programma di sala

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Disegno di Goethe per il Faust
Venerdì 23, sabato 24, domenica 25 gennaio 2009, ore 21
Teatro Ariosto
Nuova Scena – Arena del Sole – Teatro Stabile di Bologna
Emilia Romagna Teatro Fondazione
PLATONOV
di Anton Cechov
versione italiana di Nanni Garella e Nina Tchechovskaja
regia
Nanni Garella
con
Alessandro Haber, Susanna Marcomeni,
Nanni Garella, Franco Sangermano,
Marco Cavicchioli, Claudio Saponi,
Silvia Giulia Mendola, Rosario Lisma, Linda Gennari,
Gianluca Balducci, Pamela Giannasi, Vladimiro
Cantaluppi
scene
Antonio Fiorentino
luci
Gigi Saccomandi
costumi
Claudia Pernigotti
regista assistente
Gabriele Tesauri
La nuova coproduzione di Nuova
Scena – Teatro Stabile di Bologna
ed Emilia Romagna Teatro Fondazione rinnova il sodalizio artistico
tra il regista Nanni Garella e l’attore
Alessandro Haber, iniziato nel 1992
con lo spettacolo Jack lo sventratore. In particolare, con Platonov prosegue il lavoro di approfondimento
sull’opera di Cechov che nel 2004
aveva condotto alla messinscena
di Zio Vanja, spettacolo prodotto
da Nuova Scena, che aveva messo
in luce le doti di Haber come interprete cechoviano.
Questa volta l’attenzione è rivolta a
un’opera giovanile del drammaturgo: il testo del 1880-1881, senza
titolo, è stato etichettato dai critici
come Platonov. Cechov vi disegna
un eroe senza volontà e fa emergere quella contrapposizione tra due
mondi, la nobiltà e la borghesia
mercantile, che riapparirà nelle
opere maggiori.
Il manoscritto è stato ritrovato un
paio di decenni dopo la morte di
Cechov che aveva lasciato accenni a un lavoro forse perduto o che
aveva intenzione di distruggere. Il
principio del dramma, la triste e
melensa vita di provincia, la disgregazione della proprietà terriera, la
tristezza e l’abulia di essere falliti,
l’immagine di una società in disfacimento introducono in un’atmosfera
tipicamente cechoviana, così come
cechoviano è il suo protagonista,
Platonov, colui che poteva essere
e non è stato, un uomo che pareva
destinato da giovane a grandi cose
e non è riuscito ad essere altro che
un maestro di scuola.
Testo romantico, ottocentesco,
questo “dramma senza titolo” deve
molto a Puskin, a Turgenev, persino
a Dostoevskij, e disegna una figura
di Don Giovanni di provincia, in un
conflitto fra generazioni, profondo
e senza comprensione reciproca,
molto simile alla frattura tra vecchi
e giovani, oggetto di tanta letteratura realistica dell’ottocento europeo.
Apparentemente lontano dalla
asciuttezza lirica delle opere teatrali
mature, Platonov contiene già la
perizia del giovane scrittore di novelle, con personaggi ben delineati,
descritti con il talento e il disincanto
dello scrutatore di anime.
Gli stessi personaggi, in situazioni
più disperate, ritroveremo in Zio
Vanja o ne Il giardino dei ciliegi, con
la differenza sostanziale di un maggiore pessimismo. In Platonov la
cupezza esistenziale è stemperata
dalla aggressività e dall’intemperanza romantica, giovanile di un
Cechov ventenne.
Conversazione con Nanni Garella
Platonov si inserisce in un percorso di rivisitazione dell’opera
cechoviana che nel 2004 ha visto la messinscena di Zio Vanja,
anche questo prodotto all’Arena del Sole con protagonista
Alessandro Haber. La sua scelta
questa volta è andata a un’opera giovanile del drammaturgo
russo, un testo incompiuto che
lei ha ridotto e adattato per
questo spettacolo…
La mia frequentazione di Cechov
risale agli inizi della mia carriera di
regista. Credo che Platonov, nella
sua incompiutezza, sia una delle
opere più interessanti del drammaturgo russo, innanzi tutto per
lo sguardo acuto e intelligente di
un Cechov giovanissimo ma già
maturo, nei confronti di quella provincia russa di fine Ottocento che si
stava sgretolando sotto la spinta di
rivolgimenti che di lì a poco avrebbero ribaltato l’ordine dei rapporti
sociali; in secondo luogo perché
l’opera contiene in germe molti
dei caratteri che costituiranno poi
la peculiarità della drammaturgia
cechoviana. Quando scrisse Pla-
tonov, Cechov era poco più che
adolescente. A Mosca consegnò
il testo alla Ermolova, una delle più
grandi attrici drammatiche di quegli
anni, perché lo facesse rappresentare ma, di fronte al suo rifiuto,
distrusse il copione. Ritrovato negli
Archivi di Stato dopo la sua morte,
il testo è stato pubblicato postumo
nel 1923. Platonov rimane dunque
un testo incompiuto, e non lo si può
certo considerare un capolavoro:
Cechov è ancora troppo giovane,
non possiede l’esperienza e la
tecnica di scrittura che possano
consentirgli di organizzare una materia così ricca e complessa in una
forma compiuta. Ciò che stupisce
è però la maturità dello sguardo
nei confronti di rivolgimenti sociali
che stavano avvenendo sotto i suoi
occhi in quegli anni, in seguito al
dissolvimento dell’aristocrazia militare e di tutta la struttura sociale
legata a un’organizzazione di tipo
feudale. Cechov intuisce quei cambiamenti, li intravede nell’inasprirsi
dei rapporti sociali, nell’inaridirsi dei
sentimenti. Egli parte dagli uomini,
che analizza con acume da scienziato, dalla verità dei sentimenti nelle loro relazioni, per arrivare alla più
generale – e a volte brutale – verità
dei rapporti sociali, economici e
politici. Il mondo di Platonov non a
caso è un mondo in cui i sentimenti
non hanno fondamenti morali, e i
rapporti tra gli uomini sono dettati
da interessi che non riguardano la
sfera emotiva. C’è in Platonov una
dose di individualismo e di egoismo dei sentimenti che, sebbene
presente anche nelle opere della
maturità, si rivela qui in maniera più
aspra e acuta.
Come ha operato rispetto al testo originale?
Nella versione che ci è pervenuta,
Platonov si compone di quattro
atti, divisi a loro volta in scene e
in quadri. È un testo verboso con
una struttura che assomiglia molto
più a un romanzo che non a un
testo teatrale. Gli stessi personaggi
sembrano personaggi di narrativa.
Questa è una delle ragioni che
mi hanno spinto a colmare le incompiutezze del testo ricreando
nella storia e nei personaggi quella
tensione che invece è presente
nelle opere della maturità, dove
la struttura del dramma rimane
pressoché immutata, caratterizzata
però da un’asciuttezza maggiore,
e dove anche i personaggi sono
Cechov nel 1882 col fratello (a destra)
legati da relazioni più stabili e meno
complesse. Ho cercato di utilizzare
la mia conoscenza delle opere di
Cechov della maturità per fare in
modo che questo testo diventasse,
nella sua struttura, simile a come
sarebbe stato se Cechov lo avesse scritto quindici anni dopo: con
quattro atti, di una durata simile a
quella dei testi della maturità, con
un numero di personaggi simile,
con battute scritte in modo più
asciutto, lasciando in sospeso tutta
una serie di cose che nel testo ori-
ginale vengono spiegate, una serie
di digressioni che appartengono
alla scrittura narrativa piuttosto
che a quella drammaturgica. D’altra parte credo che se Cechov lo
avesse ripreso in mano qualche
anno dopo, lo avrebbe sicuramente rivisto, corretto e riscritto in molti
punti. Ho trattato Platonov come
un testo “cantiere”, lavorando
soprattutto sulle enormi potenzialità dei temi e dei personaggi, ma
riducendo gli eccessi di spiegazione. Per mettere in scena Platonov
era necessario un trattamento del
testo, oltre che una nuova traduzione, tenendo conto del fatto che
quella del 1959 di Ettore Lo Gatto
per Einaudi, l’unica esistente in
Italia, è piuttosto datata. Era anche
necessario utilizzare un italiano più
attuale in vista della nostra ipotesi
di ambientazione dell’opera alla fine
del Novecento.
Che cosa l’ha spinta a spostare
l’ambientazione nel Novecento? Cosa è accaduto alla svolta
dei due secoli?
È un mondo cupo, una terra di sentimenti inariditi quella che si presenta agli occhi di Cechov ventenne. Il
mondo di Platonov è molto simile
al nostro mondo: l’aridità morale
è una piaga dei sentimenti che noi
viviamo oggi in maniera violenta;
nella nostra società sono in atto dei
rivolgimenti economici e politici non
molto diversi per ampiezza da quelli
che Cechov si trovò a vivere nella
provincia russa della fine dell’Ottocento, e neppure diversi da quei
cambiamenti che si sono verificati
in Russia alla fine del Novecento,
in seguito al crollo del regime sovietico. Intere famiglie, soprattutto
nei piccoli centri, si sono trovate di
fronte a un improvviso ribaltamento
delle relazioni sociali: persone che
erano stimate potentissime sono
decadute in breve tempo e molti
poveri di allora hanno saputo trarre,
da questa situazione di rapido trapasso, l’occasione per il personale
arricchimento, più spesso perseguito attraverso la via della illegalità.
Tutto questo ha creato ovviamente
delle forti ricadute nei rapporti fra gli
uomini. Emblematico nel testo è il
personaggio di Anna Petrovna, vedova di un vecchio generale, che si
trova all’improvviso sommersa dai
debiti e privata della sua “dacia”,
alla mercé di un commerciante
arricchitosi nel giro di pochi anni.
Di questo ho tenuto conto nella
mia riscrittura: sono stato spinto
da queste vicinanze così profonde a spostare l’ambientazione di
Platonov alla fine del Novecento,
in un mondo che stava attraversando, con la caduta del regime
sovietico, gli stessi rivolgimenti
che aveva affrontato la Russia un
secolo prima con il passaggio dal
regime zarista ad una prima forma
di industrializzazione. La sostanza
dell’organizzazione del potere burocratico-militare zarista non era
molto diversa da quella sovietica.
D’altra parte Platonov si presta a
un confronto con la nostra contemporaneità in misura maggiore
delle opere della maturità perché
è diverso lo sguardo di Cechov. Il
suo atteggiamento nei confronti dei
suoi personaggi e di quel mondo
che egli vede scomparire, è molto
meno pietoso - e in fondo, solidale
- di quello che poi emergerà nelle
opere della maturità.
Pur condividendo con Zio Vanja
e con Astrov, altro personaggio
di Zio Vanja, l’assenza di volontà e un’endemica indolenza,
Platonov appare diverso dagli
altri personaggi cechoviani…
Platonov è sostanzialmente diverso
perché non viene dalla realtà ma
dalla letteratura. E’ un Don Giovanni, che risente non solo di Molière
ma anche di Puskin, di Turgenev,
un Don Giovanni riletto e calato nel
profondo di una provincia russa:
una persona intelligente, beffarda,
acuta, sarcastica, uno che dice
quello che pensa, un anticonformista, a lui non importa niente del regime, di quello che c’era e di quello
che c’è. La parabola di Platonov
assomiglia in maniera assoluta a
quella di Don Giovanni: come lui è
una persona arida, assolutamente
incapace di amare, e di essere
amato; come Don Giovanni è un
collezionista di rapporti amorosi,
legato tragicamente al connubio
di amore e morte, sesso e inaridimento, sesso e morte. Ci sono poi
in Platonov dei tratti che tornano
nelle opere della maturità seppure
in forme molto diverse. La triste e
melensa vita di provincia, che annienta la volontà dei protagonisti, è
simile in quest’opera giovanile. Platonov è uno di quei personaggi che
avrebbero potuto fare molto nella
vita ma non hanno avuto il coraggio
di fuggire dalla provincia, un uomo
che pareva destinato da giovane a
grandi cose e non è riuscito ad essere altro che un maestro di scuola.
Gli stessi tratti, in situazioni più
disperate, ritroveremo in Zio Vanja
o ne Il giardino dei ciliegi, con la differenza sostanziale di un maggiore
pessimismo. La cupezza esistenziale delle opere maggiori è stemperata in Platonov dall’aggressività
e dall’intemperanza romantica, giovanile di un Cechov ventenne.
conversazione a cura di Francesco
Trapanese
Conversazione con Alessandro
Haber
Da Zio Vanja a Platonov, continua il tuo percorso interpretativo nei personaggi cechoviani:
quali sono le caratteristiche
che più ti affascinano di questi
“perdenti”?
Zio Vanja e Platonov sono due per-
Chi è Platonov? Un mediocre intellettuale che non brilla neppure nelle vesti di Don Giovanni?
È un dongiovanni di serie B, dedito
al vizio: un alcolizzato. E’ come se
Cechov avesse voluto compiere
una sua rilettura del personaggio
di Don Giovanni: un personaggio in
cui convivono fortemente sesso e
morte, segnato da un atteggiamento del giovane autore più romantico
e violento nei confronti della vita
rispetto al Cechov della maturità. In
questo dramma tutti vogliono Platonov. Lo cercano perché in fondo
è brillante, è simpatico, è superiore
a tutti gli altri, perché nel dolore probabilmente ha coltivato la sua mente, la sua curiosità: è cosciente di
dove si trova, ma rimanda sempre,
non agisce, mentre “la vita passa”.
In questa che il regista Nanni
Garella definisce una “farsa
tragica” che tipo di relazione si
instaura tra Platonov e gli altri
personaggi?
Platonov è il centro della storia, sa
di essere usato, ma anche lui usa gli
altri: alla fine si tratta di un gioco al
massacro. È un personaggio tragi-
In tempi di scelte drammatiche
come quelli di oggi – tra volontà
di rinnovamento e chiari sintomi
di crisi – che cosa ha da dire il
tuo Platonov in veste contemporanea?
In primo luogo Platonov è ambientato nel periodo della caduta
del Muro di Berlino, sotto la Perestrojka, in una provincia russa della
smembrata Unione Sovietica. In
secondo luogo, è una figura moderna, soprattutto nello sviluppo
che avrà nel terzo e nel quarto atto
dove per certi versi assomiglia a
un personaggio pinteriano, beckettiano: i suoi sentimenti e il suo
modo di affrontare il mondo sono
tipicamente novecenteschi. Non
dimentichiamo che lui e tutti personaggi che lo circondano hanno
perso i punti di riferimento sociali
ed economici, non hanno un progetto di vita chiaro, pensando solo
a sopravvivere… privi di volontà.
Platonov mette in scena un mondo
nel quale non esistono più i rapporti
veri e umani. Niente di più contemporaneo…
conversazione a cura di Giacomo
Giuggioli
co, potrebbe essere il protagonista
di una commedia cinematografica
di Dino Risi o di Monicelli: Platonov
è malato di se stesso e in realtà non
ha veri rapporti con gli altri. Sono gli
altri che vogliono/devono rapportarsi con lui, che agisce come un
animale che vive di ricordi. Come
Don Giovanni anche Platonov è un
collezionista: vive i rapporti in modo
strumentale, autoriferito; incapace
d’amare, di costruire un rapporto
tra due persone, ma sempre pronto
ad innamorarsi, cioè a cogliere ogni
possibile occasione per conquistare il cuore di una donna. Platonov
non ha amici: in questa comunità
chiusa e disperata, l’amicizia non
esiste, e ogni altro legame affettivo
è solo formale. E tutti i personaggi,
al di là di quello che rappresentano militari, medici, insegnanti nella
società russa ormai sfasciata, sono
soprattutto alcolizzati e sfaccendati. In un contesto degradato questo
dongiovanni di provincia ha la lucidità di mostrare agli altri la melma in
cui stanno affondando e di cui sarà
la prima vittima.
Platonov è un testo giovanile
e incompiuto di Cechov, molto
lontano dal nitore e dall’asciuttezza che hanno contraddistinto
le sue piéce più celebri: com’è
interpretare un personaggio
come Platonov che prefigura
con forte anticipo i caratteri più
forti dei successivi personaggi
cechoviani?
Fare il mestiere dell’attore e farlo
qui con Nuova Scena all’Arena del
Sole, dove ormai lavoro da tanti
anni sentendomi come a casa, mi
porta ad accettare nuove sfide,
anche quella di affrontare un personaggio come questo, complesso,
pieno di insidie, così come lo sono
stati Arlecchino, Woyzek e Zio
Vanja: tutti i personaggi ai quali ho
cercato di dare una interpretazione
innovativa… Platonov è stato rappresentato pochissimo in Italia e a
Cechov stesso piaceva poco: ma
se fosse tornato sui suoi passi, ri-
Cechov nel 1890 con familiari e amici
mettendoci le mani, avrebbe creato
un capolavoro. Così come ce lo ha
consegnato, il testo è troppo pieno
di cose, troppo denso. Anche in
questo testo incompiuto, ma incompiuto per eccesso di materia,
la scrittura di Cechov è talmente
efficace che basta poco per racchiudere tutto il mondo in una
battuta: e il testo che risulta dalla
riduzione di Nanni Garella va all’essenziale, come la sceneggiatura di
un film. Credo che questa riduzione
sia stata molto efficace, concreta e
asciutta, lasciando intatte le psicologie, le relazioni tra i personaggi.
Prossimi spettacoli
Giovedì 5 febbraio e sabato 7 febbraio
2009 ore 20 Teatro Municipale Valli
Giacomo Puccini
Martedì 10 febbraio 2009 ore 21
Teatro Ariosto
Shen Wei Dance Arts
Madama Butterfly
Re (part I) / Map
direttore Giampaolo Bisanti
regista Daniele Abbado
A cura dell’Ufficio stampa, comunicazione e promozione
Soci fondatori
Fondazione
Comune
di Reggio Emilia
Soci fondatori aderenti
Foto S. Mor Yosef
sonaggi dai caratteri molto diversi:
il primo ha slancio e attaccamento
alla vita, è uno che spera, che ancora ci crede; il secondo non crede
più, è esausto, sfinito, sarcastico,
cinico: ha l’atteggiamento di chi si
porta la morte addosso. Non ha più
voglia di andare avanti, in realtà sta
solo cercando la fine. Nel copione
così si rivolge a Sof’ja: «… Sai, in
realtà non esiste, non viene mai il
“dopo”, è soltanto un’illusione che
tutto sia ancora da venire, che la
vita sia lunga e felice, che si possa
continuare a viverla lo stesso, contando su un dopo che aggiusterà
tutto. Invece questo “dopo” non
viene mai: non esiste. Se l’avessi
saputo quella notte mentre guardavo i fanali dell’ultimo vagone.. ero
più giovane, ero felice…credevo in
una vita lunga e felice». Ora, invece,
non ci crede più…
I drammi di Cechov, quasi sempre, suggeriscono da una parte
una voglia di rinascita completa, dall’altra invece sottolineano
l’inevitabilità della fine: dove si
pone il tuo Platonov?
È un uomo senza speranza, uno
che si fa ammazzare. In fondo lo
voleva. È un dramma senza nessuna speranza, dove non si può
dire come in Tre sorelle «a Mosca, a
Mosca, a Mosca». Il quadro sociale
di Platonov non è molto lontano da
noi: un mondo di decadenza, gravi
problemi economici, e i rapporti
sociali si disgregano….
10,11,12,13,14,15 febbraio 2009 ore
21 Teatro Cavallerizza
Udienza
di Vàclav Havel
regia Pietro Bontempo
coreografia scene e costumi Shen Wei
Foto di scena di Raffaella Cavalieri / Iguana Press
Sostenitori
Partner
ROTARY CLUB
REGGIO EMILIA
Mercoledì 11 febbraio 2009 ore 20,30
Teatro Municipale Valli
Quartetto Bennewitz
musiche di Haydn, Janàcek,
Beethoven
L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti di
riproduzione per le immagini e i testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte.
Amici del Teatro
Delegazione di
Reggio Emilia
Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Franco Boni,
Gemma Siria Bottazzi, Gabriella Catellani Lusetti,
Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri, Anna Fontana
Boni, Grande Ufficiale Comm. llario Amhos Pagani,
Comm. Donatella Tringale Moscato Grazia Maria di
Mascalucia Pagani, Paola Scaltriti, Mauro Severi,
Corrado Spaggiari, Deanna Ferretti Veroni, Vando Veroni,
Gigliola Zecchi Balsamo
Cittadini del Teatro
Gianni Borghi, Vanna Lisa Coli, Andrea Corradini,
Ennio Ferrarini, Milva Fornaciari, Silvia Grandi, Ramona
Perrone, Viviana Sassi, Alberto Vaccari
Le attività di
spettacolo e tutte
le iniziative per i
giovani e le scuole
sono realizzate
con il contributo e
la collaborazione
della Fondazione
Manodori
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