Tratto da ToscanaOggi-LuccaSette, 24 febbraio 2013 CHIESE SORELLE Parla padre Liviu Marina, guida della parrocchia ortodosso-romena di Lucca Abbiamo rivolto a Padre Liviu Marina, parroco della comunità ortodosso-romeno lucchese, alcune domande. Che cosa ne pensa delle dimissioni del Papa ?«Risponderei con le parole del comunicato stampa della nostra Diocesi Ortodossa Romena d’Italia diffuso martedì 12 febbraio: "La Diocesi Ortodossa Romena d’Italia ha preso atto con grande stupore e nello stesso tempo con profondo rispetto dell’annuncio che Sua Santità Papa Benedetto XVI ha fatto, riguardante il Suo ritiro dalla Sedia Pontificale, dal 28 febbraio 2013. In questi momenti, vogliamo esprimere la nostra sentita gratitudine per la generosità con la quale Sua Santità ha sostenuto l’attività pastorale della Diocesi Ortodossa Romena d’Italia, svolta nel servizio dei nostri fedeli e, inoltre, rassicurare l’intera comunità cattolica d’Italia della solidarietà e del nostro pensiero in preghiera, perché Dio provveda per tutta la Chiesa Cattolica un pastore che la porti sulla via della fede e della salvezza"». La scelta del Papa cambierà il concetto del servizio petrino, favorendo così una maggiore comunione con le chiese sorelle dell’Ortodossia? «Il fatto di non portare alla fine la Sua investitura come persona e come vescovo di Roma è una scelta degna di tutto il rispetto, mostrando un grande senso di responsabilità e di preoccupazione per la vita della Chiesa, che necessita la presenza del suo pastore nella pienezza delle sue capacità. Anche nell’Ortodossia un vescovo anziano o malato ha questa possibilità di ritirarsi dal suo incarico, quando sente che non è più capace di guidare la diocesi per cui è stato nominato. Come conclusione, riconsiderando la persona del Papa come vescovo di Roma e “primus inter pares” sarebbe chiaramente un importante passo avanti per il dialogo tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa». Con lo sguardo dell’osservatore esterno, di quale Papa ha bisogna la chiesa cattolica? «Come si dice anche nel comunicato stampa, si augura un pastore che porti il popolo sulla via della fede e della salvezza in un mondo sempre più secolarizzato e confuso. Preghiamo Dio che aiuti la Chiesa Cattolica a trovare il pastore migliore per i tempi in cui viviamo». Parla Domenico Maselli, pastore dei valdesi di Lucca L’annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI ha lasciato anche me sorpreso ed ammirato. A distanza di poco tempo scompaiono dalla scena pubblica i due protagonisti dell’ultimo conclave, entrambi teologi di chiara fama; uno è il cardinale Martini, stroncato da un male incurabile, l’altro il Papa, per sua irrevocabile decisione. In tutti e due i casi ci troviamo di fronte ad una grande dignità. Mi ha molto colpito, nella dichiarazione di Benedetto XVI, la definizione data dell’incarico a cui rinunciava, «il servizio di Vescovo di Roma». Questa espressione, apparentemente scontata, ha una grande importanza e ricorda l’indimenticabile frase di accettazione del pontificato da parte di Giovanni XXIII che sottolineava la sua funzione di Vescovo di Roma, la cui cattedrale è San Giovanni in Laterano che, nei pontificati precedenti, era stata in ombra rispetto a San Pietro. Nel caso di Ratzinger questa dichiarazione ha , un indubbio valore ecumenico perché anche i cristiani non cattolici riconoscono la dignità di quel titolo, ma in più, avvicina il Vescovo di Roma a tutti quei vescovi che sono chiamati a lasciare il «servizio episcopale» per l’età avanzata. Risulta evidente che si tratta di una decisione ben ponderata non solo per quello che ha dichiarato il papa, ma anche per il suo interesse, che era stato anche di Paolo VI, per Celestino V, l’unico papa, nella storia millenaria della chiesa, che si era spontaneamente dimesso. Benedetto XVI aveva recentemente visitato sia la rocca di Fumone, che la Chiesa dell’Aquila in cui Celestino V è sepolto, decidendo di lasciare, su quella tomba, il suo pallio. Ernesto Buonaiuti ha spiegato come il gesto di Celestino fosse motivato dall’essersi reso conto di non poter realizzare il sogno di una Chiesa rinnovata; Benedetto riconosce di non avere, a causa dell’età, la forza fisica e morale per riformare la Curia. Chi guarda con fede e speranza al ministero di Gesù, non può non desiderare di rimuovere tutto ciò che può diventare un impedimento ad una vera «imitatio Christi». Secondo me, il nuovo papa dovrebbe partire da questo riconoscimento della nostra fragilità umana per affrontare il compito della giustizia non disgiunta dall’Agape divina. Come figlio della Riforma del secolo XVI, sono convinto che «Ecclesia semper Riformanda» e che in questo sforzo si possano incontrare i fratelli di altre confessioni cristiane e, soprattutto, che si possa lottare con tutti gli uomini di buona volontà per indicare una prospettiva di pace e di giustizia alla nostra società disorientata e confusa. Non so se sia possibile realizzare ora quel Concilio Vaticano III che desiderava il Cardinale Martini, ma spero che almeno si possano riprendere le speranze del Vaticano II che al momento sono appannate, se non dimenticate. Desidero concludere queste brevi considerazioni augurando, di cuore, a Joseph Ratzinger una vita serena ed attiva nella nuova condizione da lui lucidamente voluta. Domenico Maselli, pastore valdese di Lucca