel Codice civile all’art. 1418.) 2) le norme speciali contenute nel T.U.B. e nel T.U.F. (prevalenti rispetto a quelle codicistiche) prevedono una disciplina particolare da rispettare nella redazione scritta indicazione delle di tale contratto a pena di nullità (esempio: chiara condizioni economiche praticate, indicazione dell’applicazione di eventuali ius variandi, ecc..), ( in mancanza 56 il contratto è nullo per difetto della forma scritta richiesta “ ad substantiam” ex art. 23 T.U.F. e art. 117 T.U.B.) Saranno analizzate quindi in questa parte in maniera dettagliata le principali controversie che possono sorgere tra cliente e banca. Soprattutto in riferimento ai contratti d’investimento, (ma questo vale anche per gli altri contratti bancari), oltre alle previsioni codicistiche appena ricordate, la nullità può configurarsi anche per inosservanza di norme imperative (così definite perché data la loro importanza non possono essere in alcun modo derogate dalle parti) o appunto come accennato per mancanza di forma scritta richiesta ad substantiam. Partendo inizialmente dalla prima tipologia di contenzioso nei rapporti con la banca si può dire che, tra queste norme imperative e quindi non derogabili dalle parti, rientrano soprattutto le norme relative alla “trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti” contenute nel titolo VI del T.U.B. e quelle relative alle cosiddette “norme di comportamento” di cui all’art. 21 del T.U.F. che riguardano più specificatamente i contratti d’investimento. Norme imperative che, da come si può intuire dalla loro denominazione, servono a regolare il comportamento della banca nei confronti del cliente asservendo ad una triplice funzione: natura informativa, compiere operazioni adeguate non abusando della propria posizione di vantaggio dovuta all’asimmetria informativa tra le controparti, evitare eventuali conflitti d’interesse. I contenzioni derivanti dalla violazione di queste norme imperative, tuttavia, secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato espresso da diverse sentenze della Corte di Cassazione, non possono dare luogo ad ipotesi di nullità contrattuale. Essendo norme volte a regolare la condotta della banca, al limite, la violazione delle stesse potrà configurare una responsabilità di natura precontrattuale e che 57 quindi potrà portare ad ipotesi di annullamento o di risoluzione del contratto con eventuale risarcimento del danno ma mai ad un’ipotesi di nullità contrattuale. Contenziosi che era giusto, per completezza, corretto accennare ma che, in ragione di questa motivazione, non verranno di seguito approfonditi in questa tesi .per lasciare spazio alle controversie derivanti dal mancato rispetto della forma scritta dei contratti bancari richiesta ad substantiam ai sensi degli art. 117 T.U.B. e 23 T.U.F. Tipologie di controversie con soluzioni certe A non destare particolari problematiche in sede di giudizio sono le controversie tra banca e clienti in cui quest’ultimi chiedono la nullità per difetto della forma scritta ad substantiam (nel rispetto dell’istituto della nullità di protezione a loro concesso) poiché nel contratto è assente l’indicazione in forma scritta di alcuni elementi che formano il contenuto del contratto stesso che le norme prevedono siano espressamente indicati per iscritto all’interno del contratto (esempio in riferimento alle condizioni economiche praticate, ecc..) Forma e contenuto di elementi quindi espressamente prescritti dalla legge o da norme attuative (es. regolamenti Consob) la cui non indicazione fatta per iscritto determina la nullità per difetto della forma scritta del contratto bancario. Tale forma e contenuto è espressamente prevista per due ragioni: 1) Per il fatto che il contratto bancario è una sorta di contratto per adesione nel quale è la banca a stabilire le diverse condizioni economiche praticate e quindi a proporle al cliente che decide se sottoscriverle o meno, e il cliente deve essere messo nella posizione di poter comprendere al meglio tali condizioni al fine di fare una scelta consapevole. 2) Perché costituiscono anche un importante mezzo probatorio a vantaggio del cliente per contestare alcune irregolarità da parte della banca nel caso non rispetti alcune previsioni contenute per iscritto nel contratto, o per 58 agire per chiedere la nullità qualora manchi l’indicazione di qualche elemento, la cui indicazione fatta per iscritto risulta obbligatoria. Forma e contenuto, essendo regolamentate in modo abbastanza chiaro da specifiche norme non generano dubbi da parte dei giudici nella regolazione di eventuali controversie volte a dichiarare o meno la nullità del contratto bancario per difetto della forma scritta richiesta ad substantiam.62 Tipologie di controversie con soluzioni divergenti Ad aver destato e, come si vedrà, a destare tuttora, particolari problemi sono le controversie sorte in riferimento all’azione di nullità per difetto della forma scritta ad substantiam del contratto bancario sollevate dal cliente nei confronti della banca, relative a fatti e circostanze che non sono espressamente disciplinati dalla legge o da norme speciali e quindi lasciate alla mera interpretazione e giudizio della giurisprudenza attraverso le varie sentenze dei giudici. In particolare, si era analizzato durante la trattazione teorica di questo elaborato che, sebbene sia esplicitamente espressa la previsione secondo la quale i contratti bancari per essere considerati validi e quindi idonei a produrre effetti giuridici debbano necessariamente essere redatti per iscritto, non sono state invece esplicitamente regolamentate le modalità con le quali il rispetto di tale obbligo debba essere assolto. Ad esempio non si è detto niente in riferimento alla possibilità di stipulare un contratto bancario anche oralmente se collegato da un forte legame vincolante ad un altro contratto bancario redatto per iscritto; alla possibilità di stipulare un contratto bancario anche in assenza della doppia sottoscrizione, ecc… In mancanza di una specifica norma, i giudici si sono trovati nella necessità di cercare di colmare queste lacune attraverso le proprie sentenze. 62 Sangiovanni V., “Mancata sottoscrizione e forma del contratto di intermediazione finanziaria”, in Magistra, Banca e Finanza - www.magistra.it - ISSN: 2039-7410, 2011 59 Sentenze che, trattandosi di espressione di interpretazioni personali in riferimento alle diverse norme e relative alle diverse situazioni di giudizio, sono state oggetto di forti contestazioni da parte di altri giudici facendo in modo che l’orientamento giurisprudenziale cambiasse diverse volte nel tempo. A creare problemi nel mondo giuridico è stato ed è tuttora soprattutto il problema legato all’obbligo o meno della doppia sottoscrizione del contratto bancario al fine di rispettare la forma scritta richiesta ad substantiam. Problema che ha causato diverse sentenze contrastanti tra loro ognuna che prende posizioni diverse sull’argomento con tutta una serie di conseguenze rilevanti a vantaggio o a svantaggio del cliente in relazione all’interpretazione del giudice nella sentenza emessa. A titolo esemplificativo, per far capire l’importanza e le conseguenze dei diversi orientamenti giurisprudenziali che nel tempo si sono susseguiti nella stessa tipologia di controversia, basta ricordare alcuni tra i principali effetti: - Nei contratti bancari, in caso di nullità per difetto della forma scritta richiesta ad substantiam ai sensi dell’art. 117 T.U.B., il cliente ha diritto a far valere l’azione di nullità dell’intero contratto. - Nel caso si tratti di contratti di investimento stipulati con la banca, in mancanza del rispetto della forma scritta richiesta ad substantiam, ai sensi dell’art. 23 T.U.F., l’investitore ha diritto a far valere la nullità dell’intero contratto quadro facendo quindi rendere inefficaci tutti gli atti attuativi contenuti in esso e relativi alle singole operazioni di investimento che nella fattispecie si sono rivelate a lui sfavorevoli (anche qui è dubbio se si possa configurare un’ipotesi di nullità selettiva colpendo solo alcuni di questi atti oppure necessariamente tutti in quanto sarebbe un abuso del diritto esercitato dal cliente); In entrambi i casi il cliente avrà diritto ad ottenere la contestuale nullità degli eventuali interessi ultralegali applicati, delle commissioni e delle spese che gli 60 erano stati addebitati durante il rapporto contrattuale ottenendone quindi la relativa restituzione (secondo art.1284 Codice civile e art. 117 del T.U.B.).63 __________ Si prosegue ora entrando nel dettaglio delle singole controversie con particolare riferimento alla seconda tipologia, cioè a quelle la cui risoluzione è lasciata alla giurisprudenza. In particolare i casi utilizzati ai fini del presente studio riguardano: 1) Sentenze che hanno ritenuto validi i contratti bancari stipulati con forme diverse da quella scritta. 2) Sentenze emesse in merito all’obbligo o meno della doppia sottoscrizione ai fini del rispetto della forma scritta ad substantiam del contratto bancario. 63 Leccese A., (2016), “Contratto bancario nullo se firmato solo dal cliente”, Altalex 61 2 Sentenze sulla validità dei contratti bancari stipulati secondo un’altra forma diversa dalla forma scritta Premessa Abbiamo visto che l’art.117 del Testo Unico Bancario e l’art. 23 del Testo Unico delle Finanze prescrivono l’obbligo della forma scritta dei contratti bancari ai fini della loro validità (forma ad substantiam). Salvo però, in casi particolari, rimandare la competenza al Cicr di individuare altre forme, diverse da quella scritta, affinché sia valido un contratto stipulato con la banca. Al di fuori di queste situazioni esiste invece tutta una serie di casistiche per le quali è dubbio il rispetto del requisito della forma scritta. In particolare può accadere che un contratto bancario non redatto per iscritto sia collegato da un forte legame di interdipendenza (pur essendo essi strutturalmente autonomi), poiché condividono un unico scopo, con un altro contratto bancario che, invece, è stato redatto per iscritto. In questo caso è interessante chiedersi se il primo contratto sia comunque da considerarsi valido oppure no in virtù di tale legame funzionale. La soluzione trovata dalla giurisprudenza si rinviene da più sentenze che sembrano aver trovato una risposta affermativa. In particolare, le due sentenze analizzate di seguito risultano particolarmente significative. 62 Sentenza n. 20726 del 01/10/ 2014 della Corte di Cassazione Una sentenza significativa che affronta il tema della forma scritta dei contratti bancari è quella emanata dalla Suprema Corte n.20726 del 1/10/2014. Il problema originario era quello di decidere se un contratto di conto corrente privo di forma scritta, quindi apparentemente contrario da quanto disposto dall’art. 117 del Testo unico bancario per cui è richiesta la forma scritta ad substantiam, fosse da considerarsi comunque valido perché collegato funzionalmente da un contratto di apertura di credito il quale, invece, rispetta tale requisito della forma scritta. L’antecedente a tale sentenza deriva da un’opposizione compiuta dalla banca contro l’ammissione al passivo di una società s.r.l. sua cliente. In particolare la banca richiese che fosse ammesso un suo credito vantato su questa società cliente derivante da un’apertura di credito effettuata e concessa con atto pubblico da notaio e utilizzata in relazione ad un rapporto di conto corrente separato. La questione è stata posta in giudizio e nei diversi gradi ci sono state delle conclusioni differenti. Nei primi due gradi di giudizio i giudici rigettarono la richiesta di opposizione formulata dalla banca. In particolare giustificarono il rigetto facendo leva sul fatto che la banca in realtà aveva dichiarato di non essere in possesso del contratto di conto corrente e che per la validità di tale contratto è necessariamente richiesta la previsione di cui all’art. 117 del Testo unico bancario e cioè l’obbligo della forma scritta a pena di nullità. Tuttavia, come evidenziato nella trattazione della prima parte della presente tesi la dottrina prevalente e la giurisprudenza di legittimità ad un certo punto storico hanno ritenuto del tutto valida la forma non scritta di determinate tipologie di contratti bancari, a condizione che questi ultimi siano legati da un legame funzionale ad un’altra tipologia contrattuale bancaria che rispetti però la forma scritta ad substantiam. 63 A sostegno di tale posizione, anche lo stesso art.117 rimette per alcune fattispecie contrattuali stipulabili con la banca la facoltà al Cicr di prevedere altre forme diverse dalla forma scritta. Ritornando alla nostra controversia, la banca, consapevole di tale orientamento propose nuovamente ricorso all’ultimo grado di giudizio, in ragione del fatto che tale contratto di conto bancario, poiché formalizzato nel 2001, dovesse di conseguenza rientrare tra le previsioni di cui all’art. 3 della legge n.154/1992 e delle disposizioni contenute nel decreto del ministro del tesoro del 24/4/1992 e dalle istruzioni della Banca d’Italia, le quali, appunto, prevedevano la non obbligatorietà della forma scritta ai fini della validità del contratto qualora esso fosse legato da un altro contratto bancario per il quale fosse prevista la forma scritta obbligatoria. I giudici della Suprema Corte accolsero, invece, la richiesta proprio in ragione delle motivazioni descritte. Attraverso la sentenza pronunciata si giustificarono in questo modo: dicendo che, sebbene l’utilizzo dell’apertura di credito avvenga attraverso un distinto contratto di conto corrente, tale legame non è tale da costituire un unico contratto e quindi a far perdere l’autonomia giuridica di entrambi. Questo perché entrambi i contratti bancari continuano ad avere oggetti diversi: l’apertura di credito ha per oggetto il fornire una disponibilità monetaria al cliente e a divenire quindi un suo creditore; mentre il contratto di conto corrente ha per oggetto l’offrire un servizio di cassa. Di conseguenza, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato nel tempo, tali contratti bancari, pur rimanendo strutturalmente autonomi, sono comunque legati da un unico interesse economico tale da rendere legate le vicende derivanti dagli oggetti dei due contratti. Ecco quindi che, pur mantenendo ognuno una propria individualità dal punto di vista giuridico, tale legame di interdipendenza delle varie vicende di entrambi i contratti fanno si che le eventuali ipotesi di invalidità, inefficacia e risoluzione di uno si ripercuotano anche sull’altro. (vedasi sentenze della cassazione: “n.18884 del 10/7/2008”, “n.14611 del 12/7/2005”, “n.8410 del 25/08/1998”). 64 In funzione di quest’ottica il contratto di apertura di credito non necessariamente potrà essere dichiarato nullo in ragione del fatto che non vi sia stata la dimostrazione che il contratto di conto corrente sia stato stipulato nella forma scritta ad substantiam come prescritto. Questo perché di fatto la causa del contratto di apertura di credito consiste nella creazione di una disponibilità per il cliente correntista, il quale a sua volta potrà usufruirne più volte, ricostituirla o non utilizzarla. L’insorgenza del credito a favore della banca è ricollegato all’effettivo prelievo di tale somma accreditata mediante il contratto di conto corrente a cui si collega il primo. Essendoci quindi questo collegamento tra i due contratti bancari, seppur strutturalmente e giuridicamente autonomi, vi è un interesse economico condiviso tale da far si che l’utilizzazione della somma giustifichi la validità dell’altro contratto di conto corrente sebbene sprovvisto della forma scritta ad substantiam.64 64 Corradin S., (2014), “Il requisito della forma scritta nei contratti bancari”, Iusletter sito web: “http://iusletter.com/il-requisito-della-forma-scritta-nei-contratti-bancari/” 65 Sentenza n. 14470 del 09/07/2005 della Corte di cassazione La causa ebbe origine da una citazione in giudizio contro Montepaschi S.p.a. effettuata da una società S.p.a. sua cliente che era fallita. In particolare, la richiesta di questa società cliente consisteva nell’azione revocatoria delle rimesse di conto corrente effettuate, tra l’altro per un importo consistente, sul conto corrente bancario nell’anno in cui essa non era stata ancora dichiarata fallita. Richiesta presentata in ragione del fatto che il contratto di apertura di credito al quale si riferisce quello di conto corrente e di conseguenza le operazioni poste in essere con esso, non rispettava il requisito della forma scritta richiesto ad substantiam a norma degli art. 117 T.U.B. e 23 T.U.F. Dal canto suo Montepaschi si difendeva dimostrando che l’assenza della forma scritta del contratto di apertura di credito poteva essere supplita, in ragione di quello che era l’orientamento giurisprudenziale dell’epoca, attraverso fatti concludenti quali la dimostrazione di atti contabili come gli estratti conto delle operazioni. Nel primo grado di giudizio il giudice del Tribunale di Napoli accolse la richiesta della società condannando quindi la banca a pagare le somme dovute più le sanzioni al cliente. La banca Montepaschi fece però ricorso in appello, ma il giudice non fece altro che ribadire la sentenza di primo grado. I giudici giustificarono tale decisione in quanto i fatti concludenti dimostrati dalla banca in questo caso non erano sufficienti a dimostrare la manifestazione di volontà delle parti, anche perché il contratto non era nemmeno stato sottoscritto dal cliente non essendo in forma scritta.65 Con il ricorso successivo alla Corte di Cassazione si ottenne un risultato differente. La Corte ha sentenziato che qualora un contratto di apertura di credito risulti collegato funzionalmente e disciplinato da un contratto di conto corrente redatto 65 Cass., 9 Luglio 2005, n. 14470 66 rispettando la forma scritta, risulta essere comunque valido sebbene sia stato redatto seguendo una diversa forma. Posizione presa poiché sebbene le norme sulla trasparenza bancaria e l’art.117 del T.U.B. prescrivano l’obbligo della forma scritta ad substantiam, allo stesso tempo demandano la facoltà al Cicr, per giustificati motivi tecnici, di individuare anche altre forme diverse da quella scritta per poter stipulare determinati contratti bancari. Di conseguenza sono del tutto legittime le previsioni normative emanate dal Cicr e dalla Banca d’Italia, proprio perché le disposizioni emanate servono a completare e ad integrare la legge che, per questa circostanza contrattuale, prevedono la non obbligatorietà della forma scritta ai fini della validità del contratto di apertura di credito proprio perché esso è collegato da un forte legame di interdipendenza col contratto di conto corrente, invece redatto per iscritto. Quindi, pur essendo i due contratti strutturalmente autonomi, condividono un unico scopo, un unico interesse economico tale da rendere legate le vicende derivanti dagli oggetti dei due contratti. 67 3 Sentenze sulla validità dei contratti bancari in assenza della sottoscrizione della banca Premessa Si è già più volte detto che gli art. 117 T.U.B. e art. 23 T.U.F. prevedono la forma scritta ad substantiam dei contratti bancari, ma si è anche detto che all’interno di questi articoli o di altre norme speciali non vi sono contenute alcune indicazioni esplicite sulla modalità con le quali assolvere a tale principio. In particolare ci si domanda se un’eventuale mancanza di sottoscrizione da parte della banca possa configurare un’ipotesi di nullità per difetto della forma scritta oppure no. Lacune che, come si è detto, non essendo colmate da alcuna norma speciale vengono in parte colmate dall’orientamento dei vari giudici in merito a cause che affrontano questo tema. Tale problema sorge soprattutto in virtù del fatto che non è chiaro quanto siano similari i due istituti della “nullità generale” dei contratti (disciplinata dal Codice civile) e della “nullità di protezione” (prevista specificatamente in questo caso per regolare i rapporti contrattuali tra banca e cliente). Nel primo caso si desume l’obbligo della doppia sottoscrizione per il rispetto della forma scritta qualora sia richiesta ad substantiam ai fini meramente pubblicistici poiché l’art. 1421 C.c. prevede che in assenza di questo requisito l’azione di nullità è di tipo assoluto, può esser fatta valere da chiunque ne abbia interesse o esser rilevata d’ufficio dal giudice. Quindi il requisito formale della doppia sottoscrizione fa sì che il contratto sia valido e produca effetti giuridici. Tuttavia, le norme speciali non prevedono niente in merito all’obbligo della doppia sottoscrizione, al fine di rispettare il requisito della forma ad substantiam , proprio in ragione del fatto che la nullità di protezione prescritta per i rapporti con 68 la banca ha delle finalità differenti rispetto a quelle di natura pubblicistica della disciplina del contratto in generale. Qui la finalità è di proteggere il cliente in quanto trattasi di nullità relativa che solo il cliente ha diritto di invocare o il giudice purché sia volta a favorire il cliente. Secondo il “criterio di specialità”, a prevalere dovrebbero essere le norme speciali contenute nel T.U.B. e nel T.U.F., ma poiché non è stato previsto niente in riferimento all’eventuale obbligo della doppia sottoscrizione, tale principio non si applica e in linea teorica dovrebbe applicarsi quello contenuto nella disciplina regolare. Ma questo non sempre risulta possibile perché, anche se si tratta sempre di nullità, la funzione dei due istituti presenta delle differenze. Se si ponesse sullo stesso piano i due istituti sarebbe corretto applicare le previsioni del Codice civile e quindi prevedere l’obbligo della doppia sottoscrizione per rispettare la forma scritta ad substantiam, mentre se non li si pone sullo stesso piano tale obbligo viene meno. Questa è una questione posta all’attenzione a seguito di una sentenza recente emanata dalla Corte d’Appello di Venezia che, evidenziando tale mancanza legislativa, ha sottolineato la difficoltà di risolvere giurisprudenzialmente tale problematica. Le contestazioni, in questi casi sorgerebbero appunto per mancanza di sottoscrizione da parte della banca e non di entrambe le controparti. Questo perché, se mancassero entrambe le sottoscrizioni è pacifico ritenere che il contratto bancario sia da ritenersi nullo in quanto non manca l’eventuale rispetto della forma scritta ad substantiam ma manca soprattutto la dimostrazione dell’esistenza dell’accordo tra le parti (altro requisito richiesto ai fini della validità contrattuale dal Codice civile). In riferimento alla mancanza della sottoscrizione del contratto bancario da parte della banca e del cliente si può citare tra le altre la sentenza n.1681ss del 18/02/2009 del Tribunale di Ancona. 69 Ma se la mancanza della sottoscrizione da parte di entrambe le parti appare risolta in modo abbastanza chiaro dalla giurisprudenza, a destare particolari problematiche da un punto di vista meramente interpretativo, per i motivi già detti, risulta sicuramente essere il caso diverso di mancanza di sottoscrizione da parte della sola banca nel contratto stipulato con il proprio cliente. Orientamenti giurisprudenziali Per capire meglio la natura del problema e le modalità con le quali si è cercato di risolverlo è necessario fare un passo indietro partendo dall’inizio. In ossequio con la previsione codicistica la giurisprudenza inizialmente ha ritenuto che se in un contratto è richiesta la forma scritta ad substantiam, la forma scritta dev’essere considerata come elemento costitutivo dello stesso, di conseguenza anche gli elementi essenziali del contratto devono essere redatti per iscritto quindi causa, oggetto, determinate pattuizioni e soprattutto l’accordo delle parti al fine di dimostrare l’esistenza della volontà delle parti a concludere tale contratto (Cass., 1 Marzo 1967, n.453 o Cass., 22 Maggio 1974, n. 1352, ecc…) Di conseguenza l’accordo si conclude con la sottoscrizione appunto per iscritto del documento, per soddisfare il requisito formale previsto obbligatoriamente dall’art. 117 T.U.B. e art. 23 T.U.F., a tal proposito la sentenza n.1495 del 7 Giugno 1966 sottolinea testualmente: “in quanto sia estrinsecazione diretta della volontà contrattuale”. Ma già da questi orientamenti iniziali sono sorte alcune problematiche anche in ragione del fatto che la disciplina dei contratti bancari contiene molte specificità tali da renderla difficilmente del tutto comparabile con quella del contratto in generale, basti pensare alla diversa funzione e azione di nullità prevista per i due istituti. Inoltre, come già fatto notare, attraverso l’analisi delle sentenze precedenti (n.20726 e n.14470) in realtà, a determinate condizioni, un contratto bancario può ritenersi comunque valido anche in assenza della sottoscrizione della banca. 70 Ci sono cioè degli aspetti, nella disciplina dei contratti bancari, tali, data la loro specificità, da mettere quindi in discussione la previsione appena espressa secondo la quale la doppia sottoscrizione per iscritto è un elemento da rispettare tassativamente ai fini del rispetto della forma scritta richiesta ad substantiam. In particolare ci si è interrogati nel tempo se l’accordo della banca potesse, ad esempio, essere desunto anche da altri mezzi in modo tale da supplire a tale mancanza e quindi evitare eventuali azioni di nullità per difetto della forma scritta, oppure, al contrario, se il contratto bancario in assenza di tale sottoscrizione sia comunque da ritenersi nullo. A tal proposito si è riscontrato e si riscontra tuttora, un cambio frequente di quello che è l’orientamento giurisprudenziale relativo a questo problema. La giurisprudenza ha, infatti, a volte previsto la possibilità di sanare tale mancanza e altre volte ha cambiato opinione non prevedendola più. Parte della giurisprudenza, in particolare la Cassazione ritiene che questa previsione sia possibile, a tal proposito la sentenza della Corte di Cassazione n. 3088 del 13 febbraio 2007 ha ritenuto che per rispettare il requisito della forma scritta ad substantiam richiesta per i contratti bancari non è necessario che la manifestazione di entrambi i consensi sia contenuto in un unico documento ma tale accordo può ritenersi altresì perfezionato anche nel caso in cui le sottoscrizioni siano presenti in documenti distinti purché il giudice accerti l’esistenza del legame inscindibile tra i due contratti.66 Ma già in relazione a tale interpretazione sono sorte alcune problematiche che si sono riscontrate in particolare con riferimento ai contratti d’investimento: contratti bancari che per loro natura presentano alcune particolarità, in quanto, a differenza di altri contratti bancari, essi danno seguito quasi sempre a delle singole operazioni di compravendita di strumenti finanziari che sono quindi ad esso collegati. 66 Sangiovanni V., “Mancata sottoscrizione e forma del contratto di intermediazione finanziaria”, in Magistra, Banca e Finanza - www.magistra.it - ISSN: 2039-7410, 2011 71 Atti che, seppur autonomi, sono strettamente correlati tra loro dalla finalità comune poiché i singoli ordini d’investimento comportano lo spostamento finanziario previsto e disciplinato dal contratto quadro stesso. A questo punto è lecito chiedersi se, per questi contratti la cui forma scritta ad substantiam è richiesta ai sensi dell’art. 23 T.U.F., in base a questa interpretazione, i singoli ordini di acquisto contenuti in un unico contratto quadro di negoziazione qualora siano sottoscritti da entrambe le parti possono rendere il contratto da cui discendono comunque valido ed efficace (sebbene in esso manchi la sottoscrizione della banca) oppure no? Domanda che sorge soprattutto in ragione del fatto che è possibile per consuetudine che la banca ponga la propria sottoscrizione al contratto quadro anche successivamente all’effettuazione del primo ordine di acquisto. La posizione della giurisprudenza a sostegno della necessità della doppia sottoscrizione dei singoli atti di acquisto per la validità del contratto quadro di investimento è molto contestata e ritenuta ora per lo più inammissibile nonostante tutte le motivazioni sopra descritte. Nello specifico, l’orientamento giurisprudenziale ora prevalente ritiene, infatti, che questi documenti (il contratto quadro di negoziazione da una parte e i singoli atti negoziali di investimento dall’altra) siano documenti il cui contenuto è talmente diverso da non permettere la dimostrazione dell’esistenza di uno scambio di consensi tra le parti, anche in virtù del fatto che il singolo atto d’investimento non può contenere al suo interno tutte le condizioni e modalità previste e contenute appunto nel contratto quadro di negoziazione. (esempio vedasi sentenza n. 152 del 12 Ottobre 2010 del Tribunale di Rimini). Oltre al semplice fatto che è lecito ritenere tali ordini di investimento si degli atti di natura negoziale, ma anche, per le ragioni appena dette in riferimento all’autonomia rispetto al contratto quadro, sebbene siano in esso contenuti, non possono configurarsi come dei veri e propri contratti da un punto di vista meramente formale. (sentenza n. 7068 del 11/04/2016 della Corte di cassazione). Di conseguenza, si sta consolidando l’orientamento giurisprudenziale che prevede un formalismo più rigoroso da rispettare in riferimento alla redazione del contratto 72 quadro e un maggior grado di flessibilità, invece, per i singoli ordini di acquisto in esso contenuti poiché non trattasi di veri contratti formali per i quali quindi non è espressamente previsto l’obbligo della forma scritta anche per evitare eventuali rallentamenti di operatività delle operazioni. Ma se su questo punto l’orientamento giurisprudenziale è abbastanza concorde, lo stesso non si può dire in relazione al caso contrario. In particolare si è riscontrato nel tempo casi in cui la banca ha dato seguito ad operazioni d’investimento redatti per iscritto ma in assenza di un contratto quadro di negoziazione in cui vi fosse la sottoscrizione della banca con la conseguente contestazione della nullità di esso per vizio della forma scritta ad substantiam (art. 23 T.U.F.). Ci si è chiesti se in tal caso tale mancanza di sottoscrizione, che rende nullo quindi il contratto quadro, rendesse nulli anche i successivi ordini di acquisto o se tali ordini, poiché ognuno recanti la sottoscrizione della banca e rispettosi della forma scritta, potessero supplire alla mancanza nel contratto quadro e quindi evitare la sua nullità. Anche qui alcuni giudici ritengono inammissibile tale previsione di supplire alla mancata sottoscrizione da parte della banca nel contratto quadro attraverso la sottoscrizione di questi atti negoziali strettamente correlati al primo, proprio perché non sono dei veri e propri contratti e risultano essere autonomi rispetto al primo non avendo lo stesso contenuto previsto per il contratto quadro (di quest’orientamento è ad esempio la stessa sentenza n. 152 del 12 Ottobre 2010 del Tribunale di Rimini). Parte della dottrina, al contrario, non è totalmente d’accordo con questa previsione. Questo in ragione del fatto che la legge prevede che la forma scritta di un contratto bancario per essere rispettata debba soprattutto rispettare un contenuto minimo. Dal momento che la legge non prevede questo contenuto minimo da rispettare specificatamente per tali contratti d’investimento, che, viceversa, è previsto da un 73 mero regolamento Consob, non vi è un’ elencazione così troppo tassativa da rispettare come, invece, avrebbe in riferimento alla stessa legge. Queste considerazioni generano una corrente di pensiero che ritiene rispettata la forma scritta ad substantiam del contratto quadro qualora un singolo atto di negoziazione scritto abbia un contenuto talmente dettagliato da avere al suo interno tutte le indicazioni che soddisfano il contenuto minimo previsto per il contratto quadro stesso. In altre parole, si sta dicendo che è possibile porre sullo stesso piano i singoli atti negoziali di acquisto dei contratti nel caso in cui abbiano un contenuto talmente dettagliato da renderli nella sostanza comparabili. Con la conseguenza che la mancanza di sottoscrizione della banca nel contratto quadro potrebbe essere supplita dalla sottoscrizione della stessa contenuta nel singolo atto d’acquisto, evitando così per il primo l’azione di nullità. (Sangiovanni V., 2011). Tale versione, sebbene può essere condivisibile, non ha però avuto riscontro nella giurisprudenza, per cui rimane valida la previsione analizzata precedentemente secondo la quale la mancanza di sottoscrizione nel contratto quadro non può essere supplita attraverso i singoli atti d’investimento redatti per iscritto e sottoscritti dalla banca poiché trattasi di meri atti negoziali e non di contratti. Nella prassi, del resto, è molto improbabile che un singolo ordine d’acquisto abbia un contenuto così dettagliato da essere comparato ad un vero e proprio contratto, spesso se è redatto per iscritto contiene le informazioni relative a quella singola operazione e al limite alcune sintetizzate relative al contratto quadro ma non certo in modo così approfondito.67 Rispondendo, invece, all’altra domanda relativa alle conseguenze che l’eventuale nullità del contratto quadro d’investimento avrebbe potuto portare ai successivi ordini di investimento il problema si presenta un po’ più articolato. A tal proposito bisogna far riferimento ad una delle previsioni contenute tra i regolamenti Consob riferite alla forma e contenuto da rispettare nei contratti 67 Sangiovanni V., “Mancata sottoscrizione e forma del contratto di intermediazione finanziaria”, in Magistra, Banca e Finanza - www.magistra.it - ISSN: 2039-7410, 2011 74 d’investimento secondo la quale la mancanza di un contratto quadro di negoziazione è tale da rendere del tutto illegittima l’attività della banca riferita alle singole operazioni di acquisto contenute in esso. “gli intermediari autorizzati non possono fornire i propri servizi se non sulla base di un apposito contratto scritto” (art. 30, co 1, regolamento Consob n. 11522/1998). Questa previsione, dalla quale si può dedurre che la nullità del contratto quadro colpito da nullità rende nulli anche tutte le operazioni successive ad esso riferite, ha destato altri dubbi nella giurisprudenza. Essendo prevista la “nullità di protezione” a favore del cliente, risulta infatti lecito domandarsi se, in ragione di essa, sia possibile limitare la nullità solo ad alcune di queste operazioni d’investimento (perché considerate dal cliente svantaggiose ed inique) lasciando in vita le restanti (perché invece considerate fruttuose) anche dopo aver ottenuto dal giudice la dichiarazione di nullità del contratto quadro di negoziazione a cui esse si riferiscono. Al contrario, un’eventuale nullità che colpisse tutte le operazioni d’investimento, pure quelle che si fossero rilevate fruttuose, non risulterebbe “di protezione” nei confronti del cliente il quale si troverebbe invece nella condizione di dover restituire anche i proventi di queste, contravvenendo quindi in parte a quello che è lo scopo dell’istituto della nullità relativa (protezione della parte debole del rapporto). Questa ‘nullità selettiva’, nel tempo, è stata tuttavia considerata dalla giurisprudenza come una sorta di abuso del diritto del cliente a esercitare il proprio diritto previsto dall’istituto della nullità relativa. Il cliente era già abbastanza tutelato in base a tutte le norme sulla trasparenza e sul comportamento lecito a carico della banca e sulla possibilità di eccepire solamente egli, e non anche la banca, l’azione di nullità del contratto. Di conseguenza, un’eventuale azione di nullità selettiva che limitasse gli effetti della nullità alle sole operazioni d’investimento ritenute svantaggiose dal cliente si sarebbe configurata unicamente come un mero abuso dei propri diritti previsti dalla legge da poter esercitare contro la banca. 75 La nullità del contratto quadro per vizio della forma scritta ad substantiam avrebbe quindi reso nulli anche tutte le operazioni d’investimento in esso contenuti a prescindere dal fatto che fossero stati vantaggiosi o svantaggiosi per il cliente. Posizione, questa, rimasta nel tempo immutata fino a che la Corte di Cassazione nel 2016 cambiò il proprio orientamento attraverso alcune importanti sentenze (n. 8395 e n.8396) con le quali il giudice ritenne del tutto ammissibile la possibilità di limitare l’azione di nullità solamente a singole operazioni valutate dal cliente come svantaggiose lasciando quindi in vita quella da lui considerate fruttuose. Pertanto la “nullità selettiva” non comporta un abuso del diritto in capo al cliente in quanto risulta essere del tutto in linea con le finalità che l’istituto della “nullità di protezione” si pone per proteggere appunto il cliente.68 Ma a questo punto la giurisprudenza si è interrogata se tutte queste previsioni relative al formalismo contrattuale, ed in particolare tutti questi meccanismi di tutela posti a favore del cliente, in realtà, anziché riequilibrare il rapporto asimmetrico, presente nei contratti bancari, non lo avessero squilibrato ulteriormente questa volta, però, a favore del cliente. In sostanza: l’azione di nullità posta in essere dal cliente può rivelarsi in certe circostanze come un mero comportamento opportunistico tale da configurare quindi un abuso di quello che è il suo diritto? A titolo esemplificativo: chiedere la restituzione delle varie commissioni, interessi e spese corrisposti alla banca solo in un momento successivo, attraverso l’esercizio della nullità di protezione, senza aver contestato il contratto per anni (pur sapendo che esso era viziato) perché ad esempio solo in quel momento il cliente riteneva che il rapporto non sarebbe stato più conveniente. 68 Sangiovanni V., “Mancata sottoscrizione e forma del contratto di intermediazione finanziaria”, in Magistra, Banca e Finanza - www.magistra.it - ISSN: 2039-7410, 2011 76 O ancora: limitare la nullità ai soli ordini d’investimento ritenuti sfavorevoli lasciando in vita i restanti, può ritenersi anche questo un comportamento opportunistico ed abusivo del diritto del cliente. E’ da sottolineare anche che la funzione dell’istituto della nullità di protezione non dovrebbe essere quella di proteggere limitatamente lo specifico cliente, ma la “figura del cliente” intesa nella eccezione di collettività, quindi volta a proteggere un interesse di carattere generale e non specifico. Ecco quindi che la giurisprudenza ha ritenuto opportuno porre anche dei meccanismi a favore della banca allo scopo di consentire anche all’altra parte la possibilità di difendersi da tali contestazioni ed evitare questo eventuale abuso dell’azione di nullità di protezione che il cliente ha il diritto di eccepire. In particolare si è consentito alla banca in sede di giudizio la possibilità di produrre alcuni elementi con i quali contrastare l’azione di nullità per difetto della forma scritta ad substantiam dovuta alla mancanza di sottoscrizione della banca stessa.69 A tale proposito la giurisprudenza si era inizialmente domandata se la mancanza di sottoscrizione da parte della banca potesse essere sanata, per evitare che il contratto bancario fosse dichiarato nullo per carenza della forma scritta richiesta ad substantiam. Questo tramite eventuali proposizioni in giudizio da parte della stessa banca attraverso eventuali desunzioni indirette tramite dichiarazioni di scienza o di ricognizione, o in alternativa eventuali prove testimoniali, confessorie, per presunzioni, per giuramento, ecc… al fine di dimostrare la manifestazione di volontà da parte della banca di rispettare il rapporto contrattuale al momento della sottoscrizione (momento in cui la banca aveva mancato di sottoscrivere il contratto). 69 Ticozzi M., (2012), “Contratto con forma scritta”, in Diritto Civile 77 Il fondamento di tale orientamento trae origine da alcune previsioni sull’onere della prova contenute all’interno del Codice civile che consentono, a determinate condizioni, la possibilità di avvalersi di tali elementi per supplire al non rispetto della forma scritta richiesta ad substantiam in riferimento alla disciplina dei contratti in generale. In particolare l’art. 2724 C.c. (richiamato dall’art.2728 C.c. co 2) prevede la possibilità di avvalersi in sede di giudizio di prove testimoniali per tale scopo solo nell’eventuale ipotesi che il contraente perda senza sua colpa l’atto che gli avrebbe fornito la prova del contratto. Condizione, quella della perdita del contratto, che permetterebbe in linea teorica la possibilità di avvalersi anche di prove per presunzioni (art. 2729 C.c.), giuramenti (art. 2739 C.c.), confessioni , ecc… Ipotesi comunque risolta abbastanza pacificamente dalla giurisprudenza (ad esempio attraverso anche le seguenti sentenze Cass. 2 gennaio 1997, n. 2; Cass. 7 giugno 1985, n. 3435). Infatti, tali proposizioni sono contenute nella disciplina dell’onere della prova del Codice civile e danno la possibilità di avvalersi di queste specifiche prove per dimostrare in sede di giudizio l’esistenza del consenso da parte della parte non firmataria ( sopperendo così alla sua mancanza di sottoscrizione e all’eventuale ipotesi di nullità contrattuale per vizio di forma), solamente nel caso in cui questa parte dimostri di aver smarrito senza sua colpa il documento che dava la possibilità di provare il contratto (art. 2724 C.c. e seguenti). Ma se questo vale in generale, nel contenzioso con la banca, risulta del tutto impossibile si configuri un’ipotesi del genere poiché la controparte cliente per citare la banca impugna il contratto consegnatoli dalla stessa. Al più si configura solamente un’ipotesi, da parte della banca, di impossibilità di procurarsi la prova del contratto, ma non un’ipotesi di accidentale smarrimento. Di conseguenza, non potendosi trovare in tale situazione, la banca, per difendersi in giudizio non potrà avvalersi di queste prove indirette appena citate.70 70 Leccese A., (2016), “Contratto bancario nullo se firmato solo dal cliente”, Altalex 78 Allo stesso tempo, in giudizio, proprio in ragione del fatto che gli art. 117 T.U.B. e art. 23 T.U.F. non prevedono niente in riferimento ad un eventuale obbligo di doppia sottoscrizione, alla banca è consentita la possibilità di avvalersi di alcuni atti e documenti scritti con i quali sopperire alla sua mancanza di sottoscrizione ed evitare quindi che il contratto sia dichiarato nullo per vizio di forma. Dimostrazioni ammesse poiché volte ad accertare l’esistenza del consenso al momento della sottoscrizione e quindi il rispetto dell’obbligo della forma scritta ad substantiam . Di conseguenza, alla dimostrazione di questi da parte della banca, non si configurava più un’ipotesi di nullità per carenza della forma scritta del contratto bancario. Questa possibilità per la banca è di fondamentale importanza e ha permesso la risoluzione di contenzioni espressi anche con importanti sentenze del 2012 (n. 4564 e n.12711) che di seguito verranno analizzate all’interno di questo elaborato. Ma vediamo, in particolare di quali atti può avvalersi alternativamente la banca in giudizio per difendersi secondo l’orientamento appena esaminato: - Che all’interno del contratto sottoscritto dal cliente (e dallo stesso prodotto in giudizio) sia presente la seguente dicitura: “un esemplare del presente contratto ci è stato da voi consegnato” - La produzione in giudizio da parte della banca di una copia del contratto analoga a quella prodotta dai clienti; - L’esistenza di alcuni fatti concludenti posti in essere dalle parti tali da far desumere l’esistenza della volontà delle parti ad impegnarsi nel rapporto contrattuale contestato. Ciò può avvenire, ad esempio, attraverso la produzione in giudizio di alcuni documenti scritti che provino appunto tali fatti, come: ordini di acquisto (anche gli stessi atti di investimento 79 contenuti in un contratto quadro di negoziazione sebbene siano meri atti negoziali e non contratti potevano ora assolvere a tale funzione), consegna di estratti conto, ecc.. Elementi considerati idonei a supplire alla mancanza della sottoscrizione della banca alla sola condizione che la parte che aveva sottoscritto il contratto non avesse nel frattempo revocato il proprio consenso o fosse deceduta (esempio sentenze: Cass 18.1.983 n. 469; Cass 5868/94; Cass 2826/00; Cass 9543/02 ; Cass 71 22223/06). La possibilità di avvalersi in giudizio di tali atti , deriva alla banca (come si è visto analizzando le sentenze nel capitolo precedente n. 207206 e n.14470 della Corte di Cassazione), in conseguenza del fatto che il requisito della forma scritta ad substantiam risulta soddisfatto anche qualora le sottoscrizioni delle parti contrattuali siano contenute in documenti distinti a condizione che vi sia tra essi un collegamento funzionale e inscindibile tale da dare evidenza inequivocabile della formazione dell’accordo. Dimostrazione che prescinde quindi dalla produzione di entrambi gli atti scritti in sede di giudizio.72 L’art.1326 del Codice civile, inoltre, consente la possibilità di concludere un contratto anche attraverso uno scambio di una proposta (in questo caso da parte della banca) e di una accettazione (in questo caso da parte del cliente). Il contratto si considera concluso anche attraverso lo scambio di due copie dello stesso contratto ognuna delle quali sottoscritta da una delle parti. Mezzo questo ritenuto quindi dalla legge idoneo a dimostrare l’esistenza reciproca della volontà da parte dei contraenti di impegnarsi a rispettare il rapporto contrattuale. 71 Bruno P., (2012), “La Cassazione si pronuncia in merito alla eccezione di nullità del cd “contratto quadro”, Iusletter 72 Leccese A., (2016), “Contratto bancario nullo se firmato solo dal cliente”, Altalex 80 Ma se questo punto pare essere abbastanza chiaro, non pare esserlo altrettanto un altro problema. Si è detto, infatti, che ad esempio: le prove confessorie, le eventuali dichiarazioni di ricognizioni, ecc.. non sono ammesse come prova per la banca perché rientranti nella disciplina codicistica dell’onere della prova e quindi non utilizzabili in giudizio dalla stessa in quanto l’obbligo della forma scritta del contratto e la contestuale impugnazione in giudizio del contratto scritto da parte dei clienti fanno si che non si possa configurare da parte della banca un’ipotesi per cui la banca abbia smarrito senza sua colpa l’atto che dimostri l’esistenza di tale contratto; di conseguenza non può servirsi di tali prove. Ci si chiede allora perché le dimostrazioni proposte in giudizio dalla banca appena dette, considerate, invece, del tutto lecite al fine di supplire alla mancanza di sottoscrizione del contratto da parte della banca (e quindi volte ad evitare un’eventuale azione di nullità per difetto di forma scritta), perché non rientrino anch’esse nella disciplina codicistica dell’onere della prova e conseguentemente, in giudizio, non siano ritenute valide per le ragioni appena descritte. A titolo esemplificativo, la dimostrazione da parte della banca dell’esistenza della dicitura (all’interno del contratto proposto in giudizio da parte del cliente ):“un esemplare del presente contratto ci è stato da voi consegnato", rappresenta in realtà una prova confessoria posta a carico del cliente poiché l’ha sottoscritta. In realtà l’orientamento giurisprudenziale prevalente non ritiene lecito far rientrare tale fattispecie nella disciplina codicistica dell’onere delle prove e quindi ritiene lecito da parte della banca avvalersi di tali elementi per supplire alla propria mancanza di sottoscrizione. La stessa Corte di Cassazione ha ritenuto, infatti, opportuno interdire il discorso relativo alla prova confessoria (Cass. 2 Gennaio 1997, n.2 e Cass. 7 Giugno 1985, n. 3435), prova che corrisponderebbe appunto nella presa d’atto da parte del cliente della consegna dell’omologo documento contrattuale sottoscritto dalla banca contenente la dicitura: “un esemplare del presente contratto ci è stato da voi consegnato" e integrata da eventuali documenti che facciano desumere il 81 consenso di entrambe le parti ad impegnarsi nel contratto come estratti conto, ordini di acquisto, ecc.. Tra le argomentazioni poste a favore di tale logica si è fatto notare che in realtà tale tipo di confessione non è volto a dimostrare l’esistenza del rapporto contrattuale (come lo sarebbero invece le normali prove disciplinate dal codice), ma, serve invece a dimostrare che non è presente solamente la sottoscrizione del cliente ma pure quella della banca. In particolare, in ragione delle previsioni accennate di cui all’art. 1326 del Codice civile (per le quali un contratto può ritenersi concluso anche attraverso uno scambio di proposta ed accettazione contenuti in documenti distinti ognuno sottoscritto da una delle parti), tale dichiarazione confessoria serve in realtà ad accertare la reale esistenza della doppia sottoscrizione del contratto e non a provare l’esistenza di tale rapporto.73 In questo caso, infatti, solo attraverso questi elementi scritti e documentati, la banca poteva supplire alla mancanza della propria sottoscrizione nel contratto bancario e quindi sanare quella che era l’ipotesi di nullità sollevata dalla propria controparte per difetto della forma scritta ad substantiam. Tali elementi, infatti, proprio perché considerati elementi sufficienti a supplire a tale mancanza e quindi a dimostrare la volontà della banca di rispettare il contratto che non aveva firmato, erano posti su un piano di equivalenza con la sottoscrizione del rapporto contrattuale stesso In quest’ottica era lecito considerare che, poiché la proposizione in giudizio aveva il mero scopo di dimostrare l’esistenza della sottoscrizione, gli effetti giuridici del contratto non si sarebbero mai potuti far decorrere “ex nunc”, cioè dalla proposizione in giudizio dell’atto poiché non si trattava di un perfezionamento dell’accordo bensì di un accertamento di quello che in realtà era stato l’accordo originario. 73 Ticozzi M., (2012), “Contratto con forma scritta”, in Diritto Civile 82 Di conseguenza, risulta, secondo tale orientamento, lecito far decorrere gli effetti giuridici del contratto “ex tunc”, cioè alla data in cui è stato stipulato il contratto e quindi prima della data della proposizione degli atti in giudizio. A tal proposito è interessante un commento della Corte di Cassazione espresso con la sentenza n. 2707 del 1982 il cui contenuto viene qui riportato: “Con riguardo al contratto soggetto a forma scritta ad substantiam, e contenuto in un documento sottoscritto da uno soltanto dei contraenti, la produzione in giudizio del documento medesimo, ad opera dell'altra parte, non determina la costituzione del rapporto ex nunc, ma supplisce alla mancanza della sottoscrizione di detta parte con effetti retroagenti al momento della stipulazione”.74 lo stesso orientamento giurisprudenziale, prevedeva inoltre che, in riferimento alla nullità di protezione contenuta nell’art.127 del T.U.B.( articolo che altro non stabilisce se non che l’azione di nullità possa essere fatta valere solo a vantaggio del cliente ), tale azione, se accolta, dovesse colpire l’intero rapporto contrattuale e, di conseguenza, non si potesse limitare la nullità solamente ad alcuni effetti e/o operazioni, mantenendo in vita la restante parte; poiché considerato un mero abuso di tale diritto. Questo orientamento si consolidò nel tempo durando fino al 2016 quando la stessa Corte di Cassazione intervenne con alcune sentenze importanti: la n.5919, la n. 7068 la n.8395 (o 8396 che hanno contenuto del tutto analogo). Con queste sentenze, la Corte di Cassazione, sorprendentemente, cambiò radicalmente posizione . In particolare, con la prima sentenza n. 5919 ha previsto che gli elementi per i quali la banca poteva avvalersi in sede di contenzioso, al fine di sanare l’eventuale ipotesi di nullità del contratto, non fossero più da considerarsi idonei a supplire la mancanza della sottoscrizione della banca. 74 Tidona M., “La nullità del contratto bancario per difetto della forma scritta o per la produzione in processo dell’esemplare in cui sia assente la sottoscrizione della banca”, in Magistra Banca e Finanza - Tidona.com - ISSN: 2039-7410, 2014 83 Di conseguenza il contratto bancario, carente della sottoscrizione, si sarebbe dovuto considerare in ogni caso nullo per difetto della forma scritta ad substantiam, a prescindere dalla dimostrazione degli elementi che in passato avrebbero potuto assolvere questo aspetto. Cambio di orientamento che la Corte giustificò logicamente affermando che gli elementi posti in giudizio per dimostrare l’esistenza dell’accordo debbano, data la modalità del loro utilizzo in sede di giudizio, essere ricondotti non tanto alla disciplina della verifica del requisito della forma ad substantiam quanto piuttosto all’istituto che disciplina l’onere della prova (contenuta nel Codice civile agli art. 2724 e seguenti), analizzata precedentemente in riferimento all’inammissibilità per questo tipo di contenzioso di prove testimoniali, confessorie, dichiarazioni di scienza, presunzioni, ecc.. Di conseguenza, al pari di quanto detto con riferimento alle prove contenute in questi articoli, le prove documentali (proposizione in giudizio da parte della banca di un contratto analogo a quello proposto dai clienti, presenza della solita dicitura all’interno del contratto bancario in mano dei clienti o dimostrazione di fatti concludenti all’interno di documenti scritti come estratti conto), utilizzate per supplire alla mancanza della propria sottoscrizione e quindi per evitare la dichiarazione di nullità del contratto, risulterebbero ora lecite solamente se la banca dimostrasse di aver smarrito senza sua colpa il documento che avrebbe fornito la prova del contratto. In altre parole si sta dicendo che questi elementi scritti che, secondo l’orientamento precedente avrebbero potuto sanare la mancanza della forma scritta, poiché costituiscono una forma di prova, sono a rigor di logica da far rientrare all’interno della disciplina codicistica dell’onere della prova che era stata analizzata precedentemente in riferimento alla non ammissibilità di dichiarazioni di scienza desunte in via indiretta o di prove testimoniali, per presunzioni, per confessioni o giuramenti, ecc.. S’era infatti detto che era impossibile avvalersi di esse da parte della banca poiché la produzione in giudizio da parte dei clienti della copia del contratto faceva si che non si potesse configurare in alcun modo un’ipotesi per la quale la banca avesse 84 smarrito senza sua colpa il contratto bancario, ma, al limite, un’ipotesi di non possibilità di avvalersi della prova del contratto (ma non per smarrimento). Conseguentemente anche tali elementi non risulterebbero più idonei a supplire la carenza della forma scritta del contratto provando l’esistenza dell’accordo a favore della banca. A queste condizioni il contratto bancario viene dichiarato comunque nullo per difetto della forma scritta ad substantiam. A rafforzamento di tale interpretazione la Corte fa notare che la produzione in giudizio degli elementi descritti da parte della banca per supplire alla propria mancanza di sottoscrizione, costituendo delle prove, in realtà hanno una funzione non solo di mero accertamento della stipulazione antecedente dell’accordo, bensì di perfezionamento dello stesso. Di conseguenza, a livello pratico, sarebbe scorretto far retroagire gli effetti giuridici alla data antecedente al momento in cui avviene questo perfezionamento contrattuale (decorrenza degli effetti ex tunc come era previsto con l’orientamento precedente). Sarebbe corretto, quindi, iniziare a far decorrere gli effetti giuridici solo ex nunc, dal momento in cui l’accordo viene perfezionato e non prima, anche perché la previsione ex tunc non opererebbe qualora la controparte sottoscrittrice avesse nel mentre, prima della proposizione in giudizio dei documenti, revocato la propria proposta o fosse deceduta. Con la conseguenza quindi che, in riferimento ad esempio ad un eventuale contratto quadro relativo a diversi ordini di investimento e di negoziazione titoli, tali investimenti e titoli negoziati in data antecedente a quella in cui il contratto viene perfezionato sarebbero considerati nulli e quindi da restituire. Tuttavia, sebbene queste considerazioni siano giuridicamente corrette, è da far notare che se venisse applicato tale principio che produce effetti con decorrenza 85 ex nunc, si configurerebbe un ipotesi di convalida di un contratto nullo per il quale il Codice Civile, all’art. 1423 ne fa espresso divieto. Ecco quindi che, secondo questo orientamento, la proposizione in giudizio di questi elementi da parte della banca per supplire alla propria mancanza di sottoscrizione risulta essere inammissibile. Il contratto per queste ragioni viene dichiarato nullo per difetto della forma scritta richiesta ad substantiam dovuto alla mancanza di sottoscrizione da parte della banca contraente.75 La sentenza 8395, ribadì questo cambio di orientamento espresso con la sentenza 5919 e propose un ulteriore aspetto innovativo rispetto all’orientamento giurisprudenziale passato. La Corte, in riferimento all’azione di nullità di protezione, cambiò orientamento stabilendo che in realtà la limitazione della nullità solamente ad alcuni effetti e/o operazioni non configura un abuso del diritto del cliente, bensì assolve totalmente alla finalità dell’istituto della nullità di protezione, cioè la tutela della parte debole del contratto. In questo modo il cliente può limitare la nullità alle sole operazioni risultate a lui sfavorevoli lasciando in vita la restante parte del contratto quadro. La questione è stata affrontata in riferimento ai contratti quadro d’investimento ma non con riferimento agli altri contratti bancari (es. conto correnti, aperture di credito, ecc..) il cui obbligo di forma scritta è richiesto dall’art. 117 T.U.B. e non dall’art. 23 T.U.F. In base alla previsione dell’utilizzo della nullità selettiva per gli atti di negoziazione dei prodotti finanziari contenuti in un contratto quadro d’investimento, a seguito del non rispetto della forma scritta ad substantiam ex art. 23 T.U.F., ci si potrebbe anche chiedere se tale principio possa essere 75 Leccese A., (2016), “Contratto bancario nullo se firmato solo dal cliente”, Altalex 86 applicato anche per gli altri contratti bancari la cui nullità della forma scritta è disciplinata dall’art. 117 T.U.B. Ad esempio ci si potrebbe domandare se sia possibile ottenere la nullità solamente di singole clausole ritenute sfavorevoli nei confronti del cliente di un contratto di conto corrente lasciando in vita la restante parte di contratto e le altre clausole risultanti a lui favorevoli, oppure no. Anche a tal proposito sarà legittimo aspettarsi in futuro sentenze contrastanti e dibattiti giurisprudenziali che i vari giudici dovranno affrontare, chiarendo meglio questo nuovo orientamento.76 Questo cambio di orientamento, non è stato però recepito ed accolto in modo univoco nel mondo giurisprudenziale In particolare ci sono state alcune sentenze successive che, di fatto, hanno dibattuto e contestato la nuova posizione. Contestazioni che in alcuni casi sono sfociate addirittura al ricorso da parte di alcuni giudici di un intervento da parte delle Sezioni Unite per tornare all’orientamento precedente, come nel caso del giudice del Tribunale di Padova con riferimento alla sentenza n. 2396 del 2016.77 Tali contestazioni risultano tuttavia giustificate dal fatto che il nuovo orientamento introdotto inizialmente con la sentenza n. 5919 (sebbene l’intenzione fosse stata quella di rendere tale disciplina più chiara facendo rientrare gli elementi previsti dal precedente orientamento nella disciplina dell’onere della prova e quindi non più utilizzabili in giudizio dalla banca per supplire alla propria mancanza di sottoscrizione), ha risolto, sotto certi punti di vista correttamente e logicamente alcune questioni lasciandone altre in sospeso. In sostanza la Cassazione, sotto certi punti di vista, è giunta a delle conclusioni saltando alcuni passaggi. 76 Vecchi V., (2016), “Contratti bancari “monofirma”, la Cassazione è a favore dei clienti”, Articolo, Il denaro.it 77 Carbonara E., (2016), “Se sul contratto manca la firma della banca”, Rivista, La legge per tutti 87 Premesso questo, le varie sentenze dei giudici poste contro tale orientamento non si pongono in realtà in modo del tutto contrario alle previsioni del nuovo orientamento (riesumando quello contenuto ad esempio nella sentenza n. 4564 del 2012), bensì ritengono che tali nuove previsioni avrebbero dovuto essere introdotte affrontando anche alcuni passaggi e questioni che, viceversa, il giudice della Corte di Cassazione con la sentenza n. 5919 (e lo stesso quelle successive n. 7086, n. 8395 e n.8396) non ha affrontato. Tra gli argomenti più importanti, come fa ad esempio notare il giudice della Corte di Appello di Venezia con la sentenza n.1377 del 2016, non è mai stata ben definita la differenza tra l’istituto della nullità generale del contratto contenuto nella disciplina codicistica e quella, invece, contenuta nella disciplina speciale di cui, in questo caso, al T.U.B. e al T.U.F. (ma prima ancora all’art. 36 del Codice del consumo), con particolare riferimento alla “nullità di protezione”. Se si facesse rientrare l’istituto della nullità prevista dai contratti bancari (nullità di protezione) in quella dei contratti generali allora le previsioni contenute nel nuovo orientamento a seguito dalla sentenza n. 5919 e seguenti sarebbero corrette, viceversa se si tiene conto delle differenze sostanziali di tali due istituti di nullità contenuti nelle due diverse discipline allora tali nuove previsioni andrebbero rimesse in discussione rivalutando quindi anche le previsioni contenute nell’orientamento precedente. Queste considerazioni, in mancanza di una risoluzione legislativa, generano tuttora contrasti giurisprudenziali e sentenze non univoche. A tale proposito è emblematica la conclusione cui la Cassazione è giunta con la sentenza n. 10331 del 2016 in cui testualmente viene detto che: “la predisposizione del contratto ad opera dell’intermediario e la teorica delle c.d. formalità di protezione possano indurre ad ulteriori riflessioni sul punto”.78 78 Corte d’appello di Venezia, 15 Giugno 2016, n. 1377 88 Ad oggi, per la risoluzione di tali controversie ci si affida al mero giudizio ed interpretazione della norma da parte del giudice. In quanto tali, trattandosi di interpretazioni soggettive, è facile siano origine di forti dibattiti e contrasti in ambito giuridico. Dopo questa panoramica sull’evolversi dell’orientamento giurisprudenziale dal quale sono emerse le problematiche non ancora risolte e le diverse posizioni dei giudici che hanno di volta in volta cambiato il proprio orientamento relativamente a questa situazione controversa; analizzati quali sono stati i passaggi principali e le motivazioni che hanno portato a considerare alcune previsioni rispetto alle altre, si proseguirà ora con l’analisi nel dettaglio di alcune sentenze che, per i motivi e i diversi orientamenti descritti, risultano di particolare interesse. 89 Sentenza n. 4564 del 22/3/2012 della Corte di cassazione La causa originaria di tale sentenza deriva dalla contestazione posta da alcuni correntisti contro la banca in merito alla validità di un contratto di conto corrente stipulato con essa. Nella fattispecie i correntisti contestavano l’inosservanza del requisito della forma scritta del contratto per mancanza della sottoscrizione della banca. Mancanza che, a loro dire, comporterebbe una dichiarazione unilaterale posta unicamente da loro stessi e non anche dalla banca poiché non vi è appunto la prova per iscritto dell’accordo. Condizione tale, pertanto, idonea a configurare una possibile nullità per difetto della forma scritta del contratto bancario. I diversi gradi di giudizio, compreso l’ultimo della Suprema Corte, erano tutti concordi, attraverso le loro sentenze, nel non accogliere la richiesta dei correntisti. Nella sentenza in questione la Corte di Cassazione ha precisato che le prove proposte in giudizio da parte della banca al fine di supplire alla mancanza della propria sottoscrizione erano sufficienti, di conseguenza non si sarebbe configurata alcuna ipotesi di nullità per difetto della forma scritta del contratto. In particolare la banca aveva dimostrato in giudizio l’esistenza di documenti di corrispondenza scambiati con il cliente e redatti per iscritto relativi ad ordini di investimento ed estratti conto (quindi dimostrazione del consenso attraverso fatti concludenti rappresentati da atti e documenti scritti) e, inoltre, aveva dimostrato che nel contratto proposto in giudizio dai correntisti era contenuta la dicitura: “un esemplare del presente contratto ci è stato da voi consegnato”. Elementi idonei secondo l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato in quei tempi a dimostrare l’esistenza del consenso delle due parti, supplendo così alla mancanza di sottoscrizione da parte della banca. Questo a condizione che, proseguiva il giudice richiamando questo orientamento, la parte che ha sottoscritto non avesse nel frattempo revocato il proprio consenso o fosse deceduta. 90 Oltre a queste motivazioni la banca, per fatti concludenti, era riuscita a dimostrare che l’esecuzione del contratto era comunque avvenuta da entrambe le parti riscontrando l’esistenza di ordini di investimento ed estratti conto. 79-80 Di conseguenza, in linea con quello che prevede questo orientamento giurisprudenziale, gli effetti giuridici sono validi ex tunc, da quando cioè il cliente aveva sottoscritto il contratto e quindi prima della proposizione in giudizio da parte della banca degli atti scritti relativi agli ordini di investimento e agli estratto conto e della dimostrazione che era presente nella copia del contratto bancario proposto in giudizio dal cliente la dicitura “un esemplare del presente contratto ci è stato da voi consegnato”. 79 Costa D., (2012), “scritta ad substantiam: è sufficiente una sola firma per la validità del negozio?”, Ius in action 80 Bruno P., (2012), “La Cassazione si pronuncia in merito alla eccezione di nullità del cd “contratto quadro”, Iusletter 91 Sentenza n. 12711 del 5/6/2014 della Corte di Cassazione La sentenza n.12711 non ha fatto altro che ribadire quello che era l’orientamento giurisprudenziale consolidato in quel periodo e quindi le previsioni già analizzate con riferimento alla descrizione della sentenza precedente, la n. 4564. In particolare ci si riferisce al fatto che la banca può supplire alla sua mancanza di sottoscrizione e quindi evitare che il contratto bancario eventualmente contestato per il non rispetto della forma scritta richiesta ad substantiam sia dichiarato nullo. Le modalità per fare questo riguardano la produzione in giudizio da parte della banca alternativamente: di una copia del contratto del tutto analoga a quella proposta in giudizio dai clienti; della dimostrazione dell’esistenza della dicitura “un esemplare del presente contratto ci è stato da voi consegnato” contenuta all’interno della copia del contratto bancario proposto in giudizio dai clienti e quindi da loro appositamente sottoscritto; della dimostrazione dell’esistenza di fatti concludenti provata attraverso l’esistenza di atti e documenti redatti per iscritto quali estratti conto o ordini di acquisto. Tutti elementi che, abbiamo detto, salvo revoca del consenso della parte che ha sottoscritto il contratto o di sua morte, risultano essere idonei a supplire alla mancanza di sottoscrizione della banca poiché dimostrano l’esistenza del consenso nell’impegnarsi nel rapporto contrattuale. In particolare, con questa sentenza la Corte di cassazione ha precisato che l’esistenza dell’accordo non viene perfezionato solamente attraverso la produzione del contratto bancario da parte di chi non l’ha firmato ma è necessario che tale produzione sia funzionale per dimostrare l’adempimento delle obbligazioni da cui derivano.81 81 Romano G., (2016), “Cassazione, contratti bancari: nulli se firmati solo dal cliente”, in Civile, Contratti, Salvis Juribus 92 Sentenza n. 5919 del 24/03/2016 della Corte di Cassazione Questa sentenza è passata alla storia per aver contribuito a modificare quello che era sempre stato in passato l’orientamento giurisprudenziale analizzato con le precedenti sentenze. In sostanza, le possibilità a favore della banca per evitare un eventuale nullità del contratto bancario dimostrando che all’interno del contratto consegnato al cliente è contenuta la dicitura “un esemplare del presente contratto ci è stato da voi consegnato”, o proponendo in giudizio la copia analoga del contratto con il quale i clienti hanno proposto ricorso, o la dimostrazione con fatti concludenti (es: atti scritti come estratti conto, ecc.), non sono più ritenuti validi. Di conseguenza, il contratto rimane nullo sebbene vi siano gli stessi requisiti che in passato avrebbero potuto sanare la nullità del contratto. Ora non risultano più essere dei requisiti sufficienti nel dimostrare l’effettiva sottoscrizione della banca. All’origine del contenzioso vi era un contratto bancario stipulato da una cliente con la banca Intesa Sanpaolo S.p.a. in cui era contenuto l’ordine di acquisto di alcune obbligazioni argentine. Tra le altre cose, la cliente contestava la mancanza della sottoscrizione da parte della banca (richiedendo pertanto la nullità dello stesso per difetto della forma scritta richiesta ad substantiam a norma dell’art. 23 T.U.F.) in quanto mancava in riferimento al contratto quadro di negoziazione. La banca, in linea con quello che era l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato nel tempo, aveva proposto in giudizio una copia analoga dello stesso contratto e fatto notare che nel contratto proposto invece dall’investitrice fosse contenuta la dicitura: “un esemplare del contratto ci è stato da voi consegnato”. Elementi questi che, in base anche alle previsioni contenute nella sentenza n. 4564 del 2012, sarebbero state idonee a supplire alla propria mancanza di sottoscrizione e quindi ad evitare che il contratto fosse dichiarato nullo per difetto della forma scritta ad substantiam ex art. 23 T.U.F. 93 La Corte di Cassazione con questa sentenza, invece, prese una direzione opposta e, di conseguenza, andò totalmente contro corrente rispetto a quello che era l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. Essa infatti ha logicamente osservato che sebbene le sottoscrizioni delle parti possono anche essere contenute nello stesso contratto ma in documenti distinti (nei quali il secondo proposto nel ricorso dalla banca è necessariamente collegato al primo proposto nel ricorso dai contraenti) in modo tale da rendere inequivocabilmente ricavabile la manifestazione di volontà delle parti, è anche vero che i requisiti descritti che servivano a sanare la nullità di fatto facevano ‘slittare’ la verifica del requisito della forma ad substantiam su quello che, invece, è più propriamente il piano probatorio. In altre parole si sta dicendo che la prova confessoria ( rappresentata appunto dalla confessione posta in essere dal cliente attraverso la sottoscrizione della dicitura “un esemplare del contratto ci è stato da voi consegnato”) non deve essere più considerata da interdire, come diceva la sentenza n. 2 del 1997, e da non far rientrare nella disciplina dell’onere della prova (in quanto aveva lo scopo di dimostrare l’avvenuta manifestazione dei consensi al momento della stipulazione) bensì è più corretto affermare che tale prova ha in realtà lo scopo di perfezionare il contratto sanando la mancanza di sottoscrizione. Di conseguenza, a trovare applicazione in questo caso saranno le norme che disciplinano l’onere della prova contenute nel Codice civile, tra cui da segnalare l’art.2724. Secondo tali norme però la mancanza dell’atto può essere supplita solamente attraverso la dimostrazione da parte di uno dei contraenti, la banca in primis, di aver smarrito senza sua colpa il documento che gli avrebbe fornito la prova del contratto. Cosa però che risulta quasi impossibile possa accadere in questo tipo di giudizio con le banche poiché il cliente contraente, facendo ricorso, presenta in giudizio la copia del contratto che gli era stata consegnata dalla banca e la banca avvalendosi dal canto suo degli elementi scritti citati di fatto dimostra di non aver smarrito alcun contratto, elementi che non a caso contengono anche tutte le condizioni economiche praticate. 94 La banca, dal canto suo, a maggior ragione, non potrà avvalersi anche per questi motivi di eventuali azioni confessorie o prove testimoniali.82 A rafforzamento di tale tesi c’è un altro ragionamento da fare. Se tale prova confessoria fosse considerata, in realtà, come un mezzo per perfezionare l’accordo poiché è posta sullo stesso piano della sottoscrizione, e non più per accertare l’avvenuto consenso al momento della data di stipulazione (data antecedente), sarebbe teoricamente corretto far decorrere gli effetti del contratto alla data dell’avvenuto perfezionamento di tale accordo, quindi dalla proposizione in giudizio da parte della banca delle prove confessorie. Di conseguenza la decorrenza degli effetti sarà ex nunc e non ex tunc. Non è possibile, infatti, far retroagire gli effetti alla data antecedente in cui era avvenuta la stipulazione, in quanto si considera che il contratto non era ancora perfezionato. Questo anche alla luce del fatto che qualora prima della proposizione in giudizio di tale prova la controparte avesse revocato la propria proposta o fosse deceduta tale meccanismo sarebbe venuto meno senza che gli eredi fossero vincolati (ex art.1329 C.c.), quindi è corretto far decorrere gli effetti solo ex nunc. Tuttavia si fa notare nella sentenza il fatto che, se venisse abbracciata tale tesi, si configurerebbe un’ipotesi di convalida di un contratto nullo, ipotesi che è ritenuta inammissibile dallo stesso art. 1423 C.c. Da queste considerazione si può desumere che il nuovo orientamento espresso da tale giudice sia quello di considerare comunque nullo per difetto della forma scritta ad substantiam il contratto bancario in cui sia assente la sottoscrizione della banca.83 82 Rete assicont, Pizza F., (2016), “lezione 15 // contratti: operatività bancaria e cause di invalidità”, Assicont, sito web: https://vimeo.com/169524739 83 Cass., 24 Marzo 2016, n. 5919 95 Sentenza n. 7068 del 11/04/2016 della Corte di cassazione La sentenza n.7068 riguarda la soluzione di una controversia posta in essere da alcuni investitori nei confronti della propria banca i quali contestavano la nullità per difetto della forma scritta poiché era assente la sottoscrizione della banca nel contratto quadro che regola e disciplina gli ordini di acquisto e di investimento di singoli prodotti finanziari. L’eventuale dichiarazione di nullità del contratto quadro in assenza della forma scritta ad substantiam produrrebbe come effetto l’invalidità degli ordini di investimento conseguenti, in ossequio al principio contenuto nell’art. 1423 del Codice civile secondo il quale è inammissibile convalidare un contratto dichiarato nullo. La causa in oggetto vedeva più in particolare, la proposizione in giudizio posta in essere da un investitrice nei confronti della propria banca, la “Banca Passadore & C. S.p.a.”, allo scopo di chiedere la nullità per vizio della forma scritta ad substantiam dovuta all’assenza della sottoscrizione della stessa banca nel contratto quadro con essa stipulato contenente diversi atti di sottoscrizione e di acquisti di obbligazioni argentine per una somma totale di 24.903,71€. La banca cercava di difendersi proponendo in giudizio copia analoga del contratto sottoscritta in modo da colmare alla sua assenza di sottoscrizione. Nel primo grado di giudizio il Tribunale di Genova diede ragione all’investitrice dichiarando quindi il contratto nullo per vizio di forma e condannando quindi la banca alla restituzione delle somme dovute. Nel ricorso in appello proposto dalla banca il giudice diede, invece, ragione a quest’ultima in ragione della proposizione in giudizio della copia del contratto volto a supplire la mancanza di sottoscrizione della stessa, condannando quindi l’investitrice a restituire alla banca le somme precedentemente ottenute dalla stessa a causa della sentenza di primo grado. 96 Attraverso l’ulteriore ricorso, questa volta proposto dall’investitrice alla Corte di Cassazione, il giudice diede nuovamente torto alla banca. In particolare il giudice ritenne, in linea anche con quello che era il nuovo orientamento giurisprudenziale citato con la sentenza precedente n. 5919, che il contratto quadro se sottoscritto solamente dal cliente e non anche dal rappresentante legale della banca era comunque da ritenersi nullo. Nullità eccepita per difetto della forma scritta richiesta ad substantiam ai sensi dell’art. 23 T.U.F. con impossibilità di evitarla attraverso gli elementi scritti e visti in riferimento all’ordinamento precedente con le sentenze n. 4564 e n.12711 (proposizione di una copia del contratto analoga a quella proposta dal cliente da parte della banca, presenza della dicitura nel contratto proposto in giudizio dal cliente della dicitura “un esemplare del contratto ci è stato da voi consegnato”, presenza di fatti concludenti documentati da atti scritti come estratti conto). Questo perché, essendo elementi rientranti sul piano probatorio, a trovare applicazione saranno le norme che disciplinano l’onere della prova contenute nel Codice civile, tra cui da segnalare l’art.2724. Di conseguenza, la mancanza del rispetto della forma scritta potrebbe essere supplita solamente attraverso la dimostrazione da parte della banca di aver smarrito senza sua colpa il documento che gli avrebbe fornito la prova del contratto. Cosa che in tale contesto si è detto essere impossibile. Allo stesso modo, per le stesse ragioni, non è possibile nemmeno avvalersi di eventuali azioni confessorie o prove testimoniali. Di conseguenza, attraverso queste argomentazioni, il giudice ritenne che il contratto fosse in ogni caso da ritenere nullo. Inoltre è stato posto rilievo a come, in realtà, attraverso la stipulazione del contratto quadro (contratto di negoziazione) i singoli ordini relativi all’investimento e all’acquisto dei bond argentini rappresentino si dei veri e propri atti negoziali ma, da un punto di vista meramente formale, essi non possono 97 configurarsi come dei veri contratti, anche in ragione del fatto che gli stessi risultano essere autonomi rispetto al proprio contratto quadro che li contiene. Inoltre, la produzione in giudizio da parte della banca della copia del contratto quadro, se fosse stata ritenuta idonea ad evitare l’azione di nullità per difetto della forma scritta ad substantiam, essendo considerata una modalità per perfezionare l’accordo (e non tanto per accertare l’esistenza dell’accordo al momento di stipula del contratto come riteneva il vecchio orientamento), essa non avrebbe potuto rendere validi tali ordini ex tunc, cioè alla data di stipulazione della negoziazione antecedente a quella della proposizione in giudizio. Quindi, in altre parole, rendere validi retroattivamente i singoli ordini e operazioni di acquisto non è più possibile proprio per questa ragione, di conseguenza gli effetti giuridici dei singoli atti ricorrerebbero ex nunc dalla proposizione in giudizio del contratto quadro da parte della banca e, di conseguenza, l’investitrice avrebbe dovuto restituire alla banca le somme impiegate prima di tale data per l’acquisto di tali bond argentini, poiché antecedenti alla data in cui avviene il perfezionamento dell’accordo. Infatti, far decorrere gli effetti ex tunc (prima della data di proposizione del contratto in giudizio da parte della banca), configurerebbe una violazione dell’art. 1413 del Codice civile secondo il quale è espressamente vietata la convalida di un contratto nullo. Quindi, in ogni caso, questo contratto è da ritenersi nullo completamente comprese le singole operazioni di negoziazione in esso contenute. Ricordando inoltre che, qualora l’altra parte abbia revocato il proprio consenso o sia deceduta, questo comporterebbe l’automatica estinzione della proposta non coinvolgendo quindi gli eredi.84 84 Cass, 27 Aprile 2016, n. 7068 98 Sentenza n. 8395 del 27/04/2016 della Corte di Cassazione Questo cambio di orientamento giurisprudenziale viene, inoltre, ribadito anche con la sentenza n.8395 dello stesso anno formulata dalla Corte di Cassazione. In questo caso venne ribadito come la mancanza della sottoscrizione della banca, tale da non far rispettare il requisito della forma scritta richiesta ad substantiam, non potesse essere più supplita per vie indirette attraverso diciture del tipo “Prendiamo atto che una copia del presente contratto ci viene rilasciata debitamente sottoscritta da soggetti abilitati a rappresentarvi”. Anche per questo caso la Corte fece notare che a trovare applicazione saranno le norme che disciplinano l’onere della prove di cui al Codice civile, secondo le quali l’unico modo per poter supplire all’assenza della sottoscrizione della banca e, quindi, alla mancanza della forma scritta del contratto bancario, è la dimostrazione da parte della banca di aver smarrito senza sua colpa il documento che gli avrebbe fornito la prova del contratto. Di conseguenza la nullità per carenza della forma scritta del contratto bancario non potrà più essere sanata attraverso i requisiti che erano previsti prima della sentenza 5919 del 24/3/2016 e che erano stati analizzati con la sentenza 4564 del 2012. Ma non è tutto. La Corte di Cassazione, attraverso questa sentenza, andò oltre al cambiamento dell’orientamento giurisprudenziale andando a tutelare ancora maggiormente il cliente scontrandosi, di fatto, anche con altre sentenze che si erano espresse in modo contrario. In particolare con tale sentenza, la Corte di Cassazione ha previsto che non necessariamente la nullità del contratto bancario per mancanza della forma scritta debba comportare la nullità del rapporto giuridico per intero come era finora stato previsto. In ragione della volontà da parte del legislatore di riequilibrare il più possibile tale rapporto asimmetrico presente nei contratti bancari, attraverso appositi meccanismi di tutela volti a tale fine, ha previsto la facoltà da parte del cliente non solo di poter eccepire una nullità di protezione, come abbiamo visto prima, ma anche di poter eccepire un altro tipo di nullità: la nullità selettiva. 99 Grazie a questo meccanismo è prevista la facoltà, appunto, di non dichiarare nullo tutto il contratto ma di dichiarare nulli solo l’esecuzione di alcuni effetti che si sono rivelati a svantaggiosi al cliente, lasciando in vita la restante parte. 85 Entrando nel merito della causa, la controversia era stata originata dall’accusa posta in essere da due investitori nei confronti della Banca di Credito Cooperativo di Casalgrasso e Sant’Albano Stura. I clienti lamentavano il fatto che nel contratto quadro stipulato con essa, contenente più contratti attuativi relativi all’ordine di acquisto di diverse obbligazioni e prodotti finanziari argentini per un importo consistente, la banca non avesse rispettato alcuni requisiti formali come l’indicazione dei rischi e la mancanza della sua sottoscrizione all’interno dello stesso contratto. Nel primo grado di giudizio il giudice diede ragione ai clienti investitori condannando la banca. In Appello, su ricorso della Banca, il giudice diede, invece, ragione alla banca stabilendo che il contratto fosse valido. I giudici si giustificarono in riferimento alla mancanza della forma scritta riprendendo quello che era l’orientamento giurisprudenziale antecedente alla sentenza 5919 del 2016 poiché la banca aveva prodotto una copia del contratto e, all’interno della copia proposta dai clienti da loro sottoscritta, era presente la dicitura “ prendiamo atto che un esemplare del presente contratto ci viene rilasciato debitamente sottoscritto dai soggetti abilitati a rappresentarvi”. Di conseguenza, il contratto si desume perfezionato dallo scambio di corrispondenza tra le controparti. Stabilendo, come tra l’altro era sempre stato previsto, che tale nullità debba necessariamente colpire l’intero rapporto non consentendo pertanto la possibilità agli investitori di limitare solamente ad alcuni di questi ordini di investimento l’azione di nullità. 85 Leccese A., (2016), “Contratto bancario firmato solo dal cliente? La Cassazione precisa: è nullità selettiva”, Altalex 100 Il ricorso in Cassazione proposto a loro volta dagli investitori produsse degli effetti discostanti dal giudizio dei giudici in appello, e per certi aspetti ‘sorprendenti’ nel mondo giuridico. Innanzitutto, come anticipato in linea con il nuovo orientamento giurisprudenziale ricavabile dalla sentenza della stessa Corte n.5919, in assenza della sottoscrizione di una delle parti, la nullità per difetto della forma scritta non può essere sanata per via indiretta (per esempio attraverso la proposizione in giudizio da parte della banca della copia del contratto, o della presenza nel contratto proposto e sottoscritto dagli investitori la dicitura “Prendiamo atto che una copia del presente contratto ci viene rilasciata debitamente sottoscritta da soggetti abilitati a rappresentarvi”). Questo perché la verifica del rispetto del requisito della forma scritta ad substantiam rientra sul piano dell’onere della prova in relazione alle previsioni contenute nel Codice civile nell’art. 2724, come già descritto in riferimento alla precedente sentenza 5919 dello stesso anno. L’aspetto però più innovativo di questa sentenza è l’introduzione di questo nuovo meccanismo posto a tutela del cliente definito come ‘nullità selettiva’. Nella fattispecie, gli investitori lamentavano la nullità solo per alcuni di questi atti attuativi contenuti nel contratto quadro stipulato con la banca, proprio perché consideravano a loro dannose solo alcune delle operazioni concordate con la banca, mentre per le restanti non vi era alcuna contestazione ma anzi vi era la volontà di proseguire con il rapporto. Tuttavia la Corte d’appello, rispettando quello che era l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, non permise di limitare l’azione di nullità ai soli contratti attuativi riferiti alle operazioni che gli investitori consideravano dannose per sé stessi, in quanto sarebbe stato un mero abuso del diritto a loro riservatogli. Diversamente, la Corte di Cassazione si scontrò contro tale decisione definendo, viceversa, legittima questa previsione poiché del tutto in linea con quello che è 101 l’obiettivo che l’istituto della nullità di protezione intende perseguire e, cioè, quello di proteggere il cliente (parte contraente debole del rapporto). Di conseguenza la nuova tipologia di nullità definita come ‘nullità selettiva’ non è da considerarsi come un esercizio abusivo del diritto dei clienti in quanto rientrante nell’istituto tipico della nullità di protezione. In virtù di questo ragionamento la Corte concesse agli investitori di rendere nulli i soli atti negoziali contestati che avrebbero causato danno, lasciando pertanto in vita la restante parte degli atti contenuti nel contratto quadro stipulato con la banca.86 86 Cass., 27 Aprile 2016, n. 8395 102 Sentenza n. 10711 del 24/05/2016 della Corte di Cassazione Particolarmente interessante risulta poi essere l’analisi della sentenza n.10711 del 2016 formulata dal giudice della Corte di Cassazione poiché consiste in una sorta di non recepimento o ritorno alle origini dell’orientamento da parte della giurisprudenza. Nella fattispecie, non accogliendo il giudice il cambio di rotta analizzato in riferimento all’analisi delle sentenze precedenti n.5919, n. 7068 e n. 8395 si è ritornati a quello che era il vecchio orientamento per il quale era possibile, a determinate condizioni, rendere valido ed efficacia un contratto bancario anche in assenza della sottoscrizione da parte della banca. La causa è stata originata dalla proposizione in giudizio effettuata da due coniugi clienti della banca intesa Sanpaolo nei confronti di quest’ultima chiedendo la nullità per difetto della forma scritta ad substantiam (prevista ex art. 23 T.U.F.) di un contratto quadro di negoziazione relativo all’acquisto e alla sottoscrizione di diverse obbligazioni argentine poiché era assente la sottoscrizione della banca. Intesa Sanpaolo cercò di difendersi da tale azioni proponendo in giudizio la copia del contratto quadro di negoziazione del tutto analogo a quello prodotto in giudizio dai clienti investitori i quali l’avevano sottoscritto. La Corte, riprendendo quello che era l’orientamento giurisprudenziale precedente alla sentenza n. 5919 e alle altre due analizzate, a cui decide quindi di fare riferimento (anche in ragione del fatto che non vi è alcuna norma speciale che preveda l’obbligo della doppia sottoscrizione per rispettare l’obbligo della forma scritta ad substantiam di tale contratto) prevede in questa sentenza testualmente che: “Sussistendo controversia, la prova dell’esistenza del contratto richiede necessariamente la produzione in giudizio della relativa o delle relative scritture (Cass. N. 26174 del 2009). Al contrario, la stipulazione non può essere desunta, in via indiretta, da dichiarazioni di contenuto differente (ad es. di scienza, di ricognizione, ecc). Né potrebbero all'evidenza, sopperire prove 103 testimoniali, per presunzioni, il giuramento o la confessione (tra le altre al riguardo Cass. N. 2 del 1997). Precisando inoltre che: “alla mancata sottoscrizione di una scrittura privata, può sopperirsi con la produzione in giudizio del documento stesso da parte del contraente non firmatario che se ne intende avvalere” Di conseguenza, esattamente come era stato analizzato ad esempio con la sentenza n. 4564 del 2012, tale proposizione in giudizio da parte della banca avrebbe accertato l’esistenza del consenso di questa al momento della stipulazione del contratto con i clienti. Dimostrazione tale quindi da rendere del tutto valido ed efficace il contratto bancario sebbene non vi sia stata la sottoscrizione della banca al momento della sua stipulazione. 104 Sentenza n. 1377 del 15/06/2016 della Corte di Appello di Venezia La sentenza n. 1377 del 15 Giugno 2016 della Corte di Appello di Venezia risulta essere interessante poiché in qualche modo contrasta con quello che è stato il nuovo orientamento giurisprudenziale introdotto dalla Corte di Cassazione con le sentenze analizzate n. 5919, n. 8395, n. 8396 e n. 7068. La sentenza in particolare era volta a regolare un contenzioso sorto tra un investitore nei confronti della propria banca “Banca Mediolanum S.p.a.” che chiedeva contemporaneamente: la nullità per difetto della forma scritta del contratto quadro di negoziazione ( relativo all’acquisto di diverse obbligazioni della Cirio) in quanto era assente la sottoscrizione della stessa banca in tale contratto la nullità dei singoli atti di acquisto delle obbligazioni in quanto avvenute fuori sede telefonicamente e quindi in violazione con quanto disposto dall’art. 30 T.U.F. In merito al secondo problema, non analizzandolo in maniera approfondita poiché non trattasi di nullità per difetto della forma scritta, il giudice ha respinto tale richiesta sia nel primo che nel secondo grado di giudizio poiché vi era dimostrazione dell’esistenza della registrazione telefonica relativa al primo ordine di acquisto tale da far desumere che in realtà la decisione non fosse frutto di una mera sollecitazione proveniente dal promotore finanziario della banca nei suoi confronti, come solitamente viene desunto per gli acquisti effettuati fuori sede, bensì tale decisione fosse stata presa autonomamente. Mezzo questo, quindi, considerato del tutto idoneo a non configurare un’ ipotesi di acquisto ‘fuori sede’ disciplinato dall’art. 30 T.U.F. Inoltre a sostegno di tali premesse si è fatto notare in giudizio anche quello che è il profilo soggettivo dell’investitore. L’investitore possedeva infatti la qualifica di promotore finanziario della stessa banca, di conseguenza era lecito desumere che i suoi ordini di acquisto fossero 105 frutto di una propria e autonoma decisione date le sue competenze professionali (lo stesso secondo comma alla lettera a) dell’art. 30 T.U.F. prevede che : “………..2. Non costituisce offerta fuori sede: a) l'offerta effettuata nei confronti di clienti professionali, come individuati ai sensi dell'articolo 6, commi 2quinquies e 2-sexies;…..” di conseguenza il giudice ritenne del tutto prive di fondamento la richiesta dell’investitore di chiedere la nullità delle singole operazioni di acquisto delle obbligazioni Cirio perché avvenute a suo dire ‘fuori sede’. E’ invece in merito al primo problema, quello relativo alla richiesta di nullità per difetto della forma scritta ad substantiam ex art. 23 T.U.F. (per mancanza della sottoscrizione della banca) del contratto quadro di negoziazione, che il discorso si fa un po’ più articolato. Anche se le sentenze in riferimento al cambio di orientamento giurisprudenziale n. 5919 e seguenti analizzate precedentemente, non consentivano più di supplire alla mancanza di sottoscrizione attraverso i documenti scritti (permessi invece ad esempio dalla sentenza n. 4564 in riferimento al precedente orientamento), la banca decise comunque di produrre in giudizio una copia del contratto quadro dalla stessa sottoscritto. Il giudice della Corte di Appello di Venezia, nel risolvere tale controversia, prese sicuramente atto di quello che è stato il cambio di orientamento giurisprudenziale avvenuto con le più volte citate sentenze 5919, 8395, 7068, ecc.. Ma, in aggiunta, riprende anche una massima giurisprudenziale contenuta nella sentenza n. 10331 della Cassazione sempre del 2016 in cui il relativo giudice, tenuto in considerazione che l’argomento dell’obbligo della doppia sottoscrizione non è espressamente previsto dalla legge speciale contenuta nel T.U.B. e nel T.U.F. aveva ritenuto opportuno rivedere il nuovo orientamento introdotto. In particolare notava, testualmente, come: “la predisposizione del contratto ad opera dell’intermediario e la teorica delle c.d. formalità di protezione possano indurre ad ulteriori riflessioni sul punto”. 106 In altre parole il giudice della Corte di Appello riprendendo questa massima ritiene opportuno non ‘riesumare’ quelle che erano le previsioni contenute nella sentenza n. 4564 della Cassazione accantonando definitivamente il nuovo orientamento espresso dalla sentenza n. 5919 della stessa corte con la quale si è posta in contrasto con esse. Afferma in particolare che tale cambiamento avvenuto con quest’ultima sentenza è stato troppo radicale e per certi versi discutibile poiché non sono state opportunamente chiarite le specificità della nullità di protezione disciplinata dagli articoli del T.U.B. e T.U.F. con quello che è l’istituto della nullità contrattuale generale contenuta nella disciplina codicistica. Di conseguenza non essendoci stato questo chiarimento nel nuovo orientamento è corretto che il giudizio di tale istituto sia rimesso alla mera discrezione del giudice. Da una parte, l’art. 1421 del Codice civile prevede che l’eventuale obbligo della forma scritta ad substantiam richiesta per un determinato tipo di contratto debba essere rispettata a pena di nullità e che il consenso delle parti per tali ragioni debba essere espresso anch’esso per iscritto per il rispetto di questa previsione. Di conseguenza l’esigenza fondamentale di tale norme è meramente di natura pubblicistica poiché volta ad ottenere ingresso nella dimensione giuridica e tutela dallo stesso ordinamento. Dall’altra parte, invece, non si può dire lo stesso in riferimento all’istituto di nullità previsto per i contratti bancari. In questo caso la finalità non è tanto di natura pubblicistica quanto piuttosto quella di proteggere la parte debole del contratto considerato originato da un rapporto asimmetrico con la banca, al fine quindi di riequilibrare le posizioni. Questo anche in virtù del fatto, fa notare il giudice, che se il cliente non agisse per far valere la nullità del contratto (diritto a lui esclusivamente riservato) il contratto andrebbe comunque avanti, rimarrebbe comunque in vita e continuerebbe a produrre i suoi effetti poiché il cliente non esercitando il suo diritto è come se 107 ritenesse che tali effetti non pregiudichino la sua situazione ma che magari fossero comunque fruttuosi. Tutto questo anche nel caso di assenza di sottoscrizione da parte della banca e quindi nel caso non fosse rispettato il requisito formale contenuto nella disciplina codicistica. Pertanto attraverso tali argomentazioni il giudice di Venezia non ha condiviso l’orientamento espresso dalla sentenza n. 5919 della Cassazione ritenendo quindi valido anche un contratto bancario pure in assenza della sottoscrizione della banca, proprio perché l’istituto della nullità di protezione ha lo scopo di assolvere a tutt’altra funzione rispetto a quella della nullità disciplinata dal Codice civile in riferimento ai contratti in generale. Quindi, non esistendo ragioni e nemmeno obblighi di seguire il cosiddetto principio dello “stare decisis”, il giudice riprende le previsioni di cui alla sentenza n. 4564 della Cassazione ritenendo che la produzione in giudizio del contratto quadro d’investimento da parte della banca sia elemento sufficiente per considerare l’esistenza dell’accordo della stessa al momento della stipulazione del contratto. Quindi la domanda di nullità per difetto della forma scritta ad substantiam chiesta dall’investitore cliente della banca è stata rigettata. 108 Sentenza n. 712 del 24/03/2016 della Corte di appello di Venezia Sentenza del tutto simile a quella analizzata precedentemente (la n. 1377) è sicuramente la n. 712 del 24/03/2016 emessa sempre dalla Corte di Appello di Venezia ma di qualche mese prima, cioè datata 24 Marzo del 2016. Anche in questa sentenza, in linea con le ragioni poste in essere successivamente dal giudice che ha risolto la causa con la sentenza n. 1377, il giudice di merito si contrappone con il cambio radicale dell’orientamento giurisprudenziale avvenuto inizialmente con la sentenza n. 5919 della Corte di Cassazione. In particolare, anche qui venne contestato il fatto che nelle nuove previsioni non fosse stato specificatamente chiarito la differenza tra l’istituto della nullità dei contratti in generale con quella relativa alla nullità di protezione prevista specificatamente per i contratti bancari. La causa era stata originata dall’impugnazione da parte dei correntisti clienti della banca della sentenza di primo grado che aveva condannato gli stessi al rigetto delle loro domande e al pagamento in solido delle spese di lite in favore della banca. In particolare si era richiesta la nullità della forma scritta ad substantiam richiesta all’art. 117 T.U.B. di un contratto di conto corrente, di corrispondenza in quanto era assente la sottoscrizione della banca. Di conseguenza si richiedeva anche, come effetto di tale azione, le restituzione delle somme ad essa versate relative a interessi il cui tasso era ultralegale, commissioni di massimo scoperto e interessi anatocistici, in quanto mancava la sottoscrizione della banca. La banca per difendersi produsse in giudizio gli elementi documentali considerati idonei dal precedente orientamento per evitare tale azione di nullità. La Corte di Appello di Venezia quindi, in contrasto con quanto disposto dalla sentenza n. 5919 della Corte di Cassazione, respinse le richieste dei correntisti 109 dando ragione alla banca, ritenendo che il contratto bancario anche in assenza della sottoscrizione della banca potesse ritenersi comunque valido. Questo esattamente per le ragioni analizzate in merito con la sentenza precedente. L’istituto della nullità di protezione (nullità relativa) previsto dall’art. 127 T.U.B. assolve ad una funzione differente rispetto a quella della nullità generale (nullità assoluta) prevista dall’art. 1421 del Codice civile. Qui la funzione non è di natura pubblicistica bensì di protezione, protezione a favore del cliente considerata parte debole del contratto. Finalità quest’ultima che non prescinde dalla sottoscrizione o meno del contratto da parte della banca. 110 Sentenza n. 2396 del 04/08/2016 del Tribuna le di Padova Controversa fu poi la sentenza n.2396 del 4 Agosto 2016 del Tribunale di Padova, con la quale il giudice di merito andò contro corrente con quello che era il nuovo orientamento intrapreso dalla Corte di Cassazione definito con le sentenze precedenti 5919 e 8395. In particolare il giudice ribadì quello che era l’orientamento giurisprudenziale antecedente a queste due sentenze secondo il quale il contratto sarebbe comunque da considerarsi valido sebbene non sia stata apportata la sottoscrizione della banca, in ragione della dimostrazione in giudizio da parte di essa degli elementi descritti in precedenza. Il giudice giustificò questo ritorno alle origini per il mero fatto che né l’art. 117 T.U.B. né l’art. 23 T.U.F. prevedano niente di specifico in riferimento alla mancanza di sottoscrizione di una delle controparti tali da configurare un eventuale ipotesi di nullità per carenza della forma scritta del contratto bancario; vi è solo la previsione che il contratto debba essere redatto per iscritto ai fini della sua validità, ma niente a proposito della sottoscrizione. Adducendo a tali motivazioni il giudice si scontrò con il cambio di rotta intrapreso dalla Corte di Cassazione chiedendo addirittura un intervento diretto alle Sezioni Unite affinché ci fosse un riallineamento su questo punto tornando a quello che era l’orientamento giurisprudenziale precedente. 87 Nella fattispecie la controversia vedeva la “Trasporti e spedizioni S.r.l. in liquidazioni” citare in giudizio la propria Banca per l’applicazione di interessi ultralegali e pratiche anatocistiche contenute in contratti non sottoscritti dalla banca e che non erano stati redatti per iscritto. Per queste motivazioni la società chiese in giudizio che il contratto bancario fosse dichiarato nullo. 87 Carbonara E., (2016), “Se sul contratto manca la firma della banca”, Rivista, La legge per tutti 111 Il giudice di merito, tuttavia, rigettò questa domanda in quanto la banca aveva depositato in giudizio atti e documenti che accertavano le transazioni economiche sottostanti al contratto contestato in cui erano espressamente redatti per iscritto i tassi e le condizioni economiche previste e contestate dalla società. Di conseguenza, riprendendo appunto quello che era l’orientamento originario della Cassazione, questi elementi risultavano sufficienti a supplire alla mancanza della sottoscrizione della banca e, di conseguenza, a non far dichiarare nullo il contratto per carenza della forma scritta richiesta ad substantiam. Scontro contro le recenti sentenze 5919 e 8395 della Corte di Cassazione che testualmente il giudice di merito giustificò nel seguente modo all’interno della propria sentenza: “Tali decisioni della Suprema Corte rappresentano un revirement rispetto al consolidato orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. Sez. 1 n. 4564 ud. 01/03/2012 confermata da Cass. Sez. 6-1 n. 17740 ud. 16/06/2015) che non appare condivisibile, sicché si attenderà l’intervento delle Sezioni Unite a composizione del contrasto creato dalla prima sezione, perché non tiene conto da un lato del fatto che nessuna norma richiede la sottoscrizione contestuale, né temporale né materiale, poiché l’art. 117 T.U.B. richiede solo che il contratto, con le sue condizioni, siano pattuite per iscritto”.88 88 Trib. Padova, 4 agosto 2016, n. 2396. 112 Sentenza n. 17290 del 24/08/2016 della Corte di cassazione In accordo con il contrasto espresso dal giudice del Tribunale di Padova con la sentenza appena analizzata (la n.2396) contro il cambio di orientamento giurisprudenziale introdotto con le sentenze n.5919 e n.8395 è anche il giudice della Cassazione il quale, con la sentenza n.17290 del 24 Agosto 2016, risolve una causa considerando valide l’analisi condotta in riferimento all’altra sentenza dal giudice di Padova e quindi contrastando il cambio di orientamento avvenuto attraverso le sentenze n.5919 e n.8395 dalla stessa Corte di Cassazione. Sinteticamente, la Corte di Cassazione, riprendendo il vecchio orientamento, afferma ora che la mancanza della sottoscrizione della banca, tale da far emergere un ipotesi di nullità del contratto per difetto della forma scritta ad substantiam, possa essere supplita dagli elementi che l’orientamento giurisprudenziale prevedeva pima delle sentenze 5919 e 8395 quali: la produzione in giudizio da parte della banca della copia del contratto sottoscritta anche dai clienti indicante l’apposita dicitura “un esemplare del presente contratto ci è stato da voi consegnato”; o per mezzo della dimostrazione della sussistenza di fatti concludenti attraverso la produzione in giudizio di atti scritti come estratto conti, ecc… Nel caso in questione la carenza della sottoscrizione viene sanata dalla dimostrazione da parte della banca dell’esistenza di fatti concludenti intrattenuti con il proprio cliente attraverso la produzione in giudizio di appositi atti scritti scambiati tra le due parti tali da dimostrare la proposta da parte della banca e la contestuale accettazione da parte del cliente e, di conseguenza il consenso da parte di entrambi di rispettare il rapporto contrattuale. Questo rispecchiava pienamente l’orientamento antecedente ed analizzato in questa tesi parlando delle sentenze della stessa Corte di Cassazione n. 4564 e n. 12711. Inoltre, tale posizione, rispecchiava anche le previsioni contenute nell’art. 117 T.U.B. e nell’art. 23 T.U.F. che prevedono solamente il rispetto del requisito della forma scritta ad substantiam per i contratti bancari senza però prevedere 113 specificatamente tutte le modalità per il suo rispetto e, in particolare, in relazione all’eventuale obbligo di sottoscrizione di entrambe le controparti. Il giudice, in ragione di tale lacuna normativa (lacuna, tra l’altro, non integrata con alcuna altra norma speciale) ha ritenuto che la mancanza della doppia sottoscrizione dello stesso contratto non può comportare il non rispetto del requisito della forma scritta ad substantiam. Ecco quindi che tale sentenza, assieme alla precedente analizzata, rappresenta un passo indietro rispetto a quello che poteva sembrare essere un nuovo cambio di rotta.89 La causa vede il ricorso in giudizio fatto da alcuni investitori contro la banca Fideuram S.p.a. i quali contestavano la nullità per difetto della forma scritta di un contratto bancario stipulato con essa poiché era assente la sottoscrizione della Banca, essendo stato firmato da un soggetto che non era qualificato legalmente come rappresentante della stessa. Sia nel primo grado di giudizio che in appello il giudice del Tribunale di Reggio Emilia diede ragione alla banca. La banca si difese producendo in giudizio la copia del contratto bancario analoga a quella consegnata ai clienti che, a loro volta, avevano prodotto in giudizio. In accordo con quello che era l’orientamento giurisprudenziale, i giudici diedero ragione alla banca proprio perché tale elemento era considerato un requisito sufficiente a supplire la mancanza di sottoscrizione e quindi evitare l’azione di nullità per difetto della forma scritta ad substantiam. A questo punto con l’ulteriore ricorso fatto in Cassazione dagli investitori nel 2016, con tutta probabilità, ci si sarebbe aspettato che il giudice con la sua sentenza seguisse a sua volta il cambio di orientamento avvenuto con le sentenze 89 Caturano W., (2016), “CONTRATTI BANCARI: validamente conclusi con lo scambio di atti unilaterali”, in Ex Parte Creditoris – www.expartecreditoris.it – ISSN: 2385-1376, 2016 114 n. 5919 e n. 8395 (secondo le quali l’elemento proposto nei primi due gradi di giudizio dalla banca non sarebbe più stato idoneo a supplire alla mancanza di sottoscrizione in quanto rientrante nella disciplina codicistica dell’onere della prova, con la possibilità quindi di avvalersi di tale elemento solo nella impossibile ipotesi di smarrimento del contratto senza colpa della banca, contratto che però in ogni caso i clienti investitori e la banca avevano proposto in giudizio), per cui il contratto andrebbe dichiarato nullo. Invece no! La Corte spiazzò tutti emettendo la propria sentenza n.17290, di fatto dando ragione alla banca in relazione a quanto era previsto con l’orientamento giurisprudenziale precedente. La Corte fece notare che la proposizione in giudizio da parte della banca della copia analoga del contratto sottoscritta o quella proposta e sottoscritta dai clienti e indicante la solita dicitura (a sua volta contenuta nel contratto di mandato con il quale la banca aveva incaricato il proprio funzionario a sottoscriverlo) risultava essere sufficiente a supplire alla mancanza di sottoscrizione da parte della banca e quindi ad evitare la nullità per difetto della forma scritta. Questo proprio perché, si è giustificato il giudice, non esiste alcuna norma che integri le lacune viste in riferimento agli art. 117 T.U.B. e art. 23 T.U.F. relative all’eventuale obbligo o al non obbligo della doppia sottoscrizione. Per queste motivazioni non sono state ritenute valide le motivazioni espresse, invece, dai giudici con le sentenze n. 5919, n.8395 e n. 7068. 90 90 Cass., 24 Agosto 2016, n. 17290 115 Conclusioni Durante lo studio del tema affrontato in questa tesi ed in particolare dopo aver analizzato le diverse sentenze e l’alternarsi degli orientamenti giurisprudenziali con i quali si è tentato nel tempo di affrontare i casi controversi, è difficile non chiudere il presente studio con alcune riflessioni in merito. In particolare si è visto come la giurisprudenza abbia di fatto tentato di risolvere una problematica che non è stata prontamente risolta, e quindi disciplinata, dalla legge in riferimento ad alcune modalità con le quali rispettare la forma scritta richiesta ad substantiam dagli art. 117 T.U.B. e art. 23 T.U.F. Non è stata trovata ancora una soluzione al problema se fosse necessaria o meno l’obbligo della sottoscrizione della banca e del cliente per rispettare tale forma, si è cercato di definire la differenza o la comparabilità dell’istituto della nullità previsto in riferimento a tale disciplina rispetto a quella definita dal Codice civile per i contratti in generale, si è cercato di definire il campo d’azione dell’istituto della nullità di protezione a favore del cliente e di limitare eventuali abusi o meno, ecc.. Tutte problematiche risolte nelle relative sentenze ma con riferimento alla mera interpretazione del giudice per la singola causa. Interpretazioni dei giudici che, come si è visto possono essere diverse in base alla personale interpretazione della norma e delle forme di tutela specifiche riservate dal legislatore a favore del cliente. Si è visto che ogni giudice ponendo alla base delle proprie argomentazioni delle tesi più che fondate e valide è giunto a delle conclusioni diverse o a favore della banca o a favore del cliente in merito sul come debba essere rispettata tale forma scritta ad substantiam e all’eventuale dichiarazione di nullità del contratto soprattutto in assenza della sottoscrizione della banca. 116 Conclusioni divergenti che nel tempo si è visto hanno portato a cambi radicali di orientamento nella giurisprudenza, cambi che tuttora continuano a sussistere e che probabilmente continueranno a generarsi anche nell’immediato futuro. Questa situazione chiaramente crea incertezza all’interno dell’ordinamento giuridico in riferimento alla regolazione di eventuali controversie aventi per oggetto tale tema. Controversie che, data la loro natura, sono sicuramente molto frequenti in campo giuridico. I rapporti con le banche coinvolgono ormai praticamente la situazione di ogni individuo. Di fatto, chiunque, per compiere qualsivoglia tipo di operazione che abbia ad oggetto una transazione di tipo economico si rivolge all’ausilio della banca stipulando con essa diversi tipi di contratti in ragione della natura e dell’oggetto dell’operazione. Di conseguenza è frequente che sorgano contestazioni in riferimento ai rapporti tra banca e cliente. Questo anche in riferimento all’obbligo o non obbligo di apporre la doppia sottoscrizione (una del cliente e l’altra della banca) per iscritto nel contratto bancario al fine di rispettare il requisito della forma scritta ad substantiam prescritto dalla legge. Naturalmente, il fatto che la giurisprudenza non sia arrivata ad una soluzione condivisa e ad un unico orientamento per la regolazione del rapporto in riferimento a tale problematica genera confusione. In particolare qualora venisse eccepita da parte del cliente l’azione di nullità che contesti appunto la carenza della forma scritta ad substantiam relativa all’eventuale mancanza di sottoscrizione da parte della banca, l’esito risulta essere del tutto incerto. Né la banca né il cliente hanno la ben che minima certezza ora di quale possa essere l’esito della sentenza: se il giudice dia ragione alla banca prevedendo che il 117 contratto bancario possa ritenersi valido anche in assenza di sua sottoscrizione oppure no. Decisione che può anche avere delle conseguenze rilevanti in relazione alla restituzione delle somme da parte del cliente o della banca e di eventuali risarcimenti e spese processuali. C’è da dire, in difesa della giurisprudenza, che per ogni cambio di orientamento sono state poste delle premesse del tutto fondate e condivisibili. E’ pertanto forse opportuno ritenere che ad intervenire per risolvere tale en pass debba essere il legislatore. E’ necessario che qui sia la legge, in particolare quella speciale contenuta nel T.U.B., nel T.U.F. e anche nel Codice del consumo, che chiarisca in modo definitivo tali problematiche che di fatto hanno creato e continuano a creare sempre più incertezza nel mondo giuridico, il tutto con riflessi negativi nei confronti dei singoli individui. Considerata la materia bancaria già di per sé una materia difficile da comprendere non essendo tutti degli operatori del settore, creare ancora più dubbi di fatto risulta essere deleterio anche in ragione della funzione del diritto di dover facilitare i rapporti socio economici che intercorrono tra i vari soggetti. E’ opportuno pertanto, a mio avviso, per queste ragioni, uno specifico intervento legislativo volto a definire in modo preciso questa situazione e non solo per ridurre i contenziosi ma soprattutto a tutela di entrambe le parti contrattuali non più nell’ambito di orientamenti transitori e a volte contrastanti bensì nell’ambito della sola “certezza del diritto”. 118 Bibliografia Banca d’Italia , “La trasparenza delle condizioni contrattuali - Guida alla lettura delle disposizioni in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. 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