Anno accademico 2004-2005 1) Si determinino i rettangoli che sono “pavimentabili” con mattonelle rettangolari 3 × 2, cioè che possono essere decomposti in un numero finito di rettangoli (le mattonelle) aventi, ciascuno, i lati di lunghezza 3 e 2. In Geometria piana, si dicono tassellature i modi di ricoprire il piano con una o più figure geometriche, ripetute anche all’infinito senza sovrapposizioni. Tali figure geometriche, possono essere poligoni, regolari oppure irregolari, se non addirittura lati curvilinei, o non avere affatto vertici. L’unica condizione che solitamente si pone è che siano connessi. Non è un caso che le tassellature vengano chiamate anche pavimentazioni: in effetti ogni possibile modo di coprire un pavimento con delle mattonelle di forma data non è altro che una tassellatura. È per questo che le tassellature sono necessariamente presenti in grandissima parte degli edifici realizzati nel corso della storia. Famosissime sono le tassellature che ricoprono molte pareti del complesso dell’Alhambra a Granada in Spagna, frutto dell’arte e dei gusti islamici: gli islamici sono sempre stati grandi studiosi di matematica e geometria, e tali conoscenze pervadono anche la loro arte, poiché secondo la loro dottrina l’uomo non può riprodurre la natura, opera di Dio, e quindi si deve esprimere attraverso forme non rappresentative, ma stilizzate. Moltissime delle opere dell’artista olandese Maurits Cornelis Escher (1898-1972) sono tassellature, i cui tasselli rappresentano solitamente pesci, uccelli, cavalli, pipistrelli, ma anche figure antropomorfe. 2 Molti materiali, sia naturali che artificiali, sono caratterizzati da una struttura microscopica che si ripete sempre più o meno uguale (fino alla regolarità estrema dei cristalli). Ci sono svariati casi in cui è però possibile trovare tassellature di una regolarità talvolta sorprendente anche di dimensioni macroscopiche e quindi visibili ad occhio nudo: le cellette esagonali di un’arnia di api, la stessa configurazione si incontra nella disposizione piana di bollicine di sapone, la buccia di un ananas è composta sempre da esagoni, ma meno regolari. È possibile tassellare la sfera con esagoni e pentagoni. La tassellatura del pallone da calcio, a sua volta, non può essere trasferita sul piano: infatti sul piano è impossibile disporre cinque esagoni attorno ad un pentagono. Per convincersene, basta misurare gli angoli: come insegna la Trigonometria sferica, gli angoli sul piano sono diversi da quelli sulla sfera. 3 Se si indica con π la base del rettangolo e con β l’altezza, per piastrellare l’intero rettangolo, si deve verificare che π β β = 6π , essendo π il numero complessivo di mattonelle. È chiaro che le due dimensioni si possono scambiare vicendevolmente, per cui se esiste una soluzione con π ≥ β, esiste anche quella con β ≥ π. Si ponga, in maniera del tutto generale, π = 6π + πΌ , β = 6π + π½ , π, π ∈ β , 0 ≤ πΌ, π½ ≤ 5 , con πΌ e π½ interi. Sostituendo, si può scrivere (6π + πΌ) β (6π + π½) = 6π → 6ππ + πΌπ + π½π + πΌπ½ =π. 6 Ora, i valori di πΌ e di π½ affinché l’ultima uguaglianza possa essere verificata, cioè quelli per cui il prodotto πΌπ½ è multiplo di 6, sono riportati nella tabella che segue. πΌπ½/6 πΌ=0 πΌ=1 πΌ=2 πΌ=3 πΌ=4 πΌ=5 π½=0 0 0 0 0 0 0 π½=1 0 − − − − − π½=2 0 − − 1 − − π½=3 0 − 1 − 2 − π½=4 0 − − 2 − − π½=5 0 − − − − − La tabella mostra la già preconizzata simmetria nelle soluzioni, che appartengono a sei classi, qui di seguito elencate (π, π ∈ β , 0 ≤ πΌ, π½ ≤ 5): 4 1. π = 6π , β = 6π + π½; 2. π = 6π + πΌ , β = 6π; 3. π = 6π + 2 , β = 6π + 3; 4. π = 6π + 3 , β = 6π + 2; 5. π = 6π + 3 , β = 6π + 4; 6. π = 6π + 4 , β = 6π + 3. Questo è l’elenco completo di tutti i pavimenti tassellabili con le mattonelle rettangolari assegnate. 5 2) Sia π(π₯, π¦) un polinomio a coefficienti reali nelle due variabili π₯ e π¦ tale che π(π, 0) = 0 per ogni intero positivo π. Si provi che esiste un polinomio π(π₯, π¦) tale che π(π₯, π¦) = π¦ β π(π₯, π¦). (Si ricorda che un polinomio π(π₯, π¦) nelle variabili π₯ e π¦ è una somma finita di monomi del tipo π β π₯ π β π¦ π , dove π è un numero reale ed π e π sono numeri interi non negativi). Allo scopo di rendere più chiara la dimostrazione, si partirà con un caso particolare, nel quale con maggiore evidenza si possono mostrare tutti i punti nodali della dimostrazione. Soltanto in un secondo momento si procederà alla discussione del caso generale. Si consideri, allora, il generico polinomio in due variabili di secondo grado π(π₯, π¦) = ππ₯ 2 + ππ₯π¦ + ππ¦ 2 + ππ₯ + ππ¦ + π e lo si valuti in un qualsiasi punto dell’asse delle ascisse π(π₯, 0) = ππ₯ 2 + ππ₯ + π . Si ottiene in tal modo un polinomio di secondo grado in una sola variabile, che presenta al più due radici. Si imponga quindi che π(π, 0) = ππ2 + ππ + π = 0 per π = 1, 2, β― . Ebbene, l’ultima uguaglianza, dovendo essere verificata in infiniti punti, rende identicamente nulli i tre coefficienti del polinomio, cioè π =π =π =0. 6 Per comprenderne il motivo, si può considerare il fatto che un polinomio di secondo grado deve avere due radici, ma, dovendo annullarsi in infiniti punti, ciò può accadere solo se coincide con il polinomio nullo. Allora, il polinomio di partenza diventa π(π₯, π¦) = ππ₯π¦ + ππ¦ 2 + ππ¦ = π¦ β (ππ₯ + ππ¦ + π) = π¦ β π(π₯, π¦) , che rappresenta proprio quanto si voleva dimostrare. In maniera più formale e generale, considerato il generico polinomio in due variabili πΎ π» π(π₯, π¦) = ∑ (∑ π΄β,π π₯ β π¦ π ) π=0 con π΄β,π = π΄π,β ∀β ≠ π , β=0 si può scrivere che π» π(π, 0) = ∑ π΄β,0 πβ = 0 ∀π ∈ β ≥ 1 . β=0 Da ciò discende che, in forza della seconda forma del Teorema Fondamentale dell’Algebra (secondo cui se un polinomio di grado π» si annulla in π» + 1 punti, allora esso è identicamente nullo), tutti i coefficienti π΄β,0 = 0 per β = 0, 1, β― , π» e, di conseguenza, si ha πΎ π» π(π₯, π¦) = ∑ (∑ π΄β,π π₯ β π¦ π ) = π¦ β π(π₯, π¦) , π=1 β=0 7 che era quanto si voleva dimostrare. Teorema Fondamentale dell’Algebra: un’equazione di grado π ≥ 1 ammette sempre π soluzioni reali distinte, reali coincidenti o complesse e coniugate. Una cosa, tuttavia, è sapere che le soluzioni ci sono, altra cosa è trovarle. La storia del teorema fondamentale dell’Algebra sarebbe interessante di per sé, ma richiederebbe un impegno impensabile per una breve nota. In estrema sintesi, Leonardo Fibonacci, pisano, accompagnando il padre nei suoi viaggi di commesso, soggiornò per qualche tempo in Algeria, ove prese contatto con l’Algebra, nota in ambiente islamico, e la importò in Europa. A quell’epoca erano noti i procedimenti di risoluzione delle equazioni di primo e secondo grado. In Italia, durante il Rinascimento, si compirono progressi molto importanti: la formula di Cardano, per la risoluzione delle equazioni generali di terzo grado, e quella di Ludovico Ferrari, per quelle di quarto. Ogni tentativo di reperire formule simili per l’equazione di quinto grado fu inutile. Gli sforzi degli algebristi italiani condussero anche all’invenzione dei numeri complessi, in origine col solo scopo d’estrarre le radici di numeri negativi, che si incontravano applicando la formula di Cardano, anche quando le soluzioni erano tutte reali. Due secoli più tardi, fu chiaro il perché non si riusciva a trovare le formule risolutive per le equazioni algebriche dal quinto grado in su: Galois, la sera prima di venire ucciso in un duello, scrisse la dimostrazione del fatto che tali formule non esistono, nel caso generale. Il problema algebrico era definitivamente chiuso: non è sempre possibile trasformare, utilizzando le identità algebriche elementari (permutare e associare addendi, mettere in evidenza, sommare e sottrarre, spostare ad un altro membro) un’equazione generale di quinto grado in una di tipo speciale che utilizzi solo le quattro operazioni e l’estrazione di radice. Dove sta allora il problema? Il problema consiste nel fatto che una cosa è che non esista formula risolutiva, un’altra è che non esistano soluzioni! Il punto di vista rivoluzionario, che nei secoli successivi pervase l’intera Analisi Matematica, è di rinunciare del tutto a porsi il problema della ricerca di formule risolutive (fra l’altro così complicate da essere di uso assai poco agevole!) ed occuparsi del seguente problema: dato un polinomio, esistono punti sui quali si annulla? Ciò fece Gauss, il princeps mathematicorum. 8 3) Se π/π è una frazione irriducibile non nulla, cioè se π e π sono interi non nulli e primi fra loro, sia πΆ(π /π) il cerchio nel piano di equazione π 2 1 2 1 2 (π₯ − ) + (π¦ − 2 ) ≤ ( 2 ) . π 2π 2π Si dimostri che se π/π ≠ π/π allora i due cerchi πΆ(π/π ) e πΆ(π/π) sono disgiunti, tranne quando le frazioni π/π e π/π sono tali che |ππ − ππ| = 1, nel qual caso i cerchi sono tra loro tangenti. Si dimostri inoltre che in questo caso il punto di tangenza ha entrambe le coordinate razionali. Un generico cerchio πΆ(π/π ) ha centro e raggio che, rispettivamente, valgono π 1 1 π1 ( , 2 ) , π 1 = 2 . π 2π 2π Similmente, un generico cerchio πΆ(π/π) ha centro e raggio che, rispettivamente, valgono π 1 1 π1 ( , 2 ) , π 2 = 2 . π 2π 2π Quando la distanza tra i centri non supera la somma dei raggi, vuol dire che per i due cerchi si intersecano e quindi π 2 π 2 1 2 1 2 ( ) − ( ) ≤ ( 2) + ( 2) . 2 π 2π 2π Operando qualche manipolazione algebrica, si giunge a 9 (ππ − π π)2 ≤ 1 → |ππ − π π| ≤ 1 . La quantità ππ − π π è intera e, affinché sia verificata la disuguaglianza, si hanno due possibilità: 1) |ππ − π π| = 0 , 2) |ππ − π π| = 1 . La prima condizione non può verificarsi, giacché le frazioni sono diverse per ipotesi; quindi, deve essere vera la seconda condizione, che rappresenta proprio ciò che si voleva dimostrare. In questo caso, inoltre, la distanza tra i centri è uguale alla somma dei raggi ed i due cerchi sono tangenti. Per dimostrare, poi, che il punto di tangenza ha coordinate razionali, è possibile ragionare anche in maniera sintetica. Detto π il punto di tangenza, allora tracciamo da π1 e da π la parallela all’asse delle ordinate e da π2 quella all’asse 10 delle ascisse. Si formano in tal modo due triangoli rettangoli simili con in comune l’angolo in π2 e, pertanto, vale la proporzione π − π₯π π − ππ₯π π 2 π2 π π π = π + π → π ππ − ππ = π 2 + π 2 , 1 2 − π π dove π₯π indica l’ascissa del punto π. Ricavando π₯π si osserva che è razionale, essendo il risultato di somme, sottrazioni, prodotti e quozienti tra razionali. Analogamente si procede per l’ordinata di π. 11 4) Mario ha in tasca 8 πππππ‘π per una cifra totale di 1 πΈπ’ππ e 20 ππππ‘ππ πππ. Usando le sue monete Mario può comporre la somma di 4 ππππ‘ππ πππ in un solo modo. Inoltre può comporre le somme di 5 ππππ‘ππ πππ e di 70 ππππ‘ππ πππ in due modi ciascuna. (Due modi di comporre una somma si considerano uguali quando coinvolgono lo stesso numero di monete da 1 ππππ‘ππ πππ, anche se non le stesse monete, lo stesso numero di monete da 2 ππππ‘ππ πππ, anche se non le stesse monete, e così via). Quali monete ha Mario in tasca? Dato che la somma di 5 ππππ‘ππ πππ si può comporre in due modi, vi sono soltanto due possibilità: π₯1 = 1 , π₯2 = 2 e π₯5 = 5 , in cui π₯π indica il numero di monete di π ππππ‘ππ πππ presenti nelle tasche di Mario. In questo modo resta da stabilire ancora quali siano le altre 8 − 4 monete. Dovendo comporre la somma di 70 ππππ‘ππ πππ in due modi, allora, non possono essere presenti moneti da 1 πΈπ’ππ e, pertanto, Mario avrà ancora in tasca π₯20 = 3 , π₯50 = 1 , π₯100 = 0 (πΈπ’ππ) . 12 5) Si mostri che per ogni numero dispari π il numero π = π2 + (π + 1)3 + (π + 2)4 non è il cubo di un numero intero. Si comincia, in maniera del tutto generale, a porre π = 2π − 1 con π ∈ β€ , di modo che π = (2π − 1)2 + (2π)3 + (2π + 1)4 . Dal momento che (2π + 1)4 = 16π 4 + 32π 3 + 24π 2 + 8π + 1 , dopo qualche semplificazione algebrica, si può scrivere π = 2(8π 4 + 20π 3 + 14π 2 + 2π + 1) . Si supponga che π = π3 sia il cubo di un qualche numero intero e si ponga π = π3 = 2(8π 4 + 20π 3 + 14π 2 + 2π + 1) . Da questa equazione si deduce che π deve essere pari e, pertanto, lo si immagini nella forma π = 2π, con q ovviamente intero. Si ottiene, allora, la nuova uguaglianza 13 8π 4 + 20π 3 + 14π 2 + 2π + 1 π = , 4 3 che è chiaramente assurda, dato che il numeratore della frazione a secondo membro è sempre dispari per ogni valore di π, dunque mai divisibile per 4. Segue che π non è il cubo di alcun numero intero. 14