quello che destra - Autorità di Bacino del Fiume Arno

QUELLO CHE
DESTRA
NON SA DIRE
di Ernesto Galli della Loggia
e vuole essere
competitiva
elettoralmente il
problema della
Destra italiana è
soprattutto uno: trovare da
dire qualcosa di diverso da
ciò che dice la Sinistra di
Matteo Renzi (anche quello
del leader è un problema,
ma è ovviamente
subordinato al primo).
Obiettare a queste
considerazioni - come
hanno fatto nei giorni
scorsi alcune voci della
Destra stessa - che in
realtà Renzi è solo un
trasformista che non ha per
nulla cambiato il volto della
Sinistra, significa volersi
consolare con le parole.
Come spiegare infatti,
allora, la guerra feroce che
sia al vertice che alla base
contro di lui conduce una
parte considerevole della
vecchia Sinistra? Né molto
di più vale obiettare che
Renzi è ben lungi
dall'essere riuscito a
realizzare il suo
programma. Per la semplice
ragione che tali parole,
dette da destra, suonano a
un dipresso come quelle
del bue del proverbio che
dava del cornuto all'asino.
Dov'è, infatti, tanto per fare
un solo esempio, la famosa
«rivoluzione liberale» che
Berlusconi ci aveva
promesso vent'anni fa?
Dov'è mai finita?
Il fatto è che da almeno
un paio di decenni in Italia
l'attività di governo - di
qualunque governo, con
qualunque programma - è
di volta in volta
condizionata da una serie
così ampia di «precedenti»,
di contrattazioni con gli
alleati, di pressioni
corporative e lobbistiche, di
trattative con i sindacati, di
pareri del Consiglio di
Stato, di tempi legislativi e
di ricorsi legali.
conflnua a pagina 28
Scenari Le proposte o mancano del tutto ( sti tenù come la lotta
iI dognido urbano, la 1-x_)ifica estera) oppure
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sono sostituite (la parole d'ordine . scI-usi in :.1nt-e ag1í[at-ori :.1
A DESTRA NON SA DIRE
QUELLu u11E 1 ,,_
di Ernesto Galli della Loggia
SEGUE DALLA PRIMA
poi ancora trappole lessicali, eccezioni costituzionali, interpretazioni burocratiche, necessità
di regolamenti
attuativi, il tutto
tale da rendere l'attività suddetta una vera fatica di Sisifo e
dai risultati quasi sempre inevitabilmente modesti. Se poi si
aggiungono i fortissimi vincoli
esterni (debito pubblico e direttive europee varie), e si considera il fatto che certi obiettivi
di fondo non possono che essere in ogni caso eguali per
chiunque governi (gli investimenti, lo sviluppo, ecc, ecc.),
ne deriva che specie nel campo
una volta cruciale delle politiche economico-sociali le differenze possibili tra Destra e Sinistra sono ormai assai limitate. Sarebbe meglio che così
non fosse, naturalmente, ma è
giocoforza ammettere che così
invece è.
Sicché è un altro - non solo
in Italia: nel resto dell'Occidente è più o meno lo stesso - il
terreno dove oggi possono realmente manifestarsi i diversi
orientamenti tra Destra e Sinistra, le loro diverse identità se
ancora esistono. Innanzi tutto,
come è ovvio, nel tono e nello
stile di governo, nella qualità
del personale politico-amministrativo, nei modi di parlare
al Paese. Ma poi, direi, specialmente nel campo della politica
estera, dell'istruzione, della tutela dei beni artistici e paesistici, dell'immigrazione e dell'integrazione degli immigrati, in
ciò che riguarda le questioni
bioetiche, l'estensione dei diritti soggettivi, il degrado urbano, il contrasto al crimine
organizzato, il divario NordSud, la lotta alla corruzione e
allo sfruttamento del lavoro
clandestino, l'organizzazione
della giustizia, la semplificazione giuridico-amministrativa della vita quotidiana. Anche
in questi settori ci sono vincoli
esterni, ovviamente. Ma sono
perlopiù di una minore forza, e
quindi si prestano ad essere
gestiti in modi diversi dalla Destra e dalla Sinistra. Almeno
così come accade in quasi tutti
i Paesi paragonabili al nostro.
Vuoto programrnatico
L'assenza di profondità
argomentativa impedisce
di estendere l'area
del consenso
Dove invece le cose vanno
diversamente, dal momento
che proprio sui temi anzidetti
da parte della Destra politica
italiana si manifesta un tradizionale deficit di riflessione e
perciò di proposte. Di proposte
vere sottolineo: le quali o in
molti casi mancano del tutto
(penso a temi come la lotta alla
corruzione, il degrado urbano,
la politica estera, la tutela dei
beni artistici e naturali), ovvero sono sostituite da parole
d'ordine dal valore esclusivamente agitatorio come quelle
che si sentono ad esempio
quando si parla d'immigrazione o di ordine pubblico (tipo:
«Bisogna impedirgli di arrivare», «Bisogna rimandarli indietro», «Bisogna sbatterlo in
prigione e buttar via la chiave»
e altre vacuità del genere). Non
solo, ma pure quando capita
che su certi temi la Destra decida d'impegnarsi a fondo - è il
caso, per esempio, dell'adozione da parte delle coppie omosessuali del figlio di uno dei
partner - l'impressione è
sempre quella di una sua scarsa capacità di dare alle proprie
ragioni la necessaria profondità argomentativa, di essere
davvero persuasiva. Con il risultato di una costante, grande
difficoltà a estendere l'area del
proprio consenso a settori dell'opinione pubblica diversi da
quelli già precedentemente
convinti. Non è un caso che
nell'arena della discussione
pubblica la Destra politica risulti ormai da anni quasi sempre subalterna (innanzi tutto
lessicalmente: si pensi a Berlusconi che non trova di meglio
che dire di temere, in caso di
vittoria del Sì al referendum,
«una deriva autoritaria»!).
Ma per la verità di tutto ciò la
Destra politica è responsabile
solo parzialmente. Essa infatti
sconta l'assenza nel nostro Pa-
ese di quella cultura conservatrice di ispirazione liberai-cristiana che nell'ambito di un regime democratico oggi è l'unica in grado di alimentare una
visione delle cose, e quindi anche prospettive e scelte politiche, diverse e in qualche modo
alternative rispetto a quelle fatte proprie dalla cultura progressista d'ispirazione scientifico-razionalista. Cioè dalla
cultura che ha dominato fin
dall'inizio la vita intellettuale e
il mainstream dell'opinione
della Repubblica, avendo potuto fruire della massiccia vittoria che le consegnava nel'45la
modernizzazione fascista.
È così accaduto che, priva in
generale di un adeguato retroterra di riflessioni sulla situazione dell'epoca e sulle condizioni del Paese, la Destra politica italiana sia andata consumando le proprie vittorie ottenute solo grazie a un elettorato in maggioranza ostile
alla Sinistra - in un velleitario
affastellamento programmatico e pratico. Dove ha prevalso
di volta in volta l'intonazione
individuai-liberista o il riflesso
corporativo-protezionista, dove spunti di sapore clericale si
sono alternati a simpatie libertario-libertine, dove la piatta
fedeltà all'Occidente e all'Europa si è mischiata a ambizioni
filorusse, filoarabe e a quant'altro potevano suggerire gli
antichi sogni nazionalistici.
Senza contare, poi, che ognuno di questi orientamenti
troppo spesso non è mai riuscito ad andare oltre la frase
roboante, la recriminazione
pretestuosa o il proposito esibito e non mantenuto.
A un dipresso le cose sono
andate fino ad oggi così. Solo
che oggi è arrivato un signore
chiamato Matteo Renzi, e il
profilo della Sinistra è radicalmente cambiato. Forse, se vuole avere ancora qualcosa da dire, sarebbe ora che lo facesse
anche la Destra.