La responsabilità civile fra funzione compensativa e deterrente

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La responsabilità civile fra funzione compensativa e deterrente
GIUSEPPE VETTORI
1. Le questioni aperte.
La riparazione delle vittima e la finalità deterrente nei confronti del danneggiante sono oggi
prevalenti rispetto ad altre finalità della responsabilità civile 1, secondo un‟evoluzione che è in atto
in tutti gli ordinamenti nazionali2, ma i tratti delle novità legislative e giurisprudenziali, in ogni
paese, non sono affatto univoci.
Le questioni aperte sono essenzialmente due3. Il rapporto fra contratto e illecito 4 e l‟esigenza di
un equilibrio fra riparazione e punizione 5.
2.1. Il rapporto fra contratto e illecito.
Iniziamo dalla prima, non a caso segnalata fra i nodi essenziali del processo di uniformazione del
diritto privato. Martijn Hesselink nel porre l‟esigenza, sacrosanta, di sottrarre dal chiuso delle
burocrazie le scelte fondamentali di un futuro diritto comune in Europa enumera le domande su cui
si dovrebbe incentrare l‟attenzione dell‟intera comunità scientifica e delle istituzioni politiche.
La prima di un lungo elenco di cinquanta è la seguente.
Se i «rapporti contrattuali (debbano essere trattati) esclusivamente con la responsabilità
contrattuale o (debbano) essere premesse delle forme concorrenti di responsabilità (contrattuale,
extracontrattuale, restitutoria)»6.
Per un tentativo di risposta al quesito occorre qualche cenno alle novità nazionali in atto e in
itinere ove c‟è un preciso segno per una unificazione delle due aree, anche se non vi è ancora una
unanimità di consensi.
1
G. ALPA, Diritto della responsabilità civile, Roma-Bari, 2003, p. 290 ss.; M. FRANZONI, Il danno risarcibile, in Tratt.
Franzoni, Milano, 2004, p. 621 ss.; P.G. MONATERI, La responsabilità civile, in Tratt. Sacco, Torino, 1998, p. 19 ss.; La
responsabilità civile nella giurisprudenza della Corte costituzionale, a cura di M. Bussani, Napoli, p. 3 ss.
2
G. ALPA, Diritto della responsabilità civile, cit., p. 291: «Distribuzione dei rischi e allocazione dei costi sono esito di
un processo culturale che…si apre a una prospettiva per così dire “sociale” o collettiva, fermo il fatto che
preoccupazione del legislatore non è più (soltanto) quella di individuare il responsabile e di stabilire a quali condizioni
questi è obbligato a riparare il danno, ma diventa (anche) quella di istituire criteri di riparazione dei rischi che
consentano, al tempo stesso, di assicurare la più ampia tutela dei danneggiati e di distribuire le perdite nel mondo
economico. Il problema del danno, nei suoi riflessi economici, diviene così un problema di carattere sociale, e si tende
perciò a studiare il modo di contenere anche gli effetti indotti sul piano dei costi sopportati dalla collettività ».
3
V. C. CASTRONOVO, La responsabilità civile in Italia al passaggio del millennio, in Europa dir. priv., 2003, 1, p. 123
ss.; F. BUSNELLI, L’illecito civile nella stagione europea delle riforme del diritto delle obbligazioni, in Riv. dir. civ.,
2006, 6, p. 440 ss.
4
L‟osservazione delle normative nazionali in atto o in itinere e i testi volti alla uniformazione adottano un criterio
selettivo che sfuma dall‟ingiustizia del danno del nostro art. 2043, verso i «fatti dannosi anormali» dell‟Avant-projet
francese, l‟«interesse protetto» dei Principles sino all‟«opinione comune» del nuovo codice olandese. Ciò determina
una spiccata atipicità del rimedio e un primo problema che è alle radici del modello culturale della responsabilità. Il
rapporto fra contratto e illecito.
5
F. BUSNELLI, L’illecito civile nella stagione europea delle riforme, cit., p. 444.
6
M. HESSELINK, La dimensione politica di un codice civile europeo, in Riv. crit. dir. priv., 2006, 3, p. 409-410. Che ciò
abbia attinenza con una funzione deterrente delle regole di responsabilità risulta da diversi dati. Basta ricordare che
l‟azione collettiva risarcitoria disciplinata dal nuovo art. 140-bis del codice di consumo, si estende a tutti gli atti illeciti
aquiliani o commessi nell‟ambito di rapporti giuridici relativi a contratti stipulati ai sensi dell‟art. 1342 c.c. o in
conseguenza di pratiche commerciali scorrette.
2.2. I progetti di riforma in Francia e in Germania.
L‟Avant-projet di riforma del diritto francese delle obbligazioni si propone di ricostruire il
sistema della responsabilità civile tenendo conto dell‟evoluzione giurisprudenziale e progetta una
vera rivoluzione dell‟impianto del Code. Ai cinque articoli si sostituiscono circa quindici norme che
affiancano all‟art. 1384 vari criteri di imputazione, riferiti ad una «nuova norma di apertura», l‟art.
1340, ove si fa riferimento a «tout fait illecite ou anormal». Il dato più innovativo è il rapporto fra
le due aree della responsabilità. Secondo i redattori, il Titolo III del Libro III non si aprirebbe più
con un richiamo al contratto e alle obbligazioni convenzionali, ma semplicemente alla disciplina
Des Obligations, suddivisa in sottotitoli, disposizioni comuni e disposizioni relative alle due forme
di responsabilità, oltre alle disposizioni sugli effetti di tali regole. Dunque si prevedono principi
comuni ma diverse regole per i danni risarcibili secondo un indirizzo già attuato dal codice olandese
e in fase di progettazione in altri ordinamenti7. Con un tratto preciso. Il rapporto fra le due aree è
scandito da una scelta precisa: «ogni rapporto può essere regolato da un solo complesso di norme»,
sicchè «se un rapporto è regolato dalla normativa contrattuale non può essere retto anche dalle
norme sull‟illecito»8 e si esclude, così, ogni ipotesi di cumulo di diverse fonti di responsabilità.
Tranne in un caso. I danni non patrimoniali (art. 1341) 9.
D‟altra parte il riferimento in quel testo (art. 1340) ad ogni fatto dannoso anormale apre ad una
espansione dell‟area della responsabilità di incerta valutazione seppur ispirata in qualche norma
(art. 1362) alla precisazione di ipotesi di rischio, rese ancor più evidenti dall‟«affermarsi in Europa
del principio di precauzione»10. Ma ciò che fa più discutere ai nostri fini sono i danni punitivi e non
patrimoniali. Per i primi c‟è un espresso riferimento ad una forma di danno liquidato dal giudice, in
presenza di un atteggiamento soggettivo particolarmente riprovato, con una somma destinata per
una parte allo Stato, e per i secondi esiste una minuta descrizione del danno non patrimoniale che ha
uno statuto particolare. Per essi si deroga al divieto di cumulo consentendo di scegliere il regime più
favorevole (art. 1341), si limita il concorso di colpa del danneggiato alle sole ipotesi di colpa grave
(art. 1351), si disciplina con più favore per la vittima l‟aggravamento dei danni (art. 1373), si vieta
le clausole che escludono o limitano il risarcimento (art. 1382-1).
L‟esito è chiaro. Si differenzia la natura del danno privilegiando nell‟area della persona i
dommages corporels e si distingue fra funzione compensativa e punitiva del risarcimento. La
recente riforma del BGB è altrettanto significativa sotto un altro profilo.
La nuova disciplina lambisce solamente la responsabilità secondo una tradizione che privilegia la
disciplina e la costruzione raffinata del rapporto obbligatorio, anche se i pochi ritocchi hanno
carattere strategico verso un «percorso di progressiva uniformazione del concetto di responsabilità
civile»11. Significativa è la nuova disposizione sui danni da informazioni inesatte (§ 241, Abs. 2) e
sul danno non patrimoniale derivante da una «menomazione del corpo, da una lesione della salute,
da una violazione della libertà o della autodeterminazione sessuale», illecito che si libera dal legame
con la colpa del danneggiante «per aprirsi ad una rilevanza che va dalla responsabilità soggettiva a
quella oggettiva, dalla responsabilità extracontrattuale a quella contrattuale (passando attraverso la
7
F.D. BUSNELLI, L’illecito nella stagione europea delle riforme, cit., 440 ss. e il riferimento al progetto di revisione del
codice civile svizzero, argentino e al nuovo codice civile della Repubblica Ceca.
8
P.G. MONATERI, L’ingiustizia di cui all’art. 2043 c.c. Una nozione salda, o un’occasione di revisione codicistica?, in
Riv. dir. civ., 2006, p. 527.
9
F.D. BUSNELLI, L’illecito civile nella stagione europea delle riforme, cit., p. 449.
10
F.D. BUSNELLI, L’illecito civile nella stagione europea delle riforme, cit., p. 446 e G. COMANDÈ (a cura di), Gli
strumenti della precauzione: nuovi rischi, assicurazione e responsabilità, Milano, 2006, p. 23 ss.
11
F.D. BUSNELLI, op .ult. cit., p. 443: «la norma connotante il genus è il nuovo § 280, Abs.1» che «implicitamente vale
a qualificare come species le residue regole risarcitorie riferite esclusivamente alla disciplina (degli effetti) dell‟atto
illecito (arg. Ex § 253, Abs. 2, che mutuando il contenuto dell‟abrogato § 847, Abs. 1, intende ricondurre al genus una
regola nata come species relativa all‟atto illecito)».
Vertrauenshaftung) dalle categorie civilistiche di responsabilità alle figure speciali di responsabilità
previste dalle leggi di settore»12.
2.3. I principles e il Common Frame of Reference.
Queste tendenze lasciano tracce evidenti nelle due più accreditate ipotesi di uniformazione, i
Principles redatti dall‟European Group of Tort Law13 e il DCFR (acronimo per Draft of Common
Frame of Reference)14. In entrambi si parte dal danno superando il dogma della centralità della
colpa senza privilegiare in assoluto le ipotesi di responsabilità oggettiva. Si rivolge particolare
attenzione al nuovo rapporto fra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale e all‟ipotesi
selettiva della lesione rilevante che non utilizza il termine ingiustizia, (pensato nel codice italiano
come modello mediano fra l‟assenza francese e la tipizzazione tedesca), ma utilizza, invece, un
approccio diverso dai singoli ordinamenti. Con un esito comune. I Principles partono dalla
necessità di un interesse protetto come elemento della responsabilità. Il DCFR, al contrario, muove
dalla tipizzazione per arrivare alla formula di apertura. Anche se in entrambi i casi è comunque
chiara l‟esigenza di un criterio selettivo dell‟interesse protetto. Certo è che, in entrambi progetti, è
essenziale la disciplina del danno non patrimoniale e del pregiudizio alla persona, recependo i vari
modelli che in Europa si sono formati con l‟apporto del legislatore e della giurisprudenza teorica e
pratica.
2.4. Il concorso e il cumulo nella giurisprudenza italiana.
Ma il tema appare nella sua concretezza se si enumerano alcune questioni emerse di recente nel
nostro diritto interno in alcuni aspetti sensibili del diritto societario e finanziario, nei rapporti di
famiglia e nella fase formativa del contratto. Un breve esame di queste figure così diverse fra loro
può porre in luce il problema e avviare una riflessione sui possibili rimedi.
a) I mercati finanziari e di capitali.
Le disposizioni in tema di OPA disciplinano i comportamenti che i soci devono assumere in
presenza di mutamenti degli assetti proprietari di società quotate. L‟esigenza di tutela degli
investitori azionisti è compresa nella finalità di tutela del mercato finanziario e dei capitali (prevista
nell‟art. 92 del T.U.F.) e si articola secondo una ricostruzione scandita in giurisprudenza secondo il
seguente schema.
«L‟obbligo di lanciare l‟OPA si configura...come un obbligo contrattuale che ope legis si
inserisce nel contratto sociale», ma la norma non prevede come sanzione, in caso di violazione, «il
potere del singolo azionista pretermesso di ottenere coattivamente il risultato», bensì solo l‟obbligo
a carico dell‟inadempiente di rivendere il pacchetto acquisito in eccedenza. Da qui l‟esigenza di
un‟attenta interpretazione, la quale reputa che la disciplina «non esaurisca gli strumenti di autotutela
accordati dall‟ordinamento a chiunque vanti una posizione giuridicamente rilevante» e non esclude
affatto la risarcibilità di un danno ingiusto. Ciò perchè, si dice nella sentenza, «il principio del
neminem laedere sancito dall‟art. 2043 rappresenta il cardine dei diritti soggettivi contrattuali e
non», incorporati nel nostro caso nelle azioni dei soci di minoranza. Ne segue la risarcibilità del
danno in presenza di una responsabilità contrattuale15.
12
F.D. BUSNELLI, op. cit., p. 448
EUROPEAN GROUP OF TORT LAW, Principles of European Tort Law. Text and Commentary, Vienna-NewYork, 2005.
14
Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law. Draft of Common Frame of Reference (DCFR),
Sellier European Law publishers, Munchen, 2008 nel quale è confluito il testo dei c.d. Principi Von Bar.
15
Trib. Milano, 9 giugno 2005, in Foro it., 2005, I, 3210.
13
Il groviglio teorico è evidente. L‟apparato sanzionatorio della legge è completato dal principio
del neminem laedere. Non si parla di concorso di azioni o di cumulo di danni ma di una
responsabilità contrattuale per la violazione della regola aquiliana. Senza contare la difficoltà della
liquidazione del danno «correlata a titoli per loro natura destinati alla fluttuazione» 16.
La Corte di Appello ha di recente ribaltato il ragionamento 17. Si è sostenuto che la disciplina
dell‟OPA esclude l‟esistenza di un diritto soggettivo degli azionisti a ricevere un‟offerta di acquisto
e, dunque, anche il diritto al risarcimento da inadempimento di un obbligo contrattuale. L‟unico
danno, ipotizzabile, si osserva ancora, è l‟interesse negativo tipico della responsabilità
precontrattuale e non l‟utilità derivante da un contratto concluso. Resta dunque il dubbio sul danno
dovuto in presenza di un comportamento scorretto imputabile alla controparte in presenza di un
obbligo legale di comportamento.
b) Titoli obbligazionari e contratti di investimento.
Qualcosa di simile accade per la negoziazione di titoli obbligazionari.
Ciò che è accaduto è noto. Le perdite vistosissime nei portafogli di centinaia di migliaia di
investitori hanno dato impulso a moltissime cause civili con un oggetto preciso 18: la richiesta di
nullità e/o risoluzione del contratto e la condanna ai risarcimenti e alle restituzioni 19. Da qui il
problema che ha assillato i giudici di merito è stato affrontato da un‟importante sentenza della
Cassazione civile, valutato, poi, in modo diverso dalla Corte con una «ordinanza di rinvio»20 e
deciso ora dalle Sezioni Unite 21 che hanno recepito, sulla responsabilità precontrattuale, risultati
indicati da tempo da una parte della dottrina.
Nella sentenza si stabilisce che l‟azione può essere promossa anche in presenza di un contratto
concluso e valido e che il risarcimento è «il mezzo per correggere il risultato lesivo dovuto al
contegno scorretto». Da qui la conseguenza che il giudice deve ripristinare non solo l‟interesse
negativo, ma l‟interesse positivo della parte vittima del comportamento in mala fede a non «essere
coinvolto nelle trattative di un contratto valido ma sconveniente». Sicchè il risarcimento deve essere
commisurato al «minor vantaggio o al maggior aggravio economico determinato dal contegno sleale
di una parte». A tale indirizzo si è voluto dare continuità 22 ed è chiaro il perchè.
Si tende a conservare l‟operazione economica e la validità dell‟accordo e a riequilibrare il
contratto attraverso il risarcimento che può avere, si è detto, una precisione chirurgica 23. Ma è
chiaro anche il superamento della natura aquiliana di questa forma di responsabilità.
16
A. PALMIERI, Osservazione a Trib. Milano 9 giugno 2005, in Foro it., 2005, I, 3210.
App. Milano, 15 gennaio 2007, in Giur. It., 2007, 1707; in Corr. Giur., 2007, 2578 con nota di F. ROLFI ed in Banca,
borsa tit. cred., 2007, II, 572 con nota di E. DESANA.
18
Cass., Sez. I, 29 settembre 2005, n. 19024 su cui G. VETTORI, Contratti di investimento e rimedi, in Obb. contr.,
2007, 785 ss.
19
Al riguardo, V. ROPPO, La tutela del risparmiatore fra nullità e risoluzione (a proposito di Cirio bond & tango bond),
in Danno e resp., 2005, 6, 604 ss.
20
Cass., Sez. I, ordinanza del 16 febbraio 2007, n. 3683, in Foro it., 2007, I, 2093, con nota di E. SCODITTI.
21
Cass., Sez. un., 19 dicembre 2007 n. 26725, in Foro it., 2008, I, 784, nota di E. SCODITTI.
22
Cass., Sez. un., 19 dicembre 2007 n. 26725, cit. (dello stesso tenore un‟analoga sentenza che porta il n. 26724,
ibidem, dello stesso giorno). Sul punto v. G. VETTORI, Regole di validità e di responsabilità di fronte alle Sezioni Unite.
La buona fede come rimedio risarcitorio, in Obb. contr., 2008, I, 1 ss.
23
Solo che tale indirizzo è posto in discussione da due sentenze recenti.
Se la più recente (Cass. 25 febbraio 2007 n. 2479, in Rep. Foro it., 2007, Contratto in genere [1740], n. 396) ribadisce
l‟orientamento tradizionale della preclusione di ogni analisi nei confronti di contegni formativi scorretti, una volta
concluso il contratto, l‟altra utilizza una serie di argomenti su cui è opportuno riflettere (Cass. 25 luglio 2006 n. 16937
in Obbl. contr., 2007, 407, nota di N. COREA). Si osserva che le trattative rilevano ai fini di una responsabilità, di
incerta natura, quando il contratto non è concluso. Ma in presenza di tale fatto esse «perdono ogni autonomia e ogni
giuridica rilevanza e, sotto il profilo risarcitorio, convergono...in quella struttura contrattuale che, essa sola, potrà, in
ipotesi, costituire la fonte di responsabilità risarcitoria». Sicché il contratto concluso a condizioni diverse da quelle
programmate a causa del comportamento scorretto dell‟altra parte è fonte di responsabilità contrattuale e non aquiliana.
A ben vedere non si conclude affatto per l‟irrilevanza delle circostanze formative e esecutive del contratto ma se ne
17
Le trattative creano un contatto qualificato e danno inizio ad un procedimento ove non esistono
estranei o «passanti» ma due soggetti in una relazione qualificata volta alla conclusione di un
contratto24.
Quando questo si conclude, la violazione della buona fede accertata nella fase preliminare non
può che rimanere assorbita «nella disciplina dello stesso contratto e nella connessa responsabilità
per inadempimento, con conseguente identità anche “direzionale”, sia in termini di situazione
giuridica tutelata che sul piano risarcitorio, fra interesse negativo e interesse positivo»25.
c) Il danno endo-familiare.
Sul danno endo-familiare la Cassazione ha segnato, di recente, un punto di svolta significativo.
Acquista concretezza il rilevo della dignità e della responsabilità di ogni componente del nucleo
familiare ed è prevista la fonte e la misura del danno risarcibile per la lesione di tali situazioni
soggettive. Si osserva che i singoli «conservano le loro essenziali connotazioni e ricevono tutela
prima ancora che come coniugi e figli come persone in attuazione dell‟art. 2 della Costituzione».
Sicché il rispetto della dignità e della personalità nella sua interezza assume i connotati di un diritto
inviolabile la cui lesione è il presupposto logico della responsabilità 26. E‟ evidente come questo
indirizzo incida sulla rilevanza giuridica delle posizioni soggettive all‟interno della Comunità
familiare.
d) Il rapporto di lavoro.
La specificità del rapporto di lavoro, nel nostro tema, deve essere riconosciuta proprio per la sua
«speciale attitudine a metabolizzare» i diritti della persona nelle relazioni obbligatorie. Dove il
carattere assoluto e indisponibile delle situazioni esistenziali si salda con il carattere imperativo e
inderogabile delle norme di quel rapporto27. Qui il dovere formale di astensione si specifica, di
recente, in un obbligo di protezione sino a creare un diritto a vedersi assegnate mansioni
professionalmente adeguate, pena il risarcimento di un danno esistenziale su cui si sofferma la
Corte di Cassazione a Sezioni Unite 28.
e) Il danno non patrimoniale da inadempimento.
D‟altra parte la tipologia del danno alla persona si arricchisce sempre più nell‟area dei rapporti
contrattuali.
Basta pensare alla riforma del BGB, al testo dei Principi di diritto europeo dei contratti
(PECL)29, al nostro Codice del Consumo (artt. 94, 95, 96) che nel disciplinare il «danno da vacanza
rovinata» nella violazione del contratto turistico rende palese la rilevanza, nel nostro sistema, del
danno non patrimoniale da inadempimento su cui si è molto discusso in dottrina 30.
esclude la natura extracontrattuale espressa, per giudizio consolidato, dalla responsabilità precontrattuale la cui
configurabilità resterebbe «preclusa e assorbita nella intervenuta stipula del contratto».
24
L. MENGONI, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, in Riv. dir. comm., 1956, II, 360 e, da ultimo, E.
SCODITTI, La responsabilità per danni da clausola abusiva, in Riv. dir. priv., 2007, 2, 20 (dell‟estratto).
25
C. TURCO, Interesse negativo e responsabilità precontrattuale, Milano, 1990, 179 ss.; ID., L’interesse negativo nella
culpa in contraendo (verità e distorsioni della teoria di Jhering nel sistema tedesco e italiano), in Riv. dir. civ., 2007,
165 ss.
26
Cass. 10 maggio 2005, n. 9801, in Famiglia e diritto, 2005, 2, 366; e sul punto G. VETTORI, Diritti della persona e
unità della famiglia trenta anni dopo, in Diritti e tutele nella crisi familiare, a cura di I. Mariani e G. Passagnoli,
Padova, 2007, 4 ss.
27
R. DEL PUNTA, Diritti della persona e contratto di lavoro, in Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali,
n. 110, 2006, 2, p. 195 ss.
28
Cass., Sez. un. 24 marzo 2006, n. 6572, in Foro it., 2006, I, c. 2334, nota di P. CENDON, G. PONZANELLI.
29
V. sul punto C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, Milano, 2006, p. 36 ss., p. 53 ss.
30
V. da ultimo la bella rassegna di G. COLANGELO, Il danno non patrimoniale da inadempimento, in Obb. contr., 2006,
4, 348 ss.; G. COMANDÈ, Persona e tutele giuridiche, Torino, 2003, p. 251 ss.
Le soluzioni ipotizzabili sono note. La giurisprudenza utilizza la tecnica del concorso di azioni o
del cumulo dei danni; espediente utile, che assicura, in molti casi, decisioni ragionevoli: dal
medesimo
fatto possono nascere diritti diversi, azionabili assieme o in concorso, a scelta del danneggiato31.
A ben vedere è possibile una diversa qualificazione che prescinda dall‟art. 2059 c.c. e ammetta la
risarcibilità di un interesse non patrimoniale violato dall‟inadempimento di un contratto o di un
obbligo legale.
La giustificazione teorica è già stata indicata dalla dottrina più attenta 32 che sollecita una nuova
disciplina del danno contrattuale non patrimoniale per porre un argine all‟estensione dell‟illecito
acquiliano che ha avuto una espansione amplissima e tende a entrare e, talora, a scardinare altri
istituti con regole pensate per i rapporti fra terzi estranei, le quali non sempre sono pienamente
compatibili con altre norme. Se le parti sono legate da un rapporto debbono e possono, in molti casi,
trovare piena operatività i criteri speciali di protezione che si conformano a quel determinato
rapporto 33.
Da ultima è intervenuta la nota sentenza delle Sezioni Unite, 11 novembre 2008, n. 26972, in
tema di danno non patrimoniale, che sembra scardinare la regola del cumulo di responsabilità
definendola “di dubbio fondamento dogmatico”. Pertanto, l‟interpretazione costituzionalmente
orientata dell‟art. 2059 c.c. consente di affermare che, anche in materia di illecito contrattuale, è
ammesso il risarcimento del danno non patrimoniale.
Se tale conclusione porta ad escludere l‟ammissibilità della regola del concorso nelle ipotesi
classiche in cui questo trovava applicazione (contratto di lavoro, contratto di trasporto e danno non
patrimoniale da inadempimento), allo stato attuale bisogna esaminare se dalla regola residuino
ulteriori vantaggi. Il problema non si pone più in termini di concorso tra contratto ed illecito
aquiliano; quanto piuttosto tra responsabilità civile e norme di settore. A fronte di una chiusura sotto
il profilo del danno non patrimoniale, la disciplina di un singolo settore34 è in grado di disciplinare
compiutamente ogni singolo riflesso che la materia può avere nella realtà quotidiana? Se è ancora
prematuro ipotizzare il destino della regola del cumulo, solo attraverso uno studio approfondito di
ogni singola disciplina si potrà giungere ad una risposta: valutando l‟adattabilità dei singoli rimedi
offerti alle situazioni soggettive che concretamente si propongono ed evitando, allo stesso tempo, lo
sconfinamento della responsabilità civile.
2.5. Una conclusione parziale.
L‟impressione che si trae da questi riferimenti è che responsabilità e contratto debbono allora
essere ripensate assieme per creare regole e rimedi adeguati.
E‟ noto che la giurisprudenza italiana opera con strumenti consolidati. Ricerca rimedi sempre più
efficienti. (Ammette il concorso delle due responsabilità). Utilizza la responsabilità da contatto
sociale per attrarre nell‟area contrattuale una serie di relazioni particolarmente sensibili35.
Distribuisce l‟onere probatorio fra le parti in considerazione del rilievo dell‟interesse danneggiato.
31
Per una visione di sintesi V. P.G. MONATERI, Cumulo di responsabilità contrattuale e extracontrattuale, Padova,
1989.
32
V. G. BONILINI, Il danno non patrimoniale, Milano, 1983, 230 ss.; C. SCOGNAMIGLIO, Il danno non patrimoniale
contrattuale, in Il contratto e le tutele: prospettive di diritto europeo, a cura di S. Mazzamuto, Torino, 2002, 224 ss.; M.
COSTANZA, Danno non patrimoniale e responsabilità contrattuale, in Riv. crit. dir. priv., 1987, p. 127 ss.
33
V. da ultimo P.G. MONATERI, Sezioni Unite: le nuove regole del danno esistenziale e il futuro della responsabilità
civile, in Corr. giur., 2006, 6, p. 787.
34
Ad esempio il diritto di famiglia o il TUF
35
V. da ultimo: Cass. 26 giugno 2007 n. 14712, in Corr. Giur., 2007, 1706, nota di A. DI MAJO: « E‟ opinione oramai
quasi unanimemente condivisa dagli studiosi quella secondo cui la responsabilità nella quale incorre il debitore che non
esegue esattamente la prestazione dovuta (1218 c.c.) può dirsi contrattuale non soltanto nel caso in cui l‟obbligo di
Una opportuna e auspicata riforma legislativa dovrebbe seguire la tendenza emersa in molti
ordinamenti nazionali verso una soluzione che unifichi o avvicini le due aree secondo i tratti
indicati dal modello francese 36. Una disciplina iniziale e diversificata del danno. Un criterio
selettivo per la legittimazione del danneggiato. Una elencazione dei vari criteri di imputazione. Una
responsabilità, con regole speciali, per l‟inadempimento dell‟obbligazione.
Ciò eviterebbe i difetti del cumulo o della sua rigida negazione, unificando i termini di
prescrizione senza attenuare quella flessibilità nella tutela delle nuove figure di danno risarcibile,
che è stata uno dei meriti più evidenti della giurisprudenza italiana ed europea.
3. Un nuovo equilibrio fra riparazione e punizione.
Quanto alla seconda questione accennata all‟inizio di questo scritto, è stato detto benissimo che
occorre «trovare un equilibrato piano di intesa tra punizione e riparazione» perché «una punizione
non strumentale alla riparazione sarebbe mera petitio principis» e una riparazione che prescinde del
tutto dalla punizione «sarebbe anch‟essa velleitaria e priva di senso». Non solo. Occorre ricordare
che vi è una funzione « preventiva e dissuasiva, e come tale sociale, della responsabilità civile, dalla
quale in nessun caso è consentito astrarre»37.
Per muoversi coerentemente in questa direzione è necessario riformulare un coerente «statuto
della responsabilità civile» capace di coordinare in modo efficiente l‟ingiustizia del danno, i criteri
di imputazione e le diverse modalità del danno risarcibile 38 e tale percorso può essere solo evocato
muovendo dai dati positivi.
Ciò che accade nel nostro ordinamento è stato descritto benissimo dalla dottrina e dalla
giurisprudenza più recente che si è soffermata sulla disciplina del danno morale soggettivo, sulle
recenti ipotesi legislative in tema di inibitoria, di azioni collettive e degli incerti riferimenti ai danni
punitivi. Con un intento comune. La rivalutazione della condotta del danneggiante e l‟utilizzo di
azioni più efficienti a tutela di interessi collettivi o diffusi. Qualche cenno ai vari temi è ancora
essenziale con intenti solo riassuntivi.
3.1. Il danno morale soggettivo.
Sul primo aspetto sono note le opinioni di chi ravvisa in tale figura un‟ipotesi sanzionatoria o
punitiva39. Diversamente, in una recentissima sentenza del febbraio 2009 a Sezioni Unite 40, i giudici
prestazione derivi propriamente da un contratto...ma anche in ogni altra ipotesi in cui essa dipenda dall‟inesatto
adempimento di un‟obbligazione preesistente quale ne sia la fonte». In base a tale ricostruzione la giurisprudenza ha
ritenuto che sussista responsabilità contrattuale anche «in presenza di violazione di obblighi nascenti da situazioni (non
già di contratto bensì) di semplice contatto sociale, ogni qual volta l‟ordinamento imponga ad un soggetto di tenere, in
tali situazioni, un determinato comportamento». Al riguardo la Cassazione fa riferimento alla responsabilità del medico
dipendente della struttura ospedaliera (richiamando, Cass. 19 aprile 2006, n. 9085 in Resp. risarcim., 2006, 6, p. 64,
nota di A. MAZZUCCHELLI; Cass. 24 maggio 2006 n. 12362, in Rep. Foro it., 2006, voce Professioni intellettuali, c. 197;
Cass. 28 maggio 2004 n. 10297, in Nuova giur. Civ., 2004, I, p. 783, nota di E. PALMERINI; Cass. 22 gennaio 1999, n.
589, in Foro It., 1999, I, c. 332) ed a quella del sorvegliante dell‟incapace, citando Cass. 18 luglio 2003 n. 11245, in
Nuova giur. civ., 2004, I, p. 491, nota di I. CARASSALE. «Ne deriva che la distinzione fra responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale sta essenzialmente nel fatto che quest‟ultima consegua dalla violazione di un dovere primario di non
ledere ingiustamente la sfera di interessi altrui, onde essa nasce con la stessa obbligazione risarcitoria, laddove quella
contrattuale presuppone l‟inadempimento di uno specifico obbligo giuridico già preesistente e volontariamente assunto
nei confronti di un determinato soggetto» (Cass. 26 giugno 2007 n. 14712, cit.).
36
F.D. BUSNELLI, L’illecito nella stagione europea delle riforme, cit., p. 451.
37
V. SCALISI, Il nostro compito nella nuova Europa, in Europa dir. priv., 2007, 2, p. 250.
38
V. SCALISI, op. loc. cit.
39
F.D. BUSNELLI, L’illecito civile nella stagione europea delle riforme, cit. p. 456, secondo cui la figura potrebbe
servire «a riservare un sia pur limitato spazio di rilevanza giuridica anche in Italia (ma senza imitare le dimensioni
nordamericane) a danni lato sensu punitivi o quanto meno a quegli aggravated damages connessi con la particolare
di legittimità, interrogandosi sulla risarcibilità del danno morale e ripercorrendo quanto statuito nel
novembre del 200841, hanno ribadito che «il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi
previsti dalla legge, i quali si dividono in due gruppi: le ipotesi in cui la risarcibilità è prevista in
modo espresso (fatto illecito integrante reato) e quello in cui la risarcibilità, pur non essendo
prevista da norma di legge ad hoc, deve ammettersi sulla base di una interpretazione
costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., per avere il fatto illecito vulnerato in modo grave un
diritto della persona direttamente tutelato dalla legge».
(mentre i giudici di legittimità sono giunti «ad affermare in termini generali che il risarcimento
del danno morale in favore del soggetto danneggiato, per lesione del valore della persona umana
costituzionalmente garantito, prescinde dall‟accertamento di un reato in suo danno, sicché in base a
tale lettura costituzionalmente orientata dell‟art. 2059 il risarcimento del danno morale soggettivo
conseguente alla lesione del bene salute — tutelato dall‟art. 32 della Costituzione — non è limitato
ai soli casi in cui sussista un‟ipotesi di reato» 42).
Anche se al di là di tale espansione nell‟area dei danni bagatellari 43, l‟art. 2059 per ragioni
culturali e per l‟ambito limitato della sua estensione, non è del tutto idoneo a costituire una base
certa di deterrenza analoga ai sistemi americani44.
3.2. I danni punitivi.
Sui danni punitivi è d‟obbligo una riflessione sulla recente pronunzia della Cassazione su cui è
opportuno soffermarsi. Il caso è noto. Una ditta italiana che produce caschi per moto era stata
condannata, in Alabama, a risarcire un milione di dollari alla madre di un giovane morto in un
incidente, anche a cagione del difetto di progettazione della fibbia di chiusura. La Corte di Appello,
in fase di delibazione della sentenza, ha qualificato il danno come punitivo e come tale
incompatibile con l‟ordine pubblico italiano. La Cassazione ha confermato tale giudizio con una
motivazione molto scarna. Nel nostro ordinamento l‟idea della punizione e della sanzione è estranea
al risarcimento del danno che ha il compito di ripristinare «la sfera patrimoniale del soggetto,
mediante il pagamento di una somma di denaro che tenda ad eliminare le conseguenze del danno
arrecato». E non esistono elementi per affermare il contrario, sostiene la Corte, dato che la clausola
penale ha solo la funzione di rafforzare il vincolo contrattuale e può essere equamente ridotta e il
danno morale soggettivo deve reintegrare la sfera del danneggiato senza tener conto del
danneggiante «mentre nel caso dei punitive damages...non c‟è alcuna corrispondenza tra
l‟ammontare del risarcimento e il danno effettivamente subito» 45.
gravità di una colpa “lucrativa” del danneggiante che ha inteso arricchirsi commettendo l‟illecito». In senso diverso M.
FRANZONI, Fatti illeciti-supplemento (art. 2043, 2056-2059), in Commentario Scialoja e Branca, a cura di F. Galgano,
Bologna-Roma, 2004, p. 666 per il quale anche per quanto concerne l‟art. 2059 «la funzione del risarcimento ... non
deve essere considerata punitiva della condotta dell‟autore del fatto».
40
Cass. 11 Febbraio 2009, n. 3677, in DeJure
41
Cass., 11 Novembre 2008, n. 26972, cit.
42
Cass. 27 luglio 2006, n. 17144 in Resp. risarcim., 2006, 9, p. 34, nota di MADEO, ed il richiamo a Cass. 20 ottobre
2005 n. 20323, in Rep. Foro it., 2005, voce Danni civili, [2020], n. 220; Cass. 31 maggio 2003 n. 8827, in Foro it.,
2003, I, c. 2273, nota di E. NAVARRETTA; Cass. 31 maggio 2003 n. 8828, ivi. In dottrina, da ultimo, P. SIRENA, Il
risarcimento dei c.d. danni punitivi e la restituzione dell’arricchimento senza causa, in Il diritto delle obbligazioni e dei
contratti: verso una riforma? Le prospettive di una novellazione del libro quarto del codice civile nel momento storico
attuale (Atti del convegno per il cinquantenario della rivista, Treviso, 23-24-25 marzo 2006), p. 534.
43
A cui Cass., 11 novembre 2008, n. 26972, cit. ha voluto porre un freno. Tuttavia, tale orientamento è stato
successivamente contraddetto da Cass., 25 febbraio 2009, n. 4493 ancora inedita, la quale ammette la risarcbilità del
danno morale per perdita dell‟animale di compagnia.
44
P. SIRENA, op. loc. cit.
45
Cass. 19 gennaio 2007, n. 1183, in Foro it., 2007, I, c. 1460 con nota di G. PONZANELLI, Danni punitivi: no grazie, e
con osservazioni di A. PALMIERI.
Le opinioni critiche pongono in discussione anzitutto l‟idea che la «responsabilità civile debba
riparare e basta» e che ogni diversa funzione sia addirittura contraria all‟ordine pubblico. Ciò
perchè da tempo si discute anche in Europa della funzione del danno come di un mezzo di generale
prevenzione degli illeciti e perchè è sempre più evidente nella legislazione speciale italiana una
tendenza che guarda non solo alla posizione del danneggiato «ma anche a quella danneggiante (in
modo da poter incidere incisivamente sulla sua condotta futura)»46.
L‟elenco delle disposizioni non è affatto corto e riguarda molti diversi settori. Si possono
ricordare le nuove norme sulla privativa industriale, le intercettazioni illegali, la disciplina della
diffamazione e, da ultimo, il nuovo art. 709-ter c.p.c. che prevede il risarcimento nei casi di
violazione dei provvedimenti relativi all‟affidamento dei figli e all‟esercizio della potestà dei
genitori, ma anche alla disciplina dell‟art. 140, comma 7 del codice del consumo che prevede una
misura coercitiva.
Senza trascurare l‟art. 385 c.p.c. che consente alla Corte di Cassazione di porre a carico del
soccombente che abbia agito o resistito con colpa grave o mala fede una somma pari al doppio delle
spese legali liquidabili nel massimo 47.
3.3. Le azioni collettive.
Sulle azioni collettive esiste in Italia un‟amplissima letteratura da almeno trenta anni e ciò ha
contribuito a far chiarezza sui vari modelli e sulla disciplina che è stata introdotta di recente.
Si era soliti distinguere due modelli.
Da un lato, le azioni di classe che possono essere instaurate, previo un vaglio preventivo, da un
«singolo individuo nell‟interesse di una pluralità di soggetti (la classe) ... »48, secondo il modello
della class action americana. Dall‟altro, le azioni collettive che sono promosse da associazioni
rappresentative degli interessi di una serie di soggetti «non legati fra loro da alcun rapporto
giuridico», sul tipo di quei rimedi previsti per i consumatori e utenti dall‟art. 140 del codice del
consumo.
Le due azioni sono strutturalmente diverse e sono espressione l‟una degli ordinamenti di
common law, l‟altra della maggior parte dei paesi di civil law «accomunati (sia pure con qualche
eccezione) dall‟esclusione della legittimazione individuale e dall‟attribuzione di essa soltanto alle
associazioni»49.
Sulla opportunità e la stessa costituzionalità delle azioni di classe si è espressa in modo molto
diverso la più autorevole dottrina ed è prevalsa l‟idea di introdurre un‟azione collettiva dei
consumatori e utenti già, in parte, disciplinata nel nostro ordinamento 50.
L‟evoluzione di questo mezzo di tutela è noto.
Fin dalla legge del 1998 l‟azione inibitoria può essere promossa dalle associazioni legittimate nei
confronti di ogni comportamento lesivo degli interessi dei consumatori e il giudice può adottare
46
G. PONZANELLI, Danni punitivi: no grazie, cit. Come si è osservato la Corte Suprema degli Stati Uniti ha fissato due
criteri: «la non contrarietà, in termini generali, della figura ai principi costituzionali» e «la possibile concreta contrarietà
del livello dei danni punitivi quando il loro ammontare superi i requisiti di ragionevolezza e di proporzionalità all‟offesa
subita ».
47
M. DI MARZIO, La valutazione e la prova dei danni, in Le azioni collettive in Italia. Profili teorici ed aspetti
applicativi, a cura di C. BELLI, Milano, 2007, p. 173.
48
S. CHIARLONI, Per la chiarezza di idee in tema di tutele collettive dei consumatori alla luce della legislazione vigente
e dei progetti all’esame del Parlamento, in Le azioni collettive in Italia, cit., p. 25 ss.
49
M. TARUFFO, La tutela collettiva: interessi in gioco ed esperienze a confronto, in Le azioni collettive in Italia, cit., p.
13 ss.
50
Si veda in particolare per un giudizio negativo P. RESCIGNO, Sulla compatibilità tra il modello processuale delle
class actions ed i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano, in Giur. it., 2000, p. 2224 ss.; V. CONSOLO,
Class actions fuori dagli Usa, in Riv. dir. civ., 1993, I, p. 653 ss.; G. COSTANTINO, Note sulle tecniche di tutela
collettiva, in Riv. dir. proc., 2004, p. 1009; S. CHIARLONI, Per la chiarezza di idee in tema di tutele collettive, cit., p. 25
ss.; M. TARUFFO, La tutela collettiva: interessi in gioco ed esperienze a confronto, cit., p. 13 ss.
misure volte a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate. Tali disposizioni
sono state poi recepite nei primi sei commi dell‟art. 140 del codice del consumo e con una legge del
2002 si era poi introdotta la possibilità di una sentenza con una misura coercitiva che occupa ora il
comma 7 di tale articolo.
Dal progetto approvato dalla Camera dei Deputati il 21 luglio 2004 e poi decaduto, si è avviato
un percorso che è sfociato nell‟art. 140-bis del codice di consumo ove si potenzia l‟azione già
prevista in due direzioni. L‟estensione degli effetti a favore di tutti i consumatori coinvolti, e
l‟accertamento «del diritto al risarcimento del danno e alla restituzione delle somme spettanti ai
singoli consumatori o utenti nell‟ambito di rapporti giuridici relativi a contratti stipulati ai sensi
dell‟articolo 1342 c.c., ovvero in conseguenza di atti illeciti extracontrattuali, di pratiche
commerciali scorrette o di comportamenti anticoncorrenziali, quando sono lesi i diritti di una
pluralità di consumatori o di utenti». Con la condanna il giudice potrà fissare i criteri in base ai
quali devono essere liquidate le somme, è prevista una fase conciliativa, dopodichè il singolo
consumatore potrà agire per l‟accertamento in capo a se stesso dei requisiti individuati dalla
sentenza per la determinazione precisa dell‟ammontare del risarcimento.
4. Legislatori, giudici e metodo rimediale.
Dunque legislatore e giudici si contendono in campo e, come si è osservato, quel che non deve
accadere è la confusione dei ruoli51.
Può stupire la centralità che ha assunto la giurisprudenza in questo settore negli ultimi decenni.
Come si è osservato i giudici hanno completato e innovato il sistema con un mezzo spesso
diverso dall‟analogia. Molte volte si è applicata la norma «come se da sempre contenesse la
previsione che
consentiva l‟applicazione nuova»52. In tal modo «si è trasformato un sistema di legge scritta in
uno diverso nel quale questa ... non ha più in sè un senso compiuto senza il diritto applicato».
Sicchè «l‟aggiunta di senso del diritto giurisprudenziale» si è ormai consacrata come pura fonte che
concorre con quella primaria53 creando la regola.
A ben vedere ciò accade perchè in questo settore, da sempre, l‟interpretazione e l‟applicazione
della norma hanno combinato, necessariamente, la norma ordinaria, spesso insufficiente e arretrata,
e i principi costituzionali con un metodo di lavoro che spesso potremo definire inconsapevolmente
rimediale54. Provo a spiegare perché muovendo da due corollari indiscussi.
Il rimedio presuppone l‟esistenza di un interesse protetto 55 sicché non incide sull‟an della
protezione ma solo sulle modalità di applicazione della tutela più efficiente. Ciò significa che tale
strumento non si sostituisce al diritto o all‟obbligo sostanziale ma intende fornire un piano vigile e
mobile di tutela adeguata, specie in presenza di forme complesse e fondamentali e di nuovi beni da
tutelare. In questa area assumono particolare rilievo i principi costituzionali.
«La necessaria corrispondenza (biunivoca) tra interesse protetto e rimedio» 56 esige la costruzione
di una regola che sia rispettosa delle norme ordinarie e dei principi ordinatori della materia che
debbono, nella sentenza o nei provvedimenti legislativi, essere rigorosamente individuati e precisati
51
C. CASTRONOVO, La responsabilità civile in Italia al passaggio del millennio, in Europa dir. priv., 2003, p. 167.
C. CASTRONOVO, op. loc. cit.
53
C. CASTRONOVO, op. cit., p. 168-169.
54
V. U. MATTEI, I Rimedi, in Il diritto soggettivo, nel Trattato di diritto civile, diretto da R. Sacco, Torino, 2001, p. 105
ss.; A. DI MAJO, Il linguaggio dei rimedi, in Europa dir. priv., 2005, 2, p. 341 ss.; ID., Adempimento e risarcimento
nella prospettiva dei rimedi, ivi, 2007, p. 2 ss.; D. MESSINETTI, Sapere complesso e tecniche rimediali, ivi, 2005, p. 605
ss.; P.G. MONATERI, Ripensare il diritto civile, Torino, 2006.
55
U. MATTEI, op. cit., p. 108.
56
V. da ultimo E. NAVARRETTA, La complessità del rapporto fra interessi e rimedi nel diritto europeo dei contratti, in
Remedies in contract. The common rules for a European law, a cura di G. Vettori, Padova, 2008; ed ivi il richiamo di
VAN GERWEN, Of rights, remedies and procedures, in Common Market Law Review, 2000, 526.
52
come premessa di una soluzione controllabile in base ai parametri offerti dalla legge e dalla Carta
costituzionale.
4.1. La giurisprudenza.
Ebbene dalla giurisprudenza recente si traggono, seguendo tale metodo, utilissimi orientamenti
sulla funzione del risarcimento. Ne indico alcuni.
a) Strumentalità del processo e onere della prova.
Nel decidere sul requisito dimensionale dell‟impresa ai fini della tutela reale o obbligatoria del
lavoratore le Sezioni Unite della Cassazione hanno ribadito e fissato due principi ricavabili dall‟art.
24 Cost.57. «Il processo deve dare a chi ha ragione tutto quello e proprio quello che gli è
riconosciuto dalla legge sostanziale». In assenza di indicazioni univoche del legislatore l‟interprete
nella «ricostruzione della fattispecie sostanziale e nella conseguente ripartizione dell‟onere della
prova» deve «utilizzare il criterio della maggiore vicinanza o disponibilità della prova». Ciò in base
a principi desumibili dall‟art. 24 della Costituzione. Quale forza abbiano tali criteri nella razionale
amministrazione del danno è del tutto intuibile.
b) L’integralità della riparazione
L‟integralità della riparazione («che rimetta il danneggiato nella stessa posizione giuridica in cui
si trovava prima della commissione del fatto illecito») è coerente con la finalità di riparare il danno
ma può «scontrarsi con gli obbiettivi di deterrenza irrinunciabili in un moderno sistema di
responsabilità civile»58. Da qui la precisazione della Corte costituzionale. Di fronte ad alcune
limitazioni dell‟entità del risarcimento fissate dal legislatore si è chiamata a pronunziarsi la Corte
sulla compatibilità di queste con un asserito principio di integrale riparazione del danno.
Tale contrasto è stato escluso con riferimento a diverse fattispecie, con l‟unico limite che il
quantum spettante al danneggiato «debba essere sempre idoneo a garantire un risarcimento ... serio
e ragionevole e debba, quindi, contenere misure volte ad adeguare negli anni il risarcimento fissato
… che non può mai divenire un indennizzo»59.
c) I principi ordinatori della materia.
Si è consolidato in giurisprudenza il diritto al danno non patrimoniale ed esistenziale,
riconosciuto in presenza di lesioni di interessi costituzionalmente rilevanti provati anche con
presunzioni ricavabili dalle allegazioni della parte. Il pericolo di estensione dei danni e di una
«protezione superiore al pregiudizio sofferto»60 è del tutto evidente. Specie se si considera che nel
procedimento avanti al giudice di pace (caratterizzato da un‟equità formativa o sostitutiva della
norma di diritto sostanziale) non opera neppure tale limite sicché chi giudica «può disporre il
risarcimento ... anche fuori dei casi determinati dalla legge e di quelli attinenti alla lesione dei valori
della persona umana costituzionalmente protetti», sempre che il danneggiato abbia allegato e
provato (sia pure per presunzioni, secondo i principi generali) il pregiudizio subito 61.
57
Cass. 10 gennaio 2006 n. 141 in Foro it., 2006, I, c. 704, nota di D. DALFINO, A. PROTO PISANI.
G. PONZANELLI, La irrilevanza costituzionale del principio di integrale riparazione del danno, in La responsabilità
civile nella giurisprudenza costituzionale, cit., p. 69 ss.
59
G. PONZANELLI, La irrilevanza costituzionale del principio di integrale riparazione del danno, cit., 75; Corte cost., 22
novembre 1991, n. 420, in Foro it., 1992, I, c. 643; C. SALVI, La responsabilità civile, 2a ed., in Tratt. dir. priv., diretto
da G. Iudica e P. Zatti, Milano, 2005; A. FLAMINI, La limitazione del debito vettoriale tra interessi del mercato e della
persona, in La responsabilità civile nella giurisprudenza costituzionale, cit., p. 161 ss.; L. MEZZASOMA, La
responsabilità della Pubblica Amministrazione per i danni cagionati da cose in custodia (Corte cost., 10 maggio 1999,
n. 156), ivi, p. 229 ss.
60
G. PONZANELLI, op. ult. cit., p. 68.
61
Cass. 18 novembre 2003, n. 17429, in Foro it., 2004, I, c. 766.
58
Il limite invalicabile è stato indicato ancora dalla Corte costituzionale 62.
Il giudizio di equità in un sistema caratterizzato dal principio di legalità e di preminenza dei
principi costituzionali non travalica i confini del sistema, ma ha la funzione di «individuare
l‟eventuale regola di giudizio non scritta» che, con riferimento al caso concreto, consenta una
soluzione del caso alla stregua dei medesimi principi cui si ispira la disciplina positiva: principi
(ordinatori della materia) «che non potrebbero essere posti in discussione dal giudicante, pena lo
sconfinamento nell‟arbitrio, attraverso una contrapposizione con le proprie categorie soggettive di
equità e di ragionevolezza»63.
4.2. Il legislatore.
Quanto ai rimedi collettivi inibitori e punitivi il ruolo del legislatore è decisivo e insostituibile e
ancora una volta il metodo rimediale è utile per distinguere e regolare nel modo più efficace.
La diffusione di rimedi individuali e collettivi «volti a prevenire un evento dannoso ovvero di
limitarne le conseguenze, evitando il protrarsi dell‟illecito» si è manifestata in moltissime aree
secondo la ratio, efficiente, che la sanzione di un contegno deve essere estesa quanto il precetto che
protegge un bene pubblico e le situazioni dei privati.
Si può solo ricordare a titolo esemplificativo la tutela dell‟ambiente e della salute nei rapporti di
vicinato e nei luoghi di lavoro, l‟annullamento delle clausole vessatorie, la cessazione della
pubblicità ingannevole e dei comportamenti anticoncorrenziali, la inibitoria del commercio e la
distruzione di prodotti dannosi, la repressione dei comportamenti discriminatori e della condotta
antisindacale, l‟annullamento delle deliberazioni negli enti organizzati e il trattamento illecito dei
dati personali64.
In questi casi, come si è osservato, «l‟interesse collettivo o superindividuale assume rilevanza
effettiva sul piano formale, perchè la cessazione della condotta plurioffensiva è idonea a soddisfare
congiuntamente ciascuno e tutti i portatori»65.
Diversa è l‟ipotesi e l‟esigenza di coloro che abbiano già «subito un danno e pretendano di essere
risarciti» con un‟azione di classe perchè qui si è in presenza «di una pluralità di interessi
individuali» e «sebbene... la fonte del danno sia unica e comune a tutti la soddisfazione di ciascuna
implica la reintegrazione dei singoli patrimoni» 66. I dubbi sulla esportabilità delle class actions
nordamericane67 sono stati superati, come si è detto, con una forma di tutela (art. 140-bis codice del
consumo) che ha un indubbio carattere deterrente senza importare modelli innaturali ma fissando
ambito e limiti di un rimedio adeguato alle nostre esigenze e rispettoso dei principi costituzionali.
Ciò è un‟ulteriore riprova del fatto che le funzioni riparatoria e deterrente possono coesistere ed
evolversi senza invasioni di campo.
C‟è solo da prendere atto che dopo l‟inversione metodologica degli anni „70, che ha spostato
l‟attenzione dall‟illecito al danno e ai criteri di imputazione più efficienti per ripararlo, l‟evoluzione
sociale sta sollecitando una diversa preminenza di alcune finalità rispetto ad altre.
Il che non deve spaventare affatto. Il pensiero giuridico ha solo un nuovo compito da assolvere.
62
Corte cost., 6 luglio 2004, n. 206, in Foro it., 2007, I, 1365, nota di P.C. RUGGIERI.
Corte Cost., 6 luglio 2004, n. 206, cit.
64
V. anche per questa elencazione G. COSTANTINO, ADR e tutela collettiva, in Le Azioni collettive in Italia, cit., p. 88
ss.
65
G. COSTANTINO, op. ult. cit., p. 90 ss.
66
G. COSTANTINO, op. loc. cit. e, in particolare, ID., Note sulle tecniche di tutela collettiva, in Riv. dir. proc., 2004, p.
1009.
67
P. RESCIGNO, Sulla compatibilità tra il modello processuale della «class action» ed i principi fondamentali
dell’ordinamento giuridico italiano, cit., p. 2224; S. CHIARLONI, Per la chiarezza di idee in tema di tutele collettive dei
consumatori alla luce della legislazione vigente e dei progetti all’esame del Parlamento, cit., p. 2 ss.; M. TARUFFO, La
tutela collettiva: interessi in gioco ed esperienze a confronto, cit., p. 1 ss.
63
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